Il rapimento dell'ereditiera

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Lydia San Andres IL RAPIMENTO DELL’EREDITIERA

A G.G.T., che sarebbe stata deliziata di sapere che un’eroina romantica porta il suo nome. E alla mia sorellina, che mi soccorre sempre.

Il cielo era di un azzurro terso, ma qualcosa nelle nuvole che si accumulavano all’orizzonte evocava la pioggia, pensò Amalia Troncoso scendendo dalla carrozza di famiglia.

Non poteva piovere proprio quel giorno! Non dopo che si era data tanto da fare per organizzare la festa all’aperto.

Il prato sul quale posò i piedi era ancora umido di rugiada del mattino, per cui si voltò e porse la mano alla sorella minore.

«Smettila di fissare il cielo.» Lucía, divertita, afferrò la sua mano. «Non pioverà, sai.»

Amalia lanciò un’altra occhiata minacciosa alle nuvole sull’orizzonte. «Meglio che non ci provi.»

«Anche se sono convinta, in generale, della tua capacità di tenere sotto controllo qualsiasi situazione, temo che tu non possa fare niente riguardo al tempo.» Lucía rideva di rado negli ultimi tempi, e Amalia accolse con gratitudine la sua allegria. Non poté fare a meno di stringere brevemente e con affetto le dita della sorella, mentre l’aiutava a scendere dalla carrozza.

«È ciò che pensi tu» le rispose con una risata falsamente spensierata. Per amore di Lucía era disposta a fare cose ben più oltraggiose che cercare di domare delle nuvole.

Sua sorella raggiunse le altre ragazze, radunate sotto un vecchio albero di anacahuita, che le diedero il benvenuto con un

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San Pedro de Macorís, 1905

coro di saluti. Una dozzina di leggere sedie bianche di vimini era disposta all’ombra. Anche le ragazze si erano accomodate in modo pittoresco, come se dovessero posare per un ritratto. Vestite di bianco o avorio, con gli abiti guarniti di pizzi delicati, sembravano fiori avviluppati nel verde lussureggiante dei tropici.

Amalia si lisciò la gonna color avorio attillata, abbinata alla camicetta dello stesso colore con lo scollo quadrato. Indossava scarpe scollate senza tacco marrone chiaro e in testa portava un cappello di paglia bordato di fiori di seta. Non era così che avrebbe voluto vestirsi per una festa in campagna, ma Lucía era stata irremovibile. Le sorelle Troncoso non erano soltanto favolosamente ricche, erano anche sempre vestite all’ultima moda.

Tuttavia, se avesse potuto scegliere, Amalia avrebbe preferito un abbigliamento pratico.

Avrebbe anche preferito fare una bella passeggiata lungo i sentieri sterrati che portavano ai campi di canna da zucchero, o andare a visitare le rovine della tenuta del XVII o XVIII secolo che si estendeva proprio dietro l’albero. Disgraziatamente quel giorno non c’era tempo per gli svaghi.

La cameriera che le aveva accompagnate, seduta a cassetta accanto al cocchiere, stava scaricando i cesti con il pranzo. Il vino frizzante, infilato nei secchi riempiti di ghiaccio che si stava sciogliendo troppo in fretta, doveva essere servito subito, prima che si scaldasse. Amalia diede istruzioni alla cameriera, poi andò a salutare le amiche della sorella.

Fece il giro delle sedie disposte in cerchio, accostando la guancia a quella di ciascuna ragazza, come volevano le buone maniere. Le conosceva tutte da anni, ma erano perlopiù amiche di Lucía. Quando infine si lasciò cadere sulla sedia libera accanto a Paulina de Linares, Lucía stava già chiacchierando animata.

Le sedie erano state disposte in modo da godere indiretta-

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mente del sole mattutino. I piccoli orecchini d’ambra di Paulina catturavano la luce e rosseggiavano come braci. «È bello vederti, Amalia» esordì. «Credevo di vederti ieri alla festa in giardino, ma Lucía ha detto che non ti sentivi bene.»

Colta di sorpresa, Amalia cercò di ricordare il pretesto che aveva usato per non partecipare alla festa. «Oh, sì» disse dopo una breve pausa. «Mi è dispiaciuto tanto perdermela.»

Paulina sorrise. «Spero che ti sia ripresa abbastanza per venire alla mia cena, stasera.»

Amalia riuscì per un soffio a non rabbrividire. Erano settimane che Paulina cercava di approfondire la loro conoscenza, di stringere amicizia, e anche se Amalia trovava simpatica la giovane madre, una fitta di panico le strinse il petto al pensiero di legarsi troppo a qualcuno.

