Dagli albori del Rotary ai primi 50 anni del Rotary Brescia Nord - Franco Robecchi

ROBECCHI, Franco Dagli albori del ROTARY ai primi 50 anni del R.C. BRESCIA NORD 160 pp.; cm 29,7, ill.

ISBN: 978-88-8486-886-2

In copertina: La campana originaria e odierna del Rotary Club Brescia Nord In retrocopertina: La spilla dell’onoreficenza P.H.F. (Paul Harris Fellow) Coordinameto editoriale: Nicoletta Rodella

© Maggio 2022 La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori Viale Industria, 19 - 25030 Roccafranca (Brescia) Italy Telefono +39 0307090600 - Fax +39 0307090660 info@lacompagniamassetti.it - www.lacompagniamassetti.it

Franco Robecchi

Dagli albori del

ROTARY

ai primi 50 anni del

R.C. BRESCIA NORD

È veramente un piacere poter dedicare alcuni pensieri alla prefazione del libro del cinquantesimo anniversario del Rotary Club Brescia Nord.

In questi anni ho potuto vivere una frase lasciataci da Paul Harris: “L’appartenenza al Rotary consente di godere dell’amicizia di uomini di ogni professione, allargando così i propri confini”. È vero: il Rotary è un’associazione di esponenti delle più svariate attività professionali che lavorano insieme a livello mondiale, per servire la società, incoraggiare il rispetto di elevati principi etici nell’esercizio di ogni professione ed aiutare a costruire un mondo di amicizia, collaborazione e tolleranza. Il piccolo PIN, la rotella che portiamo sulla giacca, è insignificante se non rappresenta qualcosa. Per noi deve rappresentare la coscienza del Rotary e quella di noi Rotariani.

Il servizio e l’amicizia, o almeno il suo riferimento ideale, sono i pilastri e la stessa ragione d’essere del Rotary.

Un ringraziamento particolare all’autore Franco Robecchi e a tutti coloro che hanno potuto permettere l’uscita del libro, nonché a coloro che hanno fornito il materiale necessario alla stesura. Ne è scaturito un bel libro che racconta il Rotary dalle origini fino ai giorni nostri, esponendo ciò che il nostro Club ha fatto nella nostra comunità bresciana, contestualizzandolo ai principali eventi storici del momento.

Infine, un ringraziamento speciale ai Soci fondatori del nostro Club, in particolare ad Alberto Albertini e Ugo Gussalli Beretta, attuali insostituibili mentori di tutti noi.

Concludo mettendo in rilievo l’impegno che tutti i Presidenti che mi hanno preceduto hanno messo nel dedicare molto del loro tempo alla nostra associazione. Scorrendo i nomi dei Presidenti che di anno in anno si sono succeduti, è facile riconoscere persone che hanno una “rotarianità” quasi naturale, ecco perché il libro rappresenta una testimonianza concreta di un percorso rotariano storico ed interpreta in modo autentico il “servire al di sopra del proprio interesse personale” che resta uno degli slogan principali del Rotary, una pietra miliare del nostro glorioso sodalizio.

Auguro a tutti una buona lettura!

PRESIDENTE A.R. 2021-2022 ROBERTO PALUMBO

“Se il Rotary ci ha incoraggiato a considerare la vita e gli altri con maggior benevolenza, se il Rotary ci ha insegnato ad essere più tolleranti e a vedere sempre il meglio in ognuno, se il Rotary ci ha permesso di creare contatti interessanti e utili con altri che a loro volta stanno cercando di catturare e trasmettere la gioia e la bellezza della vita, allora il Rotary ci ha dato tutto ciò che possiamo attenderci”.

Paul Harris

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Il Rotary Brescia Nord nasce il 7 maggio 1971 per volontà di Riccardo Amisano, Arnaldo Avanzini e Pietro Cimaschi che, insieme ad altri 32 Soci Fondatori, hanno dato vita a questo nuovo Club.

Fin dal principio lo stesso si è distinto per aver progettato, promosso e sostenuto iniziative di Servizio atte a soddisfare le esigenze della collettività bresciana e non solo. È per me un onore, oltre che un motivo di grande orgoglio, aver rappresentato il Brescia Nord lo scorso anno, quando, come Club, abbiamo compiuto 50 anni! Il mio pensiero va, ora più che mai, ad uno dei nostri Soci Fondatori, Giovanni Marini che sarebbe dovuto essere al mio posto, ma che ha dovuto rinunciare per motivi di salute. Ciao Giovanni, vivrai sempre nei nostri ricordi!

Per ciò che concerne la mia esperienza rotariana, ricordo come fosse ieri, il momento in cui il nostro compianto Socio Benedetto Buffoli mi propose l’affiliazione e quando partecipai alle mie prime conviviali. Era il lontano 1992 e di certo sapevo di essere entrato in una realtà prestigiosa e riconosciuta a livello internazionale, ma vi posso assicurare che non avevo idea della portata che avessero le azioni intraprese da un Rotary Club come il nostro e di come le stesse potessero avere un impatto così grande sul mondo che ci circonda.

Quali sono stati i fattori decisivi per la mia graduale ma costante assunzione di consapevolezza?

Sicuramente il tempo, ma soprattutto la curiosità di comprendere e la volontà di cogliere al volo l’occasione di farsi coinvolgere. È infatti ricoprendo diversi ruoli dapprima in Commissioni, poi in Consiglio, che ci si può rendere veramente conto di quanto il Rotary possa fare ad ogni livello.

Perché abbiamo deciso di pubblicare questo libro? Per tante ragioni.

Questa pubblicazione assume, infatti, una triplice valenza: sia mantenere viva la memoria, ma anche contribuire alla formazione dei Soci o di chiunque la sfogli, fino ad arrivare forse all’aspetto più importante, la capacità di ispirare chi verrà dopo di noi!

Il presente lavoro, però, come già detto, è solo un resoconto di quanto fatto in questi 50 anni; il mio più grande ringraziamento va quindi a tutti coloro che hanno gestito il Club dalla sua nascita fino ad oggi, ma soprattutto alla lungimiranza dei Soci Fondatori in precedenza citati. Tra loro abbiamo ancora il privilegio di annoverare tra le nostre fila Alberto Albertini e Ugo Gussalli Beretta, guide imprescindibili per il nostro sviluppo. Grazie Alberto, grazie Ugo! Voglio infine ringraziare tutti quelli che hanno appoggiato e contribuito in varie forme a questo progetto.

Buona lettura!

PRESIDENTE A.R. 2020-2021 ROBERTO ZANI

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La narrazione di questo libro parte dal senso di colpa della borghesia nei confronti della condizione proletaria, risvolto della rivoluzione industriale e dell’urbanesimo. Quadro di Gustave Doré sulla miseria in Londra nel 1872

Il Rotary nasce negli STATI UNITI

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a nascita e soprattutto la fortuna evolutiva dell’idea del trentasettenne americano Paul Harris andrebbero spiegate e non risulta che le illustrazioni della vicenda sinora condotte assumano il carattere dell’analisi. Si tratta di un tema sociologico e culturale, in quanto fenomeno collettivo di costume e mentalità. Nel tentativo di cercare una risposta non si può non risalire alla constatazione che la borghesia occidentale aveva incontrato, nel corso dell’Ottocento, scosse epocali nei propri equilibri. Accanto all’innegabile e tumultuoso successo si erano insinuate perplessità, crisi e sconcerti. La grande cavalcata capitalistica, tecnologica, industriale e politica aveva innalzato straordinariamente il livello di vita e di potere della borghesia, a partire dalla fine del Settecento. Tuttavia, nel clima europeo, ovviamente radicato nella galassia cristiana, ben presto si creò un latente senso di colpa, riferito al cinismo, alla violenza e alla prepotenza sociale che il mercato, la produzione e lo sfruttamento del lavoro comportavano. La cultura dell’Ottocento è densa di auto colpevolizzazione da parte della borghesia, che guardava con pena umana e religiosa le sorti del proletariato. Il grande flusso di movimenti filantropici, di elargizioni individuali, di denuncia politica e anche letteraria (ricordiamo solo Charles Dickens) e delle arti figurative (si pensi ai grandi filoni della pittura e della scultura di denuncia sociale) fu alla base di una dinamica di contesa e di dolorosa perplessità. Le infinite fondazioni di enti assistenziali, il compianto dei mille romanzi che descrivevano le disgrazie dei poveri, la tangibilità dell’emarginazione e del degrado fisico e morale delle classi sociali subalterne erano tangibili nel palcoscenico unificato delle città, dove non esistevano la dispersione impercettibile del mondo rurale né alcun paravento materiale. Proprio l’urbanesimo aveva esaltato i problemi, a causa della concentrazione fisica di popolazioni sempre più numerose, in una convivenza fatta di vistose disparità, fisicamente percepibili: nel degrado e nel sovraffollamento delle case fatiscenti in un’urbanistica sopraffatta dalle inadeguatezze igieniche ed edilizie, nelle file davanti alle cucine economiche che davano una minestra a schiere di famiglie, nelle ruote dei conventi che scaricavano i neonati indesiderati, nella diffusa prostituzione adolescenziale, nelle statistiche mediche che mostravano il rapporto di dieci a uno, fra borghesia e proletariato, per incidenza di tubercolosi, vaiolo, colera, poliomielite, pellagra e mortalità infantile.

Il dettame cristiano dell’“ama il tuo prossimo come te stesso”, l’invito di Cristo, al giovane ricco che cercava la perfezione religiosa, di vendere tutti i suoi beni e regalarli ai miserabili, le lodi alla vedova povera che lasciò al tempio due monetine in elemosina, più ammirevole dei ricchi che lanciavano molte monete superflue, l’affermazione che “È più facile per una fune [un cammello] passare per la cruna d’un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio” pesavano nella pia, ma incoerente vita di signore e signori, assidui frequentatori di messe domenicali e arcigni censori dell’immoralità. Il complesso di ipocrisia e di responsabilità sociale strideva con l’orgoglio del progresso scientifico e tecnico, che pure generava la più straordinaria proliferazione di strumenti atti a migliorare la vita dell’umanità. La constatazione che dalle dinamiche del capitalismo scaturivano immense opportu-

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nità di lavoro, di remunerazione, di insperato progresso e di miglioramento della vita non annullavano il rovello morale della distribuzione della ricchezza. Le invocazioni all’egualitarismo, alla vita avulsa dal denaro, alla felicità sentimentale e primitiva alimentavano le utopie sociali, da Charles Fourier a Robert Owen, che, partendo dal mito del buon selvaggio del settecentesco Jean-Jacques Rousseau, sarebbero passate attraverso il marxismo, attecchendo anche nel campo artistico, con gli slanci etnici ed esotici dei pittori Gauguin, Modigliani e Picasso, nonché della maggioranza degli artisti successivi, sorprendentemente anticapitalisti e tutti invocanti, come le masse giovanili del ’68, un improbabile e fallimentare comunismo. Vi rientravano anche la paura della tecnologia e del progresso scientifico, a partire dal profetico romanzo di una diciannovenne, Mary Shelley, scritto agli albori della rivoluzione industriale dove si narravano le tragiche conseguenze dell’audacia biologica del dottor Frankenstein.

La borghesia, anche quella media e piccola, fu investita dal disprezzo e dall’accusa e visse con ambivalenza la svolta epocale dell’Ottocento. Contrariamente all’antica élite aristocratica e alla massa opposta, dei lavoratori dipendenti e dei proletari, la borghesia era priva di radici e di spirito solidaristico. L’individualismo era tipico di quel mondo e si contrapponeva alla compattezza della pur decadente casta dei nobili, dei loro salotti e dei loro palchi nei teatri, nonché alla struttura sociale monolitica delle classi meno agiate. Il loro spirito di classe aveva portato alle associazioni, alle società di mutuo soccorso, ai primi sindacati, ai primi partiti antagonisti. Nulla del genere rientrava nelle pratiche sociali della borghesia, vincente ma vessata, individualmente oppressa e depressa, ripiegata in una sottovalutazione autolesionistica.

Commercianti, liberi professionisti, impiegati e dirigenti, artigiani e piccoli industriali agivano in modo solitario, senza alcuna protezione sociale e senza alcuna garanzia del lavoro, basato solo sulle alterne e fortuite oscillazioni del mercato.

L’ultimo decennio dell’Ottocento vide la borghesia finalmente alzare la testa, capace di scrollarsi di dosso il complesso d’inferiorità, anche culturale, e in grado di minimizzare se non azzerare ogni senso di colpa, riconoscendo a se stessa gli smisurati meriti che aveva acquisito nell’ultimo secolo. L’orgoglio prevalse e la borghesia osò infine apparire entusiasta della civiltà che stava costruendo, esibendo la propria visione del mondo, l’orgoglio per i successi e per i premi che si auto distribuiva, il compiacimento per il proprio stile di vita, rivolto al piacere, alla produttività, al progresso. Iniziava la Belle Époque. Nulla più dell’Art Nouveau, in Italia Liberty, fu rivelatore del nuovo clima di soddisfazione e di ambizione che scaturì dalla nuova, disinibita ed euforica coscienza

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In alto e in basso, due disegni Liberty inneggianti all’egemonia felice della borghesia.

Al centro un ritratto sontuoso di Giovanni Boldini

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borghese. Nel suo ambito, anche la borghesia scoprì che erano necessari luoghi di incontro nei quali riconoscersi, coltivarsi, costruire una disinvolta e proficua rete di rapporti, anche finalizzati alla protezione e alla crescita economica delle proprie professioni e carriere. Le prime associazioni padronali datano in quell’epoca, così come le società per azioni e le società a responsabilità limitata. Dopo il grande ruolo economico e sociale svolto dalla borghesia mercantile e artigianale nel medioevo di inizio millennio, fondatore della moderna civiltà urbana e della democrazia politica, non si era più vista una così forte capacità di aggregazione funzionale dei ceti medi.

Naturalmente ciò che avveniva in scala sociale traeva motivo e fine da ciò che doveva accadere, e si voleva accadesse, nella dimensione individuale. Il concetto di associazione amichevole, fra diverse libere professioni, attività produttive e di servizio alludeva alle corporazioni medievali, che in Italia furono ampiamente evocate e imitate durante il fascismo. La finalità stava nel costituire un nucleo di forza, di mutuo appoggio, di scambio di informazioni e di occasioni affaristiche, autogestito e con libertà totale d’azione, in una rete la più ampia possibile. Il profilo dell’iniziale Rotary era già delineato.

Paul Harris, che era nato nel 1868, scrisse di aver viaggiato, dopo la laurea in legge conseguita nello Iowa nel 1891, e disse di aver praticato diversi mestieri. Ricordò i cinque anni trascorsi viaggiando negli USA e in Europa, occupandosi di giornalismo, dell’insegnamento e della vendita di marmi, e, si dice, anche essendo attore e conduttore di mandrie. Da queste esperienze egli ammise di avere tratto una visione più ampia e più chiara dei suoi simili. L’avvio poliedrico della sua attività, tipicamente americano, disinvolto nella pluralità senza preclusioni gerarchiche, dovette indurre in lui, anche grazie alla sua presenza in un’Europa al culmine dell’eccitante Belle Époque, il senso di un dinamismo in corso, nel quale la sua classe sociale aveva trovato un definitivo primato. Si stabilì, nel 1896, nella grande città di Chicago, dove intendeva intraprendere l’attività di avvocato. “Chicago – scrisse lo stesso Harris – stava attraversando dei momenti duri. Avevo previsto che non sarebbe stato facile.

Mi resi presto conto che iniziare un’attività in proprio era cosa assai ardua, più di quanto non supponessi. Il risultato iniziale fu assolutamente disa-

Euforico modernismo ed emancipazione femminile fusi nel raffinato disegno di una donna alla guida di una neonata automobile

Elegantissimo e seducente ritratto di una ricca borghese, opera di Giovanni Boldini. Circa 1890

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L’avanguardia mondiale di Chicago in una straordinaria veduta dell’Esposizione Universale del 1893

stroso”. Al problema professionale si aggiungevano problemi di ambientamento e di inserimento psicologico. “Mi sentivo molto solo – scrive lo stesso Harris nel libro La mia strada verso il Rotary – soprattutto nei giorni di festa e di domenica. Cercai quindi il modo per poter familiarizzare con altri giovani che erano giunti a Chicago da aziende agricole e college”. Harris dichiarò di aver già nel 1900 sentito la necessità di allargare la sua cerchia di conoscenze al di fuori dello stretto ambito dei suoi colleghi avvocati. Egli, avendo riflettuto sulla sua esigenza per quattro-cinque anni, infine prese l’iniziativa di stringere un rapporto di maggiore conoscenza, magari d’amicizia, con tre suoi clienti: un commerciante di carbone, Silvester Schiele, amico originario, un ingegnere minerario, Gustavus Loehr, e un tipografo, Harry Ruggles, come affermò personalmente Paul Harris in un’intervista del 1945. In altre rievocazioni si trova, invece, come quarto socio, il sarto Hiram Shorey.

In verità Rufus Chapin, pioniere del Rotary per un trentennio, citava i seguenti nomi: “Dopo più di vent’anni i primi edificatori del Rotary, H. Ruggles, C. Newton, W. Jenson, F. Tweed, A. White e altri proseguono con l’entusiasmo dei primordi”. Fatto è che alcuni dei primissimi fondatori si allontanarono poco dopo l’esordio.

I primi quattro, in realtà cinque, compresi Ruggles o Shorey, decisero di incontrarsi, a rotazione e periodicamente, nei rispettivi studi o laboratori e perciò il nuovo club fu denominato Rotary Club. Era il 1905. Per la verità, la data esatta della nascita del Rotary è stata posta in dubbio, ad esempio da Giuseppe Viale in XXXVI Congresso del Distretto Rotary 2050 – 22/23 maggio 2021. Il Viale scrive: “La carta intestata del Rotary Club di Chicago, del 1909, indica il 25 febbraio 1904 quale data di fondazione del Club. Gli Atti del primo Congresso nazionale (1910) riportavano la stessa data. Charles Newton, “oracolo del Rotary”, ricordava: “Noi veterani, consci dell’impossibilità di avere certezze, scegliemmo il 25 febbraio Ritratto dell’avvocato Paul Harris 1905 in base a ricordi personali”. L’aggregazione di altri giovani a 28 anni, una decina d’anni prima che giungevano a Chicago dalla provincia indusse il gruppo a della sua fondazione del Rotary

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praticare gli incontri in locali pubblici, soprattutto ristoranti, non essendo più sufficienti i piccoli spazi dei rispettivi studi. L’affermazione indica che il club costituì un polo d’attrazione per giovani professionisti, artigiani, commercianti desiderosi di trovare un crogiolo di relazioni funzionali alla loro professione e un ambiente che rispondesse alla loro esigenza di rapporti umani. Su questo aspetto si conformò l’immagine del club come l’emblema dell’“American way of life” in quanto, come generalmente valutavano i commenti giornalistici, il I quattro amici fondatori del Rotary a Chicago nel 1905. A Rotary Club era ritenuto un gruppo di uomini sinistra, in piedi, Paul Harris. Alla sua sinistra è Hiram Shorey. d’affari proiettati verso il progresso. Gli Stati UniIn primo piano, seduti, a sinistra Silvester Shiele e, ti si sentivano all’esordio del loro ruolo egemone a destra, Harry Ruggles nell’orizzonte internazionale e vivevano il grande decollo economico, industriale e anche militare con la filosofia della responsabilità individuale, del valore del lavoro e della libertà, con il massimo rispetto della libertà economica e del capitalismo.

L’uomo nuovo americano si basava sul rispetto della varietà culturale e anche religiosa, con una smania di intraprendenza e di conquista che era iniziata con l’acquisizione dell’indipendenza, contro la vecchia potenza europea, e si era diffusa nell’avanzata territoriale verso il Far West, sino all’Oceano Pacifico. La Chicago di inizio secolo era la culla del nuovo spirito americano, con due milioni di abitanti, culla delle avanguardie americane. Era l’Ovest ad attirare e Chicago era la frontiera in quella direzione, verso il più giovane progresso e l’avventura. Lo spirito comunitario, intriso della cultura religiosa protestante, aveva espresso negli USA aggregazioni umanitarie e protofemministe, ma la fine dell’Ottocento favorì anche lo sbocciare, sempre più disinibito, di aggregazioni lontane dagli obiettivi più consueti della morale o dell’utopia sociale e invece imperniate sul culto dell’azione pragmatica e sul raggiungimento di sempre nuove mete tangibili. Il profitto era un obiettivo morale, quando non, addirittura, un dovere esistenziale e religioso, come argomentava Max Weber nel suo celebre saggio L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, attribuendo la matrice al pensiero calvinista.

Il fine dell’azione non consisteva però nel godimento ozioso dei proventi del lavoro, ma nel lavoro stesso e nel suo successo, come riconoscimento di una predilezione divina, utile inoltre a tutta la società. Franco Montevecchi, nel suo saggio Genesi di un movimento, contenuto nel libro a cura di Claudio Widmann, Il Rotary un’idea, una storia, scrive: “Il Rotary nasce senza infiammarsi di arL’orgoglio della borghesia modernista, ormai indifferente ai sensi di colpa ottocenteschi dori politici per il riscatto delle

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plebi, né per ardori religiosi per la salvezza delle anime: non si costituì come organizzazione di beneficenza, non formulò piattaforme elettorale […] non era un’organizzazione “benevolent, charitable e non profit” dedita cioè ad una caritatevole raccolta e redistribuzione di fondi a scopi umanitari”. Come afferma il concetto base del liberismo, più si cura il proprio lavoro e ci si adopera per il suo successo, più si contribuisce al benessere collettivo. Che questo progresso si concretizzasse, e magari si esaurisse, prevalentemente nel progredire delle private carriere professionali è questione delicata da affermare. Ma non si capirebbero lo spirito iniziale del Rotary né le forme del suo incredibile sviluppo se non si approfondisse questo tema, che ebbe, anche in Italia e in Brescia, una sua valenza, che tuttora sussiste.

Di fatto l’interesse per un incremento degli affari professionali, basato sul reciproco aiuto dei soci, trova un’evidente conferma nell’atto formalmente costitutivo dell’associazione chiamata Rotary Club, nello stato dell’Illinois, firmato nel 1908 da Paul Harris, David Kagy e John Marshall. La piccola società dichiarava che la propria azione si basava su tre finalità, la prima delle quali recitava: “The promotion of the business L’immagine emblematica di una presenza of its members”. La seconda finalità si riferiva alla promozione maschile, forse in un club, del grande della buona amicizia e di ogni altra azione mirata alle esigenze disegnatore Marcello Dudovich, del Social Club e la terza affermava che si intendevano colti- cartellonista liberty vare i più importanti interessi del Rotary a estendere lo spirito di lealtà fra i propri cittadini. D’altra parte, anche la nascita del club “Liberty Intelligence Our Nations Safety”, in acronimo Lions (Libertà Comprensione Sicurezza della Nostra Nazione) prese avvio all’interno della fitta ramificazione dei club d’affari. Melvin Jones, un assicuratore, non a caso fu nella stessa Chicago di Paul Harris che fondò il primo club Lions, nel 1917. Egli era segretario di un’associazione fra professionisti finalizzata alla crescita degli affari dei propri soci, il Club of business men of Chicago. Era un club che aveva come slogan “Give me your help and soon I will return it”, dammi il tuo aiuto e te lo ricambierò. Come cita Achille Melchionda nel libro Le radici del Lionismo, “Lo scopo era puramente e semplicemente: “affari”. I soci si patrocinavano l’un l’altro, fornivano, ognuno di loro, servizi o prodotti e gli incontri erano finalizzati soltanto ai loro propri interessi”.

Già nel primo congresso dell’Associazione Lions Clubs, a pochi mesi dalla fondazione, Jones volle che fosse inserito nello statuto il dettame secondo cui “nessun club dovrà avere quale obiettivo il miglioramento delle condizioni finanziarie dei propri soci”. Ma, si sa, la sola citazione della questione rivelava la pressione di un tema latente di evidente presenza.

Si deve cogliere quale fosse la mentalità retrostante a queste affermazioni e i riferimenti più importanti sono al concetto inglese di club e alla realtà della Massoneria. Innanzitutto si deve aprire uno spiraglio di conoscenza sul concetto di club. Parola inglese (intreccio, gruppo di persone) e realtà inglese, dal XVIII secolo, anche se con qualche vago preludio nel Seicento, il club indicava gruppi di nobili che si riunivano periodicamente in una loro sede per parlare, bere, fumare, informarsi e informare, curare interessi comuni, da quelli frivoli a quelli economici. Anche in Italia, soprattutto nella Repubblica Veneta, esistevano associazioni simili, che erano in gran parte dedite al gioco d’azzardo. Si chiamavano “casini” o “ridotti”, cioè appartati e predisposti, e potevano trovare sede nei primi caffè o nelle sale attigue ai teatri. In Brescia esiste il “Ridotto” per eccellenza, una

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sala di impianto fastoso, con salette annesse, che precede l’aula teatrale vera e propria del Teatro Grande. Peraltro l’intero teatro era di proprietà privata e quindi i salotti annessi rientravano, come i palchi con le stanze di retropalco, nella totale disponibilità dei nobili. Il “Ridotto” era un luogo originariamente predisposto per la vita sociale dei nobili, coincidenti o associati al gruppo che originariamente volle il Teatro Grande in Brescia, l’Accademia degli Erranti. Spesso, come accennato, nei ridotti si giocava a carte, a dadi o a scacchi e frequentemente il gioco imponeva l’azzardo in denaro. Non a caso nel “Ridotto” si poteva entrare solo con la mascherina, perché in tal modo ci si garantiva l’anonimato, tale da consentire anche ai borghesi danarosi di entrare e rischiare sul tappeto verde le somme importanti che i nobili, tenendo il banco, speravano di soffiare dalle tasche dei malcapitati. Spesso le riunioni dei soci non avvenivano nelle dimore nobiliari, ma in terreno neutro, in locali pubblici e, da quando iniziarono ad esistere, nei caffè. Si ricorda in Brescia il settecentesco Caffè dei Gobbi, che aveva le citate caratteristiche, aperto ai piedi della Loggia, nel corpo edilizio che le si trova a nord.

Il concetto di associazioni private, più o meno in contrasto con l’apparato statale, aveva radici anche più profonde. Si pensi alle corporazioni di arti e mestieri medievali: esclusive, spesso potenti, facenti parte, in modo riconosciuto, del panorama di potere dell’organizzazione politica.

Il termine club assunse in italiano anche denominazioni omonime o similari, come associazione o circolo. Noti sono il Touring Club, i Circoli della Vela, il Night Club o gli Sporting Club, i Club di squadre di calcio, ecc. Naturalmente si trattava originariamente di associazioni esclusive, appannaggio dell’aristocrazia e, solo nell’Ottocento, dell’alta borghesia inglese. Ricordiamo il primo romanzo di Charles Dickens, del 1836, The Posthumous Papers of the Pickwick Club, spesso abbreviato con The Pickwick Papers Club, come in italiano, dove suona “Il Circolo Pickwick”, o il “Reform Club” di Londra, per soli gentiluomini, dove il socio Phileas Fogg, secondo il romanzo di Jules Verne del 1872, scommise 20.000 sterline sulla possibilità di effettuare la circumnavigazione della Terra in 80 giorni. I club erano esclusivamente maschili, offrivano anche la possibilità di passare una notte nella sede ed erano serviti da ogni comfort. La upper class che li frequentava aveva naturalmente in sé anche una rete di interessi che in quei luoghi potevano essere trattati con riservatezza. Nessuno poteva entrare se non cooptato dietro presentazione di altri soci e talora la lista d’attesa comportava la pazienza di anni. Del “White’s Club” londinese, il più antico del mondo, datando dalla fine del

Veduta di un ambiente del più antico ed esclusivo club del mondo, il londinese “White’s Club”

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Seicento, al quale si accede solo con 35 padrini, il primo ministro vittoriano, Benjamin Disraeli, disse: “Ci sono solo due cose che un inglese non può comandare: essere nominato Cavaliere della Giarrettiera o membro di White”. A proposito di citazioni sui club, la battuta di spirito del famoso attore comico Groucho Marx è troppo intelligente per essere dimenticata: “Non vorrei mai fare parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me”. Le associazioni di gruppi ristretti di cittadini ebbero spesso finalità politiche, precorrendo i partiti politici moderni ed ebbero anche esplicite finalità d’interesse privato, divenendo, da un lato i sindacati dei lavoratori e, dall’altro, le lobbie di pressione a vantaggio di nuclei affaristici, imprenditoriali o commerciali. Talora ebbero anche finalità criminali, che iniziarono ad essere severamente perseguite già nel codice penale napoleonico, che vietava la costituzione di “più di venti persone il cui scopo sia di riunirsi per occuparsi di oggetti religiosi, letterari, politici o di altra natura”.

L’idea americana di Paul Harris aveva quindi un ampio parco di esempi cui ispirarsi. Ma ciò non è sufficiente. Negli anni di Harris i club non erano più così elitari e la borghesia, anche quella piccola, aveva l’esigenza di imitare le formule della solidarietà di classe sociale che erano state dell’aristocrazia e dell’alta società. Per inciso, conviene ricordare alcuni elementi che identificano il contesto dell’associazionismo di nuovo stampo negli Stati uniti. Accanto al Rotary e al Lions Club, ancora americana, fu la costituzione, nel 1919, a Buffalo, nello stato di New York, dello Zonta Club, aperto a socie donne con ottimi curricula di carriera, finalizzato all’aiuto internazionale, soprattutto economico, di giovani donne orientate agli studi e a una professione emancipata. Non dissimile fu la fondazione, stavolta californiana, nel 1921, del “service club” di impronta innovativa e anch’esso femminista: il Soroptimist. Riuniva, e riunisce, donne con qualità di successo nel campo professionale, in ciò rivelando, come lo Zonta, affinità con Elenco dei 21 soci del neonato Rotary Club di Chicago, il Rotary. Ancora ispirata da motivazioni affini pochi mesi dopo la fondazione. Due di essi, Newton e Ruggles, fu la nascita del Kiwanis International, fondato erano noti massoni dichiarati a Detroit, nel Michigan, nel 1915. Si tratta di un’associazione a fini prevalentemente filantropici, soprattutto mirati alla salute e all’istruzione di bambini e giovani nel mondo.

Lo spirito di complicità professionale del Rotary aveva però bisogno, per essere completato, di un’altra componente: la Massoneria. Pare che Paul Harris non fosse massone, ma lo era il socio fondatore Harry Ruggles e fra i 21 soci rotariani dell’ottobre 1905 vi era anche il massone Charles A. Newton. Fu lui a lanciare l’idea degli incontri conviviali a rotazione nei vari locali. Il fondatore del Lions Club, Melvin Jones era un maestro massone. Il primo logo del Lions Club riporta evidenti simboli massoni, come il compasso e la squadra, che evocano l’ispirazione ad origini medievali, entro l’ambito delle corporazioni artigiane, in particolare degli scalpellini e muratori. Non a caso il termine free-mason, libero muratore, in italiano framassone, è nella nomenclatura massonica.

Anche il termine “loggia” si riferisce alle tettoie sotto le quali, gli scalpellini medievali lavoravano, protetti da sole e pioggia, al piede delle immense cattedrali gotiche. D’altra parte la Massoneria era ben presente negli Stati Uniti, come peraltro in Italia e in vari altri stati europei. Ricordiamo che il Risorgimento, nonché i molti decenni liberali, rappresentati anche in Brescia dagli egemoni zanardelliani, furono dominati dalla Massoneria, in aperto scontro con la Chiesa cattolica e il Papa.

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In Brescia due monumenti, posti sulle porte cittadine diametralmente opposte, racchiudono Brescia in un abbraccio massonico. Ad ovest è la statua del noto massone Giuseppe Garibaldi, mentre al sito opposto, sulla porta urbana orientale, i massoni vollero erigere, nel 1882, un monumento provocatorio e inviso ai cattolici, dedicato all’eretico populista Arnaldo da Brescia. In Brescia esisteva anche una loggia massonica intitolata ad Arnaldo. La segretezza delle riunioni massoniche evocava la segretezza delle conoscenze tecniche delle La rara spilla rotariana, di ambiente inglese, dove si corporazioni medievali, gelose della propria professionalità. Ma nell’ambiente vedono intrecciati i simboli erano anche molti echi di pratiche esoteriche e iniziatiche che afferivano a un del Rotary e della Massoneria ampio ventaglio di discipline affini, dall’astrologia alla magia, dall’alchimia alla cabala. Il concetto ispiratore rimaneva tuttavia quello della solidarietà corporativa, quindi tutrice dell’appoggio reciproco nell’espansione delle opportunità professionali e quindi nell’accrescimento dei guadagni. È noto come una caratteristica massonica sia lo scambio di favori affaristici e professionali. La Massoneria sviluppò inoltre una dimensione ideologica e idealistica, basata sulla fratellanza, sulla tolleranza, sulla moralità, sul pacifismo e sul bene da diffondere nel mondo intero. Anche le diverse confessioni religiose erano accettate senza discriminazioni, ma il riferimento fortemente additato era a un Essere supremo i cui dogmi erano assolutamente da rispettare. Non era un dio, ma vi assomigliava molto. Questo riferimento allontanò i religiosi, che pure inizialmente erano serenamente accolti e anche valorizzati. Quando il Rotary giunse in Inghilterra, presto si costituì una loggia massonica rotariana, che fu ufficializzata dalla Gran Loggia Unita di Inghilterra nel 1920. Conosciamo anche un distintivo nel quale, al centro della ruota e della scritta rotariane sta il marchio massonico del compasso, della squadra e della G centrale.

Rotary e Lions furono definiti “Massoneria bianca” ed esiste una diffusa convinzione, quasi un luogo comune, che i due club costituiscano una retrovia più morbida, ma anche un serbatoio di riserva al quale attingere nuovi fratelli massoni. Il Rotary non ebbe matrici paragonabili al clima visionario della Massoneria. Non fu un’associazione segreta, non vi furono rituali, l’appellativo di “fratello”, usato dai massoni, fu imitato, ma con il termine di amico, assenti furono i forti contenuti vincolanti. Di fatto, va ricordato che il presidente degli USA, Warren Gamaliel Harding, massone iniziato dal 1901, fu un grande sostenitore sia del Rotary, sia dei “Lions Clubs”, prima e durante la sua presidenza, dal 1921 al 1923, e ne favorì indubbiamente la diffusione.

Va però ricordato come la Massoneria abbia avuto un ruolo centrale nella storia degli Stati Uniti. Un giudizio unanime riconosce l’evidente presenza di concetti e termini massonici nello stesso testo della Dichiarazione d’indipendenza, del 1776, fra i cui 56 firmatari nove erano massoni. Il dichiarato diritto dell’aspirazione alla feliciLogo iniziale del Lions Club americano, del 1916, dove si certifica tà e il carattere inclusivo di quella dichiarazione, in un Paese senza la matrice massonica dell’associazione padroni, risultarono particolarmente fecondi e pertinenti, contrariamente all’Illuminismo applicato dalla Rivoluzione francese, basato sull’ostilità micidiale a monarchie e Cristianesimo. Se nella futura Italia il Risorgimento fu fitto di massoni, il cui modello di associazione segreta fu centrale anche nell’organizzazione della cospirazione patriottica, politica e militare, ad esempio della Carboneria e della Giovane Italia di Giuseppe Mazzini, negli Stati Uniti il carattere pervasivo della Massoneria si può riassumere in 14 presidenti massoni nella storia di quel Paese, giungendo ai più moderni: Franklin Delano Roosevelt, Harry Spencer Truman, Gerald Rudolph Ford. Sostanziale, anche se non formalmente definita, è stata l’appartenenza alla Massoneria del presidente democratico degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson, che, nel novembre del 1963, giurò sulla Bibbia con il cadavere di John Kennedy ancora caldo.

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Già prima della fondazione della Gran Loggia di Londra, che si ritiene la capostipite, nel 1717, un massone scozzese, John Skene, era emigrato nel 1670 in terra americana ed è ritenuto il capostipite di massoni, riconosciuti da Londra, con ruoli pubblici di importanza crescente. Il noto e settecentesco Benjamin Franklin era un massone, appartenente a una delle logge che andavano proliferando da New York a Philadelphia, da Boston a Charleston. Massone era anche il padre degli Stati Uniti, George Washington, che guidò il corteo di inaugurazione del Campidoglio con le insegne di maestro onorario della sua loggia. E non era il solo leader americano ad avere questo carattere. Furono cinque le personalità che pensarono la costituzione statunitense e fra queste tre erano massoni: George Washington, Benjamin Franklin e Edmund Randolph. In seguito, anche un altro padre della patria, Abramo Lincoln, ebbe stretti rapporti con la Massoneria. Lo spirito politico statunitense di applicazione della libertà e della tolleranza all’impe- Quadro raffigurante la firma della Costituzione americana, con l’evidenza di gno individuale verso la felicità, a George Washington, padre degli Stati Uniti, con il tipico grembiulino massonico prescindere dalla condizione sociale, incardinato nella realizzazione personale e sociale del proprio lavoro, derivò in buona parte dai principi massonici. Un’intera faccia della banconota da un dollaro abbonda di simboli massonici.

Se molti principi concettuali furono, e forse sono, comuni fra Massoneria e Rotary, mai si è riscontrato un contatto concreto e i comportamenti sono stati ben diversi, al netto di quanto poco si sappia del comportamento concreto della Massoneria. Di fatto l’evoluzione del Rotary fu rapida e rapidamente corretta rispetto ai principi originari. Lo stesso Harris ebbe a scrivere: “The original idea of mutual helpfulness evolved into the idea of general helpfulness”, l’idea originale del mutuo aiuto evolvette nell’idea dell’aiuto generale, “d’altra parte – aggiunse Harris – anche all’inizio fra il dare e il ricevere era il dare a prevalere”. Così come avveniva nel Lions Club, con la citata dichiarazione di assenza di connivenze carrieristiche all’interno del club, anche il Rotary evolvette verso una visione più sociale e sempre più filantropica dell’associazione, pur rimanendo la scelta elitaria, della cooptazione e non dell’iscrizione dei soci su richiesta, in base al requisito della professione e dell’eccellenza nella professione (“deve essere il solo rappresentante della sua categoria, il numero uno”). Anche su questi aspetti vi fu evoluzione e caratterizzazione per zone culturali. Ancora Montevecchi osserva, nel libro citato: “Laddove esiste una robusta e numericamente consistente classe media nei clubs troviamo rappresentato un ampio strato sociale ed economico; dove invece il reddito è concentrato in nuclei oligarchici numericamente ristretti, il Rotary è associazione di ottimati, di notabili, di élite economica e culturale”. È una realtà che si tocca con mano frequentando e confrontando Club italiani o statunitensi. Si narra che il primo atto di beneficenza sia consistito in una colletta per la raccolta del denaro necessario all’acquisto di un misero cavallo per un Paul Harris all’epoca della fondazione del Rotary povero venditore ambulante che ne era rimasto privo. Quanto

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agli aspetti filantropici, decantati e perseguiti con una retorica spesso assimilabile a una religione di stampo cristiano, che, secondo non pochi soci, hanno inopportunamente prevaricato sullo spirito originario del Rotary, conviene citare lo stesso Paul Harris, che, anche dopo la caratterizzazione in tal senso dell’associazione, disse: “Il Rotary non deve fare beneficenza, ma deve rimuovere le cause che rendono necessaria la beneficenza. Il Rotary non è una religione, né un sostituto della religione. È il risultato dei principi religiosi nella vita moderna, specialmente nel lavoro e nelle relazioni internazionali”.

L’evoluzione dell’idea di Harris fu sorprendentemente rapida e di successo. Nel 1910 i Club erano 16, quando si aprì anche il primo Club fuori dagli Stati Uniti, in Canada. Nel 1912 l’associazione prese il nome di International Association of Rotary, che, nel 1922, divenne il Rotary International. Frattanto, mentre nel 1915 venne stilata la Costituzione del Rotary, carta fondamentale del progetto, nel 19161917 prendeva corpo l’idea di Arch C. Klumph di perseguire l’azione complessiva dei Club attraverso la Il fondatore del Rotary International Arch C. Klumph formazione di un fondo di dotazione, che, nel 1928, assunse ufficialmente il nome di Rotary Foundation.

Come diceva Klumph, il denaro raccolto e amminiIl primo disegno per strato sarebbe dovuto servire a sostenere “una serie di il logo del Rotary, progetti di azione d’interesse pubblico. Perciò, semcon la ruota indicante bra corretto, da parte nostra, accettare fondi di dotail movimento di una carrozza nella zione al fine di fare del bene nel mondo, nel campo polvere e non come benefico, educativo o di altro tipo per il progresso ruota dentata o come della comunità”. Come è noto la Rotary Foundation rotazione di luoghi è la cassaforte internazionale del Rotary, al cui padi incontro trimonio devono contribuire tutti i Club. È da quel fondo che vengono prelevati i denari necessari per ogni azione rotariana a livello internazionale, dalle borse di studio alla campagna di vaccinazione antipolio.

Frattanto l’internazionalizzazione era un dato di fatto. Nel 1916 il Rotary era giunto a Cuba, nel 1919 nelle Filippine, nel 1920 in Sud Africa e via così. Importante, però, per quanto riguarda la nostra storia, fu l’arrivo in Europa del Rotary, con il primo approdo, nel 1911, in Irlanda e Gran Bretagna. Nel 1913 i Club nel mondo erano 83, con 10.000 soci. Nel 1923 il Rotary giunse in Italia.

Si andava anche definendo quello che sarebbe stato il logo del Rotary che tutti conosciamo.

Sappiamo, per le parole dello stesso Harris, che un criterio iniziale del Rotary si basava sugli incontri che, a rotazione, i soci effettuavano nei loro studi o laboratori professionali. Questa rotazione degli incontri suggerì da subito un simbolo grafico basato sul disegno di una ruota. Fu l’incisore Montague M. Bear, socio in Chicago, a tracciare la prima ruota. Si trattava di un disegno molto elementare, che, appunto, mostrava una normale ruota di carro, con raggi in legno. Si era intorno al 1906, più o meno negli stessi mesi in cui Chesley R. Perry ideò anche il nome, Rotary, dell’associazione. La ruota, con 14 raggi, però parve agli altri soci come troppo statica e priva di vitalità. Il disegnatore aggiunse quindi, nella parte inferiore della ruota, alcune linee ondulate, nell’intento di

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Le varianti personalizzate iniziali e l’evoluzione del marchio del Rotary

rappresentare alcune nuvole, sulle quali volava la ruota. Agli amici quelle nuvole in basso parvero, però come sbuffi di polvere che la ruota provocava girando. E neppure ciò piacque. Il disegnatore credette di poter migliorare la grafica aggiungendo, sopra la ruota, con andamento curvo, la scritta “Rotary Club”. Si era in una fase di libera interpretazione dell’associazione e ogni Club ritenne di poter variare a piacimento il logo del proprio Club, ma nel 1911, il segretario Perry annunciò che la ruota sarebbe stato l’emblema di tutti i Club. L’anno successivo, nella convention di Duluth, nel Minnesota, fu stabilito che la ruota, con i raggi, doveva assumere l’aspetto di un ingranaggio dentato e ciò per indicare la forza motrice dell’associazione. Il passaggio fu importante, poiché si andava dalla rotazione delle sedi di pranzo a una visione molto dinamica e ambiziosa. I Club adottarono il concetto, pur inserendo le più disparate varianti, a partire dalla scritta che indicava la sede del Club, ma anche scegliendo a piacimento sia il numero dei raggi sia il numero dei denti dell’ingranaggio.

1906

1910

1913

1926

Crescendo il numero dei Club si ritenne però di uniformare il logo. I raggi, secondo il disegno di Oscar Bjorge, dovevano essere sei e i denti 24, pur senza che, si tenne a precisare, tali numeri avessero alcun significato simbolico. Nel 1921 il tutto fu codificato. Un ultimo intervento sostanziale si ebbe nel 1924, quando Will R. Forker, di Los Angeles, suggerì di rinforzare la carica simbolica della ruota da ingranaggio. Il foro centrale indicava l’inserimento di un’asta, come è normale per un ingranaggio, che deve trasmettere il moto, ma mancava un piccolo particolare essenziale. Un albero meccanico inserito in un foro liscio non ha grande capacità di trasmettere il moto perché tende a slittare ruotando a vuoto. Forker fece osservare che solo una tacca ricavata sulla circonferenza del foro poteva garantire, in un ingranaggio, l’inserimento a incastro dell’albero e quindi una trasmissione sicura del movimento, ponendosi quindi come autentico generatore di vitalità. Così il disegno Il logo ufficiale odierno del Rotary venne modificato e, trascurando scritte e colori, così è ancora oggi. nel mondo

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Il Rotary nasce in ITALIA

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a presenza di operatori stranieri, non solo imprenditoriali, fu interessante tra fine Ottocento e inizio Novecento, nell’Italia del nord, soprattutto fra Lombardia, Piemonte e Liguria. Anche nel Bresciano si ebbe un’importante presenza imprenditoriale proveniente dalla Svizzera, che contribuì a mettere in moto il decollo industriale, ma già con precedenti nella situazione protoindustriale, come quella della lavorazione della seta. Ma non si trattò solo di presenze economiche. Vogliamo citare due casi, che modificarono il costume in Italia, uno dei quali divenne un’entità di enorme consistenza, come il calcio. L’altro caso fu, appunto, il Rotary.

Nonostante gli innegabili precedenti cinquecenteschi del Calcio fiorentino, però giocato anche con le mani, è innegabile che il calcio moderno sia rinato in Gran Bretagna, intorno alla metà del XIX secolo, con la messa Il fondatore del Rotary in Italia lo scozzese a punto di regole che lo differenziarono dal rugby. La cu- James Henderson riosità per quello sport si diffuse anche nell’Europa continentale. Il football giunse in Italia per via di mare intorno al 1886. Furono marinai inglesi sbarcati a Genova ad attirare l’attenzione mentre giocavano “per portare un pallone di centimetri trenta, colpendolo solo con i piedi, nel campo avversario e farlo passare attraverso una porta delimitata da tre aste, al limite del campo”. Gli inglesi fondarono nel 1893 il Genoa Cricket and Atletic Club e la storia dello sport italiano imboccò la strada maestra. Nel 1897 nasceva a Torino lo Sport Club Juventus e nel 1899 si costituiva la squadra di calcio denominata Milan Football and Cricket Club, sempre frequentato e giocato da inglesi, ma poi aperto anche ai ragazzi dell’alta borghesia milanese.

Fu un altro inglese, James Henderson, a portare il Rotary in Italia, a Milano, nel 1923. L’ingegnere milano-irlandese Leo Giulio Culleton da tempo ricercava la possibilità di costituire anche a Milano un club come quelli che conosceva, anche attraverso suo cugino, rotariano di Dublino. Fu quel parente a mettere in contatto il Culleton con ambienti inglesi a Milano e con il Rotary internazionale. Al Circolo Inglese-Americano, Culleton destò, nell’estate del 1923, la curiosa attenzione dello scozzese Henderson, dirigente e agente di un’importante società cotoniera del suo Paese, ma poi egli stesso anche imprenditore nel settore. Fu Henderson che, con altri quattro signori, seppe costituire, con ritrovi all’esclusivo ristorante “Cova”, il primo nucleo di un Club italiano. Solo 26 Paesi nel mondo avevano una presenza del L’ingegnere milano-irlandese Leo Rotary e solo nove erano europei. Nel novembre del 1923 i soci miGiulio Culleton, che fu l’ispiratore del lanesi erano 19 e fra questi almeno cinque avevano nomi inglesi. Per primo Rotary e tanto si adoperò per la sua diffusione in Italia ufficializzare la fondazione giunse a Milano, il 20 novembre del 1923,

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il rappresentante del Rotary in Europa, Warren Teele, che strinse la mano ai 20 soci fondatori. Egli aveva già scelto come sua sede, e quindi come sede di riferimento del Rotary anche per l’Italia, la Svizzera, che sarebbe stata confermata con il centro di guida in Zurigo. Già Culleton aveva da mesi iniziato una campagna di sollecitazione per la fondazione di Club presso conoscenti di Trieste, Genova e Venezia, non casualmente città con porti di mare e frequentazioni inglesi. Fu appunto a Trieste che nacque, nel 1924, il secondo Club italiano. Si trattava di gruppi di pochissime persone, quattro o cinque, che imitarono i milanesi con la fondazione dei primi Club, a Napoli, Palermo, Genova, Torino e Venezia, e poi, nel 1925, a Bergamo, Firenze, Parma, Cuneo e Livorno. Nel 1926 nasceva il Club di Cremona e Piacenza. Dalla prima formula di associazione si giunse alla definizione del Distretto italiano nel 1925, il 46° Distretto, del quale fu presidente lo stesso presidente e fondatore del Rotary Club di Milano, James Henderson.

Una delle prime raffigurazioni grafiche del Rotary a Milano, cioè in Italia

Le conviviali si svolgevano anche solo con 3-4 soci, in ristoranti con i quali si consigliava di stringere accordi per un prezzo fisso della cena, “non troppo alto, di 25-30 lire”. Se il numero dei soci era più elevato, nelle conviviali si dovevano apprestare tavoli con 5-6 commensali. Talora era richiesto il dressing code della “cravatta nera”, cioè l’obbligo di indossare lo smoking. Un delegato alla conviviale assegnava i posti ai tavoli, curando che si avesse sempre una dinamica rotazione dei commensali. Si consigliava, per la conviviale, il giorno di martedì e si raccomandava che la durata della cena non superasse i 45 minuti e che l’incontro, discussione o relazione compresa, durasse, al massimo, due ore. L’influsso anglosassone sul Rotary europeo non era del tutto assorbito. Le comunicazioni internazionali e gerarchiche erano infatti scritte in lingua francese. Fin da subito, evidentemente traendo dagli esempi americani e britannico-irlandesi, invalse la consuetudine di associare alla cena una breve relazione di un esperto, su temi di interesse generale, sui quali si invitavano i presenti a svolgere considerazioni e dibattiti.

Nella progressione cronologica va inserito però un dato importante, anche se esterno al Rotary. Nel 1925 il regime fascista poneva fine alla Massoneria in Italia mettendo fuori legge la sua esistenza. Il rapporto fra Massoneria e Fascismo era stato complesso e contraddittorio. Le affinità erano nella presenza di massoni fra le personalità di maggiore spicco tra i fondatori del partito, nella fase movimentistica. Luca Irwin Fragale, nel suo libro La Massoneria nel Parlamento. Primo Novecento e Fascismo, elenca un numero impressionante di massoni fra i capi del fascismo della prima ora, da Roberto Farinacci a Italo Balbo, da Costanzo Ciano ad Achille Starace e Giuseppe Bottai.

All’esordio del governo Mussolini erano ben 267 i parlamentari affiliati alla Massoneria. Diverso fu l’atteggiamento quando il Fascismo giunse al potere e assunse responsabilità di governo, fra le quali Mussolini pose la ricucitura dei rapporti con il Vaticano. Come egli ebbe a confessare, non sarebbe stato possibile proseguire i contatti diplomatici di avvicinamento, che avrebbero portato

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Quadro sintetico, di Giacomo Balla, del gruppo di guida della Marcia su Roma, con Mussolini e i quadrunviri Italo Balbo, Emilio De Bono, Michele Bianchi e Cesare Maria De Vecchi. Molti fascisti della prima ora erano massoni

al Concordato del 1929, se lo stato italiano non avesse condotto, sul piatto della disponibilità e del concreto schieramento, la testa della Massoneria, contro la quale la Chiesa cattolica italiana non interrompeva la sua campagna di scontro e di condanna, secondo una linea che, ininterrotta, proseguiva dall’Ottocento. Nessuno, salvo la Chiesa, poneva in correlazione la Massoneria con il Rotary, che, anzi fu molto favorevolmente accolto dagli ambienti politici. L’importante fratello di Benito, Arnaldo Mussolini, era rotariano in Roma. Come si vedrà, il segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista, il bresciano Augusto Turati, era socio onorario del Rotary di Brescia. Eminenti personalità di ogni tipo, come il fascista Premio Nobel Guglielmo Marconi, erano rotariane. Il presidente onorario nazionale del Rotary era il re Vittorio Emanuele III e ben dieci “Altezze reali” di casa Savoia, dal principe Umberto al duca degli Abruzzi Luigi Amedeo, erano soci onorari di vari Club italiani.

Tuttavia l’abolizione della Massoneria conteneva i germi di un’ombra anche sul Rotary. A parte l’ovvio segno antidemocratico e liberticida che la decisione manifestava, applicabile a qualunque realtà non si allineasse al pensiero unico fascista, fra le accuse scagliate contro la Massoneria alcune era valide anche per il Rotary, come, principalmente, l’internazionalismo, che infatti fu alla base del conflitto anche con il Rotary. Dal 1923 al 1925 si sollevò progressivamente la denuncia dell’ammissibilità della Massoneria, culminando con la delibera legislativa del 1925. Per evocare il tono del giudizio censorio, si cita solo una frase dell’intellettuale Gioacchino Volpe, che pure non apparteneva al Fascismo estremo, pronunciata nel dibattito parlamentare: “La Massoneria è un equivoco politico, degenerazione della vita pubblica, confusionismo delle idee, sopravvivenza di il-

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luminismo e di ideologie settecentesche, pacifismo spappolato, internazionalismo, disorganizzazione dello Stato, strumento di stranieri interessi a danno del Paese, vecchio e vacuo anticlericalesimo, e specialmente intrigo e camorra”. Non è escluso che la diaspora massonica abbia potuto favorire approdi di singole personalità ai Club Rotary e Lions, sia pure ritenuti dai massoni forme slavate e ben lontane dall’austera e rigida ideologia massonica. Di fatto, nel novembre del 1925 fu messa al bando la Massoneria e nell’estate del 1926 si iniziò a lavorare per la fondazione del Rotary a Brescia.

Nel 1925 era nato il Rotary di Bergamo e in una dichiarazione pronunciata durante le cerimonie di inaugurazione, si disse: “Il Rotary, in sostanza, vuol promuovere una fratellanza universale: esso vuol presiedere a quei concetti di rettitudine e di onestà che possono rendere l’uomo migliore di fronte a sé stesso, di fronte alla Patria, di fronte alla società.

Questa concordia, diretta al fine di migliorare i rapporti fra gli uomini e le nazioni, è il fulcro della nostra Associazione e ne costituisce l’altissima caratteristica”. I riferimenti al termine “fratellanza”, all’uomo nuovo e migliore e alla concordia universale evocavano concetti massonici, assolutamente positivi, peraltro. Il vicepresidente del Distretto italiano, Giorgio Mylius, ebbe modo di citare un dato interessante: nel mondo esistevano 1900 Club rotariani, distribuiti in 28 stati. “È un’accolita universale di amici – disse il Mylius – i quali, all’infuori di ogni divergenza politica e religiosa, si sono con- Sintesi grafica del sodalizio iniziale cordati di entrare in solidarietà, con l’idea di rendere servizio fra Massoneria e Fascismo alla società, secondo i comuni principi della dignità morale e della fratellanza. E poiché il Rotary si rivolge sopra tutto agli industriali, ai commercianti ed ai professionisti, ecco che la sua divisa si ispira ad una forma semplice, ma che seconda l’interesse materiale ed anche spirituale: “Profitta di più chi si rende più utile”. Tuttavia si doveva precisare che, accanto al divieto di porre sul tavolo questioni religiose o politiche, “nessuna restrizione invece esiste nei riguardi di un’attività rotariana rivolta in pro di opere di beneficenza”. Evidentemente l’aspetto umanitario, che caratterizzava alcuni dei Club internazionali qui citati, non rientrava tra le finalità primarie del Rotary. Con riferimento alla definizione generale delle finalità del Rotary è interessante ricordare il contributo del Rotary italiano, benché nato da solo sei anni, che si ebbe nel 1929, a conclusione del quinto convegno nazionale che si tenne a Napoli. Alcuni giuristi rotariani stesero una dichiarazione che fissava lo spirito rotariano: “Il Rotary è un’associazione di cittadini scelti tra gli esponenti più stimati delle singole attività economiche, tecniche, scientifiche e culturali, collegati essenzialmente da un criterio di praticità e di interesse intellettuale: quello di comunicarsi in piena amicizia, in occasione delle riunioni settimanali, i risultati della loro esperienza e del loro sapere”. La definizione parve così ben delineata che fu adottata come ufficiale dal Congresso internazionale di Dallas e diffusa in tutto il mondo.

