PRIMA IL POINTER POI... Il pointer compendia le qualità di tutti i cani da ferma. Se nella compagnia il bracco è il caratterista, il padre nobile, se il setter inglese e l’irlandese hanno l’eleganza dell’amoroso, se il breton è il brillante, il pointer è il primo attore, che sa sostenere tutte le parti. Saprà assumere la maestosità dominatrice del bracco, sfoggiare l’eleganza del setter inglese ed irlandese, la forza del gordon ed il brio indiavolato e sbarazzino del breton. Per questo il pointer, il pointer nel vero senso della parola, è il più gran cane che esista, tanto è vero che ha servito a rinsanguare tutte le altre razze. Questo, si capisce, dal lato classico delle prove sul terreno o dalla caccia intesa come grande sport. (Giacomo Griziotti “Cani, caccia, prove” 1941)
giovani. Pareva destinato a grandi traguardi: in Jugoslavia, su un sentiero di caccia una fucilata lo rapì ai genitori, agli amici ed alla cinofilia.
Pagine meravigliose del libro senza parole Ci voleva un’occasione per il primo incontro come avviene nei grandi amori che non son altro, come li cantò Ungaretti, se non una “quiete accesa”. O in quei romanzi che creano suggestioni meravigliose e quando arrivi all’ultima pagina ti paiono esser stati senza parole. Come un semisegreto racconto dell’anima. Il tempo cominciò a scorrere - era il 1948quando il professor Leinati di Mortara invitò a nome dell’Enci il professor Giacomo Faroux presidente del Pointer club francese a giudicare una prova. Faroux era anche un tenace sostenitore di confronti di rappresentative per nazioni. Sarebbe stato un respiro più ampio dell’agonismo non più costretto in confini. Nessuno ne era consapevole ma tutti stavano per dar inizio ad un grande libro senza parole. L’idea del confronto aveva trovato in Ernesto Coppaloni, Nino Tremolada e Giulio Colombo sostenitori entusiasti. L’incontro avvenne nella riserva Cattanea in quel del Pavese. Il giudice transalpino fu ammirato dei cani, delle starne, delle idee e invitò una delegazione italiana in Francia dove la Societè centrale canine si assunse l’onere di far domanda alla Federazione interna-
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zionale per una prova a grande cerca, da corrersi nel 1950, fra Belgio, Svizzera, Francia e Italia. L’Enci colse l’opportunità e si assunse l’onere di organizzare, tramite il suo segretario dottor Giorgio Panelli, una gara in cui “sarebbe stata disputata, da squadre fatte di tre cani, una prova chiamata Coppa Europa”. La Francia selezionò subito una propria rappresentativa tramite il presidente del pointer Club Mourisse. Campo di prove Spedaletto e Bolgheri. La rappresentativa italiana era formata dai setter Diva del Tidone di Rettanni e Tell 68/ mo di Tremolada e dal pointer Glad della Gaia di Ernesto Coppaloni. Giudici Giulio Colombo e Lionel Duval, presidente di giuria il barone Coppens. I francesi puntavano su Ulò de Comploney, pointer strepitoso condotto da Herbelin, gli italiani giuravano su Diva del Tidone al guinzaglio di Semino. Il confronto fra razze diventava anche la sfida fra due conduttori allora venerati da tutti i cultore della grande cerca. Tito Vischioni conduceva Tell che fu sfortunato. A fine prova Diva vinse per precisione di percorso e spettacolarità del punto. Compiuti i primi passi restava un entusiasmante cammino che continua ancor oggi… L’anno successivo Giulio Colombo fu selezionatore. Scrisse “L’incarico di selezionare la squadra italiana, massimo onore con massima responsabilità venne affidato a me. L’accettai con la sicurezza di essere in grado di assolvere il compito con assoluto dispregio di qualsiasi considerazione estranea al valore intrinseco della squadra destinata a difendere i colori italiani all’estero”. La squadra - Colombo chiamò a collaborare anche
l’avvocato Cavalli - fu scelta proprio nei giorni della vigilia: due setter, Diva del Tidone e Quercia delle Morene e il pointer Airy Wind’erm che risultò il migliore ma non riuscì a strappare la Coppa al Belgio. È nel 1952 che emerge il grande capostipite Xocrates du Harlay. “Un grandissimo pointer, forse il più grande” scrisse Giuseppe Negri direttore di Caccia & Pesca e col grande merito di aver avvicinato la cinofilia agonistica alla Gente, averla fatta comprendere al grande pubblico di cacciatori cinofili. L’edizione del 1962, porta la Coppa in Italia: merito di Crismani Cora seguita da Vavà del Tidone (allevato da Nino Rettanni e fu primo nell’edizione 1963) di Alighiero Ammannati. Unico, dirà anni dopo ad aver vinto Coppa Europa come concorrente, come selezionatore… e come giudice. Nel 1965 brillò Or del Cecina condotto da Mario Giachino. “Fu un pointer mitico per il suo padrone e per il conduttore e per l’allevamento italiano - scrisse Giuseppe Negri - e come gli eroi più puri della mitologia scomparve misteriosamente qualche anno dopo perdendosi nel nulla”. Poi gli anni - a cominciare dal 1970, di Arno di Valdidice con Botto, dei Crismani, dei Clastidium, della Gaia, del Vo, dell’Orsone, degli Oddo, del Cerano, del Meschio, del Guercio, del Veronello con una strepitosa Jaga di Claudio Macchiavelli che, condotta da Gino Botto “Vince in bellezza scrivono le cronache. Strappa il miraggio all’improbabile, lo materializza ad un terzo d’inizio turno con due sciabolate nel centro del campo, bloccando le starne ad una settantina di metri. Il pubblico applaude. Ed è una consacrazione”. Come accade anno dopo anno. Nei giorni del grano non ancora maturo. Rodolfo Grassi
Il campione Vanni del Vo condotto da Francini