FASHION FOCUS 03 FILERA TESSILE_luglio 2025

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FOCUS

FILIERA TESSILE

IL TESSILE AI RAGGI X

LA VOCE DEL SETTORE

È “ripresa” la parola d’ordine per gli imprenditori a monte della filiera riuniti a Milano Unica, ma serve un cambio di passo

In un momento di incertezza e scarsa visibilità come l’attuale, è prioritario mettere bene a fuoco le strategie: trasparenza, sostenibilità, coerenza e flessibilità illuminano la strada per orientarsi nel futuro

NUOVI SCENARI

Luca Sburlati, neopresidente di Confindustria Moda, detta la linea fino al 2029: «Uniti con un Piano Strategico Nazionale»

MATERIALI NEW GEN

Le fibre bio based portano l’innovazione al servizio della sostenibilità, senza compromessi sulla qualità

Ercole Botto Poala

«SE

Ceo Reda Group

L’ITALIA VUOLE FARE MANIFATTURA DEVE DIRLO CHIARAMENTE»

«Il

mondo va avanti, non indietro. E l’Italia deve decidere cosa vuole essere». Così Ercole Botto Poala, ceo di Reda, gruppo che quest’anno celebra 160 di attività, sintetizza una visione lucida sul futuro della manifattura tessile italiana, in un settore in transizione fra tensioni geopolitiche, nuove sfide industriali e un’identità da riaffermare. Dopo la visita a Pitti Uomo, l’imprenditore parla di un settore polarizzato, ma con segnali positivi: «Ho visto il ritorno dell’abito, è un’ottima notizia. Qualcosa si muove, lentamente». Lo sguardo si allarga al contesto macroeconomico: «Il 2025? Lo vedo con un bel titolo: “Incertezza”». Dopo un buon avvio d’anno, le tensioni sui dazi Usa-Cina-Europa hanno colpito duramente chi produce in Cina, ma vende in America con prodotto made in Italy: «Hanno lavorato giorno e notte per trovare soluzioni alternative, poi tutto congelato fino al 9 luglio - dice Botto Poala -. Il mercato americano resta importante, ma si muove cauto».Tra Est e Ovest, il punto debole è l’Europa: «Siamo un continente lento, conservativo. La Germania è in crisi: niente più gas russo a basso costo, niente più auto vendute alla Cina. Anche la Francia è marginale per noi, mentre la Spagna è l’area più vivace oggi». E l’Italia? Serve un cambio di passo: «Siamo la seconda manifattura d’Europa, ma dobbiamo decidere se vogliamo davvero fare industria. Basta politiche demagogiche. Serve un piano energetico serio. Senza energia, la manifattura muore». E avverte: «Non possiamo dire no a tutto: no a dighe, eolico, gas, nucleare. Ma poi vogliamo accendere la luce. L’elettricità sarà il bene più prezioso, bisogna produrla». Sul prodotto: «Il futuro è la personalizzazione. Tutto è su misura. Anche l’abito deve esserlo. Con Lanieri e Tailoor ci lavoriamo. Stiamo trasformando anche la divisione tessile in ottica personalizzata». Infine, l’identità italiana: «Il Made in Italy è sinonimo di bello e ben fatto, ma se non raccontiamo il nostro valore in modo contemporaneo, rischiamo di perdere tutto. Non si rappresenta il lusso andando in fiera con un banchetto. Serve una strategia culturale e comunicativa moderna». (an.bi.)

TUTTO È SU MISURA E PURE IL TESSILE DEVE CAMBIARE IN TAL SENSO

SIMONE CANCLINI E LE SFIDE DI MILANO UNICA

«SIAMO ANCORA NEL TUNNEL MA

SI VEDE UNA LUCE»

La 41esima edizione del salone dei tessuti d’alta gamma, dall’8 al 10 luglio a Fiera Milano Rho, segna un +3,3% di superficie e la presenza di 735 espositori. Il 2025 parte in chiaroscuro ma con spunti di fiducia e ritorni di player europei in crescita

DI ANDREA BIGOZZI

Crescita delle adesioni, ritorno di player europei, qualche spiraglio dal mercato. L’edizione numero 41 di Milano Unica, in programma dall’8 al 10 luglio 2025 a Fiera Milano Rho, parte da numeri in aumento: 735 espositori totali (mai cosi numerosi) e un +3,3% di superficie espositiva. C’è anche un dato particolarmente rilevante sul fronte internazionale: aumentano gli espositori europei, che segnano un +8,7% rispetto alla precedente edizione. Nel dettaglio, sono 584 le aziende presenti nei saloni principali (Ideabiella, Moda In, Shirt Avenue), di cui 459 italiane. A queste si aggiungono 134 realtà tra Aree Speciali, Japan e Korea Observatory, e 17 case editrici. Un risultato non scontato, viste le tensioni globali e una fase ancora instabile per il tessile italiano. Il contesto congiunturale resta infatti incerto. Il 2024 si è chiuso con un -8,8% del fatturato del comparto (7 miliardi di euro) e un calo dell’export del 10,7% (3,8 miliardi). Il primo trimestre del 2025 non ha ancora ribaltato il trend, ma offre segnali meno uniformemente negativi: tra gennaio e marzo, le esportazioni scendono del -2,3% rispetto allo stesso periodo del 2024, ma con dinamiche divergenti a seconda delle merceologie. Alcuni segmenti reggono, altri meno. La produzione di tessuti ortogonali cala del -6,9%, mentre quella di tessuti a maglia cresce dell’11%. Parallelamente, le importazioni registrano un incremento a doppia cifra: +11%. Se-

NEL PRIMO TRIMESTRE 2025

+11% importazioni

-2,3% esportazioni

Fonte: Ufficio Studi Economici e Statistici di Confindustria Moda

condo Simone Canclini, presidente di Milano Unica, «i numeri non parlano ancora di ripresa, ma mostrano un mercato che sta cercando nuovi equilibri. Certo non siamo ancora fuori dal tunnel, ma possiamo intravedere sullo sfondo anche della luce». In particolare, Canclini evidenzia il valore dei nuovi ingressi europei: «Segno di fiducia nella manifestazione e nella sua capacità di supportare visibilità e business in un momento complesso per l’economia globale e il contesto geopolitico internazionale». La sfida è quindi guardare oltre questi dati e Milano Unica lo fa muovendosi sempre più dinamicamente anche sul piano dei contenuti e dei format, puntando su innovazione e posizionamento valoriale. Torna l’area MU Tendenze Sostenibilità, che propone una selezione di materiali e concept per l’A/I 26-27 sviluppati in ottica ambientale. Tutti i campioni in mostra sono frutto di processi sostenibili, in linea con una richiesta sempre più centrale da parte del mercato internazionale. Confermate anche le sezioni dedicate alla memoria e alla cultura tessile, come The Cube Archive, che prosegue il progetto Archivolution: un lavoro di rielaborazione dell’archivio come leva creativa per la ricerca prodotto. Novità di quest’edizione è The Excellences of Textile Magazine, una mostra di rarissime pubblicazioni di settore dal dopoguerra in poi. Un racconto editoriale che punta a rafforzare la percezione di valore e la profondità storica del Made in Italy. 

Alberto Enoch Ceo Filidarte group LA CRESCITA PASSA PER TAVOLI DI LAVORO E NUOVE ACQUISIZIONI

«Volevo avere una crescita che mi garantisse una visione diversa. Filidarte group, che guido come ceo, mi ha dato la possibilità di creare un polo industriale più importante, mettere assieme più aziende e avere una prospettiva, che passa per la creazione di piattaforme produttive specializzate». Alberto Enoch delinea con queste parole le motivazioni alla base dell’acquisizione della maggioranza di Servizi e Seta da parte del polo dei filati che ingloba anche il Lanificio dell’Olivo e la Manifattura Sesia ed è controllato da

Ethica global investments. L’eccellenza italiana piemontese - con sede a Occhieppo Superiore (Biella), fondata nel 2008 dallo stesso Enoch e dal gruppo Schneider -, è passata dai 10 milioni di ricavi del 2020 ai 26 attuali, come sottolinea il numero uno. «Siamo al 75% delle quote e Filidarte completerà al 100% l’acquisizione entro il 2025 - evidenzia l’a.d. -. A testimonianza della solidità dell’operazione, insieme agli altri soci di Servizi e Seta abbiamo scelto di reinvestire nel gruppo, confermando la volontà di un progetto comune. Nel medio termine valutiamo ulteriori acquisizioni per dare alla holding una maggiore industrializzazione. Puntiamo, ad esempio, al mondo delle tintorie». Enoch ha poi fatto luce sul momento congiunturale del tessile, «molto complicato». Aggiungendo: «La situazione geopolitica con le guerre in corso ci mette in difficoltà. Anche i grandi brand stanno attendendo per capire cosa si farà con i dazi americani e permane la problematica di spostamento delle produzioni per favorire costi più bassi. Ne uscirà bene chi avrà la capacità di leggere al meglio il mercato e interpretarlo». Infine, sul fronte numeri il manager rimane ambizioso: «Guardando al 2028, Filidarte group raggiungere i 90 milioni di fatturato aggregato, rispetto ai 66 milioni del 2024 (+36%) e sviluppare uffici direzionali anche all’estero. Alla radice c’è la volontà di lavorare su un progetto di gruppo, in ottica di sinergia. Creando dei tavoli di lavoro su sostenibilità, IT e finanza. Cercheremo nuove professionalità per il team». (a.m.)