La testata del 1924 del primo organo di stampa del Rotary italiano

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Il Rotary nasce a BRESCIA

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el 1926 Brescia viveva una delle fasi più vivaci della sua storia contemporanea. Tre uomini, uno dei quali fra i più ricchi d’Italia, il bresciano Franco Mazzotti Biancinelli, si incontravano per preparare la grande rivalsa di Brescia, in linea con il suo ruolo pionieristico nel campo dello sport automobilistico. Il pionierismo era in una delle prime corse al mondo, con “gli automobili”, nel 1899, e la rivalsa era nei riguardi dello scippo di idee e di uomini che avevano tradito l’orgoglio del primo, grande circuito d’alta velocità, costruito presso Montichiari, nonché del primo Gran Premio corso in quel circuito, nel 1921, per realizzare, invece, a Monza, l’autodromo e organizzarvi le gare di massima velocità automobilistica. I milanesi non erano Un segno di dinamismo modernista, industriale nuovi a queste sopraffazioni in campo sportivo, con ale culturale, che abbinò la nascita del Rotary in tezzosa presunzione di superiorità. Anche qui vi fu uno Brescia con la nascita della gloriosa Mille Miglia zampino americano. Mazzotti, confabulando con i due amici bresciani Renzo Castagneto e Aymo Maggi, mentre si ideava una straordinaria corsa su strada, da Brescia a Roma e ritorno, senza sosta, essendo da poco rientrato da un viaggio negli Stati Uniti ebbe a dire che i circa 1600 chilometri di lunghezza del percorso potevano essere chiamati anche, con un pizzico di esotismo statunitense, “Mille Miglia”. Nel 1927 partì la prima Mille

Due ampie pagine dedicate dal quotidiano bresciano alla presentazione, prima, e alla cronaca della giornata di fondazione del primo Rotary Club in Brescia I L R O TA RY N A S C E A B R E S C I A

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Miglia. Era una tappa importantissima per la qualità e per la fama bresciane. Nello stesso anno il bresciano d’adozione Augusto Turati era nominato segretario nazionale del Partito fascista, in sostanza divenendo la seconda autorità più importante in Italia, dopo Benito Mussolini. Mentre la città si dotava di un bene essenziale ancora oggi, uno degli impianti fognari più avanzati d’Italia, e mentre una delle prime autostrade del mondo stava per collegarla a Bergamo e Milano, Brescia preparava il progetto grandioso di una riforma urbanistica che fu guardata con rispetto e ammirazione da tutta l’Italia, e anche dall’estero. Era il progetto urbanistico di una modernizzazione della città, che avrebbe portato alla realizzazione della piazza della Vittoria, un capolavoro dell’architettura contemporanea in Italia. Nel 1927 fu emesso il bando di concorso per il piano regolatore della città, aperto a tutti gli ingegneri e architetti italiani.

Nel 1926, chiudendo l’era dei sindaci, era anche nominato il primo podestà di Brescia, l’ingegnere Pietro Calzoni, che sarebbe stato il protagonista di un altro capolavoro di modernità ed efficienza, la nuova sede degli Spedali Civili. L’ospedale, progettato dall’ingegner Angelo Bordoni, trascinò inoltre con sé il fondamentale traforo della galleria Tito Speri, che, per la prima volta nella storia, aprì l’antica Fra i sostenitori della nascita del Rotary a città all’espansione verso nord. Fu infatti il Calzoni a sostanzial- Brescia, come socio onorario, vi fu Augusto mente regalare l’area nella quale fu costruito uno degli ospedali più Turati, la più alta carica nazionale, dopo Mussolini, in quanto segretario del Partito moderni dell’epoca, progettato nel 1933 e finito nel 1938. La cit- nazionale fascista tà si era ormai, inoltre, economicamente e industrialmente ripresa dalla crisi che l’aveva colpita nell’immediato Dopoguerra, quando il crollo della domanda di materiale meccanico, legato all’industria bellica, aveva messo in ginocchio l’industria e l’occupazione. Brescia quindi si trovava in una fase storica di grazia, che avrebbe avuto notevoli ricadute sul suo futuro.

In quell’ambiente la medio-alta borghesia aveva ritrovato i suoi equilibri, in non pochi casi balzati in avanti grazie alla diffusione industriale che spaziava dalla tradizionale produzione armiera, tessile, meccanica e automobilistica fino alla produzione di birra, al commercio su larga scala, come quello vinicolo, all’operare finanziario e bancario, maturato nelle due grandi banche cittadine: la cattolica Banca S. Paolo e la laica Fra i soci fondatori illustri ed esplicitamente fascista era Credito Agrario Bresciano. Nell’alta società breil podestà di Brescia, ingegner Pietro Calzoni: al centro sciana persistevano anche grandi patrimoni agricon soprabito bianco coli, spesso modernizzati, e una nuova categoria di professionisti, sia dirigenti di grandi aziende, sia operanti in libere attività, come quelle forensi, notarili e ingegneristiche. La classe sociale medio-alta viveva in modo abbastanza frammentato, non esistendo attività, magari sportive o colloquiali, o luoghi nei quali essa potesse riconoscersi. I salotti non appartenevano al riservato costume bresciano e non esistevano ippodromi, circoli della vela o, allora ben poco diffusi, club tennistici o golfistici. L’unico luogo di ritrovo adatto era il Teatro Grande, dove l’alta borghesia aveva modo di incrociare i propri pari anche grazie alla singolare

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proprietà privata dei palchi. L’unica eccezione, però prettamente politica, ma di significativa anticipazione dell’associazionismo affine al Rotary, era in Brescia il Club Liberale, creatura zanardelliana nata nel 1875, con sede definitiva nel Palazzo Bevilacqua, quasi adiacente alla sede teatrale. La finalità dei circa 200 soci era quasi esclusivamente politica e in tal senso si svolse la sua attività.

Tuttavia, la dichiarazione statutaria aveva delle affinità non solo con lo spirito dei club inglesi, ma anche con alcune componenti del Rotary. Essa infatti dichiarava di avere come scopo: “Riunire nella propria sede i soci in amichevoli convegni per la trattazione di quanto può interessare amministrativamente la città e la provincia”. Il club comprendeva anche una biblioteca, un’emeroteca e una raccolta di atti parlamentari. La citazione degli “amichevoli convegni” echeggiava vagamente sfumature rotariane. Se si considera, inoltre, che gran parte dei più radicali liberali zanardelliani Il fondatore reale del Rotary a trasmigrarono rapidamente nel Fascismo bresciano e che il Club Brescia, l’ingegner Emilio Franchi Liberale fu formalmente chiuso il 31 dicembre del 1925, si possono avere dati utili a comprendere il movimento che si mise in moto in Brescia nel 1926.

Fra le personalità di rilievo della Brescia di quell’epoca, nell’ambito di un settore tecnocratico ed economicamente impegnato, era l’erede di un’importante famiglia di imprenditori: l’ingegner Emilio Franchi. La sua famiglia era stata fra le protagoniste dell’industrializzazione bresciana nel secondo Ottocento. A partire da un’antica filanda posta sul canale Grande, a nord-ovest dell’antica città, l’azienda Franchi si era trasformata in fonderia di ferro e ghisa, per iniziativa di Attilio Franchi.

Attraverso aggregazioni societarie la Franchi era divenuta prima Franchi-Griffin e poi, con espansioni ulteriori, Franchi e Gregorini. La sede di S. Eustachio, toponimo della zona per via dell’intitolazione di una chiesa, aveva occupato, nel 1918, in pieno fermento di produzione bellica, ben 32.000 operai. Tuttavia la brusca frenata postbellica e le redini possentemente tenute nelle mani bancarie provocarono un tracollo che costrinse i Franchi a retrocedere dalla proprietà, mentre solo l’ingegner Emilio, figlio di Camillo Franchi e nipote di Attilio, rimase nell’azienda di S. Eustachio come dirigente tecnico. Ci si è un poco diffusi sulla figura di Emilio Franchi perché egli può ben definirsi il padre del Rotary a Brescia. La sua diretta testimonianza è fortunatamente stata scritta in occasione della celebrazione del decennale di vita del Rotary a Brescia. Il Franchi narrò che lo spunto iniziale della sua idea gli derivò semplicemente da alcuni articoli giornalistici che citavano la nascita e l’attività dei neonati Club Rotary di Milano e Bergamo. Si è accennato all’esordio bergamasco nel 1925. Lo spirito lombardo di quelle iniziative rotariane dovette certamente attrarre l’attenzione e la simpatia del Franchi, che, infatti, nella tarda estate del 1926, si procurò un contatto con il presidente del Club Bergamo. Avuti i chiarimenti necessari, Emilio Franchi si rinforzò nell’idea di riprodurre in Brescia la scelta milanese e bergamasca e pensò a quali collaborazioni potesse fare appello per tale impresa. Mentre tre uomini pensavano a progettare la Mille Miglia, negli stessi giorni tre altri uomini si incontrarono per pensare alla fondazione di un Rotary Club in Brescia. Il Franchi invitò a un incontro due personalità bresciane la cui statura era difficilmente superabile. Un uomo era Giulio Togni e l’alI due altri importanti personaggi che accolsero l’invito di Emilio Franchi per la fondazione di un Rotary Club a Brescia: Giulio Togni a sinistra e Giovanni Gorio nella pagina successiva I L R O TA RY N A S C E A B R E S C I A

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tro era Giovanni Gorio. Il primo era il più importante imprenditore di Brescia, titolare di un’azienda metallurgica specializzata nella produzione di tubazioni, anche per condotte forzate delle centrali elettriche.

Il suo ingegno e la sua ricchezza erano ben oltre la normalità. Proprietario di dimore di altissimo livello, egli aveva recentemente differenziato la sua attività e, cogliendo al volo l’opportunità offerta dall’immensa novità dell’autostrada, fondò la “Società bresciana per la costruzione e l’esercizio di autovie”, assicurandosi l’appalto per la costruzione della terza autostrada del mondo, la Bergamo-Brescia, che in seguito anche gestì. La stessa società costruì anche, nel cuore dell’innovazione urbanistica bresciana, l’hotel più lussuoso della città, che riprendeva il nome della nuova piazza: l’“Hotel Vittoria”. La modernizzazione voluta in Brescia dal podestà Calzoni, dal segretario nazionale del partito, Giovanni Gorio Augusto Turati, dalla categoria degli ingegneri locali, da un’opinione pubblica educata sino dagli anni Settanta del secolo precedente a guardare con invidia ai risanamenti urbani praticati a Parigi, basati su demolizioni e razionali nuove costruzioni, trovò in Giulio Togni una alfiere, che tradusse il suo entusiasmo in un esborso di tasca propria affinché il concorso per un nuovo piano regolatore di Brescia potesse avere buon esito. La città era anche nelle sue mani.

Il terzo uomo chiamato in causa fu un altro personaggio di altissimo profilo: Giovanni Gorio. Egli era un uomo di successo, molto dinamico ed estroverso, pronto ad ogni avventura. In quel momento il Gorio era a capo della Camera di commercio, ma nella sua vita aveva avuto esperienze economiche addirittura esotiche. Dopo aver svolto gli studi universitari in Svizzera e Germania, presto costituì società commerciali proprie che si evolvettero anche nel commercio della seta con l’India, dove ebbe numerosi incarichi anche politici in rappresentanza dell’Italia. Iniziando la coltivazione della seta anche in India, viaggiò per i suoi affari in Giappone, Cina e Brasile. Reinvestì i suoi capitali, dal 1923, in industrie bresciane, ricollegandosi alle attività agricole e imprenditoriali di famiglia. Con altri capitalisti bresciani e con immensi lavori di trasformazione, pose le basi della nascita dei centri balneari di Jesolo ed Eraclea. Fra mille altri impegni di alta e remunerativa responsabilità e oltre a divenire parlamentare, fu inoltre commissario governativo della Camera di Commercio di Brescia dal 1924 al 1927. Erano gli anni in cui egli si incontrava con Emilio Franchi e Giulio Togni. Giulio Togni e Giovanni Gorio accolsero con molto favore la proposta di Emilio Franchi e iniziò la ricerca di altri potenziali soci per poter fondare un Rotary Club. La prima riunione preliminare del gruppo avvenne il 18 dicembre del 1926, essendosi aggregate ventuno persone. Erano: Emilio Franchi, Giulio Togni, Giovanni Gorio, Pietro Calzoni, podestà di Brescia, Giorgio Porro Savoldi, presidente del Rettorato della Provincia di Brescia, l’avvocato Enrico Bozzi, Pietro Wührer, noto industriale, produttore della birra più antica d’Italia, Luigi Rossi, industriale tessile, Pietro Beretta titolare dell’eccelsa industria omonima, Due importantissime personalità del primo Rotary bresciano: sopra, Pietro Wührer, fondatore della più antica fabbrica di birra in Italia e, a fianco, l’importante ingegnere Egidio Dabbeni

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Alcune delle più illustri personalità bresciane che aderirono come fondatori del Rotary a Brescia: il grande industriale Pietro Beretta, il commerciante e produttore di vini Giovanni Nino Folonari, il magnate dei calzifici Roberto Ferrari.

Federico Serlini, uno dei più grandi produttori di seta nel Bresciano, Roberto Ferrari, un magnate della produzione di calze, Ettore Bianchi, amministratore delegato delle importanti cartiere di Toscolano sul Garda, l’ingegner Guido Ruffini, direttore delle Trafilerie e laminatoi metallici, Gaspare Bertuetti, direttore generale del Lanificio di Gavardo, l’ingegner Egidio Dabbeni, il libero professionista in campo edilizio di maggior successo, Tomaso Nember, proprietario fondiario, e l’ingegner Giovanni Folonari, membro della famiglia di vignaioli, nel consiglio d’amministrazione della società Chianti Ruffino. Vi erano inoltre tre altri soci, non identificati, dal cognome Cavadini, Brasca e Melli. Probabilmente il Cavadini era l’ingegner Giovanni Battista, dirigente dell’azienda Togni, e Melli era forse l’ingegner Romeo, dirigente della Società Elettrica Bresciana. Presidente informale del Club fu subito eletto Giovanni Gorio e segretario Emilio Franchi. Quest’ultimo sarebbe rimasto segretario del Club per 23 anni. Il quotidiano “Il Popolo di Brescia” non dimenticava, presentando l’evento, i concetti originari del Rotary, scrivendo: “I soci si riuniscono non solo per conoscersi e stabilire delle relazioni, ma anche e soprattutto per aiutarsi scambievolmente, suggerendo i mezzi più idonei e più nobili per conseguire il successo nella propria sfera di attività.

Successo non inteso nel senso di un’egoistica ambizione, ma come l’espressione di un dovere sociale, come un’elevazione della propria personalità a profitto di altre persone”. Il Gorio, a proposito della sua volontà di collaborare con Togni e Franchi nella costituzione del Club, ebbe a scrivere: “Come Commissario della Camera di Commercio sono riuscito a formare un nucleo di persone rappresentative nei singoli rami dell’attività e del pensiero per la fondazione di un Rotary Club a Brescia. Nel far ciò sono stato mosso principalmente dal desiderio di aumentare l’affiatamento fra gli industriali, i commercianti e gli agricoltori della provincia; affiatamento da cui è legittimo sperare larga copia di utili risultati. Devo riconoscere che l’iniziativa, nello svolgimento della quale fui particolarmente aiutato dall’Ing. Emilio Franchi, incontrò subito le simpatie di tutti, talché il 2 aprile 1927, si poté istituire ufficialmente il Rotary di Brescia. La prima riunione – nella quale fui nominato Presidente – fu tenuta nel Salone dei Mercanti nella Camera di Commercio, alla presenza del Presidente Generale dei Rotariani d’Italia, il dott. Pietro Pirelli, e di quasi duecento rotariani venuti a rappresentarvi tutti gli altri clubs confratelli. La cerimonia d’inaugurazione si svolse a Gardone, con una visita a Gabriele d’Annunzio, visita che lasciò in tutti indimenticabile ricordo”.

La versione del vero inventore del Rotary bresciano, Emilio Franchi, scritta dieci anni dopo gli eventi, era invece la seguente: “Veramente siamo nati, con la prima riunione, nel dicembre del 1926 da una mia convinzione, subito condivisa dall’On. Giovanni Gorio e dall’industriale Giulio Togni, del contributo che il Rotary – sorto in quegli anni in alcune città italiane – poteva dare anche a noi

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bresciani, un po’ chiusi e semimontanari per temperamento, per abituarci a una più aperta colleganza cittadina e nazionale, per correggerci del nostro eccessivo individualismo. Eravamo allora in un clima psicologico storico nuovo. Vinta la prova suprema della Guerra Mondiale, rimarginate le ferite più gravi, l’Italia, distesa finalmente, come tanto avevamo sperato e sognato e sofferto, e con i suoi giusti confini al di là di Trieste e di Trento, sentivamo lievitare la necessità di una più stretta unione tra di noi nell’ambito provinciale e nazionale”. Benché diverse riunioni si fossero già svolte, fu appunto nell’aprile del 1927 che si inaugurò ufficialmente il Rotary Club Brescia, con venti soci fondatori. Dopo il pranzo con 170 coperti nel “Grand Hotel” di Gardone Riviera, in una giornata dallo splendido clima, si volle accedere alla visita a Gabriele d’Annunzio, che dal 1921 dimorava in quello che sarebbe stato chiamato il Vittoriale degli Italiani. Quella della visita a D’Annunzio fu una delle possibili scelte per celebrare quella giornata inaugurale del Club. Si può spiegare in vari modi, ma una punta di ripresa del tema già trattato la può offrire l’informazione che D’Annunzio era uno stimato massone. I neorotariani incontrarono uno scrittore particolarmente istrionico. Egli infatti volle che tutti gli ospiti, 200 persone tra soci e amici, signore comprese, da lui chiamati “rotatori”, versassero “un obolo” per salire su quella curiosità surreale che è la nave “Puglia” incastrata nella collina e udirvi l’apologia delle sue imprese patriottiche. “Sarò tanto più facondo quanti più soldi riceverò”. D’Annunzio preferiva essere pagato per le sue prestazioni, come riconoscimento della sua unicità. Avvenne che, quando “acquistò” un’automobile e la portò a casa sua, si indignò quando qualcuno andò a chiedergli di pagarla. In compenso il Vate donò al Rotary una di quelle sue invenzioni linguistiche, sintetiche e musicali. Interpretando il motto internazionale con

La visita alla nave Puglia del Vittoriale da parte di un folto gruppo di persone, che potrebbero anche essere i rotariani nel giorno della cerimonia di fondazione del Club. Sulla tolda superiore della nave, l’Immaginifico, che, mani alla ringhiera, affascina gli ospiti

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D’Annunzio con la divisa militare con la quale accoglieva gli ospiti del Vittoriale e, accanto, l’inseparabile architetto Giancarlo Maroni, progettista del Vittoriale stesso

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un motto latino, per il Rotary italiano, dopo aver abbozzato un “Rota fervens fervida”, con riferimento al logo della ruota dentata, inventò: “Sicut rotarum dentes / dantes et accipientes”, come i denti degli ingranaggi, che prendono e danno.

Il Rotary aveva quindi preso l’avvio in Brescia, il diciassettesimo Club in Italia, con un numero di venti soci, che, durante i due primi anni di presidenza Gorio, come allora si usava, erano già divenuti 32. Ricordiamo che la presidenza biennale era la norma, mentre, sin dall’inizio, fu annuale la presidenza del Distretto. La tipica campana rotariana fu fatta giungere al Club bresciano direttamente dall’America, come ancora oggi ben si vede nella primitiva campana, poi sostituita, che, all’interno, reca, nella fusione, le parole abbreviate di Chicago e Illinois.

Le conviviali degli inizi si tenevano, il mercoledì, all’ “Hotel Moderno Gallo”, forse il più importante albergo in Brescia, che si trovava sull’angolo est dell’incrocio fra via Trieste e via Paganora, in sostanza sul lato sud dell’attuale piazza Paolo VI, allora piazza del Duomo. Solo dopo la costruzione del lussuoso “Hotel Vittoria”, di proprietà del socio Togni e progettato dal socio Dabbeni, nel 1932 le conviviali si trasferirono nell’“Hotel Vittoria”. Ovviamente anche nel Club bresciano si assumeva la consolidata prassi del Rotary internazionale di intendere come anno rotariano i dodici mesi che vanno dal luglio di un anno alla fine giugno dell’anno successivo. L’origine di tale modalità risaliva alla data della prima Convention del Rotary americano, che si svolse nell’agosto del 1910. L’anno fiscale iniziava dopo la Il promotore sostanziale fine della Convention. Motivi legati alle eccessive temperature estive consigliarono degli Spedali Civili di di anticipare la Convention a giugno e l’anno rotariano, coincidente con l’anno Brescia Guido Amadoni, amministrativo, dal 1913 fu fissato a decorrere dal primo luglio. Da una laconica socio rotariano della prima ora in Brescia notizia si apprende che la prima segretaria del Club Brescia fu l’apprezzata signorina Maria Bosetti. Fu seguita da una fattiva e fedele segretaria di nome Lina Spedini.

In quel primo biennio bresciano le relazioni furono 59, su temi di stretta attualità e, soprattutto, di stretta pertinenza con i soci. Fu una caratteristica del primo Rotary bresciano lo strettissimo rapporto con tutte le articolazioni del potere e con tutte le iniziative operative che in Brescia, come accennato, si succedevano. Non vi furono progetti e loro realizzazioni che non scorressero, e si radicassero, fra i tavoli delle conviviali rotariane. Rapidamente entrarono nel Club il noto medico Ugo Baratozzi; il chirurgo primario degli Spedali Civili Guido Amadoni; il direttore della filiale della Banca Commerciale Italiana Arturo Bonomi; il dottor Alberto Chilesotti, direttore dell’Elettrochimica del Caffaro; il consigliere delegato della Società Elettrica Bresciana Eugenio Denti; Attilio Franchi, importante zio del segretario Emilio Franchi, titolare delle ditte Dolomite di Marone e della Elettrografite di Forno Allione; Dante Gibertini, direttore della Cattedra ambulante di agricoltura; il conte Mauriziano Martinoni, presidente della medesima; Guido Glisenti, titolare della storica e importantissima ditta metallurgica triumplina; Luigi Marzoli titolare della ditta omonima e grande collezio- Un’importante presenza nel nista di armi antiche; l’importante industriale Ernesto Niggeler, della Rotary Brescia fu quella di nota ditta tessile Niggeler & Küpfer; il chirurgo primario degli Spe- Luigi Marzoli, l’industriale che dali Augusto Pignatti; Giovanni Battista Rivetti, direttore della ditta costituì una collezione di armi antiche di importanza mondiale, Fermo Coduri, per la filatura della seta; Giacinto Turlini, titolare di donata e confluita nel museo a lui un’azienda per la lavorazione del lino; e Paride Zanella, imprenditore intitolato, oggi accolto nel mastio con azienda per la produzione di scialli. Si è fatto questo elenco per- del Castello di Brescia

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ché risulti come i vertici dell’economia produttiva bresciana, più che commerciale, fossero tutti nel Club Rotary e come quindi informazioni, consulenze, incarichi, protezioni, carriere e cariche passassero in gran parte in quel canale. Poiché un’agiografia postbellica volle leggere la chiusura del Rotary in Italia come una delle tante violenze antidemocratiche del Fascismo, con un Rotary martire e antifascista, va detto subito che tutti i soci del Club di Brescia, come in tutta Italia, erano tranquillamente e totalmente fascisti. Al pranzo inauLa campana originale gurale di Gardone Riviera erano ospiti d’onore il segretadel primo Rotary rio federale del partito di Brescia Innocente Dugnani e bresciano, donata dai fondatori del Rotary di l’illustre onorevole Alfredo Giarratana, autorità storica Chicago, come risulta del Fascismo bresciano. Si è accennato al socio onodal nome della città, rario Augusto Turati, la massima autorità del partito fuso sul lembo interno fascista, alla presenza di due podestà di Brescia e al predella campana sidente dell’Amministrazione provinciale, fidate autorità di nomina partitica. Quasi subito entrò come socio del Club il senatore, avvocato Carlo Bonardi, un leader del Fascismo bresciano, che non era certo presente come mandatario, spia e controllore del partito, ma come uno dei tanti soci d’eccellenza. Anzi, egli divenne il secondo presidente biennale del Club, carica che ricoprì, ancora una volta, dal 1933 al 1935. Immaginando di vedere oggi le tavolate che si composero nel Club pare di cogliere in sintesi la storia bresciana dell’epoca. Ogni socio impersonava una delle realtà centrali della città. La straordinaria strada Gardesana occidentale si costruiva, come capolavoro tecnico, in quegli anni con la partecipazione amministrativa e tecnica anche di alcuni rotariani.

I magazzini generali erano altrettanto in costruzione e non estranei all’ambiente Rotary. I primi villaggi operai, come quello del socio Ferrari, erano in via di edificazione, così come la Centrale del latte, mentre, con la costruzione del nuovo ospedale, procedeva lo scavo per la realizzazione della galleria sotto il Cidneo. In tutte queste vette dell’intraprendenza realizzativa bresciana vi era molto Rotary. Luigi Marzoli fu il padre di uno dei gioielli del patrimonio storico-artistico di Brescia, poiché infine donerà al comune del capoluogo la sua preziosissima e rarissima collezione di armi antiche, che costituisce ora il museo giustamente a lui intitolato. Fra i soci di qualche anno dopo la fondazione risulta anche il pittore Gaetano Cresseri, uno dei massimi rappresentanti dell’arte in Brescia in quei decenni. Osserviamo l’intreccio di rapporti professionali all’interno del Club. Togni, come accennato, era l’azionista di riferimento della Società per le autovie, della quale Giovanni Gorio divenne presidente. L’ingegner Dabbeni, che spesso si avvaleva dell’arte pittorica del Cresseri, costruì ville, palazzi e stabilimenti per i Beretta, per i Franchi e per il Togni. Gorio fu eletto alla Camera dei deputati e il socio Guido Amadoni fu nominato presidente degli Spedali Civili. A lui si deve la determinazione nel decollo edificatorio nella nuova sede ospedaliera. Fausto Lechi, socio e nuovo podestà di Brescia, organizzò la mostra sulla pittura bresciana nel ’600 e ’700, mentre Marzoli allestiva nel Castello, nel 1935, una prima mostra della propria collezione d’armi precorritrice dell’attuale museo. Nel 1937 i soci rotariani erano 42, sempre “mantenendo il principio della più grande severità per conservare elevato il tono e l’affiatamento del Club”. Nel quale Club, nel 1937, i soci festeggiarono “la fine vittoriosa della guerra coloniale e la fondazione dell’Impero, essendo orgogliosi di essere Lo stendardo originario del Rotary Brescia, utilizzato per decenni stati testimoni di questi indimenticabili avvenimenti e rinnovan-

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do l’omaggio devoto ed entusiastico ai realizzatori di queste mirabili gesta: S. M. il Re Vittorioso e Imperatore, Presidente Onorario del Rotary Italiano, e il Duce nostro, artefice di tale magnifico evento storico”. I relatori nelle serate erano pressoché solo i soci, mentre le elargizioni non erano di tipo filantropico bensì legate a celebrazioni ufficiali o destinate a istituzioni pubbliche, per una sorta di collaborazione politica e sociale. Si diceva, a proposito delle brevi conferenze, chiamate relazioni, che “il Rotary non è un’accademia”, ma tanto meno lo si riteneva un ente benefico.

Proprio l’entusiasmo per l’avventura coloniale sarebbe stato frustrato poiché l’azione militare poneva le basi dell’estinzione del Rotary. Certamente l’insofferenza per la libertà di critica era tipica del Fascismo, così come di altri regimi autoritari dell’epoca. Tuttavia l’abolizione del Rotary in Italia, che peraltro era già avvenuta in Germania e Spagna, non fu la conseguenza di una violenza censoria. Si accennava alla nascita dell’impero e all’origine che esso costituì per il declino del Rotary. Si sa che l’azione colonialistica dell’Italia, troppo tardiva per essere assimilata alle ingenti e non criticate operazioni colonialistiche di molto altri stati europei, provocò la reazione della Società delle Nazioni, che impose all’Italia le sanzioni economiche. In Italia non solo il regime, ma anche l’opinione pubblica, oltre a provvedere tramite l’autarchia videro con ostilità la Società internazionale e soprattutto le due maggiori protagoniste, la Francia e la Gran Bretagna: in particolare la Francia. Il Rotary, nel suo indifferentismo politico e nella sua inesistente critica al Fascismo, era però ancorato a uno dei suoi principi ideali: l’internazionalismo. Essere internazionalisti e amici di tutti in un momento in cui il proprio Paese è sotto attacco politico ed economico da parte di alcuni stati non è comportamento che si possa accettare facilmente. Alcuni giornali pubblicarono critiche al comportamento del Rotary, che non desisteva dal cercare incontri, convegni, simposi con i rotariani di qualunque Paese. Nessun’altra critica fu sollevata al Rotary, se non per eccezionale convergenza con l’irreprimibile atteggiamento di accusa da parte della Chiesa per presunta filo-Massoneria. Il mancato schieramento del Rotary a fianco della dominante campagna antifrancese e antibritannica fu all’origine di un attrito che destò sconcerto nell’opinione pubblica e rafforzò gli attacchi giornalistici. Non risulta che vi siano state pressioni o minacce politiche ufficiali, tanto che il fascistissimo Carlo Bonardi continuò a rimanere tranquillamente come socio nel Club Brescia. In pieno clima di tensione con la Francia i rotariani dei due Paesi si ritrovarono a Nizza per un congresso e un brindisi conviviale.

Il fastidio più drastico per tale atto fu espresso da articoli giornalistici, soprattutto della “Stampa” di Torino, e la valutazione stava ricoprendo e soffocando ogni altra visione del Rotary. Già il quotidiano bresciano, nel 1927, quando il Club nacque, pur espandendosi in lodi sperticate all’iniziativa (“Salutiamo con entusiasmo ogni sforzo La pagina del quotidiano bresciano dedicata nel 1930 alla inteso a raccogliere in un sol fascio tutte le energie presentazione del progetto di Piazza Vittoria, esposta al Rotary migliori del paese”) aveva anche scritto, giusto per di Brescia, in una serata, dal progettista Marcello Piacentini.

Si trattò di un’esclusiva in quanto fu l’unica comunicazione diretta dell’architetto ai bresciani

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mettere le mani avanti su quel delicato tema: “Il Rotary è internazionale, ma non internazionalista.

Esso non tende a costituire una qualsiasi struttura politica, dottrinale o economica a base internazionale o supernazionale, che possa mettere il rotariano in contrasto con le direttive, con l’azione e con le finalità del Governo del proprio Paese”. Anche all’interno del Rotary si erano create frizioni sul comportamento tendenziale del Distretto. Alcuni, più patrioti e nazionalisti, si dimisero, altri sostituirono alla parola “amici” il termine più gradito di “camerati”. Ma, anche se una decina di anni prima Mussolini aveva detto: “Il Rotary non sarà toccato. La stampa avrà ordine di non occuparsene oltre”, il mancato nazionalismo e il larvato pacifismo giocarono un ruolo di obiettivo antagonismo nei confronti del governo. Va anche riconosciuto che se il carattere del Rotary stava nella concentrazione di un’élite sempre più matura per l’azione, individuale e collettiva, chiaramente l’attenuarsi del gradimento sociale e politico svuotava i polmoni dell’azione stessa, relegandola in posizione marginale. Il meccanismo lubrificato di interscambio fra soci e opportunità imprenditoriali, professionali e commerciali rimaneva inceppato e quindi veniva meno una risorsa centrale dell’esistenza del Rotary. La situazione presentava anche aspetti di possibili boicottaggi sulle attività personali.

Il venir meno della lusinghiera e applaudita immagine di faro della fede patriottica, della vivacità intellettuale ed economica indusse il Rotary ad autospegnersi, cautelativamente e realisticamente.

Vi furono anche tensioni con rotariani stranieri, ad esempio inglesi, che avevano invitato i soci italiani a far recedere il governo italiano dalle sue decisioni colonialistiche. La risposta fu risoluta e negativa. Si ebbero invece lodi di amicizia verso i rotariani austriaci e ungheresi, che si erano astenuti dal censurare l’Italia. In Brescia si invitò il segretario e fondatore Emilio Franchi a recarsi a Roma per assicurare “che il Rotary è fascista”. Un incontro fra i bresciani e il Governatore si concluse con questa narrazione: “Il vostro club è degno di ogni maggiore elogio e io vi esprimo il mio compiacimento e con cuore di Governatore, di fascista e di italiano, grido “W il Rotary Club di Brescia, viva il Re Imperatore e esprimo il Saluto al Duce”. I rotariani bresciani risposero in coro con il grido di battaglia della prima ora fascista: “A Noi!”. Il senatore Bonardi, Past president del Club bresciano, ovviamente difendeva in ogni suo atto il governo e in ciò fu applaudito e si cercarono accomodamenti, anche con dichiarazioni fasciste come: “Tutti i rotariani possono lavorare in piena fiducia e tranquillità mantenendo la loro simpatia e attaccamento all’istituzione che il Regime fascista apprezza e incoraggia”. In Brescia si dava una versione degli eventi in gran parte legata alla volontà della politica di compiacere e imitare l’alleato tedesco che, dopo aver vietato ai propri iscritti, all’inizio degli anni Trenta, di iscriversi al Rotary, era giunto all’abolizione dell’associazione. In quel contesto era anche giunta, in sovrappiù, la visita in Italia di Hitler, nel maggio del 1938. Si avanzò anche la proposta di costituire un Rotary solo nazionale, sganciato da collegamenti internazionali, ma molti Club italiani, considerata persa la partita, chiusero i battenti spontaneamente finché il Consiglio nazionale, il 14 novembre del 1938, decretò in Roma, per il 31 dicembre, l’autoscioglimento del Rotary italiano. A Brescia si rispettò ovviamente la decisione, ringraziando le molte persoLa firma di Emilio Franchi, come segretario nalità che avevano onorato il Club e ricordando le molte cose in carica per 23 anni, al piede dei suoi buone fatte. Citiamo qui solo l’aiuto economico e il sostegno innumerevoli notiziari del Club Brescia morale, intriso di stima, per il poeta dialettale Angelo Canossi e per un giovanissimo pianista promettente: Arturo Benedetti Michelangeli. Nello stesso anno moriva anche Gabriele d’Annunzio, quasi come segno del chiudersi comune di una storia che era iniziata proprio sotto lo scintillante patrocinio dell’Immaginifico. Non pare che sia corretto associare la fine del Rotary italiano alle leggi razziali, a causa della coincidenza cronologica, nello stesso 1938.

Da qualche parte si sono volute associare le leggi razziali a un’ulteriore componente antimassonica, per presunte coincidenze fra ebraismo e Massoneria. Sulla base di quella opinabilissima lettura dei

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fatti ne sarebbe stato conseguenza, a cascata, l’azzeramento del Rotary. Si dovrebbe ipotizzare un’equazione alquanto azzardata: Potere bancario-Ebrei-Massoneria-Rotary. Tuttavia proprio un rotariano bresciano, l’avvocato Stefano Minelli, nell’opuscolo celebrativo dei 70 anni dalla fondazione del Brescia, del quale era Past president, scriveva che “si giunse a un periodo di non pace e non guerra con il regime che ebbe termine con lo scioglimento del Rotary alla fine dell’anno rotariano 1938 deliberato in seguito alla proclamazione delle leggi razziali”. È un’ipotesi molto forzata e non rispondente all’andamento effettivo dei fatti.

La campana e lo stendardo del Club Brescia furono nascosti e custoditi da Emilio Franchi, in attesa di tempi migliori, che diversi soci vollero anche prefigurare, continuando ad incontrarsi in piccole conviviali, quasi clandestine. Narrazioni familiari parlano addirittura di un sotterramento della Una reliquia dell’ultimo atto del Rotary Brescia, vissuto con campana del Club, per una sua più sicura commozione da tutti i soci e dai familiari presenti: il cartoncino con il menù dell’ultima conviviale, del 1938 preservazione. Effettivamente quella piccola campana americana porta oggi una vistosa ammaccatura, che sarebbe compatibile con una collocazione aspra come il sottoterra. Una delle ultime decisioni prese a Milano, proprio come segno di affetto nel commiato, fu quella di darsi, fra i soci, del tu: un modo che ancora oggi caratterizza la vita rotariana in Italia. Il 21 dicembre del 1938, essendo presidente Guido Ruffini, si tenne in Brescia l’ultima conviviale, in un clima di commozione per l’addio che si stava verificando fra tante personalità, incluse le mogli dei soci, che, per undici anni, avevano vissuto una singolare ed esaltante avventura. Al fondatore Emilio Franchi fu donato, per riconoscenza, il bozzetto in bronzo della celebre scultura La maternità, del bresciano Claudio Botta. Un ringraziamento particolare fu rivolto a quella che pare fosse stata l’unica segretaria del Club, definita “la indimenticabile e cara signorina Bosetti”. A lussuosa consolazione, dopo la conviviale i rotariani poterono godere di un concerto pianistico di quell’Arturo Benedetti Michelangeli che essi avevano anche economicamente aiutato, nella fase della sua crescita scolastica e professionale. Quando il Rotary italiano si sciolse esistevano nel mondo 4.280 Club con 184.000 soci, distribuiti in 74 Paesi.

In Brescia incontri più o meno segreti e fra pochi amici rotariani continuarono anche durante la guerra, in quello che fu chiamato il Rotarino. Ne fu immancabilmente promotore Emilio Franchi, coadiuvato da Astorre Copetta. Si scrisse che i maggiori promotori della rinascita del Rotary in Italia, dopo la guerra, furono il Governatore dell’Amministrazione militare alleata di Brescia, il colonnello americano Robinson, e il segretario storico, nonché fondatore del Club di Milano, avvocato Achille Bossi. Già nel 1944 alcuni Club rotariani riaprirono informalmente nel Sud d’Italia, nelle terre già occupate dagli Alleati. Il Rotary Club di Messina fu il primo a riaprirsi, informalmente, nel 1944, e poi, seguendo i progressi di liberazione da parte delle truppe americane, si ebbero le timide riaperture di Palermo e Catania, di Napoli e Firenze, anch’esse nel 1944, di Torino nel 1945 e di Milano nel 1946.

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Una conviviale, con grandi tavolate, del Club Brescia, presso l’Hotel Vittoria, negli anni Cinquanta

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Il Rotary rinasce DOPO LA GUERRA

I

n quell’anno si iniziò a vagheggiare una rinascita del Rotary italiano, che però si ebbe, dopo un convegno nazionale, nel settembre del 1946. Fu solo decisa la rifondazione legale del Club milanese, il 12 novembre del 1946, e solo nel 1947 si ebbe l’insediamento del primo Governatore dell’unico Distretto italiano, il numero 46, per l’anno 1946-1947. Fu la prima ricostituzione rotariana ufficiale in Italia. Molto cauto fu l’avvio sotto il profilo economico: “Sarebbe un pericolo se il Rotary si presentasse nella vita nazionale come un club di ricchi. Esso deve rappresentare l’élite del paese nel senso intellettuale, della cultura, del carattere, dei valori spirituali, piuttosto che nel senso della ricchezza”. Per ridurre le spese le riunioni conviviali furono ridotte a due al mese, anziché quattro, e per la quantificazione delle quote di iscrizione e del prezzo dei pasti fu condotta un’indagine sul rapporto che esisteva in quei mesi fra redEmilio Franchi, nonostante gli impegni del Dopoguerra diti e costo della vita. Il Rotary bresciano ri- (qui un’inaugurazione come presidente della Camera di prese vita con una prima cena informale il 18 commercio, a fianco del sindaco Bruno Boni) continuò la sua dicembre del 1946, ma l’avvio ufficiale si ebbe attività intensa all’interno del Rotary con l’annata 1947-1948, che vide come primo presidente nel Dopoguerra il notaio Ottorino Navoni, padre della futura moglie, Teresa, del socio del nascituro Club Brescia Nord, Marco Franchi. Fu richiamata, per dare un ulteriore segno di continuità, la stimata segretaria Maria Bosetti, che, alla sua morte, nel 1969, fu definita, con sincero compianto, come “indimenticabile, intelligente, attiva e insostituibile collaboratrice per tanti decenni”. Ormai si era fatto strada il criterio delle presidenze annuali, ma sino al 1994 si proseguì, nel Club Brescia, con la tradizione d’anteguerra delle presidenze biennali. Una delle prime assegnate, finalmente, fu a Emilio Franchi, che, dopo 23 anni da segretario, tenne la carica presidenziale dal 1950 al 1952. La sua vita professionale evolvette con molti impegni e iniziative, fra l’altro come imprenditore nelle ditte di famiglia e come presidente della Camera di commercio, dal 1959 al 1968, contribuendo alla creazione di opere fondamentali, come la nuova sede di via Einaudi e l’autostrada Brescia-Cremona-Piacenza. Ricordiamo, a latere, che quattro presidenti della Camera di commercio di Brescia furono rotariani: Giovanni Gorio, Emilio Franchi, Giulio Bruno Togni e Francesco (Franco) Bettoni. Frattanto da Milano giungeva una prima esperienza, alla fine del 1955, consistente nella nascita, all’interno di un capoluogo importante, di un secondo Rotary Club,

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Un intervento oratorio del sindaco di Brescia Bruno Boni, relativamente giovane, durante una conviviale del Rotary Club Brescia

che indusse il Club originario a ridefinire il suo nome in Milano Centro. I nuovi Club milanesi, tutti contraddistinti dalle denominazione con la parola Milano seguita da un punto cardinale, alludente al territorio di competenza, giunsero, entro il 1971, al numero di sei, oltre l’originario. Mentre nel 1955 l’unico Distretto in L’elenco e le firme dei primi soci fondatori del Club di Salò Italia veniva diviso in quattro Distretti, lo stimolo proliferativo milanese ebbe il suo effetto anche su Brescia, dove, nel 1957, sorse l’idea di un primo, nuovo, Rotary Club, però nella provincia. La distanza del nuovo Club dal Club Brescia era essenziale, perché ancora nessuno voleva interferire con il territorio del capostipite. Tuttavia era visto anche con piacere il diffondersi dello spirito e dell’organizzazione rotariana nella provincia, per amore del proselitismo e per i vantaggi di ricaduta sui territori più predisposti. Tra questi emerse, per una serie di circostanze che non è possibile chiarire per mancanza di documentazione, il territorio che fa capo a Salò, sulla costa del Lago di Garda. Si narra che la sollecitazione alla fondazione di un Club in quella porzione della provincia bresciana fosse, ancora una volta, di Emilio Franchi. La sua vocazione generativa si associava, come è stato con levità scritto, alla caratteristica del presidente del padre Club Brescia, il professore ostetrico Gaetano Dossena, che, ispirandosi alla sua professione, parlò della nascita del primo Club oltre il fondatore come di una partenogenesi, alludendo a una riproduzione asessuata e quindi tutta interna al ventre di un unico genitore e con un figlio dato alla luce senza le turbe del parto. Insomma, il Club Brescia vide di buon occhio la nascita del figlioccio di Salò e di esso fu Club padrino. Certamente Salò si trovava allo sbocco della Valsabbia, animata da una buona industrializzazione e Il vecchio gagliardetto del Rotary viveva dell’economia della Valtenesi e del lago, con i collegamenti profiClub di Salò e del Garda bresciano, cui con Desenzano e anche con la costa veronese. Il territorio assegnato primo club a sorgere nella provincia bresciana dopo la fondazione del al nuovo Club ricalcava, grosso modo, con orgoglio, il perimetro della capostipite cittadino

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gloriosa e antica Magnifica Patria, la terra della Repubblica Veneta dotata di speciali autonomie.

Però ne superava il confine occidentale, oltre il fiume Chiese e giungendo a lambire la Valtrompia.

Nel marzo del 1957 si raccolse il gruppo dei primi promotori del Club, con la partecipazione di un rappresentante del Club Brescia, l’ingegnere Federico Calzone, che, benché rotariano del Brescia, ma con rapporti valsabbini, essendo il direttore generale del Lanificio di Gavardo, fu anche il primo presidente del Club. Si trattava di dieci personalità, che si incontrarono nell’albergo Lepanto per dare forma al “Rotary Club del Garda Bresciano”. Fra essi era il senatore Francesco Zane, proprietario della ditta Cedrinca, che produceva caramelle, diversi medici, un albergatore, un notaio, vari liberi professionisti e il soprintendente al Vittoriale. Fra i nomi non risulta quello di Arnaldo Avanzini, che pure affermò di essere stato uno dei fondatori del Club di Salò. Il suo nome però appare fra i primi 23 soci ad essere elencati nell’annuario del Rotary in cui il Club di Salò comparve per la prima volta: nell’anno 19571958. Un piccolo inciso: il nome Arnaldo, ad esempio dell’Avanzini, era un nome culto per i massoni bresciani. La denominazione iniziale del Club, che ha come data ufficiale di fondazione il 17 marzo 1957, fu “Rotary Club di Salò – 184° Distretto”. La denominazione scritta sul certificato di riconoscimento di Evanston fu “Rotary Club Salò del Garda Bresciano”, divenuta poi, nel 1985, Rotary Club di Salò e Desenzano del Garda. Anche in quel Club, fino al 1976, il mandato presidenziale fu biennale e, in quella fase, Arnaldo Avanzini A sinistra, con giacca scura, uno dei maggiori protagonisti della non compare nell’elenco dei presidenti. diffusione del Rotary nella provincia bresciana, fra cui il Brescia Il dato poté avere qualche influenza sulla Nord: un giovane Arnaldo Avanzini negli anni Cinquanta nascita del Club Brescia Nord del quale l’Avanzini fu uno dei fondatori.

Il pensiero di Emilio Franchi, alla soglia del suo impegnativo ruolo di presidente della Camera di commercio, non desisteva da quella che egli probabilmente riteneva la sua vocazione: promuovere un Club Rotary. Dopo aver concepito il primo Club bresciano e dopo aver promosso il Club sulla costa del Lago di Garda, volse la sua attenzione alla costa del Lago d’Iseo e alla sovrastante Valcamonica. Come si nota, si trattava di territori ben lontani dal capoluogo dove imperava il monarca Club Brescia. I Club feudatari erano ai confini della provincia e anche la Valcamonica aveva goduto di una notevole autonomia rispetto alla Repubblica di Venezia. Inoltre, durante la dominazione austriaca, nella prima metà dell’Ottocento, la Valcamonica non appartenne nemmeno più alla provincia di Brescia bensì a quella di Bergamo. Tuttavia il Franchi aveva anche un motivo in più per focalizzare il suo spirito generatore su quel territorio ed erano le aziende che lì la sua famiglia aveva impiantato a Marone, parte di una costellazione produttiva che Emilio Franchi ben conosceva.

Inoltre il territorio del ventilato nuovo Club avrebbe dovuto prevedere un’eccezione, aggregandosi anche una porzione della provincia di Bergamo, sia pure molto ristretta, che però comprendeva Lovere, il grosso centro che si trova nella porzione nord-occidentale del lago. Lì la vecchia azienda di famiglia aveva uno stabilimento, quando la società ebbe nome Franchi-Gregorini. Di fatto il principale fondatore del nuovo Club, Giuseppe Tassara, l’industriale erede della famiglia titolare dell’azienda siderurgica di Darfo, fu investito da Emilio Franchi, come egli scrisse: “Toccò a me, socio del Rotary di Brescia dal 1954, di realizzare l’iniziativa dell’ing. Emilio Franchi, che mi propose di

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fondare un nuovo “Club delle Valli” che comprendesse, oltre la val Camonica, anche territori della val Seriana e della val Cavallina, interessando i Club di Brescia e Bergamo per la concessione di parte del loro territorio Il gagliardetto del Club dal lago d’Iseo fino al Tonale. Tutto Lovere Iseo Breno all’epoca ciò per valorizzare la nostra presenza della sua fondazione in quelle zone decentrate, esaltandone le qualità operative, estendendo il servizio rotariano tra quelle meritevoli e laboriose popolazioni che tante caratteristiche avevano in comune”.

Come si vede, il territorio del Rotary di Bergamo includeva ancora la Valcamonica, residuo della citata appartenenza di cent’anni prima. Fra i 26 soci fondatori del Club, che prese il nome di Lovere-Iseo-Breno (184°), Distretto che comprendeva Lombardia, Piemonte e Liguria, era anche uno dei figli dell’ingegner Emilio, Marco Franchi, titolare della Feltri Marone. Nel 1964 entrò nel Club anche un altro figlio di Emilio Franchi, Raul. Quindi, nell’estate del 1958 prendeva vita il terzo Club Rotary della provincia di Brescia. Si anticipa che da quel Club sarebbero scaturiti ben due Governatori del Distretto di appartenenza del Bresciano, Giorgio Valgimigli (1979-1980) e Mario Canonica, nell’anno 1990-1991. La prima riunione del Club iseano, con i 26 soci iniziali, si svolse il 27 marzo 1958 presso un ristorante di Costa Volpino. Nel giugno dello stesso anno giungeva la certificazione di accoglimento nel Rotary International. I soci erano divenuti 54 nel 1996-1997 e oggi, compresi i soci onorari, sono 72. Il fermento associativo di quegli anni include anche la nascita, nel 1956, del primo Lions Club nel bre- Lo stendardo del Club Lion Brescia Host, sciano, che prese il nome di il primo a sorgere nel Bresciano, che ebbe Lions Club Brescia Host, dove rapporti cordiali con il Rotary host significa ospite. Solo nel 2013 vi furono accolte le prime signore. Si vedrà, in seguito, che in alcuni momenti di vita del Brescia Nord, vi furono ottimi rapporti fra Rotary e Lions Club.

Frattanto sull’orizzonte internazionale, nel 1959, in Australia in occasione delle feste del centenario di costituzione del Queensland, i rotariani presenti, per compiacere la cugina Alessandra della regina Elisabetta II, che aveva 20 anni, organizzarono intrattenimenti e giochi per un gruppo di 300 ragazzi e ragazze, di età fra i 17 e i 23 anni, che coinvolgessero e facessero divertire la principessa. L’iniziativa parve così ben riuscita che i rotariani australiani pensarono di rendere stabile la festa per i ragazzi e, infatti, il Governatore del loro Distretto 260 istituì la manifeL’attuale gagliardetto del Club stazione nel maggio del 1960 e la chiamò Ryla, acronimo per Lovere Iseo Breno 40

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Manifestazione precoce di ragazzi del Rotaract di Bangalore, in India

Rotary Youth Leadership Awards, che, come dice il nome, era soprattutto mirata a svolgere corsi di giochi e istruzione volti a rafforzare e premiare le potenzialità di leadership nei giovani. Già negli anni Venti, anche nel neonato Club di Milano, esistevano formule di coinvolgimento e attività per i figli dei rotariani, ma non era mai esistita un’istituzionalizzazione della formula. Si sa che oggi i Ryla sono soggiorni di educazione, che durano dai 3 ai 10 giorni, per giovani dai 14 ai 30 anni.

Negli stessi anni prendeva il via anche un’altra organizzazione rotariana rivolta ai giovani, con le caratteristiche di un vero e proprio Club, patrocinato e supportato da un normale Club di persone adulte. Il primo sbocciare si ebbe a Melbourne, in Florida, negli Stati Uniti, dove, nel novembre del 1962, fu fondato il primo Interact Club. Il nome era una sintesi fra international e action e si proponeva di coinvolgere i ragazzi dai 12 ai 18 anni, in azioni educative e filantropiche. Il primo Interact Club fuori dagli USA nacque in India nel 1963. L’apertura alle ragazze avvenne nel 1968.

Il clima della contestazione giovanile indusse anche l’introduzione in Lombardia del Rotaract nel 1968. Era nato nello stesso anno negli USA, nella Carolina del Nord. Il Rotaract da tempo è oggi aperto a persone che abbiano oltre 18 anni d’età, senza più la restrizione precedente, che fissava un tetto ai 30 anni, con un’iscrizione non esclusivamente riservata ai figli dei rotariani, che si è quasi sempre attestata solo a circa il 50%. Oggi è una vera e propria formazione paritaria rispetto ai Club Rotary, che ne sono sempre stati, comunque, i padrini e i tutori. Il nome, in questo caso, deriva da una sintesi delle parole Rotary e action. I Club Rotaract hanno una loro organizzazione interna, gerarchica e autogestita, con formali riferimenti a organismi distrettuali e con un Rappresentante distrettuale. Hanno le medesime finalità dei normali Club rotariani. Va anche ricordato che in quegli anni, nel 1967, l’International Inner Whell si costituì giuridicamente, affermando formalmente la propria organizzazione, tutta affine al Rotary, con Club, presidenti, Distretti e Governatrici.

Il nome significa ruota interna, concetto che è bene evidenziato nel logo nel quale si vede, all’interno dell’ingranaggio Rotary, una seconda, più Certificato del Rotary Internationl riguardante la fondazione piccola ruota dentata, concentrica. del Rotaract Brescia

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Nonostante questa esplicita connessione l’Inner Wheel non rientra nell’organigramma ufficiale del Rotary, anche per il diverso criterio di reclutamento delle socie, che pure ha da tempo superato il requisito di essere mogli di rotariani. Si trattava di un’ennesima formazione associativa a fini di servizio, nata nel 1924 a Manchester in Gran Bretagna, ad opera di Margarette Golding. Il suo nome iniziale in Gran Bretagna e Irlanda era Club Inner Wheel poi divenuto International Inner Wheel.

Nel 1934 fu fondata l’Associazione dei Club Inner Wheel in Gran Bretagna e Irlanda e nel 1947 l’associazione si diffuse oltre il Regno Unito.

A sua volta l’idea di associare le mogli dei rotariani alla vita del Rotary risaliva a un curioso episodio del lontano 1914. In quell’anno si svolse a Houston, nel Texas, un congresso rotariano. Il gruppo dei soci che partivano da San Francisco era accompagnato dalla moglie di Ritratto di Margarette Golding uno di loro: Ann Brunnier, che ai convenuti venne presentata come l’ideatrice dell’ Inner Wheel “Ann dei rotariani”. Per una seconda e simile occasione un rotariano compose una canzone intitolata “Rotary Ann”. Quando i soci si riunirono a Houston, un’altra Ann, Ann Gundaker, moglie di un socio di Filadelfia, si ritrovò nel gruppo. La canzone fu intonata e i soci si misero in una sorta di allegro trenino, con le due giovani Ann sulle spalle, girando in tondo lungo il perimetro della sala. Poiché i mariti delle due Ann divennero presidenti del Rotary International ciascuna delle due signore fu definita “first lady of Rotary International”. Con il passare degli anni e l’evoluzione, anche professionale, delle signore, alle mogli dei rotariani venne in fastidio essere chiamate Rotary Ann. Una successiva denominazione fu “Rotary spouses” oppure “partner”. L’Inner Wheel era ben altra cosa, ma vi fu chi collegò i due eventi.

L’uno gennaio 1969 fu inoltre fondato in Brescia il Rotaract legato al padrino Rotary Brescia, presidente Enrico Silvioli, per iniziativa di Ugo dal Pozzolo. Il primo presidente fu Giacomo Passerini Glazel, in un gruppo di 15 soci. Il presidente del Rotary Brescia, al momento della nascita del Rotaract, Enrico Silvioli, ebbe a ricordare: “La riunione di avvio avvenne proprio a casa mia fra pochi interessati e sotto la mia presidenza di Rotary si procedette conseguentemente alla realizzazione, non da tutti allora condivisa. Invece l’evoluzione dei comportamenti e delle ispirazioni confermò poi le previsioni più ottimistiche”. Si Copertina dell’opuscolo sul 45° anniversario pubblicano, nella pagina precedente, la Carta di fondaziodel Rotaract Club Brescia edito a ne del Club e, a fronte, l’elenco dei presidenti dal 1969 al celebrazione della propria fondazione 2021-2022.

