I Nostri Cani - febbraio 2015

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Il perché di un successo unico come ogni opera d’arte

La magia del Piccolo Levriero Italiano Preferito da regine e sovrani fra cui Federico di Prussia, dipinto da Giotto e centinaia di altri grandi, continua a suggestionare per l’aspetto, il carattere ed il comportamento. La sua storia comincia il…

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er guardare bene un Piccolo Levriero Italiano bisogna sedersi su una comoda poltrona perché la storia che ha da rac raccontare è lunga. Anzi, lun lunghissima. Comincia da quei primi resti, risalenti all’Età del Bronzo, trovati intorno all’area di Pavia e del Lago di Varese, prosegue con quello scheletrino dal cranio allungato, i lunghi arti sottili ed una lunghezza del tronco di quasi 40 cm, equivalente all’altezza del cane ricostruita, scoperti nei pressi della tomba della Regina egizia Her -Neit (3000 a. C.) o con il levrerino sdraiato sotto il trono nella stele di Samontweser del 2000 a. C. in vista al Museo Archeologico di Firenze. Le stesse fattezze sono scolpite in una statua di marmo d’epoca Romana conservata ai Musei Vaticani. Appare poi effigiato ai piedi di una tomba etrusca e raffigurato su ceppi chiusini del VI° secolo a. C. Poi viene dipinto da Giotto, Van Eyck, dal Sassetta, da Roger van der Weyden, dai Tiepolo, Pompeo Batoni, fino Giovanni Boldini e…sarebbe davvero im-

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pegnativo citarli tutti! Sì, perché i Levrieri in genere ed i Piccoli in particolare, sono forse tra i soggetti canini più rappresentati nell’arte di tutti i tempi. Ed una ragione c’è: erano i cani dell’aristocrazia ed i nobili, soprattutto dal Rinascimento in poi, amavano farsi ritrarre con i propri cani. Quelli che meglio ne rappresentassero classe ed eleganza. Laddove c’era da esibire la bellezza allora, i Levrieri erano protagonisti e i Piccoli, vezzeggiati ed ammirati a Corte, non solo bravi a caccia, si mostravano anche prestigiosi “ornamenti” di Palazzo, in carne ossa e muscoli, ma anche dipinti e scolpiti. È grazie a tanti reperti artistici che la storia ha lasciato testimonianze preziose, almeno fino all’epoca, per dirla con Roland Barthes “dell’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica” o più semplicemente fino all’avvento della fotografia. Proprio in virtù della loro “posizione sociale” cominciarono, dal bacino mediterraneo, a viaggiare verso il cuore dell’Europa, arrivando perfino in Russia ed in Inghilterra. Moltissime le dame che nei

loro matrimoni oltre confine, furono seguite dai propri cani, diffondendone così la fama presso le corti europee. Ecco come accadde che i Piccoli Levrieri Italiani furono conosciuti ed amati dai sovrani d’Inghilterra e di Francia ed ecco come fu che piegarono il cuore severo di Federico il Grande di Prussia. Ne ebbe oltre cinquanta e sempre, da alcuni di loro, si faceva seguire in battaglia. Con loro avrebbe voluto essere sepolto a Sans Souci: il protocollo non lo permise, ma lì resta edificato forse il più famoso cimitero monumentale per cani che si ricordi. “Un guardiacaccia guarito da una polmonite grazie al suo Signore, aveva regalato alla Signora una piccola levrierina italiana, ella la chiamava Djali, la teneva sulle ginocchia, le accarezzava il capo fine e affusolato dicendole - orsù, bacia la padrona tu che non conosci la tristezza.” Queste sono le parole con cui Flaubert descrive la levrierina di Madame Bovary e che introducono, lasciandolo in qualche modo presagire, a quel rapporto simbiotico, tra le eleganti signore dell’Ottocento e le ele-


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