Farcoro n 3 2023

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n. 3 / 2023

Primo Piano

Concorso Internazionale Romano Gandolfi

Storia

Camillo Zanotti

Analisi

Luciano Berio


FarCoro n. 3 / 2023 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% CN/BO

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 DI SILVIA PERUCCHETTI

La lettera del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 FARCORO Quadrimestrale dell’AERCO Associazione Emiliano Romagnola Cori Settembre-Dicembre 2023 Edizione online: www.farcoro.it Autorizzazione del Tribunale di Bologna N° 4530 del 24/02/1977 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale 70% - CN/BO. DIRETTORE RESPONSABILE Silvia Perucchetti direttore@farcoro.it REDAZIONE Luca Buzzavi lucabuzzavi@gmail.com Francesca Canova francesca.canova@libero.it Michele Napolitano napolitano.mic@gmail.com Alessio Romeo alessio.romeo.1992@tiscali.it Matteo Unich matteounichconductor@aol.com GRAFICA E IMPAGINAZIONE Ufficio Comunicazione AERCO Valentina Micciancio webmaster@aerco.emr.it STAMPA Tipolitografia Tipocolor S.r.l. Parma SEDE LEGALE c/o Aerco - Via Barberia 9 40123 Bologna Contatti redazione: direttore@farcoro.it +39 0510067024 I contenuti della Rivista sono © Copyright 2009 AERCO-FARCORO, Via Barberia 9, Bologna - Italia. Salvo diversamente specificato (vedi in calce ad ogni articolo o altro contenuto della Rivista), tutto il materiale pubblicato su questa Rivista è protetto da copyright, dalle leggi sulla proprietà intellettuale e dalle disposizioni dei trattati internazionali; nessuna sua parte integrale o parziale può essere riprodotta sotto alcuna forma o con alcun mezzo senza autorizzazione scritta. Per informazioni su come ottenere l’autorizzazione alla riproduzione del materiale pubblicato, inviare una e-mail all’indirizzo: farcoro@aerco.it.

IN COPERTINA 3° Concorso Internazionale di Direzione Corale Romano Gandolfi: i tre vincitori: (da sinistra) Sanders Lau (Hong Kong), Leiu Tönissaar (Estonia), Tom Varl (Slovenia).

DI ANDREA ANGELINI

Primo Piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Concorso Internazionale Romano Gandolfi DI MIRCO TUGNOLO

Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Camillo Zanotti DI FRANCO DELL’AMORE Il coro nel melodramma DI MATTEO UNICH E MARIALUCE MONARI

Didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 Giro in tondo 3 DI TULLIO VISIOLI

Un Coro per tutti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Le voci della bellezza DI SIMONA BANDINO

Musica dell’anima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 Alma Redemptoris Mater DI FABIO CIAPONI

Analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 Le composizioni corali a cappella di Luciano Berio DI MARCO LOMBARDI «A loom of lines and beats» DI ALESSIO ROMEO

Notizie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Altissime voci DI ARIANNA LANCI Gazzotti 100 DI ALBERTO CASTELLI E MARIALUCE MONARI Voci nei chiostri 2023 DI GIANLUIGI GIACOMONI Le masterclass di AERCO a Malta DI LUCA BUZZAVI, SILVIA PERUCCHETTI, DANIELE SCONOSCIUTO

Repertorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 Cantate Domino DI FABIO LUPPI


Editoriale

SILVIA PERUCCHETTI Direttore Responsabile

«L’incontro con la bellezza è una parte imprescindibile della nostra esperienza umana … L’atto artistico si tramuta infatti nel fare sé stessi, in un processo organizzativo interiore». E la musica «costituisce uno strumento catalizzatore nell’incontro con la bellezza: essa attrae l’uomo e suscita emozioni che comportano un’attivazione sensoriale e motoria e un’auto-percezione gratificante e positiva. Inoltre, scatena da un lato un’esperienza regressiva, permettendo di recuperare sensazioni ed emozioni dimenticate». Mi piace aprire il numero di FarCoro che avete fra le mani con queste parole, che ritroverete nel bell’articolo di Simona Bandino dedicato alle esperienze di improvvisazione vocale collettiva e ai percorsi di musicoterapia che l’autrice ci racconta, sperimentati sia in contesti terapeutici (ad esempio fra pazienti oncologici) che in esperienze corali più ‘tradizionali’. Se terapia significa etimologicamente ‘prendersi cura’, e conoscendo l’enorme influenza emozionale che la musica ha su di noi, l’esperienza corale che tutti conosciamo (a prescindere dai repertori e dalle finalità) appare il percorso collettivo più coinvolgente e personale di tutti: essa muove infatti dalla voce, espressione che scaturisce letteralmente dalla nostra interiorità fisica e mentale e obbliga all’instaurazione di un rapporto con gli altri, un rapporto fatto di esperienze che avvicinano i

Coro

cantori prima in senso emotivo, e solo dopo razionale. Sono contenta che il titolo di questa rivista contenga proprio un verbo di azione, fare: mettersi in cerchio, semicerchio, intorno a un tavolo (come avveniva anticamente) o in un girotondo, e iniziare a costruire, esprimersi, ridere, studiare, giocare, concertare, leggere ed emozionarsi; come spiegava Giorgio Vacchi nell’editoriale di FarCoro n. 1 (gennaio 1986), «fra le idee, meglio quelle che hanno in sé la spinta del “fare”»! Questo numero di FarCoro credo che continui ad onorare, come piace a me, alla Redazione e alla grande famiglia di AERCO, il principio della varietas, qualità imprescindibile per gli antichi nella creazione poetica e importante quanto la biodiversità nel mondo naturale: fare coro offre innumerevoli prospettive e infinite storie da raccontare, come l’idea di Arianna Lanci di contrappuntare le voci dei rondoni riminesi alle polifonie del suo coro, o l’analisi da vicino dell’antifona d’Avvento Alma Redemptoris Mater in canto gregoriano, incantevole per la perfetta adesione espressiva della melodia al testo liturgico. Fra le altre storie troverete poi un profilo di Camillo Zanotti, autore da riscoprire; la colorata evoluzione (e pratica vivissima) dei cori lirici, immersi nella magia del melodramma, «l’opera d’arte più completa, più totale, l’esperienza artistica più coinvolgente che si possa trovare» (dall’articolo di Matteo Unich e Marialuce Monari); il ‘compleanno’ del Coro Luigi Gazzotti, che festeggia 100 anni e si conferma una delle realtà corali più dinamiche della nostra Regione. E ancora, le belle storie che si intrecciano in AERCO, dalla terza edizione del Concorso Internazionale di Direzione Corale Romano Gandolfi al festival Voci nei Chiostri, alle masterclass a Malta. In questo numero compie inoltre il suo… girotondo la piccola collana di articoli di Tullio Visioli dedicati alla didattica: scopriremo una scuola di musica chiamata Sinfonia e la proposta di canto a misura di bambino che l’autore ha composto per noi; e venendo alla musica del nostro tempo, due approfondimenti dedicati a Luciano Berio a 20 anni dalla scomparsa (un’occasione per scoprire le sue composizioni per coro a cappella, spesso ispirate da opere polifoniche rinascimentali e interessanti anche per le scelte notazionali) ed un brano inedito per coro femminile, il mottetto Cantate Domino (quia mirabilia fecit) del giovane compositore persicetano Fabio Luppi. Buona lettura!

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La lettera del Presidente

Carissimi Direttori e carissimi Coristi, un anno davvero emozionante sta volgendo al termine, un anno ricco di eventi e pervaso da una gioia palpabile per aver finalmente superato la pandemia e tutte le restrizioni che abbiamo dovuto affrontare. In tutti i settori abbiamo subito delle difficoltà, ma noi, del mondo corale, le abbiamo vissute in prima persona con la cancellazione o la limitazione delle nostre attività musicali. Lasciatemi sottolineare quanto sia importante per ogni coro essere parte di AERCO. Questa affiliazione non porta solo vantaggi immediati, come tariffe agevolate dalla SIAE grazie all’accordo Feniarco/ SIAE e assicurazioni a prezzi convenienti, ma rappresenta, soprattutto, un valore morale. Essere parte della più grande rete corale italiana, che si estende dal più piccolo coro della regione, attraverso Feniarco, l’associazione nazionale di riferimento, fino alla rete globale dell’IFCM, è una scelta che va oltre i benefici tangibili. Desidero offrire a tutti voi, sia associati, associandi e osservatori, uno sguardo dettagliato su quanto AERCO ha realizzato per i suoi cori e non solo, dall’inizio dell’anno fino a oggi. Per cominciare, ecco alcuni dati: Attualmente, AERCO conta 248 cori quali suoi membri, un numero significativo se consideriamo le defezioni subite (quasi una ventina) durante gli anni della pandemia. Alcuni cori che avevano interrotto la loro attività si sono ri-affiliati, e tanti nuovi sono entrati a far parte della nostra associazione. Molti di questi cori hanno aderito all’assicurazione offerta dalla ‘Cattolica’. Invito caldamente coloro che non hanno ancora assicurato i propri coristi a farlo: una piccola quota annuale può proteggervi da potenziali problemi. Nel 2023 abbiamo assistito a molte trasformazioni dello stato giuridico dei cori, che sono mutati da semplici associazioni o gruppi informali ad Associazioni di Promozione Sociale (APS). So che il percorso per ottenere lo status di APS può essere lungo, ma vi esorto a riflettere su questa possibilità. L’affiliazione come APS (o ETS) vi consente di registrare il vostro coro nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, fornendo informazioni sulla vostra 2

| LA LETTERA DEL PRESIDENTE

struttura e attività. Questa registrazione garantisce il rispetto della normativa fiscale e dei diritti dei terzi che interagiscono con gli ETS. L’appartenenza al RUNTS apre la porta a vantaggi e finanziamenti pubblici, e chiunque non si iscriva rischia di perdere queste opportunità. La formazione, sia per i coristi che per i direttori, è sempre stata una priorità per AERCO. Senza un miglioramento costante, non si può progredire. Oggi, vediamo sempre più spesso concerti di gruppi corali amatoriali di altissimo livello, grazie agli sforzi formativi delle reti corali. Questo, tuttavia, pone una sfida per chi non si impegna a migliorare, poiché potrebbe sentirsi non adeguato. Vi invito a non accontentarvi del livello raggiunto e a sfruttare le opportunità per crescere. AERCO offre corsi annuali e triennali per direttori presso la nostra AERCO Choral Academy, a Parma, oltre a una serie di masterclass tematiche, come il canto rinascimentale, lirico, popolare, tecniche vocali e cori a voci bianche. Anche la Scuola di Canto Gregoriano, diretta da Luca Buzzavi, offre corsi per neofiti e per esperti della materia. Ci sono opportunità per tutti i gusti e livelli di esperienza. Non fermatevi mai nel vostro percorso di miglioramento, perché “chi si ferma è perduto”, come dice un vecchio adagio. So che la formazione richiede pazienza, studio, volontà e modestia e che il fattore età può giocare un ruolo, ma posso assicurarvi che migliorare è possibile a qualsiasi età, a patto di esserne convinti. Due grandi opportunità che offriamo sono il Coro Giovanile dell’Emilia Romagna e il Coro Regionale dell’Emilia-Romagna.

Il primo, diretto da Daniele Sconosciuto, è aperto ai membri sotto i 35 anni e nel 2023 ha tenuto numerosi concerti in regione e all’estero, chiudendo in bellezza aderendo al progetto di FENIARCO. Così è germinato questo fiore che ha portato in Friuli Venezia Giulia i cori giovanili regionali italiani per alcuni concerti ed una masterclass con il M° Filippo Bressan. Il Coro dell’Emilia-


Romagna, diretto da Ilaria Poldi, accoglie sia giovani che meno giovani, senza limiti d’età. Nel 2023 si è concentrato sul Requiem di Maurice Duruflé, che è stato eseguito a Parma, Reggio Emilia e Bologna in prestigiose manifestazioni. Nel 2024, il coro si trasformerà in un laboratorio corale, offrendo sessioni per perfezionare la lettura musicale e la tecnica vocale dei coristi. Un’altra formazione curata da AERCO, unica nel suo genere, è la Schola Gregoriana Ecce, diretta da Luca Buzzavi. AERCO fornisce un forte supporto morale e finanziario ai cori per i progetti che desiderano sviluppare, in linea con gli obiettivi dell’associazione. Ogni febbraio lancia un bando per richiedere sovvenzioni per progetti di alta qualità, e quest’anno ha finanziato 31 progetti con 15.000 Euro. Sebbene rappresenti un aiuto parziale, spero che nessun coro rinunci a questa opportunità. Ci impegniamo fortemente nei concorsi, riconoscendo il ruolo essenziale dei cori, compositori e direttori nella musica corale. Per ciascuna di queste categorie, AERCO organizza un concorso: il Concorso Corale Nazionale Giuseppe Savani a Carpi (svoltosi all’inizio di maggio), Corinfesta International Competition for Choral Composition e il Romano Gandolfi International Competition for Choral Conductors. Ognuno di questi concorsi ha obiettivi specifici: crescere attraverso il divertimento (Concorso Savani), creare nuovo repertorio (Concorso Corinfesta) e avvicinarsi al mondo della direzione corale professionale (Concorso Gandolfi). AERCO è inoltre partner del Concorso Corale Città di Riccione organizzato dall’Associazione Allegre Note. I concerti e le rassegne sono sempre graditi ai cori: la nostra punta di diamante rimane Voci nei Chiostri, a cui tutti i cori associati possono partecipare. AERCO si occupa del pagamento dei diritti SIAE per questi concerti e fornisce assistenza nella promozione. CantaBO è una rassegna d’eccellenza in cui si esibiscono cori di alto livello, ma c’è anche una serata aperta ai cori bolognesi, di solito quella di Santa Cecilia. Organizziamo anche concerti in occasione del ‘World Choral Day’, un evento che celebra con profondo significato la nostra passione musicale. Inoltre, alcuni dei nostri cori hanno partecipato al Festival Corale Internazionale LGBTQ+ ‘Various Voices’, esibendosi con altri cori associati. Altri cori hanno preso parte a ‘Nativitas’, un cartellone nazionale di concerti coordinato da FENIARCO. Un progetto di grande rilevanza è ‘Voci del Mondo’, ideato da AERCO e adottato negli ultimi anni, grazie alla collaborazione e all’esperienza di Elena Bacarella, da diverse scuole nell’area bolognese. Questo progetto rappresenta una sfida significativa e un segnale importante per la musica corale

inclusiva. Nel futuro, speriamo di espandere questo progetto a livello provinciale, compatibilmente con le opportunità di finanziamento disponibili. Parlando della nostra editoria, abbiamo FarCoro una rivista che viene consegnata a casa vostra o presso la sede del vostro coro. Questa rivista, curata con amore, passione e competenza, è guidata da Silvia Perucchetti, una giovane musicista di Reggio Emilia che ha raccolto il testimone da un grande esperto di musica corale, il Maestro Sandro Bergamo. La versione web della rivista è stata recentemente aggiornata con un nuovo sito moderno e snello. Offriamo anche pubblicazioni tematiche, tra cui l’ultima, “Canti dell’Appennino Parmense” del Maestro Giacomo Monica. RadioAERCO è un progetto innovativo che è stato avviato nel 2022 e che sta continuando in questi mesi con una serie di podcast dedicati a tematiche corali. Silvia Biasini è responsabile di questo progetto e sarà felice di ricevere proposte per interviste. Il 16 maggio 2023 è stato un giorno triste per la Romagna, con molte persone che hanno perso le loro case e alcuni i loro cari. Questa tragedia ha avuto un impatto economico e morale su diversi cori, e in collaborazione con Fenairco, abbiamo avviato una grande campagna di solidarietà che continuerà fino a Natale. Tutti i cori d’Italia sono invitati a partecipare donando le offerte raccolte durante i loro concerti. Per concludere, vorrei esprimere un profondo ringraziamento a tutti i collaboratori di AERCO, dai membri del Consiglio Direttivo ai membri della Commissione Artistica, dai redattori agli esperti grafici e a coloro che lavorano in Segreteria. In particolare, vorrei ringraziare il Direttore Generale Mirco Tugnolo, a cui posso rivolgermi in qualsiasi momento della giornata per le complesse questioni associative, quasi comparabili a quelle di una vera azienda. Lo spirito associativo di AERCO è rimasto lo stesso fin dal 1971, ma i compiti che tutti affrontiamo richiedono una conoscenza approfondita delle leggi, creatività nel progettare, gestione attenta e una buona dose di audacia per affrontare le sfide che ci attendono. Senza tutte le persone che ho menzionato (e dimenticato probabilmente), AERCO semplicemente non esisterebbe. Vi auguro di cantare con gioia durante queste feste natalizie e condivido con voi tanta cordialità.

ANDREA ANGELINI Presidente AERCO presidente@aerco.emr.it

LA LETTERA DEL PRESIDENTE |

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Primo Piano

Concorso Internazionale Romano Gandolfi 3 a edizione del Concorso Internazionale per Direttori di Coro “Romano Gandolfi”. Parma 24-26 novembre 2023 DI MIRCO TUGNOLO Direttore Generale AERCO

Chi ha vinto la 3a edizione del Concorso “Gandolfi”? Ve lo dirò tra un po’. Prima lasciatemi raccontare un po’ di fatti, numeri, persone che, messi insieme, fanno capire cosa è stata questa edizione. Partiamo con il dire che AERCO Associazione Emiliano-Romagnola Cori APS, quando ha indetto il bando internazionale, ha raccolto oltre 80 adesioni provenienti da ogni angolo del pianeta. Il Direttore Artistico del Concorso Andrea Angelini e la Commissione Artistica di AERCO hanno quindi dovuto selezionare i 16 concorrenti che si sarebbero sfidati a Parma a fine novembre. Non è stato facile ma alla fine la rosa dei nomi è stata definita. Cina, Venezuela, Lituania, Hong Kong, Regno Unito e Italia, sono solo alcune delle nazionalità dei concorrenti.