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Passerini Pecorelli Ottelli Cadeo Brunelli Dal Pozzolo Ragazzoni Bonandi Nulli Faroni Soardi Paolucci Battaglini Nordio Brichetti Silvioli Nordio Minini Caprioli Fasani Alfonsi Nordio Trebeschi Luzzago Bossini Vassalli Montini Conti Franchi Aglietta Pontoglio Schizzerotto Milesi Pontoglio Bina Jannon Barcella Cittadini Astori Piccinelli Magnocavallo Piccoli Balabio Donati Capra Sozzi Roscini Vitali Wührer di Martino Bastiani De Iorio Frisari Giotto

Giacomo Sergio Giovanni Pietro Anna Alessandro Luigi Leonardo Giovanni Elena Alberto Angelica Ettore Chiara Giovanni Luisa Paola Sergio Luca Giuseppe Maria Alberto Lorenzo Lucia Giorgio Giulio Alessandra Federico Matteo Livia Maria Teresa Lodovico Marco Ludovica Paola Riccardo Achille Stefania Gianluca Rachele Maddalena Luca Beatrice Enrico Francesco Valeria Filippo Giorgio

1969 1970 1972 1973 1975 1977 1978 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2016 2017 2018 2019 2020 2021

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L’elenco dei presidenti del Rotaract Brescia, dal 1969 al 2022

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Il collare del Club Brescia Nord con le targhette recanti i nomi dei presidenti succedutisi nei cinquant’anni della sua vita

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La nascita del ROTARY CLUB BRESCIA NORD e della VAL TROMPIA

I

l Rotary Club Brescia Nord stava per nascere, figlio di tutte le radici che qui sono state illustrate e quindi impregnato dei valori, delle tradizioni, delle regole e dei comportamenti che si erano consolidati nei decenni precedenti. Nel territorio bresciano del Dopoguerra, come accennato, continuava ad esistere un solo Club, il Rotary Club Brescia, interno al 184° Distretto. La rinascita della realtà del Rotary in Italia derivava dal rilancio politico, sociale ed economico che il Paese visse dopo lo sconcerto dei primi anni successivi alla fine della guerra. Già nel 1948, tuttavia, i segni di un levarsi dell’Italia dalla prostrazione iniziarono a manifestarsi, certamente in conseguenza della tenacia nell’orgogliosa rivalsa degli Italiani, ma anche grazie agli ingenti aiuti economici degli Stati Uniti, noti comunemente come derivanti dal Piano Marshall, che durarono dal 1947 al 1951: per la sola Italia 1.204 miliardi di dollari dell’epoca. Si trattava di 752.500 miliardi di lire di allora, cioè di circa 14.071 miliardi di euro attuali. Con i primi anni Cinquanta ci si avviava verso quel grandioso fenomeno che fu chiaManifesto del Piano Marshall, grande promotore della mato Boom economico, nel quale, ovviamente, la rinascita italiana dopo la guerra e anche delle nuove borghesia risollevò la testa sul piano del coraggio, aggregazioni borghesi come il Rotary Brescia Nord dell’intraprendenza e dell’efficienza. Non poteva che risentirne positivamente l’associazione principe dell’élite borghese: il Rotary. Oltretutto veniva dall’America ancora un messaggio tipicamente promotore e propositivo, in assoluta linea con i medesimi concetti che erano stati alla base della nascita del Rotary nel 1905: l’impegnarsi collettivamente in un coro internazionale per il progresso generale. Il manifesto murale del Piano Marshall, che fu esposto nelle vie, mostrava infatti la grande ruota di un’elica, montata sulla sommità di un traliccio, come emblema di un motore eolico fonte di energia e di lavoro, le cui pale erano costituite dalle bandiere di tutti gli stati europei che erano beneficiari del colossale aiuto. La scritta sottostante diceva: “Whatever the weather we only reach welfare together”, con qualunque tempo possiamo raggiungere il benessere solo se stiamo insieme. La ruota era a vento e non un ingranaggio, ma il senso della sinergia collettiva era lo stesso del Rotary, così come lo slogan internazionalista che assimilava il bene personale al bene di tutti, in un reciproco scambio e incitamento. Sul retro della grande

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elica, perpendicolare, sventolava la bandiera a stelle e strisce, quasi impersonasse essa stessa, come in effetti era, il vento animatore. Le bandiere europee e l’incitamento alla fratellanza erano antesignani dell’Unione Europea, mentre l’unione con la bandiera americana, perno alle spalle, prefigurava il Patto Atlantico (Nato) del 1949. Si può quindi capire come la crescita del numero dei Club rotariani in Italia abbia subito un forte incremento tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Al giugno del 1957 i Club fondati in Italia dalla fine della guerra (1945) risultavano essere 93 e di questi 68 rientravano negli anni 1950-1957. Molti nuovi Club erano sorti anche al Sud e nel Centro Italia, ma anche nella culla del Rotary, la Lombardia. Dove già esistevano i più vecchi Club si era assistito alla nascita di nuovi nuclei, come a Crema, Lecco, Lodi, Monza, Pavia, Rho, Vigevano e Voghera. La questione della ripresa e degli aiuti economici internazionali era sentita all’inBortolo Rampinelli, presidente del Rotary terno del Rotary bresciano. Il 3 novembre del 1948 l’onorevole Brescia, che si oppose alla creazione dei nuovi avvocato Ludovico Montini tenne una relazione dal titolo “La club Rotary al di fuori del Club originario politica degli aiuti internazionali” nella quale spiccava l’United cittadino Nations Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), che in Italia, dal 1946, distribuiva aiuti per la distribuzione di capi d’abbigliamento in lana e cotone, nonché per la costruzione di case (Unrra-Casas) per i senzatetto. L’informatissima conferenza citava anche aiuti dell’Ausa (Alleati degli USA), della Frea, di cui si è persa memoria.

Nel settembre del 1948, essendo emerso il tema dell’incremento del numero dei Club anche nel Bresciano, su sollecitazione distrettuale e internazionale, il presidente, avvocato Bortolo Rampinelli risolutamente “manifestava il proprio parere sulla inopportunità di creare, almeno per il momento, dei Club in provincia in quanto non vi sono centri grandi sufficientemente per avere almeno un minimo di soci”. Tuttavia il concetto di un Club Rotary imperniato su una singola città stava per essere eroso. Ad esempio, si era verificato, nel 1954, il caso della nascita del Club di Vigevano, che, in forma completa, si definiva Club di Vigevano e Mortara. I due centri si trovano a poca distanza l’uno dall’altro. Inoltre il balzo economico italiano aveva portato il numero dei Club dai 29 del 1948 ai 79 del 1952, con soci cresciuti da 1406 a 3972.

Si è accennato che nella fondazione del Club salodiano, esteso dalla costa del Garda sino alla valle del Chiese e, a sud, sino a Desenzano, ebbe parte rilevante l‘azione personale di Arnaldo Avanzini, membro di una nota e antica famiglia, con radici in Gargnano. Della famiglia Avanzini si ricorda l’abate Giuseppe nato a metà del XVIII secolo, studioso di matematica e fisica, in particolare riferita alla dinamica dei fluidi e con anticipazioni sull’aerodinamica. Più noto fu l’avvocato Massimo Avanzini, docente universitario, zanardelliano, nato nel 1886, che fu protagonista della vita giornalistica della “Provincia di Brescia”, il quotidiano liberal-progressista contrapposto al giornale dei liberali moderati, “La Sentinella Bresciana” e dei cattolici, “Il Cittadino di Brescia”. Anche la sede della “Provincia Bresciana”, nel Palazzo Negroboni-Bevilacqua, sulla Piazza Paolo VI di Brescia, suggeriva modelli e conseguenze, essendo stata sede del Arnaldo Avanzini all’epoca della citato Club liberale zanardelliano, ottocentesco, nonché sede della fondazione del Brescia Nord

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La conviviale prenatalizia del Club Brescia nel 1967, pochi anni prima della nascita del Brescia Nord, che gli sottrasse un prezioso territorio di competenza

banca laica Credito Agrario Bresciano. L’Avanzini entrò in conflitto con il fascismo e fece infine parte del Comitato di liberazione nazionale bresciano. La famiglia ebbe varie occasioni di impegnarsi nella vita sociale gardesana. Un Giacomo fu sindaco di Gargnano fra gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, nonché presidente della Società Lago di Garda, sorta per la difesa della coltura e della commercializzazioni dei limoni del Benaco, e un Agostino fu fondatore della società di mutuo soccorso gargnanese nel 1883. Figlio di Massimo fu Arnaldo, nato nel 1916, il cui nome confermava la posizione anticattolica del padre. Avvocato, anche Arnaldo Avanzini si inserì nel filone familiare dell’interesse per la vita pubblica, già nella fase del Cnl del 1945, e, come egli affermò in un suo scritto, si pose fra i protagonisti della nascita del nuovo Club rotariano in Salò, con altri 21 soci. L’attenzione per la vicenda di Arnaldo Avanzini è strettamente pertinente alla nascita del Club Brescia Nord, poiché egli fu uno dei tre promotori e fondatori del secondo Club cittadino, nonché del quarto nella provincia di Brescia. Ancora negli anni Ottanta sarebbe stato tra i fondatori di un terzo Club, il Brescia Ovest.

Un secondo elemento lega la gestazione del Club Brescia Nord all’ambiente gardesano ed è la presenza in Salò di un altro protagonista fondamentale. Il racconto della diretta testimonianza dà ogni garanzia di veridicità e si tratta di quanto scritto da Arnaldo Avanzini. In Brescia esisteva dal 1905 una gloriosa azienda privata, la Società Elettrica Bresciana, che guidò la via del progresso industriale e trasportistico bresciano nei decenni della grande crescita economica. L’energia elettrica fornita alla città di Brescia e a parte del territorio, nonché l’allestimento di numerose vie tranviarie di collegamento del capoluogo con centri provinciali, furono i vettori della formazione e dello

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sviluppo di una vocazione che già si era manifestata nella seconda metà dell’Ottocento, ma che, dopo la prima Guerra mondiale, quando la città raggiunse una popolazione di 100.000 abitanti, consolidò le fondamenta del carattere operativo e modernista per cui Brescia vanta tuttora la sua immagine nello scenario nazionale e internazionale. La sua vita si esaurì nel 1964 con l’assorbimento da parte della società Edison e con il successivo confluire in Enel. Proprio negli anni Sessanta giunse nella società elettrica in Brescia un alto dirigente, che sarebbe diventato direttore dell’Enel locale, l’ingegnere piemontese Riccardo Amisano.

Egli era un rotariano del Club di Alessandria e bene conosceva il conterraneo, professore e avvocato Luigi Baudoin, che, nell’anno rotariano 1970-1971, divenne anche Governatore del Distretto 184°, che allora comprendeva Brescia, ma anche un vastissimo territorio esteso da Aosta a Torino, da Genova a Mantova e Sondrio: Piemonte, Val d’Aosta, Liguria e Lombardia. Arnaldo Avanzini ebbe occasione di incontrare, a metà degli anni Sessanta, l’ingegner Amisano durante un congresso milanese e ricevette da questi la richiesta di poter essere introdotto in un club rotariano nel territorio in cui egli si stava trasferendo. A quell’epoca la società elettrica aveva uffici in Gavardo la cui collocazione consentiva Riccardo Amisano, il secondo fondatore all’Avanzini la possibilità di proporre ad Amisano l’iscrizione al giovane del Brescia Nord club di Salò, nel cui territorio di competenza rientrava Gavardo. Così avvenne e quindi sia Arnaldo Avanzini sia Riccardo Amisano furono soci nel club salodiano, situazione che si trasformò nell’amicizia di decenni e nella proficua complicità nell’azione rotariana verso obiettivi di rilievo.

Frattanto, come accennato, dopo la formazione del Club di Salò del 1957, un terzo Rotary Club fu fondato nella provincia di Brescia, nell’immediato successivo 1958: il Lovere-Iseo-Breno. Evidentemente il cerchione urbanocentrico del Club Brescia si era rotto, così come la presunzione che solo la città meritasse la presenza di un Rotary Club. Il territorio interessato dal Club sebino-camuno inglobava una parte della Franciacorta e questo fu il motivo per cui il futuro Club Brescia Nord avrebbe avuto uno stretto patto di alleanza con il Club camuno. I due gruppi, infatti, come meglio si preciserò oltre, dovettero spartirsi i rispettivi territori per la nascita del Club Brescia Ovest.

Fu nel 1968 che sorse l’idea più audace: insidiare il feudo del padre Rotary capostipite nella

Il principale ideatore del nuovo Brescia Nord, il ragionier Pietro Cimaschi, al centro, con accanto, alla sua sinistra, la moglie

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stessa Brescia. La data citata rivela tutta la complessità di quegli anni. Il decennio aveva esordito con l’impresa di Jurij Gagarin, il primo uomo a vedere la sfericità della Terra, ruotando a 300 chilometri di quota attorno al pianeta. Era l’impresa spaziale dell’umanità che avrebbe concluso il decennio, nel 1969, con il culmine astronautico dell’atterraggio sulla Luna. L’Italia meritò, dal 1959 al 1969 quattro Premi Nobel, grazie al poeta Salvatore Quasimodo, al fisico Emilio Segrè, al chimico Giulio Natta, straordinario inventore della plastica, e al medico Salvatore Luria. Il Boom del “miracolo economico” aveva portato l’Italia a risalire il baratro della guerra portandosi fra le nazioni ricche del pianeta, con un’industrializzazione in forte crescita, con forme molto più stabili rispetto al decennio precedente e con una ricaduta sulle grandissime infrastrutture, come la super autostrada Milano-Napoli, l’Autostrada del Sole, inaugurata nel 1964, che consolidava, con il traforo del Monte Bianco, del 1965, la sinergia con una motorizzazione di massa già inaugurata negli anni Cinquanta, con l’immissione sul mercato della Vespa, della Lambretta, della Fiat 600 e della Fiat 500. Una borghesia più matura prendeva nelle sue mani l’Italia, capace di tentare anche una rappacificazione con l’avversario politico, attraverso il primo governo di Centrosinistra, del 1963. L’Olimpiade di Roma del 1960 poneva alla ribalta mondiale il nostro Paese, che, su altro versante, metteva a punto, nel 1965, il primo personal computer in ambiente Olivetti. I forti contrasti politici nel mondo, pesantemente spaccato fra Comunismo e Liberalismo, diedero l’esito di una tumultuosa e sciagurata evoluzione: nel 1963 fu trucidato il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, mentre nel 1965 fu ucciso Malcom X e nel 1968 Martin Luther King, nello stesso anno dell’assassinio di Bob Kennedy. Ma morirono anche tragicamente il mito della sensuaVeduta dall’alto di una conviviale dei soci e degli ospiti del Club Brescia, all’ “Hotel Vittoria”

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Il principale ideatore del nuovo Brescia Nord, il ragionier Pietro Cimaschi, in piedi nell’immagine

lità cinematografica Marilyn Monroe, nel 1962, e l’idolo delle rivoluzioni marxiste Ernesto Che Guevara, nel 1967. Eventi enormi esaltavano il confronto delle idee, come la guerra nel Vietnam e il Concilio Vaticano II, che, protagonisti i Papi Giovanni XXIII e il bresciano Paolo VI, ribaltò la tradizione cattolica. E non mancarono crisi pericolosissime come quella cubana dei missili sovietici, del 1962, o come l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, nel 1968, con la soffocazione comunista della “Primavera di Praga”. Né si può tacere lo sconvolgimento provocato nella politica, nel costume, nella mentalità personale e delle famiglie, nei rapporti di lavoro e nelle categorie morali dal movimento internazionale, di sinistra, degli studenti, cosiddetto “del ’68”, cui si affiancò un ennesimo capitolo nero della storia del Comunismo, la drammatica e devastante “rivoluzione culturale” cinese. La borghesia era quindi particolarmente sollecitata e cresceva, anche a causa dei conflitti presenti, se non addirittura da essi eccitata, anche individualmente, con spinte di autovalorizzazione e di orgogliosa affermazione. Era un desiderio di progresso anche allegro, tanto che quelli furono ricordati come “i favolosi anni Sessanta”, modellati dai Beatles e dai grandi cantautori italiani, da De André a Gino Paoli, dal cinema leggero di Nino Manfredi, Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, dalla Dolce vita e 81/2 di Fellini. Si manifestava inoltre, e ciò toccava specialmente il Rotary, un’accelerazione della corsa al mito e all’emulazione della via americana al vivere, ancora una volta confermata dalla nomina di un ennesimo presidente massone degli Stati Uniti, Lyndon B. Johnson.

La borghesia italiana, e soprattutto il ceto imprenditoriale, dei professionisti, dei commercianti, dei dirigenti in aziende ed enti, privati o pubblici, oltre ad essere la protagonista dei successi, si sentiva però anche sotto tiro da parte di una saldatura pervasiva fra sessantottini, sinistra politica e sindacati, in sintonia con una certa cultura, intellettualistica, ideologica, minoritaria ma urlata.

Entrava incredibilmente nello scontro anche una montante opinione pubblica, nutrita dai mass media, egemonizzati dalla sinistra, che poneva in atto devastanti campagne ideologiche anticapitalistiche, capaci di incrinare le basi valoriali e persino psicologiche di una visione della vita che aveva costruito nel mondo la civiltà contemporanea. Un latente, ma anche esplicito, disprezzo antindustriale non trovò, per lungo tempo, neppure la capacità di reazione da parte degli operatori dei settori produttivi e dei grandi servizi, terziario compreso. Proprio in una relazione tenuta presso

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il Rotary di Brescia, nel 1970, da parte del socio, noto imprenditore della birra, erede di una rara azienda bresciana attiva dal 1829, Francesco Wührer, all’epoca anche presidente dell’Associazione Industriali Bresciani, si lamentava, al di là degli apprezzamenti ufficiali, per l’isolamento e le difficoltà dell’industria bresciana. “Nella mia vita di lavoro – scriveva – ho dovuto sperimentare troppe volte come nei riguardi dell’industria si sia agito con la stessa delicatezza che potrebbe avere un elefante fra vasi di coccio. È quasi un dato accettato che un complesso industriale, una volta lodato perché costruito ed avviato, sia un patrimonio consolidato da cui tutti attendono ma al quale poco o nulla si concede. Le decisioni che gli imprenditori bresciani devono prendere in continuità trovano oggi una situazione economica e di ambiente promettente e stimolatrice? Da molti elementi che ho avuto modo di sperimentare ho tratto l’impressione che parecchi ambienti e persone, che pure hanno responsabilità di vario genere, non si pongono neppure tali domande, nonostante l’importanza che esse hanno. Purtroppo il profitto nell’industria è considerato, almeno qui da noi, molto vicino ad un fatto antisociale, quasi si volessero ignorare le condizioni perché un’industria possa prosperare e svilupparsi”.

Anche l’ambiente Rotary, nicchia di quella stessa borghesia, risentì del clima tratteggiato, coltivando tentativi di aggregazione difensiva, che spiegava anche la sua fase di espansione. Né si trattava solo di un fenomeno spontaneo e nutrito “dal basso”. Anche la dirigenza rotariana lombarda, traendo da sollecitazioni nazionali e internazionali, spingeva molto per una moltiplicazione dei soci e anche dei Club. Proprio con riferimento a Brescia, già nel novembre del 1967, in una lettera del Governatore Giovanni Bettinelli al presidente del Club Brescia, l’ingegnere e politico Sam Quilleri, scriveva: “Per la possibilità di creare un club nella zona di Chiari, Palazzolo, Manerbio, ho scritto a Springolo dandogli incarico dei preliminari sondaggi, secondo i nostri accordi”. Era quindi nell’aria l’opportunità dell’espansione di club nella provincia di Brescia.

Da poche righe scritte da Arnaldo Avanzini sul tema, sembra che la scintilla iniziale sia scoccata proprio nel più esterno dei soci, Riccardo Amisano. Probabilmente il direttore Enel si sentiva emarginato dalla sede naturale del suo fulcro professionale, Brescia, e, contemporaneamente, vantava l’amicizia con il dirigente distrettuale, anche Governatore, il citato amico piemontese Luigi Baudoin. “Quella del Brescia Nord – si scrisse – fu una nascita un po’ sofferta perché non era gradito da una parte di soci anziani “conservatori” un secondo club della città”. La proposta di fondazione del nuovo Club andava infatti ad intaccare un gruppo sociale che si era abituato, con scrupolosa e rigida esclusività, ad essere l’aristocrazia della società bresciana e quindi solamente cittadina. Da 41 anni il Rotary Brescia era solidamente vissuto in una speciale torre d’avorio, fregiato delle onorificenze da padre fondatore. Non a caso, come ricordato, il primo presidente si fece riservare una La campana del Brescia Nord con il sala nell’ “Hotel Vittoria”, il più prestigioso della città, e sull’ar- suo martelletto in legno. È visibile la chitrave della porta, su una lastra di marmo verde, fece scolpire scritta anche di Val Trompia le parole “Rotary Brescia”. Sfortunatamente le testimonianze o i documenti sinora reperiti non danno una spiegazione completa dei motivi per cui sorse l’idea della fondazione di un secondo Club cittadino. Sembra tuttavia che l’iniziativa sia nata all’interno dei Club Rotary bresciani e non certo ad opera di individui esterni.

Nel Rotary Club Salò era anche il secondo protagonista dell’avventura per un nuovo Club, l’ingegnere Riccardo Amisano. Più complessa fu la situazione del terzo protagonista fondatore del nuovo club, il ragionier Pietro Cimaschi, direttore della filiale bresciana della Banca Commerciale

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Italiana, socio del Club Brescia, dove ebbe anche ruoli dirigenziali, culminati con la vicepresidenza proprio nell’anno rotariano 1970-1971. La conferma che la paternità del nuovo Club, che si sarebbe chiamato Brescia Nord, sia da attribuirsi alle tre persone citate è ampiamente certificata dai documenti, dalle testimonianze e dai riconoscimenti successivi, anche se talora vennero inopinatamente citati, come membri del gruppo promotore, alcuni altri nomi. È interessante riportare la rara testimonianza del principale fondatore del Club Brescia Nord, Pietro Cimaschi, da lui pronunciata in una conviviale del maggio 1981, decennale della nascita del Club: “Io appartengo al Rotary di Brescia dal 1962 e notai che alla vitalità dello stesso, specie negli anni seguenti, si osservava da una parte una staticità nel numero dei soci perché erano coperte tutte le categorie [in un Club ogni socio, e uno solo, doveva appartenere a una specifica categoria professionale] e dall’altra i Lions andavano moltiplicandosi. Specie dal 1967 in poi cresceva in Brescia e provincia il numero degli abitanti e aumentava il numero di coloro che avevano i meriti per venire a far parte del nostro sodalizio. In seno al Consiglio del Rotary gettai il sasso per creare nuovi Club e precisamente in provincia, a Chiari, Palazzolo e Orzinuovi, ma anche in città, a Porta Venezia e in via Milano, ma la proposta non venne presa in considerazione. Devo premettere che, prima del 1971, avevamo tre Rotary e cioè Salò e del Garda Bresciano, Lovere-Iseo-Breno e il Brescia. Il resto della provincia dipendeva territorialmente dal Rotary di Brescia. Ogni Rotary ha un proprio territorio nel quale è signore e nessuno vi può interferire. Gli stessi Governatori che si susseguono ogni anno possono raccomandare la fondazione di nuovi club, ma non possono imporli. Men che meno i soci di un Rotary possono pensare di crear un altro sodalizio dentro il territorio di un altro Rotary o un gruppo di amici può pensare di riunirsi col nome di Rotary in zona territorialmente già dipendente da un Rotary costituito. Nel Rotary di Salò vi era un gruppo di amici, che da tempo abitavano a Brescia, ma che non potevano trasferirsi al Rotary di Brescia perché ciò non era consentito e mi spiego: avrebbero dovuto dare le dimissioni e quindi far domanda di ammissione al Rotary di Brescia, il quale era arbitro di accogliere o meno le richieste.

L’Avv. Baudoin [Governatore distrettuale] in due incontri che ebbi con lui mi disse a più riprese: “Premi, perché s’ha da fare”. A conoscenza delle mie intenzioni l’Ing. Amisano e l’Avv. Avanzini mi spinsero a premere ulteriormente presso il Rotary di Brescia e si pensò alla zona nord della città, comprese la Valle Trompia e Lumezzane. Le battaglie, sempre educate, in seno al Consiglio del Rotary dove ero vice-Presidente, furono vivaci, ma battei il ferro e, specie con la costituzione di un secondo Club a Bergamo, premei ulteriormente finché si giunse alla decisione favorevole. A ciò fu Il primo guidoncino del Brescia Nord con la denominazione inclusiva determinante l’assenso deciso del compianto della Valtrompia e con i due stemmi. La figura della Vittoria Alata si Ing. Nino Folonari, al quale si affiancò quello mantenne sui guidoni

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dell’allora presidente, l’Avv. Averoldi. Scelta la città e non la provincia si accettò la proposta suindicata del nord. Lavoro cartografico intenso e discusso. Il Consiglio optava per il confine in via Oberdan. Io, sempre affiancato dall’Ing. Amisano e Avv. Avanzini, mi impuntai su via Leonardo da Vinci [molto più a sud] e infine la spuntai. Da questo punto si entrò nel vivo. Preparazione di una carta della zona di nostra competenza, elenco di Comuni, di imprese e dei nominativi che potevano essere presi in considerazione. Occorreva altresì l’elenco degli appartenenti ai Lions, che erano da escludere. Poi lo spoglio dei diversi nomi papabili, con le categorie assegnabili e i contatti con i prescelti La questione più spinosa era quella dei soci degli altri Rotary: Salò e Brescia, che si erano detti disposti a venire a costituire il nuovo.

Quindi contatti discreti con i relativi presidenti. Amisano, per le sue capacità e le cariche occupate negli altri Rotary, si occupò particolarmente dei contatti con gli uffici del Governatore e con Zurigo [città sede degli uffici Rotary centrali competenti per tutta l’Europa] per accelerare le pratiche. Si doveva avere l’adesione scritta dei soci provenienti dagli altri Rotary che peraltro erano autorizzati a ritornare a quelli d’origine se il nuovo non fosse loro risultato gradito. Io venni nominato “rappresentante speciale del Governatore” con obbligo di riferire per un anno intero sul procedere del nuovo Club. Ci fu poi la necessità di scegliere una sede, che fu, come noto, “Il Gentiluomo”, di preparare lo Statuto ed il regolamento e di addivenire alla scelta di un Consiglio e del Presidente, il che si fece con serenità: come noto il Rotary Centro di Brescia fu “padrino” ed iniziammo come “Rotary provvisorio” sotto il nome di “Rotary di Brescia Nord e della Val Trompia”. Il creatore del nostro Rotary è il Rotary di Brescia e la fatica del tutto venne assunta, sia pure in misure diverse, dal sottoscritto, dall’Ing. Amisano e dall’Avv. Avanzini che oggi ricordo come cari e validissimi miei collaboratori”.

Con riferimento alla possibile concorrenza dei Lions Club, si ricorda che, come accennato, il primo Club bresciano di quella associazione nacque nel 1956 e che nel 1970 già esistevano, nella provincia di Brescia, i Club di Desenzano, Valcamonica, Palazzolo S/O, Valtrompia, Valsabbia, oltre al capostipite Club cittadino, il Brescia Host. Il lavorio per la costituzione del Brescia Nord ebbe inizio già nel 1968 e certamente fu in gran parte affrontato dal ragionier Grande Ufficiale Pietro Cimaschi, al quale va quindi uno speciale riconoscimento in questa ricorrenza del cinquantesimo della fondazione del Club Brescia Nord.

L’insidia di erosione e frattura del Club principe di Brescia era anche appesantita dalla pratica, allora molto rigida, della perimetrazione territoriale di pertinenza, che rendeva eclatante, e anche un poco indisponente per Club dominante, la sottrazione di aree e di potere, quasi come per un trattato internazionale dopo un conflitto. Naturalmente, nelle esternazioni ufficiali prevalse sempre il fair play, come quello che ebbe a manifestare il nuovo Club, ringraziando il Club Brescia per aver ceduto una parte pregiata del proprio territorio. L’idea consistette infatti subito nell’insediamento nella porzione settentrionale della stessa città di Brescia, e quindi con l’appropriazione di una parte del cuore del Club tradizionale, consistente in aree alquanto sensibili, con un’espansione di competenza anche a molti comuni della Valtrompia, che, in sostanza, era rotarianamente scoperta.

La considerazione non è comprensibile se non è nota la regola, allora molto strettamente osservata, contrariamente a quanto avviene oggi, secondo cui una persona poteva essere accolta in un Rotary Club solo se la sua residenza o il suo luogo di prevalente attività professionale, ricadeva nel territorio di competenza del Club. La proposta del nuovo Club andava ad appropriarsi, nella città, dell’area dell’ospedale, entro il quale era fitto il vivaio di potenziali soci, costituito dai medici, nonché del territorio di più forte industrializzazione, che correva dai quartieri dell’OM e della S. Eustacchio, per giungere sino alle aziende siderurgiche, meccaniche e armiere della Valtrompia, fino a Gardone e alla Val Gobbia, Lumezzane compresa. Anche quei territori potevano consentire l’agevole selezione di personalità ad alta quotazione sociale e professionale. I confini urbani fra i due Club, come evocava Pietro Cimaschi, furono meticolosamente precisati, strada per strada. Nella parte settentrionale della città si partiva ad occidente, lungo via Vallecamonica, per fiancheggiare poi il fiume Mella e la parallela via Tangenziale ovest sino all’incrocio con via Milano. Il confine

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Alcune personalità del Club Brescia negli anni in cui prese forma il Brescia Nord: il presidente, dal 1966 al 1968, Sam Quilleri, in piedi a sinistra, e il segretario Leonardo Mazzoldi, in primo piano, al microfono

proseguiva quindi verso est percorrendo via Volturno, via Leonardo da Vinci, via Pusterla, per giungere alle falde orientali dei Ronchi, lungo via S. Gaetanino. Al territorio di competenza erano inoltre saldati numerosi comuni extraurbani, risalenti lungo la Valtrompia: Gussago, Cellatica, Bovezzo, Collebeato, Concesio, Nave, Caino, Villa Carcina, Sarezzo, Irma, Lodrino, Lumezzane, Marcheno, Marmentino, Pezzaze, Tavernole, Bovegno, Brione, Collio e Gardone Valtrompia. Il nome del nuovo Club era quindi focalizzato e concretizzato topograficamente.

Le direttive per la nuova formazione di “Clubs supplementaires dans les limites municipales d’une grande ville”, secondo la lingua francese, allora ben più praticata dell’inglese, giungevano dal Rotary International di Kreuzstrasse di Zurigo, nell’ottobre del 1968. La direttiva affermava che, in certe condizioni, uno o più Club “supplementari” potevano essere creati nello stesso territorio comunale dove esisteva un unico Club, a patto che quest’ultimo concedesse autorizzazione e parte del territorio di sua competenza, con la clausola che il Club padrino potesse comunque attingere nuovi soci nel territorio un tempo suo. La lettera opinava che fosse opportuno che l’unico Club esistente in una città favorisse la nascita di nuovi club al suo interno.

Ormai diverse città dell’Italia Settentrionale avevano intrapreso simili filiazioni del solitario Club iniziale, che era stato battezzato con lo stesso nome del capoluogo o con l’aggiunta della parola Centro. Esistevano ormai un Torino Sud e un Torino Nord, un Torino Ovest e un Torino Est, un Milano Ovest, un Milano Est, un Milano Nord, un Milano Sud e anche un Milano Sud-Ovest e un Milano Centro, un Genova Centro e Particolare della campana originaria un Genova Est e persino Monza aveva un Monza Est. del Brescia Nord, con evidente il nome La denominazione del nuovo Club bresciano fu quindi Brescia del fonditore e della sua città toscana

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Nord, ma con un’aggiunta, che probabilmente tendeva a togliere, per rispetto, la presunzione di un nome che ostentasse una sorta di conquista di parte della città. Invece si sommò la denominazione Valtrompia, che diluiva l’ingerenza irrispettosa in una sorta di periferia campagnola, che rientrava già nell’esperienza bresciana, dove i Club esistenti si limitavano ad occupare territori provinciali rispetto al capoluogo e anche molto distanti da esso. Il nome fu quindi Rotary Club Brescia Nord e della Val Trompia. Il disegno del gagliardetto, rettangolare, non fu, però altrettanto remissivo. Si volle rivendicare una mano sulla città, esibendo il suo simbolo più nobile e internazionalmente conosciuto, la Vittoria Alata. Lo stendardo e il guidone dell’originario Club unico bresciano non avevano dovuto precisare graficamente alcun logo di riferimento, se non la ruota dentata del Rotary. Non esisteva alcun motivo di differenziazione rispetto ad altre realtà concorrenti. Il Brescia Nord, invece, volle, con l’immagine della nota statua romana, porre un po’ la mano sulla città.

Sulla richiesta centrale e prioritaria della Vittoria Alata nel guidoncino sono oggi d’accordo anche le testimonianze delle signore figlie di Arnaldo Avanzini, che contribuirono alla composizione complessiva del disegno. Mentre la figura della statua, di profilo, occupava i tre quinti, da basso, del rettangolo, in due colori, blu e oro, in alto a destra campeggiava la ruota con la scritta Rotary International. Sotto la ruota di ingranaggio e di fronte alla statua, sulla destra, era la scritta “Rotary Club Brescia Nord Valtrompia”, mentre, in basso a destra, erano i due stemmi storici dei rispettivi territori: a sinistra, in una goccia rovescia, uno scudo, il leone rampante di Brescia, rosso su fondo blu, e, a destra, in una cornice barocca, bordata di blu, rosso su fondo oro, quello che in araldica si chiama giglio, ma che in realtà è sempre stato, così a Firenze come nelle bandiere francesi, un iris.

Qui ha cinque petali. Ma lasciamo la descrizione al testo con cui l’attuale Club Valtrompia illustra il disegno: “Il giglio rosso di parte guelfa, sormontato da un lambello (o capo d’Angiò) a undici punte pure colorato di rosso, nel solco di quello che una tradizione secolare assegna alla Valle”.

Arnaldo Avanzini, presidente del Brescia Nord dal 1973 al 1975, durante una conviviale contraddistinta dallo stendardo ancora riportante la scritta Brescia Nord e Val Trompia

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Proprio nei mesi in cui prendeva corpo il Club Brescia Nord e della Valtrompia (1970) moriva il fondatore e grande padre del Rotary in Brescia, Emilio Franchi. Era quasi un segno di passaggio del testimone, che si materializzò anche con il trapianto ereditario nel nuovo Club di suo figlio Marco, che era socio del Club Lovere-Iseo-Breno, grazie alla sua sede di lavoro, se non di residenza, a Marone. Per correlazione ovvia, si può anticipare che quel filone familiare è tuttora vivo nel Brescia Nord grazie alla presenza nel Club del figlio di Marco, l’ingegner Paolo Franchi.

I pochi documenti disponibili citano incontri di preparazione del Club, con un metodo di reclutamento di potenziali soci sulla base molto pragmatica e basica della scorsa della guida telefonica, degli elenchi degli iscritti agli albi professionali e alle associazioni di categoria come l’Associazione Industriali Bresciani, ma anche grazie al passaparola fra amici degli ambienti adatti. Sono molto interessanti gli elenchi di persone notabili candidate come soci, così come i criteri di selezione che si intuiscono. Alcuni sono citati senza il nome ma solo per il ruolo rivestito, anche residenti in Valtrompia. Alcuni nomi sono affiancati da un punto interrogativo e altri sono barrati con un frego, abbinato a un vistoso “No” scritto accanto. In un caso si trova scritto un seco giudizio: “No! Nell’ambiente degli avvocati non conta proprio niente!”.

Come accennato, un ambiente privilegiato fu quello dei medici ospedalieri. Il Professor Alberto Albertini, uno dei due soci fondatori ancora oggi fra noi, era un medico di 32 anni, in possesso di lauree in Farmacia, Biologia e Medicina quando, il 7 maggio del 1971, fu formalizzata la fondazione del Brescia Nord. Egli ricorda che il grande reclutatore all’interno degli Spedali Civili fu il primario del reparto di dermatologia, Professor Giorgio Pozzo. I medici che furono accolti nel nuovo Club come fondatori, furono Giovanni Marini, appena giunto a Brescia dagli Stati Uniti, nel 1970, fondando la Clinica Neurochirurgica degli Spedali Civili, Mario Zorzi, primario anatomopatologo; e Massimo Corda, primario di Pneumologia. Il passaparola avveniva invece a 360 gradi, come nel caso dell’inclusione fra i soci fondatori di Ugo Gussalli Beretta, in procinto di divenire il leader della straordinaria industria armiera Beretta, nota in tutto il mondo. Ugo oggi dice: “Mio padre, Franco Gussalli, era un noto avvocato di Brescia e fu anche una sorta di istitutore professionale del più giovane avvocato Avanzini. Fu quest’ultimo, per il citato ruolo che ebbe nella fondazione del nuovo Club, a caldeggiare presso l’amico l’ingresso del figlio Ugo nel nuovo gruppo di soci.

Dopo il lavorio, iniziato alla fine del 1968, il primo elenco di soci fondatori fu abbozzato nel gennaio del 1970, con i seguenti 32 nominativi: Albertini Prof. Alberto Amisano Ing. Riccardo Anselmi Dott. Dante Arranga Avv. Carlo Avanzini Avv. Arnaldo Bettoni Dott. Cesare Caggioli Dott. Pietro Calligaris Ing. Mario Capretti Sig. Mario Caprioli Dott. Umberto Cimaschi Rag. Pietro Corda Prof. Massimo Fanti Prof. Marco Franchi Dott. Marco Gnutti Dott. Damiano Guaitoli Ing. Giovanni Gussalli Beretta Dott. Ugo

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Medico, biologo, farmacista, docente Ingegnere dirigente Enel Commerciante all’ingrosso frutta e verdura e titolare Italfrutta Libero professionista Libero professionista Notaio Primario radiologo Ospedale dei Bambini Direttore di produzione dell’azienda chimica Caffaro Produttore di vini Dirigente bancario Direttore Banca Provinciale Lombarda Direttore sede di Brescia Banca Commerciale Italiana Primario medico Pneumologia Spedali Civili di Brescia Distribuzione commercio gas Imprenditore produzione feltri per cartiere Industria metallurgica Almag Industria per condotte forzate ATB Imprenditore armiero

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Lechi Conte Ing. Pietro Lucchesi Ing. Alessandro Lucini Ing. Carlo Magis Cav. Tito Livio Marini Prof. Giovanni Nordio Ing. Enrico Orlandi Dott. Raffaele Palazzani Ing. Giampiero Paolucci Delle Roncole Marchese Dott. Stefano Poli Ing. Lorenzo Pozzo Prof. Giorgio Rampinelli Avv. Angelo Scotti Ing. Giorgio Tirale Avv. Costanzo Zorzi Prof. Mario

Ingegnere libero professionista nel settore edile Imprenditore armiero Imprenditore settore elettrico industria Palazzoli Produzione tessile Neurochirurgo primario Spedali Civili di Brescia Dirigente industria automobilistica OM Direttore Banca Popolare di Lumezzane Imprenditore rubinetteria Teorema Concessionario Fiat “Cobra” Distribuzione elettrica Enel Primario dermatologia Spedali Civili di Brescia Libero professionista Commercio metalli Libero professionista Primario anatomopatologia Spedali Civili di Brescia e presidente Avis

La proposta del gennaio 1970 non fu più modificata, essendosi ottenuta anche l’approvazione per soci provenienti da altri Club: Amisano, Avanzini, Caggioli, Poli, Tirale senior, Lucchesi, Magis dal Club Salò; Cimaschi e Pozzo dal Brescia e Franchi dal Lovere-Iseo-Breno. Inoltre vi erano personalità triumpline, come Gussalli Beretta, Gnutti, Orlandi e Palazzani. L’elenco dei potenziali soci divenne infine l’effettivo elenco dei soci fondatori del Rotary Club Brescia Nord e della Val Trompia, quale risulta nel primo Annuario rotariano del 1971-1972. Le pratiche burocratiche e di approvazione nei confronti del Rotary International furono lunghe e meticolose, così come l’azione diplomatica di Pietro Cimaschi. Si voleva che il numero di soci fondatori non fosse inferiore a 20 e fosse preferibilmente più elevato e che si annotasse con cura la categoria professionale nella quale Il frontespizio dello statuto del Club di Salò utilizzato rientrava il socio. Il Club nascituro dovette anche or- come modello, corretto, per la costituzione del nuovo Club della città: il Brescia Nord ganizzarsi con la sede di una segreteria e con la scelta di un ristorante nel quale svolgere i propri incontri. Proprio in quei mesi una lettera della dirigenza internazionale insisteva perché si mantenesse la forma conviviale nella vita dei Club, così come era stata voluta da Paul Harris. Si comprendevano anche le formule dei “caminetti” e degli “aperitivi”, già allora definiti con la medesima nomenclatura odierna. Per le conviviali fu scelto il ristorante “Il Gentiluomo” che si trovava nel complesso allora denominato Europa Residence, in viale Europa 45, a Brescia. Gli incontri furono già allora fissati con cadenza settimanale, la sera del giovedì, alle ore otto, dal primo settembre al 15 luglio dell’anno successivo, mentre per i mesi di luglio e agosto, si sarebbe praticata la “tavola bassa”, a pranzo. La serata del terzo giovedì di ogni mese era aperta ai familiari dei soci. Spesso nel mese di agosto si sceglieva un ristorante diverso dal solito. La sede della segreteria, inizialmente fu fissata nella via Panoramica 18 D, in Brescia, poi pochi mesi dopo mutata in via Moretto 2, sempre in Brescia, ma, già nel 1971, ancora cambiata con la scelta un poco anomala di una segreteria con sede in Lumezzane S. Apollonio, in piazza Portegaia 5. Era l’indirizzo della sede della Banca Popolare di Lumezzane che, in assenza di una sede propria del Club,

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Le ruote di presenza delle prime due conviviali del Club Brescia Nord, del primo e dell’otto luglio 1971, in questa pagina e a pagina 60, si riconoscono le firme di diversi soci fondatori: da Alberto Albertini a Arnaldo Avanzini, da Giovanni Marini a Dante Anselmi, a Giorgio Scotti, da Umberto Caprioli a Raffaele Orlandi, da Riccardo Amisano a Massino Corda, a Costanzo Tirale, Enrico Nordio, Mario Zorzi, Marco Franchi, ecc.

era messa a disposizione, come recapito postale, dal socio Raffaele Orlandi che di quella banca era direttore. Forse, ancora, la coesistenza nella città non piaceva al Club padrino e fu questo il motivo che convinse ad adottare un ombelico triumplino. Il Club Brescia donò la campana al nuovo Club, fatta fondere ad Arezzo.

Infine, essendo presidente del padrino Club Brescia il notaio Giovanni Averoldi, in uno dei suoi due anni di presidenza, come allora si usava, dopo eguale decisione del Consiglio direttivo, l’assemblea dei soci di quel Club, il giorno 24 marzo 1971, approvò la nascita del nuovo Club, Brescia Nord e della Val Trompia, con la cessione di parte del suo territorio di competenza, che qui veniva ancor più dettagliatamente precisato e delimitato a penna su una carta topografica. La linea transitava quindi da “via Vallecamonica, Tangenziale ovest a partire dall’incrocio con via Milano, via Volturno, via Leonardo da Vinci, via Pusterla, via S. Gaetanino – [e qui le ulteriori precisazioni] – via dei Ronchi [però cancellata], via Panoramica, via Privata Mai [anch’essa però cancellata], via Olivelli, via S. Fiorano, via S. Gottardo, Monte Maddalena, lato ovest dello spartiacque”. Anche la montagna era spartita! Quindi la descrizione continuava: “Verranno a far parte del territorio del

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nuovo Club anche le seguenti frazioni del Comune di Brescia: Urago Mella, Badia, Mandolossa, S. Bartolomeo, Stocchetta e Mompiano”. Infine venivano elencati i comuni a nord di Brescia, anch’essi aggregati: “Bovegno, Bovezzo, Brione, Caino, Cellatica, Collebeato, Collio, Concesio, Gardone VT, Gussago, Irma, Lodrino, Lumezzane, Marcheno, Marmentino, Nave, Pezzaze, Sarezzo, Tavernole e Villacarcina”. Lo statuto del nuovo Club fu pressoché integralmente copiato dallo statuto del Club Salò, approvato nel 1968, al quale furono apportate solo alcune piccole variazioni. L’articolo III dello Statuto precisava gli scopi del nuovo Club, traendo dalle formule che ormai erano invalse nella generalità formale del mondo Rotary. Si pubblica qui il testo tratto da un foglio ancora solo dattiloscritto: Art. III – Scopo – Scopo del Rotary è di incoraggiare e sviluppare l’ideale del servire inteso come motore e propulsore di ogni attività. In particolare esso si propone di: 1. Promuovere e sviluppare relazioni amichevoli fra i propri soci, per renderli meglio atti a servire l’interesse generale.

2. Informare ai principi della più alta rettitudine la pratica degli affari e delle professioni; riconoscere la dignità di ogni occupazione utile a far sì che venga esercitata nella maniera più degna quale mezzo per servire la società.

3. Orientare l’attività privata, professionale e pubblica, dei singoli al concetto di servizio.

4. Propagare la comprensione, la buona volontà e la pace fra nazione e nazione mediante il diffondersi nel mondo di relazioni amichevoli fra gli esponenti delle varie attività economiche e professionali, uniti nel comune proposito e nella volontà di “servire”.

Come si nota il tema dominante è quello della professione, alla quale sono associati i concetti di amicizia, rettitudine e correttezza sociale. Non si fa alcun cenno ad attività caritatevoli.

Il Brescia Nord e della Valle Trompia, quarto nella provincia di Brescia, entrava quindi a far parte del 184° Distretto rotariano, essendone Governatore l’avvocato Luigi Baudoin, che tanto si era adoperato per la sua costituzione. Primo presidente fu eletto l’ingegner Riccardo Amisano e vicepresidente il cavalier Grande Ufficiale Pietro Cimaschi. Segretario fu eletto l’ingegner Lorenzo Poli.

Il Consiglio Direttivo risultò inoltre composto dal tesoriere Dott. Umberto Caprioli, dal prefetto, il marchese Dott. Stefano Paolucci delle Roncole, nonché dall’avvocato cavalier Arnaldo Avanzini, dall’ingegnere cavaliere Carlo Lucini, dal professor Giorgio Pozzo e dall’avvocato Angelo Rampinelli. Il 7 maggio dello stesso 1971 giunse l’atto formale di nascita, l’accoglienza del “Brescia Nord, Italia” da parte del Rotary International, come certifica il documento conservato gelosamente, incorniciato e sotto vetro, nella segreteria dell’attuale sede del Brescia Nord. Da essa derivava anche, come in seguito riconobbe il presidente Amisano, “la cordiale offerta di ogni collaborazione da parte della Segreteria Internazionale con gli uffici di Evanston (Illinois U.S.A.) e di Zurigo”.

Tuttavia il Club Brescia Nord e della Valle Trompia aveva già iniziato i suoi incontri, prima della formalizzazione della sua nascita, come si deduce dal primo notiziario, che reca la data del 29 aprile 1971, dove peraltro, il Club si definiva “Provvisorio”. Essendo ospite il dottor Pier Giuseppe Beretta, del Club Brescia, certamente grazie alla parentela con il nipote, il socio fondatore Ugo Gussalli, poi adottato dallo zio che gli donò anche il secondo cognome di Beretta, il rappresentante speciale del Governatore Baudoin, Pietro Cimaschi, accolse i presenti, che erano tutti i 32 soci fondatori, portando loro il saluto dell’amico Governatore e spiegando che “a Brescia si sentiva la necessità di un secondo Club, per motivi legati allo sviluppo industriale della città e della provincia, nonché per il moltiplicarsi delle persone che possiedono i requisiti per far parte della nostra organizzazione”.

Il Club entrava in una grande famiglia internazionale, che, in quel 1971, vedeva 697.750 persone socie in 14.755 Club, distribuiti in 149 Paesi. La vera e festosa cerimonia di inaugurazione avvenne

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17 giugno successivo, alla presenza del Governatore Baudoin, che consegnò la Carta di accoglienza nel Rotary International, dove, come accennato, si fissava la data di ammissione al 7 maggio 1971. Il Governatore distribuì a tutti i soci il distintivo e la tessera di appartenenza al Rotary, alla presenza del Questore di Brescia, della presidentessa del Soroptimist, del presidente del Lions Club Valtrompia, dei presidenti dei Rotary Club bresciani, di Brescia, di Lovere-Iseo-Breno e dell’illustre presidente del Club Salò, Sergio Mulitsch di Palmenberg, del quale si avrà modo di meglio scrivere, e di vari altri soci di Club bresciani nonché del segretario del Club Milano Sud. Fu in quella serata che il notaio Giovanni Averoldi, presidente del Club padrino, consegnò al nuovo Club la campana e lo stendardo.

Già si iniziò da subito, nel Club, ad ospitare relatori che, secondo la tradizione rotariana, così altamente coltivata dal Club Brescia, arricchivano le serate. Fra le prime si tenne una relazione del socio Giorgio Pozzo, sulla medicina preventiva. Iniziava anche la normale vita organizzativa del Club, dentro il flusso di modalità e scadenze collaudate. La prima relazione dell’avvocato Avanzini era riferita al resoconto dell’assemblea distrettuale. Subito avvenne il collegamento al tema già lanciato, “il Rotary e la res publica”, e ci si avviò alla prima novità: la dilatazione del numero dei Distretti Rotary in Italia, portati da quattro a sei.

L’avvio dell’esistenza del Rotary Club Brescia Nord e della Valle Trompia coincideva con la conferma di una svolta importante nei rapporti fra Rotary e Chiesa cattolica. Si è accennato ai difficili

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e diffidenti rapporti fra la Chiesa e le associazioni come il Lions e il Rotary, sospettate di essere varianti della Massoneria, sia pure meno strutturate nell’antagonismo anticattolico e antipapista. Si è accennato al durissimo contrasto fra la Massoneria e la Chiesa nell’Ottocento, ma anche, sia pure in forma più attenuata, nella prima metà del Novecento. Si è ricordata l’azione di azzeramento della Massoneria in Italia, da parte di Benito Mussolini, proprio perché fosse spianata la via che portò al Concordato con la Santa Sede, con i cosiddetti “Patti lateranensi” del 1929. Già il noto arcivescovo di Milano, cardinale, Beato Alfredo Ildefonso Schuster, nell’ottobre del 1949 ebbe a dire: “Fra i nuovi pericoli per la Fede Cattolica vi è il Rotary, quale minaccia in quanto espressione della Massoneria e del Protestantesimo”. Ancora nel 1951 il Papa Pio XII firmò un decreto della Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio che recitava: “I membri del clero non possono appartenere a un’associazione di club del Rotary o partecipare alle sue riunioni; i laici devono essere sollecitati ad osservare le disposizioni del diritto canonico che vieta l’appartenenza ad associazioni sospette che cercano di sottrarsi alla legittima sorveglianza della Chiesa”. Negli anni Quaranta e Cinquanta la tensione fra Rotary e Chiesa cattolica fu più intensa che nell’anteguerra, complice anche il quadro di tensioni politiche, ideologiche e culturali fra mondo cattolico e mondo comunista.

Per i tentativi di avvicinamento fra Rotary e Chiesa sono state citate le prolungate azioni diplomatiche del deputato democristiano e rotariano Giuseppe Brusasca, nonché dell’avvocato Omero Ranelletti, più volte Governatore Rotary romano, con incarichi anche negli apparati ministeriali, che, nel 1972, su “Realtà Nuova”, scrisse un importante saggio dal titolo Rotary Internazionale e la Chiesa Cattolica. Le reiterate affermazioni rotariane, nonché i comportamenti conseguenti, che sino dai primi anni successivi alla fondazione del 1905, avevano declamato un Rotary basato sull’amicizia, sulla solidarietà, sulla pace, sul servire e sul donare, sull’onestà personale e professionale, sul rispetto della dignità dell’uomo, aveva- Il Papa Pio XII, che fu l’ultimo a manifestare forti critiche al Rotary, no sortito, unitamente al raffreddarsi in odore di massoneria

I Papi che aprirono a un disgelo delle diffidenze fra Chiesa e Rotary: Giovanni XXIII, il bresciano Paolo VI e Giovanni Paolo II

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dello scontro fra laicismo massonico e paramassonico e la Chiesa, un avvicinamento, anche se molto tiepido. Nel 1959 il Papa Giovanni XXIII aveva ricevuto il presidente internazionale del Rotary e, nel 1965, il bresciano Papa Paolo VI, che già da arcivescovo di Milano, nel 1957, ospite del Rotary, aveva detto: “Debbo con lealtà dichiararvi che in passato io ebbi molte riserve sul Rotary, frutto di ignoranza e di errore”, aveva solennemente incontrato i rotariani italiani pronunciando un chiaro discorso di riconoscimento delle nobili finalità dell’associazione. Nella sua lettera mensile del primo febbraio 1971, il Governatore Luigi Baudoin, che nella sua carta intestata riportava il motto filantropico del Rotary International “Service above self- he profits most who serves best”, il servizio al di sopra di se stesso: guadagna di più chi serve meglio, scriveva: “Non voglio concludere senza accennare che, nella linea di spiritualità che l’alta parola di Sua Santità Paolo VI, in occasione della ancor recente, memorabile udienza vaticana, ha voluto ravvisare ed esaltare l’azione del Rotary”. Annunciando il congresso del Distretto a Torino, concludeva: “I congressisti potranno avere il privilegio di assistere alla, celebrazione della Messa nella suggestiva Cappella del Guarini, che custodisce, come è noto, la Santa Sindone”. Più esattamente, nel Notiziario del Club Brescia, furono riportate le parole di Paolo VI, che, di fronte a 3.000 rotariani europei e mediterranei, non nascondendo la sua profonda gratitudine nel ricevere un numero così cospicuo e distinto di soci dei Rotary della Regione E.N.A.E.M., aveva detto: “Cogliamo volentieri l’occasione per confermarvi l’interesse con cui guardiamo alla vostra molteplice attività nel campo culturale, artistico, scientifico e della beneficienza e non possiamo quindi che lodarvi ed incoraggiarvi”.

Il nuovo Club Brescia Nord esordiva quindi in un clima che, da un lato portava questa rappacificazione, per molti confortante, fra il Rotary e la Chiesa, ma, d’altro canto, si trovava ad affrontare il periodo più drammatico dell’Italia nel Dopoguerra, i cosiddetti anni di piombo, con l’esordio assassino della strage di Piazza Fontana del 1969 e Il vescovo di Brescia Luigi Morstabilini, con l’imminente strage del 1974 di Piazza della Loggia, proprio in che si manifestò disponibile a rispettare Brescia. L’una e l’altra dimensione avrebbero avuto conseguenze sul e stimare il Rotary Rotary e anche sul Club Brescia Nord. I rapporti con la Chiesa furono sereni nel Brescia Nord, anche con la presenza, sia pure nei decenni successivi, di almeno tre vescovi in occasione di speciali serate, con il frequente intervento di un sacerdote durante la conviviale prenatalizia, invitato a tenere un discorso religioso attinente al Natale, nonché con l’iscrizione come socio del Monsignor Arnaldo Morandi, nell’anno 2012-2013, e la cooptazione, come socio onorario, nel 2020-2021, del Monsignor Gianbattista Francesconi.

Circa il dramma del terrorismo, che si andava avviando verso i suoi 350 morti, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e della sua scorta ad opera delle Brigate Rosse, nel 1978, la strage di Bologna, del 1980, e la pesante questione giovanile, il Club Brescia Nord non ebbe tuttavia particolari espressioni di esplicito giudizio, mentre accadde che un’eco giungesse nella considerazione di fenomeni impliciti. Durante la sua visita al Brescia Nord, nel luglio del 1973, il Governatore Giuliano Magnoni era così presentato dal presidente Arnaldo Avanzini: ”Il Governatore ha idee nuove, coraggiose, al fine di togliere al Rotary quel qualche cosa di vecchio che a parere di alcuni lo costringono su posizioni ormai superate. È tempo d’azione rinnovatrice, costruttrice, stimolante in profondità”. Il Magnoni poi diceva: “Il Rotary è una delle poche, superstiti forze che possono dare una certa risposta a una società in sfacelo, a una moralità sempre più permissiva, a una comunità nazionale sempre più travagliata. Il Rotary non è un delizioso luogo di riposo, bensì un luogo dove ogni iscritto deve sentirsi in prima linea, pronto a combattere dove c’è il bisogno. L’appartenenza al Rotary non è l’aver raggiunto la pace dei Campi Elisi, anzi, è tutto il contrario. Si entra nel Rotary

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Il certificato di riconoscimento e accoglimento del Club Brescia Nord nel Rotary International, datato sette maggio 1971 e firmato dal presidente del Rotary International, dal suo segretario internazionale e dal Governatore del Distretto

forti di quello che si è, ma per dimenticarlo, invece per servire gli altri in uno spirito di solidarietà verso la società cui si appartiene. Il Rotary non deve essere il raduno di una certa “élite” che spende il suo tempo nella gastronomia, è invece mezzo che ha come fine il porsi al servizio degli altri. Nel Rotary si entra per aprirsi al mondo esterno e non per chiudersi, con egoismo e viltà. Non aprirsi al mondo di fuori vuole dire ignorare la lievitazione delle giovani generazioni e chiudere le porte dei nostri club alle nuove leve”.

Tuttavia l’interesse prevalente per gli argomenti delle relazioni conviviali continuava a rimanere interno ai temi della tecnologia, dell’economia, dell’imprenditoria, spesso, anche lì, come nel padrino Brescia dei decenni precedenti, con interventi dei medesimi soci.

1971 - 1972 e 1972 - 1973 Presidente Riccardo Amisano - Segretario Lorenzo Poli e Raffaele Orlandi Come avveniva nel Brescia, anche nel Brescia Nord le prime presidenze furono biennali.

Il primo Presidente fu Arnaldo Avanzini. Si avviava anche la pluriennale segreteria di Dante Anselmi, al quale dobbiamo i notiziari dai quali è tratta gran parte delle informazioni sulla storia del Club Brescia Nord. Curiosamente, non fu presidente, né in quei primi anni né nei successivi, il vero fondatore del Brescia Nord, Pietro Cimaschi, che pure morì nel 1989. Fu durante la presidenza Avanzini che il Club dovette rinunciare alla sua denominazione originaria, poiché una direttiva delle autorità rotariane escluse la possibilità che un Club avesse il nome di più di una località.

Nel 1972 il Club cancellò quindi dal proprio nome l’intestazione “della Valtrompia”. Ovviamente

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anche lo stendardo e il guidone dovettero mutare la loro immagine. Nel gagliardetto rimase solo il ritratto della Vittoria Alata, nella forma ancora rettangolare, essendo il retro diviso da una diagonale che formava due campi, uno colorato in azzurro e l’altro in bianco. Per inciso, si trattava anche dei colori civici del Comune di Brescia. Nello stendardo, invece, dove comparivano solo le scritte, rimasero solo le parole Brescia Nord. Curiosamente, forse pochi si sono accorti che il nome originario, con la presenza anche della Valtrompia, è rimasto in rilievo nel bronzo della campana che da cinquant’anni risuona al tocco del martelletto di legno, per indicare momenti speciali e, normalmente, la conclusione delle serate. I pranzi estivi venivano consumati al ristorante “La Sosta”, di via S. Martino della Battaglia, mentre nel settembre del 1972 le conviviali iniziarono a svolgersi presso l’“Hotel Ambasciatori”, nella via Crocifissa Di Rosa, in Brescia. Iniziavano anche le prime gite, come quella al Castello di S. Giorgio nel Monferrato, che si svolse nel 1972. Frattanto nel Club già erano stati cooptati nuovi soci: Aldo Invernici, esperto nel campo dell’atletica e della ginnastica, titolare di una pionieristica palestra, che subito fu costretto ad impegnarsi in una conferenza sull’eccidio perpetrato da terroristi palestinesi, contro atleti israeliani, alle Olimpiadi di Monaco; Giuseppe Viani, noto preside dell’Istituto tecnico industriale statale “Benedetto Castelli”; Riccardo Pisa, ingegnere titolare dell’importante e omonima impresa edile bresciana; Gianfranco Levi, primario di Cardiologia degli Spedali Civili di Brescia; e Pietro Fedele, amministratore unico della Società Elettropadana.