Luca Trabaldo Togna Ceo Trabaldo Togna CONTRO DUMPING E INCERTEZZA VINCONO PRODOTTI CON UN SENSO

«In un mercato in cui l’incertezza è diventata la nuova normalità, l’unica vera risposta è l’innovazione». Così Luca Trabaldo Togna, amministratore delegato del lanificio biellese Trabaldo Togna, sintetizza la strategia con cui l’azienda affronta uno scenario internazionale sempre più instabile. Le tensioni geopolitiche, dal conflitto in Ucraina alla crisi in Medio Oriente, unite al rallentamento dei consumi in aree chiave come la Cina, rendono difficile ogni previsione. Ma la ricetta dell’azienda è chiara: prodotto, ricerca e

Andrea Abati

Ceo Abati Group

SVILUPPO SOSTENIBILE E SCOMMESSA SULL’ATHLEISURE

«Ho un progetto di sviluppo a cinque anni, anche se è difficile fare previsioni finché non ci sarà un equilibrio geopolitico in cui non si parlerà solo di guerre. Dopo l’onda lunga del Covid, si è creata una bolla dove tutti hanno comprato e fatto magazzino, che oggi stiamo pagando in tutti i settori di moda e sport». Andrea Abati, ceo di Abati group - che riunisce sotto le proprie ali Abafil, Tecnofilati e HumanWellness - illustra così lo scenario attuale e l’andamento del fatturato: «Operare in diversi segmenti del tessile sta permettendo al gruppo di viaggiare attorno a un +6%, dopo un 2024 archiviato a 10 milioni (+22%)». Un piano di crescita che parte dal lancio da parte di Abafil di Kartana, una fibra ricavata dalla pianta di abacà e 100% sostenibile. «Può essere impiegata per la maglieria, ma c’è chi la sta sperimentando per i tessuti in denim. Sondiamo anche il comparto delle bustine del tè, dei packaging o delle componenti per le automobili. Abbiamo già contatti con clienti che lavorano per i grandi brand». L’accelerazione green passa anche per il nuovo impianto fotovoltaico nello stabilimento della holding a Medolago (Bergamo), in grado di coprire fino al 90% del fabbisogno energetico. Per Tecnofilati, Abati invece evidenzia l’inizio del dialogo con la Cina, che «sta vivendo una trasformazione epocale con il tessile e lo sviluppo di marchi propri, soprattutto sportivi». L’azienda sta puntando sulla produzione del filo in grafene. «È valso un investimento di quasi due milioni: puntiamo ai settori dello sport tecnico di alto livello, a quello delle protezioni, all’aerospaziale. Stiamo inoltre studiando le potenzialità del rame». Infine, dalla svizzera HumanWellness nasce il brand di abbigliamento athleisure e cosmetotessile BeGood, pronto a varare il primo monomarca a Bergamo a settembre: «Un concept store esperienziale che includerà, oltre alla vendita, tre sale per yoga e pilates. Milano sarà probabilmente la seconda tappa, ma stiamo pensando a Torino, Firenze e ovviamente alla Svizzera». (a.m.)

OPERARE IN DIVERSI SEGMENTI DEL SETTORE CI STA PREMIANDO

sostenibilità. «È da 25 anni che lavoriamo sull’elasticità naturale. Con la linea Estremo siamo arrivati a superare il 20% di elasticità in 100% lana, senza fibre sintetiche. È un risultato tecnico che ci permette di garantire anche la riciclabilità del tessuto, in linea con la normativa europea che entro il 2030 richiederà tracciabilità e circolarità dei capi», spiega Trabaldo Togna. I nuovi tessuti sono pensati per il formale maschile, ma vengono sempre più apprezzati anche dal mondo donna, che ha da tempo familiarità con lo stretch: «Offriamo un’alternativa naturale a prodotti che fino ad oggi si basavano su elastomeri non riciclabili». Per l’imprenditore non mancano i rischi esterni. «Da anni subiamo la concorrenza di Paesi asiatici che entrano nei mercati con politiche di dumping evidenti. Prima il Giappone, poi la Corea, dopo la Cina e ora il Vietnam: ogni decennio cambia il nome, ma il problema resta. Spesso quei prezzi non coprono nemmeno il costo della materia prima». E se altri settori, come quello calzaturiero, hanno chiesto misure di protezione, «il tessile non ha mai avuto reali difese. Qualcosa va fatto, perché non possiamo continuare a subire passivamente». Nonostante tutto, lo spirito è costruttivo: «La nostra risposta alla crisi è una collezione interamente centrata sull’elasticità naturale, trasversale e performante, con una proposta chiara e credibile. Il mercato ha bisogno di prodotti nuovi, di senso, non solo di tendenze nell’attesa che si dissolvano le nubi dell’attualità». (an.bi.)

LUCA SBURLATI

DETTA LA LINEA DI CONFINDUSTRIA MODA: «NON BASTA LA RESILIENZA, ORA SERVE L’AZIONE»

Toccherà a Luca Sburlati - torinese, ceo e socio di minoranza del Gruppo Pattern - orchestrare l’operato della federazione per il quadriennio 2025-2029. Il compito non si preannuncia semplice: il fatturato complessivo delle aziende moda italiane si è ristretto in breve tempo da oltre 100 a 90 miliardi e il contesto geo-politico internazionale ha ulteriormente abbassato le difese di un settore già debilitato dal calo della domanda in Cina e dall’incertezza generata dalle politiche commerciali intraprese negli Usa. Per far fronte ai venti contrari servono baluardi forti, secondo il neopresidente. Ecco i punti chiave.

DI ANGELA TOVAZZI

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RICOMPATTARE LE FILA PER DIFENDERE IL MADE IN ITALY «Oggi siamo in una fase in cui il sistema del made in Italy è sotto attacco. Due i fronti aperti in questo momento, che mettono a dura prova la nostra industria: da un lato la concorrenza di alcuni Paesi che stanno cercando di portarci via pezzi di filiera e mettendo in crisi alcune delle nostre eccellenze industriali. Dall’altro, l’offensiva lanciata al concetto stesso di “made in Italy”, che va difeso dai contenuti ingannevoli e dalla cattiva comunicazione che possono offuscare la sua reputazione. In questo contesto difficile e sfidante l’unica soluzione è fare massa critica, ricompattare le fila, ricucire le fratture. In primis a livello endogeno, lavorando in sinergia con la nostra casa madre Confindustria, ma anche con le associazioni e i brand italiani e internazionali, oltre con chi lavora in settori attigui a quello della moda, come occhiali, profumi, gioielli, ossia il lifestyle in generale. Dobbiamo andare tutti nella stessa direzione. Creare una sorta di “sacra alleanza”, un patto di filiera tra chi sta a monte, in mezzo e a valle del mercato».

LA FILIERA SI RAFFORZA CON LE M&A

Maison e investitori sono sempre più orientati a presidiare competenze chiave, tecnologie e capacità produttive difficilmente replicabili

DI ELISABETTA FABBRI

Il monte della filiera è oggetto di interesse continuo da parte di investitori istituzionali e non. I deal procedono a ritmo sostenuto e viene da pensare che non ci fermeremo qui. Uno dei più recenti vede la società di investimenti Aurora Growth Capital pronta ad acquisire il 50% di Eurmoda, gruppo di produttori di accessori metallici. La blasonata maison Chanel ha invece rilevato il 35% della comasca Mantero Seta, con cui collabora da oltre mezzo secolo, e il 20% della fiorentina Leo France, specializzata in bigiotteria e accessori metallici di alta gamma. Dalla recente unione franco-italiana di Maison Neyret e Martinetto è nato un nuovo gruppo che si candida a diventare il principale produttore europeo di nastri. «Queste operazioni - commenta Elio Milantoni, senior partner Deloitte Italia - confermano un’evoluzione profonda nell’alto della filiera, da classici rapporti cliente-fornitore a partecipazioni strategiche nel capitale. Maison, realtà industriali e fondi puntano su asset produttivi-chiave per garantire qualità, continuità e competenze distintive, in segmenti ad alto valore aggiunto». «In un contesto di crescente incertez-

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UN PIANO STRATEGICO

NAZIONALE CON MISURE A BREVE E LUNGO TERMINE

«Noi italiani siamo sempre stati bravi a essere reattivi, a rispondere ai problemi, ma nella situazione attuale questo non basta più. Oggi dobbiamo diventare proattivi, per trasformare la resilienza in competitività. Per questo al centro dell’agenda per il quadriennio c’è un Piano Strategico Nazionale che punta a riunire tutte le forze positive e propositive del Paese, il Mimit e le componenti politiche, con l’obiettivo di elaborare una visione e definire le linee operative da qui al 2035. Due i binari: da un lato misure “tattiche”per supportare le aziende di settore in questo momento di incertezza congiunturale e, dall’altro, misure “strategiche”, in grado di rafforzare capitale, innovazione e presenza sui mercati esteri. Un Piano che in Italia non c’è mai stato nel nostro settore, nonostante la moda rappresenti la seconda industry del Paese. È il momento di rimobilitare tutte le risorse che abbiamo sul nostro territorio, mettendo a punto strategie di breve e lungo termine chiare e precise».