Sperando che il suo sorriso non apparisse forzato, prese a dire: «Veramente...».

Il resto della frase fu interrotto da un rombo di zoccoli che si avvicinavano. Il groviglio di vegetazione alle loro spalle fremette prima di dischiudersi con violenza, quando un cavallo e un cavaliere irruppero nella radura.

Il cavallo era un animale piuttosto comune, marrone, lucido di sudore. Il cavaliere, invece...

Amalia fissò l’uomo mascherato. Armato, con le maniche rimboccate che lasciavano scoperte due braccia luccicanti, cotte dal sole e muscolose, sembrava...

«Un bandito!» strillò una delle ragazze.

Il nuovo arrivato accennò un saluto con la testa e prese di mira con la pistola il cocchiere dall’altra parte della radura.

«Felice di fare la vostra conoscenza!» esclamò con voce strascicata. Il suo tono sfrontato conferì una connotazione beffarda alla frase cortese. Passando una delle lunghe gambe sopra la sella, si lasciò cadere con agilità a terra, pur continuando a tenere la pistola puntata verso il cocchiere. «Mi dispiace interrompere la vostra festicciola, ma ho degli affari

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da sbrigare. Apprezzerei molto la vostra collaborazione.»

Il coraggio di Amalia avrebbe potuto abbandonarla in quel momento, se Lucía non avesse emesso un pigolio di spavento.

Liberandosi della mano di Paulina che la tratteneva, Amalia si alzò e fece un passo per mettersi tra il bandito e le ragazze. «Che cosa vuole?» domandò con tono stridente.

Da sopra il fazzoletto che gli copriva la metà inferiore del viso, il bandito rivolse ad Amalia uno sguardo che le fece tremare le ginocchia. «Lei.»

Qualcosa di più potente di un brivido scosse Amalia nell’udire la breve sillaba. D’istinto fece un passo avanti, come se il suo corpo stesse rispondendo al comando del bandito. Lucía emise un altro gemito.

Amalia le lanciò una rapida occhiata. «Andrà tutto bene, Lu» le assicurò, mantenendo la voce più ferma che poteva. «Non osare nemmeno preoccuparti per me.»

Con la coda dell’occhio, vide che Paulina, gli occhi stralunati, cercava di afferrare un ramo dell’albero. Pensava davvero di potersi difendere da un bandito armato di due pistole con un ramo?

«Non lo farei se fossi in lei» biascicò il bandito, sollevando l’altra mano per puntare la seconda pistola contro Paulina. Anche nell’ombra screziata dell’albero di anacahuita, la luce del sole brillò minacciosa sulla canna dell’arma.

Le pulsazioni di Amalia accelerarono. «La prego, non spari. Non voglio che qualcuno si faccia male.»

Tenendo le pistole puntate sui bersagli, il bandito avanzò verso di lei con irritante sfrontatezza. Gli bastarono due falcate delle forti gambe per colmare la distanza tra loro.

Un braccio incredibilmente possente le circondò la vita, e Amalia quasi sussultò quando l’uomo la attirò contro il suo petto altrettanto solido. Per il tempo di alcuni respiri Amalia avvertì solo la sensazione del proprio corpo premuto contro quello di lui: non era mai stata così vicina a un uomo, nemme-

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no ballando. Il fatto di non riuscire a vedere la sua espressione lo rendeva ancora più...

Il suo cervello suggerì la parola eccitante, ma Amalia si rifiutò di prenderla in considerazione. Non c’era proprio niente di eccitante. Avrebbe dovuto essere nervosa, o almeno contrariata per quell’abbraccio improvviso e non richiesto.

Il bandito chinò il capo verso di lei e Amalia rabbrividì quando l’orlo del suo fazzoletto le sfiorò la curva dell’orecchio. «Non vuole lottare?» le chiese, il tono divertito.

Un moto di sorpresa, subito seguito da irritazione, assalì Amalia. Prima che potesse sferrargli un calcio nel ginocchio, fu interrotta da un’improvvisa esplosione di violenza.

Ancora scossa dai brividi che la percorrevano tutta, sulle prime Amalia non capì che cosa stesse succedendo. Sentì soltanto che i muscoli premuti contro di lei si irrigidivano, e all’improvviso lui si girò di scatto, fermandosi appena un istante per prendere la mira, prima di sparare un colpo che mandò in frantumi le bottiglie di champagne che la cameriera aveva disposto su un tavolo.