Una soglia del costume rotariano emergeva anch’essa in quegli anni. Nel 1973 il Governatore in visita ebbe a caldeggiare l’uso del “tu” nei rapporti fra i soci. Si è visto che la prima pratica di questo linguaggio era stata adottata a Milano nel 1938. Evidentemente però si trattava di una forma ancora presente solo in pochi ambienti rotariani, ma non generalizzata, mentre oggi fa parte del normale galateo amichevole rotariano. Ancora con riferimento a nuove scelte generali si ricorda che nel 1972 il territorio nazionale non fu più diviso in quattro Distretti rotariani, bensì in cinque, che, nel 1973, divennero sei, con la raggiunta autonomia della Lombardia, prima unita a Piemonte e Liguria.

1973 - 1974 e 1974 - 1975 Presidente Arnaldo Avanzini - Segretario Dante Anselmi Nel 1973 già era tempo di nuovi ingressi fra i soci, che videro apparire il dottor Alberto Beccaria, bocconiano ma laureato anche ad Heidelberg, consulente e titolare di società in campo commerciale, il professor Rosario Maiorca, primario di Nefrologia presso l’ospedale cittadino, il professore Adolfo Turano, direttore dell’Istituto di Microbiologia nello stesso ospedale, e il professor Aldo Regé, docente di Chimica presso l’Università di Trieste. Mentre il presidente spronava perché il numero dei soci arrivasse almeno a 50, era però già tempo di aumentare la quota annuale di iscrizione al Club: ora raggiungeva le 100.000 lire. Alcune conviviali furono svolte in diversi ristoranti, dal “Miramonti” di Caino alla “Ca Nöa” in Brescia. Mentre si festeggiava il cinquantesimo anniversario della fondazione del Rotary in Italia, l’aggiornamento dei temi di interesse per le relazioni emergeva da un intervento del socio Massimo Corda che, in anni in cui iniziava a montare l’ideologia ecologica, volle parlare dei “Limiti del messaggio ecologico”. Intanto nuovi soci sopraggiungevano. Erano il professor Carlo Quaranta, primario di Oculistica presso l’ospedale di Brescia; gli ingegneri civili liberi professionisti, Giovanni Buizza e Franco Dotti; e anche l’illustre senatore Mino Martinazzoli. Inoltre entrarono nel Brescia Nord il vicesegretario degli Spedali Civili avvocato Aldo Psaro; l’imprenditore lumezzanese Luciano Gnutti, della ditta “Gnutti Sebastiano”; l’ingegner Marino Bonomi, industriale; e il libero professionista avvocato Antonio Cazzuli. Al traguardo dei 50 soci mancavano solo due persone. Mentre si celebravano i primi tre anni di vita del Club, appoggiandosi al motto dell’impegno fondamentale nelle quattro attività fondamentali, l’azione interna,

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l’azione professionale, l’azione di interesse pubblico e l’azione internazionale, si veniva subito alla concretezza dell’appuntamento su un tema che divise i bresciani, il nuovo piano regolatore e la prospettiva della città satellite di S. Polo. Furono invitati i due protagonisti fondamentali, il politico assessore Luigi Bazoli e il professor architetto Lonardo Benevolo. Poco dopo proprio Luigi Bazoli sarebbe divenuto l’emblema delle vittime della raffica tragica dei tempi perdendo, sul selciato di piazza della Loggia, la propria moglie con altre sette persone cadute, oltre a 102 feriti, ad opera di terroristi di destra. I due Club cittadini, Brescia Nord e Brescia, vollero essere presenti donando un milione di lire per aiutare i soccorsi e pubblicando sul “Giornale di Brescia” questo asciutto e forte trafiletto: “I Rotary Club di Brescia Centro e Brescia Nord, profondamente sdegnati e addolorati per l’inutile, folle gesto che ha gettato tutta la città nel lutto e nella costernazione, determinando immani sciagure e richiamando ideologie che già gettarono l’Italia nel caos e nella distruzione, si inchinano riverenti davanti alle salme delle innocenti vittime, esprimendo alle famiglie le più vive condoglianze e dichiarano che soltanto le forze veramente democratiche ed unite, possono superare questo tragico momento di inaudita violenza. Auspicano che gli esecutori e mandanti siano subito identificati e puniti secondo legge al fine di far cessare odi e violenze perché solo la libertà raggiunta attraverso anni di dolore e di sacrifici è un bene insopprimibile”.

Nell’organizzazione interna al Club si andava invece, dopo l’invito di Arnaldo Avanzini, verso la nomina annuale, e non biennale, del presidente, che tuttavia ebbe applicazione solo nel 19811982, mentre nel Brescia si ebbe solo nell’anno rotariano 1994-1995. Fu ancora Avanzini, nel 1975, a procurare, oltre l’incontro con il sindaco Bruno Boni, la prestigiosa presenza in una serata del Brescia Nord dell’illustre Premio Nobel per la Fisica nel 1959, l’italiano Emilio Segrè. Ancora Avanzini, nel 1974, aveva ottenuto l’assenso del giornalista e scrittore Indro Montanelli, rotariano in Roma, per un vivace incontro sulla “Libertà di stampa”, con uno speciale riferimento alla recente fondazione del quotidiano “Il Giornale”, che sarebbe diventato, per anni, l’organo di stampa di riferimento per la destra italiana. “Montanelli – si scrisse – fu attorniato da un eccezionale numero di gentili ospiti e di amici, mai visti prima d’ora anche nelle serate più felici”. Tuttavia anche quell’incontro consentì ai rotariani del Brescia Nord di incrociare personalmente la storia poiché, tre anni dopo, Indro Montanelli fu pesantemente ferito con un’arma da fuoco delle Brigate Rosse. La libertà di stampa, di cui aveva discusso in Brescia, riceveva un’ennesima battuta d’arresto da parte degli eredi e compari delle fiumane libertarie inneggianti alla liberazione dallo stato borghese e capitalista, dalla Chiesa, dal matrimonio, dal lavoro, dalla censura e da tutto quanto non fosse compreso nella radiosa e liberticida “rivoluzione culturale” cinese di Mao Tse-Tung, come allora si scriveva, in quegli anni malauguratamente in pieno svolgimento. Ancora i tempi colpivano da vicino il Club, con le pesanti traversie professionali e politiche nelle quali fu trascinato dalla contestazione studentesca il preside e socio, professor Viani. Al gruppo dei soci si erano frattanto aggiunti ancora un primario ospedaliero, Giuseppe Marinone; l’avvocato Daniele Bonicelli Reggio; e l’ingegnere libero professionista Francesco Ceni, oggi nostro socio decano, con i suoi 94 anni, essendo nato nello stesso anno in cui fu fondato il primo Rotary Club in Brescia. Nel 1975 entrarono, per la prima volta nel Brescia Nord, due soci magistrati: Alfonsino Venditti e Giorgio Allegri.

1975 - 1976 e 1976 - 1977 Presidente Giovanni Marini - Segretario Dante Anselmi Dal 1975 al 1977 fu presidente del Club il chirurgo Giovanni Marini, che anche in seguito fu una delle autorità di riferimento del Brescia Nord, sino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2021. Nelle relazioni conviviali cresceva il tema ecologico, secondo le tendenze culturali del decennio, tanto che nell’assemblea distrettuali lo slogan fu, in modo del tutto insolito, “parliamo di politica”. Mentre

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si avviava la tipologia delle “riunioni al caminetto” sul cui significato il Marini dovette prodursi, gli incontri estivi si svolgevano alla fresca ombra della “Birreria Wührer” di viale Bornata, proprietà della stimata famiglia che introdusse la birra in Brescia nel terzo decennio dell’Ottocento, il cui padre moderno Pietro, socio del Club Brescia, era deceduto solo nel 1967. Ricordiamo un piccolo fatto interno: le dimissioni forzate di tre soci a seguito delle severe indicazioni del Governatore circa i soci che trascuravano gli incontri in misura esorbitante. Si trattò dell’avvocato Tirale, dell’ingegner Bonomi e del senatore Mino Martinazzoli, al quale si deve anche la sgradevole critica successiva allo stile e al ruolo del Rotary. Di contro l’affermazione dei valori rotariani, proprio nel colmo della crisi petrolifera e del Uno dei più longevi fondatori del terrorismo, era, ancora una volta, ribadita dal socio principe Pietro Brescia Nord, nonché presidente Cimaschi, che, nel 1976, con impeto anche un poco enfatico, disse: dal 1975 al 1977: il neurochirurgo “Dobbiamo fare appello a un degno collocamento del Rotary per Giovanni Marini. In una fotografia è ripreso mentre interviene in una tentare di compensare lo sfasciume della situazione socio-economica conviviale che reca sullo sfondo lo italiana. Lo scopo del Rotary è di incoraggiare e sviluppare l’idea- stendardo del Brescia Nord le del servire inteso come motore e propulsore di ogni attività. In particolare esso deve sviluppare le relazioni amichevoli fra i propri soci per renderli atti a servire l’interesse generale. Deve anche informare ai principi della più alta rettitudine la pratica degli affari e delle professioni e orientare l’attività privata, professionale e pubblica, dei singoli al concetto del servire. Solo intendimento deve essere colmare le lacune nella partecipazione alle attività del Rotary e ciò necessita di un rinnovamento totale dello spirito di coloro i quali tengano a chiamarsi rotariani”. Erano posizioni critiche, peraltro non insolite anche in seno al Club. A conclusione di una serata del settembre 1976 nel notiziario a firma di Dante Anselmi si ebbe a scrivere: “Segue un interessante dibattito animato. Le discussioni che ne nascono hanno qualche punta polemica, immancabile ogni qual volta presso il nostro Club è ospite un Governatore”.

Di fatto il successo e la stima per il Rotary nel mondo non conoscevano rallentamenti. Nel 1976 i Club Rotary erano 16.943 con 791.500 soci, presenti in 151 Paesi.

Inoltre il rettore dell’Università di Bologna si era espresso favorevolmente alla proposta di assegnazione al Rotary International del Premio Nobel per la Pace. Per informazione secondaria si ricorda che dal 1969 esisteva, da un anno, in Brescia un Rotaract collegato al Rotary Brescia. Esisteva già il “Gruppo Leonessa” e anche esisteva da tempo l’associazione che ha qualche relazione con il Rotary anche in Brescia, il Garden Club, localmente fondato, proprio nel 1976, dalla moglie del socio Marco Franchi, Teresa Navoni, una vera protagonista collaterale della vita del Rotary Brescia Nord e dell’Inner Wheel. Era figlia di uno degli illustri soci del Rotary Club Brescia fino dagli anni Trenta, il notaio Ottorino Navoni, che del Brescia fu anche presidente. Era già stato anche avviato, nel 1977, il contatto, caldeggiato dalle dirigenze internazionali, con un Club straniero. Grazie alle conoscenze personali di Marco Franchi e di Daniele Bonicelli Reggio, con il consiglio della signora Teresa Franchi, che suggerì di mirare in alto, a Parigi, fu individuato

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il Rotary Club di Houilles-Bezons-Sartrouville, nato nel 1967, collocato in un territorio a una quarantina di chilometri a nord-ovest di Parigi e facente parte del Distretto 1660, “Paris Île de France Ouest”. Il rapporto con il Club francese fu piuttosto intenso per almeno quattro decenni e comportò un notevole impegno. Le piacevoli visite degli amici transalpini richiedevano la disponibilità all’accoglienza e all’accompagnamento in diversi luoghi italiani, dove era gradita anche un’occasione turistica. Simile atteggiamento si richiedeva ai francesi durante i viaggi dei bresciani, che spesso furono annuali. Il rapporto con quel Club francese è andato affievolendosi negli ultimi dieci anni, sino quasi a scomparire, ma non formalmente. Mentre, ancora con riferimento ai grandi eventi storici, il Club si rendeva generosamente utile con un’importante donazione (5.800.000 lire, mentre il Rotary italiano nel suo complesso donò 445 milioni di lire) in aiuto dei terremotati del terribile sisma del Friuli, del 1976. Il Distretto di appartenenza del Brescia Nord era ridefinito nel 1977, passando dall’ordinale 184° al 204°. Nella quotidianità il Club aveva reclutato numerosi altri soci. Fra questi erano il geometra Ernesto Astori, importante libero professionista; il ragionier Francesco Bresciani, commercialista; l’ingegner Benedetto Buffoli, ingegnere della Pia Casa di Dio e figlio di un notabile dell’epoca fascista, Oreste, già socio del Brescia; Alberto Folonari, membro della nota famiglia di commercianti e produttori di vino, anche nelle terre del grande Chianti Ruffino toscano; Paolo Rabotti, anch’egli produttore di vino, nella Monte Rossa di Bornato, in Franciacorta; l’avvocato Pierluigi Tirale; il dottor Agostino Mantovani, esperto in economia agraria e poi anche uomo politico e del mondo bancario; il professore medico Fabrizio Padula, che fu anche presidente dell’Ordine dei medici nonché grande operatore nel campo delle acque termali; e Adriano Bosco, bancario.

1977 - 1978 e 1978 - 1979 Presidente Giovanni Buizza Segretario Giovanni Viani Nel 1977 entrava in carica come presidente l’ingegnere libero professionista Giovanni Buizza, tecnico civile con specializzazione nel mondo dell’idraulica e dell’irrigazione agricola. Quella dei Buizza fu, e sarebbe stata, una famiglia crogiolo di ingegneri. Anche il Buizza mantenne la sua presidenza per due anni rotariani, dal 1977 al 1979.

Uno dei primi problemi che si presentarono al nuovo presidente fu la necessità di cambiare sede delle conviviali poiché l’ “Hotel Ambasciatori”, da anni luogo degli incontri, intendeva chiudere, per difficoltà economiche, il servizio di ristorante. Il Brescia Nord si orientò allora verso l’“Hotel Vittoria”, tradizionale sede del Club Brescia. Tuttavia, proprio per gli impegni che già vincolavano il ristorante il Brescia Nord fu costretto a cambiare il giorno deli incontri: dal giovedì al martedì. Gli incontri nella nuova sede iniziarono già nell’estate del 1977 e continuarono all’avvio autunnale del nuovo anno rotariano. Fu in quella sede che furono accolti cinque nuovi soci: Emanuele Vigliani,

Il guidone del gemellato Club francese di Houilles-Bezons Sartrouville

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giornalista del “Giornale di Brescia”, esperto in sport motoristici; il professore universitario ingegner Camillo Bussolati; il colonnello Aldo Chimienti, comandante dell’Ufficio leva aeronautica di Brescia; e il cavalier Umberto Frigerio, industriale metallurgico in Torbole Casaglia. Tuttavia all’ingresso del 64° socio, l’industriale siderurgico Mauro Stefana, a causa di diverse dimissioni il numero reale dei soci si attestò sui 61. Interessante, per l’aggancio con una delle più vive realtà dell’industria bresciana fu la visita del 22 novembre 1977 all’ormai celebre azienda Beretta di Gardone Valtrompia. Dopo la visita, alla fabbrica e al ricchissimo museo privato delle armi da fuoco portatili di produzione triumplina, durante la conviviale all’Hotel “Le Valli”, di Sarezzo, il socio Ugo Gussalli Beretta e il direttore della sua industria, dottor Fasani, tracCopertina del volume edito ciarono un interessante quadro della produzione di armi nella ricorrenza del cinquantenario nella Valtrompia, un testo che potrebbe essere citato nella della nascita del Rotary in Italia storia dell’economia bresciana. Come riportò il segretario Giuseppe Viani, la valle contava 84 aziende, delle 150 attive in tutta Italia, produttrici di fucili per caccia e sport, nonché pistole. Il complesso artigianale e industriale occupava 7.000 dipendenti, che producevano armi molto vendute anche negli Stati Uniti, in Francia e in Spagna. Nel 1970 la Valtrompia produsse 290.000 fucili da caccia e 190.000 pistole, numeri che, solo sei anni dopo, erano divenuti, rispettivamente, 400.000 e 300.000. Il successo galoppava, anche se si profilavano nubi all’orizzonte per il primo vociare animalista che, affiancando il movimento ecologista, andava nutrendo le basi di un’egemonia culturale che si sarebbe insediata nel decenni successivi. Si ricordava che la Beretta, la cui nascita allora si faceva risalire alla seconda metà del Seicento, mentre oggi è fortemente anticipata, ebbe il suo salto, dall’artigianato all’industria, sotto la conduzione di Pietro Beretta che nel 1903 introdusse su larga scala la produzione di fucili da caccia. Gli operai erano in quell’anno 118, mentre dopo la crescita bellica, erano saliti a 300 ed erano già 2.400 nel 1940. In quel 1977 l’azienda contava 1.300 dipendenti, che diventavano il numero di 2.000 se si comprendevano gli stabilimenti che la Beretta possedeva a Roma e a S. Paolo del Brasile. Proprio per tale situazione il Club Brescia Nord abbozzò un contatto anche con il Rotary di quella città latinoamericana, che comportò anche la gradita visita in Brescia, per alcuni anni, di soci e presidenti di quel Club. Si sottolineava infine l’importante sinergia voluta da illuminati imprenditori e politici, decenni prima, con la Cartoncino del Brescia Nord ancora nel Distretto 204

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costituzione in Gardone del Banco Prove, di importanza nazionale, che consentiva il rilascio di certificati di collaudo delle armi.

In questa fase va sottolineata la buona condizione dei rapporti con il mondo bresciano dei Lions Club. Il Brescia Nord fu infatti invitato alla cerimonia per il ventesimo anniversario della fondazione del primo Club in Brescia: il Brescia Host, costituito, sotto la presidenza del professor Enrico Dusi, alla fine del 1956, ma ufficializzato nel 1957. Il Lions Clubs International era approdato in Italia nel 1951. Cresceva l’interesse per i giovani, per lo scambio internazionale dei ragazzi, per la lotta alla droga e per il poco conosciuto e presente Rotaract, collegato al Club Brescia, che tuttavia contava 42 soci. Ancora con riferimento ai giovani, anche nel Rotary si aveva l’eco del lavorio che da anni si conduceva nella politica e nella società bresciana per portare l’Eulo (Ente Universitario della Lombardia Orientale) dalla dipendenza dal Politecnico di Milano a un pieno riconoscimento dentro una Università statale in Brescia, che peraltro sarebbe stata istituita entro pochi anni.

In conseguenza della linea additata tempo prima dal Past Governor Mario Remondini, che apriva in modo inatteso il Rotary alla politica, secondo il programma “Rotary e res publica”, il socio Alberto Albertini, allora anche segretario della Democrazia Cristiana in Brescia, tenne un’interessante orazione, ancora nella sede dell’Hotel Vittoria, nella quale, fra l’altro disse: “Vi è la necessità dell’intervento dei rotariani nella vita politica, per portare un contributo di notevoli esperienze nella pubblica attività. Tale impegno dovrebbe avere innanzitutto lo scopo di togliere spazio alla demagogia, al pressapochismo, alla impreparazione dei molti che fanno politica”. Egli condivideva l’avviso del Governatore che lamentava l’apertura di alcuni Club a interventi di aderenti al Partito Comunista Italiano, mettendo in guardia nei confronti dell’inaffidabilità del Pci. Seguì un intenso dibattito dove alcuni soci si dicevano non contrari a inviti a relatori comunisti, e altri si rammaricavano dell’arrendevolezza che aveva lasciato campo libero alla Sinistra. Era peraltro avvenuto che il Partito Comunista aveva avanzato una richiesta ai Rotary Club milanesi e lombardi di tenere presso i Club cicli di conferenze su temi con relatori scelti dal partito. Il Club sostenne, indignato, che nessuno poteva pensare di imporre temi e relatori, tanto meno dall’ambiente politico, in genere non gradito. “Il Pci – si disse – segue anche questa strategia, di insinuarsi in organismi, enti, asso-

Gruppo di soci del Brescia Nord nei primi anni Ottanta. Da destra sono riconoscibili Alberto Folonari. Mario Staffieri, Francesco Ceni, Camillo Bussolati, Francesco Bresciani, Luciano Bellini, Pierluigi Tirale e Umberto Caprioli

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ciazioni, anche privati, per intorbidire le acque e fare propaganda”. Il Rotary non era l’interlocutore disponibile. Si trattò di un intervento insolito nel clima, che riprese a valere in seguito, dell’indifferentismo politico del Club. È interessante rilevare, in un campo parapolitico, anche una spia dei tempi scoccata dentro il Rotary, quando il dottor Guido Panizza (1981) fu invitato a demolire totalmente ogni prospettiva dell’uso energetico della reazione nucleare, prodromo (referendum del 1987 e 2011) di un accanimento catastrofista e autolesionistico italiano, solo oggi in via di revisione, anche nella politica dell’Unione Europea. Frattanto erano entrati nel Club l’avvocato Giuseppe Castelli; il professor Mario Staffieri, primario di Otorinolaringoiatria presso gli Spedali Civili; nonché il preside della facoltà di Matematica dell’Università Cattolica di Brescia, il professor Giovanni Melzi. Una piccola nota, però importante nella vita del Club, fu la nuova sede della segreteria.

Si è accennato all’indirizzo prestato alla sede del Club dal socio Raffaele Orlandi, direttore della Banca Popolare di Lumezzane. Dopo il suo ingresso nel Club del professore Giuseppe Viani, nel 1973, e la sua nomina a segretario, ancora la sede di recapito postale del Club non poteva contare su nessun locale, poiché gli unici luoghi di incontro erano costituiti dalle sale dei ristoranti dove si svolgevano le conviviali. Anche in questo caso fu il professor Viani a offrire la propria dimora come indirizzo formale della segreteria del Club. In casa propria egli svolgeva quindi un affannoso compito, fatto di telefonate, scrittura di lettere, compilazione di moduli, scambio di rapporti con l’intero organigramma Rotary, accessi a uffici postali e bancari. Egli, dopo alcuni anni di grande sacrifici, chiese, nel 1978, di essere sollevato da un simile incarico, per l’impossibilità di svolgere in casa propria il lavoro di segretario. La segreteria, dopo aver migrato da via Moretto 42 a piazza Portegaia di Lumezzane, giungeva all’indirizzo cittadino di piazza Martiri di Belfiore 2, dove pare che la sede fosse condivisa con il Club Brescia, che dal 1972 aveva la sua segreteria appunto nella piazza Martiri di Belfiore. Proprio con il Club padrino si ebbero anche attriti circa la gestione della segreteria, tanto che Giuseppe Viani, il segretario del Brescia Nord, dopo aver esposto con affanno la pesante serie di incombenze alle quali doveva personalmente fare fronte, si dimise. Il ruolo di segretario, con l’impegnativa stesura dei notiziari e quant’altro, ricadde sulle robuste e collaudate spalle di Dante Anselmi. Anche la sede delle conviviali era tornata a cambiare, con il ritorno dall’“Hotel Vittoria” ancora al ristorante “Il Gentiluomo” di viale Europa, mentre per i mesi estivi si utilizzava l’“Hotel Vittoria” o la “Birreria Wührer”, mentre faceva capolino, per alcune occasioni, anche il ristorante “Carlo Magno” nella località collinare dei Campiani di Collebeato. Già in tempi in cui la citazione natalizia, secondo direttive europee, è sconveniente risulta interessante, culturalmente e sociologicamente, evocare le parole del presidente Franchi alla cena prenatalizia presso il ristorante “Il Gentiluomo”, il 18 dicembre del 1979: “Il Natale, come si sa, è la festa dell’amore, della bontà, della pace, che il Rotary fa propria, giacché le sue finalità sono improntate a questi sentimenti che, per la loro carica d’umanità, gli sono congeniali e sintetizzano una sola parola: Amicizia”.

L’ambiente provinciale era intanto giunto a soddisfare la richiesta di quell’espansione dei Club rotariani che da molti, soprattutto alti dirigenti, era invocata. Con l’assistenza del Governatore Ravizza e l’appoggio del già presidente Silvioli del Brescia si raccolsero le istanze di un vasto territorio della provincia di Brescia per l’insediamento di un nuovo Club. Si trattava di 64 comuni, stesi fra i corsi più a valle dei fiumi Oglio, a ovest, e Mella a est, a sud della Franciacorta. Il Club prese vita nel 1978 e si pose al quinto posto della graduatoria cronologica della formazione di Club nel Bresciano. Il suo nome fu Rotary Club Chiari, Oglio e Mella Inferiori. Il Club esiste tutt’oggi ma con una denominazione variata, conseguente a una decisione assembleare, suggerita dalla dirigenza distrettuale, anche dovuta a una profonda revisione del perimetro territoriale. Il Club dal 1986 prese infatti il nome, che tuttora ha, di Brescia-Franciacorta-Oglio.

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1979 - 1980 e 1980 - 1981 Presidente Marco Franchi - Segretario Dante Anselmi Per l’ultima presidenza biennale del Brescia Nord, dal 1979 al 1981, fu eletto l’industriale, dottor Marco Franchi, come accennato, figlio, con Raul e Attilio, del fondatore del Rotary in Brescia, Emilio Franchi.

Egli era a capo di una delle aziende generate dal filone iniziale, la Feltri Marone. Si è anche accennato all’importante presenza di sua moglie, Teresa, nella vita rotariana e in associazioni parallele. Già nel luglio del 1979 si verificavano alcuni eventi notevoli. Si dovevano porgere le condoglianze al socio Alberto Folonari per la morte di suo padre, il noto imprenditore e ingegnere Mino, mentre il socio Francesco Bresciani era nominato presidente dell’Ordine dei Commercialisti di BreRitratto fotografico di un giovane scia e Mario Zorzi diveniva presidente nazionale dell’Avis.

Marco Franchi, che fu presidente del Nel novembre del 1979 era felicemente accolto il Governatore, Club due volte: dal 1979 al 1981 e dottor Giorgio Valgimigli, il primo bresciano del Dopoguerra a rive- nel 1984-1985 stire tale carica, provenendo dal Club Lovere-Iseo-Breno. Il Valgimigli rilanciava il progetto internazionale definito “3 H”, ideato dal Rotary International, dove la sigla stava ad intendere le iniziali di tre parole chiave, nell’impegno rotariano: Health, salute, Hunger, fame, e Humanity. Teresa Franchi brillò anche in quella circostanza per poliedricità e attivismo, donando al Governatore un omaggio floreale, certamente connesso al Garden Club, la cui sezione bresciana la Franchi aveva fondato nel 1976, poggiato su un piatto di porcellana da lei decorato. Su due altri suoi vassoi di porcellana erano stati presentati per la cena altrettanti fagiani, “vittime della sua perizia venatoria”. Alla cena prenatalizia di quell’anno Teresa Franchi regalò anche alle signor piatti di porcellana, anch’essi da lei decorati. Un’altra signora era in quei mesi apprezzata, per altri motivi. Si trattava dell’amica professoressa Mariabianca Sironi Cita, cognata del socio Arnaldo Avanzini, che era stata più volte relatrice presso il Club. Era una paleontologa di fama nazionale come confermavano un suo apprezzato articolo pubblicato dal “Corriere della Sera”, nonché una sua partecipazione televisiva a un dibattito scientifico. Non meno attraente fu la presenza, nel febbraio del 1980, del sacerdote e grande pittore bresciano Renato Laffranchi, che, trattando del valore intellettuale e spirituale della creazione artistica, non risparmiava ironie e critiche a gran parte dell’arte contemporanea: “Qualsiasi attività umana, specie quando raggiunge le alte sfere dell’arte, racchiude un messaggio il cui contenuto è diretto a tutti e da tutti è recepito, anche se in modo differenziato. Non hanno quindi senso quelle rappresentazioni pittoriche che, ispirandosi a una pseudo-arte, hanno la pretesa di affermarsi celando la comprensibilità sotto un mal riposto tormento dell’artista. Nell’arte, è vero, c’è tensione, ma finalizzata alla ricerca della verità, giammai ad una posizione di comodo da parte di chi, definendosi magari artista incompreso, produce opere il cui significato è incomprensibile perfino a queLa ricorrenza del decimo anniversario della gli stessi critici che avranno scritto, con parole altrettanto oscure, fondazione del Brescia Nord fu celebrata di averne colto chissà che cosa”. con un modesto opuscolo che vantava Un impegno centrale della presidenza Franchi fu la celebraessenzialmente il service di restauro di un quadro dell’Abbazia di Rodengo Saiano zione del decennale della fondazione del Club, che cadeva nel

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“Ultima Cena”, dipinto secentesco di Grazio Cossali (Abbazia di Rodengo Saiano) prima e dopo il restauro effettuato a spese del Rotary Club Brescia Nord

1981. Per quella scadenza già nel 1979 Franchi scrisse una lettera al socio fondatore Arnaldo Avanzini perché organizzasse i festeggiamenti. Nel giugno del 1980 la decisione più importante era presa. Su proposta dei soci Ceni, Viani e Lechi si sarebbe restaurato un dipinto secentesco di Grazio Cossali, conservato presso l’abbazia di Rodengo Saiano, raffigurante l’Ultima Cena. La conviviale di celebrazione sarebbe stata tenuta presso la stessa abbazia, mentre si intendeva inoltre stampare un opuscolo sull’evento. Il dipinto era seriamente deteriorato ed efficacissimo fu il recupero per mano del Maestro restauratore bresciano Giuseppe Battista Simoni, come evidenziavano le fotografie riportate nell’opuscolo, dove era pubblicato anche un commento artistico del professor Gaetano Panazza, direttore dei Civici Musei di Brescia. Nella piccola pubblicazione era anche riportato il glorioso elenco dei soci fondatori, dei quali si dovevano compiangere tre deceduti e lamentare undici dimissioni. Fra il settembre e il novembre del 1980 si ebbero appuntamenti di alto livello qualitativo: dall’ottobrata al ristorante “Miramonti” alla visita allo stabilimento Dolomite dei Franchi, dalla visita all’acciaieria Isa, del socio Stefana, in Ospitaletto, alla relazione di uno dei più stimati esperti internazionali di chirurgia, soprattutto riabilitativa, della laringe, il socio Mario Staffieri.

Intanto, nel novembre del 1980, entravano nel Club due nuovi soci: il medico, professor Giovanni Baroncelli, figlio di un rotariano del Brescia, storico direttore della civica Biblioteca Queriniana, e l’avvocato Federico Di Maio, direttore generale della bresciana Intesa Finanziaria.

Ma un evento importante era sopravvenuto. Il peregrinare attraverso vari ristoranti, secondo la normale tradizione rotariana, per i Club Brescia e Brescia Nord stava per terminare. Il socio, ingegnere Benedetto Buffoli, come qui accennato, era il tecnico della “Casa di Dio”, l’ente plurisecolare che operava filantropicamente per l’accoglienza dei poveri e soprattutto per l’assistenza agli anziani non abbienti. La sede dell’ente occupava un vasto quadrilatero edilizio esteso fra le vie Moretto, S. Croce, Vittorio Emanuele II e Martiri della Libertà. Incluso nella proprietà, e non occupato dalle attività assistenziali, bensì in parte affittato per abitazioni, era il Palazzo della nobile famiglia Ave-

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roldi, cinquecentesco, ma con interventi protratti sino al Settecento. Il palazzo conteneva, al piano terra, uno dei luoghi residenziali più decorati dell’architettura bresciana, con vaste pareti affrescate dal Romanino e da Lattanzio Gambara, la crème dell’antica pittura bresciana. Benedetto Buffoli era al corrente che un vasto insieme di locali, al piano nobile del palazzo, al quale si accede da un sontuoso scalone, con accesso sia da via Moretto sia da via S. Croce, era rimasto sfitto. Quello che si poteva definire un “appartamento” era ricco di un salone immenso, con fastosi affreschi della fine del XVIII secolo, e una saletta, detta “Cinese”, per i dipinti murali che la rivestono, improntati all’evocazione di soggetti e modi orientali: un unicum nella pittura d’interni in Brescia. L’insieme si componeva inoltre di altri sei locali, utilizzabili per diversi usi. L’informazione che il Buffoli comunicò al presidente del Club Brescia Nord, Marco Franchi, si pensò inizialmente di utilizzarla per un uso privato, tant’è che i coniugi Franchi proposero l’appartamento al figlio Paolo, che andava verso le nozze. Le difficoltà del gradimento da parte del giovane Franchi spostarono l’idea di utilizzo come sede dei due Rotary Club cittadini. Il luogo era decisamente prestigioso ed evocativo delle lussuose residenze o delle sedi di ritrovo delle associazioni di nobili sei-settecentesche, prima fra tutte la citata secentesca Accademia degli Erranti, che aveva costruito per sé sia il Teatro Grande, sia l’annesso splendido “Ridotto”, una vera e propria sede di un club privato. L’idea di alloggiare nel Palazzo Averoldi, di via Moretto 12, risultò subito affascinante sia per il Brescia, soprattutto nella persona del suo presidente, ingegner Giuseppe Sgorbati, sia per il Brescia Nord, due Club che già avevano condiviso la segreteria di piazza Martiri di Belfiore. La decisione fu presa, furono scritti accordi di gestione e mercoledì 10 dicembre 1980 si inaugurò il fastoso salone del Palazzo Averoldi con la prima conviviale comune del Brescia e del Brescia Nord. L’arredo delle due sale più importanti della residenza fu curato da Teresa Franchi, che, anche in questo caso, manifestò il suo gusto, la sua efficienza e il suo impegno.

Ancora a Teresa Franchi si deve, nello stesso 1980, l’ingresso nel Rotary di una figura nuova,

Certificato di riconoscimento del presidente del Rotary International al Brescia Nord per il suo impegno nel programma 3H e in particolare in occasione della vaccinazione antipolio del primo milione di bambini delle Filippine, nel giugno del 1980

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strettamente legata all’inedita, grande sede comune ai due Club. La casa comune richiedeva una persona, da subito pensata come femminile, che regolasse le presenze e i passaggi, curasse le cene e gli appuntamenti, fungesse da organizzatrice e cerimoniere: insomma una governante. Teresa Franchi venne a conoscenza di Fulgenzia attraverso la cognata, che con essa condivideva il servizio umanitario dell’accompagnamento dei malati nei pellegrinaggi a Lourdes.

La trentottenne signora Fulgenzia Delaini, seria e nobile figura di cui si avrà occasione di parlare, entrò come dipendente del Rotary prima ancora che la nuova sede venisse aperta e collaborò con Teresa Nel clima di preparazione della nascita del nuovo Club Franchi per l’allestimento dei locali. Rimaneva, in- Brescia Ovest, al tavolo la signora Teresa Franchi, attivissima vece, con ruolo diverso, la segretaria amministrati- protagonista della vita rotariana. A sinistra, seduto, il segretario va, che proveniva dal Club Brescia, Margherita Acu- pluriennale del Brescia Nord, Dante Anselmi, e, a destra, seduto, uno dei presidenti, dal 1973 al 1975, del Club to. L’ultimo tocco di Teresa Franchi per la sala, in Lovere Iseo Breno, Luciano Raffaglio accordo con il marito Marco Franchi e con Dante Anselmi, membro della Deputazione del Teatro Grande, fu l’acquisizione, dal teatro appunto che lo dismetteva, del grande lampadario centrale che ancora oggi campeggia nella sala di rappresentanza, fitta di affreschi. Non poteva non giungere anche dal Distretto un riconoscimento ufficiale per Teresa Franchi e quindi il Governatore la nominò coordinatrice delle donne rotariane del Gruppo Leonessa. Va ricordato che ancora non esisteva in Brescia l’Inner Wheel, che, in Italia, vide la luce a Milano nel 1981. Si precisava che l’Inner Wheel aveva 50 anni di vita, ma in Italia era ben più giovane. Esistevano 2.377 Club Inner Wheel in 57 Paesi con 75.000 mogli di rotariani e parenti.

L’esordio milanese vide il confluire delle mogli dei soci di 14 Club. L’associazione, anche con il suo nome e il suo simbolo, della “ruota nella ruota”, si ispirava totalmente alle forme e ai valori del Rotary International, ponendo fra le sue primarie finalità l’amicizia, il servire e la fratellanza tra i popoli.

Intendeva ben differenziarsi dal Soroptimist, il noto club per le sole donne di successo. Prima presidentessa del primo Inner Wheel fu la professoressa Cilla Elmo. L’Inner Wheel non fu mai equiparato a un Club Rotary e non entrò nel Il socio Dante Anselmi, suo organigramma, come invece avveniva segretario per anni del Brescia Nord. Ai suoi accurati per il Rotaract. Tuttavia la sinergia fra le bollettini dobbiamo molte delle due fraterne associazioni fu sempre molto informazioni riportate in questo affettuosa, stretta e proficua. libro. Il suo ruolo di membro Il primo Inner Wheel bresciano, agdella Deputazione del Teatro Grande fu fonte di prestigiose gregato al Brescia, vide la luce il 15 aprile presenze nelle serate del Club da 1982, grazie all’azione di Teresa Navoni parte di personaggi Franchi, che ne fu anche presidente dal dello spettacolo 1982 al 1984. Per la nascita dell’Inner Wheel aggregato al Brescia Nord, ennesimo frutto della determinazione di Teresa Franchi, fondatrice, si dovette attendere, il 6 febbraio 1996.

Guidone Il 1981 vedeva anche l’ingegner Amisano, socio fondatore, essere dell’Inner Whell Brescia Nord

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Il salone delle conviviali nella sede di Palazzo Averoldi per i due Club Brescia e Brescia Nord

riconfermato, dopo nove anni, ancora per tre anni consigliere nazionale della Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali (Fndai) e il professor Camillo Bussolati diventare segretario in Brescia del Partito Repubblicano Italiano, mentre il socio magistrato Alfonsino Venditti era nominato presidente del Tribunale di Brescia. La qualità dei soci cresceva in corso d’opera, lungo la via rotariana.

Nell’annata erano intanto entrati nel Club alcuni nuovi soci. Erano il notaio Sandro Mazzola; il professor Giorgio Tiberio, primario della Divisione di terza Chirurgia degli Spedali Civili; il dottor Francesco (Franco) Bettoni, imprenditore agricolo, che sarebbe rimasto per molti anni a capo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia (CCIAA); e il dottor Luciano Malchiodi, piacentino di nascita, laureato in economia e ora commercialista.

Quest’ultimo socio sarebbe progressivamente cresciuto nella stima del Club, per il suo attaccamento autorevole alla vita rotariana e per le sue competenze, anche tecniche, nella foresta normativa, amministrativa e burocratica dell’associazione.

Gli eventi, pur importanti dei due Club bresciani avevano come sfondo una situazione generale che vedeva, nel novemIl guidone dell’ Inner Wheel Brescia, bre del 1980, i Club mondiali cresciuto sino al numero di creatura di Teresa Franchi 18.938, fitti di 875.000 soci, in 154 paesi. Erano stati 120 i nuovi Club in 33 Paesi, nell’ultimo anno. Nello stesso periodo lo sfondo della situazione generale vedeva sorgere una delle più gloriose e benemerite imprese internazionali del Rotary. Dal 1970 al 1972 era stato presidente del Club di Salò, l’amministratore della grande Cartiera Gardesana di Toscolano, Sergio Mulitsch di Palmenberg. La sensibilità del Mulitsch per l’afflizione infantile causata dalla diffusissima piaga della poliomielite, lo aveva indotto ad invitare al “Grand Hotel” di Gardone Riviera Albert Sabin, l’inventore del vaccino monodose per via orale contro quella che popolarmente era chiamata anche “paralisi infantile”. Sabin, pure fra contrasti e concorrenze, dopo studi già svolti negli anni Trenta, aveva messo a punto il vaccino

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a metà degli anni Cinquanta. Negli anni Sessanta il suo vaccino fu riconosciuto anche in Italia e la vaccinazione per i bambini fu resa obbligatoria. Pur consistendo la vaccinazione nella facilissima ingestione di una zolletta di zucchero impregnata, il che rendeva possibile immunizzare milioni di bambini in tempi relativamente veloci, la malattia continuava a falcidiare milioni di bambini nel mondo. Benché il professor Sabin, di origine polacca, ma naturalizzato americano e anch’egli rotariano di Cincinnati, avesse rinunciato ad ogni brevetto sul suo vaccino, non ricavandone quindi neppure un dollaro, la diffusione delle vaccinazioni incontrava molti ostacoli nei Paesi meno evoluti, dove l’organizIl presidente Rotary Sergio Mulitsch di Palmenberg, zazione e la logistica ponevano problemi insormontabili. che fu anche presidente del Club di Salò, ideatore La speranza ambiziosissima di Sabin e Mulitsch era invece dell’operazione anti-polio, con il grande scienziato che la malattia virale potesse essere eradicata, così come si che mise a punto la vaccinazione antipoliomielitica era potuto fare nell’immane impresa felice di far scomparire monodose orale Albert Sabin il vaiolo dalla faccia della Terra.

Per motivi professionali il Mulitsch, che apparteneva a un’antica e nobile famiglia di industriali presente nelle terre di Gorizia, si trasferì a Treviglio, dove fondò il Club rotariano locale, Rotary Club Treviglio e Pianura Bergamasca. Nell’anno rotariano 1984-1985 Mulitsch fu eletto Governatore del Distretto 204 e, grazie alla sua carica, ottenne che si avviasse un impegno finanziario del Rotary, prima lombardo e poi nazionale e internazionale, per l’eradicazione del virus. Avendo convinto il Rotary International, che già dal 1978 aveva iniziato ad interessarsi al problema, anche agganciandosi al vecchio progetto 3H, prese il via la ciclopica operazione che fu battezzata PolioPlus. L’inizio delle operazioni rotariane, nel 1985, avvenne nelle Filippine, quando da anni già si praticavano le vaccinazioni che, nel 1983 avevano visto l’immunizzazione praticata su 13 milioni

Veduta di una delle prime conviviali dei quattro club nella Rotary House, nel 1997

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di bambini. Dal 1985, due anni prima della morte di Sergio Mulitsch, un’immensa organizzazione mondiale del Rotary non ha mai smesso di lavorare, fra mille difficoltà per giungere al difficilissimo risultato. Le scadenze date non hanno sinora potuto essere rispettate perché anche l’eliminazione di 99,9 casi su 100 non basta e vi sono zone impervie, colpite da guerre, con popolazione polverizzata in territori immensi che non consentono di raggiungere anche gli ultimi focolai. L’impegno dei volontari del Rotary, il riconoscimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Unicef, le centinaia di milioni di dollari impiegati, i miliardi di bambini vaccinati, il generoso contributo del magnate Bill Gates, che ha offerto di versare due dollari per ogni dollaro impiegato dal Rotary, non sono ancora riusciti oggi, dopo 36 anni, ad azzerare la presenza del virus, ma l’azione contro la poliomielite resta forse il più noto e più pregevole fiore all’occhiello che il Rotary possa esibire nel mondo.

Il quadro del Rotary bresciano vedeva frattanto l’apparire di un nuovo Club, anch’esso insediato nella Bassa, confinante così strettamente con l’esistente Chiari, Oglio e Mella inferiori, da dover chiedere, e ottenere, da quest’ultimo una porzione di territorio. Anche per la costituzione di quel nuovo Club, che vide la luce nel 1980, con il nome di Brescia Sud Est Montichiari, il Governatore aveva incaricato l’efficiente Past president del Brescia Enrico Silvioli, che condusse felicemente in porto anche quell’operazione. Il numero dei Club nella provincia di Brescia giungeva così a sei.

L’estate del 1981 vedeva quindi, con Marco Franchi, terminare l’ultima presidenza biennale e iniziare la prima annuale, nella persona del marchese dottor Stefano Paolucci Delle Roncole, che, come accennato, era un commerciante di automobili.

1981 - 1982 Presidente Stefano Paolucci Delle Roncole - Segretario Dante Anselmi Sfortunatamente i documenti archivistici riguardo all’annata rotariana 1981-1982 sono costituiti da pochi fogli, che non consentono assolutamente di ricostruire le vicende di quel periodo.

Va però annotata la notizia che vedeva, nell’aprile del 1982, la nascita del primo Inner Wheel in Brescia, collegato al Club Brescia.

1982 - 1983 Presidente Mario Staffieri - Segretario Dante Anselmi Qualcosa di più si sa sull’anno successivo, 1982-1983, che vide la prestigiosa presidenza del professor Mario Staffieri, il quale, pochi anni dopo, nel 1985-1986, sarebbe divenuto il secondo Governatore distrettuale bresciano e il primo, e finora unico, Governatore proveniente dal Club Brescia Nord. Durante la presidenza Staffieri si ebbero visite a industrie di soci, come lo stabilimento di Luciano Gnutti in Lumezzane e ospiti illustri come la fondatrice del Centro Teatrale Bresciano, Mina Mezzadri, che, nella serata in cui fu ospite del Brescia Nord, era accompagnata dall’attrice Paola Pitagora, a Brescia per una tournée. Nell’annata si pose particolare attenzione alla stampa rotariana, ricordando che essa consisteva nelle riviste periodiche americane “The Rotarian” e “Rotary International News”, in lingua inglese, mentre in lingua spagnola era la “Revista Rotaria”. In Italia la rivista ufficiale era “Rotary”, accompagnata da “Realtà Nuova” entrambe stampate dall’editore che curava anche la produzione dell’“Annuario dei Rotary Club d’Italia”. Esistevano inoltre i

Il socio del Brescia Nord Mario Staffieri, stimato otorinolaringoiatra e unico socio del Club a raggiungere la carica di Governatore distrettuale inaugurando anche la nuova numerazione del Distretto 2050

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“Quaderni”, che contenevano monografie di singoli specialisti. Si citavano anche alcuni libri sino allora pubblicati, come Sette Vie verso la Pace e My road to Rotary o Rotary Basic Library. Mentre si replicavano, benché radi, incontri con rappresentanti dei Lions Club, svolgendo con quell’associazione anche service comuni, come l’iniziativa nazionale per la donazione del sangue, interessante fu anche la presenza di due autorità religiose, indice di un avvicinamento fra Rotary e Chiesa cattolica.

Si trattava di monsignor Giuseppe Cavalleri, rettore del Collegio “Arici”, e del vescovo di Brescia dal 1964 al 1983, Luigi Morstabilini, che partecipò alla prenatalizia del 1982.

D’altra parte, dopo pochi mesi, si svolse a Roma l’Incontro fra Papa Giovanni Paolo II e 3.000 soci rotariani italiani, accolti nella fastosa Aula Paolo VI. L’“Osservatore romano” ricordava che in Italia vi erano 30.000 soci rotariani in 400 Club, mentre in tutto il mondo i rotariani erano circa un milione. Il Papa si compiacque per l’attività umanitaria del Rotary e per i suoi ideali. Insistette sulla sollecitazione a proseguire nell’opera di servizio generoso al bene comune, per necessità materiali e spirituali. Giovanni Paolo II estrapolò dallo statuto rotariano il punto in cui il Rotary dice di non essere agnostico in materia religiosa e chiese ai soci di essere coerenti con le proprie convinzioni religiose e di rispettare quelle altrui. Furono citati alcuni dei motti del Rotary internazionale, improntati alla fraternità, alla generosità e soprattutto il motto “He profits most who serves best”, guadagna di più chi più si mette al servizio degli altri. I rotariani presenti in S. Pietro acquisirono anche l’indulgenza giubilare. Fu in quell’occasione che, sullo slancio dell’abbraccio con la Chiesa cattolica, il Past president del Club Roma sud, Giuseppe Furitano, scrisse quella preghiera del rotariano che ancora è conservata in cornice nell’attuale segreteria di Palazzo Averoldi. Logica di continuità concettuale vuole che si anticipino qui anche i contenuti dell’incontro che si ebbe il 14 dicembre del 1990 fra Sua Santità Giovanni Paolo II e i rappresentanti del Club bresciano Lovere-Iseo-Bre-

Il Distretto che include il Bresciano subì diverse denominazioni numeriche. Qui il gagliardetto della fase in cui il Brescia Nord si trovava in un Distretto contraddistinto dal numero 204. A destra, la preghiera del rotariano, appesantita da smaccato filantropismo inadatto a un’associazione nata con altri scopi e da un’inesistente trascendenza religiosa

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no. Il Papa, fra l’altro, disse: “Il vostro motto “servire” è tutto un programma, cari Rotariani. Esso richiama alla mente un requisito fondamentale. Di ogni ordinata convivenza: la famiglia, la città, la nazione non si reggono se i rispettivi componenti non sono disposti ad impegnarsi generosamente nel servizio che a ciascuno compete. Anche la vita della Chiesa pone una simile esigenza: ciascuno ha in essa il proprio ruolo da svolgere. Al Papa, in particolare, come “Servo dei servi” è riservato il ruolo di “presiedere alla carità universale” e di aiutare l’uomo nell’incontro con Dio Salvatore. […]

Conosco i meriti della vostra Associazione: essa ha una lunga tradizione di servizio e di carità. Onorando il vostro passato, sappiate sempre farvi carico dei molteplici problemi dell’uomo. […] Voi avete ogni giorno l’occasione di entrare in contato con le povertà di oggi: sappiate trovare soluzioni giuste nel rispetto della dignità dell’uomo”. Lo scemare della diffidenza nei confronti della vecchia Massoneria, capace quindi di infiltrarsi anche in Vaticano, e la rilevazione del diverso carattere del Rotary, ormai confermato da decenni di comportamento, stavano consentendo una sorta di pacificazione fra i due mondi.

1983 - 1984 Presidente Alberto Folonari - Segretario Dante Anselmi Ritornando ai primi anni Ottanta, si rileva la persistente preoccupazione degli armieri bresciani, in primis i Beretta, per la campagna ideologica contro la caccia, che ebbe riflessi anche nell’interesse di relazioni rotariane. Ma continuava l’impegno anche conto la droga.

Giungevano frattanto nel Club nuovi soci, come l’avvocato Pompeo Anelli; l’ingegnere Roberto Berlucchi; l’industriale nel campo degli ascensori Eros Balabio; l’ingegner Roberto Besenzoni; il commerciante nel settore idraulico-sanitario Carlo Clerici; e Giuseppe Minini, agente generale in vari istituti assicurativi; nonché Giuseppe Brodini, che era consulente societario e tributario. Già acquisiti erano invece il bancario Gianpietro Palazzani Serata di accoglienza dell’ospite, la famosa attrice Anna Proclemer, e l’ingegner Umberto Marino, alto dirigente accanto al presidente Alberto Folonari della Breda Meccanica.

Sul piano più vasto, continuavano a giungere dalla dirigenza distrettuale sollecitazione per la formazione di nuovi Club. Si osservava quanto fosse inopportuno che i Club debordassero nel numero degli iscritti e si affermava anche che, in un’Italia con 7 Distretti, 24.000 soci e 380 club, in una Lombardia dove si trovava un rotariano ogni 2.400 abitanti vi era spazio per forti crescite.

Si comunicava che esisteva la possibilità di creare Club in una medesima città, anche con confini territoriali non esclusivi, chiamati “Club supplementari”. In reazione emergeva la proposta del Club di Salò di costituire un nuovo Distretto che includesse tutti i comuni rivieraschi del Garda, sia sulla costa bresciana sia su quella veronese, con le province di Brescia, Trento, Verona e Mantova. Più realistica era la constatazione che il Club Lovere-Iseo-Breno operava in un territorio troppo esteso. La questione fu presa in seria considerazione anche dal Governatore Libero Mazza che ufficialmente sollecitò, nel maggio 1984, la costituzione di un nuovo Club che si ritagliasse porzioni del Lovere-Iseo-Breno, ma anche del Brescia Nord. Tuttavia la concreta determinazione di avvio

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Nella cartografia, in questa pagina e in quella a fronte, le laboriose spartizioni territoriali che coinvolsero, per la nascita del Brescia Ovest, i Club Brescia Nord e Lovere Iseo Breno

dell’Operazione si era già espressa in una lettera del novembre 1983 nella quale il Past president del Club sebino, l’avvocato Luciano Raffaglio, comunicava al presidente del Club Brescia Nord l’avvio della proceduta per la formazione del nuovo Club.

Contemporaneamente il Governatore Mazza, del Distretto 204, comprendente l’intera Lombardia, aveva scritto ad Arnaldo Avanzini, del Club Brescia Nord e coordinatore del Gruppo Leonessa, per avere con lui numerosi colloqui, che i due rotariani svolsero al fine di giungere alla costituzione del nuovo Club, con il contributo anche di soci come il professor Paolo Franzosini, di una commissione distrettuale nonché del Past president Luciano Malchiodi, di Dante Anselmi, Giorgio Valgimigli, anch’egli Past Governor, Alberto Folonari, ormai presidente del Brescia Nord, Eugenio Ballerio, presidente del Club Lovere-Iseo-Breno e Gian Fausto Capra che, pur essendo presidente del neonato Club Brescia Sud Est-Montichiari, fu tra coloro che si iscrissero al nuovo Club in fase di gestazione. Arnaldo Avanzini scriveva al Governatore, il 10 febbraio 1984, che il Consiglio del Brescia Nord aveva deliberato di cedere parte del suo territorio, da integrarsi con la più massiccia cessione del Club sebino-camuno, per la costituzione di un Club “suppletivo”, da denominarsi Brescia Ovest, del quale il Brescia Nord intendeva costituirsi come Club Padrino. Il Brescia Nord fu anche di più, poiché Arnaldo Avanzini, dopo aver contribuito a fondare il Club di Salò e il Brescia Nord, finì per trasferirsi nel nuovo Club Brescia Ovest, come peraltro alcuni altri soci, e ne divenne presidente nel 1986-1987. Il primo presidente del Brescia Ovest, che, in una serata al ristorante “La Sosta”, il 4 settembre del 1984, ricevette da Alberto Folonari la campana e lo stendardo, come era obbligo del Club Padrino, fu invece l’avvocato Luciano Raffaglio, che già era stato presidente del Lovere-Iseo-Breno. Laboriosa fu la perimetrazione del nuovo Club, allora ancora ritenuta molto

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importante. Curioso era il riconoscimento del territorio del nuovo Club: “I limiti territoriali di tale Club saranno gli stessi del Club Padrino”. Quindi il territorio di competenza del Brescia Ovest si sovrapponeva esattamente a quello del Brescia Nord, con l’aggiunta però, ad ovest, di alcuni comuni della Franciacorta che furono ceduti dal Club Lovere-Iseo-Breno.

Si trattava dei comuni di Ome, Monticelli Brusati, Rodengo Saiano, Provaglio di Iseo e Corte Franca.

La direttiva di Luciano Raffaglio per l’inclusione dei soci fondatori avrebbe dovuto ottemperare ai seguenti criteri: “Dobbiamo scegliere gente conosciuta, stima- Nel gruppo di protagonisti della nascita del Brescia Ovest, a sinistra Luciano Raffaglio e, a destra mentre stringe la mano, Arnaldo Avanzini dietro il quale è ta e di livello, ma qualche aper- il Governatore, socio del Lovere Iseo Breno, Giorgio Valgimigli tura, prudente, dobbiamo farla anche a gente modesta”. I soci fondatori furono 44. Fra essi apparivano molti docenti universitari.

L’Università statale in Brescia era decollata da pochissimi anni e diversi insegnanti iniziavano ad apparire fra i soci Rotary. Non sarebbero stati in pochi a giungere anche nel Club Brescia Nord.

Il Brescia Ovest è l’unico Club di cui, a tutt’oggi, il Brescia Nord sia padrino. Come accennato, il presidente del Brescia Nord, per l’annata 1983-1984, fu Alberto Folonari, membro centrale dell’importante stirpe, di origine camuna, attiva sino dal XVIII secolo nel commercio e nella produzione di vino. I fratelli Italo e Francesco trasferirono alla fine dell’Ottocento la sede della loro azienda in Brescia, dove la fortuna affaristica crebbe sino a consentire alla ditta una nuova sede progettata dall’ingegner Egidio Dabbeni, nei pressi della linea ferroviaria. L’espansione avvenne anche con l’acquisto di grandi e pregiati vigneti, in tutta Italia, ma soprattutto in Toscana, con una predilezione per il vino Chianti, in particolare Ruffino. Alberto fu soprattutto impegnato nell’attività finanziaria ed ebbe importantissimi ruoli anche nella banca Credito Agrario Bresciano. Nel Club Brescia, nel 1970, vi erano tre soci della famiglia Franchi: Francesco, Giovanni e Italo. Alberto aveva sposato la figlia dell’importante avvocato romano Carlo D’Amelio, legale della Casa reale e già presidente del Rotary Club Roma Sud, nonché Governatore, come già nel 1979, con il quale il Brescia Nord ebbe un gemellaggio, derivante dai rapporti personali fra Alberto Folonari e la moglie Marita. Il D’Amelio apparteneva a uno dei cinque Club romani che nel 1970, durante un grande congresso del Rotary, regione E.N.A.E.M. (Europa, Nord Africa e Mediterraneo), avevano consegnato a Roma e all’Italia un’Ara Pacis completamente restaurata con finanziamenti Rotary. Un gruppo di soci del Club romano fu in visita a Brescia, intrattenuto con varie visite alla città e nella provincia. Alberto Folonari, oltre ad essere orgogliosamente ateo e fieramente anticattolico, fu tra i rotariani che più volte affermarono quanto non piacesse loro la deriva elemosiniera del Rotary: “Il Rotary non è la S. Vincenzo”. Durante l’annata 1983-1984 rimase nella memoria l’incontro, anche grazie alla presenza dell’ingegner Sironi del gruppo costruttori, nipote di Arnaldo Avanzini, con due componenti dell’equipaggio della celebre imbarcazione “Azzurra”, indimenticata protagonista della gara in Louis Vuitton Cup. Interessanti furono anche le relazioni del professor Porteri

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sull’economia bresciana; di Carlo Clerici sull’arte contemporanea, della quale era, ed è, esperto; di Giovanni Bazoli, già sulle vette delle cariche bancarie, che parlò del Banco Ambrosiano.

