CHI %Mi) Drammatica situazione COSA VOGLIAMO della scuola nella zona 18
Chi siamo? Siamo comunisti, quelli veri del Partito Comunista Italiano fondato da Gramsci e Togliatti ed oggi guidato da Longo e Berlinguer e vogliamo con la pubblicazione di questo giornale, costituire uno strumento che stimoli tutte le forze politiche e sociali democratiche della zona di Baggio a misurarsi ed a confrontarsi sui mille problemi che tra-
La situazione della scuola materna ed elementare nei quartieri popolari che fanno capo alla Zona 18 BaggioForze Armate è chiaramente illustrata dalle tabelle che pubblichiamo, compilate sulla base dei dati che il Consiglio di zona è riuscito a raccogliere scuola per scuola. A questo assurdo, infatti, siamo arrivati a Milano: che gli organi centrali, vuoi del Comune
vuoi del Provveditorato agli studi, non sono in grado di dare i dati sulla situazione, o almeno così dicono a chi glieli chiede, e che, per conoscere la realtà, ai cittadini non resta che affrontarla direttamente. Ma guardiamo questi dati.
Gli iscritti alla scuola materna sono quest'anno 3.426 contro i 2.779 dello scorso anno. L'aumento della
vagliano non solo il nostro quartiere, ma anche la città e l'intero paese.
Vogliamo con questo giornale, mettere a disposizione dei cittadini che credono nella necessità di una svolta democratica nella politica del paese, una tribuna dalla quale pronunciarsi sui modi e sulcontinua in ultima pagina
richiesta di scuola materna si spiega da un lato con il continuo arrivo in zona di nuove famiglie, dall'altro con l'acuirsi della difficoltà per le famiglie di provvedere alla custodia dei bambini, e ancora per l'aumentata coscienza della necessità di inserire i bambini il più presto possibile nella collettività scolastica.
A questo fabbisogno dichiarato -inferiore al numero dei bambini in età tra i 3 e i 6 anni — la scuola ma-
terna pubblica risponde mandando 459 bambini in giro per la città in pullman a fare i pendolari e mettendone nel ghetto delle « liste di attesa 227.
In alcune situazioni particolarmente pesanti i genitori hanno reagito occupando la scuola e rifiutando la discriminazione tra gli iscritti. E' il caso della materna di via Quinto Romano dove esistono 185 posti contro ir•ontinna in ultima pagina
NFORMAZIONE
A cura delll Sezione A. ABICO del P.C.I. - Supplemento a MILANO OGGI - Registro Trib. Milano 297i67 - Tip. Bonecchi - DICEMBRE 1972 9 Lez‹ ( A-6-1Ce.) 4e, dl e f4-e(_ 4-2cm,i" •
ORGANOm 840010
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UN MILIONE E MEZZO DI ISCRITTI
120.380 reclutati, di cui 13.910 hanno aderito al Pci nelle primissime settimane della « leva Gramsci »;
80 federazioni hanno superato il 100 per cento degli iscritti dello scorso anno;
centinaia di nuove sezioni di partito si sono costituite nel corso degli ultimi quattro mesi;
la Federazione giovanile comunista, in molte province, ha raddoppiato e persino triplicato il numero degli iscritti del 1971. LA
1.539.545 iscritti, di cui 311.789 donne;
A.
A.
13) E' APERTA
I GIORNI
SEZIONE
ABICO (P.ZA
GARIBALDI,
TUTTI
Quali sono i principali aspetti che definiscono oggi le condizioni di vita, la realtà di questa zona di periferia
Sono particolarmente d'attualità in questi giorni numerosi problemi relativi alle condizioni di vita, di insediamento, nella nostra zona di periferia: la carenza di scuole, materne, elementari, medie, la quasi assoluta inesistenza di nidi d'infanzia, il congestionamento del traffico verso Milano, l'insufficiente sviluppo dei trasporti pubblici, gli allagamenti periodici di vaste zone abitate, l'inadeguatezza o la mancanza di fognatura, il rischio di più estesi e massicci inquinamenti, la carenza pressochè totale di zone a verde pubblico, di impianti sportivi, di luoghi pubblici per attività ricreative, culturali, associative.
L'elenco potrebbe continuare e alla fine non risulterebbe molto diverso da quello di tutte le zone della periferia di Milano e ormai di molti altri settori della città anche più vicini al centro.
Può essere importante invece, rimandando ad un'altra occasione una analisi precisa di quei singoli problemi, ricercare una spiegazione unitaria che ci metta in grado di capire le cause di questo stato di cose, i meccanismi che lo hanno prodotto; questa analisi, che qui si vuole solo iniziare e proporre alla discussione, è necessaria per valutare e definire qualsiasi azione politica e rivendicativa tesa a migliorare radicalmente le condizioni di vita nella periferia, all'interno di una lotta più generale di trasformazione economica e sociale.
Quali sono i principali aspetti che definiscono oggi le condizioni di vita, la realtà di questa zona di periferia?
Baggio e tutto il suo sviluppo lungo la via Forze Armate costituiscono una grande area « dormitorio », ormai di oltre 50.000 abitanti, che qui risiedono e nella stragrande maggioranza trovano occasioni di lavoro in altre zone di Milano o in comuni confinanti: un grande serbatoio di « pendolari », che congestionano i pochi servizi pubblici di trasporto e l'unica via di collegamento con Milano, affrontando in media due ore al giorno di spostamenti casa-lavoro. Questa popolazione ha anche una sua precisa caratterizzazione economica e sociale: oltre 1'80%
della popolazione attiva è costituita da operai o assimilati, il resto da impiegati e piccoli commercianti, meno dell'1% da ceti superiori, dirigenti, liberi professionisti.
Tutta questa zona, tutta la popolazione che vi risiede subisce oggi una condizione « periferica », e la subisce tanto più duramente quanto meno vi può supplire con i vantaggi derivanti da un alto reddito economico.
Il primo aspetto di questa condizione è il problema abitativo, la qualità e il costo della casa: oggi a Baggio molti vivono in condizioni di affollamento insostenibili; l'indice di affollamento medio in questa zona è superiore ad 1,5 abitanti per locale, uno dei più alti di Milano e molto al di sopra del limite di 1 persona per locale, ritenuto da più parti, anche ministeriali, il minimo indispensabile per poter vivere in modo civile. Oltre il 30% (!) degli alloggi non ha i servizi igienici all'interno dell'abitazione, ma in comune; il 10°o delle abitazioni sono da ritenersi malsane, cioè inabitabili; molti quartieri, anche tra quelli costruiti dall'I.A.C.P., a pochi anni dalla costruzione sono già in condizioni disastrose: crepe, umidità, scrostamenti, perdite degli scarichi, ecc. sono all'ordine del giorno non solo nelle Case Minime, vergogna del periodo fascista oggi tranquillamente tollerata, ma anche nei quartieri Vercesi, Baggio I, Baggio II, di via Nikolajewska, di via Q. Romano, ecc. Il problema di una casa appena decente è lungi dall'essere risolto per molte famiglie e per quasi tutte rappresenta un onere economico insostenibile: non è vero che in periferia la casa costi molto meno che nelle aree centrali e non è vero che l'edilizia pubblica riesca a dare alloggi in affitto a prezzi molto inferiori al mercato speculativo. Torneremo su questo aspetto sorprendente, ma non troppo, che è risultato da inchieste e studi condotti con compagni di Baggio, studenti e docenti della Facoltà di Architettura di Milano. Qui è sufficiente sottolineare come oggi non esistano consistenti vantaggi economici per chi è costretto ad abitare in periferia: ciò è vero per il costo della casa come per tutti i
generi di prima necessità (il resto si compra in centro).
L'altro aspetto fondamentale della condizione " periferica » è dato da quell'insieme di servizi, attrezzature. collegamenti, che dovrebbero essere il complemento dell'abitazione, per consentire la vita individuale e sociale della popolazione: strade, illuminazione, fognature, trasporti pubblici, collegamenti con la città e il territorio. scuole, negozi, centri ricreativi, sportivi, associativi, culturali, verde pubblico, attrezzato e naturale. E' oggi un luogo comune parlare di assolute carenze, insufficienze, ecc. di questi servizi: il rischio è di essere generici nel modo di affrontare questi problemi e di indicare prospettive di soluzione, che non siano i soliti tappabuchi (tipo mobilschools per intenderci). Affronteremo, come detto, in modo preciso e documentato questi diversi aspetti: va sottolineato invece che questa carenza cronica è insita nella realtà stessa della periferia, ne definisce lo stato di completa dipendenza dalla città.
