Prefazione
– scomposizione: scomporre un problema in parti più semplici e facilmente risolubili, per ottenerne poi una soluzione completa; – astrazione: ridurre la complessità per far emergere l’idea principale, tralasciando dettagli inutili e concentrandosi sugli aspetti importanti per la soluzione; – riconoscimento di pattern e generalizzazione: riconoscere che alcune parti della soluzione possono essere riusate o applicate a problemi simili; – automazione: lasciare che sia il computer a svolgere compiti ripetitivi e noiosi, dopo averlo “addestrato”; – simulazione: modellare un processo ed eseguire esperimenti su di esso; – attenzione all’efficienza, calcolabilità e complessità: individuare una strategia di soluzione che porti a un risultato, possibilmente il migliore e usando meno risorse. • Infine il pensiero computazionale può favorire lo sviluppo di prospettive, cioè nuovi modi di vedere il mondo e se stessi: – esprimere se stessi: capire che la computazione può essere un mezzo di espressione; – connettersi: riconoscere il potere della collaborazione con gli altri nella creazione di qualcosa; – farsi domande: utilizzare la computazione per farsi domande sul funzionamento del mondo che ci circonda; – saper gestire la complessità e i problemi difficili: non essere sopraffatti da un problema aperto, ma invece affrontarlo un passo alla volta; – tolleranza per l’ambiguità e i problemi aperti: rendersi conto che i problemi hanno infinite soluzioni, che richiedono ogni volta idee nuove, personali e creative.
Coding e pensiero computazionale Come l’Informatica è più della programmazione, così il pensiero computazionale non può essere identificato con essa. Il pensiero computazionale comunque ha una forte componente legata al coding: il suo obiettivo è quello di descrivere procedimenti effettivi per la risoluzione dei problemi da parte dei computer - al momento questo può essere fatto soprattutto tramite la programmazione. Inoltre la sua definizione origina proprio dalle abilità acquisite dagli informatici progettando e programmando. Attualmente dunque il modo più diffuso, studiato e maturo per favorirne l’acquisizione è - banalmente - insegnare a programmare. Naturalmente tale insegnamento va calato e contestualizzato per il target di riferimento: nel nostro caso, i bambini della scuola primaria. In un’ottica interdisciplinare, ovviamente: costruendo videogiochi, ma anche facendo musica, arte, storytelling e più in generale integrando il coding nei processi di apprendimento di molte altre discipline. Nelle prossime pagine di questo libro, troverete una proposta interessante e basata su importanti ricerche. Infine, come avrete certamente intuito, alcuni concetti, molte pratiche e molte prospettive sono trasversali e possono essere insegnati anche in altre attività, che non necessitano obbligatoriamente di computer e programmazione.
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