Architettura 10 2011

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A sinistra, un’immagine del grattacielo più alto d’Europa, “The Shard”, a Londra. A destra, il progetto del nuovo grattacielo alto un chilometro che sorgerà a Jeddah, in Arabia Saudita

quello contemporaneo. Il momento più rilevante era rappresentato dal fatto che la città antica veniva, in un certo senso, tagliata dalla natura ma ne era anche una sua rappresentazione. Una natura, che si mostrava sicuramente più equa dell’attuale post darwinista in cui la sopravvivenza del più forte è ora l’’emblema del procedimento naturale».

E le città lontane dai canoni di seduzione? «Prendiamo ad esempio New York. È una città non tanto seducente ma assolutamente affascinante per via della vitalità che contraddistingue la sua struttura urbana. Un altro tema interessante è proprio questo: il fascino della dialettica tra la vitalità della città e la sua struttura urbana».

A partire dal movimento moderno, il rapporto tra l’architettura e le altre arti è divenuto conflittuale. In che modo si manifestano tali contrasti? «Un punto capitale del concetto dell’avanguardia è dato dall’opposizione alle istituzioni, intese come Polizia, Chiesa e Governo. L’architettura, purtroppo, non può procedere senza di esse e quindi, già di per sè, il concetto di un architettura di avanguardia non è altro che una contraddizione in termini. Tale conflitto con le istituzioni si è un po’ diluito e l’avanguardia degli anni Venti e Trenta è ormai passata sotto il controllo delle istituzioni. L’arte è ormai destinata ai musei ed è diventata istituzionale. Venezia è il simbolo di questo processo, perchè è in gran parte sotto l’influenza dalle istituzioni museali e dell’economia della città».

Come si presenteranno le città del futuro? «Siamo tutti perplessi sullo sviluppo attuale della struttura urbana e non è facile capirne le possibili evoluzioni. Il pensiero della crisi in ambito urbano è sempre stato ricorrente ma in questo preciso momento sappiamo che potrebbe colpire le nostre città in modo inaspettato. L’apocalisse, tra l’altro, è un tema continuo nel cinema attuale. Una crisi energetica, ad esempio, si profila già da anni ma non avviene. Se continuiamo a costruire gli edifici più alti del mondo, la crisi è destinata a profilarsi. Sarà più graduale dell’apocalisse inscenata al cinema, ma i fallimenti ci saranno e come reagiremo è impossibile dirlo. Si profila un avvenire non del tutto ottimistico secondo il mio pensiero».

Seguendo il titolo di un suo libro, quali sono i luoghi capaci di sedurla? «Ogni luogo è capace di farlo, basta ci siano delle memorie che ci legano a esso. Ognuno di noi ha i suoi luoghi di seduzione preferiti, li costruiamo con i ricordi perchè la seduzione, da sola, non è in grado di farlo. Trovo che Londra, la città in cui abito, abbia un fascino continuo, ma lo stesso potrei dire di Venezia, luogo mitico della seduzione, e di Varsavia la mia città natale».

Quali esempi urbanistici corrono invece in direzione opposta? «Per fortuna c’è un pensiero urbano, ormai decennale, che lascia indipendente l’alta densità insediativa dall’altezza dell’edificio come avviene a Times Square a Londra, con un opera che ha riscosso un grande successo per il pubblico. Si può pensare proprio a questo agire architettonico come modello per l’edilizia post crisi».

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C&P


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