Grida, strilli e rumore di vetri infranti perforarono l’aria. Il cocchiere dei Troncoso, che stava evidentemente tentando di avvicinarsi al punto in cui Amalia veniva trattenuta dal bandito, alzò le braccia per proteggersi il viso dalle schegge.

Il bandito approfittò del trambusto per entrare in azione. Nel volgere di pochi istanti Amalia si ritrovò in sella e l’uomo salì dietro di lei, le cosce e le braccia che la trattenevano in una specie di gabbia da cui non si poteva fuggire. Non sarebbe potuta scappare neanche se avesse voluto e, be’... Non voleva.

Inoltre, non solo il bandito aveva diretto il cavallo verso un sentiero troppo stretto perché il cocchiere potesse inseguirli con l’ingombrante carrozza, ma nel tempo che avrebbe impiegato a staccare uno dei cavalli e a dar loro la caccia, Amalia e il suo rapitore sarebbero svaniti da un pezzo.

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Galoppavano a una velocità che lasciò Amalia senza fiato, sul sentiero così angusto che rami e viticci si infilavano tra i capelli e nei vestiti di Amalia. Solo la presa forte, e non del tutto sgradita, del bandito le impediva di cadere nell’intrico della vegetazione.

Amalia pensò che avrebbe dovuto trovarlo terrificante, ma in realtà era alquanto... inebriata.

Era...

Più che udirlo, percepì il ruggito del bandito che le passò vicino all’orecchio. Si voltò a guardare, senza capire, e intravide gli occhi scuri lampeggianti prima che l’uomo piegasse il busto sopra di lei, creando una gabbia protettiva con il proprio corpo.

Un attimo dopo Amalia sentì il ramo sporgente, che avevano appena schivato, strapparle via il cappello. L’ansito della giovane fu inghiottito dal vento, ma la risata ansante di lui le risuonò dentro mentre continuavano a galoppare, ancora più veloci di prima.

Il rombo degli zoccoli divenne più frenetico e il cuore di Amalia correva all’unisono. Nessuno dei due rallentò fin quando, in fondo al sentiero, non irruppero in una radura. Amalia ebbe appena il tempo di notare una piccola baracca di legno annidata tra gli alberi prima di venire scaricata dalla sella senza tante cerimonie.

I suoi abiti già danneggiati risentirono ulteriormente del pesante atterraggio sul sedere. Il bandito smontò con molta più grazia e senza degnarla di uno sguardo.

L’indignazione la fece balzare in piedi, anche se le sue ginocchia avevano la consistenza di un budino di riso.

Il vento, per non parlare della perdita del cappello, aveva sciolto lunghe ciocche di capelli dalle forcine. Tentando senza successo di domare i suoi riccioli, Amalia si erse in tutta la sua modesta statura.

«Cosa diavolo crede di fare?» si infuriò. «Nessuno ci ha

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inseguiti. Non c’era bisogno di... di rischiare la vita in questo modo.»

«Pensavo che avrebbe gradito un po’ di eccitazione, Altezza» ribatté il bandito, lanciandole un’occhiata mentre finiva di legare il cavallo a un palo vicino. Con più delicatezza di quanto lei lo ritenesse capace, le tolse una foglia dalla spalla e la lasciò volteggiare piano a terra. «Non è per questo che mi ha ingaggiato?»

Julián Fuentes aveva commesso molti errori nella sua miserabile vita, ma quello doveva essere sicuramente il più grave.

Il sangue gli ruggiva nelle orecchie quando si tolse il fazzoletto che gli copriva il mento e la mascella ispidi di barba scura e lo usò per asciugarsi il sudore che gli colava dalla fronte.

La cavalcata, e anche il piccolo intermezzo nella radura, erano stati abbastanza eccitanti. Avevano eliminato le ragnatele dalla sua mente, in ogni caso.

Quella donna, invece...

Dopo dieci minuti in sua presenza, era già certo di non essere alla sua altezza.

I suoi vestiti bianchi di pizzo erano cosparsi di foglie e ramoscelli, e poiché l’aveva gettata di malagrazia giù dalla sella – un atto necessario prima che lei si rendesse conto che in realtà non era la pistola che le stava premendo contro la parte bassa della schiena – ora la gonna aveva anche una lunga macchia di terra. Con le guance arrossate e i riccioli ribelli che si erano liberati dalle forcine, era probabilmente la donna più straordinaria che Julián avesse mai visto.

