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BENNU – INTERVISTA A NICCOLÒ CHIUPPESI
di Leonardo Tiene
La pandemia è stata ed è tuttora un periodo colmo di difficoltà per moltissime persone, settori e aziende. Pertanto abbiamo narrato ed elencato i grandi disastri portati dal nemico invisibile per eccellenza da ormai 2 anni. Ma anche nei momenti più bui nascono realtà in grado di ribaltare i paradigmi della società, piegata dall’ineluttabile destino a cui il covid ci ha abituato, ossia chiusura e troncamento di nuove piccole imprese. Stiamo parlando della Bennu Fashion, una startup nata proprio agli albori della pandemia, a marzo 2020. Un’impresa, un’idea, nata da Niccolò Chiuppesi, imprenditore e stilista con il sogno di portare la sostenibilità più completa ai propri prodotti. Come? Con la pratica dell’Upcycling! Ce l’ha raccontato in un’intervista per Atlas Magazine, svelandoci i motivi, i valori e i sogni da realizzare.
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L: “Ciao Niccolò! Partiamo dalle basi, cosa si intende con UPCYCLING?”
N: “Ciao Leonardo, grazie per l’intervista! Le fondamenta di questo giovane marchio si basano sul ridare valore a capi e scarti di produzione modificandoli creativamente, e sulla volontà di proporre un modello alternativo alla produzione di moda fast fashion.” Una presa di posizione molto importante per diversi fattori, che influenzano sicuramente sulla società ma anche e soprattutto sulla sostenibilità e inevitabilmente aprono la parentesi sul termine Fast Fashion.
COS’È IL FAST FASHION
È il termine coniato nel 1989 dal New York Times in occasione dell’apertura del primo negozio Zara nella Grande Mela, che sta appunto a indicare una moda veloce, dove evidentemente “veloce” sta per “vita breve”. Oltre ad essere caratterizzato dai prezzi molto competitivi, il fast fashion ha anche un grosso debito verso l’ambiente: con 4.000-5.000 milioni di tonnellate di CO2 rilasciate annualmente nell’atmosfera, l’industria della moda nella sua globalità (tessile, abbigliamento, accessori, calzature e via dicendo) è responsabile di circa l’8-10% delle emissioni globali; con 190.000 tonnellate, è colpevole dell’accumulo negli oceani di oltre un terzo delle microplastiche. Contribuisce per il 20% alla contaminazione industriale dell’acqua in tutto il mondo, e produce più di 92.000 tonnellate annue di rifiuti tessili (tra cui rientrano anche i capi di abbigliamento invenduti). Chiudendo dunque la parentesi del Fast Fashion, la prossima volta che entrerete in un negozio dai prezzi incredibilmente bassi, pensateci due volte (anche tre) prima di comprare.
MA TORNIAMO A BENNU L: “In un contesto, dunque, come quello descritto sopra, coronato dal consumo sfrenato e dalla vita effimera dei nostri capi, subentra il protagonista del cambiamento, appunto Bennu. Ma qual è quindi la sua mission, la vision e i suoi valori portanti?”
N: “BENNU recupera capi sartoriali vintage o provenienti da stock invenduti con l’impegno di ridurre l’inquinamento provocato dalla produzione di nuovi capi. Ogni capo è reso un pezzo unico numerato, reinterpretato utilizzando passamanerie, frange, scampoli di tessuto e altre applicazioni.”
LA VISIONE RESPONSABILE L: Insomma, Bennu diventa un protagonista centrale nel panorama del settore tessile e della moda, ponendosi come guida per contrastare il fast fashion”
N: “Assolutamente. Combattendo la stagionalità e i ritmi frenetici del fast fashion, BENNU adotta un approccio slow, con collezioni esclusive caratterizzate da un numero limitato di capi. BENNU si impegna a recuperare gli scarti di produzione per riutilizzarli nel processo che porta alla reinterpretazione e alla successiva lavorazione dei capi. Il controllo e la selezione della filiera di produzione garantisce il rispetto dell’ambiente e dei lavoratori coinvolti.”
NON SOLO SOSTENIBILITÀ, MA ANCHE RESPONSABILITÀ SOCIALE E GENDER FLUID
Come spiegano dettagliatamente nel loro sito e come ci ha spiegato Niccolò Chiuppesi, ciò che BENNU vuole esprimere si può racchiudere in un passaggio di Foucault, dove il genere viene indicato come una variabile fluida che cambia e si modifica in contesti ed epoche diverse. N: “Vogliamo essere i protagonisti di un universo non-binario contemporaneo, un universo consapevole in cui chiunque indossa i nostri capi si possa sentire parte integrante del processo di cambiamento che sta caratterizzando il nostro oggi.”
Il marchio è svincolato quindi dal concetto di genere, così come è stato liberato dal concetto di taglia: questo permette a chiunque di potersi riconoscere in un prodotto senza dover prima ricorrere a filtri o altre categorizzazioni preimpostate.
Concludendo l’articolo quindi si può tranquillamente dire che con Bennu abbiamo potuto conoscere il lato oscuro della moda (il fast fashion, l’inquinamento e lo sfruttamento sociale nel settore) ma anche la sua reazione, dimostrata appunto con i valori e la forza di volontà di Niccolò Chiuppesi e della sua azienda. Un argomento ancora troppo poco sotto i riflettori, che presto prenderà il giusto corso, ma questo come ricordato anche poco sopra dipende anche da noi consumatori!

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