Un primo rilievo importante, per cominciare a capire come stanno le cose, è accorgersi che nella condizione di Baggio, più o meno, sono tutte le aree periferiche di Milano e che questa situazione si è determinata secondo processi, meccanismi e azioni precise, in cui niente è stato lasciato al caso, all'imprevisto.
Questa, come le altre zone della periferia, è la parte della città costruita e destinata a quella parte della popolazione che non può pagare gli alti costi oggi necessari per risiedere nelle aree più centrali o che viene espulsa dal centro per costruire uffici. banche, grandi magazzini. La condizione periferica non solo coinvolge oggi ampi strati della popolazione lavoratrice, ma, in tendenza, si pone come l'unica risposta che questa società, i gruppi politici ed economici che la dirigono, sono in grado di dare relativamente alle condizioni di vita e di insediamento nella città: la periferia e le condizioni che essa esprime si pongono come una delle contraddizioni più evidenti espresse dallo sviluppo capitalistico.
PROBLEMI DI
PERIFERIA
Come si è formata questa situazione a Baggio, quali le cause, i meccanismi che l'hanno prodotta, di chi la responsabilità?
La storia dello sviluppo di Baggio presenta discontinuità e differenze molto evidenti: l'ampliamento del vecchio borgo è avvenuto in fasi e modi tra loro molto diversi. Prima della guerra Baggio era ancora poco più di un borgo nel territorio rurale di Milano; l'ampliamento lungo le vie Q. Romano, Rismondo e Scanini, provocato dalle immigrazioni di popolazione operaia alla ricerca di lavoro nelle industrie di Milano, era avvenuto senza modificare di molto il carattere tradizionale della zona; anzi la forte omogeneità sociale, la relativa autonomia, anche amministrativa, nei confronti di Milano, avevano consentito lo sviluppo di iniziative sociali e culturali di carattere popolare: la cooperativa edificatrice, la cooperativa di consumo, il teatro dialettale, ecc. Il cambiamento violento nei modi, nei ritmi di ampliamento e costruzione della zona si verifica in questo dopoguerra, dopo il 1955, quando la speculazione fondiaria ed edilizia, con l'appoggio e íl benestare delle diverse amministrazioni comunali, decidono di « urbanizzare » intensivamente le aree libere attorno al centro tradizionale di Baggio.
La storia di questo sviluppo è soprattutto la storia dei successivi accordi tra amministrazione comunale, proprietari terrieri, società finanziarie. Il contenuto di questi accordi è sempre uguale: i privati ottengono di violare il piano regolatore, già di per sè assurdo e insufficiente, per aumentare il numero di metri cubi edificabili o per costruire su zone inedifica-
bili, offrendo in cambio al comune i rimasugli di terreno che a loro non servono più, oppure contributi in denaro ridicoli se confrontati con il ricavato delle operazioni speculative. L'amministrazione comunale cerca di rendere legali le violazioni e si sobbarca spese enormi per costruire, quando vuole o può strade, fognature, e servizi. La carenza di servizi e infrastrutture della periferia trova qui la sua spiegazione: l'incapacità dell'amministrazione pubblica di fare o di far pagare a chi specula, scuole, impianti sportivi, associativi, culturali, sanitari, verde pubblico, ecc. Incapacità in definitiva di dare a tutti una città e non quartieri dormitorio. Le tappe di questa storia hanno date e nomi precisi: si chiamano Convenzione Cabella, del 1956, Immobiliare Ponti (« La Viridiana », su verde agricolo) del 1962, Immobiliare Sellanuova; vedono protagonisti altri grandi proprietari terrieri, come Cabassi, o società finanziarie, come la So.Co.Gen.; avvengono con il beneplacito delle varie amministrazioni comunali e di precisi assessori all'urbanistica, da Hazon (D.C.) a Cannarella (D.C.). Un ruolo non secondario in questo tipo di sviluppo ha anche l'edilizia pubblica (IACP, Comune, ed enti vari): la politica seguita, di costruire quartieri in zone non urbanizzate, tagliate fuori da ogni rapporto con centri esistenti (si veda gli OLMI), corrisponde solo all'obiettivo di facilitare l'urbanizzazione dei terreni privati circostanti.
Questo è il modo in cui Baggio viene costruita anche adesso: non vi è stato nessun cambiamento sostanziale, anche se gli strumenti sono in parte diversi; i lotti di edilizia popolare
conformi alla legge « 167 » mimetizzano spesso interventi speculativi (le false cooperative), e non danno garanzie relativamente all'adeguatezza di servizi e infrastrutture; alle rivendicazioni e proteste, numerose come i funghi in tutte le aree di periferia (e in certe zone del centro), si risponde con provvedimenti saltuari e insufficienti o con la politica del fatto compiuto, svuotando così anche il significato democratico che potrebbe venire dal controllo dei Consigli di Zona e della popolazione.
Ciò che sta cambiando è la forza e la consapevolezza della classe operaia e delle sue organizzazioni politiche e sindacali, anche nei confronti di questi problemi: la lotta politica ha consentito di strappare recentemente strumenti, che, se pur parziali e lacunosi, consentono di porre su un piano preciso di concretezza obiettivi di riforma radicale dell'assetto del territorio, della città (si veda la nuova legge sulla casa, per ora messa in frigorifero da questo governo e dalle amministrazioni D.C.).
Si preparano scadenze concrete di lotta politica anche per noi, per la nostra zona: la Revisione Generale del Piano Regolatore, il nuovo Regolamento Edilizio del Comune di Milano, nelle proposte fatte dall'amministrazione comunale, non contengono modifiche rilevanti rispetto alla politica fallimentare sin qui seguita.
Sta a noi, alla nostra capacità di iniziativa e lotta politica, a tutti i livelli, dai singoli quartieri, alle zone, al consiglio comunale, imporre una trasformazione radicale nelle scelte e obiettivi di sviluppo della periferia.
forte
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il P. C. I.
METALMECCANICI PER IL CONTRATTO E LE RIFORME
Conferenza stampa a Roma della FLM - Denunciate le responsabilità del governo e degli industriali - La risposta al documento della Federmeccanica - Aperta una vertenza con le Finanziarie pubbliche per gli investimenti
Un milione e quattrocentomila operai, impiegati e tecnici metalmeccanici sono scesi in sciopero per il contratto e gli obiettivi sociali. E' il primo sciopero nazionale, nelle aziende private e pubbliche della principale categoria dell'industria, dopo le assemblee delle scorse settimane e dopo una prima fase di trattative. Gli incontri sono ripresi oggi con l'Intersind; riprenderanno domani con la Federmeccanica (all'hotel Parco dei Principi), il giorno 9 con la CONFAPI. Nel frattempo si fa sempre più insistente, sui giornali dei grandi gruppi industriali, la campagna antisindacale. E' di ieri la richiesta di una « tregua » sociale nel Paese avanzata da Ugo La Malfa e ripresa con particolare rilievo dal « Corriere della Sera ».
Anche a questa campagna hanno voluto rispondere oggi i dirigenti della Federazione lavoratori metalmeccanici in una conferenza stampa. E' stata data altresì notizia dell'apertura di una vera e propria vertenza con le finanziarie pubbliche (IRI, ENI, EFIM, EGAM) per un programma di investimenti qualificati nel Mezzogiorno. Una scelta conseguente alle indicazioni scaturite dalla Conferenza di Reggio Calabria, a una linea che intende collegare la lotta contrattuale alla battaglia più generale per aumentare i livelli di occupazione, per un nuovo tipo di sviluppo.
Ha aperto l'incontro con i giornalisti Giorgio Benvenuto illustrando un documento di risposta alle più recenti prese di posizione della Federmeccanica, e alle dissertazioni che su questi argomenti vanno facendo esponenti della DC come Ferrari Aggradi o del PRI come La Malfa.
SITUAZIONE ECONOMICA. — Il giudizio è di « estrema gravità ›>. Gli investimenti si sono contratti. L'occupazione è calata di 150.000 unità, nell'industria, nei primi sei mesi del 1972. L'andamento dei prezzi sta subendo una fortissima accelerazione.
LE CAUSE. — Non risiedono certo nella politica sindacale, ma in quel modello di sviluppo che si è voluto far prevalere negli anni '60, con queste scelte: 1) indirizzo pesantemente
deflazionistico imposto alla politica economica con il conseguente contenimento della spesa pubblica; 2) finanziamento in rilevanti proporzioni dello sviluppo di altri Paesi con risorse interne (esodo dei capitali); 3) contemporanea flessione della dinamica degli investimenti; 4) peggioramento progressivo della situazione occupazionale e dell'insufficiente sviluppo della domanda interna di beni finali e servizi.