za macroeconomica - prosegue - le case di moda stanno accelerando il consolidamento della supply chain, tendendo al reshoring e alla ricostruzione di un presidio industriale europeo, per rafforzare il controllo della produzione e ridurre i rischi operativi. Alcune investono in fornitori storici, per assicurarsi continuità e know-how difficilmente replicabili. Altri operatori stanno costruendo piattaforme integrate a livello continentale». Anche gli investitori finanziari mostrano un continuo interesse per il manifatturiero italiano specializzato: «Oltre al posizionamento competitivo e al potenziale di crescita - spiega Milantoni - puntano a cogliere opportunità di consolidamento in una

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TECNOLOGIA,

INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ AL CENTRO

IN ITALIA NON È MAI ESISTITO UN PIANO NAZIONALE PER IL SETTORE, NONOSTANTE LA MODA SIA LA SECONDA INDUSTRY DEL PAESE

«Nel Piano Strategico Nazionale un argomento chiave è dedicato all’attivazione di una strategia in materia di transizione digitale e innovazione. Anche il nostro settore sarà fortemente impattato dalle nuove tecnologie e, in particolare, dall’Intelligenza Artificiale. Cambieranno il modo di lavorare, processi e procedure, nonostante la moda sia forse l’unica industria rimasta ad alta intensità di manodopera. Confindustria Moda ha già deliberato di mettere tutti gli straordinari centri tecnologici esistenti sotto un unico cappello: un hub nazionale del tessile-moda con diverse verticali, che dovrà dialogare con gli specialisti della formazione come le università e i centri di eccellenza hi-tech. Il tema è prioritario, perché avrà importanti ricadute anche sul fronte della sostenibilità, in quanto l’utilizzo dell’AI nelle diverse fasi della progettazione e produzione manifatturiera consentirà di accorciare i tempi e ridurre gli sprechi. Non ultimo, la tecnologia - pensiamo al Digital Product Passport - potrà avere un ruolo decisivo sul fronte della trasparenza della imprese, da monte a valle della filiera. Solo se saprà inglobare nel prodotto tecnologia e sostenibilità il made in Italy potrà creare una vera barriera verso i suoi competitor».

A sinistra, un’immagine di Mantero Seta

logica di filiera, prediligendo realtà di qualità e distinto know-how». A suo parere il consolidamento nell’alto di gamma della filiera del tessile-moda è destinato a proseguire anche nei prossimi tre-cinque anni: «Le operazioni recenti confermano che le M&A rappresentano uno strumento di crescita, ma soprattutto un mezzo di rafforzamento strategico, con case di moda e investitori sempre più orientati a presidiare competenze chiave, tecnologie specialistiche e capacità produttive pressoché uniche». Da recenti confronti di Deloitte con investitori istituzionali emerge che il lusso prevede operazioni di integrazione verticale entro i prossimi 12 mesi, mosse soprattutto dalla carenza strutturale di manodopera qualificata e dal reshoring produttivo in Europa, favorito dal mutato contesto geopolitico e dalla crescente esigenza di solidità nelle catene di approvvigionamento. Attualmente il mercato delle M&A vede un’elevata disponibilità di capitali, sostenuta dai fondi di private equity, che dispongono di un significativo “dry powder” da allocare, ma anche dagli operatori strategici, in particolare nel lusso, forti di solide posizioni di cassa accumulate negli esercizi recenti. «Tuttavia - nota Milantoni - alla

liquidità si accompagna una crescente selettività: gli investitori sono più prudenti e privilegiano target con posizionamento consolidato, potenziale di crescita e visione industriale di lungo periodo». Inoltre resta alto il livello di incertezza geopolitica, che incide negativamente sulla visibilità e sulla capacità di pianificare le operazioni. Secondo recenti rilevazioni condotte all’interno del network Deloitte, oltre il 75% degli investitori attivi nel fashion & luxury prevede, per il 2025, un impatto avverso sul comparto, legato all’introduzione di dazi commerciali e all’instabilità macroeconomica globale. In base alle analisi più aggiornate della società di consulenza e revisione, la maggioranza dei deal nel comparto si sta concentrando su una fascia di valore tra i 50 e i 100 milioni di euro. Si tratta di valutazioni adeguate? «Secondo le nostre stime e i riscontri raccolti da aziende e investitori - risponde Milantoni - negli ultimi mesi il mercato delle M&A in ambito moda e lusso ha evidenziato una tendenza alla compressione dei multipli, rispetto ai picchi degli anni passati. In media restano comunque sostenuti, generalmente oltre 10 volte l’ebitda, sebbene si rilevi una crescente polarizzazione: solamente i target con fondamentali solidi e posizionamento distintivo mantengono valutazioni elevate». «Dalle analisi settoriali più recenti - aggiunge - circa il 65% degli operatori intervistati prevede un’ulteriore riduzione dei multipli nel breve termine. Solo il 10% ipotizza un’espansione. Dati che riflettono l’incertezza macroeconomica, nonché una maggiore cautela sulle prospettive di crescita e che inducono a sconti più significativi e a privilegiare asset di qualità superiore». In parallelo si osserva una netta “flight to quality”: le aziende con marchi forti, posizioni di leadership di nicchia e alta redditività continuano a ottenere multipli robusti, sostenute anche dalla competizione tra gli acquirenti. 

A lato, Elio Milantoni, senior partner Deloitte Italia.

REDA: A MILANO UNICA UNO SPAZIO IMMERSIVO PER RACCONTARE 160 ANNI DI STORIA E DUE

NUOVI

PROGETTI

Milleottocentosessantacinque e M15 sono i due nuovi progetti del lanificio biellese, che raccontano rispettivamente l’evoluzione delle linee Reda 1865 e Reda Active, le due anime dell’azienda, di cui cade quest’anno il 160esimo anniversario della fondazione

Centosessanta anni di storia, innovazione, sostenibilità nel mondo tessile confluiscono nelle due anime di Reda: la classicità sartoriale di Reda 1865 e lo spirito innovativo della linea Reda Active. Due processi evolutivi raccontati in uno spazio immersivo, in occasione della 41ª edizione di Milano Unica (Pad. 2, stand C11), per celebrare il 160° anniversario dell’azienda di Valdilana, in provincia di Biella. Per la stagione Autunno/Inverno 2026-27, due i nuovi progetti: Milleottocentosessantacinque e M15, nel segno di innovazione, ricerca e creatività sartoriale.

Dopo aver presentato, lo scorso febbraio, il concetto di un unico tessuto capace di adattarsi e di evolversi attraverso la creatività, Reda 1865 prosegue con Milleottocentosessantacinque, che conferma la versatilità del tessuto 2865, ora proposto nei nuovi toni Melanzana, Selciato e Rame. Tre outfit differenti, che verranno presentati in esclusiva a Milano Unica, espressione di tre modi di essere e tre percorsi di vita: superando la classica logica giacca-pantalone, il tessuto si apre a molteplici contesti d’uso, raccontando l’uomo contemporaneo e le sue molteplici identità. Con una mano rotonda e fluida, ingualcibile e profondamente cromatica grazie alla lavorazione in tinto tops, il tessuto si distingue anche per le sue prestazioni tecniche, potenziate dalla fibra stretch ROICA™, che ne esalta la sostenibilità e la funzionalità. Anche per questa stagione, Reda rinnova la collaborazione con Pietro Terzini, che continua a reinterpretare in chiave contemporanea il progetto Milleottocentosessantacinque con il proprio linguaggio visivo.

E se lana non significasse più tradizione, ma rivoluzione? Reda Active sovverte il concetto di lana fine introducendo M15, un tessuto navetta ultra-leggero e versatile in lana Merino da 15 micron – utilizzata abitualmente per il formalwear sartoriale – in una collezione pensata per ridefinire il concetto di lusso tecnico: nasce la prima capsule di THE GOAT-Greatest Of All Textiles, il progetto dedicato ai tessuti straordinari e d’eccellenza. A completare la proposta, due jersey in lana Merino 15 micron di pesi diversi, capaci di combinare tatto pregiato e performance avanzate come termoregolazione, proprietà antiodore, elasticità naturale e total easy care.

RICICLARE, RIPARARE, REINVENTARE

La "regola delle tre R" si fa strada in un settore, come il tessile-abbigliamento, che nonostante i passi avanti è altamente inquinante

Secondo la Ellen MacArthur Foundation, nel 2023 sulla terra sono stati prodotti circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, l’87% dei quali finisce in discarica o nell’inceneritore e solo l’1% viene riciclato. Si prevede che la quantità di rifiuti tessili aumenterà ancora, raggiungendo quasi 150 milioni di tonnellate entro il 2030, secondo vari studi. Purtroppo il settore moda continua a spingere prodotti usa e getta. Ma ci sono marchi che scelgono di percorrere nuove strade, all’insegna del riciclo, del riutilizzo e della riparazione dei capi. Nel settore cresce poi il bisogno di fibre riciclate, complice l’arrivo delle misure che a breve l’Ue imporrà per il Green Deal: una percentuale minima di materiali riciclati dovrà far parte di ogni nuovo prodotto. Abbiamo selezionato alcuni esempi virtuosi, per ispirare un approccio più attento all’ambiente da parte di tutti.

