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lavoro da casa mediante i sistemi intelligenti messi a disposizione dalla tecnologia. Questa prima modalità di creare risorse funzionali “a distanza” è stata adottata dalla scuola fin da subito, dopo il lancio dell’hastag #iorestoacasa, che segnava lo spartiacque tra la vita normale e l’inizio della lotta per la sopravvivenza agli attacchi mortali del Covid-19. Un po’ per l’assenza di regole al riguardo dell’uso dei media e delle tecnologie informatiche, un po’ per l’abbandono degli Istituti scolastici a se stessi da parte dell’amministrazione centrale, che, con cervellotica decisione, aveva sospeso le lezioni, senza chiudere le scuole, ma moltissimo per la sensibilità professionale e il forte senso di responsabilità di tutto il personale docente e dirigente, ma anche ATA, nei riguardi di circa otto milioni e mezzo di studenti dai 3 ai 19 anni, compresi quelli delle cosiddette “paritarie”. Cavalcando le dune friabili di una autonomia proclamata in Costituzione, ma avversata quotidianamente dalla amministrazione e accerchiata da infiniti veti e lacci frapposti da organizzazioni sindacali, sempre più alla ricerca di uno spazio di controllo e gestione contrattuale di ogni piega del rapporto di lavoro del personale docente, le scuole si sono organizzate al meglio per fare in modo che il distanziamento sociale imposto dalla pandemia non diventasse un vero e proprio esilio, con l’abbandono di qualsiasi forma di relazione educativa e didattica nei riguardi degli studenti e la conseguente inadempienza dell’istituzione rispetto a quanto dovuto ai cittadini minori in età scolare secondo il dettato dell’art. 34 della Costituzione. Con tutte le difficoltà, i disagi, le precarietà degli strumenti tecnologici, le laceranti discussioni tra le varie fazioni e posizioni di Dirigenti, docenti e associazioni sindacali, più del 70% delle scuole italiane ha
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“ In questo scenario da apocalisse, la voglia di vivere e la speranza di uscirne indenni hanno dato la stura a tre grandi scelte esistenziali, che mai nessuno avrebbe pensato si potessero porre in essere in così breve tempo e cosi diffusamente. ” messo in moto quella grande macchina, che, dopo circa un mese di “volontariato” e di libera iniziativa, il Ministero, con una preziosa, quanto attenta e documentata Nota n. 388, definiva Didattica a Distanza (DaD), tracciandone alcune essenziali linee guida relativamente agli “stili” di insegnamento con l’uso delle TIC, alle modalità di relazione con studenti e famiglie e infine alle modalità della valutazione degli apprendimenti in contesti di presenza-assenza. Ancor più recentemente (il 6 aprile) nell’ambito dei provvedimenti economici e normativi che andranno a costituire la prima parte di un complesso lavoro di rilancio del Paese nella prospettiva di una uscita, sia pure lenta e prudente, dalla pandemia, quelle che erano delle considerazioni di orientamento professionale e tecnico volte a supportare il lavoro prezioso delle migliaia di insegnanti impegnati nel “ridurre la distanza” (almeno virtuale) tra loro e i loro studenti, sono diventate vere e proprie norme legislative, che hanno trasformato la DaD da un gesto di generosa disponibilità e sensibilità sociale della scuola in un vero e proprio sistema al servizio della istruzione e della formazione dei bambini, adolescenti e giovani, da perfezionare certo, ma da mantenere
anche quando i tempi della grande tragedia del Coronavirus si saranno allontanati. La seconda scelta esistenziale con cui abbiamo cercato di sopravvivere all’isolamento forzato è stata quella di costruire intorno a noi un mondo virtuale a immagine e somiglianza di quello reale, in cui vivevamo prima di entrare nel tunnel del distanziamento sociale: aiutati dagli strumenti che ci mettono a disposizione le TIC ci troviamo immersi in un mondo di pensieri, emozioni narrazioni, a volte intrise di rabbia, altre di fatalismo, ma moltissime permeate dal senso della speranza; tanto è vero che lo slogan scritto sui muri, sulla tela, sugli arcobaleni dipinti e appesi ai balconi di moltissime case degli italiani recita: ANDRA’ TUTTO BENE! Di questa strategia di sopravvivenza fanno parte tutti gli sforzi per “continuare” a mantenere gli aspetti essenziali della vita di prima della tragedia che ci coinvolge, magari, ancora una volta, ricostruendo in maniera virtuale quello che prima era reale. Così avviene per i riti religiosi trasmessi nelle nostre case, diventate le nostre prigioni, con i più svariati sistemi di comunicazione di massa offerti dalle nuove tecnologie; così avviene con la partecipazione alle Festività Pasquali, e ancora per le due ricorrenze laiche della Festa della Liberazione (25 aprile) e dei Lavoratori (1 maggio) tutte quante “ricostruite” in una sorta di “second life” virtuale, affinchè siano delocalizzate e rese fruibili da tutti nel chiuso delle loro case, attraverso gli schermi dei più svariati devices. La terza forma di continuità della nostra esistenza, così tragicamente interrotta dalla peste del COVID-19 è rappresentata dalla testimonianza della solidarietà, che prende forma nel volontariato sociale e personale. Non passa giorno che non ci vengano raccontati, attraverso i canali della informa-