E' prevalsa, insomma, la logica degli interessi padronali immediati e contingenti, con lo sforzo di elevare la produttività solo ricorrendo alla vecchia pratica del « taglio dei tempi », con la concentrazione degli impegni in settori cosiddetti a tecnologie mature e con concentrazioni territoriali, facendo pagare al Mezzogiorno in termini gravi tali scelte. La disoccupazione nel Sud è infatti pari al 50% di quella nazionale.
LA RISPOSTA. — E' stata data dai sindacati, in questi anni, con i rinnovi contrattuali, le lotte per l'occupazione e le riforme. Certo sono stati introdotti dei vincoli alla espansione industriale, ma « si tratta di vincoli che possono avere un segno positivo se la ripresa che si vuole avviare consiste, come è indispensabile, in una profonda revisione del processo di sviluppo, tale da determinare lo sviluppo dell'agricoltura e dell'industria, degli investimenti innovativi e degli investimenti sociali, dell'occupazione e del Mezzogiorno ».
Benvenuto dopo essersi soffermato sui fattori congiunturali dell'attuale situazione, sulle gravi responsabilità governative e sul fatto che non può certo essere individuato nel costo del lavoro, come fa la Federmeccanica, la causa della attuale situazione di crisi, ha parlato dello stato della vertenza contrattuale, sulle differenze di atteggiamento assunte tra la Federmeccanica (che ha avanzato pregiudiziali assurde), l'Intersind (che non lo ha fatto, pur dando risposte insoddisfacenti sulla piattaforma), la CONFAPI (con un atteggiamento più aperto). Ha concluso soffermandosi sulle vertenze sociali e in particolare su quella aperta con le Finanziarie
pubbliche a cui è stata inviata una lettera con precise richieste.
Nel dibattito con i rappresentanti della stampa sono intervenuti Trentin e Carniti. Il segretario generale della FIOM, soffermandosi sulla pretesa esposta dalla Federmeccanica onde regolamentare la contrattazione articolata, ha osservato che « anche i datori di lavoro sanno che nessuna nuova regolamentazione può mettere la briglia ai problemi. Lo scopo è semmai quello di acquisire un risultato di bandiera, per colpire politicamente il sindacato, oppure per sviare la natura della vertenza, drammatizzandola e utilizzandola su un altro terreno di negoziato. Un terreno (col governo, n.d.r.) idoneo a far accaparrare alla grossa industria ulteriori finanziamenti per la sua politica industriale (quella politica che già tanti guasti ha provocato) ».
Dopo altre domande e risposte (sull'importanza della prossima Conferenza meridionale promossa dalle Confederazioni a Napoli, sulla natura politica del conflitto esploso nella CISL) Carniti ha concluso con un dato concreto. La Federmeccanica nei giorni scorsi aveva detto che la piattaforma dei metalmeccanici sarebbe costata il 25°o in più degli attuali oneri. Ebbene, uno studio delle aziende pubbliche — cioè di un'altra « controparte » — ha accertato che il costo per i siderurgici — cioè laddove le richieste sono più pesanti — si aggirerà sul 21%.
intanto nella tarda serata di oggi sono riprese le trattative, presso l'Intersind, per le aziende a partecipazione statale. La discussione si è accentrata ancora sull'inquadramento unico. Le aziende hanno presentato una propria proposta basata su 10 livelli e non su cinque, ribadendo l'impossibilità di una « declaratoria » unica per operai e per impiegati.
Hanno altresì formulato una esemplificazione che è stata giudicata dai sindacati coincidente con quanto è già previsto nel vecchio contratto e peggiorativa rispetto ai miglioramenti acquisiti in numerosi accordi aziendali. La trattativa è stata aggiornata alle 17 di domani.
IN SCIOPERO I
corso in tutto il Paese
l'azione di 1.200.000 edili
Lotta articolata neí settori del cemento, manufatti e laterizi - La battaglia per il salario garantito.
Sono in corso in tutte le province italiane scioperi articolati di 1.200.000 edili, impegnati sono anche i cementieri e i lavoratori del settore laterizi e manufatti. La forte categoria è in lotta per il rinnovo contrattuale.
La vertenza degli edili e degli altri settori delle costruzioni, sempre più
L'azione sindacale dei lavoratori dell'edilizia si muove su una linea di ammodernamento e sviluppo dell'industria edilizia, in coerenza con gli orientamenti generali di <‹ riforma della casa » e di sviluppo autonomo, non dipendente dal capitale privato, del settore delle opere pubbliche. La rivendicazione del salario garantito, che sta in testa alla piattaforma contrattuale, implica infatti una trasformazione, al tempo stesso, delle condizioni di vita del lavoratore e dell'impresa edilizia a cui si chiede un rapporto d'impiego continuativo durante l'anno. La richiesta di continuità del rapporto di lavoro è già venuta avanti nel contratto nazionale degli operai agricoli sotto la forma del « passaggio alla stabilità d'impiego di tutti gli operai che svolgono 180 giornate di lavoro l'anno presso una stessa impresa ». Non esistono calcoli precisi su cosa comporterebbe una misura del genere nell'edilizia. Si stimano a centinaia di migliaia i lavoratori che, in diverse riprese, alla fine di un anno svolgono sei mesi di lavoro complessivi presso la stessa azienda. La conquista della definitiva stabilità d'impiego dopo 180 giorni porrebbe quindi in moto un meccanismo di pressione sulle aziende affinchè superino la discontinuità stagionale della occupazione che anche in edilizia ha sempre minore fondamento tecnico.
La richiesta di salario garantito si collega, naturalmente, a quella di abolizione degli appalti nelle attività fondamentali di cantieri, il cui assorbimento consente anche una maggiore continuità lavorativa.
Partendo dalla conquista del rapporto continuativo si può giungere, con altre misure, al salario annuo,
sostenuta da un possente movimento di lotta, si va di giorno in giorno caratterizzando come una vertenza esemplare e di valore nazionale per la salvaguardia dell'occupazione e per un nuovo meccanismo di sviluppo, al cui centro sia collocata l'industria delle costruzioni, con particolare riguardo all'attuazione della legge sulla
cioè esteso ai periodi di inattività forzata. Si è parlato, da talune parti, di rafforzamento della Cassa edile. L'importante è che sia sempre chiaro che i lavoratori dell'edilizia rifiutano le forme di salario minimo o assistenziale promosse dal governo e contrabbandate come « garanzia di salario ». Pagare in via previdenziale 1'80 per cento del salario base, come avviene in molti casi di cassa integrazione, significa talvolta di fatto, per la perdita delle componenti variabili del salario, scendere al disotto del 50 per cento della paga.
Per molti lavoratori un simile livello di salario non è una garanzia, ma un prelicenziamento, uno stimolo potente a lasciare l'impresa e cercarsi un altro lavoro. Il salario garantito non è un intervento previdenziale, ma, al contrario, proprio la continuità del pagamento diretto dell'intero salario tracciando un « ponte salariale » effettivo fra un'eventuale interruzione lavorativa e l'altra (tenendo ad eliminarla).
Il salario garantito presuppone, quindi, che siano affrontati insieme due problemi collaterali: 1) la continuità del pagamento dei contributi previdenziali, in modo che la formazione del diritto assicurativo dell'edile non risulti inferiore a quello di altre categorie (pensiamo alle pensioni che gli edili ricevono più di altre categorie in misura minima); 2) la lotta alla precarietà dell'impresa edile e quindi dei suoi cicli di occupazione che presuppone una contrattazione dei carichi di lavoro annuali, nel quadro dell'azione che anche il sindacato ha intrapreso per lo sviluppo dell'edilizia sociale.
Questi problemi hanno una impor-
casa e delle grandi opere infrastrutturali, in modo prioritario nel Mezzogiorno.
Se il padronato tentasse di prolungare ancora lo scontro contrattuale, i lavoratori delle costruzioni daranno vita ad una grande manifestazione nazionale a Roma.
tanza particolare nel Mezzogiorno dove più vasti sono, ad un tempo, sia i problemi della disoccupazione edilizia che i " vuoti » operativi dell'edilizia sociale.
La lotta contrattuale degli edili me rita sotto questo aspetto una più larga attenzione dei partiti ed un esame in seno ai consigli regionali e comunali.
