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BACCO, TABACCO E…CENERE

Sul finire del giorno, prima che la sera inizi, non è difficile imbattersi in chiassosi manipoli di giovani intenti a vivere scampoli di tempo libero. Spesso mi sono chiesto quanto sia poi libero quel loro tempo, affogato fra scontati stereotipi e flemmatiche consuetudini. L’effetto del tempo libero, dovrebbe essere quello del recupero di energie e alimentare un rinnovo psico-fisico, indispensabile per affrontare il domani prossimo, e futuro. Sempre in maniera più frequente, la maggior parte dei giovani affidano invece la loro rigenerazione energetica ad un calice di vetro patinato di alcol, che non è mai pieno e non è mai vuoto. In una mano il bicchiere, nell’altra lo smart phone, ed in mezzo il forte desiderio di emulazione. Gesti scontati, ripetuti, naturali nella ostentazione di questo comportamento ormai diventato di massa. Non voglio condannarli a priori, perché tutti siamo stati giovani e tutti abbiamo trasgredito, chi più, chi meno, alle canoniche regole della sana condotta adolescenziale. Magari noi giovani degli anni settanta non esercitavamo la pratica dell’ostentazione ma, col nostro bicchiere pieno di alcol e speranze, trovavamo rifugio lontano da occhi severamente giudicanti. Oggi è l’esatto contrario, e quel calice trasgressivo, viene messo in mostra come fa il sacerdote sull’altare.

DETTO TRA NOI... di Sergio Grifoni

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Tutti imbottigliati nelle spire di condizionamenti sociali, propri del consumismo e alimentatori dei messaggi comunicativi che attraversano il mondo giovanile, e non solo, alla velocità della luce.

Oggi più che mai non si vive in una campana di vetro, ma nel contesto di una società in rapida trasformazione, in un habitat in cui i fattori organizzativi e sociali portano spesso ad un superamento repentino del proprio pensare, essere e fare.

Tale fenomeno porta il giovane a trasformare con facilità i suoi modelli comportamentali, i costruiti sistemi di valori, le già individuate categorie culturali. Tutto ciò per evitare l’emarginazione, più dal gruppo, che dalla società.

E’ solo questo, o esistono altre motivazioni all’abitudine forzata del bere? Presumibilmente il consumo di alcol è strettamente legato alla necessità di raggiungere uno stato di benessere, di apparente euforia e, soprattutto, di arrivare a quello stadio di disinibizione che porta a fare ciò che, da sobri, sembra impossibile. Un coraggio forzatamente indotto, farà ritornare però sempre la paura.

Nel gergo comune, si dice in vino veritas, proprio perché l’excamotage etilico viene utilizzato per rompere freni interiori e corre- re verso la incontrollata spontaneità.

Non sarà mai però un prolungamento della quotidianità. Anche perché nel momento in cui quei fumi terminano il proprio effetto, ritornerà l’insicurezza, e si perderà anche la memoria delle azioni compiute con l’ardimento dato dal calice. Attimi effimeri vissuti lontani dalla realtà, incoraggiati dal fatto che la raggiunta spregiudicatezza mentale e comportamentale, facilita anche un rapporto migliore con gli altri e fa sentire parte integrante del “branco”.

Non si riesce spesso a comprendere che lo stare insieme senza consumare eccessivo alcol, è sicuramente un divertimento più consapevolmente vissuto e, di conseguenza, più felicemente ricordato. Esiste una differenza sostanziale fra uso ed abuso. Giudizi esageratamente giustificativi portano a dire che è meglio bere che drogarsi, senza rendersi conto che l’alcol stesso, se diventa dipendenza, è droga e, come tale, sarà causa di disturbi fisici, ansiosi e depressivi.

Questo soprattutto quando si accentua il fenomeno della sua tolleranza e della fisiologica metabolizzazione, che porta il giovane a consumarne sempre di più, per poter raggiungere lo status mentale che lo farà entrare nel vortice della piacevole incoscienza. Non è semplice cambiare questo status symbol, perché il fenomeno abbraccia l’insieme e non il singolo, anche se dal singolo occorrerà partire.

Cosa fare?

Probabilmente incominciare ad ascoltare per sentire e capire, con la consapevolezza che, a volte, anche nei silenzi ci può essere eloquenza. Ed è sbagliato pensare che esistono solo determinati adolescenti a rischio, solo perché appartengono a classi sociali svantaggiate culturalmente ed economicamente. Quando un giovane scende dalla sua Ferrari, e brinda con l’amico sceso dalla Panda, il calice è sempre lo stesso, ed identiche sono le cause e gli effetti. Magari il risveglio, quello sì, sarà diverso.

Un ruolo educativo importante lo potranno svolgere, sia la famiglia, che la scuola. Spesso però le famiglie sono in crisi e scari- cano proprio sul mondo didattico le maggiori responsabilità di orientamento sociale e comportamentale del giovane.

Una volta la famiglia era patriarcale, con valori e ruoli rigidi al proprio interno. Oggi invece ha cambiato ruolo, diventando famiglia coniugale o nucleare, cioè una struttura elementare, primaria, fondata e basata su pochissime unità, costruita per alcuni bisogni vitali e proiettata verso una società di massa.

Si è passati praticamente da valori e ruoli rigidi, ad una dialettica funzionale basata sul principio della democratica collegialità che, vista l’evoluzione, ha portato poi alla rinunciataria necessità di adattamento globale.

Non esiste più l’educazione sociale, ma solo la socializzazione, indispensabile per vivere la concretezza della vita e più aderente alla realtà del quotidiano.

Per questo i giovani continueranno a bere sempre più, in maniera sfrenata, e lo faranno fino a quando scuola e famiglia, insieme, non riusciranno a far loro comprendere di non ricercare spazi trasgressivi, ma essere loro stessi spazio entro il quale divertimento sano, cultura, relazione sociale, hobbies, diventino naturali fonti di arricchimento ed originale espressione della propria personalità.

Il bere moderato può tranquillamente essere la cornice della relazione sociale, perché, non solo impreziosisce il rapporto umano, ma costruisce una scenografia sensoriale che facilita lo stesso rapporto.

Il bere smisurato disintegra tale cornice, offuscando l’immagine di una momentanea convivenza, disegnata col pennello immerso nel calamaio dell’effimero.

Detto fra noi, se si lascia ardere il fuoco del trasgressivo esagerato, poco resterà del legno della concretezza, ed anche i consolidati assiomi popolari saranno costretti a modificare il loro messaggio.

Ed ecco che dietro a quel calice mai vuoto e mai pieno, troveremo di sicuro bacco, probabilmente anche tabacco e inesorabilmente…cenere!

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