Safarek Krisztián (Ungheria)

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| PRIMO PIANO

Sono stati poi selezionati i cori laboratorio: Ingenium Ensemble (Slovenia) per la musica antica, Corale “Giuseppe Verdi” di Parma per il repertorio corale lirico, Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna per il repertorio contemporaneo, Giovani Voci di Bassano di Bassano del Grappa per il repertorio per voci bianche, Schola Ecce per il gregoriano e infine En Kör (Svezia) per la musica da camera. Dulcis in fundo, la giuria, presieduta da Tim Sharp (USA) e composta da Darius Lim (Singapore), Sebastiano Rolli (Italia), Walter Marzilli (Italia), Stephen Layton (UK), Marialuce Monari in qualità di rappresentante della Commissione Artistica di AERCO e infine Luca Scaccabarozzi (Italia) giurato in quanto vincitore della scorsa edizione del Concorso (lo prevede il


Gli otto semifinalisti

Regolamento). Importante è stata la collaborazione con il Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma. Quest’edizione si è tenuta infatti, interamente all’interno del bellissimo complesso architettonico (ex monastero). La Sala “Verdi” e il l’Auditorium del Carmine sono stati i luoghi perfetti per vedere i giovani direttori lavorare con i cori laboratorio. Il primo incontro tra i vari protagonisti del Concorso è avvenuto durante la conferenza stampa alla presenza dei candidati e della giuria, presso la Sala Consiliare del Comune di Parma. Alla presenza dell’Assessore alla Cultura Dott. Stefano Lavagetto e della Presidente della Commissione Cultura del Comune di Parma Gabriella Corsaro, sono stati presentati i 16 concorrenti: Anastasiia Shchyrba – Ucraina, Tzu-Han Ann Chen – Taiwan/Canada, Brian Dungan – Irlanda, Dong Chuanhong – Cina, Krisztián Safarek - Ungheria, Katherine Chan – Australia/USA, Leiu Tõnissaar – Estonia, Małgorzata Łukasik – Polonia, Mario Lo Russo Henriquez – Venezuela, Matteo Guerrieri – Italia, Monika Grigaitytė – Lituania, Pietro Consoloni – Italia, Sanders Lau – Hong Kong, Tom Varl – Slovenia, Yuan Ziqi – Cina, Yuto Yamaguchi – Giappone. La prima selezione (da 16 a 8 concorrenti) è avvenuta attraverso la prima fase del concorso, che ha visto tutti cimentarsi con il repertorio antico e il Coro Lirico. Il giorno successivo, la seconda fase eliminatoria, ha portato da 8 a 6 il numero dei concorrenti, è avvenuta sulla base della nuova selezione basate sul repertorio contemporaneo e di voci bianche. La finale ha

quindi visto gli ultimi selezionati, affrontare il canto gregoriano e la musica da camera. I 3 finalisti designati sono stati Sanders Lau, Leiu Tõnissaar e Tom Varl. L’emozione era palpabile quando hanno dovuto dirigere un brano ciascuno durante il concerto finale, con il coro En Kör, all’interno del meraviglioso Auditorium del Carmine, di fronte ad un pubblico attento e caloroso. Ma è giunto il momento di proclamare il vincitore. La giuria ha decretato che il primo premio deve essere assegnato a Sanders Lau. Direttore artistico e il fondatore di NOĒMA, un rinomato coro da camera a Hong Kong, nutre un particolare interesse per le esecuzioni di musica antica basate su documentazioni storiche. La sua formazione comprende lauree ottenute presso l’Eastman School of Music e la Chinese University of Hong Kong. Il suo impegno principale è quello di formare e ispirare la prossima generazione di leader nel mondo corale. Al secondo posto Leiu Tõnissaar. Nata nel 1998, ha avviato i suoi studi di direzione corale al Liceo Musicale di Tallinn. Nel 2017, ha proseguito il suo percorso accademico nel programma di laurea presso l’Accademia Estone di Musica e Teatro (EAMT) conseguendo una laurea con lode nel 2020. Leiu ha accumulato preziose esperienze lavorando con vari cori giovanili e amatoriali. Attualmente, svolge un ruolo attivo come direttrice del coro da camera estone Avis Animi, un ensemble dedicato alla creazione e all’esecuzione di nuove opere corali.

CONCORSO INTERNAZIONALE IL CONCORSO ROMANO DELLE MERAVIGLIE GANDOLFI |

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Al terzo posto, Tom Varl. È un giovane compositore, direttore di coro e pedagogo Willems di origine slovena. Nei recenti anni ha dimostrato il suo talento come direttore in svariati concorsi corali e di

direzione, e ha collaborato con cori sia nazionali che internazionali. Nel luglio 2021 ha ottenuto il primo posto nel prestigioso concorso internazionale Aegis Carminis di Capodistria, mentre alla fine di maggio

Il Presidente della Giuria Tim Sharp (USA) premia il primo vincitore Sanders Lau (Hong Kong)

Tzu-Han Chen (Taiwan) dirige il Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna

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Pietro Consoloni (Italia) riceve dal dott. Enzo Molina (LILT) e da Paolo Zaccarini il premio speciale ‘Romano Gandolfi’

2022 ha conquistato il terzo premio nel concorso nazionale di direzione d’orchestra. Varl ha iniziato i suoi studi di teoria musicale e canto al Conservatorio di Musica di Lubiana (KGBL), e successivamente ha continuato la sua formazione presso l’Accademia di Musica di Lubiana, ottenendo diplomi in composizione, teoria musicale e direzione corale. Infine, sono stati consegnati i premi speciali. A Pietro Consoloni il “Premio Gandolfi”, assegnato dal Centro Studi “Romano Gandolfi” – La Favorita del Re in collaborazione con LILT e Comune di Medesano (PR), in quanto artisticamente più simile al maestro Gandolfi. A Sanders Lau è stato invece assegnato il premio per il miglio approccio alla Musica Gregoriana, conferito dalla Schola Ecce. Particolarmente apprezzati sono stati i concerti organizzati a latere del Concorso. L’Ensemble Ingenium ha risuonato meravigliosamente all’interno della Chiesa di San Rocco, proponendo un programma di musiche contemporanee e antiche di autori europei, con un particolare occhio di riguardo nei confronti della musica di autori sloveni. Il Coro Giovanile dell’EmiliaRomagna, diretto da Daniele Sconosciuto e la Corale Contrappunto di Medesano (paese natale del M° Gandolfi) diretto da Maria Laura Di Gennaro, hanno condiviso il magnifico spazio della Chiesa di S. Cristina, proponendo un concerto applauditissimo di brano molto eterogenei, che spaziavano dalla polifonia Sudamerica a brani sacri contemporanei di grande suggestione.

Una menzione speciale va a En Kör, giovane formazione svedese che, nel concerto finale, ha proposto brani di rara bellezza e complessità incantando il pubblico, i concorrenti del concorso e la giuria. Infine, va segnalato l’apprezzatissimo Study Tour, gestito dalla Prof.ssa Ilaria Poldi, la quale ha condotto per mano una decina di direttori di coro, musicisti e appassionati di coralità, all’interno delle maglie del concorso, prodigandosi in spiegazioni tecniche-artistiche, studiando insieme la partitura eseguita dai vari candidati e commentando le scelte direttoriale attuate dai concorrenti. Tutto ciò che ho raccontato, e molto altro, è possibile rivedere e ascoltare nei video pubblicati sulla pagina YouTube di AERCO. Appuntamento al 2025 con la 4a edizione!

CONCORSO INTERNAZIONALE IL CONCORSO ROMANO DELLE MERAVIGLIE GANDOLFI |

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Storia

Camillo Zanotti Il madrigalista alla Corte di Rodolfo II D’Asburgo

DI FRANCO DELL’AMORE Musicologo

Occorre dimenticare le azioni politiche di Rodolfo II d’Asburgo, monarca dell’immaginifico Sacro Romano Impero dal 1576 al 1612, per apprezzare le sue attività come

Primo libro di madrigali a cinque voci

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| STORIA

straordinario mecenate. Egli accolse nella propria corte di Praga virtuosi artisti da tutta Europa, creando un centro culturale cosmopolita che ignorava le polarizzazioni ideologiche e religiose, mentre si faceva pervadere dal mondo magico della divina armonia post-rinascimentale. Come per suo padre Massimiliano a Vienna, l’ambiente di corte era ecumenico, tollerante, contemplativo e scientifico. Chi fuggiva dalle persecuzioni cattoliche, chi


amava la speculazione filosofica, l’alchimia o l’astronomia si ritrovava a Praga. Rodolfo, diversamente dall’odiato zio Filippo II, non fece costruire monasteri, ma un solo castello-cittadella, il Hradschin, una grande Kunstkammer dove poter praticare la sua religione fatta di arte e natura. In quel crogiuolo di naturalismo platonico, Camillo Zanotti (Cesena, ca. 1545 - Praga, 4 febbraio 1591), fu al servizio dell’imperatore come vice maestro di cappella dal 31 agosto 1586 al 1591, anno in cui il compositore cessò di vivere. Percepiva un buon salario mensile di 25 fiorini, mentre ne percepiva 30 il maestro di cappella fiammingo Philippus de Monte (1521-1603), anch’egli prolifico madrigalista. Al cenacolo artistico appartenne, in una posizione privilegiata, Giuseppe Arcimboldo (15271593), assai conosciuto per i suoi ritratti grotteschi. Quegli omaggi all’imperatore del pittore milanese appaiono lontani se paragonati ai madrigali che Camillo Zanotti compose e dedicò a Rodolfo II, sebbene la sensualità nei testi e nella musica facesse risaltare gli istinti ancor più dei «ritratti composti» di frutta e verdura. A Praga, Camillo Zanotti dimenticò l’austero gregoriano per l’elaborata polifonia espressa nella più sensuale delle forme musicali: il madrigale. Quale compositore, poté godere dell’approvazione ufficiale e pubblica di Rodolfo, come testimonia l’uso dello stemma imperiale sul frontespizio delle due opere a lui dedicate. Il ruolo di vicemaestro di cappella lo si apprende dal Primo libro di madrigali a cinque voci, datato 30 aprile 1587, nella cui dedica all’imperatore dichiara di essere da alcuni mesi al suo servizio. Sul libro dei pagamenti di corte è segnato un rimborso relativo al viaggio dai Paesi Bassi, simile a quello fatto per Philippus de Monte. Se ne deduce che arrivò a Praga dopo aver viaggiato nella patria del suo maestro di cappella. La fama di Camillo Zanotti è evidente dal numero di pubblicazioni e dalla frequenza delle ristampe di sue composizioni nelle antologie musicali dell’epoca. Non paragonabile, tuttavia, alla sterminata produzione di Philippus de Monte del quale si possono contare ben 1073 madrigali, cui occorre aggiungere le composizioni sacre. Presso Angelo Gardano, stampatore a Venezia, Camillo Zanotti pubblicò nel 1587 Il primo libro de madrigali a cinque voci dedicato a Rodolfo II. Alcune rime dei madrigali musicati (Giacea la mia virtu - Volgeva ella in me - O nemica d’amor - Che non convien) appartengono al coetaneo Torquato Tasso. L’esaltazione degli istinti e la suggestione del godimento sessuale è più che esplicita in Tirsi morir volea, il cui testo del 1581 venne scritto da Battista Guarini. Le più conosciute versioni musicali dello stesso madrigale appartengono ad Andrea Gabrieli (15331585), Gesualdo da Venosa (1566-1613) e Luca Marenzio (1553-1599), ma non è da meno quella del nostro Zanotti.

Primo libro delli Madrigali a sei voci

Lo stesso maestro Philippus de Monte ne compose una versione. A mitigare gli amorosi istinti arriveranno le Messe stampate da Zanotti nel 1588. L’uso della lingua latina connota la sacralità dei testi musicati, così come la moralità della dedica indirizzata al bolognese Filippo Sega, vescovo di Piacenza. Dal gennaio 1586 all’aprile 1587, Filippo Sega fu legato pontificio a Praga consegnando a Sisto V dettagliate relazioni pessimistiche su Rodolfo II. La raccolta sacra, definita Liber primus, contiene quattro messe composte da Camillo Zanotti. Sul frontespizio appare il marchio tipografico di Angelo Gardano, con il leone e l’orso che sostengono un cartiglio. Lo stesso marchio comparirà nella successiva raccolta di madrigali. Ancora all’imperatore Rodolfo II è indirizzata la dedica del Primo libro delli Madrigali a sei voci, data alle stampe a Venezia il primo gennaio 1589, nella quale appare evidente il desiderio di non essere considerato inoperoso. Anche qui Zanotti utilizzò, in un paio di casi (Di nettare amorosa - Sonar le labbra e vi restaro), i versi del Tasso. Era consuetudine che uno stesso testo poetico venisse musicato da più compositori. Valga, come esempio, il madrigale Oh! che felice incontro su testi di autore non identificato, musicato - oltre che dal nostro -anche da Pompeo Signorucci (1571-1608). I madrigali di Camillo Zanotti penetrano i dolci antri degli umani sensi e sono distanti dai madrigali spirituali del maestro di cappella

CAMILLO ZANOTTI IL MADRIGALISTA ALLA CORTE DI RODOLFO II D’ASBURGO |

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Terzo di libro di madrigali

Philippus de Monte, il quale nutrendosi con gli ideali del Concilio di Trento spiritualizza il repertorio dell’amore umano. Nulla si conosce dell’esistenza di un secondo libro di madrigali di Camillo Zanotti. La dedica del primo libro risale al gennaio 1589, quella del terzo libro al novembre dello stesso anno. Si può quindi logicamente pensare che un secondo libro, se vi è stato, debba essere collocato fra queste due date. Le uniche parti conservate del Terzo Libro de Madrigali, con alcune Villotte à Cinque Voci sono quelle del Tenore, Basso e Quinto. Venne stampato a Venezia nel 1589 da Angelo Gardano e dedicato al cavaliere Pietro Montalbano per i favori ricevuti a Conegliano. Per alcune composizioni, Zanotti utilizzò i testi poetici ricevuti da Girolamo Montalbano, cugino di Pietro. L’autore avrebbe voluto incarnare Imeneo, autor di pace, per augurare personalmente (qui rivela anche le sue doti di cantore) la felicità agli sposi, ovvero Antonio Savorgnano e Ortensia Montalbano. I coniugi sono simboleggiati dai fiumi Monticano e Tagliamento menzionati nella prima canzone Questa del Montican leggiadr’ e bella Scesa dal Mont’ à cui diè l’Alba il nome e nella prima villotta Solo cantando in riva al Tagliamento tutto infiammato d’amoroso ardore. Al 1590 appartiene la 10

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raccolta di madrigali italiani e latini a 5, 6 e 12 voci stampata a Norimberga da Katharina Gerlachin. I Madrigalia tam Italica, quam Latina completano la produzione musicale di Camillo Zanotti ed è l’ultima opera data alle stampe mentre egli è ancora in vita. La dedica è rivolta al mecenate «Guilhelmo Ursino» (William di Rosenberg, 1535-1592) che domenica 11 gennaio 1587 sposò Polyxena di Pernštejn (1566-1642), poi principessa Lobkowicz. Le feste nuziali avvennero circa sette mesi prima che Zanotti diventasse un «servitore» imperiale, il che fa supporre che a Praga abbia praticato attività musicali non solo per Rodolfo II. Il mecenatismo di William di Rosenberg è ben conosciuto, tuttavia nel dettagliato resoconto (quasi giornaliero) della Vita di William di Rosenberg, in corrispondenza del giorno del matrimonio sono ricordati poeti, ma non si fa cenno a esecuzioni musicali. Tuttavia, la dedica latina dei Madrigalia ricorda il volto sereno del governatore della casa Rosenberg quando, in sua presenza, Zanotti diresse un coro. I madrigali in lingua latina di Zanotti potrebbero essere stati influenzati dall’incorporea spiritualità di Philippus, così che il madrigale, abitualmente in lingua italiana, vorrebbe assumere con il latino un significato moralmente più elevato. Ne è esempio il dialogo in distici


latini tra sposo (Nunc tandem, a 6 voci) e sposa (Nunc ego, a 6 voci) quale decimo brano dei Madrigalia. Vuole essere un omaggio all’unione fra Vratislav von Pernstein e Maria Manrique, matrimonio avvenuto a Vienna nel 1555. Una delle loro figlie è Polyxena della quale si è detto. Il madrigale potrebbe essere stato composto molto tempo prima del 1590, come del resto è indicato nella dedica: «Compositis diverso tempore diversisque, occasionibus quorundam huius Regni». Alba in fiorit’e amene rive, a 6 voci, su versi di Cornelio Frangipane è tra i madrigali in lingua italiana, poi riproposto nelle stampe antologiche del 1594 e 1600, intitolate Il bon bacio. L’intraprendente Ninfa sorprende il pastore Elpin che cincischiando perde tempo rinviando il significato del «bon bacio» a Venere e Amore. Sono apparse raccolte antologiche postume contenenti composizioni di Camillo Zanotti. Due brani sono nella raccolta di Gregorio Turini, anch’egli presente alla corte di Rodolfo II a Praga, intitolata Neue liebliche teutsche Lieder mit vier Stimmer, nach art der welschen Villanellen, edita a Norimberga nel 1590. Tra i 15 brani editi,

gli ultimi due sono di Zanotti. Già nel 1591 vengono diffusi cataloghi, come l’Indice delli libri di musica che si trovano nelle stampe di Angelo Gardano, nei quali si segnalano i Madrigali e le Messe a 5 voci del compositore cesenate. In tribulatione dilatasti mihi, mottetto a 8 voci di Camillo Zanotti, fa parte della raccolta Sacrae symphoniae (1598) di vari ed «eccellenti» autori. Il testo latino proviene dal Salmo 4, originariamente usato nell’ufficio di Compieta. È cantato a cappella, diversamente da altri brani della stessa raccolta che prevedevano interventi strumentali. Il mottetto, nelle sole parti di Basso e Contralto, è presente anche in un manoscritto di musica sacra della prima metà del XVII secolo conservato presso la Bibliotheca Rudolphina in Polonia. Un’altra antologia, stampata ad Anversa nel 1601, propone due brani di Camillo Zanotti. S’intitola Ghirlanda di Madrigali a sei voci, di diversi eccellentissimi autori de nostri tempi. Raccolta di Giardini di Fiori odoriferi musicali e contiene i madrigali zanottiani O quanto v’ingannate ed Empio cor. La raccolta di mottetti panegirici Odae Suavissimae, stampata nel 1602

Terzo libro di madrigali

CAMILLO ZANOTTI IL MADRIGALISTA ALLA CORTE DI RODOLFO II D’ASBURGO |

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Madrigalia tam Italica, quam Latina, nova prorsus, quinque, sex, et duodecim vocibus discriminata (Nürnberg, Katharina Gerlach, 1590)

circa, contiene 5 mottetti a cinque voci e 29 mottetti a sei voci, in gran parte di compositori attivi nella Hofkapelle imperiale di Praga. Tra questi due brani di Camillo Zanotti: Cur dum Jacobi festus ad est dies e Daemonis insidiae mundus. L’intera opera musicale, compilata da Philippus Schoendorff, era stata concepita per esprimere riverenza nei confronti del suo maestro Jacob Chimarrhaeus (15421614), elemosiniere della corte di Rodolfo II, ovvero il

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prelato che aveva l’incarico di distribuire le elemosine e le beneficenze sovrane. La raccolta non è conservata nella sua completezza. Sono pervenute le sole parti di Altus, Tenor, Bassus e Quintus. Si resta in attesa che qualche maestro di coro voglia mettere in repertorio brani del meritevole Camillo Zanotti.


