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La stupidità ci appartiene
BENEDETTA INVERNIZZI, 2cc
Se provo a riflettere su che cosa sia la stupidità, troppe informazioni, idee e pensieri affollano la mia mente e mi arrendo dopo poco, incapace di trovare un filo conduttore nel gomitolo dei miei pensieri. L’occasione perfetta per sbrogliare questa matassa mi si è presentata approfondendo l’argomento nella lettura de “I promessi sposi”. Ora mi rendo conto di quanto la stupidità di cui ci parla Manzoni non sia poi tanto lontana da quella che viviamo ogni giorno; anzi, probabilmente quella trattata dall’autore, nel tempo, al posto di diminuire, è solo aumentata.
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STUPIDA AUTORITÀ
È triste pensare che le autorità stesse siano fonte principale di stupidità. Autorità che dovrebbero essere un punto di riferimento per il popolo, e farsi notare e ricordare per il proprio carisma e personalità; e invece no. Al giorno d’oggi alcune figure autoritarie della politica, italiana e non, spiccano tra le altre per la loro stupidità, non tanto legata ad una mancata istruzione e cultura, ma ancora peggio alla noncuranza delle azioni che compiono e delle parole che dicono, alle quali spesso e volentieri non danno un peso, come se milioni di persone non pendessero dalle loro labbra, aspettando soluzioni efficaci ai problemi della loro nazione; e invece no: dalle loro bocche escono parole non ragionate, e nelle loro menti azioni
insensate prendono spazio, come se non influissero sull’andamento di un paese intero. Eccolo il “potere stupido” come definito da Giorgio Boratto in un suo articolo, eccolo il potere che appartiene ai nostri giorni. Manzoni però ci insegna che un potere stupido c’era anche nel 1600, e ci presenta la figura del consigliere Antonio Ferrer, esempio perfetto di stupida autorità. Vediamo quest’uomo protagonista di una delle scene più significative del romanzo, “l’assalto ai forni”. Leggendo il capitolo, per un attimo, ho pensato davvero che fosse un uomo per bene, che avesse messo un calmiere al prezzo del pane per il bene del popolo, cosa molto strana nel regime spagnolo del 600, basato su corruzione e atti illeciti a favore dell’aristocrazia; e invece no: Ferrer si è semplicemente dimostrato un povero stupido, che appena si è sentito attaccato dai fornai, ha revocato il calmiere provocando la rivolta della folla. Mi sono dunque resa conto di quanto questo personaggio, spinto da un lato dalla voglia di acclamazione e dall’altro dalla pressione delle autorità spagnole che era stato tenuto a sostituire, sia l’incarnazione perfetta delle figure politiche che vediamo noi oggi: corruttibile, populista ed incoerente con le sue stesse decisioni e pensieri, incapace di tenere sotto controllo una folla, vittima principale della sua stupidità.
LA FOLLA: UNA MASSA INFORME CONDIZIONATA DALLA STUPIDITÀ
Come dicevo, la folla è vittima della stupidità delle autorità e ne è condizionata a tal punto da commettere azioni altrettanto stupide. A parer mio, personaggi come Ferrer si appoggiano proprio alla folla, soprattutto in momenti di confusione generale o di difficoltà, in quanto molto influenzabile ed incapace di ragionare lucidamente poiché presa dalla preoccupazione e dalla frenesia. Forti personalità non hanno certo bisogno di fare ciò per ottenere forza e consenso, a queste basta infatti mostrarsi per quel che sono senza dover ricorrere a certe soluzioni. Certo è che le azioni della folla non possono essere giustificate dalla compassione o dalla pietà. Credo che in una rivolta come può essere “l’assalto ai forni” o l’assalto ai supermercati vissuto durante l’attuale pandemia, molti si siano effettivamente resi conto di quanto fosse sbagliato,
irrispettoso, egoista e stupido ciò che stavano facendo, ma che attirati dal vortice della folla, trascinati via da questa massa informe, abbiano preso parte alla rivolta, talvolta convincendosi che fosse corretto. Spesso e volentieri però, questi gruppi dopo aver preso parte alla rivolta generale, ne creano una tutta loro, che va a colpire soggetti fragili come loro stessi erano e sono ancora.
LA STUPIDITÀ DEL BULLO
Ancora una volta Manzoni ci presenta una realtà facilmente riconducibile a quella attuale, che noi ragazzi nel corso degli anni abbiamo potuto vivere come spettatori o peggio come vittime: il bullismo. Nella scena finale del 14° capitolo, l’autore ci proietta nell’osteria in cui Renzo ha trovato ristoro e riparo per la notte. Qui Renzo, preso da mille pensieri e preoccupazioni comincia a bere, a tal punto da ubriacarsi ed è proprio al culmine della sua ebbrezza che un gruppo di uomini frequentatori dell’osteria cominciano a prendersi gioco di lui privandolo della sua dignità, approfittando della sua condizione. È qui che sta la codardia del bullo, che essendo lui stesso debole, si circonda di altre persone altrettanto deboli che si fanno forza a vicenda per imporsi su una persona più debole di loro. La debolezza della vittima non sta certo nella poca intelligenza o insicurezza che invece caratterizza il bullo, quanto nell’incapacità circostanziale di reagire, poiché presa sola o in una situazione di disagio come quella di Renzo. Io per i bulli provo pena, sono persone estremamente deboli che potrebbero aiutarsi l’un l’altro a superare insieme le loro debolezze, non a picchiare un povero ragazzino,. Fateci caso, avete mai visto un bullo da solo? Io no. Avete mai visto un bullo scontrarsi con una persona più forte di lui? Io no. Allora chi sono i bulli? Dove sta la loro stupidità? La stupidità del bullo sta nella sua incapacità di affrontare le proprie debolezze per paura di mettersi a nudo con se stesso e con gli altri, per mostrarsi meno forte di quello che vuole far credere. Mi ha colpito una riflessione, sempre di Giorgio Boratto che credo riassuma appieno le considerazioni che ho fatto: “Il potente ha poca energia da dedicare alla sua vita privata, non ha solitamente emozioni da condividere e non riesce a gestire in modo sano i sentimenti e gli affetti”. Penso che
scoprire se stessi sia il primo passo per capire gli altri. Nella vita di tutti i giorni, mi capita spesso di immedesimarmi negli altri, prima di compiere una qualche azione o di dire qualcosa, non per paura di esprimere le mie opinioni, ma perché vivo secondo il detto:”Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”. Questo detto non è certamente adatto a tutti, poiché fortunatamente non siamo tutti uguali, ma diversi e speciali a modo nostro, però conoscendo se stessi si riesce molto meglio a capire il prossimo, evitando di compiere azioni che possano crearne il disagio.
Alla conclusione di queste considerazioni posso finalmente dire di aver sciolto buona parte dei nodi di quella matassa che ostruiva il mio pensiero e di essere dunque arrivata alla conclusione che per me la stupidità è l’incapacità di immedesimarsi negli altri per la poca conoscenza di se stessi e l’egoismo verso il prossimo, che porta al compimento di azioni sbagliate e per l’appunto stupide.