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Sherlock Holmes e il processo contro
Joseph Carr Orlando Pearson
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Sherlock Holmes e il caso del quarto messaggero Orlando
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INDICE
Copertina Illibro L'autore
Sherlock Holmes e il processo contro Joseph Carr I II III
IL LIBRO
Un mistero per il segugio di Baker Street tanto fitto quanto affascinante
Sherlock Holmes si trova davanti a un mistero tanto fitto quanto affascinante. Joseph Carr, un impiegato di banca di alto livello, è stato arrestato per motivi sconosciuti. L’uomo, però, non è in carcere ed è stato processato da un tribunale che non si trova. Gli unici indizi a disposizione del detective sono contenuti nel dattiloscritto che Carr aggiorna costantemente e sottopone alla lettura della sua vicina di casa. Chi c’è dietro le accuse rivolte al mite funzionario? Ma soprattutto: quali sono le accuse?
L'AUTORE
Orlando Pearson, creatore della serie The Redacted Sherlock Holmes, è un uomo d’affari internazionale e vive a Londra. Di giorno fa il pendolare nella City e di notte frequenta gli spiriti di Baker Street. I suoi interessi includono la musica classica, la storia, l’attualità e l’economia. Tutti questi argomenti pervadono la sua scrittura e, in particolare, Il tesoro del Prete Rosso. Gli scritti di Pearson sono già stati tradotti in tedesco, ma questa è la prima occasione in cui una sua opera compare in lingua italiana.
Orlando Pearson, Sherlock Holmes e l’avventura dell’interprete tedesco
Sherlockiana ISBN: 9788825424621
– “Qualcuno doveva aver diffamato Joseph Carr” – lesse la nostra visitatrice, la signorina Brusher, da un voluminoso fascicolo che aveva estratto dalla borsetta. – “Infatti, una mattina, sebbene non avesse fatto nulla di male, venne arrestato. La cuoca della sua padrona di casa, la signora Gruber, che di solito gli portava la colazione alle otto, non si presentò. Un fatto, quello, mai successo prima.”
La signorina Brusher aveva affermato di essere venuta per mostrarci alcuni documenti, a suo dire sgradevoli, scritti dal suo vicino. Dopo il teatrale esordio, la donna fece una pausa. Stava per riprendere il discorso, ma Holmes la interruppe in malo modo.
– Signorina Brusher, sul serio si è recata qui solo per esprimere preoccupazione su questi testi composti dall’uomo che abita nel suo stesso edificio? Non riesco a trovare neanche una ragione per cui io, che do un certo valore al tempo, dovrei investigare su qualcosa del genere. Ebbene, se chiede al mio coinquilino, il qui presente Dottor Watson, le confermerà che nelle rare occasioni in cui chiacchieriamo, è soprattutto per sottolineare i difetti della sua scrittura. Ma non significa che io intenda diventare un critico letterario e trovo inutile aggiungere il suo, di coinquilino, alla lista di persone le cui opere sono prive di vero rigore intellettuale.
– Ma, signor Holmes – ribatté la nostra ospite. – Se mi permette di leggerle altri brani del signor Carr, posso assicurarle che li troverà intriganti e grotteschi.
Il mio amico trasalì all’aggettivo “grotteschi”. – Watson! – esclamò.
– Ancora quella parola: per me implica sempre qualcosa di tragico o
terribile.
La scelta di parole della signorina Brusher rese Holmes disposto ad ascoltarla. Appoggiò il becco Bunsen che teneva in mano, prese la pipa e si sedette sulla sua poltrona con gli occhi socchiusi. – La prego di raccontarmi qualche dettaglio in più su di lei, prima di proseguire la lettura – la esortò.
– Mi chiamo Violet Brushner. Sono una dattilografa professionista e abito in Prague Square. Uno dei miei vicini, il signor Joseph Carr, lavora in banca. Nelle ultime settimane ha preso l’abitudine di leggermi questo suo lavoro, che sostiene essere un libro sulla sua vita. In effetti, è diventato piuttosto invadente nei suoi tentativi di farmi conoscere la storia e ha insistito a lungo per consegnarmi queste pagine. Sono una donna che sa badare sé stessa, ma ho trovato i testi del signor Carr così stravaganti da spingermi a discutere i loro contenuti con qualcuno di stimato. Lì per lì ero incerta su chi scegliere, poi ho pensato a lei, signor Holmes.