Se dobbiamo avere una politica dello sviluppo della piccola impresa (ed è in gran parte da definire e sviluppare), al tempo stesso debbono essere battute quelle forze padronali che operano per lo sbriciolamento della gestione imprenditoriale, allo scopo di allargare il mercato nero della manodopera. Lo sbriciolamento imprenditoriale aumenta i costi della casa e delle opere pubbliche, e al tempo stesso, mette nelle mani delle poche grosse imprese nazionali controllate dai grandi grupi finanziari un eccezionale potere di ricatto verso lo stesso potere pubblico.
Non siamo i primi a richiamare l'interesse politico generale del contratto degli edili. Nella relazione del ministro Ferrari Aggradi sul programma delle partecipazioni statali si può leggere, senza perifrasi, un deciso attacco alle richieste dei lavoratori riguardo al superamento della stagionalità e degli appalti. Si fa una questione di principio, in nome di una " libertà imprenditoriale >, i cui scempi, nel campo della edilizia specialmente, sono sotto gli occhi di tutti. Non si tratta di scandalizarsi per Ferrari Aggradi e i suoi ispiratori, ma di dare alla lotta degli edili la forza per affrontare i gravi problemi generali che si propone.
In
MILANO: COMIZI NEI QUARTIERI
Hanno scioperato in trecentomila in provincia di Milano, hanno manifestato in decine di migliaia. Tutte le grandi fabbriche metalmeccaniche si sono fermate per l'intera mattina; anche gli uffici sono apparsi semideserti, per la prima giornata di sciopero nazionale dei metalmeccanici, mentre megliaia e migliaia di operai, tecnici e impiegati partecipavano a cortei e comizi. ppure nel centro della città nella piazza Duomo diventata meta tradizionale delle grandi manifestazioni operaie milanesi, l'eco dello sciopero è giunto solo in modo indiretto e discreto, attraverso volantini infilati nei tergicristalli delle macchine, lasciati sui banchi di vendita dei grandi magazzini, consegnati ai passeggeri agli ingressi della metropolitana.
I metallurgici infatti, alla loro prima giornata di lotta per il contratto nazionale di lavoro, hanno cercato, e trovato, il contatto diretto con la gente che lavora, con gli esercenti, con gli insegnanti, con gli studenti proprio sui luoghi di lavoro, nei rioni popolari della città, nei mercati rionali, nei supermercati, nelle vie periferiche battute a tutte le ore dal traffico intenso di chi si reca in centro per delle commesse.
Il programma dei metalmeccanici oggi era semplice e nello steso tempo complesso: portare in mezzo alla gente i motivi sociali ed economici della battaglia in cui è impegnata la categoria.
A questo scopo la Federazione dei lavoratori metalmeccanici ha preparato due volantini distinti: uno diretto alla popolazione, uno agli insegnanti e agli studenti.
Si trattava quindi di distribuire questo materiale di propaganda (oltre seicentomila volantini) attraverso la partecipazione attiva prima di tutto dei lavoratori metalmeccanici. E la partecipazione, stamani, c'è stata, compatta e autodisciplinata, a sollecitare un confronto diretto con i cittadini, con i giovani.
Quaranta sono state le manifestazioni di quartiere e nei centri industriali della provincia. I cortei e i comizi che si sono svolti con la partecipazione di migliaia di lavoratori sono stati la parte conclusiva di un'operazione di « volantinaggio » a tappeto che ha toccato i mercati rionali, i supermercati, i grandi magazzini, le vie più popolate della periferia, parecchi istituti scolastici.
Si è voluto cioè cominciare a rispondere in modo diretto, costruttivo
alle domande di chi sente parlare, a proposito e a sproposito, degli scioperi, di tutti coloro che, vedendo passare un corteo, si chiedono: « Ma questi, cosa vogliono? ».
« I metallurgici — dice il volantino diretto ai cittadini — non intendono risolvere solo i loro problemi. Per questo insieme a decine di migliaia di altri lavoratori e cittadini sono scesi in sciopero il 31 ottobre per chiedere le riforme sociali. Essi sanno bene che non c'è conquista in fabbrica che possa tenere se non si risolvono parallelamente i problemi della società ».
E agli studenti, agli insegnanti, ai lavoratori della scuola i metalmeccanici propongono: « E' ormai evidente che in fabbrica non si può vincere la battaglia contro la dequalificazione senza una radicale revisione della istituzione scolastica, che non si supera il distacco tra studenti, insegnanti e lavoratori della industria senza un processo di democratizzazione della scuola.
« Soltanto insieme possiamo rispondere. Poichè non è questo il momento di dividersi su astratte affermazioni ideologiche che passano sulla testa delle masse, bensì di battersi uniti sui problemi concreti, i metalmeccanici avvertono l'esigenza di un rapporto che non si sviluppi soltanto fra ristrette avanguardie bensì tra l'insieme dei lavoratori e degli studenti ».
Alla fine della giornata di lotta il bilancio è fortemente positivo. I metalmeccanici hanno iniziato la loro opera di informazione capillare, in sostituzione della disinformazione massiccia che viene dai grandi giornali della borghesia e dalla stessa RAI-TV (cosa questa che è stata denunciata dagli operai del'Alfa Romeo, recatisi in corteo alla sede della TV, in corso Sempione), sui contenuti veri delle lotte sindacali e sociali. E' una via appena aperta, che deve ancora essere percorsa per allargare attorno alla categoria in lotta le alleanze con gli altri ceti sociali, per scongiurare i pericoli di isolamenti e divisioni.
CARO VITA ... PR
Intervista con Valentino Zuffada presidente
D. - Perchè ogni anno dopo le vacanze estive si verifica un aumento dei costi della vita?
R. - Non è esatto dire che gli aumenti si verificano ogni anno dopo le ferie estive; è vero invece che il costo della vita è una spirale graduale continua, fa parte della logica capitalistica del nostro paese, che costruisce le sue fortune sullo sfruttamento e sulla speculazione; il 1972 ad esempio fa riscontrare dal gennaio al luglio un aumento all'ingrosso del 4% ed un aumento al dettaglio del 2,2%; il mese di agosto fa riscontrare un aumento all'ingrosso dell'1,6% e al dettaglio dell'1,8%.
E' vero, e non a caso, che il problema del carovita scoppia ogni anno dopo le vacanze estive con manovre ben concertate di tutta la stampa padronale, della radio, della televisione, che mistificando la verità fanno di tutto per intimidire e frenare lo slancio dei lavoratori che in questi mesi si battono per il rinnovo dei contratti di lavoro.
L'intervento, anche questo non a caso, del presidente del consiglio Andreotti con la circolare ai prefetti per il « calmiere », contro il pericolo dell'inflazione, dimostra solo che il governo di centro-destra vuoi solo tenere in piedi il meccanismo del profitto, della speculazione, dello sfruttamento.
D. - Ritieni che i commercianti al minuto abbiano delle responsabilità nell'aumento dei prezzi? E pensi che il calmiere serva a qualcosa?
R. - No, i commercianti non hanno nessuna responsabilità ed il calmiere non serve a niente se applicato ai dettaglianti, servirebbe invece molto se applicato all'ingrosso; nella nostra città si consumano prodotti alimentari di largo consumo, in percentuale altissima, preconfezionati con prezzi peso prefissati dall'industria.
Sono perciò i « padroni » di queste industrie i colpevoli veri, ai quali i prefetti farebbero bene a chiedere i motivi dei continui aumenti. Ma è perlomeno strano che lì i prefetti non abbiano nessun potere di intervento.
Si accusano i commercianti di essere in troppi e perciò esiste una rete distributiva troppo polverizzata, ma si tace sul fatto che la nostra città è quella che ha la percentuale più alta
di supermercati, in rapporto agli abitanti, e ha il costo della vita più alto di tutte le città italiane.
Ma esiste un dato significativo: dal '69 al '71 a Milano si sono chiusi più di 3.000 negozi nel solo settore alimentare e sono invece triplicati, nello stesso periodo, i supermercati monopolistici e ciò malgrado il costo della vita ha subito aumenti mai verificatisi in tutto il dopoguerra. Bisogna riconoscere che la rete distributiva è troppo polverizzata ma bisognerebbe anche dire che il commercio è stato la valvola di scarico di tutti i lavoratori « espulsi » dalle fabbriche e dalle campagne che non hanno avuto altra alternativa se non quella di aprire negozi per poter continuare a vivere.