DA NIKE GRIND A NIKE RECREATION

Già da 30 anni Nike applica il programma Nike Grind, grazie al quale riutilizza scarpe che altrimenti sarebbero gettate. Contribuisce così a trasformare gli scarti di produzione e le scarpe a fine vita in materiali riciclati da usare per nuovi modelli. Dal lancio del progetto, nel 1992, ha riciclato circa 66 milioni di chili di scarti di produzione di scarpe non usate tra cui gomma, schiuma, fibra, pelle e tessuti che ha raccolto, separato e riutilizzato o trasformato in nuovi materiali. Nel 2023 è stato lanciato il programma Nike Recreation Grazie a questa iniziativa il marchio raccoglie pezzi vintage o avanzi di magazzino nei mercati locali e li riutilizza per creare capi che verranno venduti sempre localmente. Sono pezzi a tiratura limitata, caratterizzati da soluzioni di design innovative, realizzate spesso insieme a stilisti locali. Il programma è nato ridisegnando alcune vecchie felpe provenienti da Los Angeles, per poi venderle in negozi della città. Il progetto ha poi coinvolto altre città, come Londra e Parigi.

ESSERE BOSS DI CIRCOLARITÀ

Hugo Boss ha creato Eightyards: con sede a Metzingen, in Germania, si occuperà di riutilizzare i materiali in eccedenza del gruppo. Si concentra su aree di business come la rivendita, il riutilizzo e il riciclo delle eccedenze tessili del gruppo ai clienti moda e la trasformazione dei tessuti inutilizzati in nuovi prodotti, come capi di abbigliamento, tote bag, sacchetti per scarpe, astucci e federe.

CHANEL PUNTA SU NEVOLD

Chanel ha fondato Nevold, entità indipendente dedicata alla circolarità, il cui nome deriva dall’abbreviazione di Never Old (Mai Vecchio). È un hub B2B che riunisce un ecosistema di aziende, start-up e partner accademici intorno all’obiettivo di inventare, produrre e strutturare i materiali di domani, incorporando fibre riciclate e rispettando i criteri di eccellenza del lusso. Coinvolge tre aziende (L’Atelier des Matières, Filatures du Parc e Authentic Material), impegnate a ristabilire

il valore dei tessuti e delle pelli. La business unit potrebbe aprirsi a nuove acquisizioni e sviluppare partnership con settori alternativi, come sport e ospitalità, per garantire una seconda vita a materiali nobili come la pelle, la lana, la seta, il cotone e il cashmere non più utilizzabili nel lusso.

COME RERERI REINVENTA LA PELLE

Rereri è un nuovo marchio di borse fondate da Franco Gabbrielli, imprenditore e designer di accessori in pelle attento alla sostenibilità. Con questo progetto crea borse in pelli di lusso da stock e avanzi di produzione, assemblati secondo combinazioni uniche di materiali e colori. Il risultato sono borse pensate come pezzi unici su ordinazione e su misura. Al momento sono disponibili in tre taglie, mini, medium e large. In concomitanza con l'ultimo Pitti Uomo, ha aperto un primo popup presso Piero Tucci, un negozio storico in via Gondi 4/6 R a Firenze, aperto fino a luglio.

THEMOIRÈ AMA L'AMBIENTE

Themoirè, progetto nato nel 2019 a Milano, offre borse in tessuti nuovi ed ecologici, ottenuti dalle foglie di ananas o dagli scarti dell’industria delle mele. Le borse sono realizzate anche con materiali naturali come il sughero o la rafia, materiali rici-

clati come l’eco-pelliccia o il cotone riciclato. Tutte le fodere sono realizzate con materiali riciclati al 100%, prevalentemente da bottiglie di plastica Pet e i fili e le etichette interne vengono da nylon riciclato, che in parte deriva dalle reti da pesca.

INNOVERA, COME VERA PELLE

Ci sono fibre che non sono realizzate con materiali biodegradabili, ma alcuni tessuti sono prodotti con sostanze che riciclano materie prime potenzialmente dannose per l’ambiente. Ad esempio, Innovera somiglia alla pelle, ma è realizzato utilizzando proteine vegetali, biopolimeri e gomma riciclata. Ha un contenuto di carbonio rinnovabile di oltre l’80% ed è il 25% più leggero e due volte più resistente della pelle. Può essere personalizzato nel colore, nella sensazione al tatto e nel pelo. Viene prodotto dall'americana Modern Meadow

FULGAR: DAI PNEUMATICI AL FILO Fulgar, azienda italiana leader nella produzione di filati innovativi e sostenibili, è arterfice di Q-Cycle, fibra fatta con un polimero derivato da vecchi pneumatici, un materiale che produce importanti emissioni: in UE solo 1,37 milioni di tonnellate vengono riciclate, una cifra pari al 40% di quelle che si accumulano. Grazie a questa fibra e ad altri prodotti virtuosi, Fulgar è stata scelta insieme ad altre 12 aziende per completare il progetto europeo T-Rex (Textile Recycling Excellence), finanziato dall’Ue e avviato nel 2022. Un’iniziativa internazionale che ha l’obiettivo di sviluppare un piano armonizzato per il riciclo textile-to-textile a ciclo chiuso.

IL TEXTILE-TO-TEXTILE DI RE&UP Re&Up Recycling Technologies è un’azienda di tecnologia circolare che fa parte della holding globale Sanko Group, che vuole ridefinire i paradigmi del settore textile-to-textile. L’azienda produce fibre di cotone e di poliestere di nuova generazione, che mantengono le stesse performance delle fibre vergini. Sono ottenute con il riciclo di cotone, tessuti in poliestere e Pet, sia da tessuti composti da un solo materiale, sia parte di un mix di fibre. Tra i progetti più recenti c’è una collaborazione con Puma, impegnata a utilizzare 30% di fibre tessili riciclate entro il 2030. 

La sostenibilità non è una nicchia, è

fondamentale

Fashion ha incontrato Laura Beachy, vice president of global marketing and communications di Thermore, per parlare degli obiettivi e delle strategie di questa azienda globale specializzata nel settore delle imbottiture termiche.

Come sta andando Thermore? Thermore è in una posizione di forza. Nel 2024 ha registrato un fatturato di circa 13 milioni di dollari a livello globale. Questa performance riflette la crescente domanda di isolamento sostenibile e la nostra capacità di supportare i partner in settori come moda, outdoor e activewear. Quali obiettivi avete? Vogliamo rafforzare la nostra posizione di leader globale nell’isolamento termico, investire nell’innovazione dei prodotti, nell’espansione del mercato e nella visibilità del marchio. Ogni anno raccogliamo i feedback dal mercato per lanciare un nuovo prodotto. Stiamo anche lavorando con Bluesign al nostro primo rapporto Esg per progettare gli obiettivi per il 2026 e oltre. Quanto conta la sostenibilità per voi? E' fondamentale. Ha un ruolo centrale nello sviluppo dei prodotti, nella strategia aziendale e dal punto di vista dei ricavi, perché non è una nicchia, ma un’area di crescita fondamentale. Oggi gran parte della collezione è fatta con il 100% di Pet riciclato post-consumo. Quali novità vedremo a Milano Unica?

Presentiamo Ecodown Fibers Sync, il nostro ultimo isolante in fibra libera ad alte prestazioni. Realizzato al 100% con Pet riciclato post-consumo, offre eccezionale morbidezza e resilienza. Ha una mano simile a quella di una nuvola e consente ai designer versatilità e libertà creativa. Esporremo anche Tutto Su Mia Madre (Terra), un progetto artistico di Jacopo Ascari, già presentato per l’Earth Day. Insieme al marchio britannico Contrado, Ascari ha reinterpretato la giacca puffer isolata con Thermore Ecodown. Qual è la prossima sfida più importante per voi?

Vogliamo bilanciare la crescente richiesta di responsabilità ambientale con la necessità di elevate prestazioni tecniche e versatilità del design. I marchi oggi si aspettano materiali non solo sostenibili e tracciabili, ma che garantiscano anche prestazioni, durata e comfort.

LAURA BEACHY THERMORE

I MATERIALI NEW GEN PRENDONO DALLA NATURA E LA PROTEGGONO

Brand e consumatori cercano prodotti dalle alte prestazioni e in linea con i valori della sostenibilità. Il monte della filiera risponde spaziando tra fibre naturali e bio-based DI ELISABETTA FABBRI

La moda punta a sorprendere i consumatori anche scegliendo materie prime fuori dagli schemi e i produttori con attitudine alla sperimentazione non si fanno cogliere impreparati. Balenciaga e Stella McCartney, per esempio, hanno lanciato rispettivamente le sneaker e le borse in materiale vegan Bananatex, sviluppato dalla svizzera Qwstion partendo dalla lavorazione delle fibre del banano. Restando nel mondo bio-based H&M con la Conscious Collection e Hugo Boss hanno sperimentato Piñatex, un materiale leather-like ideato da Ananas Anam, derivato dalle foglie dell’ananas. Vari brand stanno via via mettendo alla prova la pelle vegan derivata dai funghi (uno su tutti Hermès) e ora si sa che i ricercatori stanno sviluppando metodi per realizzare materiali sostenibili utilizzando le bucce di zucca. Anche il mais non finisce di sorprendere. Al Kingpins di Amsterdam, lo scorso aprile, il produttore di fibre innovative per l’abbigliamento The Lycra Company ha presentato la fibra bio-derived Lycra EcoMade: un elastam il cui lancio commerciale è previsto entro la fine dell’anno, che deriva da mais rinnovabile annualmente prodotto nell’Iowa. Composta per il 70% di materiale rinnovabile, Lycra EcoMade è in grado di ridurre potenzialmente l’impronta di carbonio della fibra Lycra fino al 44%, mantenendo le stesse performance dell’originale. «I nostri clienti e i loro consumatori sono sempre più alla ricerca di prodotti che rispettino standard di alte prestazioni e che siano in linea con i loro valori di sostenibilità - dichiara Arnaud Ruffin, vicepresident brand & retail dell’azienda -. Lycra EcoMade rappresenta un significativo passo avanti nell’offrire soluzioni sostenibili senza compromettere la qualità». Dall’Iowa alla Puglia, c’è chi si è messo in testa di realizzare un cotone organico made in Italy tracciabile al 100%. Si tratta dell’azienda Beste con Itaco. «Siamo partiti nel 2023 con una produzione pilota in Puglia,

