Ventimila Leghe sotto i mari

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Ventimila leghe sotto i mari

Mauro
Martini Raccasi

Questo racconto appartiene a

Classici

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Ventimila leghe sotto i mari

Direttore di collana: Mariagrazia Bertarini

Testi: Mauro Martini Raccasi

Redazione: Micaela Di Trani

Art Director: Letizia Pigini

Progetto grafico: Romina Duranti, Valentina Mazzarini

Illustrazioni: Gustavo Mazali

Impaginazione: Carmen Fragnelli

Responsabile di produzione: Francesco Capitano

© 2016 ELI s.r.l. - La Spiga Via Soperga 2 20127 Milano - Italia Tel. +39 02 2157240

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Stampa: Tecnostampa - Pigini Group Printing Division

Loreto – Trevi 16.83.037.0 ISBN 978-88-468-3455-3

Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione, così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o qualunque mezzo, senza l’autorizzazione della casa editrice ELI – La Spiga

La casa editrice ELI – La Spiga usa carta certificata FSC per le sue pubblicazioni. È un’importante scelta etica, poiché vogliamo investire nel futuro di chi sceglie ed utilizza i nostri libri sia con la qualità dei nostri prodotti sia con l’attenzione all’ambiente che ci circonda.

Un piccolo gesto che per noi ha un forte significato simbolico.

Il marchio FSC certifica che la carta usata per la realizzazione dei volumi ha una provenienza controllata e che le foreste sono state sottratte alla distruzione e gestite in modo corretto.

A Nicolò Gatti, perché è da troppo tempo che aspetta una dedica tutta per lui.

Ventimila leghe sotto i mari

La madre di tutte le avventure per chi ama il blu degli oceani

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indice cap.1 • Mostro misterioso o mistero mostruoso? p. 5 cap.2 • Che vandalo, quell’anomalo narvalo! p. 14 cap.3 • Prigionieri p. 27 cap.4 • Il capitano Nemo p. 39 cap.5 • A caccia negli abissi p. 62 cap.6 • Il cimitero di corallo
75 cap.7 • Lotta con lo squalo
82 cap.8 • I lingotti d’oro
96 cap.9 • Il tesoro in fondo al mare p. 104 cap.10 • Atlantide p. 111 cap.11 • Trappola di ghiaccio p. 117 cap.12 • Tentacoli infernali p. 137 cap.13 • Vendetta p. 143 cap.14 • Il malefico vortice p. 150 Dossier: Le invenzioni diventate realtà p. 155

Mostro misterioso o mistero mostruoso?

Il 1866 fu un anno particolare, caratterizzato da uno strano misterioso avvenimento.

Di fronte alle coste dell’Oceano Atlantico stava acca dendo qualcosa di mai visto. Qualcosa di mostruoso che avrebbe cambiato per sempre il desiderio degli uomini di andar per mare. Dai racconti delle vedette di parec chie navi, ne venivano descrizioni preoccupanti. Sui giornali di bordo i comandanti scrivevano di una massa enorme che filava sotto il pelo dell’acqua, molto più grande di una balena e, ciò che spaventava, molto più veloce. Era affusolata e alle volte fosforescente.

Alcune riviste iniziarono a scrivere di serpenti marini. Altri giornali parlarono e illustrarono grandi capo dogli divoratori di navi e piovre smisurate che trasci navano i malcapitati marinai nei gorghi verso gli abissi neri dell’oceano. Alla radio voci di burloni parlavano di

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una lunghezza di 60 metri e larghezza da 300 metri a quasi un chilometro. Spaventavano a morte le signore e il cuore di chi per mare ci doveva andare per forza e per lavoro.

Nei Caffè si raccontavano barzellette sul mostro per scacciare la paura. Nei teatri andavano in scena com medie con demoni di cartapesta. Senza argomenti con vincenti, in sei mesi di tempo la comunità scientifica internazionale venne messa a tacere dall’umorismo dei giornalisti e il mostro finì in soffitta, insieme ai brutti ricordi. Fino ai primi mesi del 1867, quando accaddero altri fatti strani. Questa volta pericolosi. Da cui doversi difendere.