Essendo già entrati due nuovi soci, il medico professor Giuseppe Ferrari Parabita, e il professor Giovanni Ragnotti, preside della Facoltà di Medicina della neonata Università di Brescia, si aggiunsero inoltre i soci Costante Guerrini, Aurelio Jannucci, Giuseppe Odolini e Paolo Franchi, figlio del socio già presente, Marco, nonché il più giovane socio ad essere cooptato nel Club. Aveva solo 35 anni e succedeva, nel ruolo di cadetto nel Club, all’eguale ruolo avuto, a suo tempo, da Ugo Gussalli Beretta. Paolo Franchi era già sposato con una signora sudafricana, aveva due figlie ed era direttore di produzione dell’industria di famiglia, la Feltri Marone. Costante Guerrini era un importante commerciante di rottami di ferro, mentre Aurelio Jannucci, dopo una carriera bancaria nella Banca S. Paolo, era direttore della filiale in Brescia dell’“American Service Bank”. Giuseppe Odolini apparteneva invece ad una famiglia di commercianti ortofrutticoli e aveva saputo, con i fratelli, creare la catena di supermercati Italmark e Italfrutta.

Interessanti furono i risultati di un’indagine demoscopica sulla posizione politica del soci rotariani in Lombardia, eseguita dall’Università statale e dalla Bocconi sulla metà dei 4.006 iscritti compresi nel Distretto 204. Dalle conclusioni si evinceva che i rotariani risultavano, nella stragrande maggioranza, elettori dei partiti di centro. Il 95% dei soci dichiarava che non avrebbe mai votato per il Partito Comunista Italiano. Contrari al Partito Repubblicano erano l’83% e al Movimento Sociale Italiano il 64%. Manifestavano grande interesse per la cultura della politica e, ancor più, per la cultura del lavoro. Ritenevano in maggioranza che il finanziamento pubblico dei partiti dovesse essere molto controllato, richiedevano la diminuzione del numero dei parlamentari e deprecavano l’influenza della politica sulla magistratura.

Erano molto interessati ai problemi dell’ecologia ed estremamente a favore della costruzione di centrali nucleari.

Era già tempo di applaudire il socio del Brescia Nord, Mario Staffieri, per la sua elezione alla carica di Governatore del 204° Distretto per l’anno 1985-1986. Come accennato, lo Staffieri fu il secondo bresciano a salire a quella carica nonché l’unico socio del Club Brescia Nord ad essere eletto Governatore. Ma quello non fu l’unico primato dello Staffieri. Come si preciserà, egli fu l’inauguratore del Distretto 2050, nel quale tuttora si trova il Club Brescia Nord. Per i pranzi estivi fu, in quel 1984, scelto il ristorante bresciano “Ca Nöa”, mentre il viaggio in Firenze, per incontrare gli amici di Houilles-Bezons, aveva incluso una sosta in Nozzole, Pontassieve e altri centri vinicoli, presso le tenute Folonari. Prima della conclusione dell’annata entravano altri soci: Virgilio Becchetti, titolare di un’industria di famiglia, produttrice di oggetti da cucina, ma anche imprenditore zootecnico; il notaio Gerolamo Calini; Giuseppe Frigo, noto avvocato; e Giuseppe Lucchini, figlio di Luigi, che, dal 1984 al 1988, fu il guidone del Brescia Nord quando rientrava nel 205° Distretto, una delle fasi presidente nazionale di Confindustria. Anche per quel contesto cronologiche delle variazioni numeriche una serata fu riservata all’incontro fra il direttore del “Giornale del Distretto di Brescia”, Giambattista Lanzani, e il bresciano Ugo Calzoni, il vulcanico e brillante direttore del personale e delle relazioni industriali del Lucchini stesso. Come ciliegine sulla torta di quell’annata vanno ricordate le serate con la grande attrice Anna Proclemer e con la celebre ballerina Carla Fracci, presente a Brescia per uno spettacolo e invitata presso il Club dal socio del Brescia, Pier Giuseppe Beretta, deputato del Teatro Grande. Anche in seguito, grazie ai soci membri della Deputazione del Teatro Grande, Anselmi e Bonicelli Reggio, furono ospiti di

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Il guidone del Brescia Nord, fronte e retro, con la definitiva e attuale appartenenza al Distretto indicato con il numero 2050

serate Rotary anche gli attori Giorgio Albertazzi e Marina Malfatti.

Il presidente Alberto Folonari, concludendo il suo mandato, ringraziava i suoi due vicepresidenti, Luciano Malchiodi e il professor Francesco Valenti, quest’ultimo presidente entrante per la direzione dell’anno rotariano 1984-1985. Il Valenti era primario ospedaliero in Brescia nel secondo reparto di Anestesia e Rianimazione. Folonari, nel discorso del passaggio delle consegne, affermava di congedarsi con “qualche rincrescimento augurandosi che l’amico Valenti, in procinto di subentrargli, potesse continuare gli argomenti solo accennati: il rapporto Università-Impresa e Università-Medicina, l’autostrada diretta Milano-Brescia e una maggiore attenzione verso l’Interact”. Il professor Valenti ringraziava e lodava l’impegno e il carisma dell’amico Folonari, “che aveva coinvolto profondamente i Soci del club incrementando l’amicizia reciproca. Saranno certamente approfondite le problematiche suggerite dall’amico Folonari”. “L’amico Valenti – proseguiva il notiziario stilato, al solito, da Dante Anselmi – concludendo tra gli applausi, chiede la comprensiva collaborazione di tutti e… tanti fraterni, amichevoli auguri di buon avvio!”. Era il 21 giugno del 1984.

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Carta geografica del Distretto quando aveva nome 204, sia pure con diversi errori come quello che indica un Brescia Nord nella legenda ma non nella mappa ed esclude nella legenda sia il Club di Salò sia il Club iseano-camuno

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1984 - 1985 Presidente Francesco Valenti e Marco Franchi Segretario Daniele Bonicelli Reggio Francesco Valenti non poté beneficiare degli amichevoli auguri di buon avvio. Dopo pochi giorni morì. Come diceva, con accorate e commoventi parole di compianto, Giovanni Marini, che aveva proposto l’ingresso del Valenti nel Club, il medico e amico, sfortunato e frustrato nella vita, era da tempo malato in forma grave e tuttavia viveva con fiducia nel futuro, tanto da rendersi disponibile alla presidenza del Club.

Tuttavia, nonostante i buoni riscontri clinici, egli era improvvisamente mancato, a soli 54 anni. La gestione della vita del Club fu presa in mano dal secondo vicepresidente Luciano Malchiodi, che, dopo lo shock generale per l’evento, tentò di avviare l’annata, fortunatamente rallentata dalla pausa estiva.

Accanto ai pranzi colloquiali approntati nel ristorante “Ca Nöa”, l’unico evento piacevole in quell’estate fu il successo del socio Carlo Clerici, evidentemente appassionato e abile Due soci di rango del Brescia Nord, nonché presidenti per due tornate ciascuno, Marco velista, nella regata gardesana denominata “Centomiglia”, la Franchi, a sinistra, e Luciano Malchiodi celebre gara nata nel 1951 e famosa in tutto il mondo. Carlo Clerici era il proprietario, costruttore e membro dell’equipaggio della barca “Avant Garde”, realizzata con una delle prime applicazioni di materiali ultramoderni, derivati dalla ricerca spaziale: albero in fibra di carbonio, sartiame in Kevlar e vele in Mylar e Kevlar. La barca ripeté il successo nella Centomiglia del 1985, dopo aver dovuto perdere il primato nel 1983, quando, essendo ampiamente in testa, dovette arrendersi per la rottura del timone. Alla ripresa autunnale della vita rotariana, all’inizio di settembre del 1984 Luciano Malchiodi si adoperò perché fosse nominato un nuovo presidente e la scelta unanime cadde, per la seconda volta in pochi anni, su Marco Franchi, uno dei soci fondatori del Club, amministratore delegato della ditta Feltri Marone. Per questi motivi, nell’elenco cronologico dei presidenti del Club, all’annata 1984-1985 appaiono i due nomi di Francesco Valenti e Marco Franchi.

Mentre iniziava la nuova annata del Club novità giungevano dal Distretto, che decideva di abbandonare la propria denominazione numerica (204° Distretto) con la divisione in due aree: una, con il numero 206, comprendente 35 Club, parte di Milano e il sud della Lombardia, e un’altra, con il numero 205, con 33 Club, la porzione settentrionale di Milano e il nord della Lombardia.

Brescia rientrava in quest’ultimo, nuovo Distretto, il 205°. Fu proprio nel Bresciano, presso l’abbazia di Rodengo Saiano, che si tenne la prima assemblea del neonato Distretto 205. Si segnala anche l’arrivo del bresciano Enzo Cossu al ruolo prestigioso di segretario distrettuale, un gradino che faceva presagire la straordinaria carriera rotariana dell’avvocato bresciano. Rapidamente, però, la numerazione e le perimetrazioni distrettuali evolvettero e, già nel 1985, il Distretto 204 divenne il 2004 e infine il 2050, numero che ancora oggi lo contraddistingue.

Fra le relazioni citabili si possono collocare l’intervento del socio Angelo Rampinelli, sul problema degli sfratti in rapporto alla nascita del quartiere di S. Polo Nuovo, del critico d’arte Luciano Anelli, che illustrò i restauri eseguiti nella quattrocentesca chiesa di S. Maria del Carmine, in Brescia, dove guidò anche una visita, del sacerdote artista Renato Laffranchi, che disquisì, da par suo, di Raffaello, di Daniele Bonicelli Reggio, che, anche in quanto deputato del Teatro Grande e in occasione della preparazione dei due volumi sulla storia del teatro bresciano, descrisse, appunto, il tesoro cittadino costituito dall’antico luogo di spettacolo, del sacerdote Costante Scarpellini, che

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tenne un’accorata e complessa conferenza sulla questione giovanile e, sul versante scientifico, del professor Lodi Rizzini, del Cern di Ginevra, che parlò delle particelle subatomiche. Il socio Giuseppe Frigo, allora esperto avvocato, ma inconsapevole dell’importantissima carica che gli sarebbe stata riservata, espose una severa relazione sulla carcerazione preventiva, mentre Agostino Mantovani tenne un discorso sull’agricoltura italiana in rapporto all’europea. L’ingegner Francesco Ceni ebbe il compito di riflettere tecnicamente su uno degli eventi atmosferici più notevoli degli ultimi decenni, quello che ancora è ricordato come “la grande nevicata”. Con una precipitazione continua, durata quasi due giorni, si accumularono in Brescia, come in molti altri territori, 80 centimetri di neve che crearono un paesaggio assolutamente fantastico, ma anche mille problemi, come il pressoché totale blocco del traffico di veicoli, e infiniti danni. L’ingegnere spiegò come si potessero essere verificati così tanti crolli di capannoni, tettorie, tetti e persino del velodromo Vigorelli di Milano.

Ancora una volta, nel novembre del 1984, il Club doveva dolersi della scomparsa del socio, avvocato Giuseppe Castelli, sulla cui figura e biografia il vero amico Luciano Bellini tenne una sentita orazione, che va citata perché si possa cogliere quale sia il vero significato dell’amicizia nel Rotary: “Per Castelli l’Avvocatura è stata qualcosa di più di una professione: è stata un modo di essere della sua personalità. Il calore che lo animava nella difesa degli interessi dei suoi assistiti che riteneva violati era la misura della profondità dell’ingiustizia, da qualunque parte provenisse. Inoltre, chi si rivolgeva a lui per un aiuto non andava mai via a mani vuote. E ora che tutto ciò ci è venuto meno, come si è spento il suo luminoso sorriso, ci sentiamo veramente un po’ più poveri e un po’ più soli”.

Rientrando nella quotidiana vita rotariana va segnalata l’opportuna illustrazione che tenne, in una conviviale del Club, il socio rotariano di Como Pietro Baragiola, già Governatore e ora presidente della Rotary Un riconoscimento del Brescia Nord da parte del Rotary International nel 1984 Foundation (R. F.). Ogni tanto conviene che anche i soci vengano nuovamente ragguagliati sulla realtà di organi rotariani di cui tutti sentono parlare, ma dei quali pochi sanno quali siano le effettive funzioni. Il Baragiola spiegò che la Fondazione vive dei contributi che le pervengono da tutti i Club del mondo. Nata nel 1917, per iniziativa dell’allora presidente internazionale, Arch C. Klumph, già nel 1948 aveva raggiunto introiti annuali ammontanti a un milione di dollari. La Fondazione è il fondo del Rotary International. Una definizione giuridica netta si ebbe con la “Dichiarazione di gestione” del 1931 che definì la Fondazione come figura autonoma, con 11 amministratori propri, nominati dal presidente del Rotary International, che ogni anno scelgono un loro presidente, servendo senza alcun compenso.

Nel 1965, si ricordava, furono diffuse nuove determinazioni che precisavano come “l’obiettivo della R. F. è quello di incoraggiare una migliore intesa e promuovere relazioni cordiali fra i popoli di differenti nazioni in virtù di concreti ed efficaci progetti di natura filantropica, sociale, educativa e, ad ogni modo, benefica. Le attività con le quali la R. F. realizza gli obiettivi si concretano ormai da anni in questi quattro punti: borse di studio, scambio di gruppi di studio, sovvenzioni speciali e sovvenzioni al programma 3H”. il riconoscimento della Paul Harris Fellow era originariamente riservato a chi versasse alla R. F. 1.000 dollari. In seguito dell’esborso si fece carico il Club che intendeva assegnare a qualcuno, soprattutto ai soci, una onorificenza in riconoscimento di particolari

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Arnaldo Avanzini riceve un premio per il suo lungo impegno rotariano durante una serata che vedeva ospiti i gemellati francesi di Houilles-Bezons. Presidente, a destra, Marco Franchi

meriti. Ora, diceva il dirigente, l’introito annuale è di 22 milioni di dollari, che egli equiparava a 40 miliardi di lire. Le spese di gestione erano affrontate con i soli interessi del capitale, che invece era impiegato, per il 70%, nell’assegnazione di borse di studio ai più diversi destinatari: dagli studenti universitari ai professori che tenevano corsi in Paesi sottosviluppati, giornalisti e insegnanti portatori di handicap. Ogni Distretto aveva diritto a una sola borsa di studio di 30 milioni di lire, più una borsa di studio “supplementare”, ogni 19.000 dollari versati. Altre somme importanti di denaro erano impiegate, nel quadro del Piano 3H, per il gemellaggio fra Distretti molto lontani fra loro, con scambi di giovani, e soprattutto per il programma “Polio 2005”, dove il numero indicava l’anno di completamento, malauguratamente solo sperato, per l’eradicazione del virus patogeno.

Ricordiamo che, come accennato, proprio in quell’anno era Governatore del Distretto il bresciano d’adozione Sergio Mulitsch, che dell’azione rotariana contro la poliomielite è ritenuto il padre.

Nell’annata rotariana entrarono come nuovi soci personalità come Francesco Passerini Glazel, direttore amministrativo dell’editrice del “Giornale di Brescia”; il professor Marco Perini, docente di Musica; il ragionier Volfango Sommazzi, direttore generale della banca Credito Agrario Bresciano; Arrigo Staffieri, notaio, figlio del socio Mario; il dottor Sperandio Giordani, consigliere di un’azienda siderurgica; e il Grande Ufficiale Enrico Ranzanici, titolare di un noto e grande negozio cittadino. Tuttavia, senza nulla togliere ad altri, furono due i soci di altissima qualità culturale e professionale che entrarono in quell’anno nel Club: il professor traumatologo dell’Università e dell’Ospedale di Brescia, Giorgio Brunelli, già rotariano a Chieti e notissimo chirurgo e ricercatore, pioniere nel campo della Microchirurgia; nonché la straordinaria personalità del filosofo bresciano EmaIl grande filosofo bresciano Emanuele Severino che onorò con la sua presenza il Brescia Nord nuele Severino, pensatore noto in tutto il mondo.

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Una nota di insolita caratterizzazione politica toccò il Club con l’elezione nel Consiglio comunale di Brescia del professor Camillo Bussolati, segretario locale del Partito Repubblicano Italiano.

1985 - 1986 Presidente Luciano Malchiodi Segretario Daniele Bonicelli Reggio Il 1985 segnava l’ottantesimo anniversario della fondazione del Rotary e veniva spontaneo esaltare il ruolo e le attività del suo operare sempre più intenso e riconosciuto. Si ricordava che era stato su sollecitazione e idea del Rotary britannico che era nato l’Unesco, mentre da ambienti del Rotary italiano erano nate e sostenute le idee per la fondazione di una Università di Milano, per merito del celebre ostetrico Luigi Mangiagalli, e per la costruzione delle più importanti autostrade italiane. Sul piano internazionale, lo spirito comunitario del Rotary vantava il suo contributo nella formazione dell’unione europea e il suo operare come pacificatore nei conflitti nordirlandese e nello scontro fra Egitto e Israele. A spianare i risentimenti postbellici si ricordava anche la costituzione della “Casa dello studente italiano” a Parigi. Il Rotary poteva anche vantare, dal 1962, l’istituzione del Premio Internazionale Galileo Galilei, dei Rotary italiani, con sede a Pisa, e chiamato il Nobel italiano. Era riservato a un prescelto studioso straniero che si fosse interessato di un argomento inerente all’Italia.

Svettava, sui meriti rotariani, l’ormai celebre campagna filantropica contro la poliomielite. Coincise con questo orgoglio del Rotary italiano la curiosa, nonché casuale circostanza che vide assegnata, nel giugno 1986, proprio a un nuovo socio del Brescia Nord, Valter Semeraro, vicedirettore del “Giornale di Brescia”, la tessera numero un milione del panorama mondiale. Ulteriore motivo d’orgoglio per il Brescia Nord, presieduto Uno sportivo Luciano Malchiodi nel ruolo di conduttore del gruppo di viaggiatori del da Luciano Malchiodi, fu, nel 1985-1986, l’insediamento Brescia Nord durante una gita del Club come Governatore di un Distretto che, per la prima volta, si chiamava 2050, del socio Mario Staffieri. Il Distretto 2050 nasceva dalla suddivisione del Distretto 204 in 204 e 205. Formalmente il Distretto 205 assunse la denominazione di 2050 solo nel 1991-1992 quando racchiuse in sé le province di Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Piacenza e alcuni comuni della provincia di Milano. All’onore per il socio Staffieri Governatore si abbinò il compiacimento per la candidatura di un altro bresciano, Enzo Cossu, come Governatore per l’anno 1987-1988.

Nel 1986 si concretizzò anche la celebrazione, già preparata dalla presidenza Franchi, del 15° anniversario della fondazione del Club. Per celebrare i due traguardi il Brescia Nord regalò al Museo Diocesano di Arte Sacra il restauro di un dipinto molto degradato, raffigurante il Beato francescano Serafino da Montegranaro, di autore ignoto, della fine del Cinquecento. Nuovi soci dell’annata furono il professore universitario Gianni Giustina, direttore della seconda Divisione di Medicina degli Spedali Civili; e il professor Gianfranco Spano, ordinario di Farmacologia. Altro nuovo socio, appartenente a una nota famiglia di commercianti di legname, nonché di pionieristici costruttori

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di grandi manufatti in legno, dalle case prefabbricate agli aerei, fu Mario Pasotti. Si ricorda che in Brescia esiste anche un nucleo residenziale, nei pressi di via S. Rocchino, che ha nome di Villaggio Pasotti, sorto per iniziativa di quegli imprenditori. Nuovi soci furono anche l’architetto Paolo Dabbeni, nipote e figlio di due importanti rotariani del Brescia, e il ragioniere Guglielmo Rolando, direttore della filiale bresciana del Credito Italiano. Mino Martinazzoli era nominato socio Il curioso riconoscimento come milionesimo socio onorario. Fra le relazioni notabili si possono ricordare mondiale al membro del Brescia Nord Walter Semeraro la prima esibizione dell’eclettismo di Giorgio Brunelli, che parlò dell’arte nella medicina e della medicina nell’arte; l’incontro con il direttore del “Corriere della Sera”, Piero Ostellino; la conferenza del direttore della Civica Biblioteca Queriniana, con visita alla medesima, sulla storia della gloriosa istituzione, nata nel Settecento e diretta con alta professionalità, anche da Ugo Baroncelli, padre del socio, nonché dal giornalista e scrittore Renzo Bresciani.

Il regista cinematografico bresciano, Franco Piavoli, fu invitato per parlare del suo film Il pianeta azzurro; mentre il sindaco Pietro Padula parlò della città e Mino Martinazzoli spiegò la sua critica alla legge sull’amnistia. Damiano Gnutti narrò della caccia; al cinghiale e del sentito problema delle tendenze legislative e culturali contro la caccia, mentre un medico svizzero trattò la questione ancora d’avanguardia del trapianto cardiaco; e Roberto Ghessi espose il tema delle trasfusioni di sangue, nell’ambito dell’Avis, della cui sezione bresciana, una fra le prime di quell’associazione, si celebrava il 50° anniversario della fondazione. Interventi interessanti furono anche quelli di Ottorino Milesi esperto di questioni agricole con importanti ruoli dirigenziali; e dell’ex provveditore agli studi Vincenzo Giffoni. Il presidente Malchiodi, congedandosi, esprimeva un gentile ringraziamento alla segretaria del Club, Sandra Masini Noli e all’efficientissima governante della sede Rotary, Fulgenzia Delaini. I festeggiamenti per il Brescia Nord potevano concludersi liricamente grazie alla poesia che l’amico, socio Del Roma Sud, Giuseppe Furitano, l’autore della preghiera del rotariano, aveva stilato in lode della città: “O Brescia dolce e fiera / oltre i tuoi miti / che t’han reso leonessa / io guardo a l’industriosa / tua gente / che ne la dignità del suo silenzio / va creando l’Italia…”.

Una serata presieduta da Luciano Malchiodi che presentava il relatore Mino Martinazzoli, futuro ministro della repubblica

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1986-1987 Presidente Carlo Alberto Quaranta - Segretario Daniele Bonicelli Reggio Per condurre la vita del Club Brescia Nord nell’annata 1986-1987 fu scelto il professore Carlo Alberto Quaranta, apprezzato docente universitario e direttore del reparto di Oculistica degli Spedali di Brescia. Nel panorama rotariano mondiale emergevano interessanti prese di posizione, di portata epocale, circa l’ammissibilità delle donne come socie nei Club.

Era il Governatore a riprende il tema internazionale, osservando che su 1.021.000 soci nel mondo esistevano solo 15 donne. Nel Club il tema cadde nel vuoto e se ne sarebbe riparlato negli anni successivi. Frattanto si contavano altri successi bresciani e rotariani.

L’imprenditore siderurgico Luigi Lucchini era presidente nazionale di Confindustria, mentre il socio Francesco Bettoni, già presidente di Upa, Unione Provinciale degli agricoltori, di Brescia, veniva eletto vicepresidente Il presidente professor nazionale di Confagricoltura. Rimanendo nell’ambito del settore Agostino Carlo Alberto Quaranta Mantovani tenne una conferenza sulle attività agro-venatorie e sul futuro della caccia. Altre serate interessanti si succedettero con interventi dei soci Brunelli sulla brescianità, di Sommazzi, sulla Banca d’Italia, di Rampinelli, sul cavallo nella storia, di Frigo, sulle modifiche nel Codice penale, del dirigente dell’Azienda Servizi Municipalizzati, ingegner Vittorio Cinquini, sulla circolazione e il traffico veicolare in Brescia, dell’assessore alla cultura regionale Andrea Cavalli, di Giuseppe Guzzetti, esemplare presidente-Governatore della Regione Lombardia, del professor Giancarlo Piovanelli sul Broletto di Brescia e del dottor Giuseppe Berruti sui laghi alpini, del socio Guglielmo Rolando, sulle razze canine, e del neo-socio Paolo Dabbeni, curiosamente imperniato sulle vicende omeriche del ritorno di Ulisse. Chi scrive tenne una conferenza sulla storia del Castello di Brescia e sul connesso Sacco di Brescia del 1512, mentre una pregiata conviviale si concluse con le musiche del pianista Ennio Pastorino, allievo di Arturo Benedetti Michelangeli, che, anche conoscendo l’interessamento del Rotary bresciano per la carriera del supremo musicista, definì il Michelangeli il più grande musicista della storia, come figura di esecutore e interprete di opere scritte da altri. Svettava fra gli eventi più gloriosi dell’industria bresciana, la difficilissima vittoria dell’industria d’armi Beretta, gestita dal titolare, il socio Ugo Gussalli Beretta, per la fornitura di pistole all’esercito americano.

Nell’annata furono accolti come nuovi soci Giovanni Lonati, titolare della più prestigiosa ed elegante tipografia bresciana, Igb (Industrie grafiche bresciane); il professor Lorenzo Alessio, specialista nella medicina del lavoro; e il dottor Alessandro Belli, titolare di un’importante ditta valsabbina per la produzione di materiale elettrico, Anonima Vestonese Elettrica (Ave), fondata nel 1904.

1987 - 1988 Presidente Giovanni Cavalleri - Segretario Daniele Bonicelli Reggio Il successivo anno rotariano, 1987-1988, fu per Brescia lusinghiero. La progressiva carriera dell’avvocato Enzo Cossu rotariano del Club Brescia-Franciacorta-Oglio, sino a quella data denominato Chiari-Oglio e Mella Inferiori, giungeva alla vetta, ma non ultima, di Governatore del Distretto 2050. Si trattava del terzo Governatore bresciano. Guidava il Brescia Nord il dottor Giovanni Cavalleri, presidente di una società di leasing. Il successo della casa comune dei due Club cittadini attirava anche l’interesse del Club Brescia Ovest e del Rotaract, che chiedevano di poter condividere la sede. La richiesta era vagliata alla luce però dell’aggravio di lavoro che ne sarebbe derivato per la

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Il grande affresco settecentesco che sovrasta il salone delle conviviali della Rotary House nel Palazzo Averoldi

governante, la pur solerte e apprezzata Fulgenzia, nonché della questione inerente alla conferma del fornitore delle cene, che aveva iniziato la sua singolare funzione gastronomica per la Rotary House sino dal suo nascere. Era stata infatti da subito individuata una gastronomia attiva in Brescia, “La Brace” di via Mazzini, segnalata dalla contessa Panciera di Zoppola, moglie del socio notaio Sandro Mazzola, che ne era cliente. I titolari del negozio-laboratorio, Adriano Galani e i fratelli Mario e Renato Groli, avevano anche offerto la loro consulenza per l’allestimento della cucina nel Palazzo Averoldi. La singolare attività di catering continuativo fu presa in mano dal nuovo titolare, Simone Colosio, nel 2009, e prosegue, con immutata soddisfazione, ancora oggi.

Sul piano più generale, venne respinta la già ventilata proposta della formazione di un nuovo Distretto metropolitano per Milano, staccato dal resto della Lombardia. Nell’anno entrarono ovviamente nuovi soci. Si trattava di Davide Lombardi, ultimo titolare di una prestigiosa ditta rezzatese per l’escavazione e la lavorazione del marmo Botticino, nota in tutto il mondo, insieme a quella dei Gaffuri, per avere realizzato architetture di altissimo valore, come, per restare in Italia, e proprio insieme ai Gaffuri, il grande monumento romano a Vittorio Emanuele II con l’incorporato Altare della Patria. Al ruolo imprenditoriale il Lombardi associava una forte propensione culturale, che lo aveva portato a intensi studi umanistici e alla pubblicazione di due libri letterari.

Era un ex socio del Club Brescia, dal quale aveva dovuto dimettersi manifestando ora il piacere di rientrare nel Rotary, grazie al Brescia Nord. Un secondo socio fu il dottor Gianattilio Villa Bandiera, importante operatore nel brokeraggio assicurativo, come affermava il socio Folonari che lo presentò. Entrarono anche il ragionier Mario Ricci, presidente di società di trasporti extraurbani e direttore amministrativo della Sia; e Giorgio Nobis, proveniente da altro Club e direttore della filiale di Brescia della Banca Commerciale Italiana. Gli incontri con relatori furono, al solito, fitti e importanti. Fu ospite Antonio Martino, noto uomo politico di centrodestra, che sarebbe anche divenuto ministro per Forza Italia, che parlò di questioni fiscali, mentre una delle personalità più

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creative, bizzarre e provocatorie dell’ambiente bresciano, Achille Cavallini, parlò del suo amore per l’arte contemporanea e soprattutto parlò di sé come artista, per la sua “autostoricizzazione”. Il socio Bussolati parlò della droga e delle risposte che il problema meritava dalla società civile, Dabbeni disquisì sul piano regolatore, Spano parlò della storia della Neurobiologia da Camillo Golgi a Rita Levi Montalcini; mentre il presidente Cavalleri trattò sulla liberalizzazione dei mercati finanziari e monetari nell’ambito della nuova Europa ed ebbe a dire: “Ritorna vincente l’economia di mercato, ponendo in crisi tutte quelle ideologie e teorie economiche che nell’ultimo secolo hanno tentato di umiliarla e distruggerla. Economia di mercato significa soprattutto affermazione dell’iniziativa privata e riconoscimento della funzione del profitto nella moderna società industrializzata”. Un assessore regionale trattò, con intuizione anticipatrice, del problema dell’energia in Lombardia; mentre da più voci si levarono forti critiche al rifiuto in Italia, dopo Chernobyl, della produzione energetica con mezzi nucleari. Il socio Marini illustrò quanto fosse impossibile pensare a un trapianto del cervello; mentre il professor Alessio espose il tema della medicina del lavoro. Da un lato si citavano le partecipazioni dei soci Dabbeni, Brunelli e Caprioli alla Mille Miglia storica con auto d’epoca. Si apprezzavano la capacità organizzativa del socio Albertini, che aveva creato in Firenze un convegno internazionale sulle biotecnologie avanzate, nonché i successi della società immobiliare Finsibi, del socio Anselmi, che si apprestava a costruire un grande albergo lungo via Sostegno, che avrebbe ripreso il nome di un glorioso hotel cittadino, l’“Hotel Brescia”. Una gita al Vittoriale fu guidata dallo studioso Attilio Mazza, che introdusse i soci alla commemorazione del 50° anniversario della morte di D’Annunzio.

1988 - 1989 Presidente Luciano Bellini - Segretario Daniele Bonicelli Reggio Per l’annata rotariana 1988-1989 era stato eletto presidente del Brescia Nord l’avvocato Luciano Bellini, persona gentile e mite, grande appassionato di montagna. Nel suo discorso di commiato a fine anno ebbe a dire che aveva goduto “del senso di sicurezza e di serenità che aveva ricevuto per essersi sentito sorretto e circondato dall’amicizia, dalla solidarietà, dall’aiuto e dalla comprensione dei soci tutti”. Bellini ebbe anche la non frequente signorilità di rivolgersi, per ringraziarla, alla efficientissima governante della sede di via Moretto, Fulgenzia Delaini: “La donna giusta al posto giusto, che ha sempre permesso di far fare bella figura al nostro Rotary”. Essendo divenuto segretario Daniele Bonicelli Reggio, era alla sua penna che dobbiamo un brano di intervento decisamente controcorrente del Il socio Luciano Bellini, presidente del Club nel 1988-1989 accanto all’elegante moglie Governatore di quell’anno, del socio Carlo Clerici, Magda Fasoli

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Giovanni Acerbi, che sforbiciò alcuni eccessi spesso declamati: “È inutile impostare programmi per la redenzione dell’umanità: stiamo al concreto”. Un altro tema di interesse socio-culturale fece capolino nel Rotary Brescia Nord e consistette nell’irruzione del tema dell’ammissione delle donne nel Club, come socie. Luciano Malchiodi comunicando che Milano richiedeva un terzo Distretto in Lombardia e anche la possibilità di far entrare nei Club anche le donne, ricordò che, negli Stati Uniti, la Corte Suprema aveva sentenziato che l’esclusione femminile contenuta nello statuto del Rotary International era illegittima, ritenendola “discriminatoria”. Egli però sottolineava che il vincolo riguardava solo l’America e che, comunque, la commissione del Brescia Nord era contraria alla novità. Nella discussione che seguì solo Damiano Gnutti si dichiarò favorevole all’ingresso delle donne, mentre i soci Nordio, Cavalleri, Marini, Astori e Berlucchi respinsero la proposta. Nel mese di settembre, che allora si affermava essere dedicato ai giovani, si parlò di Rotaract, Interact e anche Ryla, l’originale, e anche sociologicamente e antropologicamente dibattuta azione rivolta a rafforzare l’attitudine alla leadership, a maturare la personalità nella comunicazione e nei rapporti di amicizia, nonché a creare lo spirito del buon cittadino. L’idea era nata in Australia nel 1960, su imitazione di una festa giovanile di tradizione aborigena. L’iniziativa Rotary Youth Leadership Awards era stata ufficializzata da Rotary International nel 1971. Si era già quindi formata l’organizzazione per i seminari pedagogici, a forte contenuto psicologico, della durata da tre a dieci giorni in luoghi da vacanza, che spesso si trovavano sul Lago di Garda, come Sirmione. Le convinzioni, superficialmente correnti nell’opinione pubblica, che l’ambiente Rotary offrisse occasioni di carriera professionale, così sottolineate dal tutoraggio dei giovani verso la leadership, fa emergere una frase che fu annotata dal segretario del Brescia Nord: “Certo il Rotary non è l’associazione giusta per fare carriera, perché al Rotary accettano solo quelli che la carriera l’hanno già fatta”. La formazione del Ryla, come quella del Rotaract, fondato, in quello che sarebbe diventato il Distretto 2050, nel 1968, pare anch’essa da collocare nel clima di attenzione nei confronti della gioventù, allora così centrale, e anche nel turbinio delle tensioni politiche sulle varie interpretazioni del fenomeno, conseguenti al “’68”. Va ricordata anche l’iniziativa piuttosto effimera, benché coltivata da tempo dalla famiglia rotariana dei milanesi Pirelli, la costituzione del gruppo “Indagine attitudini ragazzi dotati” (Iard) che non casualmente cadeva alla fine di quegli anni Sessanta che portarono la gioventù, anche italiana, in terreni burrascosi e sul limite dei burroni di una emotiva e ideologica via verso l’autolesionismo, l’egualitarismo e l’anticapitalismo regressivo. Il Rotary aveva intenzioni diametralmente opposte, che volevano esaltare le potenzialità creative e produttive dei giovani più dotati, invece di abbandonarli alla schernita ghettizzazione nel linciaggio dell’odiata “borghesia”.

Secondo il flusso crescente dell’opinione pubblica, aumentava anche nel Rotary l’attenzione per l’ecologia e per l’inquinamento da attività umana, soprattutto per la questione delle piogge acide, di cui oggi nessuno conosce il significato, e per il catastrofico buco nell’ozono, oggi praticamente dimenticato.

Fu l’epoca in cui si iniziò a tentare l’estensione del Rotary oltre cortina, ormai agli sgoccioli della sua storica parabola politica, attraverso ambasciatori in Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia. Sul piano internazionale si aveva che la sede centrale del Rotary non era più a Chicago ma a Evanston, peraltro una città ormai fusa con la più nota e maggiore città dell’Illinois. Nell’imminenza della caduta del muro di Berlino, cadeva anche un muro storico all’interno del Rotary. Benché internazionalmente si affermasse che la cooptazione dei nuovi soci era aperta a tutti, senza differenze di razza o religione, si specificava però anche che quelle persone non dovevano avere età inferiore ai 30 anni e non dovevano essere donne. Appunto nel luglio del 1989 fu presa la decisione dell’apertura del Rotary anche alle donne.

Ancora nel 1989 il Distretto cui apparteneva il Brescia Nord era definito con il numero 205.

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1989 - 1990 Presidente Pietro Caggioli - Segretario Daniele Bonicelli Reggio Il nuovo presidente, il radiologo Pietro Caggioli (1989-1990), impegnato però anche in attività bancarie e industriali, decise, per l’estate, incontri conviviali presso il gradevole ristorante “Garibaldi”, sfortunatamente scomparso, che, lungo la via Panoramica, oltre la terrazza aveva la città ai suoi piedi. Il numero dei soci ammontava a 84 dei quali sette erano in congedo e 32 erano i cosiddetti “seniori attivi”. Si diveniva senior dopo quindici anni di iscrizione al Club. La cosa influiva sul conteggio delle presenze alle conviviali poiché, curiosamente, il numero dei presenti doveva essere quantificato al netto dei seniores, dopo di che tale numero, per il calcolo della percentuale di presenti, doveva essere confrontato con il totale degli iscritti, ma anch’esso depurato dei seniores. I soci continuavano a ritrovarsi nella sede di via Moretto 12 ancora condivisa con il solo Club Brescia. Frattanto Luciano Malchiodi, già presidente nel 1985-1986, era ora cresciuto nel suo rango divenendo rappresentante del Governatore.

I presidenti Pietro Caggioli e Umberto Caprioli nel 1990 durante il passaggio delle consegne

Pur avvicinandosi la fine della Prima Repubblica, il bresciano Mino Martinazzoli era ancora ministro della Difesa e fu ospite del Club in una serata; così come il ministro dei Lavori pubblici, anch’egli bresciano, Giovanni Prandini. L’aggancio stretto con la realtà locale emergeva dall’interesse per il già avviato teleriscaldamento in Brescia, che ora si pensava di alimentare anche con la combustione dei rifiuti urbani, benché le tecniche di emissione degli inceneritori fossero state oggetto di critica. Era quanto illustravano l’ingegner Massimo Brianza, direttore dell’impiantistica energetico-ambientale della Società Lombardia Risorse, e il professor Camillo Bussolati, vicepresidente della medesima società d’ingegneria, filiazione dell’Asm, per lo studio e la diffusione del teleriscaldamento. Era ormai all’ordine del giorno la preoccupazione per l’inquinamento del suolo.

Il Club poteva vantarsi di essere nella stanza dei bottoni per tutti questi temi quando festeggiò la nomina del socio Angelo Rampinelli alla carica di presidente dell’Azienda dei Servizi Municipalizzati. In quella fase il Brescia Nord era una delle punte di un nobile iceberg che, in Italia, raccoglieva 29.203 soci, iscritti in 448 Club. Nel Bresciano, ormai si contavano sette Club: Il Brescia, il Salò e Desenzano del Garda, il Lovere-Iseo-Breno, il Brescia Nord, il Brescia Ovest, il Brescia-Franciacorta Oglio e il Brescia Sud Est-Montichiari. Frattanto si decideva che anche il Club esterno alla

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provincia di Brescia, il Castiglione delle Stiviere, sarebbe potuto entrare nel Gruppo Leonessa. Ancora sul piano più generale si annota che nell’annata si attuò un’ulteriore variazione nell’assetto territoriale dei due Distretti 204 e 205. Grazie ad essa il Distretto 205 perdeva da 27 a 38 Club, che sarebbero stati inclusi nel Distretto 204. Milano invece insisteva per la creazione di un suo proprio Distretto, essendo irragionevole che la città fosse smembrata su due Distretti. Continuava l’interesse per lo scambio internazionale dei giovani, attraverso lo “Youth exchange program” nonché per l’attività del Ryla. Fra le conferenze notabili si possono ancora ricordare le relazioni dell’illustre socio, il cardiochirurgo Ottavio Alfieri; dei soci interni e esterni Gianfranco Callegari e Mario Zorzi, ancora sull’Avis; della dottoressa Giosi Archetti, capo delegazione in Brescia, sul Fondo Ambiente Italiano (Fai); e del magistrato Roberto Mazzoncini, presidente L’opuscolo celebrativo del ventennale del Brescia della Sezione promiscua del tribunale di Brescia. Fra i Nord, in gran parte centrato sul finanziato soci fu accolto il dirigente bancario Franco Pazzi. L’anrestauro attuato dell’elegante “salotto cinese” nata fu resa più piacevole da un viaggio sulla pittoresca che è nella Rotary House ferrovia del Bernina, con pernottamento a Sankt Moritz.

A fine giugno 1990 chiudeva quello che il presidente uscente, Pietro Caggioli, definiva “anno rotariano di tono dimesso e familiare” attribuendone la caratteristica “a un presidente distratto, ipoteso e vagotonico”.

1990 - 1991 Presidente Umberto Caprioli - Segretario Daniele Bonicelli Reggio Entrava quindi nelle sue funzioni il nuovo presidente, il commendatore Umberto Caprioli, condirettore della Banca S. Paolo di Brescia. Era lo stesso anno in cui assumeva la massima carica distrettuale il terzo Governatore bresciano, l’avvocato Mario Alberto Canonica, proveniente anch’egli, come il Past Governor Giorgio Valgimigli, dal Club Lovere-Iseo-Breno, il quale aveva scelto un motto dall’eco televisiva: “La qualità della vita per una vita di qualità”. Era stato il Canonica a procurare l’incontro fra i soci del Club sebino e Papa Giovanni Paolo II nel dicembre del 1990.

Nell’anno cadeva anche il ventennale della fondazione del Club Brescia Nord. Per quella scadenza fu decisa la pubblicazione di un piccolo opuscolo di 12 pagine, che in una paginetta riassumeva l’attività nei vent’anni di vita del Club. Elencava presidenti, segretari, tesorieri e prefetti e includeva, soprattutto, con molte fotografie, una descrizione, scritta dal socio Ernesto Astori, del vantato restauro del “salotto cinese”, interno alla sede, voluto e pagato dai due Club affittuari, nell’anno 1987-1988. Il Il presidente Umberto Caprioli, nel 1991, con l’attrice salottino era stato decorato con temi cinesi da Giuseppe Marina Malfatti, invitata da Dante Anselmi

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Prof. Alberto Albertini (SA) Dott. Ottavio Alfieri Ing. Riccardo Amisano (Sa) (Ph) Avv. Pompeo Anelli Comm. Dott. Dante Anselmi (Sa) (Ph) Geom. Ernesto Astori (Sa) P. Elett. Eros Balabio Prof. Giovanni Baroncelli Dott. Alberto Beccaria (Sa) Signor Virgilio Becchetti Dott. Alessandro Belli Avv. Luciano Bellini (Sa) (Ph) Ing. Roberto Berlucchi Dott. Cesare Bettoni (Sa) Dott. Francesco Bettoni Avv. Daniele Bonicelli Reggio (Sa) (Ph) Dott. Francesco Bresciani (Sa) Comm. Rag. Giuseppe Brodini (Sa) Cav. Prof. Giorgio Brunelli (Sa) Ing. Benedetto Buffoli (Sa) Ing. Giovanni Buizza (Sa) (Ph) Ing. Prof. Camillo Bussolati Prof. Pietro Caggioli (Sa) Dott. Gerolamo Calini Ing. Mario Calligaris (sa) Comm. Dott. Umberto Caprioli (Sa) (Ph) Dott. Giovanni Cavalleri (Ph) Ing. Francesco Ceni (Sa) Dott. Carlo Clerici Arch. Paolo Dabbeni Dott. Pietro Fedele (Sa) Prof. Giuseppe Ferrari Parabita Dott. Alberto Folonari (Sa) (Ph) Dott. Marco Franchi (Sa) (Ph) Ing. Paolo Franchi Comm. Umberto Frigerio (Sa) (Ph) Avv. Giuseppe Frigo Dott. Sperandio Giordani Dott. Damiano Gnutti (Sa) Rag. Luciano Gnutti (Sa) Signor Costante Guerrini

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Cav. Ugo Gussalli Beretta (Sa) Dott. Aurelio Jannucci (Sa) Prof. Gianfranco Levi (Sa) Signor Giovanni Lonati Ing. Carlo Lucini (Sa) Dott. Luciano Malchiodi (Sa) (Ph) Dott. Agostino Mantovani (Sa) Prof. Giovanni Marini (Sa) (Ph) Ing. Umberto Marino (Sa) Dott. Alessandro Mazzola (Sa) Prof. Giovanni Melzi (Sa) Comm. Giuseppe Minini Dott. Giorgio Nobis (Ph) Ing. Enrico Nordio (Sa) Racg. Giuseppe Odolini Ing. Giampietro Palazzani (Sa) Dott. Stefano Paolucci Delle Roncole (Sa) (Ph) Dott. Mario Pasotti Dott. Francesco Passerini Glazel Rag. Franco Razzi Rag. Angelo Pe Prof. Marco Perini Cav. Lav. Ing. Riccardo Pisa Prof. Carlo Alberto Quaranta (Sai) (Ph) Dott. Paolo Rabotti (Sa) Prof. Giovanni Ragnotti Avv. Angelo Rampinelli (Sa) Cav. Gr. Croce Enrico Ranzanici (Sa) Maes. Lav. Rag. Mario Ricci Dott. Luigi Leopoldo Rizzi Rag. Guglielmo Rolando (Sa) Dott. Walter Semeraro Prof. Emanuele Severino Rag Volfango Sommazzi Cav. Gr. Croce Dott. Antonio Spada Dott. Prof. Pierfranco Spano Dott. Arrigo Staffieri Comm. Dott. Prof. Mario Staffieri (Sa) (Ph) Signor Mauro Stefana Avv. Pierluigi Tirale (Sa) Dott. Gianattilio Villa Bandiera

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Due vedute dell’originale decorazione del “salotto cinese”, rientrante nella sede della Rotary House

Manfredini, negli ultimi anni del Settecento, su incarico della proprietaria di allora del palazzo, la famiglia Chizzola. Soprattutto il giudizio del direttore dei Civici musei all’epoca, il professore Bruno Passamani, che sul tema aveva tenuto una conferenza presso il Brescia Nord, aveva dato la certezza dell’autore e anche delle motivazioni, sorte, a suo giudizio, da una moda alla cinese, ormai però agli sgoccioli, che voleva, nei grandi palazzi dei nobili, una decorazione moresca per i salotti dove si serviva il caffè e una decorazione di ispirazione cinese laddove si consumava invece il tè. Lo stato degli affreschi e dei pannelli lignei laccati, già quando la sede Rotary fu inaugurata, era alquanto degradato e fu quindi deciso il restauro, affidato a un laboratorio trentino di due rotariani. L’opuscolo riportava anche l’elenco dei soci nell’anno rotariano 1990-1991, che qui si pubblica integralmente, come dato del traguardo intermedio della vita del Club.

Si volle anche rivolgere un pensiero ai soci del Club che avevano lasciato questo mondo: l’avvocato Carlo Arranga, il geometra Giuliano Bettoni, il ragionier Mario Capretti, il ragionier Pietro Cimaschi, l’ingegner Alessandro Lucchesi, il professor Aldo Invernici, l’ingegner Livio Magis, il dottor Raffaele Orlandi, l’ingegner Aldo Regè, l’avvocato Costanzo Tirale, il

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dottor Francesco Valenti e il dottor Alfonsino Venditti.

Il Club, nel 1990-1991, si impegnò anche in interventi economici a favore dell’Avis, del reparto ospedaliero dell’ex socio Massimo Corda, per i malati dell’apparato respiratorio, nella lotta alla droga nonché nella perforazione di pozzi per acqua nel Sahel, in collaborazione con gli amici francesi dell’Houilles-Bezons: operazione “Eau vive”. Nella segreteria era frattanto stata assunta anche la collaboratrice, signora Sandra Noli, che operava esclusivamente per il Club Brescia, mentre per la segreteria del Brescia Nord fu assunta la signora Mina Colosini. Sempre governatrice della casa era tuttavia l’ormai familiare Fulgenzia.

Un pregiato angolo del “salotto cinese” all’interno della Rotary House

1991 - 1992 Presidente Angelo Rampinelli - Segretario Daniele Bonicelli Reggio Come accennato, nel 1991-1992 il Distretto cui apparteneva Brescia, detto Lombardia-Emilia Romagna, per l’inclusione della provincia di Piacenza, assumeva formalmente la denominazione di Distretto 2050. Varie sarebbero state, negli anni successivi le variazioni di composizione territoriale, soprattutto per sottrazioni di Club dell’area milanese.

Nell’anno rotariano 1991-1992 Il presidente del Brescia Nord fu l’avvocato Angelo Rampinelli, generalmente e amichevolmente chiamato Angi. Apparteneva a un’importante famiglia bresciana, il cui padre, Bortolo, era stato presidente del Club Brescia per tre anni, fra i primi dieci del Dopoguerra. Per carattere, l’eclettico Rampinelli, che fu innumerevoli volte relatore in serate conviviali, intrattenendo sui temi più disparati, fu di certo il presidente più vivace, e anche simpatico, della storia del Brescia Nord. Angelo Rampinelli fu anche un uomo politico di schietta impronta liberale, e, fra le molte cariche, fu amministratore delegato della Fabbrica d’armi Beretta, consigliere di amministrazione nella ditta Franchi Armi, consigliere della Banca Credito Agrario Bresciano, della Banca Lombarda, del Banco di Brescia e di Ubi Banca. Fu presidente di Brescia Musei, membro del consiglio della Fondazione Cini di Venezia, presidente della Fondazione Ugo Da Como di Lonato, socio dell’Ateneo Veneto e presidente dell’Ateneo di Brescia, segretario e presidente regionale del Partito Liberale Italiano e, per 20 anni, consigliere comunale di Brescia. Infine fu presidente dell’Azienda dei Servizi Municipalizzati cittadini (ASM). Certamente per questo suo carattere Angelo Rampinelli, insediandosi presidente, fece un discorso che costituisce un rarissimo esempio di schiettezza critica e non retorica nel confronti del Rotary, comunque apprezzato.

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Serata di insediamento del nuovo presidente del Brescia Nord, Angelo Rampinelli, nel 1991, con accanto i Past president Umberto Caprioli e Pietro Caggioli

Si ritiene opportuno riportarne un brano, nella interpretazione del segretario che stese la relazione della serata: “Ha quindi preso la parola il nuovo presidente avv. Angelo Rampinelli, che ha esordito sottolineando i motivi di imbarazzo che lo hanno colto nell’assumere la presidenza del nostro Club, fra cui la sua personale concezione del significato e della funzione del Rotary. Dopo tanti anni di esperienza rotariana, che trova agganci anche all’epoca, ormai molto lontana, dell’esperienza del padre avv. Bortolo, di presidente del Rotary Brescia, si insinua nell’animo di Rampinelli un certo scetticismo, un certo quale distacco, che l’oratore ha definito “laicità”, nei confronti di questa organizzazione, o meglio del suo apparato formalistico e di facciata. Ha espresso il convincimento che il Rotary, come tutte le organizzazioni che non hanno uno scopo ben definito, che non hanno né scopo di lucro né un obiettivo di potere né finalità sociali o caritative, ma che perseguono scopi più generici, ha, nel corso della sua storia, assunto aspetti diversi: un aspetto formale e burocratico-amministrativo e un aspetto pratico. Rampinelli ha dichiarato di non trovarsi a suo agio quando affronta l’aspetto burocratico e formale del sodalizio: le ragioni di questo suo disagio sono, forse, da ricercarsi nel fatto che il Rotary è sorto negli Stati Uniti, dove la vita della gente è caratterizzata da una grande mobilità, dove la gente si muove in fretta, dove la gente è caratterizzata dall’avere poche radici, provenendo da regioni, da nazioni, da lingue diverse. Non ha il collante di una religione comune, e, anche in politica, solo nelle occasioni elettorali trova nei partiti un momento di coagulo. Perciò gli americani cercano nel Rotary una ragione giustificativa di se stessi, un modo di individuare la propria personalità. Né si può dimenticare che la cultura americana moderna trova la sua radice più vera nel mondo massonico: la Massoneria è, in gran parte, permeata di rituali, di liturgie. Di qui la diffidenza di Rampinelli verso tutte quelle strutture rotariane, (come, per esempio, i corsi di istruzione per i Presidenti e per i Governatori) che costituiscono la base di quel tipo di burocrazia che porta ad una serie di atteggiamenti retorici del tutto inutili. Questo tipo di organizzazione internazionale, che deve trovare un collante al di là di ogni vago scopo sociale, finisce, inevitabilmente, per tradursi in burocrazia che, si dice, tutto sommato, è anche un “grosso business”. Qualcuno si potrà chiedere, quindi, il motivo per il quale egli abbia accettato di assumere questa presidenza: la risposta è che egli crede, invece, a quell’altra parte del Rotary che egli ha definito “all’italiana”, qualifica che vuole essere in termini del tutto positivi. La nostra approssimazione, il nostro individualismo e, se si vuole, il nostro disordine, il nostro scetticismo sono sempre accompagnati da quel filo di ironia, o autoironia,

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che gli americani non hanno; è invece il nostro modo pratico di vivere il Rotary, tipico atteggiamento di noi italiani, che appare straordinariamente positivo. Rampinelli ha detto di credere nel Rotary come convito, come riunione conviviale, evento non puramente accidentale, ma costituente l’essenza del Rotary senza la quale il Rotary perderebbe ogni senso. Questa non è una visione minore del Rotary se si pensa al significato sacrale che il convito ha avuto fin dall’antichità classica; né si può ignorare che la Chiesa cristiana pone nel convito eucaristico il centro della liturgia e della stessa religione. Il Rotary, senza pretendere imitazioni che appaiono assurde, si limita a questo gusto e gioia dell’incontro ripetuto, dal quale può nascere non solo l’amicizia, ma soprattutto lo scambio di interessi, di conoscenze, di esperienze, di rapporti personali che, anche attraverso la battuta di spirito e la risata, cementano il piacere, la serietà e l’utilità sociale di appartenere a una classe sociale colta e avveduta, capace di suggerire una guida e un senso all’intera comunità”.

Le importanti parole di Angelo Rampinelli espressero idee che gran parte dei soci, subissati da pressanti conformismi retorici, spesso non osavano e non osano ammettere. Esse, oltretutto, segnavano il passaggio dal Rotary anteguerra, che era fucina di stretta osservanza tecnocratico-economica, e implicitamente politica, al Rotary del Dopoguerra, sempre più propenso ad esibire generici apparati quasi giustificatori, di tipo sentimentale e umanitario, sotto la pressione di una più o meno larvata accusa sociale che vorrebbe il Rotary una casta di benestanti, interessata alla propria carriera e solo apparentemente votata al bene dell’umanità. Era una critica che coincideva in gran parte con le accuse rivolte alla folla borghese che si riconosceva nel partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana. Anche quella del Rotary era una borghesia sulle difensive, che non assomigliava Angelo Rampinelli nel suo ruolo di più a quella trionfante e orgogliosa di sé di inizio secolo. neopresidente del Brescia Nord D’altra parte, sia dall’interno che dall’esterno, era variegata e opinabile la prospettiva nella quale si poteva vedere il Rotary. Durante il suo discorso del 1994, presso il Brescia Nord, il Governatore Giovanni Coppellotti ebbe a dire: “In Italia il Rotary è poco conosciuto o addirittura mal conosciuto: si pensa che sia una “riunione di gente facoltosa”, di “persone che vanno a mangiare”, di “Massoneria più o meno deviata”. Di contro, in quel periodo si citava anche l’illustre giudizio di Indro Montanelli, il quale aveva affermato: “Il Rotary è un nobile tentativo di migliorare la società italiana”.

I fatti comunque parlavano da soli ed è interessante l’elenco, molto succinto, delle opere più importanti, filantropiche e non, realizzate dal Club dalla sua fondazione al 1990: 1973 1977 1979 1980-81

1982 1987

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Convegno nazionale sul problema dei silicotici - contributo di 10.000.000 di lire Per i terremoto del Friuli, arredamento di un asilo infantile vicino a Buia costo 7.000.000 di lire Sostegno del Centro Italiano di Solidarietà - 3.500.000 di lire Decennale del Club: Contributo per la nuova sede - 30.000.000 di lire Restauro della pala dell’Abbazia di Rodengo Saiano - 10.000.000 di lire Contributo per il terremoto dell’Irpinia - 5.000.000 di lire Indagine sula condizione degli anziani nella provincia di Brescia Contributo alla Lega Italiana per la lotta contro i tumori. - 10.000.000 di lire Contributo per l’operazione Polio Plus - 10.000.000 di lire

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1987-88 1990

Contributo per il restauro della Sala Cinese nella sede - 16.000.000 di lire Contributo alla Croce Bianca di 10.000.000 di lire Bando per borsa di studio di 10.000.000 di lire

Nasceva in Brescia frattanto, con formalizzazione nel luglio del 1991, un nuovo Club cittadino, con il patrocinio degli altri Club cittadini Brescia, Brescia Nord e Brescia Ovest, che si diede il nome di Brescia Castello. Avrebbe avuto una speciale confidenza con il Club Brescia Nord, come qui sarà scritto. I vecchi criteri della spartizione territoriale erano quindi decisamente superati. I soci fondatori del Club Brescia Castello furono 28 e il primo presidente fu il professore universitario, economista di famiglia bresciana, Antonio Porteri. Le riunioni di quel Club si svolgevano al “Master Hotel”.