Composizioni musicali di Camillo Zanotti 1587 - Il primo Libro de Madrigali a Cinque Voci. Nouamente posti in luce, Venetia, Appresso Angelo Gardano, 1587. Esemplari: PL-GD (S, A, T, B, 5). 1588 - Missarum cum quinque vocibus liber primus, Venezia, Angelo Gardano, 1588. Esemplari: A-Wn (B, 5); D-KNu (B, 5); I-FZac (manca S); PL-GD (A). 1589 - Il Primo Libro Delli Madrigali à Sei voci. Nuouamente posto in luce, In Venetia, Appresso Angelo Gardano, 1589. Esemplari: D-Rp (S, A, T, B, 5, 6); PL-GD (S, A, T, B, 5, 6); I-MOe (S, A, T, B, 5, 6); D-KNu (S, B); 1589 - Il Terzo libro de madrigali con alcune villotte a cinque voci, Venezia, Angelo Gardano, 1589. Esemplari: A-Wn (T, B, 5). 1590 - Madrigalia tam Italica, quam Latina, nova prorsus, quinque, sex, et duodecim vocibus discriminata, Nürnberg, Katharina Gerlach, 1590. Esemplari: D-Rp (S, A, T, B, 5, 6); A-Wn (S, A, T, B, 5, 6); D-FBo (S, A, T, B, 5, 6); GB-Lbl (T, 5); D-Dl (manca 6); PL-Wu (manca A), PL-WRu (A) 1590 - Gregorio Turini (Gregorium Turinum), Neue liebliche teutsche Lieder mit vier Stimmer, nach art der Welschen Villanellen, Nürmberg, Katharina Gerlachin,1590. Esemplari: D-Ga Contiene di Camillo Zanotti: 2 brani, nn. 14 e 15 della raccolta. 1594 - Madrigali Pastorali descritti da Diversi Et posti in Musica Da altri tanti Autori à Sei Voci, Intitolati il Bon Bacio. Nouamente stampati, In Venetia, Appresso Angelo Gardano, 1594. Esemplari: D-Kl (completo) Contiene di Camillo Zanotti: 1. Alba in fiorit’e amene rive. 6 v. Parole di Cornelio Frangipane 1598 - Sacrae symphoniae, diversorum excellentissimorum avthorvm. Quaternis, [...] XVI vocibus, tàm vivis, quàm Instrumentalibus accommodatae. Editio Nova,

Norimbergae, Apud Paulum Kaufmannum, 1598. Esemplari completi: Kgl. Bibl. Berlin; Bibl. Univ. Königsberg; D-KMs; Stadtbibl. Breslau; Landesbibl. Kassel; Bibl. Univ. Upsala. Contiene di Camillo Zanotti: 1. In tribulatione dilatasti mihi, 8 v. 1600 - Madrigali Pastorali Descritti da Diversi, et posti in musica da altri Autori, à Sei Voci, Intitolati il Bon Bacio, Di nouo Ristampati, & Corretti, In Venetia, Appresso Angelo Gardano, 1600. (Senza dedicatoria) Esemplare manoscritto (1840-1850): D-MÜs Esemplari in microfilm: I-Bc Contiene di Camillo Zanotti: 1. Alba in fiorit’e amene rive. 6 v. Parole Frangipane

di

Cornelio

1601 - Ghirlanda di Madrigali a sei voci, di diversi eccellentissimi autori de nostri tempi. Raccolta di Giardini di Fiori odoriferi musicali. Nvovamente posta in luce, In Anversa, Appresso Pietro Phalesio, 1601. Esemplari: B-Gub (A, B, 6); NL-DHsch (C, T, B, 6); GB-Lbma (C, A, T, B) Contiene di Camillo Zanotti: 1. O quanto v’ingannate 2. Empio cor [1610] Odæ svavissimæ in Gratiam et Honorem Admodum Reverendi ac Illustris Domini D. Jacobi Chimarrhaei Ruremundani S. C. M. Supremi Eleemosynarii A Diversis excellentissimis Musicis partim V partim VI voc. decantatae, [Praga], s.d. Esemplari: D-Rp (A, B, 5), D-W (T) Contiene di Camillo Zanotti: 1. Cur dum Jacobi festus ad est dies. 6 v. 2. Daemonis insidiae mundus. 6 v. 1604 - Madrigali Pastorali a sei voci descritti da diversi et posti in Musica da altri tanti Auttori. Di novo stampati, in Anversa, Appresso Pietro Phalesio, 1604. Esemplari: F-Pn (S, A, T, B, 5) Contiene di Camillo Zanotti: Lasciando lui il Pastore. Parole di Cornelio Frangipane N.B. Per le sigle adottate cfr. il RISM (Répertoire International des Sources Musicales).

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Storia

Il coro nel melodramma La storia, la vita, il fascino di quest’arte

DI MATTEO UNICH E MARIALUCE MONARI Direttori di cori lirici

Il coro, inteso come gruppo di persone che cantano insieme, ha una sua storia riccamente documentata fin dall’antichità. Da quando si fa musica, l’essere umano si è servito dello strumento più semplice, intuitivo e “vicino”, ossia la propria voce, per esprimere le emozioni e i sentimenti. Fin dall’antica Grecia (e prima ancora, nell’Egitto dei Faraoni) il coro è stato espressione di umanità ora festosa ora dolente, ora eroica, ora vile. Il trionfo del coro, reso protagonista assoluto dell’espressione musicale, si ha a partire dal canto gregoriano, dove l’omogeneità delle voci simboleggia l’unità della Chiesa e prosegue con la polifonia, massima espressione corale dei secoli passati, dove il moltiplicarsi contrappuntistico delle parti rende indispensabile, nelle cappelle delle Cattedrali e nelle corti principesche, l’uso di cantori professionalmente formati e retribuiti, spesso anch’essi compositori di livello. Giunti al culmine si può solo decadere e nel XVI secolo il prepotente ritorno della monodia, che permetteva un ingente risparmio economico oltre al vantaggio di comprendere le parole che venivano cantate, porta l’espressione corale nell’ambito del dilettantismo, sia pure evoluto. È in questa linea che si arriverà alle soglie del XIX secolo, precisamente nel 1809, alla fondazione a Berlino della prima società corale “amatoriale”, cui seguirà, su questo esempio e grazie al movimento nato in Francia con Gounod e De Rillé pochi anni prima, la prima corale orfeonica italiana nel 1876. Una grande storia italiana Nel frattempo, il coro non è… stato zitto, anzi. A partire dai primi, timidi esperimenti della Camerata fiorentina, con 14

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Peri e Caccini, proseguendo con l’Orfeo di Monteverdi, il melodramma si è prepotentemente impossessato della scena musicale europea, inglobando in esso la coralità come espressione di sentimenti di folla o di popolo. Monteverdi affida al coro i ruoli di ninfe e pastori, poi la personificazione degli spiriti infernali. L’utilizzo è ancora rinascimentale, a cinque voci, in omoritmia o in contrappunto, talvolta a cappella, talaltra accompagnato dal continuo. Il melodramma diventa quindi l’ambito naturale del coro, presentato nella sua veste più sontuosa. Nello sfarzo dell’opera barocca, il coro è elemento indispensabile, ma con il diffondersi dell’opera buffa e la costruzione di teatri d’opera a pagamento, dove l’impresario mira più al guadagno che alla resa artistica, con dislocamento in città sempre più piccole, il coro diviene un elemento di costo e spesso fortemente limitato, se non addirittura omesso (ne è esempio una delle più celebri opere buffe italiane del Settecento, Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa). Ecco che in questi piccoli centri il coro professionale viene sostituito da elementi volontari o pagati il minimo, in ogni caso dilettanti evoluti. Ben altro trattamento riceve contemporaneamente invece nell’ambito sacro, dove nell’oratorio resta elemento fondamentale: basterebbe pensare allo Jephte di Giacomo Carissimi, ai grandiosi brani delle Passioni di Johan Sebastian Bach o del Messiah di Georg Friedrich Händel, proseguendo lungo la linea temporale con i Requiem di Mozart (e le diciotto Messe scritte da quest’ultimo), lo Stabat Mater e la Petite Messe Solennelle di Rossini. A partire dall’inizio del XIX secolo il coro ricomincia ad avere una sua dignità ben precisa, tanto che in molte opere del primo Ottocento troviamo, dopo l’ouverture, il brano introduttivo affidato ad esso, come prologo o per descrivere la situazione in essere. Finisce per diventare un topos: lo troviamo per esempio nel Guillaume Tell di Gioacchino Rossini, nella Sonnambula e nella Norma di Vincenzo Bellini, nell’Elisir


Edgar Degas, Les choristes (1877, Musée d’Orsay); il dipinto probabilmente ritrae un allestimento parigino del Don Giovanni di Mozart

d’amore di Gaetano Donizetti, nelle prime opere di Giuseppe Verdi, compreso quel Nabucco dal quale avrà inizio la sua carriera internazionale, sino all’Otello, penultima opera del genio di Busseto, dove un coro iniziale – in assenza di preludio – ci conduce subito in medias res, in Carmen di Bizet e così via. A questo genere di topos, si alternerà però l’utilizzo drammaturgico del coro, laddove la situazione drammatica ne richiede la presenza. Nel Rigoletto, dopo il sintetico preludio, c’è un dialogo tra il Duca di Mantova e un cortigiano, nella Traviata il coro è in scena ma dopo poche battute cede il passo a Violetta, nel Trovatore abbiamo il coro che dialoga con il personaggio di Ferrando, per narrare la vicenda (analogamente a quanto Donizetti aveva fatto in Lucia di Lammermoor), in Cavalleria rusticana dove Turiddu dedica una stornellata a Lola, in Pagliacci dove è il personaggio del Prologo che ci narra quanto avverrà. Torniamo un attimo su Verdi anche per indicare alcune

caratteristiche del coro operistico che vi incontriamo. Dall’iniziale uso monteverdiano, gradualmente il coro si fa meno indipendente nelle parti, non più avvezzo alla polifonia contrappuntistica, diventando spesso omoritmico; si giunge poi ad un’elasticità totale, per cui si possono alternare nello stesso brano momenti all’unisono (più correttamente in ottava quando sono presenti voci sia maschili sia femminili) per passare improvvisamente a più voci. Prendiamo in esame il coro operistico per antonomasia, il Va’ pensiero: tutta la parte iniziale è all’unisono, giunti ad Arpa d’or si passa bruscamente a sei voci (soprani primi e secondi, contralti, tenori primi e secondi, bassi); alle parole oh t’ispiri si ritorna all’unisono fino all’ultimo al patire virtù nuovamente a sei voci. Non c’è da annoiarsi. Ricordiamo che poco dopo l’inizio dell’opera c’è un coro, Lo vedeste, che è articolato interamente su frammenti di scala cromatica discendente in stile imitativo. IL CORO NEL MELODRAMMA |

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I pertichini Il coro non si limita a commentare con brani separati le vicende che si svolgono in scena, ma spesso è chiamato a intervenire (tramite i cosiddetti pertichini) nelle arie e nelle romanze dei personaggi principali. Tra i brani più celebri nei quali interviene il coro possiamo ricordare Casta diva dalla Norma di Bellini, Bel raggio lusinghier della Semiramide di Rossini, O Isis und Osiris dalla Zauberflöte di Mozart, Nessun dorma dalla Turandot di Puccini e i celeberrimi Libiamo nei lieti calici della Traviata e la cabaletta Di quella pira dal Trovatore di G. Verdi. Meno di frequente accade che siano i solisti a intervenire nel bel mezzo di un brano corale (A fosco cielo della Sonnambula di Bellini, Scorrendo uniti dal Rigoletto e Noi siamo zingarelle della Traviata di Verdi ecc…). Si dà anche il caso intermedio, del coro che dialoga direttamente con un solista su base di pari importanza: come citato sopra, nella Norma il brano di apertura dopo la sinfonia, Ite sul colle o druidi, vede il basso (Oroveso) interagire con le sezioni maschili, idem l’apertura del Trovatore, anch’esso già citato, L’atra magion vedete nel Simon Boccanegra sempre di Verdi, e altri ancora, per sfociare nei brani più coinvolgenti, i celeberrimi concertati, in cui il coro diventa uno dei protagonisti e con loro dialoga e s’intreccia. Dall’Italia all’Europa Allarghiamo geograficamente i nostri orizzonti e andiamo ad osservare le composizioni dei nostri vicini. Considerando intanto che la diffusione del melodramma è paragonabile a un incendio in un mucchio di foglie secche (già nel 1637, trent’anni dopo la prima dell’Orfeo, apre a Venezia il teatro San Cassiano, primo locale a pagamento, si componevano opere già in tutta Europa), non c’è da stupirsi se nei primi tempi i modelli fossero quelli originali italiani. Dopo poco però le istanze nazionalistiche si fanno sentire, dando origine a svariati generi operistici, che si discostano dal melodramma italiano soprattutto per due caratteristiche principali: l’uso della lingua locale e i recitativi parlati a scapito di quelli cantati; vale per l’opéra comique in Francia (con la celebre querelle des bouffonistes et des antibouffonistes), per il masque in Inghilterra, per la zarzuela in Spagna e per il Singspiel in area tedesca. Raramente in questi generi troviamo cori importanti, anche se Henry Purcell ne fa buon uso in The fairy tale, mentre un bel po’ di tempo dopo troveremo importanti cori nei Singspiele di Wolfgang Amadeus Mozart (Die Zauberflöte) e di Carl Maria von Weber (Der Freischütz). Nell’opéra comique invece è d’uopo ricordare la Carmen, capolavoro di Georges Bizet, dove il coro è importantissimo ed assume 16

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i connotati di un vero e proprio personaggio. Da ricordare inoltre in Francia lo sviluppo grandioso del grand opéra in cinque atti, con grandiosi cambi di scena, balletti e – ovviamente – grande profusione di cori; come esempio porteremo Les Huguenots di Giacomo Meyerbeer e La juive di Fromental Halévy. Al fascino del grand opéra ricordiamo che non resistettero neppure Rossini (Guillaume Tell), Donizetti (La Favorite e Dom Sébastien) e Giuseppe Verdi (Jérusalem, Les vêpres siciliennes e Don Carlos). In area tedesca, oltrepassati i citati Mozart e Weber, arriviamo a Richard Wagner, il grande antagonista (soprattutto in Italia) di Giuseppe Verdi. Contrariamente al suo coevo Verdi, incline a valorizzare i sentimenti popolari e di massa, Wagner è più cantore di eroismi individuali e mitologici e questo dualismo ha sicuramente generato confronti e amori passionali per l’uno o l’altro compositore. Alcuni brani corali delle opere wagneriane sono comunque impressi nella memoria di tutti e su tutti citeremo il coro Lieti e fedel (come riporta il testo della prima esecuzione nazionale a Bologna) che apre il terzo atto del Lohengrin, una vera e propria marcia che accompagna il corteo nuziale e che a tal fine è ormai utilizzato nei matrimoni civili e religiosi. Ricordiamo poi l’altrettanto conosciuto coro dei pellegrini del Tannhäuser, ripreso anche come tema portante della celebre ouverture. Importante è anche l’uso del coro nei Meistersinger von Nürnberg e nel Parsifal, ultima opera del genio di Lipsia. Gli eredi di Giuseppe Verdi e il Verismo Torniamo in patria per dare un’occhiata ai musicisti coevi o immediatamente successivi a Verdi. Ricordiamo anzitutto Amilcare Ponchielli e la sua Gioconda, opera molto bella, con brani corali splendidi, compresa una meravigliosa quanto misconosciuta Marinaresca con la parte dei soprani raddoppiata dal coro a voci bianche. A proposito di quest’ultimo, non compare spesso nell’ambito del melodramma: le opere più famose tra queste Carmen, la citata Gioconda, Otello di Verdi, La Bohème, Tosca e Turandot di Puccini, Mefistofele di Boito. Allievo di Ponchielli, è il più noto degli operisti post-verdiani: parliamo di Giacomo Puccini, che fa uso intenso dei cori, anche se in modo meno clamoroso del Bussetano. Molto belli ma difficilmente separabili dalla rappresentazione integrale sono quelli di Manon Lescaut e del secondo e terzo atto della Bohème. Rarefatto ma importante l’uso del coro nella Tosca, con una menzione particolare per la cantata fuori scena (a sei voci con soprano solista) nel secondo atto. Celeberrimo il coro a bocca chiusa della Madama Butterfly (forse quello più facilmente separabile dal tessuto connettivo dell’opera), mentre


Nabucco di Verdi al Teatro Bonci di Cesena, Corale Lirica San Rocco

drammaticamente splendidi sono i cori della Fanciulla del West e di Turandot. Altro allievo di Ponchielli è Pietro Mascagni, celebre per l’atto unico Cavalleria rusticana, che fa largo uso del coro. Vale la pena ricordare il Regina coeli che sfocia nell’Inneggiamo con soprano solista, che inizia a cinque voci a cappella alternandosi con il coro interno, proseguendo poi gradualmente tra momenti all’unisono e imitazioni canoniche fino alle sette voci del finale. Vogliamo ricordare anche l’Inno al sole, che risalta nella coralità dell’opera Iris e la Marinaresca all’inizio del Silvano. Arrigo Boito, ultimo librettista di Verdi, è stato anche compositore di alto livello, ma preso com’era da mille attività è riuscito a comporre un’opera… e mezzo, lasciando incompiuto il Nerone. Nel capolavoro Mefistofele i coristi sono chiamati al più abile dei trasformismi, passando disinvoltamente da angeli a demoni, da popolani a fedeli in preghiera… come detto sopra, occorre elasticità. Citeremo senza ordine Ruggero Leoncavallo e i Pagliacci, con il godibilissimo coro delle campane, Alfredo Catalani, con la Wally e Lorelei, Umberto Giordano con Andrea Chénier e Fedora, Ildebrando Pizzetti con Assassinio nella cattedrale, tutte opere nelle quali il coro ha brani di livello. Bisogna però ammettere che la cosiddetta generazione dell’Ottanta (Casella, Malipiero, Respighi, lo stesso Pizzetti ecc…) ha raramente dato lustro al coro nelle sue produzioni melodrammatiche, forse proprio con l’eccezione del citato Pizzetti. I cori lirici in Emilia-Romagna E al giorno d’oggi com’è la situazione dal punto di vista esecutivo? In Emilia-Romagna abbiamo due cori professionistici (ovviamente legati ai teatri Comunale di

Bologna e Regio di Parma) e alcuni cori prettamente lirici o che praticano, almeno parzialmente, musica lirica. Come detto, il repertorio del melodramma richiede formazione vocale accurata, anche una certa conoscenza della tecnica del canto. Peraltro, anche il più abile dei cori amatoriali farà fatica a portare in pubblico determinati brani senza un’adeguata preparazione e un numero di elementi piuttosto elevato, condizioni, queste, sempre più difficili da trovare. Un’ulteriore difficoltà la troviamo quando il coro si presenta in teatro per partecipare ad una rappresentazione d’opera in forma scenica. In questo caso, prima di tutto dobbiamo affrontare il problema del ricordare a memoria tutte le parti, e sottolineo tutte: talvolta il coro canta solo una parola, o una breve frase, e bisogna ricordarsi le parole, la nota, il ritmo… uno sforzo mnemonico non indifferente. In aggiunta, in una rappresentazione scenica va tenuto presente anche l’aspetto del movimento scenico: il coro deve sapere quando entrare, quando uscire, dove mettersi, magari indossando costumi ingombranti, e sempre con la necessità di guardare il direttore; magari il regista li fa salire su una scala mentre cantano. Occorrono ore, giorni di prove sceniche, costumi su misura, posizioni studiate. Un’impresa davvero notevole, ma che riempie talmente di soddisfazione, che vale la pena affrontarla. Il fascino del palcoscenico è sempre in agguato e avviluppa chi lo calca con la sua intrigante bellezza. Il melodramma è l’opera d’arte più completa, più totale, l’esperienza artistica più coinvolgente che si possa trovare. È canto, è scena, è recitazione, è musica sublime. Diamoci da fare.