La nostra cliente ricominciò a leggere. Ci sottopose dei documenti che descrivevano l’arresto e le investigazioni ai danni di Joseph Carr. Si capiva che l’individuo era stato rilasciato, pur essendo ancora sotto processo. Tuttavia, la narrazione non citava mai nessun reato commesso dall’interessato e nessun crimine per cui era stato accusato. I brani presentavano dei personaggi come la signorina Brusher stessa, altri vicini del diretto interessato e varie figure associate all’autorità responsabile dell’arresto. La dattilografa ci stava ripetendo un passaggio in cui le alte cariche venivano descritte come segue: “Le autorità, da quello che so – e ammetto di essere solo una
minuscola pedina del sistema – non cercano la colpa nella popolazione. Sono piuttosto interessate alle colpe della popolazione e devono inviare i membri della sicurezza…” A questo punto Holmes la interruppe ancora.
– Signorina Brusher, mi sta dicendo che una qualche autorità ha arrestato il suo vicino e che è stato lui stesso a riferirglielo, senza specificare però l’accusa e l’accusatore?
– Il signor Carr non mi ha spiegato nulla sul perché della cattura o sui mandanti. Non so altro, eccetto ciò che è contenuto in questi documenti.
– È una situazione davvero singolare. Viviamo in un paese governato da un solido sistema legale, eppure un uomo è stato arrestato senza un motivo ad opera di personalità di cui non conosce l’identità. Come se questo non bastasse, l’accusato continua a rimanere in libertà. Sembra quasi che queste autorità stiano giocando con lui.
L’osservazione del mio socio rimase sospesa nell’aria. La signorina
Brusher riprese la lettura. Era arrivata a un passaggio che recitava: “Una volta a settimana, Carr faceva visita a una ragazza di nome Elsa, la quale lavorava come cameriera fino a tarda notte, mentre di giorno riceveva i clienti nel suo letto.” Holmes interruppe la nostra ospite con tono perentorio.
– Signorina Brusher, il testo che ci sta proponendo è davvero notevole, ma anche estremamente lungo. Può spiegarmi in che modo dovrei intervenire nella faccenda?
La donna sollevò lo sguardo. – Signor Holmes – disse. – Il signor Carr si trova in un momento di considerevole disagio personale. Mi assilla sia a casa che al lavoro nel tentativo di comunicare con me.
Quando non riesco più a evitarlo, si presenta nel mio alloggio con questo dattiloscritto sempre più grosso e si mette a leggere. Sta invecchiando davanti ai miei occhi e credo che i poteri da lui descritti in queste pagine gli stiano rendendo la vita impossibile. L’intera faccenda si sta ripercuotendo su di me al punto che sono stata costretta a prendere provvedimenti per togliermelo di torno. Ho chiesto a un’amica di dividere la mia stanza con me, nella speranza che il signor Carr mi lasci in pace, vedendo che sono in compagnia. Allo stesso tempo, l’uomo descrive queste autorità che io non riconosco, ma che sembrano avere una certa influenza su di lui, come quella che potrebbe avere uno stato. Ho quindi compreso di dover presentare la storia a qualcuno di competente, ma non sapevo davvero a chi rivolgermi.
– Signorina Brusher, mi mette in una situazione difficile. Da una parte, lei non ha prove che si stia verificando un reato, oppure che tutti gli eventi di cui ci sta parlando siano successi in qualche altro luogo che non sia l’immaginazione del signor Carr. Dall’altra, gli scritti del suo vicino suggeriscono una gigantesca cospirazione, di cui però non conosco altri dettagli fuorché quelli da lei stessa riferiti. Sostiene che il signor Carr sia oppresso da alcune personalità di cui non ha mai sentito parlare, però vorrebbe proporre questo caso a degli esperti. Credo sia meglio, dato che le sue preoccupazioni sono legate a questo gigantesco dattiloscritto, se lei mi lascia i fogli, affinché io possa
esaminarli con cura. Glieli restituirò non appena avrò elaborato un piano d’azione, semmai ce ne fosse bisogno.
– Cosa ne pensa della donna, Watson? – mi interrogò pensoso Holmes dopo che la signorina Brusher se ne fu andata.
– Piacevole, rispettabile, carina. Si è rivelata alquanto acuta e allo stesso tempo profondamente disturbata dagli atteggiamenti del vicino… – mi avventurai a rispondere, prima che Holmes mi zittisse con un grugnito.