L’avvenuta abolizione internazionale dell’iscrizione ai Club delle donne aveva già dato qualche primo esempio di attuazione, come la presenza di tre signore fra i soci fondatori del Club di Melegnano. L’avvocato Enzo Cossu, un L’orientamento era tuttavia guardato ancora con sufficienza. Nell’in- protagonista bresciano della vita rotariana, con il primo podio di contro con il Brescia Nord, il Governatore ebbe a osservare: “Non si ben tre annate di governatorato nel può censurare il Club che ammette come Soci delle donne; evidente- Distretto 2050 mente ogni Club si regola come ritiene opportuno. Occorre sì crescere ma senza scadere in qualità”. Il Rotary aveva sfondato anche nella ex Unione Sovietica e quindi il Rotary International aveva approvato la fondazione dei Club di Mosca e S. Pietroburgo, sulla base dell’orientamento di molti dirigenti secondo cui il concetto di amicizia, di pace e di incontro internazionale doveva portare avanti con eguale impegno sia la riconversione dell’impero sovietico, sia la conferma dell’Unione Europea. Naturalmente i latenti anticapitalisti, fra i pochi rotariani, non potevano che lamentare la caduta dalla padella nella brace, con un pizzico di nostalgia per il caro, vecchio Comunismo e anche nel Rotary bresciano vi fu chi volentieri citava la delusione riportata da qualche russo: “Cercavamo un socialismo dal volto umano e abbiamo trovato un capitalismo senza volto”. Di fatto, l’irrompere del Rotary sopra le macerie del muro di Berlino fu ovviamente accolto come un grande segno di libertà.

Le spese per la nuova sede, 30 milioni di lire all’anno, consigliavano di aumentare la quota annua di iscrizione, che saliva da 1.300.000 lire a 1.500.000 lire. I nuovi soci entravano con una quota, anch’essa aumentata: da un milione e 500.000 lire a due milioni di lire. Fra le cinque segreterie continentali dal Rotary, referente per Brescia continuava ad essere, come ancora oggi, la sede di Zurigo. Infine, un’ennesima gloria per l’ambiente bresciano: Enzo Cossu accettava, in modo del tutto eccezionale, la nomina per un secondo mandato come Governatore del Distretto, per l’anno 1992-1993.

1992 - 1993 Presidente Ernesto Astori - Segretario Giovanni Baroncelli Nell’annata 1992-1993, presieduta dal geometra Ernesto Astori, si ebbero incontri, anche con interclub, con il giornalista esimio Indro Montanelli, con il rettore dell’Università Cattolica Adriano Bausola e con il senatore Paolo Emilio Taviani, che parlò di Cristoforo Colombo. Ernesto Astori, apparteneva a un’importante famiglia di professionisti, soprattutto tecnici dell’edilizia, e rivestiva importanti ruoli nel Collegio dei Geometri di Brescia. Si era ampiamente occupato della rivista di quell’associazione coltivando svariati interessi culturali. Anche per quella caratteristica si ebbero inoltre serate con il sindaco Paolo Corsini, con il manager Ugo Calzoni e con monsignor

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Francesco Illia, che testimoniò dell’inferno comunista vissuto da lui e dai cattolici in Albania, ormai fortunatamente alle spalle, il che confermò il sollievo di tutti gli astanti per la liberazione sopraggiunta dopo la caduta della dittatura totale nei Paesi dell’Est europeo. Frattanto i successi fra i rotariani bresciani e fra i soci del Brescia Nord non si esaurivano. Alberto Folonari era festeggiato per la sua elezione a presidente della banca Credito Agrario Bresciano, mentre Enzo Cossu viveva la sua seconda esperienza di Governatore distrettuale. Anche il Cossu ebbe a plaudire allo sfondamento della Il Past president del Brescia Nord, il geometra Ernesto Astori cortina di ferro e al crollo del Comunismo, accanto alla moglie grazie al quale il Rotary poteva nascere anche in quella parte d’Europa. Anche l’incontro con il Calzoni era stato imperniato sull’apertura dei mercati nel redivivo mondo post-sovietico. D’altra parte l’apertura alla dimensione politica era espressa anche, a livello del Rotary mondiale, dallo slogan “Rotary e res publica”. Proprio su quel tema si tenne un forum presso la Camera di Commercio di Brescia. L’azione dell’Astori fu carica di energia e di volontà di comunicazione, spesso con comunicazioni scritte, con citazioni di poeti e intellettuali. Un cartoncino che veniva distribuito ai soci nelle conviviali, con un messaggio rotariano o letterario, talora con gli spazi per le firme degli amici presenti, come souvenir. Rimasero piacevolmente nella memoria le gite a Montisola, con escursioni libere e pranzo comune, nonché il viaggio in Svizzera alla Jungfrau e a Grindelwald, con il viaggio sulla celeberrima ferrovia alpina.

In quell’anno emersero perplessità sul contatto con il Club Houilles-Bezons, che rischiava di divenire, dopo tanti anni, monotono e faticoso. Ma il parere per il mantenimento, soprattutto di autorevoli soci come Giovanni Marini e Luciano Malchiodi, consentì al gemellaggio di protrarsi. La tendenza alla cordialità dei contatti si manifestò anche attraverso gli incontri, non usuali, fra il Brescia Nord e alcuni Club Lions, nonché con il Soroptimist.

Fu una fase che non ebbe seguito.

Mentre ci si doleva della scomparsa di due importanti soci rotariani bresciani, giunti al vertice distrettuale, Mario Staffieri, e Mario Canonica, nuove forze entravano nel Club. Erano i nuovi soci: il professor Antonio Pouché, chirurgo degli Spedali Civili, Ottavio Prestini, dirigente dell’Alfa Acciai, l’ingegner Roberto Zani, libero professionista specializzato nella progettazione di impianti, e l’ingegner Alfonso Veronese, già consigliere di amministrazione di una società elettrica.

L’insediamento, nel 1992 del nuovo presidente Ernesto Astori

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Locandina del concerto finale d’archi eseguito a Ponte di Legno dai vincitori del concorso indetto dal Distretto 2050, nel 1993

Locandina di invito all’incontro con il rettore dell’Università Cattolica, Adriano Bausola, organizzato dal presidente Ernesto Astori nel 1993

Fra le piccole e cordiali innovazioni della presidenza Astori, la distribuzione, sui tavoli delle conviviali, di eleganti cartoncini dove ogni socio poteva raccogliere le firme dei propri commensali

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1993 - 1994 Presidente Benedetto Buffoli - Segretario Giovanni Baroncelli L’annata 1993-1994 fu affidata all’ingegner Benedetto Buffoli, socio dal 1977. Era figlio dell’ingegnere Oreste Buffoli, fin dagli anni Trenta socio del Club Brescia. Il padre era stato un’autorità nel mondo politico dell’epoca e, oltre che apprezzato progettista nel campo architettonico-edilizio, fu anche “preside della Provincia di Brescia” negli anni Trenta. Benedetto Buffoli, tecnico della Casa di Dio e attivo anche nel campo agro-irriguo, era stato, come accennato, il padre della casa comune rotariana di via Moretto.

Esordì con ironica modestia nel suo nuovo ruolo di presidente, nel 1993: “L’anno rotariano che sta per cominciare sarà certamente diverso da quello presieduto da Astori. Il mio carattere è molto più tranquillo del suo. Inoltre l’aver partecipato per molti anni al Consiglio del Club e l’aver fatto per ben L’ingegner Benedetto Buffoli, dieci anni il prefetto non sono certo elementi per un buon approccio alla presidente del Club nel presidenza. Per dirla in termini culinari provengo dalla cucina del ristorante 1993-1994 e protagonista e quindi conosco troppo i lati negativi del menu per affrontarlo con entudell’insediamento del Brescia siasmo”. Buffoli invitava i soci a tenere relazioni durante le conviviali e a Nord e del Brescia nel Palazzo Averoldi di via Moretto, segnalare temi di attualità sui più diversi argomenti: “Desidero infatti sfrutin Brescia tare al meglio e valorizzare la caratteristica interdisciplinarietà, che è una delle basi su cui poggia il Rotary”. L’ex socio Massimo Corda era frattanto divenuto assessore alla cultura del comune di Brescia e, come tale, tenne conversazioni sui temi del turismo e sulle attrattive bresciane. In coppia, il socio Franco Bettoni e il professor Antonio Porteri tennero due conferenze sugli ambiziosi progetti di una Borsa Valori Locali e di un Polo Espositivo in Brescia. Giorgio Brunelli tenne una relazione su un tema che gli era personalmente molto vicino, la clinica “S. Rocco” di Ome, mentre fitta di informazioni bancarie fu la relazione del dottor Gianfranco Tosini, capo dell’ufficio studi della Banca S. Paolo. Il neo-socio Roberto Zani tenne una relazione sugli impianti elettrici, mentre tre conferenze si ponevano sulla pista pionieristica di grandi prospettive, una infrastrutturale, una epocale sull’energia e l’altra culturale. Il professor, ingegner Matteo Maternini, che fu sempre un innovatore, parlò della ferrovia ad alta velocità, che fu poi realizzata con grande successo e ancora più progredirà. Il socio Alfonso Veronese tenne un discorso anticipatore sul problema energetico in Italia, mentre Alessandro Belli, sempre vulcanicamente eclettico, presentò la sua recente creatura, l’associazione “Brescia Città Grande”, che radunando un’élite bresciana di intellettuali, artisti, musicisti, filosofi, imprenditori, commercianti, presidenti di sodalizi come quello della Mille Miglia e delle Botteghe del centro, intendeva lanciare un’idea di alto profilo per l’immagine e la valorizzazione della città. Lo spunto era venuto da un insolente brano apparso sul catalogo della “Collezione della National Gallery” secondo il quale “Oggi Brescia [era] una delle città meno attraenti dell’Italia Settentrionale”. Era tempo che Brescia mostrasse e ponesse in movimento, anche economico, il suo grande patrimonio artistico, architettonico, culturale e industriale. L’idea di realizzare “un grande sogno”, che era descritto anche con diverse proposte realistiche, era affidata alla sinergia tra forze private e amministrazione pubblica. Per mostrare da subito un’azione concreta, il Belli portò nella sala del Brescia Nord, con attori e regista, alcune scene di una commedia cinquecentesca bresciana, di futura rappresentazione nel Teatro Grande, che crearono viva sorpresa ed emozionati applausi. In una di quelle serate fu mestamente accolta la lettera di dimissioni di uno dei tre fondamentali soci fondatori del Club, Riccardo Amisano, che tuttavia, fu dopo poche settimane riaccolto come socio onorario. Sempre anticonformista, Angelo Rampinelli si imbarcò in una serata delicata, facendo irrompere la politica nel Club. Parlò, senza mezzi termini, del nuovo panorama politico che si era creato con l’inattesa sconfitta delle sinistre e

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con il trionfo di Forza Italia, Lega Nord e Movimento Sociale Italiano.

Nuovi soci si inserirono nel Club. Erano il professor ingegnere Andrea Taroni, dell’Università di Brescia; il dottor Enrico Senini, commercialista; e Alessandro Zappa veterinario.

Il clima di affiatamento fra vari Club comprese la decisione di svolgere una conviviale unitaria, all’ora del pranzo, con il Brescia, il primo mercoledì di ogni mese, mentre si ebbero serate con la presenza di vari Club riuniti, come il Brescia Nord, il Brescia Ovest, il Brescia, il Castello e il Vittoria Alata. Erano i prodromi di una convivenza più stabile.

Sul piano generale si avviava la fase di transizione nella denominazione del Distretto, oscillante fra il numero 205 e il 2050, che, nel normale parlare, rimasero per inerzia ancora a lungo confusi.

In una carta intestata del Brescia Nord del marzo 1992 ancora si trova la dicitura “Distretto 205°”, mentre già un’altra carta dell’agosto 1991 riporta l’intestazione “Distretto 2050”. Era solo questione di dare fondo a vecchie carte intestate? In realtà, come accennato, il Distretto 2050 nacque formalmente nel 1985.

1994 - 1995 Presidente Camillo Bussolati - Segretario Giovanni Lonati I successi, per il Brescia Nord, nell’anno rotariano successivo, 1994-1995, presieduto dal professor Camillo Bussolati, potevano esemplificarsi nella presidenza assunta dal socio Bussolati del “Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo” di Castellanza. Per una visita ai suoi edifici, progettati dall’illustre architetto Aldo Rossi, furono invitati i soci del Brescia Nord. Si vedrà che quel collegamento fra l’università di Castellanza e il Club bresciano non fu l’ultimo. Fra le serate di interesse si possono ricordare l’incontro con il socio Ottavio Alfieri, che ancora una volta aggiornò sulle nuove conquiste della sua importantissima chirurgia, con l’ingegner Ferdinando Cavalli, circa la crisi industriale bresciana, con il professor Taroni, sull’interdisciplinarietà nella facoltà di Ingegneria, ancora con Mino Martinazzoli, sui rapporti processuali fra pubblico ministero e difesa dell’imputato, con il socio Senini, che parlò curiosamente della cultura ladina, con il giornalista e scrittore Sandro Minelli, sul futuro del libro, con il professor Paolo Gubbian, su Internet, e con il dottor Mario Deaglio, già direttore del “Sole 24 Ore” e ora A sinistra, il presidente del Brescia Nord, nell’annata 1994-1995, il professore editorialista della “Stampa”, universitario e leader politico in Brescia, Camillo Bussolati, alla sua sinistra Francesco Ceni e Mario Staffieri sulla legge finanziaria. Insolito fu l’argomento della relazione tenuta dal socio Alessandro Zappa sui rapporti fra i rapaci diurni e l’ambiente urbano. Mentre ci si doveva dolere per la scomparsa dell’importante membro della triade fondatrice del Club, Riccardo Amisano, di dimetteva Franco Pazzi, poco dopo sostituito da un nuovo socio, Cesare Menarini, che ricopriva la stessa carica che già era stata del Pazzi, di direttore della filiale bresciana del Credito Italiano, una fra le prime banche italiane, poi fusasi per dare luogo a Unicredito Italiano.

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L’anno rotariano 1994-1995 si era anche caratterizzato con un compiacimento del tutto eccezionale per i bresciani: la terza assunzione della carica di Governatore del Distretto 2050 da parte dell’avvocato Enzo Cossu, un record senza dubbio di eccezionalità internazionale. Riassumendo, le annate in cui il socio del Club Brescia-Franciacorta-Oglio fu Governatore distrettuale furono il 1987-1988, il 1992-1993 e, infine, il 1994-1995.

1995 - 1996 Presidente Francesco Passerini Glazel - Segretario Giovanni Lonati Il direttore amministrativo dell’“Editoriale Bresciana Spa”, che pubblicava il “Giornale di Brescia”, dopo una decina d’anni dal suo ingresso nel Club Brescia Nord, diveniva presidente dello stesso nell’annata 1995-1996. Il suo programma dichiarato per le serate conviviali consisteva nella conoscenza di alcune istituzioni cittadine, che pur affiancando, custodendo, sorreggendo la convivenza cittadina e l’integrità di ogni cittadino, erano spesso poco conosciute. In questo quadro furono invitati a tenere una loro relazione i rappresentanti dei Vigili notturni, dei Vigili urbani e dei Vigili del fuoco, nonché della Croce Bianca. L’attenzione per la città si espresse anche con l’invito per una relazione all’autore del Il passaggio delle consegne fra i presidenti Francesco Passerini Glazel nuovo, assai discusso, piano regolatore, e Costante Guerrini, nel 1996 il professor Bernardo Secchi. Il professore di urbanistica dell’Università di Brescia fu anch’egli invitato a parlare della città, su traffico e pedonalizzazione. Vista poi la professione del presidente, numerose furono le conferenze sui temi dell’informazione nei mass media e del giornalismo. I temi di interesse locale non esclusero tuttavia cenni a interessi più generali, quali si espressero sulla guerra bosniaca, nella relazione della professoressa Laura Palazzani sulla Bioetica, sui problemi della giustizia civile, nella conferenza del socio, avvocato Pierluigi Tirale, sul tema dei giornali italiani nella relazione dell’ex ambasciatore e pubblicista Sergio Romano, nonché sulla durata, sempre maggiore, della vita umana nella conversazione di Ottavio Alfieri. Emanuele Severino onorò il Club con un’altra sua riflessione filosofica, mentre Mino Martinazzoli espose il suo commento sulla politica nazionale, stavolta però da grande e sfortunato protagonista, a valle della sua responsabilità dopo il terremoto politico-giudiziario del 1992, con la fine della Democrazia Cristiana di cui fu l’ultimo segretario. Del professor Severino si festeggiò anche il frutto di una sua attività molto poco nota, quella di musicista. Si ebbe infatti la prima esecuzione della sua composizione intitolata “Suite”. Fra le attività leggere si possono citare l’ottobrata al ristorante “Belmonte” di Serle e il viaggio ad Avignone, per l’incontro con i rotariani francesi. Due nuovi soci furono aggregati nelle persone di Enrico Sotgiu, direttore della filiale bresciana della Banca Nazionale del Lavoro, dell’importante ingegnere Angelo Esposito, direttore generale dell’ASM, la municipalizzata di Brescia, e del gioielliere Ernesto Fasoli. Nel 1996 non fu particolarmente sottolineata la ricorrenza del 25° anniversario della fondazione del Club, mentre il

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6 febbraio del 1996 nasceva ufficialmente, con il Certificato di apprezzamento della Rotary Foundation e con la presenza della Governatrice del 206° Distretto, Luciana Giacomelli, l’Inner Wheel di Brescia Nord.

Il 1996 vide rientrare nel Rotary Brescia Nord, stavolta come socio onorario, l’unico sopravvissuto dei tre uomini che idearono e posero le basi del Club: Arnaldo Avanzini. Egli, avendo costruito anche il Club Brescia Ovest, si trasferì nel 1984 in quel Club divenendone anche presidente, nell’annata 1986-1987. Avanzini, sempre molto partecipe della vita rotariana, dopo la sua vita eccezionale come fondatore di Club, sarebbe rimasto vicino al Brescia Nord sino alla sua morte, avvenuta nel 2013.

1996 - 1997 Presidente Costante Guerrini - Segretario Dante Anselmi Costante Guerrini, presidente nell’anno 1996-1997, era entrato nel Club nell’annata 19831984 e, come accennato, era un importante operatore nel commercio del ferro. L’anno dovette dolersi per la precoce scomparsa del professor Camillo Bussolati, che era stato presidente del Club solo due anni prima e ora era Rettore dell’Università di Castellanza, nella provincia di Varese. La Liuc (Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo), è un’università privata, nata nel 1989, voluta da imprenditori per la preparazione di giovani adatti all’immediato inserimento nel mondo del lavoro.

Fu il professor e amico Andrea Taroni, preside della facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia, a commemorare l’amico scomparso, brillante scienziato, bresciano d’adozione. La medaglia alla memoria, la Paul Harris Fellow, fu consegnata alla moglie, Giovanna Giordani Bussolati, che sarebbe diventata, per alcuni anni, anch’essa socia del Brescia Nord. La tradizionale attenzione alle più importanti e promettenti novità infrastrutturali bresciane fu ribadita nel 1997 dalla precoce conferenza dell’economista Marco Vitale sulla metropolitana leggera automatica di Brescia, uno dei fiori all’occhiello della lungimiranza e della capacità innovativa bresciane. La metropolitana bresciana fu inaugurata 16 anni dopo quella conferenza. Marco Vitale parlò ampiamente anche dell’opzione del tram di superficie, tema che oggi, 24 anni dopo, torna d’attualità. Tempestivamente fu colta l’opportunità di una conoscenza e di una visita al neonato Museo Diocesano di Arte Sacra, allestito all’interno dello straordinario complesso monastico di S. Giuseppe, che si trova nel cuore della città, adiacente alla piazza della Loggia. Il direttore, don Ivo Panteghini, fu illustre guida al godimento delle innumerevoli e preziose opere d’arte conservate, frutto di un lungo lavoro di preparazione per la tutela del patrimonio artistico a rischio di sparizione, distribuito nelle 1412 chiese visitate e nei 3200 altari censiti. La storia ritornava negli interessi del Brescia Nord con la conferenza del professor Franco Spinelli sugli statuti del comune e delle corporazioni della Brescia medievale, argomento sul quale egli aveva anche pubblicato un ponderoso libro. Sull’economia e sull’imprenditoria della grande distribuzione alimentare parlò invece il competentissimo socio Giuseppe Odolini, grande merceologo e conoscitore di ogni dinamica fra domanda e offerta nel mondo del mutabile gusto dei consumatori, trainati dalla pubblicità e dalle mode.

Sul versante delle condizioni organizzative di base del Club, va segnalata la nascita di un’idea che caratterizza positivamente tuttora la vita del Club Brescia Nord. Fu la decisa opinione espressa dal socio Paolo Rabotti a dare il via all’innovazione. Alla luce delle difficoltà economiche presentate dalla spesa per la conduzione della sede di Palazzo Averoldi, caricata sulle spalle di due soli Club, il Rabotti ebbe a ipotizzare, per la prima volta, d’accordo con il presidente in carica e i Past president Marco Franchi e Luciano Bellini, la condivisione della sede con altri Club, che potevano utilizzare le serate libere nel corso della settimana. Le frequenti conviviali cordialmente condivise con i club cittadini potevano essere una premessa sulla quale insistere. Fu quindi Paolo Rabotti a pronunciare per la prima volta la parola Rotary House, che divenne poi la denominazione della casa comune dei

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Rotary domiciliati nel Palazzo Averoldi: “Da tempo noi pensiamo che occorra trasformare la sede in una vera e propria Rotary House – disse il Rabotti – includendo altri Club nelle serate libere, ma bisogna convincere loro a questa decisione”. L’annata è da ricordare anche per la visita eccezionale di un rappresentante del presidente del Rotary International, Louis Piconi, che fu accolto in riunione congiunta con il Club Brescia e con i presidenti di numerosi Club bresciani. Sempre nell’attenzione del Brescia Nord era la “Scuola Bottega” di Beppe Nava, al quale fu consegnata ancora una benaugurante somma di denaro. Nella conviviale conclusiva dell’anno rotariano venivano consegnate tre onorificenze Paul Harris, di particolare pregio. Una fu appuntata sul bavero del Past president Francesco Passerini Glazel, ma un’altra, con tre preziosi zaffiri, fu consegnata a Umbero Caprioli, non solo Past president, ma soprattutto tesoriere del Club e anche del Distretto. La Paul Harris con quattro zaffiri fu invece consegnata a Luciano Malchiodi, come storico coordinatore del Gruppo Leonessa, come Past president e soprattutto come espertissimo e presentissimo pilastro della struttura rotariana. Veniva infine assegnato ad Emanuele Severino, grande filosofo bresciano, che si era dovuto dimettere pochi giorni prima da socio del Brescia Nord, il titolo di socio onorario.

1997 - 1998 Presidente Damiano Gnutti - Segretario Dante Anselmi Il testimone della presidenza passava quindi, per l’anno rotariano 1997-1998, a uno dei soci fondatori del Club, Damiano Gnutti, che metteva le mani avanti, citando Papa Giovanni Paolo II e modestamente dichiarandosi preoccupato dalla nuova responsabilità: “Se mi sbaglio mi corigerete”.

Continuavano le conviviali del pranzo unitario con il Club Brescia, al primo mercoledì del mese, mentre cresceva la pressione per un allargamento del numero dei Club ospitabili nel Palazzo Averoldi, che infine si concretizzò con l’auspicato incontro e la condivisione della sede da parte dei quattro Club cittadini Al tavolo della presidenza del 1998, il presidente Damiano allora esistenti: il Brescia, il Brescia Nord, il Bre- Gnutti con, a sinistra, il socio e futuro presidente Andrea Taroni e, a destra, la signora Teresa Franchi, energica collaboratrice scia Ovest e il Brescia Castello, che era anch’esso del Brescia Nord, nonché fondatrice dell’Inner Whell Brescia, nato, nel 1991, grazie alla sempre meno rigida dell’Inner Whell Brescia Nord, nonché del Garden Club competenza territoriale, ma comunque focalizzato sulla città, avendo un padrino multiplo, assolutamente cittadino, costituito dal Brescia, dal Brescia Nord e dal Brescia Ovest. Sia il Brescia Ovest che il Brescia Castello utilizzavano una sede comune, anch’essa situata in Brescia, nella lunghissima via Moretto, ma all’estremità opposta rispetto al Palazzo Averoldi, verso est, in un palazzo poco distante da via Crispi. Il merito diplomatico e operativo dell’operazione fu riconosciuto all’ancora protagonista signora Teresa Franchi, che, insieme al marito, prese a modello la soluzione di cui era venuta a conoscenza, di una speciale sede rotariana, a Barcellona, utilizzata da un notevole numero di club e consistente in un palazzo a più piani. Teresa e Marco Franchi seppero concentrare nella sede di via Moretto 12 anche l’attività dell’Inner Wheel e Nella pagina a lato, una campionatura della fitta collezione di gagliardetti di Club mondiali, esposti nella Rotary House e portati da soci viaggiatori, accolti nei Club internazionali grazie alla forma dell’amicizia rotariana. Si notano guidoni provenienti dall’Australia, da Singapore, dall’India, dagli Stati Uniti, da Israele e dalle Barbados L A N A S C I TA D E L R O TA RY C L U B B R E S C I A N O R D E D E L L A VA L T R O M P I A

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La sala della Rotary House con gli emblemi dei suoi quattro inquilini

del Rotaract. L’ennesimo successo della Franchi le meritò il riconoscimento della Paul Harris Fellow.

La Rotary House con i quattro inquilini era nata, anche con la totale approvazione espressa pochi giorni prima dal Governatore Giordano Rao Torres, che si trovava in Brescia, e dal coordinatore del Gruppo Leonessa, Lino Poisa. “Questo vostro sistema di convivenza in una sede propria – affermò il Governatore – è il primo nel Distretto e auspico che divenga il modello per molti altri Club”. Il Natale del 1997 vedeva quasi l’inaugurazione della “Casa del Rotary”, come la chiamò il presidente Gnutti, con il citato arrivo dell’immenso lampadario del salone, proveniente dal Teatro Grande, anche questo procurato e restaurato da Teresa e Marco Franchi. Il presidente Gnutti ringraziava in quell’occasione anche il socio Benedetto Buffoli, che aprì per primo la possibilità del consistere in una sede comune, e il Past president Costante Guerrini, che si era molto adoperato per porre in accordo definitivo i quattro Club sotto ogni profilo, anche quello economico e gestionale.

L’annata vedeva due soci in posizioni eminenti nella società bresciana: Ugo Gussalli Beretta, che era presidente dell’Associazioni Industriali Bresciani, e Franco Bettoni, ancora presidente della Camera di Commercio. A questo proposito va citata la relazione molto interessante che Gussalli Beretta tenne sulla storia delle associazioni fra industriali in Italia e, in modo speciale, sulla storia dell’Associazione bresciana. Frattanto entravano i nuovi soci Giuliano Campana, titolare di una blasonata impresa edile; e Domenico Bertoli, consigliere d’amministrazione, consigliere delegato e presidente di diverse industrie per la lavorazione dell’alluminio. Avveniva anche che si onorasse la tappa importante nella vita dell’illustre socio Giorgio Brunelli, che lasciava sia il suo ruolo di primario negli Spedali Civili, sia il suo incarico di docente nell’Università bresciana. Il passaggio delle consegne con il presidente entrante Andrea Taroni, per l’anno 1998-1999, si svolse all’Hotel “Villa Fiordaliso” di Gardone Riviera. Con la nascita della definitiva Rotary House il quadro storico

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I guidoni dei quattro Club costituenti l’attuale Rotary House: il Brescia, capostipite del Rotary nella città, il Brescia Nord, il Brescia Ovest e il Castello

del Club Brescia Nord raggiungeva una tappa strutturale pressoché definitiva e oggi invariata.

Una curiosità va qui annotata ed è la nascita, nel 1997, dell’attuale Rotary Club Valtrompia, che evocava l’originaria denominazione e competenza territoriale del Brescia Nord. Ormai le perimetrazioni territoriali erano decadute nella normativa Rotary per cui la vecchia appartenenza di molti comuni della valle al Brescia Nord era andata sciogliendosi. Il guidone del nuovo Club triumplino prendeva tuttavia, tale e quale, il disegno che nel 1971 si trovava sul comune gagliardetto del Brescia Nord e della Val Trompia, cioè il giglio/iris rosso. Nell’anno successivo il Club della Valtrompia diede i natali anche al proprio Rotaract.

La fondazione di nuovi Club nella provincia di Brescia ebbe in quegli anni un’impennata. Oltre al Brescia Castello, del 1991, e al Vittoria Alata, del 1992, inizialmente denominato, anch’esso con un punto cardinale, Bresciano Sud Vittoria Alata, si ebbero il Valletrompia, del 1997, e ben due nuovi Club nel 1999: il Brescia Est e il Brescia Manerbio. Oltre alla pressione della dirigenza distrettuale e internazionale, influì certamente la situazione socio-economica che, se da un lato soffriva delle crisi politiche avviate dal fenomeno “Mani pulite”, tuttavia confidava nella nascita di una destra moderna e moderata, come da tempo esisteva nel resto d’Europa, rappresentata dall’esordio politico, liberale e quasi manageriale, di Silvio Berlusconi. Inoltre si intravedevano opportunità nuove dopo il roboante crollo del comunismo nell’Europa orientale. Mentre continuavano le conviviali comuni del pranzo del primo mercoledì del mese, con il Club Brescia, crescevano anche le relazioni di scambio fra Il presidente Damiano Gnutti accanto soci dei due Club. Cresceva anche la presenza di soci apparte- al suo successore l’ingegnere e professore Andrea Taroni nenti all’Università di Brescia.

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1998 - 1999 Presidente Andrea Taroni - Segretario Antonio Pouchè Nell’anno in corso era la volta dell’ingresso del professor Franco Docchio, presentato dal collega Taroni. Inoltre entravano nel Club anche il dottor Antonio Capezzuto, commercialista, con studio attivo in collaborazione con il fratello avvocato ed entrambi figli di un professionista napoletano che fu pressoché il pioniere dell’attività dei commercialisti in Brescia, l’ingegner Mario Lucchini, dirigente nel comune di Brescia, a capo del Servizio tecnico del comune e già ingegnere capo, il dottor Lodovico Bussolati, commerciante di materiali ferrosi, e Rinaldo Felloni, direttore della sede bresciana dalla Banca Commerciale Italiana. Alla cerimonia del passaggio delle consegne, che si svolse, come spesso avveniva, presso le cantine Monterossa del socio Rabotti, era presente anche un rappresentante del Club contatto di Houilles-Bezons. Il rapporto con il Club francese continuava, con una sia pur declinante intensità. Frattanto si cominciava a parlare anche nel Brescia Nord, della possibilità che ci si dotasse di uno specifico sito Internet.

1999 - 2000 Presidente Roberto Berlucchi - Segretario Roberto Zani Il nuovo anno rotariano 1999-2000, entrava nei primi mesi del secondo millennio. Brescia era ancora una volta occupata nelle valutazioni di un piano regolatore, quello di Bernardo Secchi, ultimo della serie scatenante infinite contese politiche, tecniche, con riflessi sui professionisti dell’edilizia, sui proprietari di case e sull’intera città, fra gli utenti del trasporto pubblico, i negozianti reclusi in zone a traffico limitato, ecc. Già in un suo incontro-dibattito con l’architetto rotariano Piero Cadeo, l’ingegner Roberto Berlucchi, aveva potuto aprire visuali critiche sul tema. Opportuna veniva quindi la presidenza del Berlucchi nel Club che su un tema urbanistico volle subito una serata, dedicata da chi scrive all’urbanistica bresciana in epoca fascista, sintesi del libro da Il presidente del Club lui recentemente pubblicato Brescia littoria. Il socio Antonio Capezzuto nel 1999-2000, Roberto Berluchi parlò invece della propria esordiente esperienza politica come militante del nuovo partito Forza Italia, mentre il socio, presidente della Camera di Commercio di Brescia, Franco Bettoni, illustrò i grandi progressi economici e produttivi, nonché la qualità attuale della provincia e della città di Brescia.

Fu anche organizzata una visita alla bella e importante mostra “Brixia Antiquaria”, che allora fortunatamente ancora si svolgeva all’interno del palazzo che oggi si chiama “Brixia Forum”.

Nella serata prenatalizia i soci ebbero la fortuna di ascoltare un brano della grande sapienza filosofica del socio onorario Emanuele Severino, che considerò il significato della festa, come quella natalizia, sottolineando il valore “come pausa delle attività consuete per riflettere sulla vita”. Con riferimento anche all’eleganza e alla ricchezza delle feste, il professore disse: “L’attrazione per le belle forme non è solo qualcosa di frivolo, ma anzi, è cosa molto seria perché ci consente di porre tra noi e i pericoli della vita quotidiana una distanza che ci fa sentire al sicuro”. Una serata vide al centro dell’attenzione Beppe Nava e la sua “Scuola bottega”, con la quale il Brescia Nord ebbe sempre una grande rapporto di stima e aiuto. Una serata vide la relazione dell’assessore regionale Franco Nicoli Cristiani, bresciano, competente sui temi dell’ecologia e dell’inquinamento. Come si ricordò, presentando l’ospite, il Rotary milanese, l’anno precedente, aveva premiato il Nicoli come migliore assessore dell’anno: senza colpa ma incautamente, visti gli sviluppi giudiziari che si abbatterono su

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quell’assessore. La politica amministrativa entrò nuovamente nel Club con una serata a due voci: del sindaco di Brescia Paolo Corsini, di sinistra, e del presidente della Provincia, Alberto Cavalli, di destra. Parlarono di cultura e sulle nebbie dell’immateriale ogni spigolo fu smussato. Giorgio Brunelli tenne il suo quasi annuale intervento, stavolta su due temi: le lesioni del midollo spinale e il concetto di tempo. Chi scrive, autore di un libro sull’argomento, i progettisti Roberto Berlucchi e Enrico Job, nonché il regista Cesare Lievi, direttore artistico del Centro Teatrale Bresciano, esposero l’opera di ricostruzione/restauro del Teatro Sociale, dopo decenni di abbandono, nel pieno centro cittadino. Importante, al solito, fu una relazione del celebre cardiochirurgo Ottavio Alfieri sulla robotica nella chirurgia. Curiosa fu la serata con il noto imprenditore alimentare Giovanni Rana, all’epoca molto noto, non solo per i suoi tortellini, peraltro serviti come primo piatto della serata, ma, forse soprattutto, per i diffusissimi ed efficaci filmati pubblicitari nei quali interveniva egli stesso, in prima persona.

Con riferimento alla questione delicata dei rapporti fra Chiesa cattolica e Rotary, l’anno 1999 segnò un ulteriore avvicinamento, che può definirsi un abbraccio.

Le lettere dei Governatori del Distretto 2050 ai Club e, a cascata, i contenuti degli atti pubblici e delle orazioni nei Club, contenevano spesso frasi di tipo nettamente evangelico, con l’insistito riferimento alla solidarietà sociale, alla pace mondiale, al concetto del servire, alle opere di liberalità, all’amicizia, all’onestà, al rispetto e alla tolleranza. Tuttavia nell’ottobre del 1999 si raggiunse una vetta quasi di coincidenza, che era tanto più possibile dopo che il Concilio Vaticano II aveva vaporizzato la dimensione trascendente ponendo quasi come unico obiettivo dell’agire religioso la finalità filantropica e l’equità sociale, non raramente influenzata da orientamenti filomarxisti. Peraltro, ancora una volta, l’ombra massonica riappariva sopra lo scenario poiché, secondo i non pochi critici delle vicende vaticane negli ultimi 60 anni, e soprattutto dopo le oscure dimissioni di Benedetto XVI, evidenti segnali di presenze massoniche sono apparsi e si sono imposti anche nei vertici ecclesiastici La massima manifestazione di vicinanza fra Rotary romani. La “fratellanza” fu conclamata quando il Di- (Distretto 2050) e Chiesa cattolica, rappresentata dalle stretto 2050, con Governatore Mario Orlandini, orga- manifestazioni fissate in questo opuscolo sulla Giornata del Giubileo, del 1999 nizzò un Convegno Rotary International a Brescia, dal titolo “Cultura, società e Cristianesimo alle soglie del terzo millennio”. Si precisava trattarsi della “Giornata del Giubileo”, che sarebbe caduta nel 2000, e il proposito comprendeva un più vasto programma nel quale entravano un pellegrinaggio a Roma, con udienza papale, l’incontro con il Sostituto della segreteria di Stato, il camuno monsignor, e poi cardinale, Giovanni Battista Re, socio onorario del Club Lovere-Iseo-Breno, e un “itinerario sacro” in Terra Santa. Le relazioni al convegno, pubblicate in un opuscolo, non sfiorarono neppure il rapporto Chiesa-Rotary, ma si diffusero esclusivamente su temi religiosi o sui riflessi sociali del contesto storico. Persino il Past president del Brescia Castello, il professor ed economista Antonio Porteri, parlò di “globalizzazione con la quale stiamo imparando a convivere, che non è soltanto integrazione dei flussi economici e finanziari, unitarietà osmotica dei mercati e scambio di informazioni e di tecnologia, ma è anche chiamata di responsabilità alla quale ciascuno di noi, di noi rotariani in particolare, non può né deve sottrarsi”. Fu l’unico accenno al Rotary. Nel Distretto il

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convegno era stato preparato da una Commissione Giubileo, composta da tre soci, uno dei quali era l’eminenza del cattolicesimo laico bresciano, il notaio Giuseppe Camadini. La filantropia internazionale comportò anche, per il primo semestre, una quota associativa maggiorata di 150.000 lire per l’aiuto al Kosovo. La quota semestrale era quindi salita a 1.150.000 lire.

2000 - 2001 Presidente Antonio Pouché - Segretario Franco Docchio Fu il professore chirurgo Antonio Pouché a far entrare il Brescia Nord nel nuovo millennio, guidandolo dal 2000 al 2001. L’annata non riservò grandi innovazioni e particolari eventi nel Rotary internazionale o in quello distrettuale. Anche la vita del Brescia Nord si svolse senza scossoni. Invece, nella vita della Rotary House si ebbe un’importante novità, con l’ingresso, accanto a Fulgenzia, che godeva di immancabili apprezzamenti e ringraziamenti nei discorsi di fine anno di ogni presidente, di una seconda governante della casa, presentata dalla stessa Fulgenzia: Alessandra Zardini, di origini ampezzane, che ancora oggi è la governante della casa comune di Palazzo Avogadro. La nuova collaboratrice rimase per diversi anni accanto a Fulgenzia, come sua aiutante e come apprendista.

Il Club continuava ad interessarsi dell’attività del Ryla, con i suoi scenari d’azione oscillanti fra Sirmione e Desenzano, mentre anche il Rotaract volentieri riconosceva il patrocinio del Club Brescia Nord, così come vantava di essere, nel suo settore, uno fra i più vecchi club d’Italia. Si ricorda, peraltro, che, negli anni Settanta, il Rotaract ebbe compresenti anche quattro padrini. Nonostante alcune relazioni su temi già affrontati, come quelle dei soci Taroni sulla facoltà di Ingegneria, del socio Damiano Gnutti sulla caccia al cinghiale, dell’avvocato Frigo sul processo penale in Italia, e del professor Alessio sulla medicina del lavoro, si ebbero interessanti relazioni su temi nuovi, come quelle di Carlo Clerici sull’opera degli artisti Christo e Jeanne-Claude, noti per essere “impacchettatori” di grandi edifici, del socio Senini sui francobolli in Israele, del geologo Giuseppe Berruti

A sinistra il presidente del Club Antonio Pouché, nel 2000-2001. A destra il compianto socio Angelo Pè

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Uno dei soci fondatori del Brescia Nord, Ugo Gussalli Beretta, in una recente fotografia.

I Beretta furono presenti sia nel Club Brescia che nel Brescia Nord

sull’evoluzione del clima, dell’onorevole Sandro Fontana sull’Unione Europea, di Ugo Gussalli Beretta sulla sua esperienza di presidente dell’Associazione degli Industriali Bresciani, della dottoressa Giosi Archetti sull’antico orologio di piazza della Loggia in Brescia, del socio Spano sul sonno e del professor Franco Spinelli sull’internazionalizzazione delle imprese bresciane. Anche in quell’anno si svolse un viaggio in Francia, concordato con gli amici dell’Houilles-Bezons. I nuovi soci accolti nel Club furono chi scrive, ingegnere libero professionista, docente, ma soprattutto giornalista e storiografo; l’ingegner Marco Medeghini, all’epoca direttore della società Sintesi, dell’Azienda Municipalizzata Bresciana, dedicata alla gestione e costruzione di parcheggi anche sotterranei, nonché orientata alla progettata metropolitana leggera; l’impresario edile Aldo Pollonio; e l’odontoiatra docente universitario Antonio Cerutti.

2001 - 2002 Presidente Paolo Dabbeni - Segretario Franco Docchio Il successivo anno rotariano, il 2001-2002, fu presieduto dall’architetto Paolo Dabbeni, come accennato, nipote del grande architetto e ingegnere Egidio Dabbeni, uno dei fondatori del primo Rotary Club bresciano, e figlio dell’architetto Mario Dabbeni che di quel medesimo Club, il Brescia, fu anche presidente. Quello fu anche l’anno in cui un nuovo rotariano bresciano, il professor Angelo Borgese, fu eletto al ruolo di Governatore del Distretto 2050. Era la settima volta che ciò accadeva. Nel 2001 ricorreva il trentennale della fondazione del Club Brescia Nord e sul caposaldo cronologico intervennero alcuni soci fondatori, da Giovanni Marini a Cesare Bettoni, da Arnaldo Avanzini a Enrico Nordio, da Alberto Albertini a Umberto Caprioli. Al solito, spregiudicato, caustico e spiritoso, il socio Angelo Rampinelli, alla fine dei discorsi rievocativi, ebbe a citare: “Alle parate si bisbigliava basta reduci garibaldini! ”. Fu l’anno in cui si introdussero i “caminetti”, termine e formula che richiesero delle spiegazioni. Erano impostati sull’incontro serale in sede, con buffet in piedi, perché fosse favorita la fluidità degli incontri, e con accesso libero dalle 19.30 alle 21,30. Inizialmente non era previsto che fossero aperti a più Club e tanto meno a tutti i Club della Rotary House, come poi avvenne. Un ennesimo viaggio di accompagnamento turistico dei francesi fu effettuato a Napoli e Pompei. La visione, un po’ idilliaca, della fratellanza internazionale e degli amichevoli incontri fra i popoli fu però tragicamente sfregiata proprio all’effettivo inizio dell’attività del Club, l’11 settembre del 2001, e il clima psicologico ne risentì. L’arricchimento della comu-

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nità del Club avvenne con l’ingresso del notaio Franco Bossoni, di Umberto Zanetti, chirurgo maxillofacciale degli Spedali Civili, e di Mauro Lamanna, dirigente bancario. Fra le conferenze serali si possono ricordare l’incontro con il socio Domenico Bertoli, che parlò della sua attività industriale nel campo della lavorazione dell’alluminio, del socio Angelo Pè, che anch’egli descrisse il mondo della sua professione, il commercio del legname, così come il socio Lucchini, che illustrò il mondo tecnico delle autostrade. I professori Lorenzo Alessio e Giorgio Pira considerarono il discusso e allarmistico tema del rapporto fra campi magnetici e salute. La professoressa Giovanna Sansoni, universitaria, illustrò il suo lavoro, con il professor Giorgio Vassena, sul rilievo tridimensionale di oggetti museali, con particolare riferimento alla Vittoria alata di Brescia.

Il presidente Paolo Dabbeni Le gravi tensioni internazionali, con ricadute sulle società locali, non riceve la PHF da parte della smettevano di essere preoccupanti. L’apocalittico attacco militare nel Governatrice Lorenza Dordoni cuore di New York, con l’abbattimento delle Twin Towers, scatenò la reazione militare americana in Iraq e Afghanistan e fece esplodere il già consistente conflitto fra il mondo islamico, soprattutto nel Medio Oriente, e il mondo occidentale. Fu allora che, come ormai si commentava da 1.400 anni, si riprese a parlare di “scontro di civiltà”, considerata la pesantissima componente religiosa e culturale nell’azione musulmana. Di fronte a situazioni così forti e globali, l’internazionalismo rotariano svaporava e altrettanto si mostrava sproporzionata l’azione capillare, nei Distretti e nei Club, dove ormai l’azione e gli interessi da decenni erano limitati a un ambito “generalista”, come si può dire traendo il termine dal tipo di interessi di giornali e telegiornali che si interessano di ogni fatto e argomento, dal gossip alla cronaca nera, dallo sport alla politica.

Fatta salva la seria e universale operazione Polio Plus, l’orizzonte di intervento dei Club era limitato a piccole operazioni locali, con aiuti morali e materiali ad iniziative filantropiche, e, sul piano culturale, era concretizzato dalle relazioni conviviali, estese a una sorta di enciclopedia generica delle curiosità, che, benché spesso interessanti, tra informazione e intrattenimento, non avevano più, come già qui accennato, la presa diretta con la società, nemmeno locale, Il Governatore bresciano del Distretto quale si era verificata, ad esempio in Brescia, fra le due guerre. An- 2050 nell’annata 2001-2002, Angelo Borgese che l’opinione pacifista e internazionalista, uno dei punti basilari del Rotary, condiviso soprattutto in quel tempo con la Chiesa cattolica, mostrava clamorosamente la corda quando la realtà passava dal compiacimento autoelogiativo, dall’esilmente idealistico e moralistico embrassons-nous alla resa dei conti ben più dura che si imponeva quando l’ovvia realtà dei conflitti deflagrava con tale clamore.

2002 - 2003 Presidente Alberto Beccaria - Segretario franco Docchio Rimase emblematico, e scolpito nella valutazione dei rapporti logici e della difesa dei valori, il passaggio dallo ieratico e sentimentale sventolio interpolitico e interideologico delle bandiere iridate della pace alla sostanziale invocazione di Papa Giovanni Paolo II per un intervento militare, chiamato “ingerenza umanitaria”, che bloccasse le stragi nella guerra di Bosnia. Sull’onda di quella

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autorizzazione persino il governo di Massimo D’Alema, nel 1999, inviò i caccia italiani a bombardare la Serbia. Bisogna ammettere che, a fronte di tali situazioni, le sperticate dichiarazioni sulla fratellanza, così diffuse nell’ambiente rotariano, accrescevano il loro Durante una conviviale, a sinistra il presidente del Brescia Nord rischio retorico, come il motnell’annata 2002-2003, Alberto Beccaria. A destra, Ugo Gussalli Beretta to del presidente internazionale Bhichai Rattakul, nel 2002-2003, “Diffondete il seme dell’amore” o il motto del Governatore bresciano Canonica: “La qualità della vita per una vita di qualità”, oppure quello, un po’ vescovile, del Governatore Bernardo Fenolio: “Entrando a far parte del Rotary si è assunto un preciso impegno, quello di “servire”. Il nostro cammino su questa terra è singolarmente breve. Il benessere acquisito presto lo si dovrà lasciare, con noi porteremo solo, quale prezioso retaggio, quello che di bene avremo fatto agli altri”. Una spia di accusa a questo carattere che era invalso nel Rotary venne nel Brescia Nord proprio da uno dei soci fondatori del Club, cresciuto sempre più, nel corso degli anni, nella stima e nell’esperienza attentissima al mondo rotariano: Giovanni Marini. Nell’annata 2002-2003 il segretario ebbe ad annotare nel notiziario di una serata: “Il socio Marini interviene sulla questione che interessa molti, che sono perplessi sull’emergere eccessivo, talora esclusivo, del ruolo del Rotary nel settore umanitario e assistenziale. Marini sottolinea, senza nulla voler togliere alla positività dell’azione filantropica, come il concetto di “servizio” che il Rotary include nella sua filosofia non sia riferito a una sorta di servizio caritatevole, per il quale mille altre associazioni sono molto più adatte. Forse si tratta di un equivoco linguistico, afferma Marini, poiché l’americano to serve significa essere utile agli altri con la qualità del proprio impegno, della propria professione, tanto che il presidente degli USA si definisce servitore, ma non perché porta la colazione a letto agli Americani, ma perché, impegnandosi al massimo grado nel suo ruolo, giova alla sua società e la migliora”. Peraltro, anche il Governatore per l’anno 2006-2007, Gianni Jandolo, ebbe a dire che il rotariano deve “fare anziché dare”, perché il Rotary non è l’ente di beneficienza “S. Vincenzo”.

Ritornando alla vita specifica del Brescia Nord, va senz’altro evidenziato che l’annata 2002-2003, essendo presidente Alberto Beccaria, segnò una svolta epocale nella vita del Club, con l’ingresso, per la prima volta, non di una, ma di due signore contemporaneamente. Si è accennato al lentissimo farsi largo dell’idea dell’apertura del Rotary alla componente femminile ed ora era giunto il tempo per una concretizzazione tangibile anche nel Brescia Nord. Nell’anno ruppero il sigillo la dottoressa Paola Minini, già ampiamente nota al Club, non solo per la precedente presenza del socio, suo padre, Giuseppe Minini, ma anche perché socia attiva e presidente del Rotaract Club Brescia nel 1989-1990. Paola, dopo avere avuto varie esperienze derivanti dalla sua specializzazione in economia aziendale, anche come manager commerciale per importanti case produttrici di gioielli, subentrò nel ruolo paterno come agente generale bresciano della società assicurativa “La Fondiaria”, poi divenuta “Fondiaria-Sai” e infine “UnipolSai”. La seconda neo-socia fu la docente universitaria Theonis Riccò, docente nel dipartimento di Chimica e Fisica per i materiali, della facoltà di Ingegneria nell’Università di Brescia. Accanto alle signore entrarono anche due nuovi soci maschi, il dottor Renzo Rozzini, geriatra e specialista di Medicina Interna presso la clinica ospedaliera Poliambulanza, in Brescia; nonché il dottor Roberto Fedrigolli, commercialista libero professionista.

L’andamento delle relazioni serali oscillò fra la leggera piacevolezza della storia dell’enigmistica, trattata dal socio Enrico Senini, e l’aspra serietà dell’incontro, dopo lunghe trattative e diffidenti colloqui preparatori, con il rappresentante della comunità musulmana in Brescia.

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2003 - 2004 Presidente Alberto Albertini Segretario Franco Bossoni Il successivo anno rotariano, 2003-2004, presieduto da uno dei pochi soci fondatori del Brescia Nord, all’epoca ancora viventi, il professor Alberto Albertini, fu forse l’anno con la serie delle relazioni più strutturata, coerente e di più alta qualità. L’importante posizione professionale e la lunga e prestigiosa esperienza dell’Albertini nel campo biomedico, sia in campo universitario che sul piano delle istituzioni sanitarie, Alberto Albertini, con la moglie, della ricerca e del CNR, gli consentirono di attingere a una cerchia durante un viaggio del gruppo di relatori molto competenti, di alto livello, che poterono creare un Brescia Nord grande affresco dell’attualità scientifica, disposti in una costellazione pluridisciplinare, però omogenea e a tasselli complementari, su temi, inoltre, di grande e affascinante interesse: dalla genetica alla neurobiologia, dalle cellule staminali agli organismi geneticamente modificati e alla clonazione di mammiferi. Ciò non impedì che si potesse anche divagare su diversi altri temi, come quello delle grandi, e variamente commentate, mostre organizzate, anche in Brescia, dal manager itinerante dell’arte espositiva e dell’inerente mercato, Marco Goldin, e come il tema delle grandi infrastrutture utili a Brescia, trattato dal socio Francesco Bettoni, sempre presidente della Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato. Il diversivo non mancò neppure in quell’anno, con un piacevole viaggio turistico in Sicilia e uno a Nizza, dove i viaggiatori furono anche ospiti del socio Antonio Capezzuto. Sfarzoso e apprezzato anche all’interno del Club, con i complimenti all’ideatore e finanziatore, fu il grande ricevimento al quale tutti i soci vennero invitati, organizzato dal socio Ernesto Fasoli. Si trattò della più suggestiva e ricca manifestazione promozionale privata di cui si abbia memoria in Brescia. L’intero Castello fu monopolizzato dall’orefice. All’ingresso della fortezza poterono accedere centinaia di illustri ospiti, accompagnati da taxi privati dalla base del colle. Sul ponte di accesso più esterno fu anche rappresentata teatralmente la fase risorgimentale dello scontro fra bresciani ed austriaci. A conclusione di una mostra di gioielleria sparsa nei prati del Castello, si svolse una lussuosa cena, allestita nella fossa interna, fra le mura del mastio e dell’espansione rinascimentale. Condusse i ritmi del convivio una nota star televisiva.

Alla fine dell’anno i nuovi soci entranti furono la dottoressa Giovanna Bussolati, vedova del già socio Camillo Bussolati, molto impegnata nell’attività del volontariato; il dottor Bertrand Simons Renaud, di origine belga, ma attivo in Italia nel campo finanziario; Francesco Rastrelli, titolare di una delle più importanti farmacie di Brescia, con laboratorio per produzione propria, nonché, in seguito, presidente dell’Ordine dei Farmacisti; il commercialista Francesco Paterlini; e l’imprenditore Enrico CaiAlberto Albertini, presidente del Club nel 2003-2004, roli, titolare di un’azienda che produce ascensori (Elma). in una recente fotografia nella Rotary House 118

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2004 - 2005 Presidente Luciano Malchiodi - Segretario Franco Bossoni Era quindi giunto l’anno del centesimo anniversario di fondazione del Rotary. L’annata 2004-2005 segnava in tutto il mondo la rievocazione e la celebrazione dei primi gesti, dall’inaspettata fortuna, e l’evoluzione di un’idea che aveva conquistato ogni nazione.

Nel territorio si aveva l’onore, ancora una volta, di avere un Governatore proveniente da un Club bresciano. Si trattava di Adriano Lecci. Nel panorama generale del Bresciano si ebbe, dopo la costituzione di altri Club nella provincia, come il Rodengo Abbazia, nel 2003 e il Brescia Sud Ovest Maclodio, nel 2004, la fondazione, nel 2005, del Club Valle Sabbia Centenario, che, com’è evidente, volle inscrivere nel proprio nome la sua nascita coincidente con il Luciano Malchiodi, illustre e competente centesimo anniversario del Rotary. I quattordici Club del territo- esponente del Brescia Nord, due rio bresciano vollero materializzare l’evento con la pubblicazione volte presidente, nel 1985-1986 e nel di un’opera editoriale, che da tre anni veniva preparata, intitolata 2004-2005, anno del centenario della Mille anni di letteratura bresciana. L’opera, in due volumi, di 950 fondazione del Rotary a Chicago pagine, coordinata dalla professoressa rotariana Elisabetta Conti, era nata su proposta dei professori Pietro Gibellini e Amedeo Biglione Di Viarigi, sostenuti anche dal senatore bresciano, della Democrazia Cristiana, Mario Pedini. Il socio Angelo Rampinelli, in quegli anni presidente del glorioso Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia, aveva patrocinato l’opera, mentre della realizzazione si era curata l’Associazione Amici di Lino Poisa, la personalità che, con Beppe Nava, diede vita a quella Scuola Bottega che tanto fu legata al Rotary bresciano. Alla presenza anche del Past Governor Angelo Borgese, che aveva sostenuto l’iniziativa, l’opera fu presentata in un interclub allargato, mentre alcuni attori recitarono brani tra i più famosi della letteratura esposta nei volumi. La persona scelta come la più adatta per la presidenza dell’annata fu, quasi

La consegna della Paul Harris Fellow, da parte del presidente Luciano Malchiodi, alla stimata, efficiente e commossa governante della Rotary House Fulgenzia Delaini, per i suoi meriti morali, espressi sino dalla giovane età

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inevitabilmente, Luciano Malchiodi, di gran lunga il socio più affezionato al Club, il più preparato sul sistema Rotary e il più impegnato e disponibile nell’interesse del Club. Il fatto che egli venisse nominato presidente per la seconda volta, dopo l’anno 1985-1986, costituiva un ulteriore segno di affidabilità e di rappresentanza per l’intero Club. Ovviamente l’annata ebbe un suo svolgimento che esulava dalla celebrazioni, che videro anche l’insolita presenza di un presule, il bresciano Francesco Beschi, vescovo di Bergamo. I nuovi soci accolti nel Club in quell’anno furono Pierangelo Gramignola, finanziere; e Jean François De Jaegher, dirigente di una banca di investimenti. L’anno si concluse con un’emozionante cerimonia: la consegna dell’onorificenza Paul Harris Fellow alla governante della Rotary House, da 25 anni: Fulgenzia Delaini. Mentre la signora si apprestava a concludere la sua preziosa presenza fra i quattro Club di Palazzo Averoldi, il Club Brescia Nord volle riconoscere gli alti meriti di Fulgenzia nel corso della sua vita privata. Nel suggestivo paese di nascita, Tremosine, sulle rocce Ritratto di Teresa Franchi, caposaldo del Rotary a picco sopra il Lago di Garda, Fulgenzia viveva da vicino la in Brescia, pochi mesi prima della sua scomparsa nobile azione di monsignor Fossati, che ospitava ragazze madri nei tre mesi precedenti il parto. Venuta a conoscenza che molti neonati erano lì abbandonati, Fulgenzia, a 21 e 22 anni, benché nubile, come allora la legge le consentiva, adottò ben tre piccolissime bambine che, con ammirevole e amorevole tenacia, anche con l’aiuto della madre e della famiglia di otto fratelli, riuscì a far crescere e studiare aprendo loro la possibilità di formare nuove famiglie che oggi fanno Fulgenzia bisnonna, benché nata solo nel 1942. Si ricorda quella come una delle più meritate Paul Harris mai assegnate dal Club Brescia Nord.