IL CORO NEL MELODRAMMA |

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Didattica

Giro in tondo 3 «La musica altro non è che la sostanza dei rapporti armonici che devono regnare fra cielo e terra» (Marius Schneider)

DI TULLIO VISIOLI Compositore e docente di Musicologia e Didattica della Musica presso l’Università LUMSA di Roma A Lucca è presente, come in molte altre città e località italiane, una vivace e frequentatissima scuola di musica associativa che ha un nome molto eloquente: Sinfonia. Da diversi anni ho il piacere di essere invitato a tenere corsi di formazione agli operatori di Sinfonia che realizzano progetti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Ogni anno, questi corsi ospitano, oltre al sottoscritto, figure di primissimo piano nel settore della didattica e pedagogia musicale, come Paola Anselmi, Anna Maria Freschi, Ciro Paduano, Marcella Sanna e, naturalmente, la musicista lucchese Caterina Mancini, ideatrice, animatrice instancabile e coordinatrice dell’intero progetto. Questo dimostra la cura di un fruttuoso rapporto col territorio e le istituzioni educative che, in vista di un auspicabile piano nazionale di educazione al suono e alla musica, dovrebbe funzionare da modello e motivare l’attuale Ministero dell’Istruzione e del Merito ad affidarsi con fiducia a una vasta rete di realtà associative ben distribuite sul territorio nazionale che, da sempre, svolgono con impegno, competenza e passione questo tipo di attività, colmando così un incredibile e annoso vuoto istituzionale. Una soluzione troppo semplice per le abitudini italiane? Eppure, dobbiamo moltissimo all’intraprendenza e alla determinazione di musicisti, didatti e operatori di questo settore che sfidano continuamente la precarietà economica di questo lavoro e, non poche volte, anche l’incomprensione di chi si ostina a ignorare le valenze formative di un’esperienza musicale universalmente diffusa e condivisa. L’obiettivo è di portare concretamente le attività musicali nella fascia 0 -10. Basterebbe fare un censimento delle realtà associative distribuite sul territorio italiano e affidare loro qualcosa che da decenni gestiscono in maniera professionale, innovatica e costantemente 18

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DIDATTICA

aggiornata. Tra l’altro, come ho già accennato, queste realtà promuovono anche la formazione di operatori musicali che intendono specializzarsi in questo particolare settore, di cui i Conservatori italiani, in linea di massima, non si sono mai curati. Quest’anno, uno degli obiettivi principali del percorso formativo da dedicare alla scuola primaria, era quello di portare i bambini presso il meraviglioso Teatro del Giglio di Lucca, per cantare tutti insieme una selezione di

Girotondo a Lucca

Girotondo da fare a Lucca la cipolla lo disse alla zucca girotondo che adora il canto che si addice a chi ride tanto! Girotondo, giro, girotondo Girotondo, giro, girotondo Girotondo di piazze e di mura mi nascondo fin tanto che dura! Girotondo di merli e di torri non ti acchiappo fin tanto che corri girotondo di chiese e cortili da riempire con voci sottili Girotondo, giro, girotondo Girotondo, giro, girotondo Girotondo di piazze e di mura mi nascondo fin tanto che dura!


canti scritti appositamente per questa occasione. Stiamo parlando di 600 bambini accompagnati per l’occasione da un ensemble di musicisti che riuniva i docenti della Scuola di musica Sinfonia. Questo, visivamente parlando, significa trovarsi sul palco e contemplare il teatro completamente colmo di bambini (con le relative maestre e maestri). La manifestazione, che si è svolta la mattina di venerdì 28 aprile dell’anno in corso ha avuto grande successo e, molto probabilmente, avrà un seguito anche negli anni a venire. Una delle finalità essenziali era anche quella di proporre canti a misura di bambino, per estensione e grado di difficoltà, perciò facilmente realizzabili e al tempo stesso in grado di convolgere e interessare questa grande e appassionata platea. Uno dei canti proposti è un girotondo scritto appositamente per la città che ospitava il concerto: Girotondo a Lucca. Musicalmente parlando, nella scrittura mi sono divertito ad alternare atmosfere modali (che suonano un po’ medievali) a passaggi (il ritornello) su cadenze spiccatamente tonali (I-IV-V-I), con una transizione che precede il ritornello (girotondo giro, girotondo...) su modo lidio di RE per preparare con una cadenza a carattere plagale (VIIb-I) il ritornello decisamente in MI maggiore. In pratica, dai grandi autori che si cono occupati di musica per l’infanzia, ho appeso a giocare sul rapporto figura-sfondo: la melodia (che corrisponde alla figura) può essere comodamente cantabile, mentre l’armonia (lo sfondo) può permettersi una maggiore

mutevolezza e creare delle variazioni a sorpresa. Da misura 25 a misura 28 è possibile aprire un spazio di improvvisazione strumentale ad libitum, utilizzando ogni sorta di strumenti, a partire dagli strumenti a partire dagli strumenti a barre (xilofono, metallofono, glockenspiel) sulla scala di RE dorico, che si profila su due triadi alternate (RE minore e DO maggiore). Nello schema qui riportato ho indicato le due scale utili per impostare un’improvvisazione. La prima RE dorico, si può utilizzare sempre e, grazie alla sperimentazione si troveranno le soluzioni migliori. La seconda si può utilizzare sulle battute pari, alternandola alla prima, a causa del Sib che nella battute dispari può creare una dissonanza con l’accompagnamento pianistico (il SI naturale del 4° tempo alla mano destra). Di solito, quando si improvvisa, all’inizio si usano tantissime note, tutte fitte, poi, in seguito, ci si rende conto che è molto più efficace delineare delle linee ben definite e cantabili. Non aggiungo altre osservazioni, perché dalla prima si potranno comprendere mille altre cose. Ho scritto anche una linea da affidare agli strumenti gravi che gioca sulle note dei due accordi, creando varietà nella configurazione degli stessi e stimolando alla ricerca di altre possibili soluzioni. Un saluto cordiale e sempre buona musica! Tullio Visioli tulliovis@tiscali.it

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Un Coro per tutti

Le voci della bellezza Coralità tra improvvisazione e musicoterapia

DI SIMONA BANDINO Cantante, didatta, musicoterapista

L’incontro con la bellezza è una parte imprescindibile della nostra esperienza umana: sollecita un cammino interiore, provoca una ricerca di senso e ci interroga su ciò che cerchiamo e desideriamo. In assenza di bellezza l’anima smarrisce la strada e per ritrovarla è necessario un nuovo incontro, capace di raggiungerci, toccarci e smuoverci nel profondo. Nonostante questi presupposti l’importanza della dimensione estetica nel lavoro terapeutico non è di fatto menzionata. Tuttavia, i momenti di bellezza sono terapeutici nel senso più vero: ci rendono consapevoli dell’anima e ci portano a prenderci cura del suo valore. Ciò non implica che automaticamente il fine della terapia debba essere il raggiungimento di un prodotto estetico, bensì la cura, la riabilitazione. Il processo estetico e il processo terapeutico hanno, infatti, un intrinseco reciproco rapporto. Laddove l’obiettivo è la terapia del paziente, cioè un cambiamento possibile della sua vita, si può utilizzare l’arte, o meglio il fare arte in prima persona, perseguendo la ricerca del bello. L’atto artistico si tramuta, quindi, nel fare sé stessi, in un processo organizzativo interiore. Come avviene in psicoanalisi, così davanti all’opera d’arte viene messo in atto un processo creativo associato a un processo introspettivo, non solo in relazione al proprio passato, ma anche rispetto al futuro, al progettarsi, allo scoprire nuove possibilità, una direzione, infine un senso. L’esperienza sensoriale assume un carattere emotivo, ridefinendo la realtà, rendendo possibili dei cambiamenti, permettendo una maggiore armonizzazione della propria vita. Questo è sicuramente un obiettivo primario in musicoterapia, risalendo alla concezione originale della 24

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parola terapia, dal greco θεραπεία, cioè ‘‘prendersi cura’’, non solo in termini di guarigione, ma come un’esplorazione del senso dell’esistenza, che possa condurre verso una più genuina e libera espressione di sé, così da riscoprire un progetto esistenziale riconosciuto come proprio. Il processo descritto sopra può verificarsi anche al di fuori di un contesto terapeutico propriamente detto, come nel caso di un’esperienza musicale profonda volta alla ricerca della bellezza, finalizzata all’esibizione pubblica o alla mera formazione artistica. La musica, infatti, costituisce uno strumento catalizzatore nell’incontro con la bellezza: essa attrae l’uomo e suscita emozioni che comportano un’attivazione sensoriale e motoria e un’auto-percezione gratificante e positiva. Inoltre, scatena da un lato un’esperienza regressiva, permettendo di recuperare sensazioni ed emozioni dimenticate, anche previe all’elaborazione logica e verbale, e dall’altro un’esperienza progressiva, agendo sulla crescita della capacità espressiva e comunicativa e nell’armonizzazione e strutturazione di sé. Il potere della musica è, in sostanza, quello di organizzare l’esperienza estesica e la sensorialità in percezioni estetiche, che forniscono una prima luce, prelogica, su fatti psichici non decifrabili, aprendo alla conoscenza simbolica; questo accade attraverso un’esperienza creativa, non tramite un procedimento mentale, logico, intellettuale. Se la musica ha un’influenza di tale portata sull’individuo, una ricerca di bellezza all’interno della stessa può essere compiuta in maniera ancora più profonda con la voce e, nel dettaglio, attraverso la coralità. La voce è la nostra impronta digitale musicale: il nostro “suono” nel mondo. Una delle caratteristiche più peculiari della voce è che non ne esiste alcuna identica ad un’altra, così come unico e irripetibile è ogni essere umano. Un cammino di ascolto profondo della propria voce diventa allora uno strumento della riscoperta di sé,


per scorgere la propria anima e coglierne la bellezza. In questo viaggio, l’esperienza di un percorso condiviso, e non individuale, è la condizione privilegiata di incontro con la bellezza. La coralità diventa relazione, incontro, rispecchiamento, dialogo, condivisione, rassicurazione, scoperta di sé; citando Galimberti, “l’individuo si costituisce a partire da una relazione e non come individualità isolata che instaura relazioni”. Le potenzialità del percorso diventano ancora maggiori quando il processo creativo è vissuto in prima persona, cioè quando la creazione artistica si esprime in modo attivo e personale, come nell’improvvisazione. L’improvvisazione è uno strumento fondamentale in musicoterapia: rappresenta uno degli ‘’usi’’ della musica più efficaci in termini terapeutici in quanto espressione privilegiata per la rappresentazione del mondo interno del soggetto. L’impiego dell’improvvisazione nella musica corale è un ambito ancora poco esplorato in Italia, sia nel contesto musicale che in quello musicoterapeutico, nonostante - in quest’ultimo campo - importanti studi di neuroscienze della voce abbiano evidenziato come l’improvvisazione corale comporti notevoli benefici psicofisici. Sia in ambito europeo che americano l’improvvisazione vocale ha trovato invece da tempo una diffusione considerevole, incluso il campo didattico. Essa costituisce, infatti, un pilastro essenziale nel campo dello studio corale, poiché comporta numerosi vantaggi, tra cui il miglioramento dell’intonazione, dell’espressività e delle capacità vocali e tecniche. L’improvvisazione vocale collettiva si caratterizza per la totale estemporaneità del processo compositivo, essendo non soggetta al rispetto pedissequo di partiture predefinite ma sostituendo ad esse un’attenzione accurata all’ascolto,

una comunicazione empatica e una ricerca sonora vocale assoluta. Nella mia carriera ho avuto modo di approfondire le caratteristiche comuni tra l’approccio del musicista e del musicoterapista grazie ai musicisti e didatti americani della scena improvvisativa di Chicago. È stato sorprendente cogliere le somiglianze tra la ricerca sonora di Roscoe Mitchell, famoso improvvisatore della scena del freejazz americano, e la metodologia della ‘’voce-persona’’ di Padre Giovanni Maria Rossi, precursore degli studi sulla voce in musicoterapia in Italia: si scorgono un atteggiamento di ascolto del respiro e del suono come strumenti di espressione del sé e, allo stesso tempo, un atteggiamento di ascolto dell’Altro quasi contemplativo, rivolto al cogliere un’essenza di Bellezza in ogni espressione sonora. Inoltre, la metodologia della Conduction di Butch Morris, fondata sull’ascolto reciproco e l’interazione costante tra strumentista e direttore e sulla partecipazione del gruppo al processo creativo, ha chiari rimandi alla metodologia della musicoterapia. Pone, difatti, le sue basi non sulla direzionalità dell’approccio del musicoterapeuta, ma sulla sua figura di facilitatore nello sviluppo di un processo creativo/terapeutico. Sono questi gli elementi che mi hanno portato a realizzare un approccio alla coralità che integri le esperienze, così come naturalmente avviene nella musica e anche nell’uso della stessa nella terapia. In particolare, per l’ambito musicoterapeutico, il progetto “Le voci della bellezza” realizzato presso l’Ospedale Oncologico “Businco” di Cagliari per le pazienti oncologiche, il progetto di improvvisazione corale realizzato all’Università della Terza età di Sanluri, i Laboratori per il benessere “InCanto” e i laboratori per i giovani. Per l’ambito musicale, i laboratori a supporto dei cori polifonici e il progetto LE VOCI DELLA BELLEZZA |

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musicale “Do ut Des” di improvvisazione vocale collettiva. Ogni percorso, musicale, didattico e terapeutico, che ho realizzato e realizzo, parte dalla scoperta dell’unicità della propria voce in un cammino di esplorazione del suono attraverso l’ascolto consapevole delle vibrazioni ad esso connesse, degli spazi di risonanza che crea. È uno percorso di ricerca della dimensione più intima del suono, che rappresenta l’elemento principe per chiunque si occupi di canto, spesso sacrificata a favore della tecnica vocale propria di uno stile. È uno spazio di relazione empatica, luogo privilegiato dove si riconoscono le singolarità di ognuno e si costruisce un’identità di gruppo, a partire dall’ascolto reciproco e dall’incontro tra le voci. Addentrandosi nei dialoghi sonori generati dalle improvvisazioni, il risultato creativo diventa s tr umento cardine d i es p re ssione di sé e com unicazion e a u t e n t i c a . L ’ i n c o n t r o d ell’unicità del l e singole voci e la nascita del suono di gruppo e della forza espressiva scaturita dall’improvvisazione permettono di costruire uno spontaneo intrecciarsi di vissuti emotivi e libertà creativa, generando spontaneamente maggiore ricchezza sonora e libertà nella vocalità e regalando uno stato di benessere a sé stessi e a chi ascolta. Ciascun progetto si realizza ogni volta in modo sorprendente, per l’esclusività dell’identità vocale di ognuno dei partecipanti, e la ricerca si nutre di volta in volta di nuovi aspetti da cogliere perché divengano parte integrante del gruppo. L’incontro sincero delle voci che improvvisano ha aperto le strade a nuovi modi per ritrovare l’altro, per sperimentare nuovi spazi comunicativi, nuovi modi di ascoltare e ascoltarsi, e ha portato consapevolezze inaspettate e un nuovo modo di rapportarsi all’altro e a sé. In particolare, il progetto dei ragazzi ha avuto dei risultati sorprendenti grazie alla presenza nel gruppo di un ragazzo affetto da totale sordità a un orecchio. Questo ha portato ad accogliere, poi sperimentare e condividere insieme il suo modo di ascoltare il mondo, fatto di percezioni tattili, corporee e visive, 26

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che hanno consegnato ai ragazzi un nuovo strumento di accettazione di sé e inclusione dell’altro. Se alla base di questo lavoro si pone, da un lato, il postulato di una concezione estetica che attribuisce un luogo privilegiato al processo d’improvvisazione istantanea facendo di ogni concerto un momento irripetibile e rivolto alla stimolazione di una nuova ricerca verso sé, dall’altro richiama la necessità di un risultato compositivo che si fondi sull’idea di autenticità estetico/musicale. Il progetto è così culminato in un concerto finale fatto di momenti di grande impatto emotivo e di esperienza sonora profonda e toccante. Il risultato è stato sbalorditivo: il mondo che risveglia l’incontro delle voci che improvvisano insieme è difficile da tradurre in parole; è una dimensione dove il tempo si dilata, dove l’ascolto diventa un’esperienza non solo uditiva ma del corpo in ogni sua fibra. Dal punto di vista puramente musicale il coro, pur non possedendo c o m p e t e n z e musicali specifiche, ha realizzato spontaneamente delle armonizzazioni di grande difficoltà, guidato da una potenza creativa derivata dall’ascolto profondo di ciascuno n e i c o n f r o n t i dell’altro, in un incontro di voci che pareva seguire uno spartito già composto e che, invece, portava a compimento l’esigenza di ritrovarsi tutti insieme in un solo corpo e una sola voce, la voce della Bellezza. «L’improvvisazione è un viaggio verso di sé: un viaggio di cui non conosci la meta, le coordinate e non sai dove stai andando. Provi una strada, organizzi un percorso ma dopo tanti tentativi ti rendi conto che torni sempre alla posizione originaria, che non stai andando da nessuna parte. Allora ti fermi, chiudi gli occhi: ascolto il cuore battere, il sangue scorrere nelle vene e il respiro si placa. Ora la strada è più chiara. Succede all’improvviso qualcosa che va al di fuori del controllo e della ragione. Una vibrazione impercettibile, un rumore apparentemente insignificante, un sussurro molto semplice diventa parte di un’armonia che non ti appartiene e comincia ad assumere senso in connessione con l’altro. È questo che fa la musica, scava in maniera


UNA CANZONE DOLCISSIMA MORBIDA COME UN BIGNE’ PIU’ DEL GELATO, DEL CIOCCOLATO, UNA CANZONE PER TE!

indiscriminata tra i cocci di vetro e le cicatrici nascoste del corpo, si fa spazio e dà luce alla parte più vergine della tua anima, la porta in superficie e ad un tratto non esiste più paura. Il mondo esterno non conta più. Non esiste il tempo, il dolore, la vergogna, l’inadeguatezza; danzi sopra un filo sottile e ti senti libero di essere quello che sei davvero. Niente più maschere. L’improvvisazione per me è stato questo: un viaggio nascosto verso me stessa, alla ricerca della parte più pura di me messa a disposizione degli altri. Un’avventura meravigliosa e a volte dolorosa che solo i più coraggiosi osano intraprendere». (dagli scritti di Michela, una ragazza che ha partecipato al progetto). «La musica forma la persona, è l’origine della vita; la musica è colore, vitalità, e con lo strumento delle voci si hanno sensazioni diverse. La potenza del canto è sorprendente, ha la capacità di infonderti sicurezza e in certi momenti ti fa tornare bambino... sospiro respirando... la gioia

diventa come una membrana di vita felice. Il contatto con le voci mi dà consapevolezza della bellezza che mi circonda. È bello condividere le emozioni che scaturiscono dall’osservare il nostro stare bene insieme. Il canto che abbiamo fatto è ritmo, euforia, è un esperimento fenomenale... è come una sinfonia che ti fa vivere ricordi passati e in certi momenti ti fa tornare bambino. La passione per il canto sembrava un miracolo. Capita spesso di sentirsi inadeguati e incapaci di fronte alla bravura di chi ci sta intorno, ma poi, come per magia, con i giusti stimoli e la voglia di provarci, scopriamo che noi tutti abbiamo qualcosa da dire. E allora, raggiungi la felicità con la passione, metti le ali, prendi il volo... e butti giù tutte le sofferenze della vita». (dagli scritti delle partecipanti al Laboratorio di Musicoterapia “ImproCoro”: coro di improvvisazione dell’Università della Terza Età di Sanluri).