Bisogna anche dire che non si combatte il carovita concedendo licenza ai supermercati monopolistici perchè questi hanno una sola funzione: quella della speculazione! L'ultimo esempio è quello della Montedison che chiude le fabbriche del settore produttivo chimico per investire miliardi nel settore speculativo dei supermercati e ipermercati.
I dettaglianti sono ingiustamente accusati del rincaro dei prezzi e da tutte le parti si lanciano inviti perchè si associno.
Milano ha diverse cooperative di acquisto di dettaglianti, alcune con grossi magazzini ma questo non basta.
Ci vogliono i centri commerciali di vendita per esercenti associati, ma qui bisogna far rilevare le grosse responsabilità dei poteri pubblici, locali nazionali che non hanno fatto nulla perchè questo si realizzasse ed è stato lasciato tutto alla spontaneità.
Bisogna modificare la legge sui credito ai commercianti, creare incentivi per l'associazionismo all'acquisto e alle vendite, ristrutturare i mercati generali con controllo delle forze democratiche, fermare l'immissione dei supermercati del monopolio che tentano di impadronirsi della rete al dettaglio, forse con vantaggi effimeri e momentanei ma pronti a rifarsi appena realizzato il loro obiettivo, applicare la legge 426 sul commercio per far diventare i commercianti i veri artefici della riforma della distribuzione nell'interesse del nostro Paese soprattutto dei consumatori.
D. - E' possibile che siano le conquiste salariali a provocare i rialzi dei prezzi?
R. - E' una vecchia storia! A parte il fatto che i lavoratori sono costretti sempre a chiedere aumenti salariali quando i prezzi sono già aumentati, ripeto che l'aumento del costo della vita fa parte della logica del profitto. Si noti però che da un po' di tempo non si accusano più i lavoratori, in quanto hanno saputo dimostrare la falsità delle accuse loro rivolte. Si è cercato di incolpare i commercianti, pure ciò non certo a caso: dopo il novembre '69, quando uno sciopero compatto e unitario dei lavoratori e degli esercenti ha messo in allarme il monopolio e le forze politiche reazionarie.
I « padroni del vapore » hanno temuto questa unità e fra le manovre per riportare la divisione e per mettere i lavoratori contro i commercianti, hanno accusato i commercianti di essere i colpevoli del caro-vita. La « Confesercenti » che è l'organizzazione democratica del settore distributivo, ha svolto un'azione chiarificatrice con i sindacati dei lavoratori su tutti i problemi delle riforme per creare un'alleanza concreta e duratura che consenta ai lavoratori dipendenti ed autonomi di poter intervenire con maggior forza, pur tenendo conto dell'autonomia di ognuno, in tutte le lotte per le riforme. Sappiamo che ciò non è facile, soprattutto perchè esiste a Milano la « Unione Commercianti » che associa la grossa distribuzione unitamente ai piccoli commercianti e porta avanti una politica corporativa e di divisione in favore della sola grossa distribuzione e contraria agli interessi dei piccoli e medi commercianti.
D. - Che cosa si può fare per contenere l'aumento dei prezzi?
R. - L'aumento dei prezzi e perciò del costo della vita non è un problema a se stante. Si inserisce in tutto il problema di politica generale del nostro paese, nel problema delle riforme di struttura, nel problema delle scelte.
Tutto il resto è demagogia, falsità, mistificazione.
E' un voler far ricadere le colpe su chi non ne ha.
Pertanto è falso accusare i lavoratori o i commercianti dell'aumento del
EZZI provinciale della Confesercenti
costo della vita, come è sbagliato fare questa politica dei prezzi. Bisogna fare la politica delle riforme di struttura: della casa, dell'assistenza e della previdenza, della scuola, dei trasporti, dell'agricoltura, della finanza, soprattutto per costringere gli industriali italiani a reinvestire in settori produttivi del nostro paese i loro profitti, e non portare miliardi all'estero, per creare nuovi posti di lavoro e un maggior potere di acquisto delle masse popolari, e perciò all'intensificarsi dei consumi.
E' necessario perciò creare un grande fronte democratico di tutte le forze antimonopolistiche che va dai lavoratori ai commercianti, artigiani, contadini che si battono per le riforme, ma soprattutto per capovolgere il continuo slittamento a destra del nostro governo e per una sempre maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte democratiche del paese.
D. - Perchè ogni anno i coltivatori sono costretti a distruggere tonnellate e tonnellate di frutta e di ortaggi? Perchè non si immettono sul mercato a minor prezzo.
R. - La mancanza di una seria riforma dell'agricoltura ha ridotto questo settore in uno dei più arretrati di tutti i paesi d'Europa.
Le imposizioni del MEC hanno fatto il resto.
Mancanza di incentivi per l'associazionismo tra i contadini e mancanza di una qualsiasi programmazione con la presenza anche qui di forti speculazioni parassitarie che hanno distrutto la nostra agricoltura. La fuga dei contadini dalla campagna, come il forte divario tra nord e sud, è una fonte ulteriore di sfruttamento a vantaggio degli industriali del nostro paese. Si danno premi per impiantare frutteti e poi si danno altri premi per distruggere la frutta, si da un premio di 125.000 lire per ogni mucca abbattuta e conseguentemente si distrugge il nostro patrimonio zootecnico e poi si importa in Italia il 60% del fabbisogno di carne e il 60°'o del fabbisogno di latte favorendo grossi profitti ad una ristretta cerchia di speculatori: una ventina in tutto!
Bisogna imboccare una strada nuova e per farlo, la prima cosa è quella di cambiare il governo di centro-destra.
Nel caso specifico il nostro Comune avrebbe potuto fare molto, ma non ha fatto quasi niente.
Questi sono i dati sull'andamento del costo della vita a Milano. Sono dati che fanno giustizia di tutte le manovre (ultima quella del ministro Gava alla commissione Industria della Camera) tendenti a sdrammatizzare e quasi a dire che la denuncia dell'aumento dei prezzi non ha fondamento. A Milano nei mesi dal gennaio all'agosto del 1971 il costo della vita è aumentato percentualmente. rispetto al 1970, di 6.4 punti, più della metà dell'aumento verificatosi in tutti i quattro anni precedenti. Infatti dal 1966 al 1970 lo stesso indice è aumentato di 12,3 punti in totale.
Leggete Rinascita
INDICE DEL COSTO DELLA VITA A MILANO 1966 agosto 1970 Alimentazione 100 110,6 Abbigliamento 100 116,2 Abitazione 100 118.8 Elettricità e combustibili 100 112,5 Spese varie 100 111,3 Complesso 100 112,3 gennaio 1971 agosto 1971 Alimentazione 100 105,0 Abbigliamento 100 106,9 Abitazione 100 103,2 Elettricità e combustibili 100 106,1 Spese varie 100 108,9 Complesso 100 106.4
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iii Z o O o
I morti li hanno voluti loro, il governo di Bonn e di Israele. L'opinione pubblica si scandalizza solo quando muoiono degli israeliani. Ma non dice che gli israeliani sono dei criminali quando decimano migliaia di persone, quando torturano un intero popolo dopo averlo spogliato della propria terra. Perchè non ci si domanda come mai si è giunti a commettere tali atti?
Perchè non si dice che un popolo sta sopportando un genocidio?
Non sono bestie i palestinesi: agiscono cosi perchè sono disperati ».
Così risponde Romano G., 15 anni, alla rivista « Qui giovani » sulla strage di Monaco. Non si vuole entrare qui nel merito di questo problema, ma quella risposta dimostra con chiarezza estrema come oggi i giovani vivono in un'epoca straordinaria e dagli avvenimenti più sconcertanti sappiano trarre un giudizio pacato e obiettivo.
Coloro i quali appartengono al passato, e sul passato hanno costruito la propria esistenza e orientato il loro modo di pensare o di agire, coloro i quali vivono solo per difendere il proprio spirito conservatore, oggi mal sopportano il fatto che i giovani tendano ad un agire e pensare più libero e razionale. E quando costoro, in veste di mentori talvolta arcigni a volte benevoli, pretendono che i giovani ignorino il presente e la loro condizione reale per conformarsi alla lezione solo del passato. allora sempre vengono ignorati e non trovano alcuna comprensione tra i giovani perchè si capisce che vogliono difendere questa società così com'è: con le sue storture, le sue ingiustizie sociali, i privilegi costituiti lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Noi non apparteniamo a questa schiera di persone che si distinguono per caparbietà e meschinità di pensiero, perchè ovunque si è verificato mutamento e progresso, là erano i giovani con le loro ansie e le loro aspirazioni progressive.
