Corti&Autori. La storia dei Corti italiani

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tempo delle forme brevi non è quello accelerato e miniaturizzato oppure dilatato e infinitamente espanso delle avanguardie, è quello frammentato del consumo mediologico. E la sala è (senza dubbio: è stata) per natura, per rigidità tecnologica, per tipo di organizzazione del lavoro, ostile al diverso, ferma a mezzo secolo fa rispetto a un mondo in cui “le visioni si accavallano con frequenze inimmaginabili”. Vero motore della scomposizione della séance in infinite ipotesi di corti è ovviamente la TV matura con la sua articolazione di canali e durate, compresa quella trasversale, soggettiva, libera dello zapping. È la surmodernità del corto, per usare la terminologia di Serge Daney, esperienza espansa e illimitata nei suoi spazi d’uso, nata grazie alla TV e che in TV è arrivata - nel senso che la fine tendenziale delle reti generaliste ha accelerato la critica e la definitiva disintegrazione di una tradizionale testualità - e ad un tempo non è ancora arrivata, nel senso di una sua assunzione totale da parte dei gestori mediologici. Il disgregarsi di una nozione monolitica di tempo e di durata apre spazi di ricerca di senso nella ricostituzione del “corpo di un consumo”.. Forse non c’è stata (non c’è ancora stata) la svolta epocale prevista, a portare la “complessità temporale“ anche dentro le sale e non solo dentro le storie raccontate sugli schermi. Certo, il rinnovato interesse per le forme brevi ha rappresentato l’epifania di un sogno-bisogno “di tanti film corti, cortissimi, lunghi, lunghissimi, fluviali, interminabili o fulminei“, in grado alla fine di introdurre un’instabilità che non ha paura del caos e delle strutture dissipative in quanto utopie di un nuovo e più complesso ordine. In processi che hanno radici differenziate nei vari paesi (brutalmente liberiste eppure alla fine creative, negli USA e in Inghilterra; di difesa protezionistica di una cultura e di una identità nazionale in Francia), il corto è da sempre il segno dell’attualità del cinema. Una sorta di detector di realtà e cambiamento. Qualsiasi forma di coscienza delle forme brevi non può non muoversi su questi territori, purché li si assuma non in maniera normativa ma come linea di tendenza. Per una ragione essenziale: perché qui si trovano i fondamenti strutturali (non estemporanei, di gusto, estetici) dell’attuale esplosione di quell’area di fenomeni espressivi che possono essere ricondotti alla dimensione del corto, anche se ciascuno diverso, ciascuno risultante di processi diversi di decostruzione e ricodificazione di forme e formati dei media. Ciascuno può tentarne una classificazione: short story, video-art, videoclip, spot pubblicitari, scorie o schegge che sono “la deriva di figure, testi, memorie in disfacimento”, sigle, trailer, intervalli come “stimoli all’attenzione distratta”, ipertesti, ecc., ecc., in un elenco che sembra un gioco ed è 11


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