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Musica dell’anima

Alma Redemptoris Mater Musica, testo e spirito nell’esegesi di un’antifona gregoriana

DI FABIO CIAPONI Compositore

Ogni tempo liturgico ha una antifona mariana propria. Il Regina Cæli è subito associato alla Pasqua, poiché è l’unica antifona di cui la riforma liturgica ha mantenuta vincolata l’esecuzione. Le altre, mancando una rubrica specifica nei testi post-Vaticano II, sono divenute apolidi liturgici. Tuttavia la tradizione e l’orazione che una volta seguiva il canto di queste antifone ci insegnano che l’Alma Redemptoris Mater accompagnava tutto il tempo che andava dai primi vespri d’Avvento al 2 febbraio, lasciando il posto all’Ave Regina Cælorum, eseguita dal 3 febbraio ai vespri del Mercoledì Santo. Come il Regina Cæli, anch’esse hanno una forma ornata (o solenne o monastica che dir si voglia). In queste righe prenderemo in analisi il tono simplex dell’Alma Redemptoris Mater. Il testo originale e una sua traduzione - non liturgica recitano: Alma Redemptoris Mater, quæ pèrvia cœli porta manes et stella maris, succùrre cadènti, sùrgere qui curat, pòpulo: Tu quæ genuìsti, Natura mirante, tuum sanctum Genitorem, Virgo prìus ac postérius, Gabrielis ab ore sumens illud “Ave”, peccatòrum miserére. O Ricca e Dispensatrice di Vita Madre del Redentore, che ci sei accessibile Porta del cielo e Stella del mare, soccorri il popolo cadente, che vuole rialzarsi. Tu che, quando accogliesti l’Ave dalla bocca di Gabriele, hai generato, Vergine prima e dopo, il tuo santo Genitore nella contemplazione ammirata del Creato, abbi pietà dei peccatori. 28

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È subito chiaro che l’invocazione orante viene rivolta alla Vergine in quanto Madre di Cristo. Come tale è infatti evocata sin dal primo verso: Redemptoris Mater. Segue poi la riflessione sul mistero della sua divina maternità grazie a brevi incisi in cui è raccontata tutta la vicenda pre e post natalizia. Come interpretare, cantare ed esprimere il significato profondo di questa preghiera? Quali figure melodiche sono da valorizzare perché il testo possa essere svelato dall’intuizione artistica? Osservando il primo solenne melisma che apre l’antifona (1), è necessario sottolineare quanto l’alto numero di note che lo compongono - rispetto al carattere sillabico del brano - ne delineano sin da subito l’importanza. La “A” sul quale esso si innalza non può essere cantata frettolosamente. Appoggiandosi al do3 che ne dà inizio, è bene cantarlo con eleganza, sottolineando la liquescenza che viene a formarsi tra la “l” e la “m”. Ciò produrrà una sonorità morbida e che ben esprime l’esuberanza di vita significata da alma. Inoltre la sottolineatura della “A” porta con sé il riferimento alle grandi “A” che aprono i cicli di Avvento: Ad Te levavi (introito della prima domenica di Avvento), Aspiciens a longe (primo responsorio prolisso della liturgia delle ore dell’Avvento), Annuntiate populis (prima antifona dei primi vepri della prima domenica di Avvento). Queste “A” non rappresentano solo un semplice inizio, ma significano l’Aλφα da cui tutto ha principio, il VerboΛόγος misura del Creato, il suono iniziale, il (bereshit) attraverso cui Dio ha dato origine al cosmo; esse portano in sé tutta la storia, sino alla ricapitolazione in quell’Ωμέγα che è lo stesso Cristo: l’Aλφα. Arrivati sul sol3, l’elegante movimento del primo melisma lascia spazio all’invocazione ascendente sulla parola Redemptoris (2), per poi acquietarsi, dolcemente, di nuovo su un sol3 alla parola Mater con un salto di quarta


Irini Pasi Ensemble, ensemble di canto bizantino in Italia )

discendente (3). Dopo il titolo materno, la Vergine viene additata come speranza del popolo in preghiera quale Porta del Cielo e Stella del mare. Il movimento melodico va ascendendo (4), dipingendo con la voce l’orazione rivolta verso il Cielo. Su stella maris è ridisegnato per gradi congiunti il salto di quarta che abbiamo ora trovato alla parola Mater (3). Il fedele che invoca Maria si riconosce di Lei figlio e, nelle angosce, ricorre a Lei quale Madre che, come stella, conduce al porto sicuro. La preghiera si fa più intensa: esprimendo quasi madrigalisticamente il popolo appesantito e caduto per il peccato ma anelante di risorgere (5), il movimento melodico prima scorre in una tessitura più grave per poi innalzarsi, sino ad aggrapparsi con un salto alla nota più alta cantata nel brano (re4), riadagiandosi subito sul do4 (6). Raggiunto il do4, il cantore non si acquieta su una tessitura più grave ma va insistendo. Insiste nel ricordare a Maria il perché deve soccorrere il suo popolo: la sua divina

maternità! Lei, che ha portato Colui che è in totale empatia con quel popolo, non può essere da meno. Infatti, con voce vibrante, Tu que genuisti viene cantato sul medesimo do4 (7) sottolineando così la simpatia tra CristoMadre-popolo e richiedendo al cantore di sottolineare il pronome Tu. È commuovente il salto di quinta discendente che troviamo alla fine della parola genuisti (8): ogni volta che nel repertorio gregoriano una Persona divina irrompe nella storia umana, il salto melodico con cui questo è espresso è una quinta (vedi gli introiti Rorate cæli, Puer natus est; i communi Ecce virgo sulla parola concipiet, Ioseph, fili David alle parole quo denim e il celebre Factus est repente). Nella nostra antifona questo espediente non è dimenticato. Inoltre col movimento di quinta discendente, che dipinge la discesa del Figlio di Dio nel grembo della Vergine, vi è una eco della quarta discendente di Mater (3). Ciò impone alla voce un tono ALMA REDEMPTORIS MATER |

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dolce, così da manifestare tutta la tenera intimità del momento. Tale scena è ammirata e riconosciuta da tutto il Creato (Natura mirante) in un movimento discendente della melodia che produce un composto senso di silenzio e di rispetto (9). È presto detto il richiamo all’intimità espressa nel communio della messa della notte di Natale In splendoribus sanctorum, o il silenzio contemplativo dell’introito della seconda domenica dopo Natale Dum medium silentium. Riecheggiano anche le parole animalia viderent Dominum natum del responsorio O magnum Mysterium: semplici animali contemplano il Creatore. Questi brani, molto più ampi, hanno modo di realizzare con più mezzi ed espedienti melodici il medesimo concetto. Conoscerne i richiami consapevolizza come queste poche note, di una antifona così comune, sanno raccontare misteri tanto grandi che solo il canto può dischiudere. Le parole tuum sanctum Genitorem si caratterizzano per iscriversi in uno spazio di quarta (mi3-la3-mi3) (10). La genitorialità del Dio Uno e Trino è cantata su un intervallo di quarta come la genitorialità della Madonna, espressa con la quarta discendente di Mater (3). Il mistero trinitario - capace di rendere madre Colei che è figlia del Generato - essendo tanto grande e incomprensibile, è proposto in una tessitura più grave quasi a dire che è l’intimità del cuore - non la ragione a svelarlo. La maternità di Maria, legata ad un mistero così grande, è riconosciuta come maternità di grazia. La limpidezza di questa grazia e la gioia che da essa scaturiscono sono affidate alla proclamazione della sua verginità prima e dopo il parto: Virgo prìus ac postérius. La linea melodica è rilanciata su tessiture più alte (11). Il do4 della parola Virgo necessita che la voce indugi e goda di questa nota. Il salto di sesta minore evidenzia il do4

come una chiara perla rispetto alla tessitura precedente. Ciò richiede che la voce si soffermi, modulando il suono in maniera candida e luminosa. Questo è richiesto perché l’intervallo più ampio non produca una stonatura e, al contempo, illumini l’episodio musicale dove si declama la verginità perpetua di Maria. Il piccolo guizzo prodotto dalla terza minore la3-do4 sul nome Gabrielis (12) dipinge, con un mezzo semplicissimo, la leggerezza e la vita scaturita dalla grazia. La grazia di cui Maria ha sempre goduto sussulta all’annuncio dell’incarnazione del Figlio di Dio. Così deve fare la voce che canta, esaltando la luminosità data da quel salto di terza. La parola ore deve tradursi come bocca: la bocca di Gabriele che ha pronunciato il saluto angelico “Ave”. Ma dalla bocca sale anche la preghiera: ex ore orandi. Quell’os, che come primo significato indica la bocca dell’arcangelo, diviene così l’incipit di una orazione universale rivolta a Maria. Tale orazione, che ha avuto principio nell’Ave Maria di Gabriele, riecheggia nelle bocce e nelle preghiere dei fedeli. Quella “A” di Ave è come la “A” di Alma, di Ad te levavi: un suono-preghiera germinale che ha già in sé tutte le preghiere e le invocazioni che ci sono state e ci saranno nel tempo e nello spazio. Ecco perché la melodia ri-ascende (13) sino alla richiesta universale di misericordia per i peccatori da Colei che è Madre della Misericordia. Confessare la fede che l’antifona esprime non è necessario. Conoscerla e liberarla nel canto, per dare senso alla fede di chi l’ha scritta, è indispensabile. Così, consapevoli dei messaggi proclamati nel canto, non dubito della rinnovata cura che si avrà nel riprendere in mano questa antifona, ri-conoscendola come cosa nuova.

Alma Redemptoris Mater - Antifonario di Münster (stampato a Colonia, Hero Alopecius [Fuchs], 1537)

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Analisi

Le composizioni corali a cappella di Luciano Berio Le opere, la vocalità, la tecnica notazionale DI MARCO LOMBARDI Compositore (Conservatorio di Genova)

Nel catalogo del compositore ligure la polifonia vocale a cappella è presente con quattro opere: A-Ronne (197475), Cries of London (1974-76), There is no tune (1994) e infine E si fussi pisci (2002). Alcune fonti riportano anche due lavori giovanili per coro misto a quattro voci, O bone Jesu e Due cori popolari, entrambi del 1946 e pertanto di un Berio poco più che ventenne, che restano a tutt’oggi inediti. A-Ronne e Cries of London sono destinate entrambe a un ottetto di voci soliste. Nessuna delle due formazioni è suddivisa in due cori, come l’organico potrebbe lasciar pensare e come di fatto avviene non solo nel repertorio della grande tradizione polifonica, ma anche in non poche composizioni di autori contemporanei destinate a organici simili. L’ottetto vocale è peraltro formazione assai amata da Berio che la impiegò anche in altri lavori, non a cappella, fra i suoi più importanti e di maggior successo: Sinfonia per otto voci e orchestra (1968-69) e Canticum novissimi testamenti (1989-91) per quattro clarinetti, quattro saxofoni e otto voci. Tutti questi lavori sono stabilmente entrati del repertorio di numerose formazioni corali che li hanno affrontati anche in sede di incisione discografica.

A-Ronne per otto voci Luciano Berio

Esiste una prima versione di A-Ronne per cinque attori del 1974 che talora è ancora messa in scena, sebbene la seconda versione per otto voci sia quella più eseguita. In una conferenza del 1983 Berio afferma che «non si tratta di una composizione musicale in senso stretto1». Infatti, prosegue, «avrei certamente incontrato delle difficoltà se avessi voluto definirla con una delle consuete indicazioni di genere che accompagnano

le composizioni vocali (cantata, madrigale, canzone, concerto, ecc.)». La scelta cadde su «quella che mi è sembrata la descrizione sintetica più appropriata:

1. Le citazioni presenti in questo testo sono tratte da Luciano Berio, Scritti sulla musica, a cura di A. I. De Benedictis, Einaudi, Torino 2013.

LE COMPOSIZIONI CORALI A CAPPELLA DI LUCIANO BERIO |

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documentario» su una poesia di Sanguineti. Si tratta di un lavoro che pur non appartenendo «a un genere musicale noto […] può forse suggerire qualche tenue legame coi madrigali rappresentativi, cioè col teatro degli orecchi (della mente, diremmo oggi), del tardo Cinquecento». Il testo è frutto di una esplicita richiesta al poeta e amico Edoardo Sanguineti: «uno degli aspetti più singolari di questa poesia è l’essere rigorosamente e ossessivamente costruita di citazioni che ruotano su loro stesse e ritornano spesso tradotte in lingue diverse. Anche il titolo è una citazione. A-Ronne: come dire a-Zeta, AlfaOmega. Ronne è una delle tre abbreviature poste un tempo alla fine dell’alfabeto, dopo la Z». Il rapporto suono-parola prevede che quest’ultima sia talora ridotta alle sue componenti fonetiche essenziali. In tali casi Berio indica le singole lettere ricorrendo ai segni dell’alfabeto fonetico internazionale (IPA) e ponendole tra parentesi quadra. Dal punto di vista della macroforma la composizione è divisa in tre parti il cui testo poetico tratta rispettivamente dell’Inizio, del Mezzo e della Fine. La partitura prevede una impaginazione dei pentagrammi che non rispetta l’ordine tradizionale, ma utilizza la seguente disposizione dal basso verso l’alto: basso, contralto, soprano, tenore. Tale è anche il posizionamento dei cantanti in semicerchio, da sinistra a destra, come indicato nello schema che chiude le Performance notes. Molto fitta è la presenza delle lettere “A” (Ampiezza) e “R” (Riverbero) che riguardano particolari modalità di uso dei microfoni per l’amplificazione della voce, come richiesto anche in Sinfonia, seguite da numeri che vanno da 0 (livello minimo) a 4 (livello massimo). In tal senso si può ben dire che il microfono non è un semplice mezzo per amplificare la voce, ma un vero e proprio strumento che suggerisce determinate opzioni al compositore e che gli esecutori devono maneggiare con autentico virtuosismo. Altro dato saliente è la compresenza di due modalità di

Luciano Berio al Groupe de Récherches Musicales, Parigi, anni ‘70 foto di Robert Cahen

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notazione tali per cui «le azioni vocali [vocal actions] scritte su una singola riga sono parlate, le azioni scritte sul pentagramma tradizionale sono cantate». Complessivamente l’uso della voce è molto variegato in virtù della presenza di «un vasto repertorio di gesti vocali specifici (dal richiamo all’insulto, al piangere e al ridere, dall’eloquio volgare al sussurro erotico, dall’afasia all’acrobazia articolatoria, dal rumore fisiologico al canto di chiesa, alla lezione di canto ecc.)». Inoltre sono presenti note sussurrate e senza voce, utilizzo del microfono contro la bocca per amplificare in tal modo i rumori interni della bocca (lingua e saliva) e delle labbra, il cosiddetto “pop” ossia far scorrere il dito dentro e fuori dalla bocca, il fischio, l’inspirazione e l’espirazione attraverso i denti. Ciascuna di queste emissioni vocali è indicata con opportuni simboli semiografici. A fronte di tutto ciò occorre però sottolineare che il canto corale tradizionalmente inteso non è per nulla assente. Infatti, al termine della parte centrale inizia una lunga sezione nella quale dapprima le voci femminili poi quelle maschili intonano, ripetendole più volte e secondo una modalità che Berio indica liturgically, le parole Ein gespenst geht um [Un fantasma si aggira]. Si tratta, come noto, delle prime parole del Manifesto di Marx ed Engels.

Cries of London per otto voci Come nel caso precedente anche quest’opera è passata attraverso due successive fasi di elaborazione. La prima versione del 1974 è dedicata ai King’s Singers. Essa prevedeva solo sei pezzi ed ebbe la prima esecuzione a Edimburgo l’anno successivo. La seconda versione del 1976 fu eseguita per la prima volta lo stesso anno a La Rochelle dagli Swingle Singers. In essa Berio amplia l’organico a otto voci, aggiungendo un secondo tenore e un secondo basso, e componendo un settimo pezzo. Questa nuova versione è così descritta dal compositore stesso: «I Cries of London sono diventati un breve ciclo di sette pezzi vocali di carattere popolare, dove un pezzo semplice si alterna in modo regolare a un pezzo musicalmente più complesso. Il primo e il terzo “Cry” hanno lo stesso testo. Il quinto “Cry” è l’esatta ripetizione del primo. Il settimo pezzo, “Cry of Cries”, è un commento ai “Cries” precedenti: pur usando le stesse melodie e gli stessi caratteri armonici, musicalmente se ne allontana e li ricorda a distanza. Nell’insieme questo breve ciclo può anche essere ascoltato come un esercizio di caratterizzazione e di drammaturgia musicale. Il testo è essenzialmente una libera scelta delle famose frasi dei venditori nelle strade della vecchia Londra». Due sono le fonti che hanno ispirato questo lavoro. La prima è costituita da una serie di dipinti del pittore


Francis Wheatley (1747-1801), la seconda è ciò che consente di legare questo lavoro al repertorio polifonico rinascimentale. Come sempre in Berio il rapporto con la tradizione non si costituisce mai come semplice e ingenua acquisizione di modi del passato più o meno recente, ma giunge a sostanziare il linguaggio del presente istituendo un arco virtuoso fra le opere di ieri e la creatività odierna. Il riferimento va ad almeno due lavori ovvero al celebre Les Cris de Paris di Clément Janequin (1485-1625) e ai non meno noti Cries of London di Orlando Gibbons (1583-1625). Non è certa la data di composizione del primo di tali pezzi che alcuni indicano attorno al 1530 mentre altri la posticipano attorno al 1545. Dal punto di vista contenutistico i sette pezzi, ciascuno dei quali rivolto a un dedicatario diverso, sono organizzati in forma simmetrica. Infatti, i brani pari sono basati sulle vere e proprie grida dei venditori (il n. 2 venditore di belletti, il n. 4 venditore di aglio, il n. 6 venditore di vecchi vestiti) mentre i numeri dispari sono varianti della perorazione con la quale l’autore invita all’ascolto (come già fatto da Janequin). Il settimo e ultimo brano è una specie di riassunto di tutti i materiali precedenti. La notazione e l’uso della voce si differenziano rispetto ad A-Ronne per una relativamente maggiore semplicità. Il carattere generale di questa composizione è ben espresso dall’indicazione posta all’inizio del primo pezzo: Simply, like a folk tune, with a touch of ecstasy. Infatti, questa partitura è improntata a quell’amore per la musica popolare che costituisce, come noto, uno dei tratti salienti di molta produzione di Berio. La musica si sforza per quanto possibile di imitare e di rendere in termini sonori il contenuto dei testi redatti dallo stesso compositore. Così avviene, ad esempio, nel IV brano il cui protagonista è il venditore d’aglio. La conseguenza che esso provoca sul fiato degli acquirenti che lo mangeranno è resa con un particolare effetto di aspirazione della lettera “a”… Dal punto di vista esecutivo il VI pezzo è certamente quello più impegnativo: qui la parola money è pronunciata velocissima da tutte le voci con sovrapposizioni poliritmiche estremamente suggestive.