«In ogni caso avrebbe dovuto aspettare che mi allontanassi dal gruppo» lo accusò lei, cercando senza riuscirci di ripulire la gonna fino a poco prima immacolata. «Volevo dei testimoni, non delle potenziali vittime!»

Julián inarcò un sopracciglio. «Vittime? Nessuna vittima.»

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«Non certo grazie a lei» sbottò la giovane donna. «Cos’aveva in testa quando si è messo a sparare? L’ultima cosa che volevo era che qualcuno si facesse male.»

«Sarebbe successo se non avessi sparato. Il cocchiere di suo zio sembrava sul punto di commettere una grossa sciocchezza. Ora, quando riferirà l’accaduto, potrà dire sinceramente che ha cercato di salvarla dalle mie losche mire. Così non passerà dei guai, proprio come il fatto che io abbia sparato alle bottiglie gli ha risparmiato di ferirsi seriamente.»

«Io... Oh.» Lei fece un cenno, riluttante. «Quindi immagino che sia stato frutto di una veloce riflessione.»

«Mmh...» Dopo aver dato al cavallo un’ultima grattatina in mezzo alle orecchie, Julián si assicurò che avesse abbastanza acqua nell’abbeveratoio prima di marciare verso la baracca.

Neanche con un enorme sforzo di fantasia la si sarebbe potuta definire una casa, ma nelle ultime due notti la fatiscente struttura di legno gli aveva fornito un riparo. Più di quanto potesse dire della propria famiglia.

Prima di rendersi conto che lei l’aveva seguito all’interno, Julián si era già tolto la camicia e aveva immerso le mani nel catino. Indifferente alla sua presenza, si spruzzò l’acqua tiepida sul viso, sentendo i rivoletti scorrergli sul petto nudo quando si voltò di nuovo verso di lei.

Non poté fare a meno di accorgersi che lei li seguì con lo sguardo, fino al punto in cui l’acqua si raccoglieva sulla cintola dei pantaloni, prima di mordersi il labbro e riportare gli occhi verso il suo viso.

«Temo di non apprezzare molto il suo senso dell’ospitalità» affermò Amalia, alzando il mento.

«Mi ha assunto perché la rapissi, Altezza, non per la mia ospitalità.»

Julián era scoppiato a ridere quando lei gli aveva sottoposto la sua idea. Era in agguato per strada, presso la grande casa in cui Amalia viveva con suo zio, vestito con indumenti presi

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in prestito che dovevano aiutarlo a celare la sua vera identità, quando lei si era precipitata fuori dalla porta principale, e nella fretta per poco non gli era finita addosso. Julián non aveva proferito verbo, invece lei, avendolo sorpreso accovacciato dietro la carrozza di famiglia, si era fatta un’idea completamente sbagliata sulle sue intenzioni, e Julián aveva avuto solo una frazione di secondo per decidere se stare al gioco.

Prese la tazza di latta dallo scaffale sopra il tavolo e gliela lanciò, aspettandosi che lei la lasciasse cadere. Invece lei la afferrò con sicurezza e gliela tese con quel fare imperioso che Julián non aveva ancora deciso se fosse affascinante o fastidioso.

In ogni caso, sembrava così determinata a mantenere la compostezza che gli fece venire una gran voglia di scombussolarla un po’. Forse proprio per questo, invece di versarle l’acqua dalla brocca di argilla, stappò una delle bottiglie sullo scaffale.

Lei tossì dopo il primo sorso. «Cosa diavolo mi ha dato?»

«Aguardiente» spiegò lui, mascherando un sorrisetto.

«Ardiente di sicuro» borbottò Amalia, prima di aggiungere con esagerato garbo: «Posso chiederle un po’ di acqua, della varietà che non brucia? Se non la infastidisce, naturalmente. Mi dispiacerebbe arrecarle troppo disturbo».

Julián le sorrise, dopo avere per parsimonia vuotato d’un sorso la tazza di Amalia. «Mi pare di aver già chiarito che sono a sua completa disposizione, señorita.»

A causa della posizione della donna, lui doveva allungarsi dietro di lei per prendere qualsiasi cosa dallo scaffale. Le labbra della giovane si schiusero quando il suo braccio le sfiorò le frappe della camicetta, e un leggero ansito agitò l’aria calda e pesante tra loro.

Solo un attimo prima Julián si era divertito a canzonarla, ma ora l’improvvisa, fiera ondata di desiderio che lo travolse fu così sconvolgente che lasciò cadere la brocca dell’acqua.

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Non si ruppe, limitandosi ad atterrare sul tavolo con un tonfo sordo.