Così è stato nel 1917 nella rivoluzione d'ottobre, così alla fondazione del P.C.I. nel 1921, così è stato nell'ardua lotta contro il nazifascismo in Italia e in tutto il mondo, così nella lotta per difendere la democrazia antifascista in questi anni di sopraffazione della DC.
Chi potrebbe contestare il ruolo di primo piano della gioventù nella difficile lotta di quei popoli che hanno combattuto e combattono perchè i loro paesi siano pienamente liberi e indipendenti? In Algeria come a Cuba, in Congo come nel Vietnam e nel Cile, la gioventù è stata sempre in prima fila nella battaglia per il progresso sociale.
Ma questo per i conservatori non conta, si pretende invece di affermare, chissà in base a quale conoscenza reale che i giovani nella nostra
società rifuggono dall'impegno, che odiano la politica », perchè considerano la politica « una cosa sporca » e « tutti i politicanti uguali ».
La verità è che essi si dannano assai perchè vorrebbero che così fosse per poter meglio conservare i propri privilegi e il proprio egoismo. Hanno sperato in questi anni che con la costituzione del centro-sinistra, promettendo ai giovani a manca e a destra progresso sociale e soddisfacimento dei loro bisogni e aspirazioni, in base alle « magnifiche sorti del capitalismo italiano » si ingabbiasse la volontà di rinnovamento della gioventù italiana.
Cosi non è stato. Oggi, nella fabbrica sono stati intensificati i ritmi di lavoro, centinaia di migliaia di giovani sono sfruttati molto e retribuiti poco, oltre all'essere esposti agli arbitri padronali; numerose schiere di ragazze sono disoccupate, e la stragrande maggioranza degli studenti alla fine degli studi non trova lavoro e non può sviluppare e applicare le sue capacità produttive e creative.
Il fatto è che esiste veramente una questione giovanile » con i suoi caratteri e le sue espressioni particolari: è una questione nazionale e strutturale in quanto, per i caratteri propri del capitalismo italiano, deve sempre essere disponibile una enorme massa di giovani disoccupati per garantire ai gruppi dominanti e al grande padronato il massimo profitto possibile. Come lavorano e vivono in questa società le masse giovanili, i giovani operai e contadini, gli studenti e le ragazze? Quali sono le prospettive di lavoro e della formazione della propria personalità umana?
Scriveva Palmiro Togliatti: « Perchè non dovrebbe aspirare ad una maggiore ricchezza il figlio della famiglia contadina che fugge dai campi perchè ivi si vive nella indigenza e nella arretratezza, lontano dall'uso di ciò che rende la vita degna di essere vissuta?
« Perchè non dovrebbe aspirare ad un certo livello di benessere sociale il figlio di operai che è entrato in officina per accorgersi che il suo lavoro rende assai meno a lui che al padrone che lo sfrutta?
Perchè bisogna condannare quelle ragazze, quei giovani che vogliono andare a scuola, ma vogliono che la scuola sia costruita per loro, secondo le esigenze di un lavoro e di una vita moderni, organizzati e diretti allo scopo di far meglio vivere tutta la collettività? ›,.
A questi interrogativi i giovani hanno già dato risposta, giacchè è evidente a tutti il loro impegno nella vita sociale e nella lotta politica, la loro concreta volontà di organizzarsi con noi per discutere, decidere e lottare per cambiare la propria condizione e la società.
False, dunque, quelle deformazioni strumentali della stampa cosiddetta indipendente » (Corriere della Sera. il Giorno, ecc.) che pretende di dimostrare, a volte con rabbia e a volte con civetteria, che i giovani sono irrimediabilmente prigionieri dell'incertezza e dell'avvilimento morale o ideale o, addirittura del terrorismo e avventurismo. Non vi è avvilimento tra i giovani e se a volte qualche forma di lotta e di organizzazione estremistica attecchisce fra qualche settore della gioventù, ciò è frutto stesso della società caotica e disordinata in cui viviamo.
E' compito però del movimento democratico dei giovani respingere l'estremismo, perchè esso, insieme all'opportunismo e al conformismo, rappresenta il peggior nemico dello sviluppo di potenti movimenti di massa per fare avanzare in Italia la grande rivoluzione antifascista e socialista.
Tuttavia un compito urgente oggi si pone. Se uno degli obiettivi del governo antipopolare Andreotti-Malagodi è quello di impedire la saldatura organica della gioventù democratica, lavoratrice e studiosa, con il più ampio movimento operaio e democratico, se uno degli obiettivi è l'isolamento dei giovani cosicchè esso possa cadere nel velleitarismo, ebbene. più ampia e articolata deve essere la nostra azione per respingere questo tentativo e spazzare via il governo Andreotti-Malagodi.
Avvicinarsi ai giovani vuoi dire discutere dei loro problemi e delle loro aspirazioni, con grande apertura e con volontà di comprendere, perchè insieme si possa combattere per la pace e l'indipendenza di tutti i popoli, per il diritto allo studio e al lavoro stabile e qualificato, per migliori condizioni di vita e di lavoro nella fabbrica, nella scuola e nei quartieri, per sconfiggere il fascismo alle radici, e sviluppare la democrazia e la partecipazione dei giovani alla vita sociale e politica.
A Baggio la stragrande maggioranza dei giovani ha votato comunista ed è cresciuta oggi la loro volontà di partecipazione. Per nessuna ragione che non sia già nella propria condizione concreta noi chiediamo ai giovani di Baggio di organizzarsi e di lottare. Compito nostro, come Federazione Giovanile Comunista, è dunque di andare fra loro e, senza preclusione e discriminazione, organizzare un grande movimento unitario per piegare la tracotanza della DC, per tenere aperta la via per una profonda svolta democratica per risolvere la grande crisi generale che attanaglia il paese e sostituire all'esaurimento definitivo dello slancio costruttivo della borghesia la volontà di un nuovo blocco di forze democratiche, in cui i giovani siano parte attiva e decisiva per far progredire l'Italia sulla strada del socialismo.
LEVA GRAMSCI
Nel nome del compagno Antonio Gramsci, fondatore del PCI, assassinato nelle carceri fasciste, e nel nome anche di centinaia di dirigenti e militanti comunisti che hanno sempre affermato in carcere, al confino, nella lotta partigiana e con la scelta classista, il loro amore per la pace, per l'indipendenza nazionale, per la democrazia e la libertà, è in corso nel nostro paese una grande campagna di reclutamento al PCI.
L'iniziativa non è strumentale, bensì ha un valore politico e ideale ben definito: accrescere la forza organizzata del più importante partito del movimento operaio del nostro paese, chiamando ad una partecipazione diretta alla militanza consapevole e attiva, chi ha aderito al programma del partito e ad esso ha dato il suo voto.
Il nostro partito è impegnato con tutto il peso della sua forza e del suo prestigio nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, nei quartieri in questa importante iniziativa che sta riscuotendo già grandi consensi.
Anche nel nostro quartiere la nostra sezione ha riportato significativi risultati. Particolarmente ampia è la adesione delle forze più giovani, animate da una volontà di rinnovamento sociale e da una spinta democratica. Questi giovani hanno trovato nel PCI l'organizzazione politica che indica e porta avanti con fermezza e combattività precisi obiettivi di lotta su tutti i problemi attorno ai quali oggi si sviluppa lo scontro di classe. Il PCI, organizzazione politica di massa la cui azione si basa su principi leninisti ha profonde radici fra le masse lavoratrici, i ceti sociali sfruttati, le persone di cultura e più in generale fra tutti i democratici e i progressisti. E' ormai chiaro che nella situazione italiana senza e, tantomeno contro, la precisa scelta indicata dagli oltre 9 milioni di voti comunisti, non si possono risolvere i problemi politici, economici e sociali del nostro paese.
I comunisti riaffermano pertanto il loro impegno per una seria e incisiva politica di rinnovamento sociale e, per condurre questa linea di lotta fino in fondo e con successo, chiamano gli elettori che a questa politica hanno espresso la loro fiducia col voto ad entrare nelle file del PCI, ed essere militanti attivi di questa grande battaglia.
una campagna di conquista ideale NON E' VERO
Che sono state le conquiste salariali a provocare il rialzo dei prezzi. Infatti una delle cause della difficile situazione economica è la scarsa domanda interna, cioè le grandi masse hanno poco da spendere, perchè i salari e i redditi da lavoro sono ancora troppo bassi.