E si fussi pisci per coro misto Si tratta della rielaborazione di una melodia popolare siciliana a tema amoroso della quale Berio approntò diverse versioni. Oltre a quella per coro misto, altre due sono legate al violista Aldo Bennici: una per viola sola (con ampio uso di corde doppie per simulare la polifonia) e il duetto n. 24 Per Aldo dai Duetti per due violini. Berio amava molto questa melodia2. La versione per coro è dedicata a Umberto Eco. Il lavoro è

Francis Wheatley, Strawberries, Scarlet Strawberries dalla serie Cries of London

molto differente dai due pezzi sopra citati, in particolare da A-Ronne, sia dal punto di vista della notazione, qui del tutto tradizionale, sia dal punto di vista dell’impegno vocale che risulta decisamente più contenuto. Nonostante ciò, Berio non rinuncia ad ampliare la propria tavolozza includendo alcuni effetti, niente affatto gratuiti, che hanno lo scopo di rendere al meglio l’origine popolare della melodia. Fra questi il consueto canto a bocca chiusa, l’utilizzo del parlato senza intonazione precisa, il particolare “arrotondamento” lettera “r” già utilizzato nel pezzo precedente. Particolarmente efficace è l’«imitazione quadrupede facendo schioccare la lingua » che apre il brano e che evoca l’andamento del tipico carretto siciliano. Tutto il brano deve essere cantato «sempre senza vibrato e un po’ nasale». Il breve testo è in dialetto siciliano, ma di facile comprensione: E si fussi pisci lu mari passassi / E si fussi aceddu ‘nni tia vinissi. // E vucca cu’ vucca ti vurria vasari / E visu cu visu parlari cu’ tia [E se fossi pesce attraverserei il mare / E se fossi uccello verrei da te. // E bocca a bocca ti vorrei baciare / E viso a viso parlare con te]. 2. È possibile ascoltare lo stesso compositore che la canta accompagnandosi al pianoforte all’indirizzo http://www.lucianoberio.org/e-si-fussi-pisciomaggio-a-luciano-berio.

LE COMPOSIZIONI CORALI A CAPPELLA DI LUCIANO BERIO |

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Analisi

«A loom of lines and beats» Analisi di There is no tune di Luciano Berio

DI ALESSIO ROMEO Compositore

Luciano Berio e la musica vocale: una lunga fedeltà Nonostante il fondamentale contributo dato alla musica strumentale e orchestrale, all’interno dell’itinerario creativo di Luciano Berio (1925-2003) la voce è stata, fin dai suoi esordi compositivi, oggetto un’attenzione particolare. Se è vero che il consistente numero di composizioni che comprendono la voce umana, tanto in funzione solistica quanto in formazioni più ampie, è legato anche alle molteplici sollecitazioni ricevute da interpreti d’eccezione quali Cathy Barberian o gli Swingle Singers, tale attenzione non può essere ricondotta esclusivamente a occasioni di mera circostanza. La profonda attrazione esercitata dall’espressione vocale su Berio è infatti legata all’irriducibilità della voce a strumento musicale, in considerazione dell’equilibrata coesistenza, nel medesimo apparato fonatorio, della natura di mezzo di comunicazione quotidiana e mezzo di espressione artistica, in special modo musicale. Così si esprime infatti lo stesso compositore in un’intervista del 1995: «Il fenomeno della voce e quello parallelo, contiguo, del linguaggio, è infinito. Tutto quello che è pertinente al linguaggio e alla voce non può esaurirsi.1» La musica vocale comporta necessariamente la scelta di testi da intonare, a proposito dei quali Berio mostrò sempre grande consapevolezza nell’individuazione delle caratteristiche espressive e formali maggiormente confacenti alle proprie esigenze: non a caso, oltre ad

attingere - e rielaborare - testi preesistenti, sollecitò collaborazioni con poeti e scrittori talvolta assai differenti, tuttavia di volta in volta affini a differenti aspetti della sua poetica. Tra le tante collaborazioni, sono rimasti celebri i sodalizi con coloro che lo stesso Berio ebbe più volte a definire i suoi «tre punti di riferimento2» della letteratura italiana: Edoardo Sanguineti, Italo Calvino e Umberto Eco. Collaborazioni che non vanno tuttavia scambiate con la preminenza del compositore sul librettista ereditata dall’Ottocento, nonostante Berio sia intervenuto spesso profondamente sui testi, ma nella convinzione che «testo e musica devono avere una loro autonomia e un grado analogo di complessità e dignità». Nella sua ultima fase creativa si avvalse anche della collaborazione della moglie Talia Pecker, da cui nacquero lavori di rilievo, tra cui Cronaca del luogo. Proprio a partire da una sua poesia Berio compose il breve pezzo per coro da camera intitolato There is no tune.

Dal testo alla musica There is no tune, la cui partitura è edita da Casa Ricordi (n. 136671), fu composto nel 1994 ed eseguito per la prima volta a Londra nella Chiesa di St. John in Smith Square dai BBC Singers diretti da Simon Joly il 14 settembre dello stesso anno3. Nell’ambito della lunga fedeltà di Berio alla scrittura vocale, la composizione corale riveste, almeno

2. P.Albèra e J. Demierre, Intervista con Luciano Berio, in Luciano Berio, ibidem, pag. 149. 3. È possibile ascoltare il brano nell’esecuzione dell’ensemble Le cris de Paris sotto la direzione di Geoffroy Jourdain al seguente

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1. Cappelletto, Nel labirinto della musica. Incontro con Luciano

link, tratto dal CD Berio to sing, Harmonia Mundi, 2021: https://

Berio, in Luciano Berio, Interviste e colloqui, a cura di Vincenzina

www.youtube.com/watch?v=V9zDLgFzKkY&list=OLAK5uy_

Caterina Ottomano, Einaudi, Torino 2017, p. 319.

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dal punto di vista numerico, un ruolo marginale; tuttavia il coro è protagonista ed eponimo del titolo di uno dei suoi lavori più significativi, Coro, e al coro con orchestra è dedicata l’ultima sua composizione, Stanze, senza contare gli inserti in opere di vaste dimensioni. D’altra parte basta accostarsi ai soli due minuti circa di There is no tune per comprendere la maestria del compositore anche in questo ambito. Il testo di Talia Pecker Berio, di evidente ispirazione metaletteraria, è formato da cinque strofe di tre versi dalla lunghezza variabile e ripercorre le fasi iniziali della creazione poetica, in cui cominciano ad affacciarsi al poeta le prime indistinte suggestioni concettuali, ritmiche e verbali che solo un duro lavoro di artigianato poetico porterà a compiuta definizione4. Tuttavia, come indicato peraltro nel frontespizio della partitura, il testo effettivamente impiegato è frutto di un adattamento operato dal compositore stesso, che ha soppresso le prime due strofe: Here comes the sound a loom of lines and beats on which the words to weave.

Il motivo di tale scelta andrà ricercato nella necessità di perseguire una certa sintesi, dal momento che la maggiore lunghezza dei versi delle prime due strofe rispetto a quelli delle tre seguenti avrebbe imposto un percorso compositivo maggiormente articolato e differente da quello immaginato dal compositore. D’altra parte lo scarto della terza strofa non compromette in alcun modo l’assunto del testo poetico.

Dentro There is no tune Pur impiegando un coro da camera, There is no tune richiede la divisione di ciascuna famiglia vocale per tutto il pezzo, che è scritto dunque a otto parti. Si tratta di una scelta decisiva, come si vedrà, nelle strategie del compositore, dal momento che permette di ottenere differenti gradazioni di addensamento e rarefazione sonora. A differenza di altri suoi lavori per musica vocale d’insieme, Berio non richiede qui tecniche esecutive non ordinarie, ad eccezione dell’emissione a bocca chiusa, dell’emissione mista all’aria e del parlato, così indicati in legenda (figura 1):

It’s not a song to sing There is no tune My tongue is shy and mixed. May sieve and net and knife and lense Untangle it and bloom Sounds into words. TRADUZIONE Qui giunge il suono di un telaio di versi e ritmi su cui intessere le parole. Non è una canzone da cantare Non c’è melodia La mia lingua è timida e confusa. Possa setaccio e rete e coltello e lente Sbrogliarla e trasformare Suoni in parole 4. Devo alla gentilezza della prof.ssa Talia Pecker Berio, presidente del Centro Studi Luciano Berio, e della prof.ssa Angela Ida De Benedictis, direttrice scientifica del Centro e curatrice della Collezione Luciano Berio presso la Paul Sacher Stiftung di Basilea la possibilità di consultare il testo originario, altrimenti inedito. A entrambe vanno i miei più sentiti ringraziamenti.

La rinuncia alle sofisticate ricerche sull’emissione del suono presente in altri lavori è senz’altro legata in parte alle minori sfumature possibili nella massa corale rispetto all’ensemble vocale, ma è motivata anche dall’interesse eminentemente sintattico che ha indirizzato l’autore durante la composizione. Berio ha infatti scelto con accuratezza tre modalità di scrittura: una armonica, caratterizzata da forte verticalità, in cui tutte le voci si muovono in modo sostanzialmente omoritmico attraverso pulsazioni più o meno irregolari; una scrittura orizzontale, fondata su una texture (tessitura) di fasce sonore e di sovrapposizione di cellule melodiche secondo la tecnica dell’eterofonia5; infine il suono prolungato statico. Ciascuna delle tre forme modalità di scrittura assume funzione «A LOOM OF LINES AND BEATS» |

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diversa: se la conduzione del discorso avviene soprattutto per mezzo della scrittura armonica, al suo opposto il suono statico ne è posto in conclusione con funzione, per così dire, cadenzale, mentre la scrittura orizzontale funge da elemento connettivo tra le altre due. Tale ripartizione di funzioni permette di scandire chiaramente il pezzo in tre sezioni (fig.2).

La prima sezione, aperta da un rapido impulso verticale, è dominata dalla scrittura armonica6 (figura 3).

figura 3

5. L’eterofonia è una tecnica assai diffusa in molte culture musicali e consiste nell’esecuzione simultanea della medesima melodia in forme diverse date da varianti e fioriture. L’assunzione della tecnica eterofonica da parte di Berio è frutto da un lato del crescente sviluppo degli studi etnomusicologici avvenuto nel Novecento a partire dalle prime esperienze agli inizi del secolo, dall’altro dal profondo amore di Berio per la musica popolare, testimoniata tra l’altro da opere quali Folk- songs, Voci e Coro. 6. La partitura edita da Ricordi consiste della riproduzione in facsimile del manoscritto autografo; per garantire maggiore comodità di lettura, gli esempi qui riprodotti sono stati riscritti per mezzo del software di videoscrittura musicale Sibelius. Sono stati emendati senza segnalazione alcuni refusi: l’omissione per dimenticanza di porzioni testuali nelle singole parti, alterazioni incontrovertibilmente errate e un caso di battuta ipermetra in una singola parte.

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Il carattere è molto ritmico e dal tono velatamente jazzistico, come esplicitato peraltro dall’indicazione agogica. Le cellule ritmiche qui presenti, soggette a trasformazione per aumentazione, diminuzione, unione o elaborazione, saranno variamente presenti in tutto il pezzo. La scelta dei suoni di ciascun accordo è legata a procedimenti assai rigorosi, di cui non è possibile in questo contesto rendere conto. Bisogna tuttavia precisare che il termine accordo qui non va inteso in senso tradizionale, bensì quale sovrapposizione verticale di suoni in cui altezza e timbro sono strettamente interdipendenti7. Uno studio dettagliato dimostra infatti come la disposizione e il collegamento delle parti non obbediscano a criteri armonico-contrappuntistici, dal momento che ciascuna famiglia tende spesso a cantare parallelamente a distanza di seconda o terza. Vale poi la pena notare come ciascun agglomerato armonico, pur essendo otto le parti, non contenga lo stesso numero di note differenti: gli accordi sono prevalentemente di sei o sette suoni, con conseguente raddoppio di due o una nota. Tali aspetti sono coerenti alla tecnica dei campi armonici cari al compositore in cui, dato un gruppo predeterminato di suoni, la densità è distribuita in modo di volta in volta differente in modo da creare alcuni «punti di risonanza privilegiati come quelli delle formanti della voce8». Tale tecnica è ben evidente nell’esempio, dove la prevalenza del fa# condiziona il timbro dell’intero passaggio. Il sofisticato gioco di distribuzione delle note, l’accrescimento o la diminuzione del numero, l’intensificazione dinamica e la stratificazione degli eventi diventano quindi lo strumento per ottenere una progressività evolutiva nel discorso musicale chiara ma assai differente dai procedimenti sintattici della tonalità. Si noti inoltre che il campo armonico delle prime dieci battute è un totale cromatico difettivo, ossia mancante della nota sol# che appare solo a partire dalla decima battuta. Il culmine della sezione avviene alle battute 21-23 attraverso il congiunto aumento di intensità fino al ff, di densità armonica e di concitazione - ottenuta con la persistente presenza di biscrome ribattute -, dopo il quale avviene rapidamente la chiusa, conseguita mediante la riduzione delle note impiegate e il progressivo restringimento del registro, che si coagula intorno alle note re3, re#3 e mi3. Il discorso musicale riparte gradualmente in pp attraverso il gioco di note ribattute, creando una fascia timbrica sfaccetta, in cui il medesimo suono è reiterato alla stessa altezza da voci e tecniche di emissione differenti (figura 4).

figura 4 7. Significativa in tal senso la testimonianza di Luca Francesconi che, avendo chiesto a Berio in che modo avesse costruito l’accordo iniziale di Sinfonia, si sentì rispondere piccato che non si trattava di accordo ma di colore. Per leggere la testimonianza si veda il link http://lucianoberio.org/node/35478. 8. P. Albèra e J. Demierre, cit., pag. 153. «A LOOM OF LINES AND BEATS» |

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La progressiva rivivificazione conduce ad un nuovo culmine, legato ad una conquistata omoritmia e pienezza armonica, destinata anch’essa a concludere su un suono statico a battuta 45. L’esempio seguente esemplifica in maniera assai chiara le tecniche fin qui esposte, qui compresenti (figura 5).

La progressiva conclusione è ottenuta ancora una volta per mezzo della riduzione dei suoni impiegati: il campo armonico di partenza viene sottoposto ad un vero e proprio filtraggio9, come si può osservare nella figura a lato, che lo riduce a una nota sola, re, cui si aggiunge il sol#, omesso nel campo armonico precedente (figura 6).

figura 6

9. Il termine, mutuato dalla musica elettronica, indica il procedimento attraverso il quale è possibile porre in evidenza o sopprimere alcune fasce di frequenze.

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Come si può constatare dall’osservazione dell’esempio sopra riportato, la scrittura omoritmica è raggiunta mediante la progressiva sfaldatura della compattezza sonora attraverso la combinazione di staticità di alcune parti e la liquidazione mediante una texture eterofonica. Con procedimento inverso avviene il successivo ritorno alla scrittura omoritmica. Il passaggio, nella sua brevità, è emblematico della tendenza tipica in Berio di far coesistere tecniche afferenti a epoche e culture differenti, dal momento che la tecnica eterofonica è qui congiunta a procedimenti di rotazione combinatoria della successione melodica la cui ascendenza dalla scrittura seriale è evidente (figura 7). La ritrovata omoritmia riprende le battute 40-41 conduce alla conclusione (figura 8). Così come era iniziato, There is no tune è chiuso da un lieve impulso: si conclude così un pezzo che, pur nella sua brevità, dimostra compiutamente la padronanza nella scrittura corale e la maestria compositiva di uno dei protagonisti della musica del XX secolo.

figura 7

figura 8

«A LOOM OF LINES AND BEATS» |

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Notizie

Altissime voci Fra terra e cielo: il primo Festival di musica vocale dedicato alle voci dei rondoni

DI ARIANNA LANCI Cantante

Nell’estate 2023 a Rimini ha visto la luce il primo Festival Musicale dedicato ai Rondoni e alle loro Voci - Altissime. O forse dovrei dire che il Festival ha spiccato il primo volo - quello più rischioso, ma anche quello più toccante, in cui metti in gioco tutto l’amore e la passione che ti hanno dato la forza di muovere i primi passi per fare di un’idea una realtà concreta e condivisa. Una primissima edizione densa di incontri umani e non solo: di una nuova sensibilità, che si diffonde in modo quasi silenzioso, ma necessario, con una fermezza che chiede attenzione. Ed era proprio una nuova modalità di attenzione quella che avevo in mente per il Festival Altissime Voci, il cui sottotitolo – Festival musicale tra Terra e Cielo – esprime al meglio il cuore di un’idea che ho concepito dopo mesi di gestazione interiore e che ho concretizzato grazie alla collaborazione tra le due realità associative cui ho dato vita negli ultimi anni: l’Ensemble Vocale Canòpea – il coro il cui nome richiama la chioma degli alberi, la parte che idealmente tocca il cielo e che concretamente ospita gli uccelli e il loro canto – e Monumenti Vivi Rimini – un gruppo locale che fa capo ad un’Associazione Nazionale impegnata nella tutela dei nidi degli uccelli migratori negli edifici. I nostri palazzi storici e moderni sono infatti molto spesso autentici scrigni di biodiversità e l’espressione “monumento vivo” vuole sottolineare come la presenza di specie animali e vegetali nelle cavità dei monumenti costituisca un valore aggiunto a quello storico, artistico e architettonico. La città è un ecosistema complesso di cui gli esseri umani non sono i soli abitanti, e se la natura selvatica è presente dentro la città, i rondoni sono il simbolo più affascinante della biodiversità nel – e del – contesto urbano. Coinquilini discreti – al punto che spesso non sappiamo nulla di loro 40 |

NOTIZIE

– ma anche molto musicali. Ogni anno infatti con l’arrivo della primavera il paesaggio sonoro delle nostre città si arricchisce grazie a questi uccelli migratori transahariani – che trascorrono cioè l’inverno a sud del Sahara – e se anche molti di noi non se ne accorgono, per qualche mese il nostro cielo non sarà più lo stesso. Sarà più vivo, più bello, più musicale, in una parola: sarà più! Sono partita da un piccolo sogno: ho immaginato un concerto all’aperto nel quale il pubblico prestasse ascolto tanto al coro degli umani quanto al coro dei rondoni, con un’ampiezza di attenzione capace di travalicare i confini tra le specie. Da qui l’idea dei due concerti corali in due colonie cittadine: il chiostro della Chiesa di San Giuliano, il cui Borgo omonimo è una grande colonia di rondoni comuni, e lo spazio antistante all’Ex Hotel delle Nazioni, edificio abbandonato dagli uomini, ma non per questo morto, anzi vivissimo! Al suo interno infatti da anni nidifica una enorme colonia di rondoni pallidi, una delle sottospecie di rondoni presenti in Italia. L’idea di fondo del Festival infatti è quella di creare un filo tra la terra e il cielo attraverso il canto e un’esperienza di ascolto aperto alla vastità della vita non umana appena sopra le nostre teste. Un modo per sensibilizzare sulla straordinaria biologia dei rondoni e sulla relazione che ci lega ad essi, ma anche sul tema del paesaggio sonoro e

Evento inaugurale nella Giornata Mondiale dei Rondoni, 7 giugno 2023: passeggiata sonora nel centro storico di Rimini, in ascolto delle voci dei rondoni