Invece di scombussolare la ragazza, era lui che stava perdendo la bussola.

«L’acqua» annunciò, facendone roteare un po’ dentro la tazza e gettandola fuori dal foro che fungeva da finestra, prima di riempirla di nuovo. Gliela porse con un inchino galante, aggiungendo in tono beffardo: «Con i miei complimenti a Sua Altezza».

Lei socchiuse gli occhi, anche se Julián vi colse un barlume di divertimento. «Per lei io sono Sua Maestà» replicò, e Julián dovette ammettere che, anche così scarmigliata, nel suo portamento c’era qualcosa di maestoso.

Si inchinò con una fragorosa risata, dissipando almeno in parte la tensione che si addensava tra loro.

Lei gli rivolse un sorriso, poi si voltò a guardare fuori dal buco nella parete di legno. Finalmente si era un pochino rilassata.

«È probabile che ci vorranno alcune ore prima che suo zio riceva la richiesta di riscatto e raccolga i soldi» la avvisò

Julián. Ricordandosi solo in quel momento che era mezzo svestito, prese la camicia pulita dal chiodo a cui era appesa e se la infilò. «Magari le farebbe piacere passare il tempo facendo qualcosa di più divertente che guardare fuori dalla finestra.»

Perché diamine tutto quello che diceva quel giorno suonava lascivo? O faceva quell’effetto solo alle sue orecchie, perché non si era ancora del tutto ripreso dalla sensazione del corpo agile di lei premuto contro il proprio, del dolce profumo dei capelli ricci che minacciava di sopraffare i suoi sensi? La tentazione di attirarla a sé e affondare il viso nella pelle liscia del suo collo era quasi più di quanto riuscisse a sopportare.

Se Julián sapeva leggere dentro le persone – ed era una cosa che gli riusciva benissimo – anche la Señorita Amalia Tronco-

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so, nipote di Francisco Troncoso ed erede di una fortuna così vasta da dargli le vertigini, ardeva di desiderio.

Prima che lei potesse commentare il suo giro di parole tutt’altro che felice, Julián spiegò: «Dato che sono piuttosto nuovo al banditismo, non mi ero davvero reso conto di quanto appetito potesse scatenare rapire le fanciulle. Sbaglio o anche lei è affamata?».

«Sto morendo di fame» ammise Amalia, e Julián stabilì che non avrebbe scambiato il debole fremito delle sue ciglia per qualcosa di più di un semplice cambiamento di espressione.

«Allora pranziamo presto, è deciso. Devo avere delle gallette da qualche parte...»

La maggior parte del caffè che aveva preparato quella mattina era ancora nella caffettiera. Julián scrutò dubbioso il suo fondo nero come l’inchiostro, ma lo versò comunque e prese una grossa galletta rotonda da un piatto coperto.

Poi si voltò.

In mancanza di un posto più comodo, lei si era appollaiata sul bordo dell’unica branda e si stava togliendo le poche forcine che ancora sporgevano ad angolazioni improbabili dai suoi capelli scuri. Julián osservò i lunghi riccioli lucenti ricaderle sulle spalle, rendendosi conto, per la prima volta, di cos’avrebbe significato condividere con lei quell’intimità, fin quando suo zio non si fosse presentato con il riscatto.

Era passato molto, molto tempo dall’ultima volta che aveva visto una donna intenta a pettinarsi. Tanto, in effetti, che la visione delle sue dita che rastrellavano lentamente i folti riccioli stava facendo cose indicibili al suo autocontrollo. Non voleva solo immergere le dita fra quei capelli e tirarli fino a strapparle un sussulto. Avrebbe voluto spargerli sulle sue spalle nude, tracciare le morbide volute con la punta delle dita e...

Il cuore di Julián batteva all’impazzata. Continuando così non sarebbe riuscito a evitare di perdere del tutto l’onore.

L’unica linea d’azione possibile, per quanto inadatta alla sua

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posizione di bandito senza paura, era fuggire molto, molto lontano.

Spingendo il caffè e la galletta verso di lei, Julián mormorò qualcosa e andò alla porta, deciso a trovare un’occupazione meno pericolosa all’aperto, per esempio stare in piedi sulla sella mentre il suo cavallo saltava sui tronchi caduti.

Ancor prima di raggiungere la porta, tuttavia, vide le prime gocce di pioggia scurire la terra davanti alla baracca. E imprecò sottovoce. Altri due passi e il leggero picchiettio si trasformò in un vero e proprio diluvio tropicale, intrappolando lui e Amalia all’interno.

Insieme.

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