Che non ci sono risorse da investire in attività produttive e nei servizi sociali fondamentali (le case, le scuole, gli ospedali, i trasporti): sono i grandi capitalisti che attuano Io « scio-
pero degli investimenti » perchè vogliono guadagnare di più intensificando lo sfruttamento; è il governo che non fa spendere neanche i fondi da lui stesso stanziati per disporre di riserve da manovrare secondo le imposizioni americane e gli interessi dei gruppi monopolistici; sono le concentrazioni finanziarie impegnate in colossali operazioni speculative di cui l'esportazione dei capitali e le recenti vicende di Borsa sono le manifestazioni più clamorose.
CITTADINI DI BAGGIO PER LA SISTEMAZIONE DELL'AREA 7
La proposta di sistemazione dell'area libera all'interno delle vie Q. Romano, Anselmo da Baggio, Rismondo e Diotti, esprime le richieste che il Comitato Genitori della Scuola Materna di via Q. Romano, le forze politiche e le organizzazioni impegnate in questa azione, hanno sottoposto in questi giorni all'Amministrazione Comunale, in particolare alla Commissione Pianificazione del Comune.
Essa rappresenta una prima, parziale conclusione di una vicenda da tempo all'ordine del giorno a Baggio, per molti mesi rimasta al centro dello scontro, spesso duro, tra le diverse forze politiche all'interno del Consiglio di Zona e delle sue commissioni, e ora oggetto di interessamento e rivendicazione da parte di molti cittadini.
Lo scontro in atto è, senza possibilità di dubbi o altre interpretazioni, lo scontro tra due modi diversi, inconciliabili, di intendere l'impegno politico nei confronti dei gravi ,enormi problemi che pone oggi la città e in modo particolare la periferia.
Da una parte la difesa di un interesse particolare, di un'iniziativa speculativa: la costruzione di 6 condomini. per un totale di quasi mille nuovi abitanti, abbinati alla realizzazione di una chiesa con annesse opere parrocchiali. Case e chiesa dovevano sorgere sul terreno di proprietà della Curia di Milano, nella metà inferiore dell'area indicata nel disegno come « area libera n. 7 ». Richiesta apparentemente legittima, dato che il proprietario può disporre della sua proprietà e dato che il Piano Regolatore in vigore prevede che quel terreno sia edificabile. Ciò che non ha funzionato è stata, dapprima, l'iniziativa dell'Assessore all'Ur-
banistica Cannarella della D.C., che, a gennaio ha invitato il Consiglio di Zona a dire il suo parere su come utilizzare tutta l'area libera n. 7, compreso il terreno della Curia; poi l'affermarsi del principio che, per motivi di interesse pubblico, di tutti i cittadini, è più che legittimo rimettere in discussione le indicazioni del Piano Regolatore, che è stato fatto ben nel lontano 1953, e porre dei limiti all'interesse privato.
Dall'altra parte infatti si è sostenuto, ed è questa la posizione assunta ufficialmente, alla fine di settembre, dal Consiglio di Zona, che tutta l'area va destinata alla costruzione di servizi e attrezzature, indispensabili al quartiere, comprendendo in ciò anche la nuova chiesa con annesse opere parrocchiali: precisazione questa necessaria, dati i tentativi di scatenare una guerra di religione (o forse solo preelettorale), al grido di « i rossi non vogliono la chiesa », tentativi peraltro sconfessati da una parte consistente di cattolici di Baggio.
I termini del problema sono stati capiti dal Comitato genitori della scuola materna di via Q. Romano: una promessa dell'Assessore ai Lavori Pubblici, Bonatti, del P.S.D.I., ha posto ancor più in luce che la costruzione della nuova scuola materna è un obbiettivo che non può essere separato dalla sistemazione di tutta l'area libera n. 7, come area per servizi e attrezzature pubbliche.
I criteri seguiti nella proposta di sistemazione di tutta quest'area sono molto semplici e chari:
— creare un'ampia zona vicino alle scuole media ed elementare esistenti, destinandola a piscine scolastiche, campi sportivi ed altre at-
trezzature indispensabili per una attività a pieno tempo degli studenti e per tutti gli abitanti del quartiere:
mettere la nuova scuola materna in prossimità di queste attrezzature e di un piccolo parco per mamme e bambini, vicino anche alla scuola materna di via Q. Romano e all'asilo nido;
porre la chiesa e le opere parrocchiali in una vasta area a nordovest (più o meno dove è già ora la chiesa provvisoria), lasciando libera l'area vicino alle scuole; sistemare a parco una grande area a nord-ovest;
prevedere, eventualmente, l'inserimento di nuove case, per un numero limitato di abitanti, in posizione tale da non soffocare le scuole e le case esistenti; in questa proposta, ad es., le nuove aree residenziali sono in posizione molto vantaggiosa, a nord del nuovo parco, e non rovinano la sistemazione a servizi dell'area;
mantenere esclusivamente l'uso pedonale di tutta l'area, con larghi viali alberati di collegamento, facendo girare all'esterno tutto il traffico automobilistico.
Questa proposta in definitiva permette di completare un vero e proprio centro di attività e servizi collettivi di quartiere, integrato alla biblioteca, alla nuova scuola media di via Pistoia, alla Cascina Monastero, destinata a centro civico, e alle aree a giardino già esistenti o da sistemare, come la piazza A. Garibaldi: un'occasione unica per arricchire la vita scolastica e sociali del quartiere e per porre le
i
premesse di uno sviluppo diverso della periferia.
Ciò è risultato chiaro anche a tutti i membri della Commissione Pianificazione del Comune: come altrettanto chiaro ed evidente è risultato che questa proposta fa giustizia di eventuali pretesti dei privati interessati alla costruzione della chiesa e delle case, offrendo loro una soluzione ragionevole ed equilibrata. Difatti le obiezioni non sono state nel merito: da una parte la Commissione ha sostenuto che è necessario un preventivo parere del Consiglio di Zona su questa proposta; dall'altra alcuni membri della commissione, che più apertamente sostenevano le posizioni dell'interesse privato (come l'ing. Passani, D.C., coadiuvato dall'ing. Moretti, D.C. di Baggio, presente non si sa a che titolo alla riunione), hanno prospettato le difficoltà di realizzare questa proposta, a causa del tempo necessario per cambiare il Piano Regolatore, con una « variante », e per mettere d'accordo i proprietari delle aree, Curia, Comune e, sembra, un'immobiliare. Ciò col rischio, apertamente dichiarato, che anche una soluzione per la nuova scuola materna si trascini per
anni. Mentre è facile prevedere che l'ostacolo del Consiglio di Zona verrà superato, date le posizioni che la sua maggioranza ha già preso sull'area libera n. 7 (1), le difficoltà, prospettate da amministratori comunali che rappresentano ben altre « maggioranze », non sono da sottovalutare.
Noi comunisti, impegnati in prima persona al fianco di questa giusta lotta, siamo convinti che solo una mobilitazione allargata a tutto il quartiere, capace di coinvolgere tutte le forze e le organizzazioni democratiche, i cittadini, potrà ottenere gli obbiettivi qui indicati, nel quadro di un movimento più generale teso a rivendicare una diversa condizione di vita nella città e nella periferia.
In questa prospettiva, di costruzione di una consapevole e diffusa volontà politica in tutta la nostra zona, sarà possibile superare anche gli ostacoli prima prospettati. In una città che dal dopoguerra ad oggi si è sviluppata attraverso la violazione sistematica di un Piano Regolatore già di per sè insufficiente, a tutto vantaggio della speculazione edilizia e fondiaria; in una città i cui amministratori hanno
Per qualsiasi pratica inerente all'INPS (pensione, vecchiaia, reversibilità, invalidità, assegni famigliari, ecc.), rivolgersi all' INCA - Camera del lavoro con sede in Piazza Anita Garibaldi, 13- Baggio (Milano) aperto tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 11,30 e dalle 15,30 alle 17 escluso il sabato
inventato il cosiddetto « rito ambrosiano », (cioè una convenzione diretta tra Comune e proprietari privati), oer rendere « legali » queste violazioni, è impensabile che non si trovi la soluzione tecnica per rendere possibile una rapida attuazione dei servizi ed attrezzature pubbliche proposti.
Ulteriori ostacoli e ritardi saranno dovuti unicamente all'azione di forze politiche schierate a difesa di interessi particolari, di iniziative speculative.
