Classici





Gruppo Editoriale ELi
Il piacere di apprendere

Gianluca Agnello • Valentina Falanga


Gruppo
Il piacere di apprendere
Cap. 1 • Il tronco parlante p. 5
Cap. 2 • Grilli, fame e promesse p. 12
Cap. 3 • Mangiafuoco p. 21
Cap. 4 • Il gatto e la volpe p. 27
Cap. 5 • Le bugie allungano il naso p. 34
Cap. 6 • Nel Paese di Acchiappacitrulli p. 40
Cap. 7 • Voglio crescere! p. 48
Cap. 8 • Pesce e Pinocchio fritti! p. 54
Cap. 9 • Il Paese dei Balocchi p. 64
Cap. 10 • Nella pancia del pescecane p. 73
Cap. 11 • Tutto è bene quel che finisce bene p. 85 Schede operative p. 90


Il tronco parlante
Se stai cercando una storia avventurosa, divertente, ricca di imprevisti e piena di animali parlanti, beh… questo è proprio il libro che fa per te!
C’era una volta un falegname che si chiamava Mastro Ciliegia, e aveva questo nome buffo perché al centro del suo faccione rotondo c’era un grande naso rosso. Ma non era un rosso qualsiasi. Era un rosso intenso, acceso, proprio come... una ciliegia! Un pomeriggio, il falegname era nella sua bottega e stava rovistando nel magazzino, quando trovò un grande tronco.
Lo prese tra le mani e pensò che era proprio perfetto per fare la gamba del tavolo che doveva riparare.
Con le migliori intenzioni si mise all’opera. E taglia, mola, sega e pialla, a un certo punto sentì una voce divertita dire: – Smettila, smettila, così mi fai il solletico!
Sorpreso e spaventato, Mastro Ciliegia saltò in piedi sullo sgabello con un’espressione di terrore disegnata sul volto bianco per la paura.
Provò a farsi coraggio, borbottando che i fantasmi non esistono, che era stato il vento o che forse era solo stanco e, dopo qualche minuto, riprese il proprio lavoro.
Ma di nuovo, all’improvviso: – Basta, basta, ti prego! – esclamò la stessa vocina allegra.
Mastro Ciliegia trasalì, perse l’equilibrio e cadde dallo sgabello.
– Che cosa ci fai sdraiato in terra? –domandò preoccupato un ometto appena entrato nella bottega.

– Geppetto! – esclamò sollevato Mastro Ciliegia. – Non sono mai stato tanto felice di vederti.
Geppetto non era alto, aveva i capelli biondi pettinati con la riga da un lato e un bel paio di baffi chiari. Ma quello che colpiva di lui erano i suoi grandi occhi azzurri, circondati da un paio di occhiali rotondi dalla montatura dorata.
– Che cosa posso fare per te? – chiese Geppetto.
– Senti delle voci? – domandò con fare sospettoso Mastro Ciliegia.
– No! – Sicuro?
– Sì, sono sicuro. Perché?
Sconsolato, Mastro Ciliegia cominciò a raccontare quello che gli era accaduto poco prima, quando Geppetto lo interruppe: – Hai detto che il tronco di legno rideva?
– Sì! – confermò l’altro, provando un po’ di vergogna.
– È proprio quello che fa per me!

Ancora una volta, Mastro Ciliegia pensò di avere problemi di udito o, peggio ancora, di essere completamente impazzito: – Che cosa hai detto?

– Hai capito bene – continuò Geppetto, – mi interessa proprio quel tronco. Sono venuto qui per comperare del legno per costruire un burattino con il quale fare degli spettacoli per i bambini. E che cosa c’è di meglio di un burattino parlante? –rise divertito.
Mastro Ciliegia, che non vedeva l’ora di liberarsi di quel tronco chiacchierone, liquidò in fretta l’amico Geppetto, esclamando entusiasta: – Benissimo, te lo regalo!
Felice, Geppetto corse a casa. In realtà, più che una casa vera e propria, quella dell’uomo era una stanza piccola e buia, riscaldata solo dal fuoco di un camino.
Alla luce fioca di una candela, Geppetto lavorò tutta la notte, senza sosta. All’alba, stava per dare l’ultimo colpo di cesello, quando sentì una voce contenta gridare: – Che bello! Che bello! Ora sono un burattino e posso correre!
– Ma allora è vero quello che diceva

Mastro Ciliegia! – esclamò Geppetto.
– Certo che è vero! – replicò il burattino saltando giù dal tavolo.
Felice ed emozionato, Geppetto non ebbe nemmeno il tempo di ammirare la sua creazione che quel monello si stava già arrampicando sulla finestra per cercare di scappare.
D’istinto Geppetto gridò: – Pinocchio!
Che cosa fai? Se continui così finirai col romperti la testa!
Ecco, senza accorgersene, aveva appena trovato il nome per il suo burattino parlante.
Da quel momento in poi si sarebbe chiamato: Pinocchio!
Arrivato di fronte all’ingresso, vide una gran festa di burattini e di bambini felici che cantavano e ballavano.
Lì vicino, c’era un venditore ambulante di vestiti che da dietro la bancarella gli disse: – È uno spettacolo molto bello. Ti consiglio di andarlo a vedere!
– Non posso, devo andare a scuola. L’ho promesso al mio babbo – replicò il burattino. Ma poi cominciò a riflettere ad alta voce: – Magari rimango solo un pochino… a scuola posso andare un altro giorno. Sì, ho deciso: vado allo spettacolo.
Ma quanto costerà il biglietto?
– Due monete – rispose il venditore ambulante.
– Non le ho.
– Se mi vendi il tuo libro, ti darò due monete.
Il burattino si tolse il cappello di mollica di pane e si grattò la testa. Dopo averci pensato e ripensato, esclamò: – Accetto la proposta!

Presi i due soldi, corse a fare il biglietto ed entrò nel tendone.
Sul palco c’erano i burattini di Pulcinella e di Arlecchino che saltavano e ballavano, ma all’improvviso i due si bloccarono.
Arlecchino si mise le mani sulle guance e urlò: – C’è Pinocchio!
– Vieni dai tuoi fratelli – lo invitò Pulcinella.
Intimidito e imbarazzato, Pinocchio li raggiunse sul palco dove i due burattini iniziarono ad abbracciarlo e coccolarlo.
Ben presto, il pubblico si stufò e iniziò a protestare per quella interruzione.
Sentendo i fischi, sbucò fuori il burattinaio. Era un gigante con la barba nera e lunga fino ai piedi. Aveva gli occhi di brace e una voce profonda e cavernosa che faceva venire i brividi, proprio come il suo nome: Mangiafuoco.
Pinocchio era nei guai: il gigante lo prese per il colletto del suo vestitino e lo fece sparire dietro le quinte.

– La prego signore, mi lasci! –cercò di impietosirlo.
– E perché dovrei? – chiese divertito il gigante. – Visto che sei fatto di legno, ti userò per il fuoco con il quale cucinerò il mio arrosto.
– No, la prego. Devo tornare dal mio babbo. Lui sarà in pena. Mi aspetta!
– Non se ne parla! – tuonò Mangiafuoco.
– Avevo promesso di essere ubbidiente, il babbo mi ha fatto il vestito, ha venduto la giacca per comprarmi il libro. Ora è solo e al freddo che mi aspetta –piagnucolò Pinocchio.
– Etciuuuuu! – il gigante starnutì.
