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EDITORIALI E INTERVISTE

uno (il Padova) in val di Toro e l'altro, il Baion, nell'omonima località al confine con Lozzo, a pian dei Buoi, ha dato vita ad una manifestazione d'interesse, base di partenza di quello che poi sarà l'affidamento della gestione. Per quanto riguarda il rifugio Baion, il documento redatto dal Comune prevede un canone di affitto annuo "non inferiore agli ottomilacinquecento euro" . Lo stesso, per quanto riguarda invece il rifugio Padova, "sale" raggiungendo quota undicimila euro. Per entrambi i rifugi, il contratto di locazione prevede durata di sei anni rinnovabili per ulteriori sei con il locatario che dovrà garantire un periodo di apertura estiva dal 20 giugno al 30 settembre. Tempi strettissimi per il completamento dell'iter: gli aspiranti rifugisti avranno tempo solo fino al 1° aprile per presentare una manifestazione d'interesse. Dovranno "fare i conti" con i due gestori storici dei rifugi Baion e Padova, rispettivamente Dino Nassivera e Paolo De Lorenzo, tra i più "longevi" non solo per quanto riguarda il territorio cadorino ma l'intero arco dolomitico. Stando alle prime indiscrezioni, su entrambi i rifugi sono già concentrate molteplici attenzioni. --dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 15 Marzo 2021

p. 38, segue dalla prima

Il Trentino impari dall'Islanda

Il Trentino geograficamente non è un'isola, ma non siamo forse tutti un po' isolati in questo periodo? E allora proviamo a imparare qualcosa da un'isola vera, l'Islanda, che approfitta della pandemia per occuparsi del proprio territorio e "lucidarsi il mantello". Per prendersi cura di sé, come fanno coloro che, costretti a casa propria, non si rassegnano a rimanere in tuta, trasandati e spettinati.Se noi siamo nordici rispetto all'Italia, gli islandesi lo sono ancor di più rispetto all'Europa. E possono davvero insegnarci qualcosa. Non per la latitudine, ma per l'attitudine. Per l'Islanda l'isolamento è storia, è la regola, non l'eccezione. La mancanza di turisti forestieri a causa delle restrizioni sui viaggi internazionali ha colpito duro, come altrove: nel 2020 ha visto una diminuzione del 75 per cento dei visitatori stranieri, le catene alberghiere hanno licenziato il personale e molte pensioni gestite localmente non hanno avuto altra scelta che chiudere. E gli islandesi - 350 mila persone in tutto, circa 200 mila meno del Trentino - cos'hanno fatto? Turismo interno. Prima dell'epidemia di influenza i turisti domestici rappresentavano il 13% del totale, perché appena possibile la popolazione locale preferiva volare verso mete più calde. Comprensibilmente. Ora gli islandesi riscoprono la loro isola, dove un'illuminata politica territoriale sta valorizzando al massimo la cura per l'ambiente, "pettinando" il territorio. L'isola del ghiaccio e del fuoco, come scrive il portale SiViaggia, oggi è in grado di regalare emozioni e paesaggi unici. Biotopi, cascate spettacolari, geyser, laghi, canyon, bagni geotermici e whale watching, un'entusiasmante forma di turismo naturalistico che consiste nell'osservare le balene di passaggio.L'investimento è sul futuro, quando tutto riaprirà. Nulla potrebbe essere più importante e redditizio, a medio termine. Intanto, dunque, staycation: un neologismo che esprime la via di mezzo tra lo stare e il partire per brevi vacanze fatte nei pressi della propria residenza, con spirito di avventura. In altre parole, turismo di prossimità, lento e consapevole. Per scoprire cosa? Nicchie, dimensioni nascoste, operosità in ombra, bellezze non gridate ma sussurrate. Vale a dire testimonianze d'arte minore, torrenti, boschi, alberi secolari, borghi della memoria, parchi silenziosi, ginnastiche e meditazioni in natura, passeggiate botaniche, rifugi di montagna; ma anche vecchi e giovani artigiani, rivendite di spezie pakistane, itinerari "bio", mercatini dell'usato, negozietti di paese con stock di canottiere e bottoni invenduti degli anni Ottanta.Il web e la playstation ci stanno facendo molta compagnia, ma non sono tutto. La curiosità invece sì, è tutto: se c'è, anche l'impensabile, il minuscolo e l'imprevisto possono appagarla e dare tanta soddisfazione. Perché le possibili esperienze da mettere in saccoccia, da ricordare e raccontare, sono infinite. La cura e il rispetto della natura sono la trama e l'ordito del tappeto territoriale che calpestiamo ogni giorno e che offriremo ai visitatori. Non un territorio qualunque, teatro per dubbie performance, per svaghi indistinti e consumi indifferenti. Ma un territorio vissuto in trasparenza, con incontri sinceri per un turismo di verità.È bene precisare che per praticare questi turismi non occorre essere ricchi, occorrono amore, sensibilità e una disposizione d'animo aperta. Purtroppo, non esattamente il mood del popolo italiano "incattivito e rancoroso" fotografato qualche anno fa dal Censis (e ora, per giunta, anche impoverito e semi-paralizzato). Ma passerà. Passeranno le strozzature e torneremo a respirare.Il paragone tra la gestione della propria persona e la gestione ambientale, per quanto azzardato possa sembrare, regge. A livello sociale, infatti, vale ciò che può accadere a livello strettamente individuale: il confinamento può deprimere, stremare e abbrutire. Fattori esterni possono produrre tossine e degenerazioni oppure, viceversa, innescare amore per se stessi e positività. Occorre reagire. Il Festival dell'Antropologia previsto per questa primavera - a Bologna, auspicabilmente in presenza, altrimenti a distanza - ha un titolo molto promettente: "Resistenze". Sociali, naturali, immunitarie.Duccio CanestriniAntropologo, giornalista, scrittore

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