PELLE AMICA DELL’AMBIENTE

Niente cromo con Zeology e la moda approva

L’idea è venuta alla designer Anya Hindmarch ascoltando Arizona Muse La modella e attivista ambientale americana parlava, in un suo discorso, di un cuoio conciato in modo naturale e biodegradabile. «Le parole di Arizona mi hanno ispirato a intraprendere un lungo progetto e a scoprire se potevo realizzare una bella borsa con un cuoio così etico», dice Hindmarch. Ora ne ha la certezza. Ha presentato diverse varianti di una borsa tote e di un secchiello, per la linea battezzata “Return to Nature”, utilizzando la pelle conciata con l’agente Zeology dell’olandese Royal Smit & Zoon È stata trattata con zeolite, un alluminosilicato composto da ossigeno, bauxite di alluminio e sabbia, utilizzato anche nella produzione di dentifrici e detersivi. Il vantaggio è che, a differenza della pelle conciata al cromo, la pelle Zeology può essere smaltita senza problemi nel compost o riutilizzata come fertilizzante. La borsa, le scarpe da ginnastica

su 47 ettari coltivati, che nel 2025 è stata estesa a 300 ettari, mentre nel 2026 dovrebbe arrivare a 500», raccontano dall’azienda pratese. Ma il mercato come sta reagendo? «Al momento tutto il raccolto di quest’anno è già stato venduto - rispondono -. La volontà è quella di aumentare la potenza produttiva, per migliorare sempre di più le qualità e diminuire il prezzo». Per ora, infatti, il costo di Itaco è del 10% superiore rispetto agli altri cotoni organici ma va tenuto in conto che si tratta di un prodotto con certificazione Gots lungo tutta la filiera, dal fiocco fino al capo finito. La materia prima è ideale, come spiegano i produttori, per tutti i capi a base cotoniera. La coltivazione del cotone, dismessa negli anni 60 a causa dell’avvento delle fibre sintetiche, è stata ricondizionata con il supporto di Coldiretti. Il piano include, in prossimità delle coltivazioni di cotone, un nuovo impianto di ginnatura, che assicura fibre di cotone pulite e il recupero dei semi, che saranno selezionati per migliorare, anno dopo anno, la resa della fibra. La filatura del cotone avviene attraverso una partnership strategica con un’azienda del Nord Italia. Beste Weaving trasforma, con 22 telai, il cotone in tessuti grezzi e la tintoria di proprietà preserverà la brillantezza e la stabilità dei colori dei tessuti. Chi punta il dito sul cotone, per l’impatto ambientale in termini di uso di acqua e pesticidi, vede con favore i tessuti a base di alghe. Crescono rapidamente e non necessitano di molta terra o acqua dolce per crescere (il più delle volte si tratta di acqua salata e non servono pesticidi). Inoltre possono sequestrare l’anidride carbonica, mitigando gli effetti del cambiamento climatico e sono biodegradabili al 100%. Smartfiber, per esempio, è sul mercato con SeaCell che, combinando l’alga marina con la cellulosa da fonti sostenibili, crea un tessuto morbido e setoso, adatto

o la giacca realizzate con questo materiale possono diventare nuovo terreno fertile: i prodotti tornano alla natura e il ciclo si chiude. Zeology è una delle innovazioni più importanti nel settore della pelle degli ultimi anni e potrebbe contribuire a fornire alle aziende di moda un forte argomento di vendita nei confronti dei propri clienti. La pelle è spesso oggetto di critiche. In primo luogo, le organizzazioni per la tutela dei diritti degli animali come Peta stanno facendo pressione affinché quella animale venga bandita dalle collezioni. In secondo luogo, i processi di concia che utilizzano sostanze come il cromo o il glutaraldeide sono considerati rischiosi e potenzialmente dannosi per l’ambiente e la salute. Un’alternativa al cromo e ai concianti sintetici sono i processi vegetali, per esempio quelli a base di foglie di olivo. All’inizio del 2024 il produttore di tannini e prodotti chimici speciali Silvateam ha acquisito lo specialista Wet-Green GmbH di Reutlingen, in Germania, per sviluppare ulteriormente la concia con foglie di olivo. La Royal Smit & Zoon lavora a Zeology da sette anni. L’idea in sé non è affatto nuova: già nell’antichità si parlava di concia a base minerale. La zeolite è presente in natura in quantità abbondanti e si trova nello strato superiore del terreno. Il nuovo processo sviluppato da Royal Smit

allo sportswear e a capi per il tempo libero, fino alla biancheria intima (Calida, tra i brand clienti), al loungewear e agli arredi. Le fibre fanno anche bene alla pelle, per via delle sostanze nutrienti presenti nell’alga marina, come minerali, antiossidanti e vitamine. L’innovazione però permea anche una delle fibre naturali più antiche al mondo, la lana. Come nel caso di Lana Moretta, che ha fatto partire il progetto Undyed di Nova Fides, quattro anni fa, e ora è una delle linee più apprezzate nell’offerta dell’azienda. «La forza di questo prodotto sta nel fatto che si tratta di una lana completamente naturale, non trattata con alcun tipo di agente chimico, nemmeno gli ammorbidenti, e priva di qualsiasi processo di tintura», spiega il produttore. «La risposta del mercato - aggiunge - è stata molto forte fin da subito, grazie alla sua unicità e coerenza con le esigenze attuali di sostenibilità autentica e tracciabilità della filiera. In seguito abbiamo spaziato anche nell’estivo, includendo lino, cotone, canapa e seta nella loro tonalità originaria». Tra i clienti Polo Ralph Lauren per la collaborazione con la designer navajo Naiomi Glasses, che ha portato a una

Da sinistra, in senso orario: un overcoat Max&Co. in tessuto naturale non tinto della collezione Undyed di Nova Fides; una proposta in denim performante e sostenibile che contiene Lycra EcoMade; la filatura del cotone organico Itaco di Beste, made in Puglia e interamente tracciabile

collezione di cappotti jacquard in lane e alpaca naturali non tinte, i cui disegni, complessi e ricchi di simbologie, sono stati sviluppati su telai di Nova Fides. Max&Co. (Gruppo Max Mara), invece, ha creato con Undyed una capsule di capispalla essenziali, espressione della sensibilità contemporanea verso l’ambiente. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i prezzi di Undyed sono competitivi. «Eliminando la tintura c’è un risparmio concreto - spiegano dall’azienda tessile -. Tingere un tessuto da cappotto con un peso tra i 500 e i 650 grammi al metro quadro richiede mediamente circa 100 litri d’acqua per metro. Su un ordine da 10mila metri significa risparmiare oltre un milione di litri d’acqua». Si taglia anche il consumo energetico per l’utilizzo delle vasche tintoriali, che necessita di temperature molto alte, per far penetrare nella fibra i prodotti chimici. In più non si usano coloranti e fissativi, che comportano un impatto ambientale rilevante e richiedono la gestione di impianti di depurazione. Il processo produttivo è più snello e diminuiscono i costi legati alla logistica e ai tempi di lavorazione. «Il risultato è un tessuto naturale, tracciabile, sostenibile, industrialmente replicabile, dal rapporto qualità/prezzo equilibrato». 