Il 5 marzo 1867 la nave Moravian della Montreal Oce an Company, in navigazione notturna urtò con la fiancata contro uno scoglio che non era indicato in nessuna carta nautica. Un urto violento alle prime luci dell’al ba, in mezzo a un vento forte e a una velocità molto alta. La nave sarebbe colata a picco con 237 passeggeri se non avesse avuto uno scafo così ben costruito.

Gli ufficiali di vedetta osservarono solo un vortice e un grosso risucchio. Un relitto sommerso? Una roccia tagliente? Ma una volta rientrata in porto nella luce del mattino, chi si accostò alla banchina vide che una parte della chiglia era stata addirittura strappata.

Il 13 aprile, il piroscafo a vapore Scotia navigava alla velocità di tredici nodi, sotto la spinta dei suoi 1000 cavalli. Il mare era calmo e la brezza leggera. Alle sedici e diciassette, mentre gli eleganti passeggeri prendevano

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Mostro misterioso o mistero mostruoso?

il tè nel salone delle feste, la Scotia venne urtata da qualcosa che le lacerò la chiglia. Poco rumore per tanto danno! Come un coltello nel burro, si produsse uno squarcio di due metri che non poteva essere riparato con i mezzi di bordo.

Il comandante diede l’ordine di fermare le macchine, ma i marinai dalle stive risalirono svelti come topi fin sul ponte, iniziando a urlare: «Affondiamo! La nave affonda! Abbandonare la nave!»

Il panico travolse tutti i passeggeri. Toccò al coman dante in persona rassicurarli: «Signore e signori» sbrai tò nel megafono, «le caldaie sono state solo sfiorate. La nave si sta inclinando, ma ce la caveremo».

Le due grandi ruote a pale installate sulle fiancate spingevano ora con fatica, semisommerse, la nave che sembrava un’anatra zoppa in uno stagno. La Scotia attraccò al molo della Compagnia a Liverpool con un ri tardo di tre giorni.

Nei cantieri navali si scoprì che la chiglia era stata squarciata con tale facilità da far pensare a uno strumento sconosciuto per l’epoca, capace di penetrare una lamiera spessa quattro centimetri.

Fu questo che fece scatenare la stampa mondiale. Delle 3000 navi che ogni anno andavano perdute, 200 scomparivano senza lasciare traccia. L’opinione pub blica si appassionò a tal punto al mistero che diede la colpa delle sparizioni al nuovo mostro degli abissi, chiedendo a gran voce che qualcuno liberasse i mari dal pericolo sommerso.

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Io ero appena rientrato a casa, a Parigi, da una spedizione scientifica fra le terre selvagge del Nebraska. Mi aveva inviato il Governo francese in qualità di profes sore aggiunto al Museo di Storia Naturale. Ero tran sitato per New York carico di preziosi reperti storici: minerali, botanici e zoologici.

Ma anche in America erano giunte le notizie del mi sterioso mostro marino. Per me restavano solo due risposte possibili: un demone eccezionale oppure un battello sottomarino dotato di grande potenza.

Tuttavia, quest’ultima ipotesi non reggeva: un pri vato cittadino non poteva avere mezzi così potenti per realizzare un simile ordigno meccanico. Solo un governo sarebbe stato in grado di progettare e costruire una macchina con una simile capacità di distruzione.

Già a New York la stampa mi aveva intervistato sull’argomento perché avevo pubblicato uno studio in due volumi intitolato: Misteri dei grandi abissi marini.

Il famoso giornale New York Herald pubblicò la mia dichiarazione.

L’esimio professor Pierre Aronnax del Museo di Parigi ipotizza l’esistenza di un animale marino di una potenza e di una grandezza fuori del comune. Le grandi pro fondità degli oceani ci sono sconosciute: nessuna sonda ha mai potuto raggiungerle.

Il professore propende per l’esistenza di un narvalo gigante.

Il narvalo, o cetaceo artico, raggiunge la lunghezza

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Mostro misterioso o mistero mostruoso?

di 20 metri. Decuplicando questa dimensione, si ottengono le proporzioni sufficienti per perforare la Scotia. Sul muso il narvalo è dotato di una specie di spada d’avorio, di un’alabarda, che sarebbe semplicemente il suo dente principale e che ha la durezza dell’acciaio. Alcuni di questi denti sono stati trovati nei corpi delle balene, che i narvali attaccano con successo. Altri sono stati estratti dal fasciame di vascelli trapassati come un barile da un trapano. Il museo della facoltà di medicina di Parigi possiede uno di questi denti: è lungo 2,25 metri e, alla base, è largo 48 centimetri. Ipotizzate allora quest’arma dieci volte più forte e l’animale dieci volte più robusto, lanciatelo a una velocità di 20 miglia all’ora, moltiplicate la sua massa per la sua velocità e otterrete una forza d’urto capace di produrre i danni in questione.

