CORSIE D’ECCELLENZA
lita ciò che invece in laparoscopia e in open tiva. Come sta procedendo la ricerca su questo è complicato, il movimento è molto dolce e si vede quello che a occhio nudo non si riuscirebbe a scorgere. In altre branche, invece, non è detto che sia efficace, compresa la chirurgia dell’apparato digerente. Inoltre, il robot ha una curva di apprendimento molto lunga e costi alti. Per questo credo che non si possa dire che la robotica sia sullo stesso piano della laparoscopia, non ci sono ancora sufficienti elementi per considerala migliore, è un’opportunità clamorosa ma aspettiamo i dati dai centri che la stanno testando». Trova, dunque, che l’entusiasmo sia ingiustificato? «L’entusiasmo c’è sempre di fronte alle tecniche nuove ma, come tutte, anche questa va validata dall’esperienza. Quando nei primi anni 90 è stata introdotta, la laparoscopia si usava anche per le vene varicose. Poi ci si è lanciati tutti a capofitto - aziende e medici - nella “single incision”, la laparoscopia fatta con un unico buco. Corsi di aggiornamento e investimenti che poi le stesse industrie, prima ancora dei chirurghi, hanno abbandonato perché non davano i risultati sperati. Si deve dividere l’aspetto spettacolare da quello concreto e si dovrebbe fare sempre allo stesso modo: demandare a centri specifici per verificarne la reale applicazione piuttosto che acquistare robot che poi chissà quanto verranno usati». Il morbo di Crohn non ha una cura defini-
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fronte e quali, ad oggi, i rimedi più efficaci? «Il morbo di Crohn è stata una delle prime malattie in cui sono stati usati i farmaci intelligenti, detti anche biologici: degli anticorpi che agiscono contro una particolare molecola che si crede fondamentale nel processo di formazione della malattia. Nella malattia di Crohn questi mediatori sono tanti e altrettanti sono gli anticorpi specifici, oggi però sta funzionando solo il Tnf-α. Tutti i giorni viene fuori un farmaco nuovo, ma poi bisogna vedere a che punto si riesce, se si riesce, a bloccare il processo. Ad esempio, il morbo di Crohn è relativo anche alla condizione di stress, per cui la gamma di intervento è molto ampia e non è facile sapere su quante e quali molecole dover intervenire. Si stanno provando molti rimedi, alcuni non sono nemmeno arrivati in fase due e altri stanno proseguendo, però con i farmaci che intervengono sul sistema immunitario ci vuole cautela: bisogna vedere non solo se funzionano, ma anche se sono sicuri. Ci sono prospettive interessanti, intanto abbiamo diminuito la chirurgia, che è positivo. Basti pensare che si moriva di leucemia e, una volta trovato l’anticorpo giusto, la mortalità è crollata. Dobbiamo essere fiduciosi, anche se oggi la sperimentazione, unita a una comunicazione troppo tempestiva, come quella dei social media, dà aspettative che poi a volte vengono disattese».