L’avvincente storia del riconoscimento del Segugio
Il romanzo del Maremmano Le origini ed il cammino verso il traguardo di razza riconosciuta nel 2009. Le “selezioni” dei conduttori di mandrie e cacciatori. I nomi dei pionieri, i primi raduni
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l Segugio Maremmano è una meravigliosa realtà con sempre più estimatori. Lo confermano diffusione e presenze in prove di lavoro ricono riconosciute. Cresce l’interesse per le esposizioni e significa che è in aumento la sensibilità verso morfologia e standard per un cane “made in Italy” nato nelle maremme, luoghi con solida fama in letteratura ma evanescenti per la cinofilia causa l’effimera consistenza dei confini a cavallo di Toscana e Lazio. Sono i terreni in cui il Maremmano si è evoluto divenendo razza. Dal tardo ‘800 nella Maremma furono i mezzadri con le loro famiglie ad utilizzare e migliorare le qualità venatorie dei cani, in questo facilitati dalla transumanza che permetteva scambi di esemplari e quindi una selezione del cane “bravo”. L’interesse per le
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razze autoctone nasce in seno all’ENCI e SIPS (Società Italiana Pro Segugio) già negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, oltre a valorizzare il Segugio Italiano in tutti i suoi aspetti, compresa quindi la disciplina della forma di caccia nei canoni cinofili, c’era la volontà del recupero di alcuni validi ceppi etnici mediante la riapertura del Libro Riconosciuti (L.I.R.): Zacchetti e Mario Quadri ne perorarono la causa. La guerra sopì l’iniziativa. Anni dopo con benestare ENCI la SIPS di Mario Quadri proseguì l’intento autorizzando, siamo negli anni ’90, una commissione di lavoro locale in collaborazione con la Commissione Tecnica Scientifica SIPS: furono organizzati alcuni raduni per verificare numero e omogeneità. Censimento e verifiche furono fatti in due giorni:il primo a Grosseto (Istia d’Om-
brone) e il successivo a Siena presso Monticiano. Agli appuntamenti col gruppo di lavoro parteciparono incaricati da SIPS: Mario Quadri, Leonardo Banfi, Sandro Taraschi, Giuseppe Quinzanini. In questi come in altri raduni fra cui quelli di Livorno e Pisa furono redatte schede con foto, numero d’identificazione, misurazioni, prelievi di sangue per l’identificazione tramite il DNA.delle varie famiglie dei soggetti esposti, allo scopo di creare una anagrafe canina. La Federazione Italiana della Caccia tramite l’on. Giacomo Rosini autorizzò un finanziamento a tale scopo, in una riunione tenutasi in sede ENCI alla presenza del suo allora Presidente dott. Claudio Macchiavelli, del direttore generale dott. Guido Perosino, e rappresentanza SIPS, l’NCI nominò una commissione tecnica: a Sestilio Tonini il compito di organizzare i raduni.