L’articolo provocò reazioni contrastanti nel pubblico, ma una cosa fu certa: tutti furono d’accordo sulla necessità di liberare i mari da quell’essere pericoloso.

A New York si preparò una spedizione per dare la caccia al narvalo. L’Abraham Lincoln, una fregata fra le più moderne, fu armata per prendere il mare al più presto agli ordini del comandante Farragut.

Il 3 luglio arrivò il comunicato che un vapore aveva avvistato il cetaceo nella parte settentrionale del Pacifico, circa tre settimane prima.

La notizia provocò uno scoppio di frenetica attivi tà. I viveri imbarcati, le stive stracolme di carbone,

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l’equipaggio al completo: non c’era che da accendere le caldaie, portarle all’ebollizione e salpare.

Tre ore prima che l’Abraham Lincoln si staccasse dal molo dove era ormeggiata, a Brooklyn, mi giunse tele graficamente un dispaccio:

Signor Aronnax professore al Museum di Parigi Albergo Fifth Avenue New York

Signore, vogliate unirvi alla spedizione dell’Abraham Lincoln. Il governo degli Stati Uniti sarà lieto che la Francia sia da voi rappresentata in questa impresa. Molto cordialmente, il vostro

J.B. HOBSON Segretario della Marina

Appena tornato da un viaggio faticoso e pericoloso, avevo un gran bisogno di riposo. Ma niente, in quel momento, poteva trattenermi. Dimenticai tutto, accettan do l’offerta del governo americano. Sperando, in cuor mio, di poter donare la cattura della alabarda d’avorio del narvalo al Museo di Storia Naturale di Parigi. «Conseil!» chiamai con impazienza il mio domestico mentre iniziavo i preparativi. Da dieci anni quel fedele giovanotto fiammingo mi accompagnava in tutti i viaggi. Tanto taciturno quanto svelto e preciso, instanca bile lavoratore, tutto muscoli, non aveva mai obiezioni

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Mostro misterioso o mistero mostruoso?

per partire in missione: fosse essa la Cina o il Congo. «Conseil!» lo cercai di nuovo.

«Il signore ha chiamato?» domandò entrando.

«Sì, amico mio. Preparati: si parte tra due ore».

«Come il signore desidera» rispose impassibile. «Non torniamo a Parigi, allora?»

«Sì, certo» risposi evasivo. «Ma facendo una deviazio ne…»

«Come il signore desidera» rispose tranquillo.

«Si tratta di un mostro, lo sai… Del famoso narvalo» dissi. «Ne libereremo i mari. L’autore di un’opera in due volumi, Misteri dei grandi abissi marini, non può dire di no all’invito di salpare con il comandante Farragut».

«Farò quello che farà il signore» si limitò a rispondere Conseil.

Un quarto d’ora dopo i bagagli erano pronti.

Un’ora dopo stavamo percorrendo la passerella dell’A braham Lincoln per salire a bordo. Dai comignoli si ri versavano fiotti di fumo nero: pronti a salpare.

Subito mi trovai di fronte a un ufficiale dall’aspetto simpatico, che mi tese la mano: «Il professor Pierre Aronnax?»

«In persona» risposi. «Il comandante Farragut?»

«Sono io. Siate il benvenuto, professore. La vostra ca bina vi aspetta».

Mentre l’enorme scafo vibrava salpando sotto i nostri piedi, i fuochisti in sala macchine azionarono la ruota della messa in moto e il vapore fischiò. L’Abraham Lincoln cominciò a fendere maestosamente le acque in

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mezzo a un centinaio di ferry-boat e di battellini carichi di spettatori che le facevano da corona. I moli di Brooklyn e di tutta la parte di New York che costeggia la sponda est erano stipati di curiosi. Tre possenti «Urrà!» risuonarono in cadenza successiva, scanditi da cinquecentomila voci. Migliaia di fazzoletti sventolavano al di sopra di quella massa compatta, sa lutandoci.

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