& Zoon. Tuttavia, poiché la pelle conciata al cromo è più economica, il produttore olandese deve affrontare una certa resistenza e lavorare molto per convincere i clienti. «Ci vuole tempo affinché una nuova tecnologia di questo tipo si affermi», dice Schrey. Per promuovere Zeology l’azienda partecipa a fiere del cuoio come l’Aplf di Hong Kong, l’Acle di Shanghai e l’Iilf di Chenai, ma anche Première Vision, a Parigi e il Salone del Mobile di Milano. Inoltre sta valutando Milano Unica. Quanto alla comunicazione, invece di rivolgersi esclusivamente ai clienti diretti, ovvero le concerie, l’azienda punta ai marchi e persino ai clienti finali. Da poco è, infatti, disponibile un podcast dal titolo “Leathertainment on the Go!”. In otto episodi, disponibili su YouTube e Spotify, Schrey e l’influencer Tanner Leatherstein sfatano falsi cliché e spiegano come viene conciata la pelle e come si può valutare la qualità di una borsa in pelle. L’obiettivo a lungo termine? Il manager di Smit & Zoon Schrey risponde: «Ci piacerebbe che Zeology diventasse un ingredient brand riconosciuto». (t.b.) SI FANNO PASSI AVANTI NELL’OFFERTA GREEN SENZA COMPROMESSI IN FATTO DI QUALITÀ

& Zoon garantisce un rapporto costante tra ossigeno, bauxite di alluminio e sabbia. L’azienda di Weesp, a sud-est di Amsterdam - a conduzione familiare da oltre 200 anni e oggi gestita dalla settima generazione - ha presentato l’innovazione per la prima volta all’industria automobilistica ma da circa tre anni è in contatto con l’industria della moda, tra cui marchi di lusso italiani e francesi, nonché catene del fast fashion. Sempre più brand stanno dando una possibilità a Zeology. «La moda sta vivendo una forte crescita», afferma Florian Schrey, account director Brands & OEM’s presso Royal Smit

A sinistra, un secchiello della linea Return to Nature di Anya Hindmarch, realizzato con la pelle Zeology, conciata con zeolite

INTEGRAZIONE VS

DUE STORIE

ITALIANE A CONFRONTO

Da un lato un’azienda integrata, che si tramanda di generazione in generazione. Dall’altro una nuova realtà agile, veloce e trasparente, che trova la sua forza nelle competenze complementari dei fondatori DI MARIA CRISTINA PAVARINI

AVarano Borghi, vicino a Varese, si trova un complesso industriale che ospita vecchi opifici, un villaggio operaio e altri edifici industriali costruiti dagli inizi dell’Ottocento in poi. Qui ha sede una delle divisioni di TBM Tessuti Italiani, storica azienda specializzata nella produzione di tessuti d’alta gamma. All’interno, tra mobili da ufficio, telai e archivi in legno d’altri tempi, fanno bella mostra di sé opere d’arte, oggetti e lampade di design moderni. Il proprietario, Franco Marcora, un esperto industriale lombardo, ha modi schietti e un po’ burberi, ma sfodera subito un sense of humor, misto a critica nei confronti dello scarso supporto dallo Stato, «che non ha mai sostenuto il settore», e di tanti imprenditori che si sono seduti sugli allori, diversamente da lui, al quale brillano gli occhi non appena si parla di tessuti e telai. Insieme a lui ci sono le figlie, Laura (39) ed Elena (35), le sole di sei fratelli che aiutano il padre nella gestione dell’azienda. Sono raggianti e appassionate come lui, pur sapendo di avere ancora da imparare in un settore che non finisce mai di stupire, ma anche «divertente e incazzante». TBM è stata fondata nel 1946 a Besnate, comune nelle vicinanze, benché le origini dell’azienda siano più lontane. «Siamo qui da oltre 200 anni. Noi tutti veniamo dal settore. Mio nonno era ingegnere tessile e direttore generale della Bustese, azienda che allora impiegava 20mila persone», racconta Marcora. TBM Tessuti Italiani è specializzata nella produzione di tessuti pregiati in una vasta gamma di materiali. Offre circa 2mila articoli a stagione tra cui principalmente cotone e lino, oltre a filati speciali misti seta, Tencel, carta, viscosa, lana, cashmere, poliestere e nylon, grazie alla sua lunga tradizione artigianale e alla costante ricerca dell’innovazione: «Siamo rimasti l’unico gruppo tessile italiano integrato. Produciamo i filati che usiamo per noi e che vendiamo anche ad altri, con una nostra filatura a Ginosa, in Sud Italia. Prima ne avevamo tre, ma i costi energetici italiani non ci hanno permesso di tenerle tutte». Il problema del tessile? «È un’industria molto frazionata e, se un tempo contava 90mila dipendenti, ora arriva a malapena a 30mila». Oltre a TBM Tessuti Italiani il gruppo comprende i brand di tessuti di fascia alta Borghi 1819, TFM, TBM e Tessitura di Albizzate che producono tessuti per total look, velluti e molti altri materiali. Dall’altro lato il gruppo comprende divisioni produttive come SGL Filati, Tessitura Besnate, Tessitura di Ginosa e Tintoria Varano Borghi. L’azienda ha controllo sull’intera filiera - dal fiocco di cotone e dalla fibra di lino fino al tessuto finito, inclusa la fase di tintura e finissaggio. Grazie a ciò garantisce la completa tracciabilità del prodotto in tutte le fasi di lavorazione oltre a alti standard di qualità, flessibilità e servizio al cliente. Ogni step produttivo è automatizzato e realizzato con macchinari di ultima generazione, poiché Marcora reinveste continuamente gli utili nel gruppo: «Ogni anno reinvesto l’8%-10%. Oggi o investi o chiudi. Ed è importante far fruttare i guadagni per il bene dell’azienda». Ogni dieci anni, per esem-

pio, rinnova i telai, ma spesso acquisisce aziende che chiudono. Lo ha fatto in partnership con Achille Maramotti di Max Mara, comprando l’edificio del Linificio Solbiati di fronte alla sua sede di Varano Borghi. Sa prendere decisioni in maniera repentina, ma fa sempre la scelta giusta: «A 28 anni ho firmato un assegno di 500 milioni dopo aver visto la Bellora per dieci minuti». L’offerta di tessuti è vastissima, benché si ispirino tutti alla semplicità e all’eleganza del minimalismo. Offre materiali tinta unita e tinto-filo, spaziando da tessuti super leggeri che pesano 80 grammi a velluti a coste di 600 grammi, da poco rimessi in produzione, vista la richiesta crescente dal mercato. Per ora lo producono una volta a settimana, ma presto le quantità potrebbero aumentare. «Non ho mai chiuso un bilancio in passivo, anche in tempi difficili. Anche quando ho chiuso le filature ho pagato tutti fino all’ultimo centesimo - precisa Marcora -. Se siamo qui è perché ho sempre voluto fare un po’ di tutto tra lini, velluti, denim e cotoni. Non sapevamo fare il fustagno? Abbiamo comprato un’azienda per imparare a farlo». Vengono prodotti tessuti di alta qualità, ma è forte anche l’impegno nel campo dell’innovazione, con la costante ricerca di nuovi materiali sostenibili, oltre a garantire certificazioni su materie prime e lavorazioni come Zdhc, Oekotex 100 e Gots per citarne alcune, utilizzando il 70% di energia da fonti rinnovabili. Le figlie sono in azienda da alcuni anni. Elena, dopo aver studiato Ingegneria dei Materiali e delle Naonotecnologie a Milano, ha lavorato per Boston Consulting Group viaggiando per il mondo per sette anni per poi tornare a casa nel 2020. «Mi sono detta: se voglio imparare dal papà che da insegnare ha molto, è meglio che mi ci metta». È direttore di stabilimento della tintoria e del finissaggio della Varano Borghi. Si occupa anche di certificazioni, acquisti, aspetti ambientali e personale. Grazie a lei da settembre partirà un corso per formare giovani tecnici di tessitura nei dintorni di Busto Arsizio: «È un Itfs per ragazzi diplomati sotto ai 25 anni. È un corso di 1.000 ore, delle quali 400 in classe e 600 in azienda. Ma è un peccato che non giunga nessun supporto nemmeno dalle aziende del settore». Laura è laureata in Ingegneria gestionale e prima di entrare in azienda ha lavorato per il ramo tessile di Decathlon negli uffici di produzione di tutto il mondo. Adesso, in veste di general manager, si occupa di sviluppo prodotto e commerciale per molti marchi di tessuti del gruppo, oltre a essere brand manager di Borghi 1819, sinonimo di tessuti per camiceria. TBM ha un fatturato consolidato di 50 milioni annui e vende soprattutto in Italia e Francia, oltre a Stati Uniti, UK e Corea. Marcora va oltre il tessile: «Ho interessi anche in altri settori come le materie plastiche e il sociosanitario, perché ho acquisito un ospedale, la Casa Di Cura La Quiete di Varese, che sta per ripartire sotto la nostra guida. Ho persino comprato i diritti dei laghi nei dintorni…Prima o poi faremo qualcosa anche in questo settore», racconta. Per Franco Marcora chi si ferma è perduto e lui non si ferma mai. 