– Sul serio, Watson, quante volte devo ripeterle di osservare i dettagli e di non fermarsi a descrizioni vaghe e, se posso permettermi, piuttosto soggettive? La signorina è ovviamente infastidita dalle attenzioni di Carr – lo ha dichiarato lei stessa – ma, vecchio mio, lei non riesce a concentrarsi sulle minuzie che lo dimostrano e che rivelano altri indizi sulla nostra cliente e sulla sua vita. La striscia di polvere accanto all’orecchio sinistro, proprio dove cadeva la luce, indica un interesse della nostra visitatrice per il teatro, oltre che il suo essere distratta, dato che non si è struccata del tutto. I granelli di polvere di mattone sulla sua blusa, appena sopra la vita, mostrano che l’indumento è stato appeso fuori dalla finestra per essere asciugato e questo ci fa capire che dove abita non ci sono attrezzature per l’asciugatura dei vestiti. Quando si imbatte in una persona in generale ordinata ma che non si accorge di queste piccolezze nel proprio aspetto, può stare sicuro che la loro attenzione sia focalizzata su qualcosa che è esterno alla loro normale sfera di attività.
– Quindi cosa ne pensa del problema che ci ha posto?
– In un primo momento, ritenevo si trattasse di un banale intreccio romantico, dato che Carr sembra accostarsi alla signorina Brusher quando è da sola. Tuttavia, il contenuto del dattiloscritto mi porta a escludere questa ipotesi. Nessun uomo cercherebbe di conquistare una signora leggendole un documento in cui descrive di essere perseguitato da una non ben specificata autorità. Di certo non condividerebbe informazioni sugli incontri settimanali con una donna che durante il giorno riceve visitatori nel suo letto. A quel punto, come ha notato, ho interrotto la narrazione. Dovrò dedicare più attenzione al testo che ci ha lasciato la nostra cliente.
Con mio sommo stupore, Holmes abbandonò le sue ricerche scientifiche e per il resto della giornata non mi rivolse la parola. Rimase affondato nella sua poltrona e curvo sopra le pagine, sfogliandole una a una. Ogni tanto degli sbuffi di fumo uscivano dal suo narghilè, fido compagno nei momenti in cui il detective era immerso in profonde riflessioni. Holmes sembrava esaminare non solo le parole, ma anche la carta e ogni tanto estraeva la lente di ingrandimento per esaminare i fogli più da vicino. A un certo punto, prese una pagina e la piazzò sotto la lente del microscopio. Rimase per un considerevole intervallo di tempo a osservare attento attraverso l’oculare, mentre nel nostro salottino la nube grigio-bluastra di tabacco si infittiva.
Udii di nuovo la voce del mio socio soltanto quando stavo per andare a dormire, sebbene in quell’occasione sembrasse rivolgersi a sé stesso.
– Un documento assolutamente unico. Riguardo allo scopo per cui è stato creato, sono allo stesso punto di stamattina all’arrivo della signorina Brusher. Il succo del caso è contenuto in questo testo e, nonostante gli abbia dedicato tutti i miei sforzi durante la giornata, rimango incerto se esso sia un’invenzione, una cronaca di eventi reali o una combinazione delle due cose. È stato battuto con la stessa macchina da scrivere durante un periodo piuttosto lungo. Uno controllo della qualità dei caratteri con la lente di ingrandimento, mostra che le lettere si sono deteriorate col tempo. Contiene anche delle correzioni eseguite a mano da un’altra persona.
– Non è stato Carr ad apportare i cambiamenti a mano? – mi intromisi.
– Se osserva bene, la persona che estrae il foglio dalla macchina – e dunque sta battendo il documento – usa la mano sinistra, dato che alcune pagine mostrano una lieve impronta di pollice sul lato in alto a sinistra. L’individuo che ha effettuato le correzioni manuali, invece, usa la destra.
– E riesce a stabilirlo dalla calligrafia?
– No, più che altro mi baso sul fatto che colui che scrive a mano compie questa operazione mentre stringe un panino nella sinistra. Le briciole del panino sono cadute sopra il lato sinistro della carta e in alcuni punti sono coperte dall’inchiostro delle correzioni manuali, ma mai dai caratteri della macchina da scrivere. Ecco perché prima mi sono servito di lente d’ingrandimento e microscopio: le briciole sono sparpagliate su un’ampia parte del foglio, in maniera curiosa. Ciò suggerisce che l’altra persona è un amico intimo di Carr e che
quest’ultimo gli ha mostrato il proprio lavoro. Tuttavia, questo misterioso individuo non prende il suo incarico di revisore molto seriamente, altrimenti smetterebbe di mangiare e bere mentre vi si dedica.
– Sarebbe sbagliato immaginare che la signorina Brusher, dattilografa di professione, sia l’autrice della battitura a macchina e Carr il responsabile delle modifiche a penna?