Dell’amore e del cielo: Ensemble Vocale Canòpea in concerto, in compagnia dei caroselli sonori dei rondoni (Rimini, Chiostro del Borgo San Giuliano, II evento del Festival)

sulla tutela della biodiversità a partire dall’attenzione a quell’elemento che è forse il più aereo – etereo e sottile – di cui disponiamo come esseri umani, oltre ad essere quello stesso elemento che ci avvicina agli uccelli: la voce, e insieme ad essa, come suo miracoloso frutto, il canto. E tra gli uccelli quelli più aerei sono proprio i rondoni, i più intimamente legati all’aria. Volano ininterrottamente per dieci mesi all’anno, senza mai fermarsi: in volo si nutrono, bevono, si accoppiano, in volo dormono. Non si posano mai, se non per nidificare, a partire dal terzo anno di vita, sfruttando nicchie preesistenti, come non avessero il tempo per la costruzione di un giaciglio, troppo impegnati nel librarsi perennemente in volo, un volo che sa di libertà – che insegna la grazia. E la loro vocalità traduce al meglio questa meravigliosa essenza di volo, sembra esserne la più esaustiva materializzazione. Se nella didattica del canto classico si usa l’espressione “voce che corre”, a proposito della voce dei rondoni dovremmo invece parlare di “voce che vola”! Ma il dato più affascinante è l’insegnamento che i rondoni possono trasmetterci: fermatevi ad osservarli e ad ascoltarli, vi accorgerete che le loro voci – inconfondibili – volano e cantano di un volo condiviso! Un vero e proprio coro con le ali, che vola altissimo nel cielo, per poi abbassarsi e sfiorare i tetti, i cornicioni, i cassettoni delle tapparelle: a quale altro sentimento, se non alla gioia, ricondurre i caroselli dei rondoni attorno agli edifici che ne ospitano i nidi? Credo infine che l’armonia delle voci che cantano in un coro traduca perfettamente l’ideale di un’armonia sempre più necessaria tra la specie umana e le altre specie viventi. Ma oltre alla musica c’è di più. I rondoni ci sono benefici, grazie alla loro alimentazione insettivora. Una singola coppia nel periodo riproduttivo può predare fino a 300.000 insetti nell’arco di un mese. Nonostante questo i rondoni, pur tutelati da un punto di vista legislativo tanto in Europa quanto in Italia, versano in una situazione di declino un po’ dovunque. Troppo di frequente infatti lavori di ristrutturazione o interventi anti colombi distruggono in modo permanente i siti di nidificazione, lasciando spesso morire nidiacei e adulti. Una delle principali cause del diminuire progressivo dei rondoni è

proprio la cattiva gestione delle cavità nei palazzi storici e moderni. E la prospettiva non diventa rassicurante con i nuovi edifici che anche nell’ambito della bioarchitettura, in virtù del giusto principio dell’isolamento termico, prevedono sempre più spesso superfici perfettamente lisce e perfettamente inospitali per i migratori, poiché prive della più piccola fessura. Per questo è davvero importante fare opera di divulgazione tra i cittadini, perché senza conoscere non è possibile neanche amare e difendere. Conservare la biodiversità non è soltanto un imperativo etico, è necessario per il nostro benessere. La biodiversità infatti ci fornisce i cosiddetti “servizi ecosistemici”, processi ecologici che migliorano la qualità della nostra vita. Considerando che entro il 2050 si stima che fino all’80% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane, è di vitale importanza che le città diventino spazi in cui concepire e sperimentare nuove forme di coesistenza tra uomo e natura. Oltre ad abitare poeticamente il cielo (espressione suggeritami da uno dei partecipanti al primo evento del Festival e che trovo perfettamente calzante!) i rondoni sono anche definiti “specie ombrello” poiché condividono il loro habitat con altri piccoli animali “amici” degli uomini, come gechi e pipistrelli. Un particolare che ci ricorda come ogni vita sia in relazione con le altre: siamo tutti parte dello stesso respiro, come voci di uno stesso coro che aspirano all’armonia. Caratteristica di ogni evento è stata quindi la sua doppia veste, con una prima parte divulgativa, affidata ad esperti del settore, e una seconda parte di concerto all’insegna di un suggestivo dialogo tra le voci umane e quelle dei rondoni e degli altri uccelli presenti in quel preciso momento. Parafrasando la scrittrice Helen Macdonald, autrice del libro Voli vespertini e altri saggi su ciò che la natura ci insegna: l’arte ha la grande capacità di mostrarci “la trama qualitativa del mondo”, comunicandoci così il valore delle cose, affinché sempre più persone “possano impegnarsi per salvarle.” Portando al centro il connubio ancestrale tra la musica e la natura, il Festival si pone quindi un grande obiettivo: contribuire a creare una cittadinanza sensibile alle forme di vita non umane che abitano la città e sempre più esigente nei confronti della politica in fatto di tutela ambientale.

Ascolta le voci dei rondoni in dialogo con il clavisimbalum e la voce di Arianna Lanci (Stormi di Voci / Migrazioni dell'Anima, Rimini, 18 luglio 2023)

ALTISSIME VOCI

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Notizie

Gazzotti 100 Un secolo di musica e progetti per l’Associazione Corale Luigi Gazzotti di Modena

DI ALBERTO CASTELLI Associazione Corale Luigi Gazzotti di Modena

Nel 1923 muore prematuramente Luigi Gazzotti, musicista modenese, vignolese d’adozione: una brillante carriera già consolidata con pubblicazioni importanti per Ricordi che si interrompe all’improvviso. Sull’onda emotiva della scomparsa, un coro in formazione nella città di Modena decide di darsi il nome del musicista scomparso che rimarrà legato alla sua storia per 100 anni di attività continuativa. L’Associazione Corale Luigi Gazzotti venne poi istituita dal 1956 come Ente Morale dello Stato ed ancora oggi, dopo un secolo, rappresenta una delle più vivaci realtà culturali della città di Modena.

La storia del Coro Gazzotti ha reali aspetti di originalità: primo fra tutti una solidità istituzionale già delineata alla fondazione, che ha permesso continuità e controllo nei passaggi sempre delicati tra i diversi direttori e le loro differenti sensibilità. Tra questi, nel primo lungo periodo di attività si può evidenziare la forza di pensiero e la cultura di Guido Montanari, nonno materno del giornalista Vittorio Zucconi, la cui impronta è in qualche modo ancora oggi percepibile. Montanari portò già negli anni 30 il coro ad alti livelli: vincita di importanti concorsi internazionali, inviti alla BBC, uno storico concerto al Vittoriale su esplicito invito di Gabriele D’annunzio e molto altro. Quello però che più colpisce oggi nella sua gestione artistica è l’assoluta apertura delle scelte musicali: basta guardare con occhio disincantato i programmi di allora. Stiamo parlando del periodo dalla fondazione fino agli anni ’50, e non era usuale che nel 42

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momento d’oro del teatro d’opera e con i terribili lasciti della guerra un coro italiano si applicasse regolarmente alla musica romantica tedesca, Mendelssohn e Brahms ad esempio, e nel contempo riprendesse contatto con la musica vocale antica. Si deve a Montanari infatti la riscoperta di un musicista come Orazio Vecchi, allora assolutamente desueto nella sua stessa città, che sfociò nella prima esecuzione integrale moderna delle Veglie di Siena per l’Accademia Chigiana, esecuzione trasmessa

Il compositore vignolese Luigi Gazzotti (1886-1923)


Il Coro Luigi Gazzotti diretto da Giulia Manicardi

in diretta radio nazionale nei 400 anni dalla nascita dell’autore. I lunghi anni della gestione Montanari, terminata nel 1958, sono stati accompagnati con fermezza dal presidente fondatore Primo Lugli, figura mitica dell’Associazione, di cui gli anziani ricordano ancora concretezza e naturale autorità. Lugli seguì come un padre attento la vita musicale ed associativa del coro fino alla realizzazione negli anni 50 della nuova sede, ancora oggi in funzione, dopo che la prima era stata distrutta durante i bombardamenti. Curiosità ed apertura al nuovo sono rimaste nel tempo caratteristiche evidenti dell’associazione. Ad esempio, già negli anni ‘80 il coro sotto la guida di

Federico Salce – accompagnato dal presidente di allora Mario Lodi, altra figura significativa dell’associazione – sfruttando un deciso rinnovamento dell’organico cominciò ad occuparsi dell’esecuzione di musica barocca soprattutto di scuola emiliana, secondo prassi informata e filologicamente attendibile. Nonostante la scuola anglosassone avesse già dagli anni ‘60 rinnovato l’approccio alla musica di Bach, Händel e affini, i musicisti italiani anche in ambito professionale tardavano a recepire questi nuovi stimoli pur avendone i titoli, come poi si è dimostrato. Non era quindi scontato che il Coro Gazzotti eseguisse allora lo Stabat Mater di Bononcini e tanta altra musica di suoi contemporanei. Questa curiosità si è consolidata anche negli ultimi anni,

Il Coro Luigi Gazzotti nell’esecuzione dei Carmina Burana di Carl Orff - foto di Rolando Paolo Guerzoni

GAZZOTTI 100

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Il Coro Luigi Gazzotti nel 1923

grazie al rapporto professionale con Giulia Manicardi che dal 2001 ha aperto un lungo percorso di crescita artistica e musicale, portando il Coro all’esecuzione dei più importanti titoli della letteratura musicale e ad una serie di esperienze davvero originali. A tutto questo si deve poi aggiungere che da molti anni gli scopi istituzionali si sono aperti anche all’attività organizzativa, portando a Modena centinaia di concerti con musicisti di alto livello e creando uno speciale rapporto di fiducia con un pubblico curioso e attento.

I progetti realizzati negli ultimi anni È davvero impossibile sintetizzare un secolo di concerti, progetti e collaborazioni. Limitandosi agli anni più recenti sono degni di nota il festival internazionale I luoghi sacri del suono, che per 16 anni dal 1996 ha proposto ai più alti livelli concerti di musica sacra, il progetto Fuori dal coro realizzato con la Banda Osiris, il progetto Cantami un Liedele sulla musica e la cultura ebraica, i Concerti di Santa Cecilia e più recentemente i concerti di Anima Mundi, oltre alla partecipazione ad apprezzate produzioni operistiche nel circuito ERT. Questi i progetti concertistici degli ultimi anni: Concerto 100 Benjamin Britten, Concerto della Memoria 44

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e del Dialogo per gli Amici della musica di Modena, concerto dedicato a Bach con Berlin Ostinato Ensemble. Nel 2016 la Petite Messe Solennelle di Rossini con gli allievi di Raina Kabaivanska e il Romancero Gitano di Mario Castelnuovo-Tedesco. Il coro ha poi eseguito i Carmina Burana di Orff al Teatro Storchi di Modena, replicati quest’anno nella Stagione ufficiale del Teatro Comunale, ed è stato ospite della prestigiosa Università di Monaco di Baviera per un concerto con il Romanistik Chor. Nel maggio 2018 ha eseguito lo Stabat Mater di Antonín Dvorák nella prima versione originale; nel 2019 ha realizzato un’applaudita produzione del Requiem di Mozart in collaborazione con Orchestra Maderna; nel 2021, dopo la pausa dovuta alla pandemia, ha costruito il progetto Musica Canto Parola insieme alla Gioventù Musicale di Modena e ad ACIT per intense stagioni di concerti con musicisti di alto livello oltre a proprie produzioni tra cui il Deutsches Requiem di Brahms, la Nona sinfonia di Beethoven ed i Chichester Psalms di Bernstein. Di particolare rilievo la collaborazione con Spira Mirabilis per l’esecuzione senza direttore della Sinfonia n. 9 di Beethoven: un progetto di studio complesso ed approfondito sfociato in esecuzioni che hanno avuto un’eco rilevante anche sulla stampa nazionale, con articoli sulle prime pagine de La Repubblica e La Stampa.


Il Coro Luigi Gazzotti nel 1950

Il centenario del 2023 Nell’anno del centenario 2023 sono stati progettati appuntamenti di grande rilievo in collaborazione con le principali istituzioni della città di Modena. Dopo gli eventi in anteprima, realizzati negli ultimi mesi del 2022, le celebrazioni hanno avuto inizio lo scorso aprile con una singolare serata di musica: all’interno della Chiesa del Voto, tornata a risplendere nel pieno centro storico modenese dopo un lungo restauro, si è infatti realizzata una maratona di oltre 4 ore con la partecipazione di musicisti e cori rappresentativi di rapporti profondi, antichi e recenti, con il Coro Gazzotti. Musica libera ma di grande qualità, in una situazione informale e a cento anni esatti dalla stesura del primo statuto. Il pubblico presente (varie centinaia di persone alternatesi lungo lo svolgimento della serata) si è inserito nella festa con grande coinvolgimento. Il Coro Gazzotti ha volutamente lasciato grande spazio agli ospiti, eseguendo comunque tre brani del proprio repertorio in diversi momenti della serata: per alcuni di questi sono stati chiamati a partecipare all’esecuzione ex coristi presenti tra il pubblico, emozionati e sorpresi. Dopo brevi parole di accoglienza da parte delle autorità, ringraziamenti ai sostenitori e la consegna di foto ricordo a personalità significative dell’Associazione Corale Luigi Gazzotti, ha aperto la serata il Coro La Fonte di Cognento seguito da due compagini storiche del territorio come la Corale Rossini, ultracentenaria, e la Corale Puccini di

Sassuolo, prossima anch’essa al traguardo dei 100 anni. Di grande impatto l’intervento del Gospel Experience Choir, tra i pochi cori italiani ad avere reale coscienza stilistica di un repertorio spesso affrontato con superficialità. Molto apprezzata la presenza del Coro Giovanile dell’Emilia Romagna che ha portato il segno di un futuro possibile per la grande musica anche nella nostra regione. Indimenticabili poi per qualità musicale e partecipazione emotiva le esecuzioni di tanti cantanti e strumentisti, tutti in vario modo legati alla storia musicale del Coro Gazzotti e ai suoi progetti passati e presenti: tra questi “amici” molti sono oggi arrivati ai più alti livelli internazionali, ma si sono comunque adeguati con gioia

Il Coro Luigi Gazzotti nel 2023

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Il Coro Luigi Gazzotti in scena nell’Elisir d’Amore di G. Donizetti

sincera all’impostazione della serata, sintomo di un rapporto vero creato negli anni dentro la musica: Marco Bussi, Sergio Foresti, Roberta Mameli, Daniela Pini, Paola Cigna, Nadia Engheben, Davide Ronzoni e Decio Biavati. Di rilevo poi la presenza di tanti strumentisti anch’essi in vario modo legati alla storia del coro. Nella settimana seguente alla maratona musicale si è poi inaugurata alla presenza delle autorità una mostra multimediale che ha sfruttato le notevoli possibilità tecniche degli spazi sotterranei dell’Ex Albergo Diurno recentemente restituiti alla città in Piazza Mazzini, luogo strategico del centro storico modenese. La possibilità di proiezioni professionali multiple ha permesso l’utilizzo contemporaneo di schermi di grandi dimensioni con un effetto spaziale di grande impatto. Cinque video proiettati in contemporanea ma con un’unica colonna sonora hanno raccontato 100 anni di intensa attività intrecciati alle vicissitudini storiche della città di Modena e della stessa Italia. Ha contribuito al successo dell’iniziativa una ricca serie di eventi collaterali come proiezioni commentate di concerti storici del coro e brevi esibizioni dal vivo a sorpresa. Serata delle grandi occasioni è stata poi quella del 14 maggio: presso il Teatro Comunale Pavarotti Freni si sono concluse contemporaneamente la stagione del teatro stesso e quella di Musica Canto Parola, che da alcuni anni l’associazione Gazzotti organizza 46

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assieme alla Gioventù Musicale ed altri soggetti. Teatro pieno all’inverosimile per una trascinante esecuzione dei Carmina Burana di Orff nella versione per 2 pianoforti ed un vasto ensemble di percussioni. Oltre al Coro Gazzotti hanno partecipato al concerto il Coro di voci bianche del Teatro Comunale Pavarotti-Freni, Scilla Cristiano soprano, Antonio Giovannini controtenore, Nicolò Ayroldi basso, Olaf John Laneri e Francesco Frudua pianoforti e l’Ensemble di percussioni di Mantova gestito da Athos Bovi. Giulia Manicardi ha diretto un concerto veramente da ricordare. Altra grande serata è stata quella del 14 ottobre scorso, con l’esecuzione a Modena dello Stabat Mater di Dvorák assieme al Romanistik Chor (nato all’interno dell’Università di Monaco di Baviera ma oggi attivo come organizzazione autonoma). Con il coro tedesco il Coro Gazzotti aveva già realizzato importanti progetti, tra cui un Requiem di Mozart registrato e pubblicato da Halidon Music: è quindi particolarmente significativa la loro presenza nell’anno del centenario, in ricordo delle tante collaborazioni realizzate negli anni sempre nel segno della grande musica.


L’Associazione Corale Luigi Gazzotti di Modena: una manciata di ricordi in una storia lunga un secolo DI MARIALUCE MONARI Allora pianista accompagnatrice, ora Direttrice della Corale Lirica San Rocco

Ripercorrendo il mio curriculum, ritrovo un lungo periodo della mia carriera legata a Federico Salce, da quando iniziò a collaborare con la Società Corale Orfeonica Euridice, allora (negli anni ’80) già centenaria e già diretta dal maestro di sempre Pierpaolo Scattolin, in cui io cantavo ormai da quasi dieci anni e con cui collaboravo anche come pianista e assistente-direttore, sino alla sua prematura morte avvenuta nel 2002. L’amicizia che ci legò da subito mi condusse poi a seguirlo nelle sue avventure, prima delle quali il gruppo da camera dell’Euridice stessa, poi la splendida esperienza del coro femminile Kalicantus, da lui fondato e di cui ero cantore e pianista. È in questo evolversi che mi ritrovai legata per alcuni anni alla Corale “Luigi Gazzotti” di Modena, di cui lui aveva assunto la direzione e di cui io divenni in quei pochi, ma bellissimi anni pianista e organista accompagnatrice. Il primo appuntamento che mi vide impegnata il 10 febbraio 1985 con la Gazzotti, che allora contava 50 elementi ben suddivisi nelle quattro sezioni, mi cita come maestro collaboratore in un concerto nella Chiesa di San Pietro a Modena con l’orchestra da camera “Enrico Petrella” di Cesena e un “tal” Carlo Colombara baritono, che cominciava allora la sua folgorante carriera. Programma la Messa in sol maggiore di Schubert, alcuni corali di Bach, Ave verum e Te Deum di Mozart. Questo era il clima che si respirava sotto la direzione di Salce e la presidenza di Mario Lodi, altro grande personaggio, un clima di grande professionalità, dove avevi possibilità di scoprire delle vere perle canore, di ritrovarti accanto a talenti che cominciavano a rivelarsi, il tutto miscelato da una grande amicizia e rispetto e in cui il momento della convivialità, così aggregante per un coro, si bilanciava perfettamente con la grande serietà e concentrazione delle prove. Ed eccomi al pianoforte ancora con Colombara e il soprano Luisa Cottifogli a Guiglia, per approdare nel dicembre dello stesso anno alle tastiere di bellissimi organi in una tournée austriaca nello Zillertal. La passione che si respirava e trasmessa da Federico fece sì che il coro nell’anno successivo incrementasse il numero di cantori, arrivando

a 60 ed era un vero piacere, anche se spesso la nebbia accompagnava i nostri viaggi serali automobilistici, recarci alla sede un po’ decentrata della corale. All’interno la nebbia si diradava, ci si scaldava cantando e ogni tanto anche brindando insieme. Tra i tanti aspetti che ruotano intorno ai cori, Salce spronava i coristi anche a partecipare ai concorsi europei e nell’aprile del 1986 approdammo alla XXII edizione dei Rencontres Chorales Internationales di Montreaux, momenti di confronto con le altre realtà corali e di grande aggregazione. Nello stesso anno ebbi la fortuna di entrare a far parte delle Celebrazioni di un primo centenario, il Centenario della nascita di Luigi Gazzotti, musicista vignolese cui il coro è intitolato e del quale quest’anno ricorre il Centenario della morte, e a Vignola queste Celebrazioni trovarono la loro degna collocazione con l’esecuzione di musiche pianistiche ed elegie liriche del compositore, completate dall’Orpheus, la cantata per soli, coro e orchestra, nella versione per canto e piano dell’autore stesso. In questa ottica i concerti si susseguirono, ma nella concezione del maestro non poteva mancare anche il lato della riscoperta ed è in questo ambito che va collocata la prima esecuzione a Modena del Christus e Miserere di Saverio Mercadante per soli, fiati, arpa, coro e basso continuo, a me affidato, che Salce diresse nella deputata Chiesa di San Pietro il 20 dicembre del 1987. La mia esperienza con la Corale Gazzotti si concluse nel 1988, quando cominciai a dirigere il coro che ancora seguo. Una piccola manciata di ricordi in una vita di cent’anni, ma che mi hanno riempito di esperienza, conoscenza, amicizia e soprattutto di buona musica.