2005 - 2006 Presidente Pierfranco Spano - Segretario Franco Robecchi L’anno rotariano 2005-2006 fu presieduto dal professor Pierfranco Spano, che, benché pienamente immerso nell’ambiente universitario, volle preparare una serie di serate con relazioni sui più diversi argomenti. La più curiosa vide protagonista un socio fondatore del Club bresciano Vittoria Alata, Luciano Dal Ben, grande appassionato di motori, che raccontò l’esperienza che coronava un suo sogno: l’essere imbarcato su un aereo da caccia militare russo, il famoso Mig, che anche, per una decina di minuti, gli fu concesso di pilotare. Il relatore narrò ancora con emozione l’esperienza di innalzarsi nell’aria su una macchina di 19 tonnellate, lunga 10 metri, dal costo di 50 milioni di euro e volare, a 15.000 metri di quota, alla velocità di 2.000 chilometri all’ora.

Intervenne, in altra serata, Marcello Renzo D’Attoma, che illustrò la viticoltura bresciana, consentendo di capire qualcosa dello straordinario L’illustre farmacologo Pier Franco fenomeno dell’invenzione della Franciacorta, opera dell’erede di Guido Spano, presidente del Club nel 2005-2006 Berlucchi, Franco Ziliani, che è morto mentre si scrive questo libro, all’età di 90 anni. Si parlò poi della sessualità maschile, grazie alla relazione del direttore del reparto di Urologia degli Spedali di Brescia, il professore rotariano Sergio Cosciani Cunico; dei caratte-

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ri delle farmacie italiane, per bocca del presidente dell’associazione dei titolari di farmacia, dottor Renato Grendene; di musica, con la professoressa Fulvia Conter, docente e critica di Musica nonché figlia di una rinomata coppia di pianisti; della pace e della la guerra in cui erano coinvolti i militari italiani nelle missioni all’estero, grazie al generale Bruno Loi; di arte contemporanea, con il socio Carlo Clerici, che parlò delle installazioni di Claudio Parmiggiani, una delle quali è nei giardini della residenza del Clerici; del libro del socio Giorgio Brunelli, Dai neuroni al sé; del laser, con Salvatore Siano; del fondatore e inventore della Mille Miglia, sulla traccia del libro di chi scrive, Franco Mazzotti, nonché, con lo La serata festosa di riverente accoglienza del Premio Nobel Rita Levi Montalcini con, al tavolo della presidenza Spano, il vescovo di Brescia stesso oratore, del suo libro, Brescia fra Giulio Sanguineti, nel 2005. Alla destra della Levi Montalcini il professor ricostruzione e Boom, sull’evoluzione ur- Giorgio Brunelli e il Governatore distrettuale, il bresciano Adriano Lecci banistica di Brescia fra il 1945 e il 1965; e di vera esperienza di guerra vissuta, come quella in Nord Africa, nella Guerra Mondiale, narrata da Carlo Zamboni.

Una lezione di alto livello fu regalata, ancora una volta, dal socio onorario Emanuele Severino, ma la serata storica fu costituita dall’ospite eccelso, forse il più alto nella storia del Brescia Nord, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini. La scienziata, ormai novantaseienne e accompagnata, mostrò chiaramente, nel suo esilissimo e fragile corpo, quanta distanza vi sia fra la materia di una persona e l’astratta facoltà dell’intelligenza e della mente. Invitata grazie ai rapporti che con l’esimia ospite avevano Giorgio Brunelli e Pierfranco Spano. Quest’ultimo affiancò la Montalcini a un altro grande della neurobiologia, il Premio Nobel bresciano del 1906, Camillo Golgi. La professoressa Montalcini conversò, con splendida lucidità, della sua esperienza, della sua individuazione del Nerve grouth factor, del suo lavoro di ricerca negli USA, del suo incitamento alla prosecuzione della ricerca. In tale argomento si inserì Giorgio Brunelli per annunciare la nascita del suo European spinal cord research institute (Escri), mirato alla ricerca sulle patologie traumatiche del midollo spinale, connesso agli studi sui tentativi terapeutici L’illustre ospite del Club, il Premio Nobel della microchirurgia, lodati dalla Montalcini e correlati all’attiRita Levi Montalcini, in uno scatto vità della sua creatura: l’European brain research institute (Ebri). fotografico accanto alla storica governante della Rotary House Fulgenzia Delaini La serata non poteva che motivare la presenza del vescovo di Brescia, Giulio Sanguineti, di due Past Governor, Adriano Lecci e Angelo Borgese, la consegna alla scienziata di una Paul Harris con tre zaffiri e una standing ovation con applausi degni di una Prima alla Scala.

Di più modesta caratura, ma comunque piacevolissime furono, nell’annata, le esibizioni musicali della famiglia del socio Franco Docchio. La figlia Silvia contribuì a rendere poetico il Natale con il “coro gospel”, mentre una serata vide la compagna del socio, Giovanna Sansoni, che in-

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A un tavolo conviviale il veterano socio Francesco Ceni e, a destra, Pier Franco Spano, accanto alle mogli di Giovanni Marini, a sinistra, e di Costante Guerrini

trattenne i soci cantando brani di musica leggera anche accompagnata alla chitarra dal Docchio stesso. Un poco incerto fu il consenso su un’iniziativa, ancora dei 14 Club bresciani, che ricalcava l’operazione di due anni prima, consistente nella pubblicazione di due volumi, stavolta concernenti i Duemila anni di pittura bresciana, opera ancora coordinata da Elisabetta Conti. Le perplessità si riferivano all’ingente spesa per la pubblicazione dei volumi, ben 140.000 euro, e per i contenuti, basati su molte fotografie, accompagnate da saggi frutto di compilazioni del già detto, anziché costruiti sulla base di nuove ricerche, fra le molte che l’archivio della storia bresciana ancora meritava perché ancora nascondeva. Da un lato ci si doveva dolere della tragica scomparsa del socio Enrico Gandolfo, solo cinquantanovenne, del socio fondatore del Club Marco Franchi e di Giovanni Cavalleri, ma, d’altro canto, si traeva un sospiro di futuro con l’ingresso dei nuovi soci: Alessandro Padovani, universitario e direttore del reparto di Neurologia degli Spedali Civili; Giovanna Finzi, figlia di un notissimo docente del Politecnico di Milano, anch’essa docente nella facoltà d’Ingegneria dell’Università di Brescia; e Luca Fumagalli, giovane libero professionista nel campo dell’ingegneria informatica. Le uscite consistettero in un viaggio a Praga, in una visita all’ennesima mostra Goldin, stavolta su Van Gogh, Gauguin e Millet, e in una piacevole giornata trascorsa fra i ricordi di S. Luigi Gonzaga a Castiglione delle Stiviere cui seguì l’accoglienza nella casa di famiglia del socio Francesco Ceni, a Medole.

2006 - 2007 Presidente Carlo Clerici - Segretario Franco Robecchi L’annata 2006-2007 si svolse su livelli di ottima qualità.

Il presidente Carlo Clerici che qui si è già imparato a conoscere, corse fra inviti a conferenzieri attivi nel campo umanitario o sportivo, ingegneristico o imprenditoriale. Fra i primi furono invitati, per parlare dell’eutanasia, il dottor Massimo Gandolfini, primario della Poliambulanza, che da decenni combatte, accanto ai suoi sette figli adottati, un battaglia di idee, organizzativa e giornalistica, contro chi disprezza la famiglia e approva l’aborto, e un prete sui generis, molto attivo nelle opere umanitarie, don Pippo Ferrari, nonché Romano Damiani che, con la moglie, andava, di sera, per le vie periferiche di Brescia, con il suo “Camper emergenza”, a distribuire cibo ai senzatetto. Una serata fu dedicata alla Cooperativa sociale La Mongolfiera, che, in abbinamento con la Cooperativa Il Solco e alla socia Gio-

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Il presidente del Club nell’annata 2006-2007, Carlo Clerici, con la moglie durante una gita a Montagnana nel 2014

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vanna Giordani, si occupava di assistenza ai disabili. L’amore per l’arte non poteva che partorire serate come quella con il critico Mauro Corradini, che, parlando della Biennale di Venezia ebbe a dire anche una frase molto spiritosa: “Lì, vedendo un sacco pieno, di plastica nera, in un angolo non si sa se sia una spazzatura dimenticata o un’opera d’arte”. Il bresciano Ken Damy e Giuliana Scimé parlarono dell’arte fotografica, l’architetto Giovanni Pinchetti parlò della metropolitana di Brescia, mentre si organizzò ancora una visita a una mostra in S. Giulia, stavolta sui pittori da Turner a Mondrian.

Qualche sconcerto creò la branca dell’arte progettuale esposta da Paolo Mestriner e Elisabetta Bianchessi, docenti universitari per la progettazione del paesaggio, che mostrarono il lavoro da loro affidato ai propri studenti, per la rilevazione delle pozzanghere in un vicolo bresciano, elementi da tutelare, e per la catalogazione delle erbe spontaneamente spuntate nel terreno di un distributore di benzina abbandonato.

Per lo sport furono invece invitati il fratello del presidente, Roberto, personalità nota in Brescia per l’azione fra i giovani e la creazione del “Centro sportivo S. Filippo”, insieme all’architetto e allenatore di calcio Massimo De Paoli, che parlò dell’educazione dei ragazzi, spesso frustrati da un futuro molto più modesto di quello dei grandi calciatori che li avevano motivati, e anche fu ospite uno dei protagonisti dell’avventura entusiasmante della barca Luna Rossa, nella Coppa America di Valencia, l’ingegner Bruno Finzi, fratello della socia Giovanna.

Collegato fu anche il viaggio del Club a Valencia. Non mancarono piacevoli incontri, gustati anche con il palato e l’olfatto, con Giovanni Battista Mantelli, amministratore delegato della ditta Venchi, nota produttrice di cioccolato, nonché con dirigenti dell’“Agroittica” di Calvisano, sorprendente inventrice del caviale nella Bassa bresciana, oggi apprezzata produttrice del 15% del caviale di allevamento nel mondo. In entrambi i casi la cena fu preparata con una gastronomia basata sul cioccolato e su caviale e storione. Mentre si dimetteva, allontanandosi da Brescia, con grave perdita della medicina bresciana, Ottavio Alfieri, entravano come nuovi soci il geometra Primo Botti, amministratore delegato di una società specializzata nella ricerca di aree adatte all’insediamento di centri commerciali; il professor Luciano Quaranta, medico oculista, figlio del Past president scomparso poco tempo prima. Per favorire la reciproca conoscenza, Carlo Clerici volle stampare una sorta di taccuino tascabile, nel quale ogni pagina riportava la scheda di un socio del Club ma con l’aggiunta essenziale della fotografia.

L’utile idea non ebbe seguito negli anni successivi, per cui a causa dei mancati aggiornamenti, l’opuscolo andò rapidamente verso l’obsolescenza. È un’interessante idea che potrebbe oggi essere molto più comodamente e agilmente gestita con l’inserimento nel sito Internet del Club.

L’opuscolo voluto dal presidente Clerici per rendere riconoscibili a tutti i soci gli amici interni al Club

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2007 - 2008 Presidente Franco Docchio - Segretario Luca Fumagalli Franco Docchio, nel 2007-2008, fu il sesto docente universitario ad essere presidente del Brescia Nord. Benché la cosa non avesse più significato, tale constatazione pareva un retaggio della mal sopportata suddivisione iniziale dei territori di competenza, rispetto al Brescia. La linea di confine settentrionale aveva infatti assegnato al Brescia Nord la competenza sull’area dei primi insediamenti universitari, però allora ancora inesistenti. Una tappa interessante raggiunta dalla presidenza (motto “Il futuro e noi”) fu la messa a punto più avanzata del sito Internet per il Club, di sempre maggiore utilità. Relazioni scaturite dall’ambiente del presidente furono quelle del nuovo socio ingegnere Luca Fumagalli, sulla sua attività di creatore di sensori con laser per varie finalità di sicurezza, sorta come spin-off del laboratorio universitario In primo piano, il professor Franco Docchio, presidente di optoelettronica, collegato anche all’azione della professoressa Giovanna del Club nel 2007-2008, Sansoni. Universitario fu anche l’intervento della socia Giovanna Finzi, sui accanto a Franco Bossoni, in problemi derivanti dall’inquinamento atmosferico da motori di veicoli, così secondo piano, presidente nel come l’incontro che i soci ebbero a Castellanza con il già socio, professor 2010-2011 Andrea Taroni, idealmente succeduto allo scomparso amico Camillo Bussolati nel ruolo di rettore della Libera Università “Carlo Cattaneo” (Liuc). Piccole novità furono costituite dalle lettere mensili che il presidente inviava ai soci, nello stile dei Governatori, e un programma brillante espresso in un ordine alfabetico che poneva i temi-obiettivo con la lettera iniziale pertinente. Così si parlava di A come “aumento dell’effettivo” e “assiduità”, delle B come “bollettino” e “base di dati dei soci”, ecc. il presidente, per amplificare l’azione del Club con note giornalistiche, invitò sistematicamente alle conviviali anche la giornalista Paola Bellandi, che svolse inoltre il ruolo di moderatrice in tavole rotonde del Brescia Nord, con protagonisti i soci specialisti del Club, come l’incontro “Le professioni legali forensi: quale futuro?” o “Invecchiamento e salute: quale futuro?”, aperte ad ogni socio rotariano, nella sede di Palazzo Averoldi. Nell’annata si ebbero anche due presenze politiche, dell’on. Paolo Corsini, del Partito Democratico, e del parlamentare di Forza Italia, Paolo Guzzanti. Interessanti conferenze furono anche tenute da Fabrizio Longa, sul problema energetico, nucleare compreso, e dal professor Silvio Garattini, celebre fondatore e direttore dell’“Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri”. Notabile, anche grazie all’esperienza del socio Carlo Clerici in campo turistico, alla quale si volle spesso fare ricorso, fu il viaggio a Istanbul. Nell’anno se ne andò da questa vita, con vero dolore dell’intero Club, il cordialissimo socio Luciano Bellini, mentre entrarono nel Club i nuovi soci: la professoressa neurologa degli Spedali Civili Luisa Antonini; l’avvocato Vittorio Roscini Vitali, libero professionista; il pro- Locandina della preziosa manifestazione rotariana in Italia: il Premio Internazionale fessore universitario di Analisi Matematica, presso l’Universi- “Galileo Galilei”, riservato a studiosi stranieri tà Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, Marco Degiovanni; e che si siano dedicati a studi sulla realtà la giornalista del “Giornale di Brescia” Anna Della Moretta. italiana. Edizione del 2007

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2008 - 2009 Presidente Paola Minini - Segretario Luca Fumagalli Si andava verso la fine del primo decennio del nuovo secolo con l’annata rotariana 2008-2009, che i Past president vollero guidata dalla dottoressa Paola Minini. Come accennato, Paola fu la prima donna ad entrare nel Club insieme a Theonis Riccò. Ora diveniva anche la prima presidentessa del Club. Si è anche accennato alla lunga preparazione rotariana della nuova presidente, non solo come figlia di un importante socio, ma anche come inserita, già molto giovane, nel Rotaract dal 1986 al 1996, che guidò come presidente nel 1989-1990.

Ci si avviava ad un ultimo decennio della cinquantennale vita del Rotary Club Brescia Nord che trascorse, potremmo dire, in una normale amministrazione, senza particolari innovazioni e senza speciali eventi, pur mantenendosi su livelli di assoluta qualità. E ciò sino al tracollo generale del 2019-2021. Forse l’ultima cena di grand gala si ebbe proprio durante la presidenza Minini, quando ebbe esito un lungo corteggiamento, per l’intervento, come relatore a una conviviale, del socio Giuseppe Frigo. Egli era più volte intervenuto come relatore, negli anni precedenti, ma ora la sua condizione era molto diversa. Egli era stato A un tavolo di conviviale del 2013 i soci Paola Minini, a sinistra, nominato, nell’ottobre del 2008, su Roberto Palumbo e Laura Eleonora Depero proposta del Popolo della Libertà, giudice della Corte Costituzionale. La sua presenza alla serata rotariana assumeva quindi una caratura nazionale, che, infatti, mise in grande e orgoglioso subbuglio l’organizzazione del Brescia Nord.

La serata fu altisonante, con la presenza, oltre alla scorta del giudice e a qualche uomo dei servizi di sicurezza, delle più alte autorità della magistratura bresciana. Il giudice Frigo parlò della storia, del significato e delle funzioni della Corte Costituzionale.

La presidente, forse per sottolineare con una ventata di anticonformismo e di non prevedibilità, la novità di una visione femminile del suo ruolo, seppe abbinare al top del sussiego anche un simpatico estremo della leggerezza, invitando, per una serata, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis, più noti come gruppo musicale degli Oliver Onions, autori, fra l’altro, dell’indimenticabile colonna sonora della serie televisiva “Sandokan”. Naturalmente si susseguirono anche incontri più ordinari, e quindi di assoluto interesse, Gruppo di soci del Brescia Nord: da sinistra, Aldo Pollonio, Marco Medeghini, Paola Minini e Alberto Albertini

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come quello di Giorgio Brunelli sul darwinismo, di Marco Medeghini sulla metropolitana leggera di Brescia, di Giovanni Marini sulla storia e il carattere della Rotary Foundation, e di chi scrive su due suoi recenti libri: Brescia e il colosso di Arturo Dazzi, il dibattuto Bigio di piazza Vittoria, e il volume scritto su commissione del Fai, Munita e turrita. Questioni di mura e di torri nell’antica Brescia. Mentre si dimettevano Carlo Alberto Quaranta e Pietro Fedele, si dovevano piangere le scomparse di Costante Guerrini e Umberto Caprioli, entrambi Past president e, Caprioli, socio fondatore del Club. A fronte dei caduti avanzavano le nuove leve costituite da Giuseppe Mercurelli, amministratore delegato di Aso Siderurgica; Marco Ramundo, dirigente del gruppo Moretti, con Bellavista, ristorazione e nautica; e di un ancora fresco rotaractiano, Marco Jannon, commercialista che fu socio del Rotaract Brescia. Il gran finale offerto dalla presidente fu la serata per il passaggio delle consegne all’incoming president Marco Medeghini, presso la casa di famiglia a Renzano di Salò, dove i soci si recarono tramite un apposito pullman.

2009 - 2010 Presidente Marco Medeghini - Segretario Luca Fumagalli L’annata che subentrava, la 2009-2010, fu presieduta dall’ingegner Marco Medeghini, entrato nel Brescia Nord una decina d’anni prima. Medeghini assumeva la presidenza mentre, a livello generale, si aveva la nascita nel Distretto 2050 della formula dell’Amico Campus, un’azione, anche residenziale, per brevi periodi estivi, riservata a ragazzi disabili. L’attenzione ai giovani quindi si giocava ora su quattro piani: l’Interact, il Rotaract, il Ryla e il nuovo arrivato Amico Campus. Si verificava anche un nuovo insediamento nel ruolo di Governatore da parte di un bresciano, l’ingegner Carlo Giorgio Pedercini, proveniente dal Club Salò e Desenzano del Garda. Il presidente Medeghini concludeva il suo mandato anche con una lettera ai soci nella quale esordiva con autoironia: “Dopo questo anno di mia attività come insopportabile presidente pro-tempore del nostro Club è arrivato il momento (c’è chi dice anelato!) del normale avvicendamento, poiché è giusto lasciare spazio a chi, con grande disponibilità, abbia dimostrato ancor maggiore passione e competenza e sia in grado, sempre meglio, di valorizzare pienamente tutte le risorse del Club”. Di fatto la vita del Club in quell’anno fu del tutto in linea con la qualità delle precedenti annate. Si aiutò economicamente l’Avis, si continuò ad esercitare la filantropia suggerita dagli amici francesi per la coltivazione dello zafferano in Marocco, si proseguì l’azione di aiuto alla scuola di informatica per non vedenti, si continuò ad aiutare gli operatori impegnati nell’insegnamento dell’arte ai bambini delle scuole elementari e si svolsero ulteriori scambi di giovani, soprattutto con gli Stati Uniti. Fra le relazioni nelle serate ricordiamo L’ingegner Marco Medeghini, presidente l’intervento di Giorgio Brunelli, sul tema della gelosia, la serata con del Brescia Nord nell’annata 2009-2010 l’illustre economista Francesco Gavazzi, ascoltatissimo editorialista del “Corriere della Sera”, la relazione del professor ingegnere universitario Ezio Giuriani, sulla situazione statica del Palazzo della Loggia, della socia Luisa Antonini, sui temi della neurologia, e di chi scrive circa la misteriosa statua, finalmente spiegata, oggi sotto il porticato della Loggia di Brescia, sulla traccia del suo libro da poco pubblicato: Lodoìga. La statua aliena di Piazza della Log-

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gia in Brescia. Anche citiamo la piacevole serata, fra quelle che talora si sono vissute, dove alla relazione, sull’aceto balsamico, fu abbinata la degustazione del prezioso condimento nei piatti della cena stessa.

Nuovi soci entranti furono il dottor Sergio Caprioli, figlio di uno dei fondatori del Club, Umberto, e attivo per dieci anni nel Rotaract Brescia, nonché presidente dello stesso nel 1990-1991, all’epoca vice-titolare del Centro Imprese nella banca Credito Emiliano; il dottor Luciano Giambuzzi, chirurgo dell’apparato digerente presso l’Ospedale di Chiari; e la signoL’ingegner Marco Medeghini, presidente del Club nel ra, dottoressa Luisa Monini, moglie del socio 2009-2010, accanto alla moglie durante una conviviale Giorgio Brunelli, lei stessa medico e chirurgo dall’importante carriera, spesso collaboratrice del marito, soprattutto nella chirurgia della mano, anche in azioni professionali umanitarie, nonché giornalista scientifica, in campo medico, soprattutto nell’ambiente televisivo.

All’interno del Club si era giunti al saluto conclusivo, nel giugno del 2010, della fidatissima, riservata ed elegante Fulgenzia, che aveva raggiunto i trent’anni di conduzione della Rotary House.

Anche sul lato della segreteria si stavano mutando alcune collaborazioni. Nel 2011 la segretaria Sandra Noli fu sostituita, dopo circa trent’anni di presenza nella famiglia Rotary, dalla signora Simona Savoldi, che tuttavia rimase solo due anni, infine, a sua volta, sostituita, nel 2013, dalla segretaria che tuttora opera nella Rotary House, Sonia Ceretti.

2010 - 2011 Presidente Franco Bossoni - Segretario Roberto Fedrigolli Anche l’annata 2010-2011 si svolse in una tranquilla normalità, sotto la presidenza di Franco Bossoni. Nell’organigramma del Club era ormai avvenuto l’ingresso della nuova segretaria, Simona Savoldi, per alcuni mesi affiancata dalla tutrice, segretaria precedente.

L’annata cadeva nel quarantesimo anniversario di fondazione del Club, che fu rievocata da uno dei soci fondatori, Giovanni Marini, che volle citare alcuni dei soci originari ancora presenti: Alberto Albertini, Ugo Gussalli BeretA sinistra il socio Roberto Fedrigolli accanto a Franco Bossoni, che fu ta, il socio onorario Arnaldo Avanzini, presidente del Brescia Nord nell’annata 2010-2011 Damiano Gnutti, Dante Anselmi, Angelo Rampinelli Rota e anche quelli non più soci, come Mario Zorzi, Piero Lechi e Gianpietro Palazzani. La ricorrenza coincideva con il saluto della preziosa segretaria Sandra Noli, alla quale tutti e quattro i Club della Rotary House donarono un omaggio floreale e anche un ulteriore, più duraturo regalo, per ringraziarla della fattiva e preziosa collaborazione.

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Gli incontri con ospiti relatori furono, ancora una volta, molto interessanti e di particolare qualità. In una serata fu ospite Fra Marco Fabello, il frate dell’Ordine di S. Giovanni di Dio, il religioso spagnolo che nel Cinquecento, incitando con la frase “fate del bene, fratelli, a voi stessi aiutando gli altri”, diede originaria vita a quelle che sarebbero diventate le cliniche Fatebenefratelli, che in Brescia ebbero grande importanza, prima con sede nel palazzo di via Vittorio Emanuele II e poi, con la specializzazione psichiatrica, nella sede di via Pilastroni, dove era attivo un importante centro di studi e assistenza ai malati del morbo di Alzheimer, accuratamente illustrato dalla dottoressa Roberta Ghidoni. Una Primo piano, durante una gita rotariana, del veterano socio fondatore del Brescia Nord, il serata fu incentrata sulla relazione dello scrittore Andrea di professore neurochirurgo Giovanni Marini Robilant sul proprio libro Un amore veneziano, di ambientazione storica. Importante fu la relazione del socio Francesco Bettoni, ormai da tempo presidente della Camera di Commercio di Brescia, che parlò della vitalità delle aziende bresciane, in continua crescita, nonostante la crisi internazionale del 2008, aggravata dall’ulteriore crollo economico del 2011. D’altra parte, affermava Bettoni, la provincia bresciana era ritenuta uno dei quattro motori dell’Europa, insieme alla Catalogna, alla regione francese Rhône-Alpes e alla regione tedesca del land Baden-Württemberg. Una curiosa cosa minima, segno del costume, fu la distribuzione ai soci di un volantino con il testo dell’inno nazionale, il cosiddetto Inno di Mameli. Stava infatti facendo capolino, sul modello americano e anche, sia pure goffamente, sull’esempio di esibizioni nel mondo sportivo, il recupero patrio del cantare l’inno durante i tre brani musicali che erano diffusi in sala durante l’omaggio alle bandiere, magari con la mano sul cuore. Accortamente un punto di attenzione veniva sempre mantenuto sul problema energetico, che fu oggetto di una relazione del socio Roberto Zani (energie rinnovabili) e di un’altra, del professor Andrea Borio, su “Attualità e prospettive di sviluppo dell’energia nucleare”. Nonostante le risposte emotive e irrazionali degli italiani, dopo il sopravvalutato incidente di Černobyl’, con il referendum del 1987, replicato con un secondo referendum per il no, dopo l’ancor più demonizzato ed equivocato incidente di Fukushima del 2011, anche nel Brescia Nord si manteneva un serio interesse per un tema che ritorna oggi, nel 2022, come un grande problema di attualità. Una serata fu dedicata, alla presenza dell’ex rettore dell’Università di Brescia, Augusto Preti, e del direttore generale dell’Azienda sanitaria locale (Asl) di Brescia, Carmelo Scarcella, nonché ai problemi teorici e terapeutici della neuropsichiatria infantile, grazie alla relazione di due dottoresse, dirigenti dell’Unità operativa degli Spedali Civili, economicamente sostenuta dal Club, e della Scuola di specializzazione nella stessa branca medica. Chi scrive intrattenne gli amici rotariani sulla storia e le curiosità dello straordinario Teatro Grande di Brescia, che egli studiò approfonditamente, pubblicando, con altri autori, due volumi sull’argomento. La relazione si collegò anche a una visita dettagliata al medesimo teatro che si concluse con un discorso Caricatura eseguita all’epoca in cui il medico del presidente della neonata Fondazione Teatro Grande, il padre Mario Zorzi era fresco socio fondatore del del teatro bresciano, Renato Borsoni. Una serata vide protagoBrescia Nord

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nista il noto scrittore e giornalista Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”.

Il viaggio per i soci fu organizzato, con la consueta diligenza ed efficienza, dal socio Carlo Clerici e stavolta la meta fu Budapest. Per la serata prenatalizia le parole religiose furono pronunciate dall’illustre parroco dell’importante chiesa dei Santi Faustino e Giovita, in Brescia, don Armando Nolli. La serata si concluse con il godibilissimo concerto di un trio d’archi.

Nel Club entrarono, nel giugno 2011, i nuovi soci: l’ingegner Domenico Caggioli, figlio del socio recentemente scomparso, amministratore delegato dell’industria Mecolpress, produttrice di presse; l’ingegnere Roberto Palumbo, libero professionista, con la moglie, anch’essa ingegnere, attivo nel settore degli I cari amici, genitori del Rotary Club Brescia Nord, impianti, essendo anche amministratore unico di una Ugo Gussalli Beretta e Alberto Albertini società per il commercio nel settore termotecnico ed elettronico; il dottor Alessandro Masetti Zannini, appartenente a una nota famiglia bresciana, libero professionista commercialista, titolare di svariate cariche societarie e in fondazioni; nonché la professoressa universitaria Laura Eleonora Depero. Il passaggio delle consegne, rivolto al neopresidente Marco Degiovanni, avvenne nel Palazzo Salvadego, sede del Circolo al Teatro, nello splendido giardino che si affaccia sulla chiesa di S. Francesco, accanto alla sala con i dipinti del Moretto.

2011 - 2012 Presidente Marco Degiovanni - Segretario Roberto Fedrigolli Il professore Marco Degiovanni, presidente nell’anno 2011-2012, portava con sé un’ampia cultura classica, matematica e anche musicale. I suoi vari interventi nella comunità del Club scorsero i molti temi, con la matematica in primis, ma anche con una forte presenza del tema musicale,

Al tavolo di una conviviale, a sinistra, il pluri Past Governor Enzo Cossu, in età anziana, accanto al professore Marco Degiovanni, presidente del Club nel 2011-2012. A destra l’avvocato Vittorio Roscini Vitali, presidente del Club nel 2017-2018

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con interesse che ha avuto una sua punta quando egli illustrò i tre brani musicali del rito di omaggio alle bandiere, svelandone realtà e segreti. Francamente e curiosamente fu centrale per tutti i soci l’informazione sull’identità dell’inno del Rotary, della quale è probabile che siano in pochi ad avere conoscenza. Con Degiovanni si è potuta avere, grazie a una sua relazione nell’anno 2018-2019, grande consapevolezza del brano adottato dal Rotary, tratto dall’ouverture dell’Egmont, 1809-1810, ancora una musica scritta da Ludwig Van Beethoven pressoché duecento anni prima del momento in cui se ne parlò nel Club. L’inno fu poi mutato nel 2015 quando, pur restando nello spirito del massimo autore, nonché della stessa opera, fu scelto il brano dell’Entr’acte n. 3. Dei tre inni, quindi, ben due sono di Beethoven, mentre uno è di Michele Novaro. Lo avrebbe mai sperato, lo sconosciuto Novaro? Il facondo e poliedrico socio Giorgio Brunelli intrattenne i soci sul tema del nostro cervello, mentre una serata vide la dolce esibizione di tre giovani donne che crearono deliziose musiche con violoncello, chitarra e flauto. Soprattutto quest’ultimo strumento, magistralmente fatto cantare dalla ragazza, incantò i presenti. Furono due i nuovi soci accolti: il professor Renzo Il matematico, docente universitario, Cestari, ordinario di chirurgia generale all’Università di Brescia, priMarco Degiovanni durante una delle mario dell’Unità operativa di endoscopia chirurgica dell’Ospedale di sue varie relazioni, spesso di argomento Brescia, nonché direttore della scuola di specializzazione in chirurgia musicale ed endoscopia digestiva, e l’ingegnere Alessandro Nocivelli, uomo dalla brillante carriera e che, all’epoca, era titolare di una ditta leader in Europa, nel settore della trasmissione di dati su fibra ottica. Interessante fu anche la relazione offerta dal professore Paolo Ajmone Marsan, marito della socia Laura Depero, sul “Dna degli animali domestici che racconta la storia dell’uomo”. Preziosa fu anche la serata con Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel, il poeta Salvatore, che, come attore e regista, parlò del “teatro della parola”. Sull’onda dell’utopia più nobile una serata fu dedicata alla sfida per una convivenza fra palestinesi e israeliani, per voce di Franca Ciccolo e Walter Ceruti, mentre altra vide la relazione della direttrice del “Giornale di Brescia”, Nunzia Vallini. Interessante fu la visita a Concesio, dove nel complesso edilizio che vide la nascita del Papa Paolo VI, è aperta anche la pinacoteca di arte sacra, frutto del patrimonio di opere che furono donate al Papa bresciano. Visitata fu anche la biblioteca dell’Università Cattolica di Brescia, dove è conservato il prezioso lascito librario di Carlo Viganò, riguardante la storia della scienza. Il Club visitò anche la restaurata chiesa di S. Maria della Carità, in Brescia, per il quale offrì anche un certo aiuto finanziario. Importantissimo era stato invece il finanziamento della Fondazione Credito Agrario Bresciano – Istituto di cultura Giovanni Folonari, che vedeva protagonisti i soci Alberto Folonari, presidente della Fondazione, e Agostino Mantovani, consigliere della medesima.

Proprio per quel motivo oggi, dopo la scomparsa di Alberto Folonari, è stata posta nella piazzetta antistante la chiesa, accanto alla dimora della famiglia Il passaggio delle consegne fra Marco Degiovanni e il neopresidente Franco Robecchi, nel 2012 Folonari, una targa in ricordo e stima di Alberto.

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Marco Degiovanni, durante la sua presidenza, fu anche nominato Assistente del Governatore per il triennio 2013-2016.

Anche la serata del passaggio delle consegne di quell’anno si svolse nella pregiata sede del Circolo al Teatro, di via Dante, con un’insolita variante, conseguenza dell’irresistibile e diffusa curiosità di seguire, almeno con la coda dell’occhio, la partita di calcio, semifinale del Campionato europeo, che vedeva in gioco la squadra italiana. La furtiva attenzione non poté trattenere l’esultanza per la vittoria dell’Italia contro la Germania, con due gol contro uno, una rete delle quali fu potentemente realizzata dal giocatore bresciano Mario Balotelli. La serata fu, per quel motivo, ancora più festosa e fu coronata dal gesto di Marco Degiovanni che pose il collare dei presidenti sulle spalle di Franco Robecchi, che qui scrive. Iniziava l’anno rotariano 2012-2013.

2012 - 2013 Presidente Franco Robecchi - Segretario Mauro Lamanna Era un anno nel quale i Rotary Club bresciani avevano raggiunto il numero di 20, essendo stati costituiti i Club Soncino e Orzinuovi, nel 2006, il Brescia Moretto, nel 2007, il Brescia Museo Mille Miglia, nel 2012, e il Brescia Capitolium nel 2013, come il Veronica Gambara.

Quest’ultimo nacque con l’esplicita volontà di essere un Club interamente femminile, in ciò costituendo una vera novità. In seguito la forte presa di posizione si allentò, dopo avere dimostrato la potenzialità, aprendo quindi l’ingresso anche a uomini, così come oggi avviene. Come è evidente quello della perimetrazione territoriale di competenza di un Club era ormai un lontano ricordo. La proliferazione rispondeva anche alla sistematica pressione del board distrettuale e internazionale, per l’aumento dei club e del numero dei soci. Qualche voce di dissenso rispetto a quella linea si levò, sia a livello locale che generale. Il nuovo presidente dichiarò, sino dal primo discorso della serata di investitura, quale fosse il suo programma, naturalmente un asse portante che non intendeva costituire una gabbia rigida e non escludeva ramificazioni di diversa ispirazione. Franco Robecchi annunciò che il programma nel quale si sarebbe impegnato era legato all’aiuto ai giovani per la loro scelta professionale. La disoccupazione generale in Italia si aggirava sui tre milioni di persone, con un picco della disoccupazione giovanile (15-24 anni) che raggiunse in quegli anni il 39%. Il presidente rilevava che, oltre il dato assoluto, esisteva un problema aggiuntivo, che non risparmiava anche i figli della borghesia, ed era l’incertezza sulle scelte scolastiche e professionali. La rapida dinamica del mercato aveva reso vano, in genere, salvo i casi di radicata affermazione, ogni tentativo di mantenere in via “ereditaria” un ambito di professionale già avviato. La psicologia giovanile, dagli anni Sessanta, era divenuta più insofferente dei binari pretracciati e però viveva in preoccupanti incertezze, che andavano dal continuo mutamento di indirizzo alla depressione di quelli che ebbero anche un nome, in sigla acronima Neet, “Not (engaged) in education, employment or training”, un rinunciatario non impegno nell’istruzione, nel lavoro e anche nell’apprendistato di un mestiere. Oltre ai problemi dello sfaldamento familiare, della droga, Il presidente Franco Robecchi appunta la spilla rotariana di una globalizzazione snaturante propensa allo sulla giacca della neosocia Paola Cittadini

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sradicamento e all’anonimato, esistevano problemi molto più concreti. Si trattava del mancato incrocio fra domanda e offerta di lavoro dovuta alla disinformazione, non solo dei giovani, ma dell’intera società. Un anno si bloccavano con assurdi test di ammissione migliaia di aspiranti alle facoltà di Medicina e l’anno dopo si doveva lamentare la mancanza di 10.000 medici. Il presidente proponeva di produrre una sorta di vademecum per i giovani nei quali fossero analizzate molte professioni, indicando la domanda, il cammino per raggiungere i requisiti richiesti, la tipologia dell’attività, dalle sue componenti psicologiche a quelle economiche. Si sarebbe dovuti andare dal mestiere del carrozziere all’attività del fisico, dal ballerino al tecnico informatico. L’idea trovò un insperato alleato nell’associazione denominata Prospera, della quale faceva parte il socio Paolo Franchi, che promuoveva interventi di professionisti nelle scuole medie superiori al fine di aiutare l’orientamento professionale. Il programma si affiancava anche al progetto Mentoring, formato da Rotary e Rotaract, per l’apprendistato di giovani presso ambienti professionali di soci Rotary.

Naturalmente la mole del lavoro si presentava molto impegnativa e il programma intendeva svilupparsi in diversi anni, anche con aggiornamenti. Diverse serate e molti relatori furono invitati per dare un contributo al piano, dai dirigenti comunali addetti alle questioni giovanili, a figure scolastiche, dai rappresentanti di Prospera (Piero Curcuruto), al presidente Eugenio Massetti di Confartigianato, la massima organizzazione degli artigiani, a gestori di supermercati e a scuole speciali, come Isfor, la scuola dell’Associazione Industriali Bresciani, con fini di preparazione manageriale. Il progetto è risultato troppo impegnativo per le risorse, anche umane, nonostante il coinvolgimento del Rotaract, per cui non ebbe esito positivo. Eguale sorte ebbe l’idea di arredare tutti i tavoli delle conviviali con bei candelabri e candele accese. L’esperimento durò solo Ad una serata rotariana il socio Paolo Sandri accanto un anno. Le serate furono tuttavia molto varie, alla compianta Maestra Giovanna Sorbi, docente nel come quella in cui il socio Senini parlò del tango Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Milano e si volle anche assistere a un’esibizione di una e direttrice d’orchestra coppia di ballerini invitata per l’occasione, oratori furono anche l’ex direttore generale degli Spedali Civili di Brescia, Lucio Mastromatteo, dei soci Palumbo, Spano, Zanetti, Simons e Brunelli, sulle energie alternative, su una proteina che potrebbe prevenire il morbo di Parkinson, sulla chirurgia facciale, sul tema economico “La crisi…e allora?”, e sul libero arbitrio. Serate particolari furono condotte dai relatori Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi, moglie del socio Roberto Fedrigolli, circa la dibattuta attribuzione di disegni giovanili al Caravaggio. Una serata fu anche condotta, presente la direttrice del carcere di Brescia, sul tema del reinserimento di chi ha espiato la pena.

Purtroppo nell’anno se ne andarono soci storici del Club, a partire dalla colonna rotariana Luciano Malchiodi. Simile sorte dolorosa ebbe il socio fondatore del Club, Arnaldo Avanzini, quasi centenario. Molto particolare, per l’unicità del protagonista, fu la serata che ebbe come ospite l’unico scultore produttore bresciano, per decenni, di medaglie. L’artista, Francesco Medici, ormai molto anziano, fu accompagnato dalla figlia ed entrambi resero interessantissima e godibile la serata, anche con l’esibizione di alcuni dei più famosi pezzi dell’artista. Una visita, con cena sul lago d’Iseo, fu svolta alla fabbrica di feltri per cartiere, del socio Paolo Franchi, a Marone. I nuovi soci entrati furono la musicista Giovanna Sorbi, pianista, docente nel Conservatorio “Verdi” di

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Il passaggio delle consegne fra il presidente Franco Robecchi e il neopresidente Robeto Zani, nel 2013.

Roberto Zani sarebbe stato eletto presidente in due diverse annate

Milano e, soprattutto, rara e apprezzata figura di direttrice d’orchestra; la figura storica fra i dirigenti del sindacato Cisl in Brescia, Renato Zaltieri; e la giovanissima imprenditrice Paola Cittadini, ex rotaractiana, dal 2005 al 2009, titolare di una ditta per la produzione di reti, nata dalla grande tradizione della pesca in Montisola, ma ormai lanciata verso la realizzazione di reti per usi sportivi, vendute in tutto il mondo. Altri nuovi soci furono il professore universitario Renato Camodeca, economista e commercialista, e Paolo Sandri, consulente finanziario. I pranzi estivi si svolsero, come da qualche anno, al ristorante “Il Nuovo Nando”, di via Amba d’Oro in Brescia.

2013 - 2014 Presidente Roberto Zani - Segretario Roberto Palumbo L’annata successiva, dal 2013 al 2014, fu presieduta dall’ingegner Roberto Zani. Fu quella la sua prima presidenza, perché, come vedremo, egli condusse il Club anche una seconda volta. Nel corso dei due ultimi anni si erano dimessi alcuni soci: Mario Lucchini, Jean François De Jaegher, Pierangelo Gramignola, Giovanni Lonati e Domenico Bertoli, che sarebbe morto entro pochi anni.

Il presidente Zani, peraltro il socio con al suo attivo il maggior numero di reclutamento di nuovi soci, insistette nel suo programma per un aumento dell’effettivo, soprattutto con signore, e una riduzione degli abbandoni, portando anche molti dati statistici sull’argomento. La parola guida dello Zani fu la sostenibilità. In quella logica furono invitati il professor Marco Trabucchi, che tenne una conferenza sulla sanità sostenibile, il professor Carlo Scarpa sul tema dell’acqua fra privato e pubblico e Giovanni Caprara, giornalista del “Corriere della Sera”, appunto sulla sostenibilità in generale. La socia Laura Eleonora Depero espose invece, in una serata, la sua interessante esperienza di un lungo soggiorno in Giappone per motivi professionali, mentre Giorgio Brunelli parlò della sua Fondazione, dal 1979, per la ricerca sui neuroni. Gli interventi furono molto vari. Una

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serata, fra quelle di abbinamento fra relazione e concreta tangibilità gastronomica, fu dedicata al tartufo in terra bresciana, con relazione del praticante, nella ricerca sul campo, Virgilio Vezzola. Massimo Cortesi, giornalista e compagno della socia Giovanna Sorbi, intervenne sulla querelle politica attinente all’acquisto di nuovi caccia F 35 da parte dell’Aeronautica italiana, mentre, appunto, Giovanna Sorbi organizzò, con l’aiuto del socio Sergio Caprioli, ottimo pianista, un memorabile concerto nella grande aula - ex chiesa di S. Giulia. Ornella Parolini parlò delle cellule staminali, Alberto Ballerio sul tema della sua speciale competenza, l’entomologia, Maria Pia Pattoni, moglie del socio Degiovanni, discorse sul mondo classico e sul mito di Prometeo, Federico Nicoli poliedricamente disquisì su che cosa significhi vivere Un concerto pianistico eseguito dal Socio Sergio bene, tra Bibbia e natura, Valerio Di Donato considerò Caprioli nel salone del Palazzo Averoldi il tragico tema delle foibe jugoslave e il professor Paolo Ajmone Marsan trattò i temi del miglioramento genetico animale. Il professor Sergio Pecorelli, Rettore dell’Università di Brescia, illustrò il suo ateneo, confrontandolo con altre realtà simili. Si realizzò una piacevole visita all’antica chiesa bresciana di S. Maria dei Miracoli e si offrirono, durante una cena svolta nella sede della Mensa Eugenia Menni, dove la Caritas distribuiva gratuitamente pasti ai bisognosi, denari pari alla confezione di 2.500 pasti. Fu effettuata la piacevole e leggera visita alla cittadina straordinaria di Montagnana, secondo una proposta già avanzata nell’anno precedente dal presidente Robecchi. Furono assegnati i primi 14 premi “Malchiodi”, per eccellenze nei risultati scolastici, per una somma totale di 25.000 euro.

In quei mesi erano purtroppo scomparsi altri due soci fondatori: il vulcanico Angelo Rampinelli Rota, che lasciò una grande lacuna nella cultura non conformistica della città e anche nella sua vivacità politica, e Damiano Gnutti, noto industriale. Le nuove leve entrate invece nella comunità del Club furono Marco Fontanella, direttore dell’Unione operativa di Neurochirurgia dell’Ospedale di Brescia, nonché docente universitario, ideale erede del ruolo del vecchio socio Giovanni Marini, l’avvocato e stimato entomologo di fama Alberto Ballerio, ex socio del Rotaract Brescia dal 1992, il professor Deodato Assanelli, cardiologo e medico dello sport, e la dottoressa Stefania Piccoli, che si trasferiva direttamente dal Rotaract, dove era stata presidente nel 2010-2011.

In data 26 settembre 2013, si è svolto un interclub con il Rotaract Brescia e l’Inner Wheel Brescia Nord. La serata è stata l’occasione per consegnare il premio PHF al Rotaract Club Brescia, presieduto, quell’anno, da Maddalena Capra, con la seguente motivazione: “Il Rotaract Brescia, il più longevo della città, ha svolto per 45 anni consecutivi attività di servizio, distinguendosi per il grande impegno profuso a servizio dei più deboli”.

Accanto all’età media dei soci del Brescia Nord, non bassa, si ha Il medesimo riconoscimento è stato contalora l’innesto di una fresca gioventù, consolante anche sotto il ferito anche all’Inner Wheel Club di Brescia profilo estetico: due Past president del Rotaract Brescia Nord.

Nord, guidato quell’anno da Luisa Quaranta, A sinistra, Stefania Piccoli e, a destra, Maddalena Capra

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Incontro svoltosi durante l’annata fra giovani internazionali dei Rotaract

con la seguente motivazione: “L’Inner Wheel Brescia Nord, ha sempre dimostrato grande sensibilità nel comprendere e farsi carico delle esigenze della comunità locale”.

I due Club da quel momento sono stati rinominati ufficialmente: Rotaract Club Brescia PHF e Inner Wheel Club di Brescia Nord C.A.R.F. Nel corso di svariate serate il Presidente Zani ha conferito l’ambita Paul Harris Fellow anche ai Soci Francesco Ceni e Giovanni Baroncelli, a Giorgio Cotelli Presidente della Fondazione Opera Caritas San Martino e ad Elena Obraztsova, mezzosoprano d’indiscusso talento internazionale.

Il Club, nell’ottica degli scambi di amicizia rotariana e dell’attenzione ai giovani organizzò il progetto “Brescia, Nice To Meet You”. Tale attività è consistita nell’ospitare sei ragazzi provenienti da diverse parti del mondo (Albania, Algeria, Brasile, Kosovo, Messico e Tunisia) presso le famiglie di rotariani. I ragazzi sono stati accolti durante una serata ad essi dedicata ed hanno avuto l’opportunità di visitare un’importante azienda bresciana, una cantina, il lago d’Iseo ed i principali

La consegna dell’onorificenza Paul Harris Fellow a una presidente del Rotaract Brescia, Maddalena Capra, e alla presidente dell’ Inner Wheel Brescia Nord, Luisa Quaranta

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monumenti della nostra città. La visita si è conclusa con un aperitivo ed una serata in discoteca.

Sempre nell’ottica dello scambio rotariano il nostro Club ha aderito al Rotary Friendship Exchange ospitando una coppia di Australiani e allo Scambio Giovani, accogliendo, per l’intero anno scolastico, due ragazzi d’origine americana.

Numerose, sono state, inoltre, le attività di service svolte dal nostro club. È stata erogata una borsa di studio al dottor Andrea Fava, per la ricerca sulla Sclerodermia, e si è finanziata una borsa di studio in favore di un giovane cantante lirico scelto tra i finalisti non premiati del concorso internazionale lirico “Giacinto Prandelli”.

Nell’ambito del servizio di “Informatica Facilitante” svolto dalla Cooperativa Sociale Nikolajewka Onlus, presso la sede di Brescia, il nostro Club ha fornito 15 personal computer recuperati dal laboratorio di informatica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia, affinché potessero essere concessi in comodato d’uso gratuito ai frequentatori del Centro Diurno. Con altri Club della Rotary House è stato stampato e fornito il libro Chicco e la nota perduta ai bambini delle classi quarte e quinte della scuola elementare dell’Istituto audiofonetico delle suore Canossiane di Brescia. Il nostro Club ha inoltre sostenuto il progetto Ryla e i due soci Agostino Mantovani e Paolo Franchi hanno aderito al Progetto Mentoring in qualità di Mentori per giovani rotaractiani del Distretto 2050. Il Club partecipò organizzativamente alla settimana di Amico Campus presso il Camping Lido di Lazise oltre che sponsorizzando la permanenza di un disabile e di un suo accompagnatore.

2014 - 2015 Presidente Mauro Lamanna - Segretario Laura Eleonora Depero Per l’anno rotariano 2014-2015 era stato eletto presidente Mauro Lamanna, pugliese naturalizzato torinese, protagonista di un’importante carriera bancaria, soprattutto nella Banca Intesa Sanpaolo. Il nuovo presidente prevedeva un anno con due temi portanti, l’economia e, curiosamente, il wellness. Il tema economico fu trattato in una serata dal socio Renato Camodeca e anche dallo stesso Lamanna, con una relazione sulla storia bancaria italiana e sulle recenti vicende dei grandi fallimenti come Cirio e Parmalat. Altre serate furono dedicate alla storia del teatro in Brescia e alla nascita del Centro Teatrale Bresciano (Ctb), con intervento di Costanzo Gatta; agli interventi chirurgici sul cervello con paziente sveglio, del socio Fontanella; ai problemi dell’accesso all’acque potabile e sulle tecnologie per la distribuzione di acqua in società arretrate e povere, di Carlo Collivignarelli e Luca Rondi; alle sfide della modernità in Brescia, con riferimento alle tre autostrade della città, all’aeroporto e all’alta velocità, con la presenza del sindaco di Brescia Emilio Del Bono; alla storia dell’Arma dei Carabinieri, con il relatore il colonnello Giuseppe Spina, all’autostrada Brebemi, con relazione di Francesco Bettoni. Ancora una volta i soci Giovanna Sorbi e Sergio Caprioli organizzarono, nel salone S. Giulia, un bellissimo concerto, con l’ammirevole soprano Vittoria Magnarello. I due soci musicisti tennero anche una gradevole altra serata musicale presso l’oratorio dei Padri Due soci Past president del Brescia Nord, Filippini in Brescia. Il socio Maurizio Sorrentino illustrò il Mauro Lamanna, a sinistra, e Marco Degiovanni

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Jobs Act e Giorgio Brunelli tenne una conferenza sulla Microchirurgia e la Chirurgia della Mano, mentre il sottosegretario alla difesa Domenico Rossi tenne una relazione sulla situazione politica in Medio Oriente.

Chi scrive tenne due relazioni, sulla storia del gioco e dello sport in Brescia, nonché sulla grande storia delle Esposizioni universali, sulla base di un libro che egli stava preparando in previsione della grande Expo di Milano 2015. Proprio la mancata presenza Monsignor Arnaldo Morandi, uno dei due soci sacerdoti inclusi fra i soci nella storia del Brescia Nord (uno onorario), accanto al ufficiale del Rotary all’Expo, annullata dalla socio tesoriere per innumerevoli anni, Enrico Senini dirigenza internazionale, destò non poche critiche. Molto interessante fu, invece, il quadro di incontri che si ebbe, anche a livello cittadino, con la presenza del Rettore dell’Università statale, l’annuncio del rilancio dell’associazione del socio Sandro Belli, ribattezzata “Bresciacittagrande”, mirata alla creazione di idee e di programmi per la crescita totale della città nei prossimi decenni.

Il noto giornalista e scrittore Roberto Gervaso fu in una serata del Club per parlare della sua penosa esperienza come gravemente depresso, in vari momenti della sua vita, riportata anche nel libro che presentava, Ho ucciso il cane nero. Ancora una serata relazio-gastronomica si ebbe con la presenza del pasticciere Iginio Massari, una superstar del settore, di sempre maggiore fama, di cui Brescia si vanta, a livello internazionale.

Gli aspetti umanitari videro il ripetersi del contatto con la Mensa Menni, ancora con il dono di 2.600 pasti, il contatto con l’associazione Musique Europe (Mus-e) per l’aiuto attraverso l’arte a bambini in condizioni di emarginazione. Il socio Don Arnaldo Morandi priore per la Lombardia del Sacro Militare Ordine Costantiniano, nonché parroco della chiesa collinare di S. Gottardo, che rimase nel Club per pochissimi anni, tenne una conversazione religiosa nella prenatalizia, sulla grandezza di Paolo VI. Il presidente ricordava che, con la recente morte di Damiano Gnutti e Angelo Rampinelli i soci fondatori ancora viventi erano solo tre: Alberto Albertini, Ugo Gussalli Beretta e Giovanni Marini.

Nuovi soci entrati furono il ragionier Paolo Villa, direttore di filiale della Banca Passadore; il dottore commercialista Marco Orazi; nonché l’avvocato Claudio Tatozzi; l’avvocato Maurizio Sorrentino; e il notaio Mario Passaggio delle consegne, nel 2015, Fernandes. L’annata si concludeva, anche quell’anno, presso il Circolo fra i presidenti Mauro Lamanna e Luisa Antonini al Teatro con il passaggio delle consegne alla dottoressa Luisa Antonini.

2015 - 2016 Presidente Luisa Antonini - Segretario Roberto Palumbo La professoressa Luisa Antonini fu la seconda signora a presiedere il Club Brescia Nord. Era entrata nel Club nel 2008 ed era la responsabile del Dipartimento di Scienze Neurologiche e della visione presso gli Spedali Civili di Brescia. L’anno 2015-2016 fu anche significativo per il Rotary bresciano poiché un nuovo conterraneo era giunto alla massima carica distrettuale. Omar Bortoletti era stato infatti eletto Governatore del Distretto 2050. La socia Antonini si trovò presto in

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una gradevole ed eccezionale situazione accogliendo un gruppo di amici rotariani provenienti dall’Australia e facenti parte dell’Exchange Program. Un incontro interessante avvenne in terra bresciana, presso l’azienda vinicola Redaelli De Zinis, a Calvagese, per la celebrazione, voluta dal Governatore, dei trent’anni di vita del Distretto 2050. Personaggi illustri hanno arricchito l’anno rotariano, come Franco Polotti, presidente di Ori Martin acciaieria e ferriera in Brescia, nonché presidente del Consiglio di gestione di Ubi Banca, che proprio della banca bresciana parlò, ricordando, fra I vistosi premi ricevuti dal Club, da parte del Distretto, per il migliore l’altro, che Ubi Banca era la era la senotiziario (Premio Coppellotti) essendo segretario Roberto Palumbo, negli conda in Italia per solidità patrimoniale. anni 2015-2016 e 2016-2017 Altrettanto interessante fu l’invito del Club all’incontro in Montichiari con il funambolico imprenditore di immenso successo, il proprietario della catena di grande distribuzione Esselunga, autore del mitico libro Falce e carrello, in polemica con la strategia politica della catena di supermercati Coop, che presentò un suo progetto per una grande innovazione nel campo dei collegamenti aerei dell’intera Valpadana. Nel novembre del 2015 chi scrive fu invitato a intrattenere gli amici su un tema insolito, ma di forte ricaduta urbana e culturale: la storia degli zoo e dello zoo di Brescia.

Il rapporto con gli animali stava subendo una forte mutazione culturale, votandosi all’animalismo, e quindi la storia del rapporto con gli animali esotici era istruttiva, come l’esemplificazione sul caso bresciano. Brescia ebbe, con alterne vicende, diversi zoo, tutti accolti nelle fosse del Castello, quando i visitatori, famiglie e bambini, portavano una presenza media di 500.000 persone l’anno contro le 50.000 odierne. Si offriva un dato al dibattito pluridecennale su come si potesse rendere più frequentato il Colle Cidneo.

Un rilievo esposto dal Governatore nella sua visita destò sorpresa: “Il numero dei soci rotariani

Tre dei Governatori distrettuali bresciani.

Da sinistra il più recente, Omar Bortoletti (2015-2016), Adriano Lecci (2004-2005) e Mario Canonica (1990-1991)

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Uno dei Past Governor bresciani del Distretto oggi denominato 2050, Giorgio Valgimigli, accanto a una rappresentante dell’ Inner Wheel, Magda Fasoli Clerici

La presidentessa dell’annata 2015-2016, professoressa Luisa Antonini, durante una serata di interclub

nel modo è da dieci anni fermo intorno al milione e 200mila unità, mentre in Italia esso è addirittura diminuito di 500 soci. Per la prenatalizia il socio don Arnaldo Morandi intrattenne i soci sul tema religioso, mentre due giovani musiciste eseguirono poetici pezzi per arpa. La musica trionfò anche nella serata del concerto “Misa Tango”, del compositore argentino Martin Palmeri, alla presenza di 500 spettatori, all’interno della chiesa di S. Maria delle Grazie. Cantanti, strumentisti e coro resero altissimo il livello emotivo della serata. A un interclub molto frequentato, svoltosi presso la “Villa Fenaroli” di Rezzato, si rivolse in una serata il giornalista e scrittore Luigi Moncalvo, per presentare, con il solito tono provocatorio, la figura di Silvio Berlusconi. Il curioso tema dei bordelli fu presentato dal giornalista Egidio Bonomi, che, parlando del suo libro Miele amaro – Storia di una donna perduta, ha avuto modo di illustrare l’interessantissimo ambiente della case chiuse.