– Mio caro Watson, ovviamente ho vagliato questa possibilità, ma la battitura è di qualità troppo scarsa per essere opera di una professionista. Guardi gli errori e le correzioni aggiunte da chi si è dedicato alla scrittura a macchina. Tali sbagli non sarebbero successi a qualcuno che lo fa per mestiere, dunque credo che Carr stia collaborando con una persona diversa. Il collaboratore fornisce a Carr dei consigli sul testo ogni volta che una sezione del dattiloscritto viene completata. È probabile che ciò accada durante l’ora di pranzo, cosa che spiegherebbe la presenza di residui di cibo sui fogli. Carr stesso si occupa della battitura mentre è al lavoro, poiché la carta è di quella tipologia standard prodotta in massa e impiegata nel mondo degli affari. In più, la signorina Brusher non ha mai detto di aver visto Carr scrivere a casa. Questo ci suggerisce che Carr e l’altro individuo lavorano a stretto contatto l’uno con l’altro.
– Sembra più interessato a questo enigmatico collaboratore che a Carr o alla signorina Brusher.
– Sono convinto che la donna rivesta solo il ruolo di cassa di risonanza occasionale per Carr e l’unico motivo per cui ci siamo interessati a lei è perché ha sottoposto il caso alla nostra attenzione.
Del secondo personaggio, invece, non sono riuscito a ricavare molti
dettagli: per ora sappiamo che è disordinato quando mangia e che verosimilmente incontra Carr nei pressi del luogo di lavoro di quest’ultimo. È chiaro come Carr si fidi di lui, in caso contrario non gli farebbe visionare la sua opera. L’altro individuo apporta frequenti cambiamenti al testo di Carr con una matita ad alto contenuto di grafite, appuntita in modo irregolare con un coltellino tascabile dalla lama smussata. Purtroppo, queste informazioni non ci permettono di identificare il revisore. Le modifiche sono più stilistiche che di contenuto, infatti rimpiazza i termini vaghi con vocaboli specifici.
«Per esempio, nella prima frase, il verbo “arrestato” sostituisce la parola “preso” battuta in un primo momento. Possiamo quindi dedurre che il collaboratore di Carr abbia un elevato livello di istruzione. Ritengo che Carr lo reputi una figura autorevole, considerato che ha mantenuto tutti i cambiamenti stabiliti dalla seconda persona.»
– Cosa ne pensa di Carr, invece?
– Ho già spiegato che è un dattilografo poco accurato. Posso aggiungere che nel suo racconto si descrive come Segretario generale di una banca, dunque il vicino della signorina Brusher ricopre una posizione di spicco e beneficia di un reddito sostanzioso. – Holmes terminò di parlare e fissò lo sguardo su un punto imprecisato della stanza.
– Perciò sostiene che quanto Carr scrive di sé nel testo corrisponda alla realtà? – volli sapere.
– La signorina Brusher afferma che Carr abita nel suo stesso edificio, lavora in banca e la costringe ad ascoltare la storia della sua
vita. Tutti questi dettagli combaciano con il dattiloscritto. Il testo, inoltre, presenta uno stile piuttosto bizzarro poiché, sebbene sia impostato in terza persona, racconta i fatti dal punto di vista di Carr.
Nella parte che la signorina Brusher ci ha proposto, l’uomo viene arrestato ma non accusato e, nelle sezioni successive, si reca alle udienze preliminari in una zona della città particolarmente disagiata. Le udienze vengono presentate come una farsa. Si lamenta del trattamento che gli è stato riservato durante l’arresto e dichiara che gli agenti che l’hanno preso in custodia gli hanno rubato gli effetti personali. Tuttavia, queste rimostranze sembrano non avere nessun impatto sugli ufficiali della corte incaricati del suo caso.
«Il lettore viene di continuo portato a chiedersi se il documento contenga la descrizione di eventi autentici o di qualcosa di più fantasioso. Ci troviamo davvero in terre inesplorate…» Il discorso di Holmes mancava della solita incisività e il detective ripiombò di nuovo nelle sue riflessioni.
– Quali saranno le prossime mosse?
– Continuerò a ragionarci su – stabilì Holmes con uno sbadiglio e, sistemandosi il violino sopra il ginocchio, cominciò a far scorrere l’archetto sulle corde per produrre un suono rudimentale che non me la sento di definire musica.
– Devo decidere – continuò. – Si sta verificando un crimine o una situazione incresciosa? Se così fosse, dovrei investigare per conto mio oppure rivolgermi alle autorità? E, data la natura del testo, a quali autorità? In alternativa, i risultati delle mie introspezioni potrebbero portarmi alla conclusione che Carr sia un personaggio fastidioso a cui
piace propinare la sua opera piuttosto noiosa e in gran parte fittizia alla sua vicina di casa e ad altre persone che non possono sfuggire all’ascolto. Al momento, però, il mio istinto si oppone a quella che sarebbe una conclusione alquanto banale degli eventi, anche se spiegherebbe i fatti che ci sono stati presentati. Dal mio punto di vista. Abbiamo un caso su cui indagare, ma preferisco non azzardare ipotesi sulla direzione in cui ci porterà.