Il Coro Luigi Gazzotti diretto da Federico Salce, 1995

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Voci nei Chiostri 2023 Concerti corali nei cortili e nei chiostri dell’Emilia-Romagna

DI GIANLUIGI GIACOMONI Direttore della Commissione Artistica AERCO

Il Festival Corale “Voci nei Chiostri” è giunto alla tredicesima edizione e, con cuore ed anima in sintonia con questi tempi travagliati, anche quest’anno è dedicato alla divulgazione del sentimento di Pace, valore estremamente condiviso ma messo a dura prova in questi particolari momenti della Storia che stiamo vivendo. Un’associazione corale ha un motivo in più che rafforza ed intensifica la forza della divulgazione: il coro è sinonimo di armonia, di condivisione come pure di divertimento e spensieratezza; le voci che contrappuntano, che si rincorrono, che si uniscono insieme a creare accordi in continuo mutamento, possono ben rappresentare un ideale di società unita, in cui tutti sono necessari, proprio in virtù del ruolo che svolgono, qualsiasi esso sia. E con una gioiosità di fondo, espressa dai cori in modo ancor più inteso rispetto ad altre arti, che vogliamo portare il nostro piccolo contributo. All’edizione 2023 appena conclusa hanno partecipato cinquantasei cori che, attraverso il lavoro di direttori, solisti, pianisti accompagnatori, e con l’intesa partecipazione di ciascun corista (ne abbiamo contati quasi 1500!) hanno ricamato di note molte serate. C’è stata una rappresentanza da parte di tutte le nove province della nostra Regione, cori da Lombardia e Trentino e la partecipazione anche di una corale dal Belgio. I concerti sono stati effettuati in piccole e medie località turistiche sia nelle zone collinari, sia nelle zone di pianura e marittime, sia infine in città importanti (Bologna fra tutte). Ciò ha consentito di farci ascoltare da quasi 6000 persone 48

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Coro Jubilate Deo

in presenza, dando attuazione a quanto proclama il motto, utilizzato anche quest’anno: “We move the world”. E non è banale evidenziare l’aspetto live di tutti i concerti, poiché questi riusciti happening ribadiscono la dimensione empatica propria anche del canto corale, difficilmente sostituibile con esecuzioni registrate. I trentacinque concerti hanno fatto vibrare voci in luoghi bellissimi, contesti di manifestazioni corali ma anche in luoghi inconsueti. La musica è infatti risuonata nei chiostri, nei cortili, nelle chiese, nelle piazze, in antiche pievi ed abbazie, in pinacoteche e biblioteche, andando ad accarezzare strutture ed opere d’arte pluricentenarie, unendo la prima espressione artistica musicale dell’essere umano, il canto, con meraviglie architettoniche piccole e grandi della nostra Regione. Tantissimi i generi proposti che hanno spaziato dalla musica antica a quella contemporanea, dalle armonie popolari alla monodia gregoriana, dalla musica etnica alla polifonia antica e moderna, sino al gospel. Ciò ha consentito di rappresentare al meglio l’arcobaleno di sensazioni, emozioni e sentimenti che compositori compresi in oltre otto secoli di storia hanno riportato sugli spartiti. È stato un viaggio attraverso la Storia della Musica Corale che, in virtù dei testi che


Ensemble Coelacanthus

Coro CantER

Coro Ildebrando Pizzetti

Coro Storie dai Monti

Voices in Colour

Corale La Zingarella - Prendi Nota

accompagnano la parte musicale, è l’espressione più adatta per comprendere uno spaccato reale e ‘dal basso’ della vita delle persone. Di rilievo anche l’aspetto legato alla terra di origine dei compositori proposti (da contesti regionali e nazionali sino a quelli internazionali), che ha ulteriormente arricchito il viaggio culturale, che è così diventato anche un percorso geografico, con ascolto di racconti, ritmi, armonizzazioni provenienti da più tradizioni. Per quanto riguarda il dato più propriamente esecutivo (che si riflette anche in un inevitabile dato estetico) è stata grande la diversificazione di tipologie di gruppi ed ensemble che hanno partecipato: si sono succeduti cori polifonici, cori popolari sia misti che a voci pari, cori giovanili, cori a carattere interculturali, cori gospel e a gruppi vocali accompagnati da strumenti

tradizionali o appartenenti alla tradizione internazionale. Di rilievo anche il coinvolgimento attivo di tanti musicisti professionisti, spesso in qualità di direttori ed in veste di accompagnatori (in particolare pianisti e solisti). L’affiancamento di musicisti ad una attività didattica e performativa pur svolta non a livello professionistico (ma alcuni cori ne sfiorano le vette) è di grande utilità per conseguire una sempre più brillante attività esecutiva da parte di tutti i nostri Cori associati. Concludo con i ringraziamenti che vorrei porgere, con sincera gratitudine, da parte di tutta la Commissione Artistica di AERCO – nonché mia personale – a tutti i coristi, i direttori ed i musicisti che hanno aderito all’iniziativa: senza di loro niente di tutto questo sarebbe stato possibile.

VOCI NEI CHIOSTRI 2023

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Le masterclass di AERCO a Malta Medieval Sounds in Malta DI LUCA BUZZAVI Direttore di Coro, docente della Schola Gregoriana Ecce e della Scuola per Direttori e Cantori AERCO Academy Lo scorso anno, nel weekend dal 21 al 23 ottobre, il Coro Nazionale Maltese KorMalta (dir. Riccardo Bianchi), in sinergia con AERCO, ha organizzato una intensa masterclass dal titolo Medieval Sounds: The Powerful of Gregorian Chant (Sonorità medievali: la potenza espressiva del Canto Gregoriano), individuando come docente ospite colui che scrive queste poche righe di racconto. Fin da subito è sorta una splendida intesa e collaborazione con i partecipanti provenienti dal già citato KorMalta e dal coro della Concattedrale di La Valletta, diretto da Christopher Muscat. I cantori, circa cinquanta, hanno da subito mostrato un interesse entusiasta verso le notazioni gregoriane diastematiche e adiastematiche, dimostrandosi collaborativi sia nella comprensione dei contenuti che nell’interpretazione vocale dei brani oggetto di studio, garantendo un

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livello qualitativo e un clima decisamente favorevoli all’approfondimento di temi così complessi e spesso troppo lontani dal percorso di crescita dei cori. Sapere che tutto il workshop è stato patrocinato dall’Istituto Italiano di Cultura, organismo facente parte del Ministero degli Esteri, è senza dubbio fatto di pregio. Di pregio, d’altronde sono state anche la grande amicizia e ospitalità riservateci. Il weekend si è concluso, infine, con una emozionante e intensa celebrazione domenicale nella Concattedrale di La Valletta, dedicata a San Giovanni, alla presenza di tutti i cantori e maestri con l’esecuzione, oltre che del repertorio gregoriano preparato, anche di alcuni mottetti composti dal m° Muscat. Da lasciare letteralmente a bocca aperta è stato il momento di ritrovo e riscaldamento della compagine corale, avvenuto di fronte alla meravigliosa Decollazione di San Giovanni Battista di Caravaggio. Un’avventura indimenticabile, sicuramente, che ha fatto nascere nuove amicizie nel segno del Canto Gregoriano.


La masterclass di polifonia rinascimentale tenuta da Silvia Perucchetti a Naxxar (foto di Marcello Romani)

Polyphony & Renaissance The Age of Revival A CURA DI SILVIA PERUCCHETTI Musicologa e direttrice di coro

Dal 14 al 16 aprile 2023 le masterclasses organizzate da AERCO unitamente al Coro Nazionale Maltese KorMalta diretto da Riccardo Bianchi sono proseguite con l’approfondimento “Polyphony & Renaissance. The Age of Revival” dedicato alla musica del secondo ‘500, da me tenuto nella chiesa di Naxxar (Malta). Il coro di allievi, composto da circa 20 corsisti in gran parte membri di KorMalta - a cui si sono aggiunti anche coristi amatoriali e altri studenti di canto residenti sull’isola - ha avuto modo di approfondire (e talvolta scoprire per la prima volta) la colorata iconografia che ci tramanda i luoghi e la prassi esecutiva della polifonia rinascimentale, la teoria del tactus, l’aspetto delle fonti e della notazione. Fin da subito il gruppo ha avuto modo di provare a cantare leggendo dalle fonti in notazione e chiavi antiche: prima un “riscaldamento” su di un brano monodico per la Pasqua tratto dalle Piae cantiones del 1582, per familiarizzare con la notazione mensurale bianca e la tecnica di lettura per intervalli (che permette di non attardarsi ‘traducendo’ la melodia nelle più familiari chiavi di violino e basso, bensì di cantare più speditamente concentrandosi sull’intonazione dei salti). Poi ci si è dedicati ad una delle incantevoli Ave maris stella di Tomás Luis de Victoria a 4 parti e all’inno di compieta a 5 voci Te lucis ante terminum di Thomas Tallis, un

capolavoro assoluto di sintesi e maestria armonica. Un ricordo indelebile per tutti rimarrà credo l’esecuzione del Sicut cervus di Palestrina sempre leggendo dalle fonti (stampate per l’occasione in formato A3, in modo da replicare la dimensione del grande libro corale posto sul badalone, da cui tutti i cantori leggevano il canto piano e la polifonia): un brano amatissimo anche fra i cori maltesi che ha suscitato notevole commozione («goosebumps», pelle d’oca!), anche perché la disposizione dei coristi intorno al libro corale, davvero a fianco a fianco e battendo il tactus l’uno sulla spalla dell’altro porta a sentir fluire la musica e la pulsazione comune in modo molto più fisico (per non dire fisiologico) rispetto a quanto siamo abituati modernamente, ognuno al proprio ‘singolo’ posto con la propria personale cartella. Di grande interesse anche la visione di alcuni libri corali ottocenteschi conservati nell’archivio della chiesa di Naxxar, che alcuni corsisti hanno ricordato essere simili a quelli antichi visti durante il corso e che effettivamente testimoniano l’utilizzo della disposizione ‘a libro corale’ (nonché la persistenza di musiche di Palestrina) anche in secoli molto più recenti, e presumibilmente fino a tutta la prima metà del ‘900. Il corso si è concluso con l’animazione musicale della S. Messa domenicale nella Concattedrale di S. Giovanni Battista a La Valletta, con l’aggiunta dell’esecuzione a gruppo piccolo di una messa a tre voci di Byrd e la partecipazione di Christopher Muscat all’organo.

LE MASTERCLASS DI AERCO A MALTA

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Uno dei grandi libri corali ottocenteschi conservati nell’archivio della Chiesa di Nostra Signora delle Vittorie a Naxxar (foto di Marcello Romani)

Il melodramma italiano e la polifonia contemporanea A CURA DI DANIELE SCONOSCIUTO Direttore del Coro Giovanile dell’Emilia Romagna The World of Opera. Notes from Italy Il fascino dell’opera italiana non sembra conoscere appannamenti e, ancora oggi, i cartelloni dei teatri d’Italia e del mondo sono ricchi di Titoli dei ‘nostri’ melodrammi, divenuti un must nella produzione degli spettacoli. Cantanti lirici e direttori musicali studiano e si specializzano su questo repertorio consolidato e, assieme a registi - scenografi – costumisti, offrono nuove interpretazioni alla luce del contesto storico in cui l’opera è stata scritta e, non di rado, la attualizzano in chiave moderna e contemporanea. All’interno del ‘magma evolutivo’ dell’opera, il Coro ha assunto sempre più un ruolo di rilievo e da semplice commentatore dell’azione teatrale diviene, nel tempo, co-protagonista al pari dei personaggi interpretati dai cantanti solisti. A tal proposito la Masterclass sui Cori d’opera ha visto cimentarsi il KorMalta nello studio e nell’esecuzione di questo repertorio, dalle origini del melodramma in epoca barocca nel L’Orfeo di Monteverdi, al Verismo passionale della Cavalleria Rusticana di Mascagni, a quello elegante e ricercato della Tosca di Puccini, passando attraverso lo spassoso Elisir d’amore di Donizetti e il ‘dramma corale’ del Nabucco di Verdi. In modo particolare sono stati oggetto di analisi e 52

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confronto le diverse tipologie di vocalità corale, con riferimenti al Belcanto italiano e al lirismo drammatico; sono stati esaminati i testi poetici per favorirne la fruizione e scoprirne, attraverso l’analisi metrica, l’aderenza con la musica, anche in funzione del ruolo del coro; infine, è stata di volta in volta evidenziata la relazione fra i diversi personaggi e il coro per poterne cogliere al meglio la collocazione e la veste assunte all’interno dell’opera. Contemporary & Modern. Unbounded Harmonies Il workshop dedicato al repertorio corale moderno e contemporaneo a cappella ha dato la possibilità, ai direttori maltesi che hanno frequentato con profitto, di ‘mettersi in gioco’, dirigendo un coro-laboratorio d’eccezione come il Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna, nato dalla volontà di AERCO e giunto al suo sesto anno di attività. Il weekend di studio si è articolato in tre fasi distinte


secondo un ordine di tempo e di location: la prima si è svolta nella Chiesa di Tutti i Santi nella città di Tarxien ed è stata dedicata squisitamente alla tecnica direttoriale e all’analisi dei brani di repertorio oggetto della Masterclass fra i quali O Sacrum Convivium di Luigi Molfino, Earth Song di Franck Ticheli, O filii et filiae di Ivo Antognini, The Lamb di John Tavener, Regina Coeli di Romuald Twardowski ed In Paradisum di Edwin Fissinger; la seconda fase, anche questa a Tarxien, ha visto i direttori selezionare uno dei brani del suddetto repertorio e ‘sperimentarlo’ in prova direttamente col Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna; infine nella terza fase è stata data ai direttori la possibilità di dirigere il Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna impegnato nell’animazione liturgica della celebrazione della Santa Messa domenicale nella concattedrale di San Giovanni Battista a La Valletta. Il Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna, oltre a svolgere il ruolo di coro-laboratorio per il workshop e di coro d’animazione liturgica per la Messa, ha proposto nella Chiesa di Tutti i Santi a Tarxien, con la direzione del proprio direttore, un concerto che ha visto partecipe un pubblico numeroso, attento nell’ascolto di un repertorio tutto dedicato a brani corali moderni e contemporanei eseguiti a cappella.

LE MASTERCLASS DI AERCO A MALTA

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Repertorio

Cantate Domino di Fabio Luppi

DI FABIO LUPPI Compositore

Fabio Luppi, nato a San Giovanni in Persiceto (Bologna) nel 1992, è diplomato in composizione, pianoforte, clavicembalo, strumentazione per banda, musica da camera e composizione corale e direzione di coro con lode e menzione d’onore presso il Conservatorio G. B. Martini (Bologna). Ha ricevuto riconoscimenti in vari concorsi di composizione in Italia e all’estero. Ha inoltre pubblicato partiture e CD di musiche cameristiche, corali ed orchestrali e collabora con il coro “Gin no suzu” di Shimizu, in Giappone, componendo e dirigendo brani per il Centro musicale MarinArt. Il suo “Cantate Domino” per coro SSAA è un’opera divisa in tre parti che celebra

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REPERTORIO

la grandezza di Dio. Nella prima parte, più ritmica e contrappuntistica, il coro femminile rappresenta un coro angelico che esalta i prodigi del Signore. La parte centrale crea un dialogo antifonale con cromatismi particolari per un’atmosfera mistica, culminando in una celebrazione delle meraviglie divine. La terza parte richiama l’inizio della prima e si conclude con un unisono finale che riflette l’unità del corpo, seguendo il messaggio di San Paolo Apostolo: il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo.


CANTATE DOMINO

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CANTATE DOMINO

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EVENTS 2024 International Choir Competitions and Festivals

Phnom Penh First International Choir Competition

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3RD SING’N’PRAY KOBE – INTERNATIONAL CHOIR FESTIVAL & COMPETITION January 25-29, 2024 | Kobe, Japan 3RD VOX LUCENSIS March 23-27, 2024 | Lucca, Italy 15TH INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION AND FESTIVAL BAD ISCHL April 27-May 1, 2024 | Bad Ischl, Austria INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION PHNOM PENH May 29-June 2, 2024 | Phnom Penh, Cambodia 13TH WORLD CHOIR GAMES July 10-20, 2024 | Auckland, New Zealand 2ND INTERNATIONALES CHORFEST MAGDEBURG September 11-15, 2024 | Magdeburg, Germany ON STAGE IN MADRID September 19-22, 2024 | Madrid, Spain SING’N’JOY BOHOL October 2-6, 2024 | Tagbilaran City, Bohol, Philippines 5TH KALAMATA INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION AND FESTIVAL October 10-14, 2024 | Kalamata, Greece 2ND SING FOR GOLD – THE WORLD CHORAL CUP October 24-28, 2024 | Calella & Barcelona, Catalonia (Spain) ON STAGE IN PRAGUE November 7-10, 2024 | Prague, Czech Republic 3RD LISBON SINGS November 7-11, 2024 | Lisbon, Portugal

interkultur.com as of December 2023

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@interkulturevents

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CONCORSO NAZIONALE

CORALE Giuseppe S AVA N I

Concorso Corale Nazionale Giuseppe Savani a Carpi, dal 3 al 5 Maggio 2024

AERCO - Via Barberia, 9 - Bologna (BO) - Tel. +39 051 0067024 - ufficio@aerco.emr.it - www.aerco.it

www.concorsocoralegiuseppesavani.it


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