MODELLI D’IMPRESA
Il confronto con le multinazionali ffermarsi in un settore dominato dalle multinazionali. È questo l’obiettivo raggiunto da una società lombarda di Trescore Cremasco specializzata nella produzione, a partire da prodotti derivati principalmente dalla cellulosa, di ausili assorbenti per incontinenti, assorbenti igienici femminili, pannolini per bambini e più di recente prodotti per l’igiene personale e lo skin care: Silc. La seconda generazione alla dirigenza della società, artefice della riorganizzazione che ha dato un’impronta manageriale alla gestione, è stata in grado di traghettare, in poco più di un decennio, l’azienda da un fatturato di 54 miliardi di lire agli attuali 88 milioni di euro. «Anche il livello di indipendenza della nostra produzione è
A Due momenti della produzione della Silc Spa di Trescore Cremasco (CR) www.silc.it
Un processo di riorganizzazione manageriale in grado di superare le vecchie logiche dell’imprenditoria padronale e impostare le basi per la crescita e l’internazionalizzazione. L’esperienza di Cesare Battaglia ai vertici di Silc Valerio Germanico cresciuto – afferma l’ad Cesare Battaglia –. Infatti siamo passati da un conto terzi che copriva il 70 per cento della produzione ad appena un 5 per cento, riuscendo così a dare maggiore spazio sul mercato ai nostri brand». Insieme a Battaglia a far parte della direzione generale sono anche un altro Ad, Antonio Ogliari e Amelio Arcelloni, in qualità di presidente. «La nostra è nata come un’azienda familiare, tuttavia a partire dal 1996, abbiamo scelto di abbandonare un’impostazione accentrata, occupandoci ciascuno di un’area specifica della gestione dell’azienda – che a sua volta, nelle diverse sottoaree è seguita da dirigenti e quadri specializzati. E riteniamo che questo modello abbia contribuito a sostenere le nostre strategie di mercato». Sebbene negli anni scorsi la società fosse attiva anche sui mercati esteri – Germania, Francia, Regno Unito e Grecia –, via via quello di maggiore concentrazione è diventato il domestico. «In Italia oggi abbiamo circa l’84 per cento delle nostre quote di mercato