Hha2 la figlia dell'ambasciatore

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Prologo

Mentre attraverso la stazione il sole tramonta dietro le rovine degli archi della Lehrter Bahnhof. La pungente brezza di tardo autunno fa volare via i piccioni dalle travi dov'erano appollaiati, e io mi stringo nel cappotto per proteggermi dal freddo. È martedì sera e non c'è quasi nessuno, sui binari non ci sono i treni dei pendolari e le banchine sono deserte. Su un binario lontanissimo alla mia destra, un vagone, silenzioso e scuro, aspetta. Il telegramma che annunciava l'arrivo di Stefan con il treno mi aveva colta di sorpresa. Da quando gli alleati avevano bombardato le nostre linee, di convogli in città non ne erano entrati praticamente più. O perlomeno questo è quanto scrivono i giornali. Le ferrovie defunte e il blocco navale britannico sono la scusa per tutto, dalla mancanza di tubature nuove per ridarci l'acqua corrente – un problema che ci ha costretto a tornare all'aria aperta come un secolo fa – all'impossibilità di procurarsi il latte fresco. Guardandomi intorno nella stazione desolata, in questo momento quasi quasi ci credo. Mi torna alla mente il viso di Stefan. È stato proprio su questo binario che ci siamo salutati, più di quattro anni fa, e lui portava al collo la ghirlanda di aster che avevo raccolto. «Non partire» avevo implorato per l'ultima volta. Stefan non era fatto per la guerra: aveva un viso paffuto e gentile, e leggendo nei suoi grandi occhi

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