Il socio Bertrand Simons, con la competenza che gli è solita, trattò il tema della crisi economica senza fine del 2008, mentre il dottor Domenico Geracitano, della Polizia di Stato, presenti l’Inner Wheel del Brescia Nord e il Rotaract, espose “rischi e opportunità di Internet”: un tema pressante e molto delicato, soprattutto per i giovani, spesso vittime di mille agguati e dell’insopportabile cyberbullismo. Il socio Agostino Mantovani intervenne con una relazione sulla politica oggi, soprattutto caldeggiando il passaggio dall’Europa economica all’Europa politica. Presso il salone del Conservatorio bresciano, famoso per gli affreschi del Da Cemmo, si tenne anche, nell’aprile del 2016, un concerto di due cantanti liriche, Silvia Mapelli e Romina Tomasoni, accompagnate dalla compianta amica Giovanna Sorbi. Si può sintetizzare un’osservazione con la considerazione che la musica ebbe grande esaltazione durante la presidenza Antonini, in ciò affiancata sia dalla socia Maestra Giovanna Sorbi, sia dalle competenze del socio Marco Degiovanni.

Serate furono dedicate a relazioni sulla Centrale del latte di Brescia; sui problemi neurologici del sogno e sull’antimateria, con la relazione dell’ingegnere bresciano del Cern, Luca Dassa. Non poteva mancare una passeggiata sulle acque, lungo quei floating peers che resero famoso il Lago d’Iseo nel mondo, grazie alle passerelle galleggianti di Christo, che collegarono Sulzano a Montisola e ad altre minori isole del lago. Importante è stato il contributo di 10.000 euro alla Fondazione bresciana assistenza psicodisabili (Fobap) da parte del Gruppo Leonessa e con un contributo del Distretto.

Una tappa notevole della vita del Brescia Nord si raggiunse con l’avvio di un nuovo gemellaggio, stavolta con un Paese dell’ex galassia sovietica, l’Ucraina. Il viaggio, non facilissimo (auto, aereo, altra auto per 400 chilometri, pari a sei ore), per il primo contatto con il Club Lviv [Leopoli] Centre fu effettuato dai soci Giovanni Marini e Agostino Mantovani, che furono anche accompagnati, sul posto, dal Corrispondente consolare italiano in quel Paese. L’accoglienza è stata entusiastica, consi-

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Atto di gemellaggio, del 2016, fra il Brescia Nord e il Rotary Club ucraino di Leopoli

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derato lo slancio filooccidentale dell’area di Leopoli, slancio che sta creando problemi rotariani nell’unico distretto cui appartiene l’Ucraina, insieme alla Bielorussia, dovuti alle forti tensioni politiche fra i due Paesi, o almeno fra la Bielorussia e una parte dell’Ucraina. La richiesta di dividere in due porzioni il Distretto non è stata sinora esaudita per la scarsa consistenza dei Club presenti. Il rapporto con il Club ucraino ha visto qualche scambio e un reciproco interesse, tuttavia non intenso come fu per tre-quattro decenni quello con il Club francese, ovviamente, anche a causa della pandemia. Frattanto persisteva il gemellaggio con Houilles-Bezons, che però andava sempre più rendendosi impalpabile.

Dopo la ripetizione caritatevole del contributo alla Mensa Menni e alla Croce Bianca, era giunto il momento del passaggio delle consegne, che, ancora una volta, si svolse presso la lussuosa sede del Circolo al Teatro, con la consegna del collare al nuovo presidente, l’ingegner Paolo Franchi.

Nell’annata erano frattanto entrati nel Club Luca Sozzi, presidente del Rotaract dal 2014 al 2016, dimessosi però tre anni dopo; Laura Borgese, giovane studiosa di chimica industriale presso il gruppo di ricerca dell’Università di Brescia, figlia del Past Governor Angelo Borgese; l’avvocato Antonio Comes; e Antonio Bonomo, ingegnere notissimo in Brescia come protagonista di molte e importanti innovazioni tecnologiche dell’Azienda dei servizi municipalizzati.

Il passaggio delle consegne fra Luisa Antonini e Paolo Franchi, nel 2016

2016 - 2017 Presidente Paolo Franchi - Segretario Roberto Palumbo L’anno rotariano 2016-2017 fu messo nelle mani dell’ingegnere Paolo Franchi il cui cognome è forse il più ricorrente in questo libro. Si è visto come fosse stato il nonno, Emilio, il padre del Rotary a Brescia, nel 1927 e come il padre Marco e la madre Teresa fossero stati uno dei soci fondatori del Club Brescia Nord e una delle più attive rotariane in ogni campo parallelo e affine, con una forte influenza anche sul Brescia Nord, in anni che non prevedevano l’ingresso delle donne nei Club.

Paolo era quindi cresciuto in famiglia a “pane e Rotary” e, come accennato, era stato anche il candidato ad abitare nei locali che poi divennero la Rotary House. La sua presidenza coincise con un ulteriore ampliamento del numero dei Club bresciani. Nel 2015 si ebbe infatti la costituzione del Club Cortefranca Rovato e nel 2016 fu fondato il Rotary Club Brescia-Meano delle Terre Basse. Frattanto i gruppi di Club bresciani erano saliti a tre. Oltre al capostipite Leonessa, si erano aggiunti il Gruppo Cidneo e il Gruppo Brixia, ognuno, come è noto, guidato da un Assistente del Governatore.

Il Brescia Nord fu premiato, con una targa di apprezzamento firmata dal Governatore Angelo Pari, consegnata dal Past Governor Angelo Borgese al presidente Franchi, e con un monumentale trofeo circolare in vetro, consegnato dal Past Governor Omar Bortoletti al segretario Roberto Palumbo come autore del miglior notiziario del Distretto 2050. Si trattava di un riconoscimento che assumeva il carattere dell’eccezionalità e quindi inorgogliva il Club, anche perché eguale premio, Premio Coppellotti, e quindi eguale trofeo in cristallo, era stato assegnato al Club anche nell’anno precedente, essendo presidente Luisa Antonini e lo stesso segretario Roberto Palumbo, autore

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dei notiziari. Nell’annata si svolse un apprezzato viaggio a San Pietroburgo, organizzato efficacemente, come sempre, dal solerte Carlo Clerici.

L’impegno “End polio now” si espresse, nel marzo 2017, con un concerto della fanfara del terzo Reggimento dei Carabinieri “Lombardia”, presso l’auditorium S. Barnaba, in Brescia, in un interclub fra Brescia Nord, Brescia Veronica Gambara, Brescia Ovest e Brescia Castello. Interessante fu la serata dedicata alla storia delle vaccinazioni, a partire dalla vincente contro il vaiolo, che converrebbe ripetere nel momento in cui si sta scrivendo, in questo inizio del 2022 che segna il secondo, malaugurato anniversario della pandemia Covid-19, incredibilmente frastornata dalle polemiche sui vaccini. Altrettanto attuale fu la relazione dell’invitato ingegner Antonio Il socio e Past president Paolo Franchi, erede di un’importante progenie di grandi protagonisti del Rotary in Brescia Bonomo, protagonista delle innovazioni più ambiziose dell’Azienda dei Servizi Municipalizzati di Brescia e poi di A2A, sul tema “Dal teleriscaldamento al fotovoltaico.

La costante innovazione a Brescia per la ricerca di energie pulite”. Il Bonomo sarebbe poi divento socio del Club. Per restare nel mondo dell’attività industriale, fu organizzata una visita all’azienda del socio Alessandro Belli, la Ave, nata in Valsabbia (“Società Anonima Valsabbina Elettrotecnica) nel 1904, ad opera di Lorenzo Bonomi e poi trasmessa, in linea femminile, giungendo alla

Gruppo festoso in una serata del Brescia Nord. Da sinistra sono Luisa Antonini, Enrico Cairoli, Giovanni Marini, Paolo Franchi, Alberto Albertini, Renzo Cestari, Vittorio Roscini Vitali, Alessandro Masetti Zannini e Paolo Dabbeni

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direzione, nei primi anni Cinquanta, di Andrea Belli, consorte di una figlia. Cresciuta nel campo delle apparecchiature elettriche, soprattutto interruttori, ebbe uno sviluppo fino a dare lavoro a 600 dipendenti, con uno slancio in più, riferito alla continua innovazione e al design dei prodotti che videro collaboratore anche il celebre Gio Ponti e l’assegnazione dell’ambito premio Compasso d’Oro. Il socio Alessandro dirigeva l’azienda dal 1993, avendola portata, con 300 dipendenti, a livelli leader nel campo elettronico e della domotica. Il presidente Franchi, nell’azione di orientamento scolastico e professionale dell’associazione Prospera, coinvolse anche diversi soci rotariani in incontri con studenti del Liceo classico “Arnaldo” di Brescia, in perfetta sintonia con la dirigenza scolastica e con soddisfazione anche dei liceali. Prima della fine dell’anno entrarono nel Club altri tre soci: l’avvocato libero professionista Andrea Puccio, lo psichiatra Emilio Sacchetti e l’avvocato penalista Massimo Bonvicini.

2017 - 2018 Presidente Vittorio Roscini Vitali - Segretario Alberto Ballerio L’avvocato Vittorio Roscini Vitali presiedette l’annata del Club 2017-2018 nella quale si completò, sul piano provinciale, il gruppo attuale dei Club bresciani, con la costituzione del Club Brescia Verola, nato nel 2017, e del Club Brescia Valtenesi, nato nel 2018. Il numero complessivo dei Club raggiunse quindi l’attuale cifra di 24. Nel gennaio del 2018 il Club doveva salutare per sempre il socio e amico Pierfranco Spano, che moriva all’età di 77 anni. Il professor Spano era professore ordinario nell’Università di Brescia dal 1983 e, dal 1988 al 1991, era stato anche preside della facoltà di Medicina. Egli era stato anche tra i fondatori della Società Italiana di Neuroscienze e nel 2006 era stato nominato presidente onorario della Lega Italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson e le Sindromi extrapiramidali.

Il febbraio del 2018 portò la sorprendente e terribile notizia della morte, a 59 anni, della cara socia, Maestra Giovanna Sorbi. Una rapida malattia l’aveva consumata sino al decesso, che lasciò allibiti i molti che ne avevano apprezzato la vivacità e la cordialità, l’intelligenza e la professionalità.

Brescia perse inoltre un’eccellente e intraprendente musicista, capace di porsi con determinazione sul podio della direzione d’orchestra, come pochissime donne erano sino allora riuscite a fare. L’ultima presenza di Giovanna nel Club era avvenuta nell’ottobre del 2017, quando presentò al Club il giovanissimo e promettente violinista Valerio Scarano. Proprio quella coincidenza fu all’origine della costituzione di una borsa di studio triennale per il ragazzo violinista, appunto intitolata a “Giovanna Sorbi”.

A fronte di una dolorosa perdita per il Club e per l’arte, si cercò l’appiglio di una speranza per la grande famiglia artistica bresciana, invitando lo scultore Giuseppe Bergomi, che raccontò la sua carriera, illustrato le sue opere e spiegato le motivazioni giovanili che lo condussero ai suoi notevoli risultati di oggi.

Se ne andò oltre l’esistenza, alla fine del Il presidente Vittorio Roscini Vitali accanto al Past Governor mese di settembre del 2018, anche l’illustre Enzo Cossu

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socio Giorgio Brunelli, alla fine di una vita durata 92 anni, intensa, eclettica e vissuta ai massimi livelli professionali, sino a un’accennata candidatura al Premio Nobel. Continua a portare nel Club il suo riflesso la moglie Luisa Monini, che resta fortunatamente fra i soci.

Gli incontri che si susseguirono nell’annata portarono alla ribalta riflessioni sulla vecchiaia e i suoi problemi, con la voce della professoressa Elisabetta Donati, presidente della Fondazione della storica “Casa di Industria” bresciana, e del professor Orazio Zanetti, primario nel Centro San Giovanni di Dio-Fatebenefratelli, dove è coltivata la più alta specializzazione sulle malattie neurodegenerative, tipiche della terza e quarta età. Chi scrive discorse, non senza punte di accesa critica controcorrente, sui temi della dilagante nevrosi ecologistica, nonché sui temi del riscaldamen- Un forte ritratto della socia Giovanna to globale e dei cambiamenti climatici. Il titolo preannunciava Sorbi, prematuramente scomparsa, il carattere della conversazione: “Ambientalismo e clima: scienza, durante una sua direzione orchestrale ideologia e chiacchiere. Quattro parole fuori dal coro”. Furono esposte opinioni scientifiche e dati che relegavano a pura ideologia la questione delle responsabilità umane nei fenomeni climatici e fu commentato, anche con ironia sociologica e culturale, il crescere cinquantennale della vera e propria religione ecologistica. Il socio Caggioli intrattenne invece i convitati sulla narrazione di un suo viaggio in Argentina e Patagonia.

La Governatrice Lorenza Dordoni, in una serata, volle spillare sul bavero della giacca di due non giovani soci, il piccolo disco lucente della Paul Harris Fellow, in segno di apprezzamento per la qualità professione delle loro vite: Giovanni Marini e Paolo Dabbeni, neurochirurgo l’uno e architetto l’altro. Ugo Gussalli Beretta narrò nuovamente, ma con nuovi dati, la storia affascinante della sua famiglia, a partire dal più vecchio documento, del 1526, per giungere al traguardo di uno dei risultati industriali dell’imprenditoria bresciana più elevati nel mondo. Un primato che ha visto la conferma del terzo membro della famiglia, Franco Gussalli Beretta, figlio di Ugo, eletto alla presidenza, stavolta dal 2021 al 2024, di quella che, sino al 2020, era chiamata Associazione Industriale Bresciana (Aib) e che oggi è Confindustria Brescia. I due precedenti Beretta a capo degli industriali bresciani, entrambi rotariani, furono il padre di Franco, Ugo, socio del Club, e lo zio materno di Ugo, Piergiuseppe Beretta, socio del Brescia. Un giornalista bresciano, l’illustre Maurizio Belpietro, accompagnato da un altro noto giornalista, Stefano Lorenzetto, presentò in una Il socio Giorgio Brunelli, apprezzatissimo e famoso chirurgo serata la sua nuova creatura editoriale, il traumatologo e neurologo, accanto alla moglie, anch’essa socia del Brescia Nord, Luisa Monini, medico e divulgatrice di medicina quotidiano “La Verità”, una testata che ha ampliato il costretto gruppo dei giornali di destra in Italia. Interventi di soci si ebbero anche con Renaud Simons, che parlò del Bitcoin questo sconosciuto, con Francesco Rastrelli, che trattò il tema della chimica cosmetica, con Marco Degiovanni, che discorse sulle radici della matematica, con Carlo Clerici, che illustrò le installazioni d’arte contemporanea da lui possedute, e con Marco Fontanella, che espose l’affascinante realtà scientifica della plasticità del cervello. Furono ben 12, in totale, i soci che intervennero con relazio-

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ni in quell’anno rotariano, oltre quelli citati. Essi furono: la compianta Giovanna Sorbi, Massimo Bonvicini, Andrea Puccio, ed Emilio Sacchetti. A consuntivo d’anno si ricordavano anche i viaggi a Ferrara e all’Isola Borghese nel Lago di Garda. Al ristorante “Le Due Colombe”, nella Franciacorta di Borgo Antico S. Vitale, si procedette festosamente al passaggio delle consegne, con il collare posto sulle spalle dell’ingegner Roberto Palumbo.

2018 - 2019 Presidente Roberto Palumbo - Segretario Laura Borgese All’inizio dell’estate del 2018 Roberto Palumbo si apprestava a condurre, per la prima volta, l’anno rotariano. Si precisa “per la prima volta” poiché, negli ultimi tempi egli ebbe a rivestire la stessa carica una seconda volta. Simile condizione andava affrontando Roberto Zani, già presidente nel 2013-2014, come già si era verificato con il presidente Luciano Malchiodi, trascurando i casi dei primi dieci anni di vita del Club, quando la presidenza biennale era stata normale. L’annata 2018-2019 fu l’ultima ad essere vissuta in normalità, prima che l’uragano mondiale del SARS-CoV-2 si scaraventasse sull’umanità. Piace ricordare, fra le serate ad alto tasso di emozione, la serata in cui Luisa Monini ha ricordato il marito Giorgio Brunelli, eminente chirurgo, padre della Microchirurgia, sempre più fondamentale nel campo dell’Ortopedia e delle protesi, nonché nella Chirurgia della Mano. Luisa poté anche rivelare gli aspetti meno pubblici di Giorgio, come la voglia di vivere, di viaggiare, di divertirsi, Il passaggio delle consegne presidenziali fra Vittorio Roscini Vitali e di scrivere e di dipingere. Altre serate fu- Roberto Palumbo, nel 2018 rono dedicate all’ictus cerebrale, con l’intervento del dottor Mauro Magoni, direttore dell’Unità operativa di Neurologia vascolare dell’ospedale cittadino, e alla radioterapia dei tumori, con la conversazione del rotariano dottor Alberto Buffoli. La relazione del socio e segretario Alberto Ballerio, fu di impegno civile, anche a nome dell’associazione degli Amici del Museo, indicando il dovere di un’azione culturale sulla squilibrata situazione, assolutamente da superarsi, in cui era scivolato il Museo di Scienze Naturali, in crisi di attenzione da parte dell’Amministrazione comunale e in crisi di frequentazione da parte del potenziale pubblico bresciano. Il Club ebbe ospite anche il direttore sanitario dell’Ospedale dei Bambini, il dottor Raffaele Spiazzi, che illustrò soprattutto la situazione di accoglimento ambientale dei piccoli pazienti. Serate molto interessanti furono animate da relazioni dei soci Franco Docchio, Mauro Lamanna e Marco Degiovanni, nonché dell’ospite Massimo Cortesi. Il professor Docchio parlò, con oscillazioni fra scienza e filosofia, della fisica classica e quantistica, spaziando da Galileo e Netwon fino a Maxwell ed Einstein, con cenni alle sue Teorie di relatività ristretta e generale. Marco Degiovanni, premettendo il suo intervento con la dedica dello stesso alla compianta amica e socia Giovanna Sorbi, illustrò la storia, il valore e il significato dell’inno del Rotary, opera di Ludwig van Beethoven, musica di scena della tragedia Egmont di Goethe. La dotta illustrazione si dilatò poi ad altri inni notori, dalla Marsigliese all’italiana Marcia reale dei Savoia e all’Inno di Mameli.

Mauro Lamanna parlò dei diversi sistemi bancari nel mondo, con particolare sottolineatura di

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analogie e differenze tra le formule europee, anglosassoni e dell’Estremo Oriente.

Il Lamanna illustrò anche del sistema imprese, a partire da uno scenario globale che si è focalizzato fino all’ambito europeo e nazionale, dove il Made in Italy si conferma un pilastro per le esportazioni. L’ospite ed ex giornalista Massimo Cortesi, accolto con speciale rispetto e affetto in quanto marito della scomparsa Giovanna Sorbi, intrattenne invece, da competente qual è, sul tema Diesel, ibrido, elettrico: tra realtà e scelte di mercato. Fra le molte informazioni e considerazioni è spiccato lo scetticismo circa una rapida conversione della motorizzazione verso la trazione elettrica, per svariati, seri e ben identificati motivi. Se il trend è quello, l’attuazione non avverrà prima di 30-40 anni.

Il Cortesi, sfrondando l’allarmismo antiautomobilistico, ha messo in guardia circa le pesantissime ricadute epocali sull’industria dell’automotive e sui primati italiani, anche considerando, che, al di là delle campagne autolesionistiche antidiesel e anti carburanti da gas e petrolio, l’inquinamento prodotto dai veicoli è solo il 12% del totale.

Il Past Governor Angelo Borgese intervenne su temi prettamente rotariani mentre nell’annata si ebbe l’interessante conversazione del socio Marco Degiovanni, sugli inni della cerimonia dell’omaggio alle bandiere, di cui si è scritto trattando l’anno della sua presidenza.

Il socio Alessandro Belli ha animato una serata con il suo slancio innovatore per l’arricchimento urbano di Brescia, sempre sulla base delle elaborazioni della sua associazione “Bresciacittagrande”.

Il riferimento, anche nel titolo dell’opuscolo di cui il Belli fece omaggio ai soci, era ormai al 2030.

L’oratore non è stato avaro di concrete proposte per la città, con la valorizzazione del teatro romano, della piazzetta Bruno Boni, con l’utilizzo, quando non fosse possibile usare altre e preferibili pavimentazioni, di asfalti fotocatalitici, adatti a ridurre l’inquinamento dell’aria, con l’adozione di bus urbani a trazione elettrica e con una spinta verso destinazioni culturali dell’area di via Milano, già in parte predisposta per il Musil, ma anche capace di ospitare un rinato Museo di Scienze Naturali e un nuovo museo, tutto da inventare, ma già con un suo nome: “Museum of future”. Una serata è stata offerta a due giovani ideatrici del Progetto Novalis Open School, ispirato a una didattica per bambini di tipo sperimentale, mentre chi scrive, in tempo di avvicinamento al Natale, fu invitato a presentare una conversazione su “Storia e attualità delle rappresentazioni degli eventi basilari del Cristianesimo: Natale e Pasqua”. Si parlò di cultura dell’immagine nella religione cattolica, fonte di un immaTre soci del Brescia Nord: da sinistra Sergio Caprioli, ne patrimonio artistico riflesso e base di Laura Eleonora Depero e Renaud Bertrand Simons un’intera civiltà, e della propensione a raffigurare, con grande ricchezza di invenzioni, ogni realtà della religione, a partire dagli eventi basilari. Tipi speciali di rappresentazione, con forti componenti popolari e di devozione diffusa, anche domestica, sono i presepi, con statuine o viventi, e i crocefissi, oppure le rappresentazioni teatrali di strada della Passione e i “compianti” scultorei, con figure addolorate sopra il corpo di Cristo morto. Un interclub fu tenuto presso il “Centro Paolo VI”, in Brescia, per incontrare il sindaco. Interessante e partecipato fu il viaggio organizzato dal Club alla città di Matera, allora capitale europea della cultura. A conclusione dell’annata fu accolto il nuovo socio Stefano Benussi, cardiochirurgo, direttore dell’Unità di Cardiochirurgia degli Spedali Civili di Brescia e docente universitario, unitamente a Silvio Benedetti, “consulente strategico” e Riccardo Marchini, commerciante di attrezzature per prodotti alimentari.

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2019 - 2020 Presidente Renato Camodeca - Segretario Alberto Ballerio Il successivo anno, il 2019-2020, fu affidato alle mani presidenziali del docente universitario e commercialista Renato Camodeca.

Si avviava l’anno rotariano del grande tracollo sanitario mondiale, inimmaginabile sino alla fine dell’anno solare 2019. Mentre giungeva notizia del prestigioso incarico rotariano dato a un bresciano, il Past Governor Omar Bortoletti, come Coordinatore regionale lasciti/grandi donazioni (E/MGA) per Italia, Spagna e Portogallo (18 Distretti). Di contro, nel mese di luglio del 2019, scompariva l’esimia personalità del Rotary bresciano, l’avvocato Enzo Cossu, sempre presente nella vita dei Club bresciani e del Distretto, nonché detentore del primato di ben tre annate nel ruolo di Governatore distrettuale. Già a metà del febbraio 2020 la pandemia Covid iniziò a mordere l’Italia e in primis le province di Brescia e Bergamo. Rapidamente le conviviali del Club dovettero essere sospese e Il passaggio delle consegne presidenziali l’ultimo incontro si ebbe il 20 febbraio del 2020, quando si tenne fra Roberto Palumbo e Renato Camodeca una relazione del socio Enrico Senini. nel 2019 A metà aprile 2020, grazie all’interessamento del presidente, di Domenico Caggioli, di Roberto Zani, del segretario Alberto Ballerio e altri soci, si riuscì a realizzare la prima videoconferenza che vide la presenza notevole di 30 soci. Tramite questa modalità si costruirono altri incontri virtuali, con una relazione del socio Paolo Franchi, che descrisse la grave vicenda dell’incendio in parte del suo stabilimento di Marone, con incontri sulla malattia in corso, ai quali parteciparono i soci Luisa Monini e Marco Fontanella, il presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Brescia, Francesco Rastrelli, il primario di Medicina della Poliambulanza Renzo Rozzini, nonché, come ospiti, il primario del reparto di Medicina generale due dell’Ospedale, Lorenza Muiesan, e Ottavio Di Stefano, presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia. Si svolsero anche due incontri telematici di argomento economico, con oratori il dottor Gianfranco Tosini, esperto analista socio-economico, in quella data responsabile dell’ufficio studi Siderweb, e con Marco Nava, direttore di Ubi Banca, sui problemi delle imprese e delle banche dopo la fine sperata della pandemia.

Si era ottimisti, così come quando la dirigenza internazionale del Rotary annunciò che era imminente l’ingresso della Cina nel Rotary, con la soddisfatta Il passaggio delle consegne previsione di un incremento di 450.000 soci. Ormai si parlava di ben altri fra Renato Camodeca e Roberto Zani, nel 2020 arrivi dalla Cina!

2020 - 2021 Presidente Roberto Zani - Segretario Alberto Ballerio Durante l’inizio dell’annata 2020-2021, presieduta da Roberto Zani, si verificava la penosa situazione del venerando socio fondatore Giovanni Marini, che era stato indicato come presidente per l’annata in corso, al termine della quale si sarebbe incrociato il cinquantesimo anniversario della fondazione del Club Brescia Nord. Del gruppo originario Giovanni Marini era uno dei solo tre superstiti. Malauguratamente le sue condizioni di salute andarono rapidamente deterioran-

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dosi, mentre si avviava al compimento dei 90 anni. La situazione lo indusse a dimettersi dal suo Club e quindi venne anche meno la concretezza della sua presidenza nel cinquantenario. Nell’agosto del 2020 Giovanni purtroppo morì, ma già prima il Club aveva deciso che il presidente “supplente” del vecchio fondatore, per l’anno 2020-2021, sarebbe stato, per la seconda volta, Roberto Zani. Di lui erano stati apprezzati l’impegno assiduo e la serietà produttiva.

L’esatta data di scadenza del cinquantenario della fondazione del Club Brescia Nord cadeva il 7 nel maggio del 2021 e quindi l’annata di riferimento per una Il presidente per la seconda annata, Roberto Zani, nel 2020, accanto a Enzo Cossu in una delle sue celebrazione sarebbe coincisa con la 2020-2021. Mai ultime presenze anno, però, fu per il mondo, più faticoso e pericoloso del 2020, a causa della sciagurata invasione del Coronavirus SARS-CoV-2. La sospensione delle conviviali, che durò per mesi, rese di fatto impossibile, per il presidente Roberto Zani, un congruo festeggiamento. Nonostante la situazione il Presidente internazionale del Rotary, Holger Knaack, nel maggio del 2021, volle ricordare il traguardo cinquantennale del Brescia Nord e scrisse ai soci affermando, fra l’altro: “Sono onorato di congratularmi con il Rotary Club di Brescia Nord per il suo cinquantesimo anniversario. Da quando il Vostro Club è stato fondato, Vi siete impegnati non solo a rappresentare il Rotary nella Vostra comunità, ma anche a fare un lavoro significativo e d’impatto a beneficio della Vostra comunità”.

Alla breve pausa estiva della pressione sanitaria, nell’estate del 2020, peraltro rotarianamente, secondo tradizione, con attività molto attenuata, seguì una pesantissima recrudescenza della pandemia che costrinse anche il Brescia Nord a ritirarsi in una difesa basata nuovamente sulla sospensione degli incontri. Anche la decisione di fissare la storia cinquantenaria del Club con una pubblicazione dovette scivolare alla successiva annata 2021-2022, che vede la presidenza di Roberto Palumbo. La data della ricorrenza dei cinque decenni di vita del Club fu traslocata di un anno, venendo posta al maggio del 2022. Questi scostamenti annuali sono stati frequenti anche in manifestazioni ben più importanti. Pensiamo solo alle Olimpiadi, che si dovevano svolgere nell’estate del 2020 e invece furono celebrate nell’anno successivo, il 2021, pur mantenendo, eccezionalmente, la denominazione “Tokio 2020”.

Quindi avvenne che l’annata della seconda presidenza di Roberto Zani, per l’anno 2020-2021, che doveva essere festosa per il cinquantesimo anniversario di fondazione del Club, fu certamente l’annata più anomala che il Club ricordi. Per il passaggio delle consegne si dovette attendere l’inizio di settembre 2020, quando la pandemia allentò, nel periodo estivo, la sua morsa. La conviviale costituì anche la prima occasione, dopo mesi, per un incontro fisico fra alcuni soci, essendo in gran parte ancora molti i timori del contagio. Per aumentare la sicurezza sanitaria, la cena si tenne sotto il porticato del ristorante “Il Santellone”, in Brescia. Il clima fu comunque pesante, per la situazione generale e per il senso di sproporzione fra la consueta serenità degli incontri nel Club e la situazione di paura che era piombata su tutti da ormai oltre sei mesi. Inoltre si aggiungeva la mestizia per la scomparsa del carissimo e stimatissimo socio fondatore Giovanni Marini, deceduto durante l’estate. Con lui se ne andavano, oltre l’eccellente chirurgo e il cordialissimo uomo, 50 anni di vita rotariana nel Brescia Nord, vissuti con grande partecipazione e autorevolezza. Nei mesi precedenti, all’inizio della pandemia, il Club era stato inoltre dolorosamente colpito dal decesso, per Covid, di due ex soci, che da pochi mesi si erano dimessi: Angelo Pè e Pierangelo Gramignola. Altri soci erano stati ricoverati in ospedale e nei mesi successivi altri ancora sarebbero stati rinchiusi nei nosocomi, anche in condizioni pericolose, come chi scrive. Il neopresidente Zani annunciava che, secondo

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le regole anti-Covid in vigore, gli incontri nel salone di via Moretto si sarebbero, forse, potuti riprendere solo a ottobre, con non più di due serate al mese. Ovviamente erano previsti la prenotazione, il controllo della temperatura, la disinfezione delle mani e solo quattro posti per ogni tavolo, dove solitamente si riuniva un numero doppio di commensali. Gli incontri, per i molti che rifiutavano ogni rischio sanitario, era previsto che fossero comunque diffusi in un circuito di videoconferenza. Anche i “caminetti” con gli altri Club erano sospesi e sostituiti da collegamenti on line.

Alcuni incontri si svolsero con collegamenti telematici con i relatori, come quello con il giornalista Renato Farina, di “Libero”, quello con Guido Schittone, giornalista specializzato nel campo del motorismo Il presidente Roberto Zani consegna la targa d’onore al socio fondatore del Brescia Nord Alberto Albertini, nel giugno sportivo, quello del dott. Giovani Brondi che illustrò del 2021 la candidatura del Castello di Brescia quale “luogo del cuore del FAI (Fondo Ambiente Italiano) del dott. Borsani sul tema “Next generation EU”.

La socia Luisa Monini ebbe modo di porre le proprie competenze al servizio della cittadinanza e della scienza, con incontri e tavole rotonde nell’ambito comunale. I temi trattati, sempre on line, furono spesso legati alla malattia imperante, come l’argomento trattato dall’ingegner Paolo Facchini sul telelavoro, detto solitamente lavoro agile o smart-working, o il tema dell’infodemia, neologismo indicante la non sempre opportuna associazione assillante fra malattia dominante e informazione, trattato dal giornalista scientifico Mario Pappagallo.

Nel novembre 2020 era eletto come presidente per il 2021-2022 Sandro Belli, che tuttavia doveva declinare la nomina, per impegni sopravvenuti. La sua presidenza fu spostata all’anno successivo, 2022-2023, mentre per l’anno imminente fu eletto nuovamente Roberto Palumbo, che era già stato presidente nell’anno 2018-2019. Interessante, durante l’annata 2020-2021 fu la relazione della dottoressa Francesca Morandini, curatrice del settore archeologico nel Civici Musei di Brescia.

Il riferimento era al ritorno in Brescia della celeberrima statua romana della Vittoria alata, dopo un accuratissimo restauro. Ovviamente anche la visita del Governatore avvenne per via telematica.

Nel dicembre del 2020 si doveva dolersi per la scomparsa del socio Eros Balabio e dell’ex socio Giovanni Lonati. Il Natale fu al centro dell’interesse sia per la relazione storica sul tema natalizio, della professoressa Maria Toaldo, sia per l’intervento di monsignor Giambattista Francesconi. Il socio Marco Degiovanni intrattenne i soci collegati via Zoom sul tema del “tempo dal punto di vista filosofico e scientifico”.

Altri incontri telematici furono relativi a: “Il progetto Nasca (Ica-Perù)” a cura del prof. Giovanni Orefici, mentre l’Assessore Federico Manzoni ha illustrato ai presenti “Il progetto delle nuove linee tramviarie di Brescia”. Inoltre la Dott.ssa Giovanna Bellandi ci ha incuriosito con una relazione dal titolo “Archeologia in Egitto oggi. Lo scavo nell’area del Tempio di Amenhotep II a Luxor”.

Si iniziò a prevedere qualche azione in previsione dell’annunciata nomina di Brescia e Bergamo, gemellate come città della cultura nazionale per il 2023. Brescia e Bergamo, oltre a godere di evidenti affinità culturali e storiche, erano tragicamente viste in Italia, e anche all’estero, come associate dallo sterminio provocato dal virus, che aveva posto le due città in una tristissima prima pagina su giornali e telegiornali.

Gli appuntamenti fortemente voluti dal Presidente Zani e organizzati in interclub con il Rotary Bergamo Ovest, nonostante l’erogazione in modalità telematica furono molto partecipati e videro l’adesione della maggior parte dei Rotary Club delle città e province di Bergamo e Brescia. Gli in-

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contri sviscerarono le seguenti tematiche: “Brescia e Bergamo Capitali Italiane della cultura 2023”, relatori Emilio Del Bono (Sindaco di Brescia) e Giorgio Gori (Sindaco di Bergamo), “L’arte e il futuro delle città - La cultura come motore delle comunità”, relatori Maria Cristina Rodeschini (Direttrice dell’Accademia Carrara di Bergamo) e Stefano Karadjov (Direttore di Brescia Musei); “Riflessioni su impresa e cultura”, relatori Stefano Scaglia (Presidente di Confindustria Bergamo) e Giuseppe Pasini (Presidente di Confindustria Brescia), “L’Università al servizio del territorio”, relatori Remo Morzenti Pellegrini, Rettore dell’UniIl presidente Roberto Zani e il socio Marco Medeghini, direttore versità degli Studi di Bergamo, e Maurizio Tira, di Brescia Mobilità, competente sulla metropolitana di Brescia, Rettore dell’Università degli Studi di Brescia. accanto alla targa che ricorda la donazione del Club, del 2021, In interclub con il Club Rodengo Abbazia, si in occasione del cinquantenario del Brescia Nord, dell’opera ebbe anche l’interessante incontro con il mitico di Patrick Tuttofuoco, collocata, per acquisto del socio Carlo Clerici, nella stazione della metropolitana “S. Faustino” allenatore della squadra nazionale di calcio campione del mondo nel 2006, Marcello Lippi. Faceva capolino, nel febbraio 2021, qualche spiraglio di speranza per il dopo Covid, come avvenne con la relazione dell’assessore comunale Valter Muchetti che parlò del piano strategico per il rilancio delle attività urbane del centro storico di Brescia e come si verificò nell’incontro con Riccardo Puglisi che parlò di “politica economica prima, durante e dopo la pandemia”. Ancora legata ai problemi sanitari fu la serata che vide protagonisti i Gruppi Brixia e Leonessa, che avevano finanziato un borsa di studio presso gli Spedali Civili per la lotta alla leucemia. Il presidente Zani opportunamente ricordava i service in atto da parte del Club, che vedevano la borsa di Studio “Giovanna Sorbi”, il contributo al premio cittadino “Bulloni”, destinato a personalità degne di ammirazione per comportamenti umanitari, una borsa di studio per un dottorato in medicina riservato allo studio delle patologie post-Covid, il dono agli Spedali Civili di un apparecchio capace di rilevare ogni funzionalità respiratoria (spirometro PFT), anch’esso riferito al Covid, pagato con il contributo di alcuni Club bresciani, della Rotary Foundation e del Distretto. Rilevante, nell’annata fu la donazione che il Club poté rivolgere al comune di Brescia, grazie alla generosa iniziativa del socio Carlo Clerici. Egli, infatti, donò al Club l’installazione artistica che aveva acquistato, collocata, nel 2016, nel grande atrio della stazione “S. Faustino” della metropolitana, nel quadro di una valorizzazione cultuale di tutte le stazioni. L’opera, essenzialmente costituita da grandi figure delineate da tubi al neon, è opera di Patrick Tuttofuoco. Inserendo l’opera nel clima ambientale della stazione, caratterizzata dall’emergere di resti archeologici delle antiche mura urbane, l’artista ritenne di raffigurare i due volti intersecati di Minerva e di Claudio II, detto il Gotico, inseriti nella sezione di una colonna scanalata: tre elementi che hanno i colori bianco, rosso e verde. Ebbene, l’opera, ricevuta dal Clerici, fu dal Club, a sua volta, donata alla comunità bresciana e una targa nella stazione ricorda il gesto del Alessandro Belli, il socio originariamente eletto presidente per l’anno 2021-2022, che Brescia Nord, in occasione del suo cinquantenario. dovette però declinare l’incarico per motivi Un grande momento fu finalmente il ritorno a un incontro plausibili. La sua presidenza è stata spostata fisico il 23 giugno 2021, presso l’Osteria Valle Bresciana. Ancora all’anno 2022-2023

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Al tavolo della presidenza del 2021 il passaggio delle consegne fra Roberto Zani e Roberto Palumbo, alla presenza del Governatore, del socio onorario Monsignor Gianbattista Francesconi, e dei coniugi Albertini

con presenze fisiche si svolse la serata del passaggio delle consegne fra Roberto Zani e Roberto Palumbo, alla cui annata fu posticipata, come detto, la celebrazione del cinquantesimo della fondazione del Club. Furono due amici ad essere nominati soci onorari: il monsignor Gianbattista Francesconi, parroco della chiesa cittadino dei Santi Nazaro e Celso, e Umberto Frigerio, ex socio, deceduto dopo breve tempo. I nuovi soci furono invece ben sette: Tullia Bruni Zani, docente di inglese e amministratrice immobiliare; Simona Caridi, giovane ingegnere in un’industria meccanica e Capo delegazione del Fai di Brescia; Carlotta Corradi, operatrice nel mondo finanziario; Giovanni Franceschini, ingegnere e imprenditore nel campo della distribuzione di sensori elettronici; Renato Missaglia, noto artista, proveniente da un Club milanese; Alga Rossi, già specialista in aziende per i controlli di sistemi gestionali e ora impegnata nel volontariato sanitario presso la clinica Mangiagalli di Milano; e Fabrizio Viola, ingegnere e architetto libero professionista, trasferitosi dal Club Rodengo Abbazia.

Nel corso della serata conclusiva sono stati inoltre insigniti della PHF i quattro ordini rappresentativi delle professioni sanitarie come riconoscimento al lavoro svolto durante la pandemia: Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Brescia, Ordine FNOPI della provincia di Brescia, Ordine TSRM-PSTRP della provincia di Brescia, Ordine dei Farmacisti della provincia di Brescia. Anche i Soci Carlo Clerici, Luisa Monini e Deodato Assanelli hanno ricevuto il famoso riconoscimento PHF. 2021 - 2022 Presidente Roberto Palumbo - Segretario Domenico Caggioli Il passaggio delle consegne fra il presidente Roberto Zani e il nuovo presidente, 2021-2022, Roberto Palumbo, anch’egli alla seconda esperienza presidenziale, avvenne in una pausa della pandemia, che, nell’estate del 2021, sembrava essere ormai in via di remissione. Purtroppo così non fu.

Le poche conviviali estive del mezzogiorno si svolsero ancora presso il ristorante “Nuovo Nando”, di via Amba d’Oro. La ripresa delle normali attività nel settembre successivo portò la notizia di un nuovo lutto: la scomparsa del gentilissimo amico Giovanni Baroncelli. Si ebbero poi una serata di

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interclub con il Club Veronica Gambara, ormai da tempo aperto anche agli uomini, con una relatrice che parlò di Dante Alighieri e del contesto storico toscano, e altra serata, con una relazione di chi scrive, sulla storia e l’attualità dell’artigianato bresciano, anch’essa in interclub con il Veronica Gambara. A fine ottobre si ebbe una visita guidata all’interessante, e insolita, collezione di opere e oggetti d’arte, raccolti nella villa che fu del dottor Paolo Zani, facoltoso amante del bello, deceduto dopo aver espresso la volontà che la sua casa fosse aperta al pubblico, anche con l’intitolazione del luogo alla figlia, anch’essa deceduta, ma in giovane età. La “Fondazione Paolo e Carolina Zani”, aperta da pochissimi anni, si trova nel territorio di Cellatica e contiene opere di grande pregio. Importante fu la manifestazione di due giorni intitolata “World polio day” con un centrale incontro, condotto dalla socia Luisa Monini, cui partecipò anche il Governatore Sergio Dulio. La gloriosa azione del Rotary contro la poliomielite ha pressoché concluso la sua missione, con residui focolai in Pakistan e Afghanistan, la cui situazione politica non favorisce il superamento dell’ultimo gradino di una lunghissima, ripidissima e vincente scala. Ancora una volta un sindaco di Brescia ha onorato una serata interclub, con il Club Brescia Moretto, sul tema “Brescia, la Leonessa d’Italia, ruggisce ancora?!”, dove il punto interrogativo destava qualche apprensione. La lucida facondia di Emilio Del Bono, che si decise anche di nominare socio onorario del Club, ha invece offerto motivi di rassicurazione, confermati dall’intervento dell’assessore Valter Muchetti. Era presente alla serata anche il Governatore Nominato del Distretto 2050, per l’anno 2023-2024, l’avvocato Luigi Maione, l’ottavo bresciano a ricoprire tale prestigiosa carica, peraltro tenuta per dieci volte, considerato il pluriennale incarico a Enzo Cossu. L’anno solare 2021 si concluse con la visita a un’esposizione pittorica di un giovane artista cinese, nel Museo di S. Giulia, con la presenza del Governatore e con la consueta cena prenatalizia. Questa fu preceduta da una riunione guidata religiosamente, nella sua

Le due attuali reggenti della Rotary House di Brescia: la governante Alessandra Zardini, a sinistra, e la segretaria Sonia Ceretti

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chiesa, dal socio onorario monsignor Gianbattista Francesconi e accompagnata dalla suggestiva esecuzione di brani musicali. Si ebbe anche la presentazione di due nuove socie: la dottoressa Adriana Tuttolomondo, medico operante nella Chirurgia plastica, trasferita dal Club Palermo Monreale e oggi inserita negli Spedali Civili Passaggio delle consegne presidenziali, in una pausa del Covid 19, fra di Brescia; nonché la dottores- Roberto Zani e Roberto Palumbo nel 2021, alla presenza del Governatore sa Simona Zoli, commercialista.

Dopo un’ulteriore interruzione delle conviviali, ancora per motivi sanitari, nel gennaio del 2022, le conviviali sono riprese, anche con un incontro molto musicale e gastronomico, unitamente a numerosi altri Club bresciani, con l’ambasciatore del Messico in Italia, che tenne un’intelligente e molto interessante relazione sui rapporti fra i due Paesi, soprattutto sotto il profilo commerciale e culturale. In programma sono anche una serata con lo studioso e critico d’arte bresciano, professor Luciano Anelli, nonché con il socio Maurizio Sorrentino, che, insieme alla coautrice Michela Caniato, presenterà il suo libro su Storie e misteri della Brescia medievale.

Per l’anno in corso il Brescia Nord ha messo in campo numerose azioni di service, che vanno dalle due borse di studio per corsi di studio su Bioetica e Comunicazione, nonché sulla Chirurgia del sistema nervoso. Il Brescia Nord si è reso anche partecipe del tradizionale “Premio Bulloni”, istituito dal Comune di Brescia per il riconoscimento di attività e persone dedite ad opere filantropiche. Nonostante il periodo eccezionale, il Brescia Nord continua la sua fattiva partecipazione, organizzativa ed economica, alla campagna per l’eradicazione della poliomielite. In occasione della Giornata Mondiale della Polio è stata organizzata, il 23 ottobre 2021, una conferenza stampa sul tema della “Vaccinazione Antipolio”, presso il salone Vanvitelliano della Loggia. Nel medesimo quadro, la domenica 24 ottobre, in Piazza della Loggia, è stato organizzato un concerto della Fanfarina dell’Istituto del Nastro Azzurro, con proiezioni di video e documenti e con l’illuminazione della facciata di Palazzo Loggia. Oltre a proseguire il tradizionale sostegno a Ryla e Amico Campus il Brescia Nord si impegna quest’anno, in associazione con il Rotary Club di Clusone e quello di Iso-

Il canto dell’Inno di Mameli, nell’omaggio alle bandiere, durante la cena rotariana all’aperto, per motivi sanitari, nel 2021

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la Bergamasca, in un progetto decisamente innovativo: la costituzione di una struttura di accoglienza per mariti separati.

Un problema sottovalutato che finalmente qualcuno prende in considerazione. Il piano fu individuato già dal precedente presidente Zani, il quale ha anche offerto gratuitamente la prestazione, sua e del suo studio, per la progettazione degli impianti nel nuovo complesso. Ancora per i giovani, il Club, nel quadro di un’iniziativa collettiva dei rotariani, rivolta a molti comuni, si è impegnato nell’allestimento nel municipio bresciano, apprezzato dal sindaco, di pannelli per l’illustrazione della Costituzione nazionale. Si è anche adoperato per Il presidente dell’annata 2021-2022, un programma di sensibilizzazione e istruzione nell’ascolto Roberto Palumbo della musica classica e operistica, cui si dedica particolarmente l’esperto socio Degiovanni, nonché per la sensibilizzazione sui temi della disabilità (“Tennis in carrozzina”) e anche per l’organizzazione di simulazioni di colloqui d’assunzione, per i giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. È un dovere di attualità, malauguratamente causato dalla guerra ucraino-russa, ricordare che il presidente Roberto Palumbo già nella sua prima conduzione del Club, nell’annata 2018-2019, si era adoperato, anche con un viaggio a Leopoli, per rinsaldare il recente rapporto con quel Rotary Club. Il Brescia Nord in quel modo partecipò alla ricorrenza del novantesimo anno di presenza rotariana in Ucraina, mentre vi fu anche l’occasione, da parte del presidente Palumbo, di incontrare il Presidente internazionale entrante Mark Maloney. In quell’annata gli ucraini furono anche festeggiati, nella Rotary House di Brescia, in occasione del loro passaggio di consegne al quale presenziarono il Governatore in carica oltre ad altri cinque Past Governor. Una delle più recenti manifestazioni bresciane per il rinforzo della campagna antipolio Nell’anno corrente, in cui si soffre la drammatica situazione dell’Ucraina, si è rinforzata l’amicizia con i soci di Leopoli. Benché si tratti di un intervento assai sproporzionato alla gravità della situazione, si tenterà comunque, nonostante l’ulteriore problema del Covid, che già aveva bloccato i rapporti con Leopoli, di attuare il programma di sostegno ai ragazzi e ai bambini ospedalizzati, curato da Avisco, consistente nel coinvolgimento dei degenti nella realizzazioni di brevi film in cartoni animati. Durante l’annata si è rilanciato un ponte, che pareva ormai in disuso, ancora con i vecchi gemellati del Rotary di Houilles-Bezons, che hanno promesso

La visita di un gruppo di soci del Brescia Nord, nel 2021, a una mostra d’arte in Brescia durante la tempesta del Covid 19, che ha comportato l’uso delle mascherine

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una loro presenza in occasione delle celebrazioni a venire per il cinquantenario del Brescia Nord.

Nell’anno in corso si ricorda anche la citazione del Brescia Nord nel filmato che il socio Renato Missaglia ha creato per la proiezione nello spazio del Rotary all’interno dell’Expo di Dubai 2020, però aperta nel 2021. Nel corso dell’annata è anche giunto il riconoscimento distrettuale per il presidente Palumbo, consistente nella nomina ad Assistente del Governatore per l’anno 2023-2024, in qualità quindi di presidente del Gruppo Leonessa, del quale fanno parte i quattro Club della Rotary House, più il Vittoria Alata e il Veronica Gambara, essendo già in fieri l’ingresso anche del Club Moretto. Alcuni nuovi soci entreranno entro quest’annata nel Club, ma qui non è possibile preannunciarne i nomi, mentre può essere scritto il nome del nuovo Socio onorario, che ha accolto la nomina: l’attuale sindaco di Brescia Emilio Del Bono.

Il tavolo del presidente Roberto Palumbo, del presidente eletto Alessandro Belli e di rappresentanti dell’ Inner Wheel Brescia Nord, nel 2021

Il presidente Roberto Palumbo al meeting ucraino per il novantesimo anniversario della presenza Rotary in quel Paese. Sopra, con il Presidente internazionale eletto Mark Maloney

Conclusione Con questi recenti eventi la narrazione del presente libro deve concludersi, per motivi tecnici derivanti dai tempi necessari per tutte le operazioni che portano da un testo alla confezione completa di un libro. Poiché si vuole avere in mano l’opera per il traslato anniversario, dal 2021 al 2022, però entro i primi giorni di maggio, nei quali il Club fu ufficialmente fondato, chi scrive chiude, il 22-2-22, il testo del volume.

Si conclude quindi così la tappa della vita cinquantennale del Rotary Club Brescia Nord. In sostanza è stata una buona vita, sempre al passo con i tempi e con uno standard di qualità che non ha mai avuto flessioni. Anche se la vita futura del Rotary marcherà ancora la battuta d’arresto che da tempo si lamenta, con una diminuzione dei soci nel mondo occidentale, solo in parte compensata dalla nuova vitalità associativa dell’ex mondo in via di sviluppo, noi potremo dire di avere comunque giocato la nostra parte, affiancando e nutrendo la vita sociale e culturale del Bresciano, e, in piccolissima parte, anche dell’Italia, con la nostra intelligenza, con una certa passione e anche con un pizzico di generosità.

Lunga vita al Rotary L A N A S C I TA D E L R O TA RY C L U B B R E S C I A N O R D E D E L L A VA L T R O M P I A

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L’attuale socio decano del Brescia Nord, ingegner Francesco Ceni

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Riconoscimento del Rotary International in occasione del cinquantenario del Brescia Nord, nel maggio 2021

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ELENCO SOCI DEL CLUB DAL 1971 al 2021 Soci attivi Soci Onorari Ex Soci 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75

Alberto ALBERTINI Lorenzo ALESSIO Ottavio ALFIERI Giorgio ALLEGRI Riccardo AMISANO Pompeo ANELLI Dante ANSELMI Luisa ANTONINI Carlo ARRANGA Deodato ASSANELLI Ernesto ASTORI Arnaldo AVANZINI Eros BALABIO Alberto BALLERIO Giovanni BARONCELLI Luigi BAUDOIN Alberto BECCARIA Virgilio BECCHETTI Alessandro BELLI Luciano BELLINI Silvio BENEDETTI Stefano BENUSSI Roberto BERLUCCHI Domenico BERTOLI Roberto BESENZONI Cesare BETTONI Francesco BETTONI Giuliano BETTONI Luigi BISCARDI Daniele BONICELLI REGGIO Marino BONOMI Antonio BONOMO Massimo BONVICINI Laura BORGESE Adriano BOSCO Franco BOSSONI Primo BOTTI Francesco BRESCIANI Giuseppe BRODINI Giorgio BRUNELLI Tullia BRUNI ZANI Benedetto BUFFOLI Giovanni BUIZZA Riccardo BUIZZA Camillo BUSSOLATI Lodovico BUSSOLATI Domenico CAGGIOLI Pietro CAGGIOLI Enrico CAIROLI Gerolamo CALINI Mario CALLIGARIS Luigi CAMERONI Giuliano CAMPANA Renato CAMODECA Antonio CAPEZZUTO Mario CAPRETTI Sergio CAPRIOLI Umberto CAPRIOLI Simona CARIDI Giuseppe CASTELLI Giovanni CAVALLERI Antonio CAZZULLI Francesco CENI Antonio CERUTTI Renzo CESTARI Aldo CHIMENTI Pietro CIMASCHI Paola CITTADINI Carlo CLERICI Antonio COMES Massimo CORDA Carlotta CORRADI Paolo DABBENI Marco DEGIOVANNI Jean Francois DE JAEGHER

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Anna DELLA MORETTA Laura Eleonora DEPERO Federico DE MAIO Franco DOCCHIO Franco DOTTI Angelo ESPOSITO Marco FANTI Ernesto FASOLI Pietro FEDELE Roberto FEDRIGOLLI Rinaldo FELLONI Mario FERNANDES Giuseppe FERRARI PARABITA Giovanna FINZI Alberto FOLONARI Marco FONTANELLA Giovanni FRANCESCHINI Marco FRANCHI Paolo FRANCHI Umberto FRIGERIO Giuseppe FRIGO Luca FUMAGALLI Enrico GANDOLFO Luciano GIAMBUZZI Sperandio GIORDANI Giovanna GIORDANI Gianni GIUSTINA Damiano GNUTTI Luciano GNUTTI Pierangelo GRAMIGNOLA Giovanni GUAITOLI Costante GUERRINI Ugo GUSSALLI BERETTA Aldo INVERNICI Marco JANNON Aurelio JANNUCCI Mauro LAMANNA Pietro LECHI Gianfranco LEVI Giovanni LONATI Alessandro LUCCHESI Mario LUCCHINI Carlo LUCINI Livio MAGIS Tito Livio MAGISTRI Rosario MAIORCA Luciano MALCHIODI Agostino MANTOVANI Riccardo MARCHINI Giovanni MARINI Umberto MARINO Giuseppe MARINONE Mino MARTINAZZOLI Alessandro MASETTI ZANNINI Alessandro MAZZOLA Marco MEDEGHINI Giovanni MELZI Cesare MENARINI Giuseppe MERCURELLI Giuseppe MININI Paola MININI Renato MISSAGLIA Luisa MONINI Arnaldo MORANDI Giorgio NOBIS Alessandro NOCIVELLI Enrico NORDIO Giuseppe ODOLINI Marco ORAZI Raffaele ORLANDI Alessandro PADOVANI Fabrizio PADULA Giampietro PALAZZANI Roberto PALUMBO Stefano PAOLUCCI DELLE RONCOLE

151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222

Mario PASOTTI Francesco PASSERINI Francesco PATERLINI Franco PAZZI Angelo PE' Marco PERINI Stefania PICCOLI Riccardo PISA Lorenzo POLI Aldo POLLONIO Antonio POUCHE' Giorgio POZZO Ottavio PRESTINI Aldo PSARO Andrea PUCCIO Carlo Alberto QUARANTA Luciano QUARANTA Paolo RABOTTI Giovanni RAGNOTTI Angelo RAMPINELLI ROTA Marco RAMUNDO Enrico RANZANICI Francesco RASTRELLI Angelo REGE' Mario RICCI Theonis RICCO' Luigi RIZZI Franco ROBECCHI Guglielmo ROLANDO Vittorio ROSCINI VITALI Alga ROSSI Renzo ROZZINI Emilio SACCHETTI Paolo SANDRI Giorgio SCOTTI Walter SEMERARO Enrico SENINI Emanuele SEVERINO R.Bertrand SIMONS Volfangp SOMAZZI Giovanna SORBI Maurizio SORRENTINO Enrico SOTGIU Luca SOZZI Antonio SPADA Pierfranco SPANO Arrigo STAFFIERI Mario STAFFIERI Mauro STEFANA Antonio STENDARDO Andrea TARONI Claudio TATOZZI Giorgio TIBERIO Pierluigi TIRALE Costanzo TIRALE Adriana TUTTOLOMONDO Adolfo TURANO Francesco VALENTI Alfonsino VENDITTI Alfonso VERONESE Giuseppe VIANI Manuel VIGLIANI Paolo VILLA Fabrizio VIOLA Renato ZALTIERI Umberto ZANETTI Roberto ZANI Alessandro ZAPPA Simona ZOLI Mario ZORZI Alberto BECCARIA Gianbattista FRANCESCONI

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Il Rotary nasce negli Stati Uniti Il Rotary nasce in Italia Il Rotary nasce a Brescia Il Rotary rinasce dopo la guerra La nascita del Rotary Club Brescia Nord e della Val Trompia

Agli effetti della Legge N. 106 del 15 aprile 2004, il libro è stato depositato presso: Biblioteca Civica Queriniana Ufficio Deposito Legale - Via Mazzini, 1 25121 Brescia Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Ufficio Deposito Legale - Piazza Cavalleggeri, 1 50122 Firenze BEIC Biblioteca Nazionale Braidense Via dei Fiori Oscuri, 2 20121 Milano Biblioteca Nazionale Centrale di Roma Ufficio Deposito Legale - Via Castro Pretorio, 105 00185 Roma

Maggio 2022 Impaginazione e stampa a cura di La Compagnia della Stampa srl Roccafranca (Brescia)

Dagli albori del ROTARY ai primi 50 anni del R.C. BRESCIA NORD