La nuova sfida di tre insider del tessile

Poco più d’un anno fa è nata 787 Fabric Lab, una start-up che produce tessuti Made in Italy di fascia medio-alta. È stata fondata da tre insider dell’industria tessile, Carlo Bonomi, Lorenzo Rossi e Andrea Cornacchia. Si sono incontrati grazie a conoscenze comuni e hanno dato il via a un progetto liquido e flessibile, ma anche estremamente attento al cliente e costruito su basi solide. «Oggi conta tantissimo il prodotto che fai, dove lo produci, come lo realizzi e secondo quali garanzie e certificazioni, ma conta anche la tua faccia», dice Carlo Bonomi. «Noi - prosegue - ci abbiamo messo la faccia partendo dal nome del progetto, 787 Fabric Lab, che unisce i nostri anni di nascita, perché Rossi e Cornacchia sono nati nel 1977 e io nel 1981». Ciascuno ha il proprio compito e porta competenze specifiche. Carlo Bonomi può contare su nobili trascorsi. In passato ha gestito l’azienda fondata nel 1860 dal quadrisavolo, suo omonimo. La società produceva materiali d’alto livello come velluti a coste, gabardine, popeline e rasi, oltre a tessuti per impermeabili e cappotti. Ha raggiunto l’apice del successo tra gli anni ’70 e 2010 attraverso tre sedi in Nord Italia tra Gallarate, Cardano al Campo e Inveruno. Dopo essere subentrato al padre e aver affrontato la crisi degli anni successivi, ha venduto il 50% della società a Duca di Visconti di Modrone, altro specialista tessile che dal 2018 è proprietario al 100% del marchio, ma che nel 2024 è stato messo in liquidazione. Oggi crede nel riportare sul mercato materiali di alto livello, come quelli che hanno segnato la sua storia Lorenzo Rossi gestisce la società di famiglia, R-Group, di Campi Bisenzio, specializzata nella produzione di componenti per cappelli, calzature, accessori e alcuni tessuti per arredamento. La sua società presta supporto da un punto di vista logistico, finanziario, back-office, spedizione dei campionari e base d’appoggio che lavora per vari marchi. Andrea Cornacchia, infine, è un eclettico esperto in ambito di prodotto che lavora per il gruppo Banelli, società pratese focalizzata sulla nobilitazione tessile attraverso, per esempio, trattamenti, coating e tinture per tessuti realizzati ad hoc per i maggiori marchi del lusso. Per 787 si occupa della parte tecnica di prodotto, dello sviluppo della collezione e della produzione ottimizzando i costi. Inoltre, vanta un vasto background che spazia dal controllo qualità alla produzione per brand sportivi come Champion, realizzando anche tessuti molto pregiati, tra i quali uno particolarmente costoso, che è riuscito ad industrializzare alcune stagioni fa e oggi è di proprietà di un’azienda extra europea. Si tratta di un tessuto che incorpora polvere di diamanti da 5 a 8 carati ed è venduto a prezzi da 1.500 a 3mila euro al metro. «Dal confronto con alcuni insider del mercato abbiamo capito che c’era spazio per tessuti di alto

livello Made in Italy. Molto richiesti sono i velluti a coste. A breve introdurremo anche il velluto liscio, oltre ad altri materiali. Per farlo abbiamo questa struttura agile e veloce - racconta Carlo Bonomi -. Siamo riusciti a crearla rapidamente, anche grazie a un certo approccio al lavoro che ho imparato da mio padre. Esiste un modo di fare tessuti, d’intendere i rapporti con i fornitori, gli agenti e i clienti che alla lunga premia. Grazie a ciò non ho mai trovato porte chiuse davanti a me». Per questo, nonostante il difficile momento, armati di competenza, fiuto per il business e agilità hanno iniziato concentrandosi su pochi clienti che già conoscevano, per lavorare in profondità con loro. Operano già in Europa e Asia, tralasciando gli Usa in questa fase d’incertezza. Inoltre, partecipano a una sola fiera, Munich Fabric Start a Monaco di Baviera. «La nostra struttura - precisa l’imprenditore - ci permette di realizzare sviluppi e lavorazioni che possiamo declinare su basi diverse mantenendo costi aziendali ridotti». Ma non c’è solo il prodotto: «Il servizio conta tanto quanto la qualità, il prodotto o il prezzo, ma devi trovare un equilibrio senza sprecare energie. Fornire un supporto al cliente significa dare risposte immediate e gestire uno sviluppo rispondendogli in modo rapido e efficiente».

L’azienda produce circa 75 articoli per stagione. Tra i best seller spicca un velluto a coste dall’aspetto lucido - un mix tra cotone, Modal e elastam -, ma anche un tessuto per pantaloni e giacche in cotone e cashmere.

«Siamo attrezzati per dare informazioni trasparenti su tutta la catena produttiva dei nostri tessuti e completi di Digital Product Passport. Lo proponiamo al di là di tutte le certificazioni che contano e che già garantiamo, come Gots e Ocs», conclude Carlo Bonomi, sottolineando che sono ancora in pochi nel settore a poter garantire un servizio come questo,

tutti già chiedono.

LE COLLEZIONI FW26/27 FANNO UN PASSO AVANTI NELLA RICERCA

Dall’intelligenza delle mani, della creatività e della tecnologia nascono filati e tessuti qualitativamente evoluti. I pesi si alleggeriscono, le superfici si movimentano e i controlli lungo le fasi di lavorazione si intensificano, per realizzare materiali con un quid di performance e raffinatezza in più

VITALE BARBERIS CANONICO

Intrepid è il nuovo tessuto Super 150’S di VBC: semplice in trama, mantiene il doppio ritorto in catena per ottenere una mano più fluida, in grado di esaltare le finissime lane australiane al suo interno. Proposto in flanella e in misto cashmere per le stagioni più rigide, è ideale per un business suit oltre le stagionalità.

BOTTO GIUSEPPE E FIGLI

Il cambiamento climatico alleggerisce i pesi invernali e incide sulle nuove collezioni, tra cui quella di Botto Giuseppe e Figli. L’azienda, con quartier generale nel biellese, propone tra le novità un tessuto il 100% lana “liquid wool” Super 160’s, certificata Rws, di mano soffice e con un peso iper-leggero.

REDA

Se a febbraio, mese del lancio, il progetto Milleottocentosessantacinque si focalizzava su un solo outfit, ora con le gamme 2865 e 2965 il tessuto si declina in tre outfit. Ha mano rotonda e fluida, è ingualcibile, lavorato tinto tops e performante. È in 97% lana Merino e 3% elastomero sostenibile Roica.

Da un 85% di Pure New Wool certificata Rws, unito a un 15% di canapa, nasce Country, una gamma di filati «sostenibili per dna», come precisano dall’azienda, di mano consistente ma gradevoli al tatto. La trama leggermente irregolare e l’effetto mosso generato dalla tintura esaltano l’essenza cruda e ruvida della canapa.

LAMPO

Ci sono le zip e ci sono le Lampo, unione di saper fare e investimenti in ricerca e sostenibilità. Prodotte dalla Ditta Giovanni Lanfranchi, con sede principale a Palazzolo sull’Oglio (Brescia), puntano sull’unione tra made in Italy, performance ed estetica. Nella foto, le Superlampo della linea Eternel, in 100% acciaio inox.

SERVIZI E SETA

Una collezione composta da filati naturali morbidi, garzati, impalpabili, sofisticati e sempre più ricchi di certificazioni di sostenibilità, quella di Servizi e Seta. La stagione è all’insegna della fusione tra aspetti selvaggi e dolci, come nel filato Puhjio (nella foto), in 75% Baby Llama e 25% poliammide, Nm 3000.

3D WOOL

“Dynamic. Daily. Different”: tre D che si traducono in materiali eleganti ma iperfunzionali. Protagoniste della FW26/27 sono le flanelle stretch e le varianti bistretch e superstretch per pantaloni, giacche e capispalla. Un plus è il servizio Easy Service, basato su tempistiche rapide, riassortimenti garantiti e una palette cromatica versatile.

EUROJERSEY

Grazie a un’elasticità tridimensionale, i Sensitive Fabrics di Eurojersey sono ingualcibili, indemagliabili e easy care. Tre i temi della FW26/27: “Clever Classics”, ispirato alla sartorialità; “Retro Cult”, tra anni ‘70 e outdoor; “Unforgettable Time”, un tuffo nell’Art Déco riletta in chiave moderna ed eco-friendly..

ZEGNA BARUFFA LANE BORGOSESIA

Con Cashwool, in 100% lana merino extrafine tracciata, l’azienda realizza il 60% dei ricavi. “Designed to Design”, ossia versatile e creativo, questo filato è frutto di 12mila test di filatura per ogni lotto, 10mila controlli sul nastro, 5mila test prespedizione e oltre 5mila studi nella tintoria.

MONTICOLOR

Per l’autunno-inverno 2026/2027

Monticolor gioca su punti inediti, contrasti e superfici che sorprendono la vista e il tatto, come nei filati Inuit Merino e Polar Merino (nella foto), in cui la lana Merino Extrafine certificata Rws viene lavorata a macro-stoppini avvolti da una doppia spiralatura di cotone bio Ocs.

PIONEER DENIM

Essere pionieri non significa solo arrivare per primi, ma anche avere una visione: questa la filosofia di Pioneer Denim, produttore di denim nato nel 1976 e parte di un gruppo con quartier generale in Bangladesh, che fattura 1,6 miliardi di dollari l’anno. Una realtà completamente verticalizzata, dal filato al capo finito, in grado di offrire un prodotto all’avanguardia e mai massificato. Per esempio, la collezione “Prism” parte dal classico blu indaco per trasformarlo in qualcosa di inedito dopo il lavaggio, che gli conferisce speciali sfumature che virano dal grigio al beige. In azienda, come ha spiegato Christian Reca (head of Merchandising and Product della società) in un recente incontro moderato da Maria Cristina Pavarini di The Spin Offtestata che, come Fashion, fa capo a Dfv Media Group -, «lavorano 40 ingegneri impegnati quotidianamente a modificare i macchinari, in modo da ottenere tessuti e capi di aspetto speciale, ma anche con un contenuto importante di sostenibilità, a partire dal risparmio dell’80% di acqua rispetto ai normali standard nella fase di tintura». Alla recente edizione di Pitti Uomo Pioneer Denim ha presentato un progetto insieme a un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, Adriano Goldschmied: quello che tutti definiscono “The Godfather of Denim” ha realizzato una capsule collection (nella foto) in grado di racchiudere ed esaltare i valori del tessuto. La collezione ha usufruito dei trattamenti a basso impatto ambientale di Soko, industria italiana specializzata nella ricerca di soluzioni innovative per il trattamento dei tessuti e il lavaggio dei capi. Ma visione è anche sinonimo di impegno sociale: Pioneer Denim ha deciso di scendere in campo a favore di Amref, la più grande onlus africana, che interviene in particolare nell’Africa sub-sahariana, mettendo a disposizione di tre brand un suo tessuto, fatto con il cotone coltivato in questo continente. Sono nati così “Delight”, una lampada di Oceano Oltreluce, un gioiello di Pianegonda e una sneaker di Sturlini, marchio noto per sue calzature artigianali. Una percentuale delle vendite andrà a favore di Amref. «Il denim è denim ed è chiaro che noi vogliamo essere il meglio nel nostro ambito - ha concluso Reca -. Di questo approccio fa parte la scelta di avere una mentalità aperta, in sintonia con i giovani, che hanno idee diverse da chi li ha preceduti, menti veloci e che vanno ascoltati con attenzione».

