
3 minute read
Putin birichino
STEFANO ROVERE, 4D
In questi giorni nelle piazze di tutto il mondo si sono organizzate proteste e manifestazioni a sostegno della popolazione ucraina. A Berlino mezzo milione di persone si sono riunite a questo scopo, in Italia si sono organizzate raccolte di oggetti di prima necessità che sono stati spediti a Kyiv, Kharkiv, Odessa e in altre principali città dove si combatte il conflitto. Ma la cosa più impressionante non credo sia il sostegno generale da parte dell’intera Europa, ma il sostegno interno alla Russia verso l’Ucraina. Hanno fatto il giro dei social le immagini proveniente dalla Piazza Rossa, a Mosca, o dalle vie di metropoli quali San Pietroburgo e Volgograd, dove membri di ogni parte della popolazione sono scesi per manifestare contro il conflitto armato e contro questa guerra impopolare, che finora sembra essere di un solo uomo: Vladimir Putin. E quali possono essere le ragioni di tale impopolarità? Immedesimiamoci per qualche minuto in un cittadino della capitale della nazione più estesa del mondo. Da un giorno all’altro, a un migliaio di chilometri da me scoppia una guerra. Sempre da un giorno all’altro, vengo a sapere tramite il telegiornale che tutti i più importanti paesi del mondo hanno imposto, sul mio, pesanti sanzioni economiche, che fanno crollare il valore della moneta, il rublo. L’inflazione sale alle stelle. Se ieri con 80 rubli compravo un chilo di pane, oggi me ne servono 160. Corro a prelevare per ritirare più soldi possibili, ma una volta arrivato mi mandano indietro perché non ci sono più soldi da ritirare, e se ce ne sono trovo anche file lunghe centinaia di metri agli sportelli. Come se non bastasse, decine, poi centinaia di brand
Advertisement
decidono di non vendere più prodotti nella mia nazione. In televisione, i canali statali, stanno però parlando di un intervento militare specifico, mirato solo ed esclusivamente a demilitarizzare un governo neonazista che da anni tormenta e perseguita delle minoranze. Nonostante ciò, sui social iniziano a girare filmati che riprendono bombardamenti su centri abitati, poi soldati che sparano su ospedali, veivoli con simboli delle forze ucraine che si rivelano essere in realtà russi, e ogni altro genere di crimini di guerra. Finché i social non vengono banditi. È stato infatti approvato dalla Duma (camera bassa del parlamento russo) un provvedimento per cui “diffondere notizie false sugli interventi militari” porterebbe a 15 anni di carcere, e il Cremlino decide di bloccare Facebook, Twitter e Tik Tok perché organi di disinformazione. E i social non sono i soli, in un rapido esodo anche le televisioni private e i giornali indipendenti lasciano la scena pubblica. Le persone, preoccupate dall’invio di giovani soldati verso un fronte sconosciuto, si riuniscono in piazza e protestano, chiedono a un governo non eletto di cessare il fuoco, di evitare una guerra sotto i loro occhi inutile. Ma, in tutta risposta, le truppe ricevono l’ordine di sopprimere le rivolte. E così, le stesse persone che chiedono la pace per una guerra a centinaia di chilometri di distanza, ricevono una dimostrazione di pace tutta loro: le manganellate. O, dove non si può, gli arresti. Arresti verso chiunque, studenti, lavoratori, anziani o bambini che siano. I numeri non ci sono, con precisione, ma la Farnesina parla di ben 15mila persone arrestate in pochi giorni per proteste pacifiste. Un bel numero. E in tutto questo, le reti nazionali cominciano a malfunzionare. Nel giro di pochi giorni, sono stati trasmessi per più volte filmati di guerra, su tutti i canali. In questi video si vedono soldati russi che, sotto il fuoco nemico, cadono o vengono fatti prigionieri, in un’immagine un po’ diversa da quella propagandata da parte del Cremlino. Cremlino, i cui siti hanno smesso di funzionare ormai da giorni, e del quale non c’è modo di riceverne comunicazioni ufficiali, se non proprio dalla TV. È quindi da chiedersi come sia possibile che la macchina della propaganda russa abbia fallito e stia fallendo
così tanto, la stessa a cui si sono appoggiati partiti populisti di tutto il mondo, Italia compresa. Come sia possibile che l’Europa intera si sia schierata compatta contro un membro così rilevante di accordi internazionali di ogni tipo, mettendo d’accordo anche i partiti che più gli sono stati vicini, i cui leader si immolano ora anche in imprese eroiche pur di far dimenticare all’opinione pubblica il loro passato. Che si tratti proprio di Putin, all’apice delle sue marachelle?