STORIA 15
AMULETI E TALISMANI SARDI di Morena Deriu Pietre incastonate in cestini di filigrana, campanelli appesi a nastri verdi o gialli, oggetti di uso quotidiano arricchiti da simboli protettori: la Sardegna è ricca di amuleti e talismani destinati a tutelarne i possessori. Perché se è vero che per tradizione chi era responsabile del malocchio, lo era inconsciamente (per un sentimento d’invidia che lui stesso nemmeno sapeva di provare), è anche vero, però, che le conseguenze di un malocchio non “curato” potevano essere nefaste. Ad amuleti e talismani, quindi, il compito di proteggere adulti e, soprattutto, bambini da occhi troppo invidiosi.
1
Kokkos (1). Le caratteristiche pietre nere di questi amuleti (onici, giaietti o giavazzi) sono probabilmente tra le più diffuse in Saredgna quando si
tratta di proteggere i bambini dal malocchio. A queste erano, infatti, attribuite proprietà apotropaiche (scaccia malocchio) sin dall’antichità e in gran parte d’Europa. Traforate sui due lati per tenere insieme il supporto metallico della filigrana in argento, queste pietre nere (di recente sostituite da pasta di vetro) rappresentano il cuore de su kokku che, per tradizione, era regalato ai bambini al battesimo. A esse spettava il compito di assorbire la iettatura e di “rompersi” al posto del destinatario nel caso l’invidia fosse stata particolarmente forte.
Pedras de latte (2). Dai bambini alle mamme: le “pietre di latte” sono, infatti, piccoli oggetti in vetro opale2 scente, spesso ornati con applicazioni in filigrana, che le neomamme tenevano appuntati sul seno opportunamente abbrebados (e, quindi, “trattati” con parole e formule magiche). L’intento era scongiurare il malocchio e, allo stesso tempo, garantirsi la produzione di latte. Diffuse (con tratti simili) anche nell’Italia meridionale, sas pedras de latte sono una testimonianza della preoccupazione (diffusa un po’ ovunque) da parte delle madri di non riuscire a garantire il nutrimento necessario ai propri figli. Nuscheras e agullas (3). “Portaprofumi” e “agorai”: anche queste ampollette e astucci tubolari originariamente preposti alla raccolta e conservazione di profumi e aghi, arricchiti da campanelli e sonagli, si sono trasformati con il passare dei secoli in amuleti contro il malocchio. Spuligadentes (4). È la parola stessa a dirlo: anche in questo caso è un oggetto di uso quotidiano come lo “stuzzicadenti” a essere diventato un amuleto. Lo testimoniano gli “occhi di Santa Lucia”, le immagini sacre, le manine e i piccoli falli in corallo con cui è adornato. I più semplici (con profilo centrale a forma di cuore da cui partono due elementi ricurvi contrapposti) ricordano ancora nella forma la funzione originaria di stuzzicadenti o nettaorecchi da appendersi agli abiti e usare all’occorrenza.
Ad arricchire e completare nella loro funzione apotropaica tutti questi amuleti erano, poi, campanelli, occhi di Santa Lucia e piccoli oggetti in corallo, già di per sé dotati di un’importante valenza “scaccia malocchio”. Il suono dei sonagli garanti4 va, infatti, protezione dagli influssi negativi e gli occhi di Santa Lucia (nient’altro che l’opercolo della conchiglia Turbo rugosus, comunissima nelle spiagge sarde) montati su anelli, appesi al collo o inseriti in altri talismani, garantivano protezione dal malocchio insieme anche ai numerosissimi oggetti in corallo presenti in tutta l’isola. Tra questi, la manufica (diffusa nell’area mediterranea e latino-americana), con la mano chiusa a pugno e il pollice che spunta tra l’indice e il medio, ha per gli studiosi un evidente significato sessuale. Rimanderebbe, infatti, alla congiunzione dei due sessi che, uniti, avrebbero grande potenza deprecativa. Il malocchio, però, poteva colpire non solo donne, uomini e 3 bambini ma anche animali, casa e campi. Per scongiurarlo, erano posti a protezione amuleti raffiguranti coppie di cavallette che, a Nuoro, si provvedeva a far benedire ogni anno in occasione della festa di San Timoteo. Attenzione al malocchio, quindi: per chi ci crede, la Sardegna ha tante soluzioni da offrirgli. Foto tratte dal libro: "Gioielli: Storia, linguaggio, religiosità dell'ornamento in Sardegna”; Ilisso Edizioni, 2004.