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Donna Leader Maggio 2014 - pag. 47
La famiglia al di là del Dna La tutela della famiglia è superiore al criterio biologico. L’analisi dell’avvocato Maria Cristiana Gambarota, che spiega com’è cambiata questa intricata materia legislativa
on è così raro che genitori abbiano chiesto il disconoscimento dei loro figli dopo decine di anni dalla nascita e dopo aver convissuto una vita. Al contrario è successo anche che figli abbiano chiesto il disconoscimento dei genitori. Anche la giurisprudenza in merito sembra essere soggetta a interpretazioni diverse. O almeno lo era finora. Come spiega l’avvocato Maria Cristiana Gambarota, cassazionista del foro di Roma, oggi la riforma del diritto di famiglia potrebbe aver chiuso la strada a qualsiasi dubbio. «Oggi – spiega Gambarota –, con la riforma del diritto di famiglia del Decreto Legislativo 28.12.2013 n.154, in vigore dal 14 febbraio 2014, la normativa sul disconoscimento dei figli è stata definitivamente modificata». In cosa consiste la modifica? «Ora la facoltà del padre di chiedere il disconoscimento di un figlio viene limitato ai primi cinque anni di vita del figlio. Anche quest’ultimo può richiederlo verso il padre, come in passato, ma ora la sua azione è imprescrittibile: una volta maggiorenne, può richiederlo senza limiti di tempo. La contestazione dello stato di figlio può avvenire per supposizione di parto (quando cioè viene dichiarata la nascita di un figlio da una donna che ha simulato la gravidanza e/o il parto), sostituzione di neonato o per iscrizione come figlio di ignoti. Anche la madre, come in passato, può proporre l'azione di disconoscimento, entro 6 mesi dalla nascita del figlio. Se poi la donna viene a conoscenza dell’impossibilità di generare un figlio, da parte del marito, i 6 mesi decorrono da tale momento».
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Per un interesse superiore L’avvocato romano Maria Cristiana Gambarota ha accumulato nel corso degli anni un’importante esperienza sul fronte del Diritto di Famiglia. Molti i casi che hanno suscitato interesse anche nell’opinione pubblica e che hanno visto il legale protagonista. Gambarota, in particolare, ricorda due dei casi più noti di disconoscimento nella storia giudiziale. «Un esempio molto famoso è quello del chirurgo Giulio Maira – dice Gambarota – che ha chiesto al Tribunale di Roma il disconoscimento della paternità della figlia dopo 40 anni dalla sua nascita. Il chirurgo ha dichiarato di averla riconosciuta fin dalla nascita della bambina pur nella consapevolezza che non era sua, per poi decidere di annullare gli effetti di quel riconoscimento al momento della separazione legale dalla madre della ragazza. Il Giudice ha respinto la richiesta. Oltre a questo, in passato vi sono state altre pronunce giudiziali che, in nome del superiore interesse alla tutela della famiglia, hanno respinto domande di soggetti che chiedevano la prevalenza, invece, del criterio biologico».
Ora qualsiasi uomo fertile può donare il proprio seme alla fecondazione A quali altri cambiamenti ha assistito la giurisprudenza in merito? «Una profonda trasformazione segnerà ora anche la recentissima sentenza della Corte Costituzionale del 9.04.2014 che ha dichiarato incostituzionale il divieto di inseminazione eterologa della legge 40/2004, con la quale il Parlamento italiano regolamentò per la prima volta nel nostro paese la fecondazione assistita. «In virtù di questa pronuncia ora le coppie sterili potranno ricorrere a donatori di spermatozoi quando il partner è sterile. Se già prima del 2004 era lecita l’ovodonazione, ora qualsiasi uomo fertile potrà donare il proprio seme alla fecondazione». A questo punto resta però aperta la problematica circa il riconoscimento del figlio nato con il seme del donatore. «Infatti. Se il partner, dopo il consenso prestato per l'inseminazione con il seme di un altro uomo, cambia idea non sarà possibile per quel figlio ottenere il cognome del
Maria Cristiana Gambarota, avvocato cassazionista con studio in Roma e Bologna
marito o compagno della madre. Infatti, la legge 40 prevede soltanto un consenso dato per una fecondazione con i propri gameti ed in tal caso è automatico lo stato giuridico di genitori della coppia che ha eseguito la fecondazione assistita. Nel caso del consenso prestato all’eterologa, occorrerà una nuova riforma legislativa che parimenti dia efficacia giuridica a tale consenso, automatizzando, anche in tal caso, lo status di figlio al neonato da fecondazione eterologa. Ma se mai sinora se ne è parlato, anche il riconoscimento della donna che ha partorito un figlio, mai discusso sino ad oggi, potrebbe non essere più scontato». In che modo? «Nel recente caso dello scambio di embrioni avvenuto al Pertini di Roma, nel corso della procedura di fecondazione assistita, l’ospedale ha impiantato a una donna embrioni non propri ed è in gestazione di 2 gemelli. Quella donna potrebbe chiederne il disconoscimento anche se li partorirà. Si apre il nuovo orizzonte della differenza tra maternità gestazionale e genetica». Remo Monreale