Sono queste le forze da battere, gli ostacoli reali da superare, anche se questo compito non è facile. E che sia possibile farlo, con la lotta e la mobilitazione, lo dimostrano i primi positivi risultati già ottenuti: dalle decisioni imposte nel Consiglio di Zona e nelle sue commissioni, all'incontro che la delegazione del Comitato genitori della Scuola materna di via Q. Romano ha strappato, caso unico del genere, alla Commissione Pianificazione del Comune di Milano.
(1) « Utilizzo ad attrezzature sportive, ricreative e servizi, ad uso delle scuole che si trovano nelle immediate vicinanze e di nuove che dovranno sorgere, nonchè al servizio di culto; tali attrezzature dovranno essere aperte all'utilizzo degli abitanti del quartiere ».
Scuola: il guastatore Scalfaro
Roma, ottobre 1972. 2 milioni e 120 mila alunni non hanno posto nelle scuole. Per gli insegnanti non si sono trovati ancora i soldi per migliorare — di poco — la loro situazione. Il ministro Scalfaro sta attivamente lavorando per trasformare la scuola in una fabbrica di ignoranti, perseguitando professori e allievi che vorrebbero una scuola diversa. Il suo motto è: « quando sento parlare di cultura, chiamo la polizia ».
Estorsione con l'IVA
INCA il patronato della CGIL per la tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori
Roma, ottobre 1972. Il governo di centro-destra mette a segno il colpo dell'IVA (imposta sul valore aggiunto) in danno dei lavoratori e, in particolare, delle famiglie a basso reddito. L'aumento del costo della vita e l'attacco ai bilanci familiari si rivelano, ogni giorno di più, come una delle specialità del duo Andreotti-Malagodi e dei loro associati. In seguito all'applicazione dell'IVA i prezzi saliranno, come minimo di un 3%. Come dire una sottrazione di almeno seimila lire dagli stipendi e dai salari. Particolarmente danneggiati artigiani e piccoli commercianti.
SERVIZI DA REALIZZARE:
Area per chiesa e opere parrocchiali (mq. 11.000)
Campo giochi per bambini (mq. 2.100)
Scuola Materna di 8 sezioni (mq. 6.400)
Centro sportivo-ricreativo (mq. 10.800)
Piscine scolastiche (mq. 4.000)
continua da pagina I le battaglie da condurre per eliminare le cause che ancora oggi determinano incertezza nell'avvenire per i giovani, insicurezza sulla occupazione per i lavoratori, grave preoccupazione per l'attività degli esercenti e dei commercianti, umiliazione per i pensionati, miseria e fame per i contadini ed i cittadini del meridione.
Vogliamo stimolare, non una semplice protesta, ma la partecipazione attiva dei lavoratori e dei cittadini nel sollevare problemi locali e più generali, nell'indicare ed operare per imporre giuste soluzioni agli stessi, nella convinzione che in questo modo si darà un contributo anche alla soluzione dei grandi temi nazionali ed internazionali che sono all'attenzione del momento oltre che ostacolo alla costruzione di una società senza ingiustizie, democratica e per quanto ci riguarda socialista.
Ma ci permettano i lettori di essere anche un poco presuntuosi.
Noi siamo convinti che questo nostro giornale, sia utile non solo per gli scopi sopra elencati, ma anche importante al fine di ampliare la conoscenza dei problemi che per un verso o per l'altro toccano o condizionano la vita dei lavoratori e dei cittadini.
Infatti questo giornale nasce nella convinzione di poter occupare parte dello spazio lasciato dai cosidetti « organi di informazione indipendente », che mai o quasi mai mettono nella giusta luce i problemi dei lavoratori e dei cittadini di un quartiere.
Anzi a questo scopo ci prefiggiamo un compito che forse ci farà apparire ancora più presuntuosi, ma che ci trova profondamente convinti di questa scelta, quello cioè di smascherare, pur nel limite delle nostre possibilità, le menzogne che spesso sfornano i cosidetti « organi di informazione indipendente » sul conto della condizione dei lavoratori, dei cittadini, sui luoghi di lavoro, nei quartieri, nel paese.
Uno dei pericoli più gravi ed immediati che rischia la democrazia nel nostro paese è quello di lasciare via libera alla disinformazione ed alle menzogne delle forze politiche ed economiche dominanti che tentano di monopolizzare a questo scopo, non solo tutta la stampa di informazione, ma anche la radio e la televisione.
Quindi il sorgere di tanti giornali di quartiere come il nostro, non solo sarà utile per tutto quanto abbiamo precedentemente citato, ma lo sarà anche in difesa di quei
valori democratici per i quali tanti italiani si sono battuti.
Per tutti questi motivi e per altri che abbiamo trascurato, vogliamo non solo dare continuità a questo primo numero, ma riteniamo necessario chiamare tutti i lavoratori ed i cittadini democratici a collaborare con noi, per far si che que-
continua da pagina I 357 iscrizioni e dove i genitori hanno respinto la scelta tra gli aventi più o meno diritto rivendicando per tutti gli iscritti la frequenza.
Non certo più confortante la situazione per quanto riguarda le scuole elementari. Nelle nove scuole di cui si posseggono i dati, dove sono iscritti 6.423 bambini, ci sono 26 classi senza aule con conseguenti doppi turni, o spostamento degli alunni in stanze di affitto.
Le 16 classi senza aula della scuola di via Cabella, per esempio, vanno in parte (13 classi) in aule affittate presso la solita parrocchia e in parte (3 classi) in negozi della cooperativa Serenissima.
Le due classi senza aule della scuola di Via Caio Mario 18 saranno trasportate a Figino, ospiti di una scuola che è ancora in costruzione.
In via Forze Armate 65 saranno fatti 11 doppi turni per sistemare le dieci classi in più rispetto alle aule e per tenere un'aula a disposizione delle attività parascolastiche. L'anno scorso in questa scuola i doppi turni sono stati 5. In via Fratelli Zoja. dove sembra esistano due aule in più, in realtà ci sono due classi in attesa di sdoppiamento.
sto giornale trovi la più ampia diffusione tra le famiglie di Baggio e diventi la tribuna dalla quale tutti coloro che si battono per migliorare le proprie condizioni di vita e per cambiare questa ingiusta società, possano far sapere come oggi abbiamo fatto noi ‹< chi sono e cosa vogliono ».
Senza parlare poi, dell'affollamento. In via Anselmo da Baggio, dove non ci sono doppi turni, ci sono però classi con 32 bambini, in via Cabella, nonostante le 16 aule esterne in affitto ci sono classi con 37 bambini; classi di 30 e 32 bambini sono segnalate anche in via Caio Mario e via dei Salici.
Un accurato lavoro della commissione scuola del Consiglio di zona compiuto lo scorso anno sulla base della realtà esistente all'inizio dell'anno scolastico 1971-72 aveva messo in lucq paurosi fabbisogni arretrati: per le materne (calcolando 30 bambini per aula) mancavano 1.099 posti; per le elementari (calcolando 25 alunni per aula, secondo la circolare ministeriale) i posti mancanti erano 1.653; nelle medie (calcolando 25 studenti per aula) i posti mancanti erano 402.
Per le medie superiori addirittura non esistono in assoluto aule. Ci sono soltanto le prime due classi dell'Istituto tecnico Ettore Conti; chi frequenta le magistrali, il liceo, e vari tipi di istituti tecnici è obbligato ad affrontare il viaggio fuori zona. Pendolari in parte alla scuola materna, alle elementari e alle medie, diventano tutti pendolari dopo la scuola dell'obbligo.
MATERNE Aule Posti Iscritti Pendolari In attesa Via Branca 8 320 569 196 53 Via Cabella 6 240 289 49 Via Forze Armate 175 4 160 90 Via Forze Armate 59 5 200 493 228 65 Via Forze Armate 280/2 6 240 300 60 Via Fleming 12 5 200 87 Via Fratelli Zoja 10 6 240 92 Via Legioni Romane 54 6 210 194 20 Via Ontani 5 200 246 35 11 Via Quinto Romano 26 5 185 357 Via Valdagno 10 5 200 203 3 Via Valle Antrona 12 6 240 256 16 Statale di via Betulle 5 150 150 TOTALI 72 2785 3426 459 227 ELEMENTARI AULE CLASSI ISCRITTI Via A. Da Baggio . 39 39 1028 Via Cabella 46 25 41 1260 Via Caio Mario 18 6 8 189 Via Forze Armate 65 51 61 1847 Via Forze Armate 279 28 28 700 Via Fleming 15 . 16 16 380 Via Fratelli Zoja 12 10 252 Via Muggiano 14 5 5 95 Via dei Salici 26 26 672 TOTALI . 208 234 6423