A CURA DI ALESSANDRA BIGOTTA
FILATURA DI TOLLEGNO

OLTRE LA MODA C’È DI PIÙ: NUOVE FRONTIERE PER I TESSUTI TECNICI

Pur essendo di nicchia, il settore del tessile tecnico tiene botta agli up and down del mercato. E grazie ai suoi innumerevoli campi di applicazione end-use apre nuove prospettive alle aziende italiane, che in Europa detengono la leadership produttiva

DI ANGELA TOVAZZI

Dici tessuto tecnico e immediatamente il pensiero va all’abbigliamento sportivo e all’activewear, in grado di assicurare alte prestazioni. Vero, ma riduttivo. Sotto il cappello di tessile tecnico si celano innumerevoli possibilità applicative, che spalancano alle aziende dotate del necessario know how nuove praterie di sperimentazione. Mauro Sampellegrini, dirigente area Ricerca Innovazione Sostenibilità di Confindustria Moda, parla di un settore che tiene, nonostante i venti contrari del mercato, e dove l’Italia recita un ruolo da protagonista, visto che a livello europeo si piazza come primo produttore : «Nel 2024 ha generato un fatturato di circa 7 miliardi di euro, solo in leggerissimo calo, pari allo 0,5%, rispetto al 2023, facendo leva su più di 27mila addetti distribuiti in circa 2.800 aziende, molte delle quali piccole ma ad alta specializzazione». Oltre allo sport e al workwear, la destinazione d’uso dei tessuti tecnici sta diventando sempre più variegata, parallelamente con lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, alzando l’asticella delle performance. «Quello tecnico è un tessuto funzionalizzato - spiega Sampellegrini nel senso che deve “funzionare” e “fare” qualcosa: proteggere, rinforzare, traspirare, filtrare, trasportare, separare, contenere, sostenere». Ma non solo. «In grande sviluppo sono anche

MEDICALE

Il nuovo Radilon Enjoy di RadiciGroup è un filato in poliammide con un additivo bioceramico che emette raggi infrarossi ed è pensato, oltre che per abbigliamento, calzetteria e intimo, anche per il settore medicale.

DIFESA

Secondo uno studio di Research and Markets, nel 2024 il mercato globale dei tessuti intelligenti destinati all’ambito militare ha raggiunto un valore di 996,9 milioni di dollari, con una previsione, entro il 2033, di crescita oltre i 2,68 miliardi, a un tasso annuo composto (Cagr) dell’11,6%.

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Alessandra Bigotta a.bigotta@fashionmagazine.it

REDAZIONE

Andrea Bigozzi a.bigozzi@fashionmagazine.it

Elisabetta Fabbri e.fabbri@fashionmagazine.it

Maria Cristina Pavarini mariacristina.pavarini@dfv.de

Angela Tovazzi a.tovazzi@fashionmagazine.it

GRAFICA E DESIGN

Nadia Blasevich n.blasevich@fashionmagazine.it

gli smart textile, con sensori inseriti all’interno dei tessuti, che possono monitorare i parametri corporei e diventare così vettori di informazione in spedizioni estreme, in ambito medicale, militare o aerospaziale». Qualche esempio: RadiciGroup, dopo aver realizzato la prima tuta spaziale di simulazione analoga (insieme a Eurojersey, Vaglotex e Defra) per la missione Space Medicine Operations, porta a Milano Unica il nuovissimo Radilon Enjoy. Come informa Bernardo Staiano, General Manager RadiciGroup Advanced Textile Solutions, si tratta di un filato in poliammide realizzato con un additivo bioceramico che emette sul corpo umano (grazie all’energia termica ricevuta) raggi infrarossi, capaci di stimolare nello strato sottocutaneo cellule e tessuti, migliorando l’elasticità muscolare. Anche Senfa-Cilander (divisione di Chargeurs Pcc) fornisce soluzioni hi-tech che spaziano in diversi settori: «Nei mercati della difesa e del navale - precisa la general manager Laure Sènéquier-Crozet - offriamo soluzioni come mimetizzazione a infrarossi, protezione dal fuoco e dal calore, leggerezza, impermeabilità e alta resistenza allo strappo e all’abrasione, mentre in quello dell’architettura stiamo lavorando su protezione dai raggi Uv, certificazioni antincendio e assorbimento acustico». 

AEROSPACE

La “new space economy” rappresenta circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, questo settore ha raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe toccare gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. Un trend cavalcato da Prada, con la tuta realizzata con Axiom Space, ma anche dalla pugliese Rea Space, che all’Expo 2025 di Osaka ha presentato Futura Suit (nella foto), il primo prototipo di una tuta modulare Eva realizzata in Europa e pensata per le future missioni in orbita.Un progetto realizzato in collaborazione con alcune eccellenze scientifiche, accademiche e industriali italiane, tra cui Tecnica Group, specialista in calzature outdoor, che ha firmato gli speciali stivali, pensati per offrire protezione e stabilità in ambienti spaziali complessi.

HEAD OF ADVERTISING

Barbara Sertorini b.sertorini@fashionmagazine.it

SALES CONSULTANT

Anna Pellizzola a pellizzola@fashionmagazine.it

ASSISTENTE DI DIREZIONE/UFFICIO TRAFFICO

Valentina Capra v.capra@fashionmagazine.it

COORDINAMENTO INTERNAZIONALE

Margherita Cimino margherita.cimino@dfv.de

AMMINISTRAZIONE

Cristina Damiano c.damiano@fashionmagazine.it

COLLABORATORI

Mariella Barnaba, Cristiana Bonzi, Ettore Nanà Falda, Roberta Maddalena, Alice Merli

NAVALE

Planofil, sviluppato da Senfa-Cilander, è in 100% poliestere, progettato per teloni e coperture protettive. È adatto per ambienti esposti all’umidità, ai raggi UV e all’abrasione e consente di creare teloni altamente compatti, leggeri e facili da maneggiare.

AUTOMOTIVE

Tra i leader nella produzione di tessuti tecnici destinati al mondo industriale e dell’abbigliamento c’è la bergamasca Sitip Nella sua offerta anche una gamma di tessuti per l’interno dei caschi dotati di resistenza al pilling e all’abrasione, antibatterici e antistatici, rapidi nell’asciugatura.

È TORNATO IL SAMAB VIAGGIO NEL FUTURO CON RAGGI X, AI E STAMPA 3D

Superstudiopiù Maxi di Milano è tornata dopo 18 anni di assenza Samab-Fashion Technologies Event, manifestazione dedicata a macchinari e attrezzature d’avanguardia per la produzione di abbigliamento. L’evento è stato pensato per dare un nuovo impulso al valore della filiera produttiva della moda made in Italy e a un comparto sempre più apprezzato a livello globale. La kermesse ha accolto oltre 3mila insider del settore che hanno avuto modo di vedere in anteprima le ultime novità di oltre 70 aziende. Tra le molte soluzioni viste in fiera, Brustia Alfameccanica ha presentato un sistema di controllo qualità che utilizza i raggi X senza danneggiare i capi (nella foto). Il nuovo metodo di ispezione per abbigliamento e accessori è in grado di rilevare corpi estranei e difetti microscopici come frammenti di ago da 0,2 mm, graffe e spilli dimenticati, tutelando la sicurezza del consumatore, oltre a rilevare possibili difetti di tessitura e finissaggi. Uno dei macchinari più nuovi permette di ispezionare un capo in soli 15 secondi, accelerando drasticamente il processo del controllo qualità. Inoltre, un lettore Rfid integrato collega i rapporti di ispezione direttamente ai singoli prodotti, garantendo un tracciamento senza interruzioni. Nelle ultime stagioni è sempre più importante offrire capi personalizzati e realizzati senza sprechi. Stratasys, con oltre 40 anni nel campo della produzione additiva, propone una tecnologia di stampa 3D di polimeri innovativa per ricamo, nobilitazione e personalizzazione per capi e accessori. Questa tecnologia consente di applicare elementi di design complessi e personalizzati direttamente su quasi tutti i tipi di tessuto, conferendo a ciascun capo un’identità unica ed evitando sprechi di tempo e materia prima. Crea Solution può gestire l’intero ciclo di vita di una collezione di moda, dalla progettazione al taglio, fornendo un sistema Plm integrato per ogni processo e una suite Cad con piazzamento automatico dagli standard molto elevati. Con l’uso dell’AI la qualità e la precisione nella fase di taglio è estremamente accurata e permette di evitare laboriosi processi manuali: le stampe presenti sul capo combaciano perfettamente e l’assemblaggio delle componenti appare esatta e senza deformazioni nel capo finito. (m.c.p.)

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