Dosser092013

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Gilberto Poggioli

Gilberto Poggioli, a capo dell’Unità operativa chirurgia generale Poggioli del Sant’Orsola-Malpighi di Bologna

le migliori in Italia per la cura dei tumori dell'apparato digerente e per l’utilizzo della tecnica laparoscopica. Il taglio della spesa pubblica ostacolerà le vostre ricerche? «Sicuramente. Siamo ancora in attesa di capirne la natura. Se saranno tagli lineari, come temo, sarà di certo un problema sia per l’assistenza che per la ricerca. Se saranno verticali, invece, mi auguro che a livello regionale si riconosca la ricerca dei centri di terzo livello, quelli cioè superspecialistici. In questo modo forse avremo meno problemi dal punto di vista della ricerca, anche se la vera speranza è non avere tagli nell’assistenza. Per ora i tagli non ci hanno ancora toccato, ma di certo a breve dovremo affrontare la legge che prevede la riduzione dei posti letto e delle risorse. Speriamo si possa dare priorità ai centri di riferimento, tagliando invece dove si può ridurre o accorpare. Mi pare che la politica fatichi a fare scelte chiare nel comparto sanitario, forse perché si va a votare una volta l’anno». Quali sono le ultime novità sul fronte della chirurgia dell’apparato digerente? «Innanzitutto un nuovo modo di approcciarsi alla malattia e al malato, come si fa negli altri paesi. Il nostro approccio con le malattie dell’apparato digerente ha “contagiato” oggi anche l’epatologia. Seguire il cosiddetto modello “desease clust”, che cura gruppi di malattie simili insieme, piuttosto

che ragionare per compartimenti stagni ha portato a migliorare tecniche e conoscenze. La laparoscopia si è dimostrata un’arma in più nella chirurgia dell’intestino e dello stomaco, anche se in Italia si è sbagliato a diffonderla in tutti i settori, cosa che non è invece successa in altri paesi. I vantaggi della sua minore invasività sono innanzitutto due: uno è cosmetico, non secondario per un paziente giovane, e poi un minor stress chirurgico, il che significa meno dolore, meno antibiotici e una degenza più breve. In Italia quest’ultimo punto viene visto positivamente per via dei costi minori, ma io lo considero una stortura perché è anche per questo che la laparoscopia si è diffusa anche quando non andava fatta. La laparoscopia è di sicuro un mezzo importante che ha permesso di fare passi avanti, anche se non sono ancora verificati positività assolute in tutti i campi, ad esempio quelli oncologici, dunque a volte operare in open è ancora consigliabile». Quanto la robotica può rivelarsi uno strumento efficace quando non migliore della stessa chirurgia in open? «Qui c’è da fare un altro discorso. In Italia c’è quasi il doppio dei robot presenti negli Stati Uniti. Il robot è un grande vantaggio se si devono effettuare delle suture fini, ad esempio in urologia e in ginecologia. Se si deve asportare una prostata, con il robot si ha una visione tridimensionale che faci- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 187


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