Coding pensiero computazionale nella scuola primaria

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Prefazione

dover mettere in atto le sue doti di pensiero: umane e creative, per trovare una soluzione, magari innovativa, ad un problema concreto e reale che si trova davanti. Dunque potremmo dire, in prima battuta, che usare il pensiero computazionale significa “pensare come un informatico per risolvere problemi”. Più formalmente: il pensiero computazionale è un processo di formulazione di problemi e di soluzioni in una forma che sia eseguibile da un agente che processa informazioni. La definizione1 è molto generale: include una qualsiasi formalizzazione che permetta all’esecutore (chi segue una ricetta culinaria, l’appassionato che monta il mobile prefabbricato, il computer che esegue le istruzioni scritte in un preciso linguaggio formale, il robot che salva i feriti in situazioni rischiose, e così via) di risolvere un problema. L’ampiezza e la generalità di questa definizione dovrebbe essere un primo indizio che porta a considerare il pensiero computazionale rilevante in tutti gli aspetti della vita, e dunque rilevante per tutti -, fin dalla scuola primaria.

2 Pensiero computazionale nella scuola primaria:

perché?

Già nel 1962, Alan Perlis (informatico statunitense, tra i pionieri dell’Informatica e dei primi linguaggi di programmazione) sosteneva la necessità per gli studenti del college, di tutte le discipline, di imparare la programmazione e la teoria della computazione, per comprendere in termini computazionali materie quali Matematica ed Economia. La locuzione computational thinking è stata usata per la prima volta da Seymour Papert in Mindstorms2, parlando di educazione matematica con il suo linguaggio di programmazione didattico LOGO, sviluppato al MIT (Massachusetts Institute of Technology). Papert è il padre della teoria dell’apprendimento chiamata costruzionismo, una declinazione del costruttivismo (che fa capo a illustri esponenti quali Jean Piaget e George Kelly). Le teorie costruzioniste e costruttiviste, in estrema semplificazione, ritengono che la conoscenza non sia trasmessa, ma costruita con l’esperienza diretta, anche tramite l’uso di artefatti, sia fisici sia cognitivi. Il linguaggio LOGO, un linguaggio testuale con il quale si danno comandi a una “tartaruga” che disegna forme geometriche sullo schermo, è stato utilizzato in tutto il mondo (e anche in Italia, in alcune sperimentazioni) negli anni Settanta, Ottanta e Novanta per introdurre i bambini, fin dalle scuole elementari, alla realizzazione di forme geometriche digitali in maniera costruttiva: dare le indicazioni alla tartaruga significa dare le istruzioni al computer, cioè descrivere la procedura con cui il disegno deve essere realizzato (esempio, per disegnare un quadrato: per 4 volte, disegna un segmento lungo 100 e gira a destra di 90 gradi). Purtroppo, a partire dagli anni Novanta, si è assistito invece a un cam1 Per una discussione sulla definizione di pensiero computazionale e sulle strategie per insegnarlo al meglio, rimando alla mia tesi di laurea. Lodi, M. (2014), Imparare il pensiero computazionale, imparare a programmare. Laurea magistrale, Università di Bologna. http://amslaurea.unibo.it/6730/ 2 Papert, S. (1980), Mindstorms: children, computers, and powerful ideas, Basic Books New York; tr.it. Mindstorms: bambini, computers e creatività, Emme, Milano 1984.

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