Il mio battito accelerò per l’eccitazione al commento di Holmes.
– C’è niente che io possa fare per assisterla?
– Si tenga pronto, amico mio, si tenga pronto. Il suo limite più grande, ma anche la sua forza maggiore, sta nel suo essere un uomo d’azione piuttosto che di riflessione. Ho bisogno di concentrarmi sui miei pensieri e rimarrò sorpreso se non ci sarà un po’ di movimento dei prossimi giorni.
I I
Il mattino dopo, quando mi presentai per colazione, non fui sorpreso di trovare Holmes sprofondato nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato. L’aria nel salotto era impregnata dall’opprimente tanfo di tabacco, mescolato con l’odore pesante del caffè forte.
– Come può notare, Watson, sono stato sveglio tutta la notte e, grazie a questo apparecchio, ho finalmente trovato una via per entrare nel mondo di Joseph Carr.
– È riuscito a trarre delle conclusioni? – mi informai.
– Solo negative, finora. Ho ricontrollato il mio archivio e i giornali più recenti. Non ci sono tracce di un’azione legale, ufficiale o privata, avviata contro Carr, né di reati per cui l’uomo figura come sospettato.
– E per quanto riguarda il racconto?
– Ho letto fino alla fine il dattiloscritto consegnatoci dalla signorina Brusher. Il documento risulta incompleto, in quanto non giunge a una vera e propria conclusione, ma ogni capitolo è essenzialmente completo in sé. Ciò mi spinge a pensare che arriveranno più capitoli.
– Ha perciò capito se si tratta di un resoconto o di un’opera di fantasia?
– Carr sta senza dubbio registrando informazioni oggettive quando si descrive in ambito lavorativo. È il Segretario generale della C&S Bank, con sede ad Aldersgate. Ho individuato questa informazione grazie ai dei riferimenti ad alcuni dei depositi che la banca ha eseguito presso il Governo con denaro non liquido. Tra gli altri eventi menzionati nel dattiloscritto, Carr parla di essersi recato in un
tribunale di Hackney e la corte appare essere di natura in qualche modo informale. Non conosco nessun palazzo di giustizia nella zona descritta da Carr.
– Suggerisce di andare ad Hackney e verificare che il tribunale esista davvero?
– Carr fornisce l’indirizzo dell’edificio, ma nessun numero civico. In effetti, quando si è recato ad Hackney, non possedeva questo dettaglio di vitale importanza. Si è ritrovato a cercare di entrare nella struttura chiedendo alle persone se conoscevano un certo Capitano Spear, un personaggio che si è inventato a partire dal nome dell’inquilino che ha la stanza accanto alla sua. Una volta entrato, ha finto di mettersi alla ricerca di Spear per verificare che nel palazzo ci fosse davvero una corte.
– Ha intenzione di fare un sopralluogo là stamattina?
– Mio caro Watson, ho già ritardato le mie ricerche chimiche di un giorno per indagare su quello che potrebbe rivelarsi nient’altro che una sconclusionata finzione. Di conseguenza, propongo a lei andare ad Hackney per accertarsi che ci sia qualcosa nella narrazione di Carr che possiamo convalidare.
Rimasi avvilito nel vedermi assegnato un compito che Holmes, in modo non troppo velato, reputava una perdita di tempo. Oltretutto, il mio socio decideva di rinunciare a quella spedizione per dedicarsi a degli esperimenti chimici, i quali di frequente rendevano il nostro salotto inabitabile ma sembravano produrre ben pochi risultati. Tuttavia, non avevo altre questioni di cui occuparmi, perciò accettai.
Il testo di Carr indicava che il tribunale si trovava in Caesar Street. Una volta giunto sul posto, scoprii che si trattava di un lungo viale con alti complessi residenziali da entrambi i lati. C’erano bambini impegnati in vari giochi per strada e residenti di tutti tipi concentrati in diverse faccende come stirare, pulire stivali o affilare coltelli sulla soglia di casa o presso la finestra di stanze affacciate sulla via. L’aria era nebbiosa e fetida.
Esaminai con cura i singoli condomini piuttosto sciatti, allo scopo di intercettare dei segni che potessero ospitare un tribunale, ma la mia verifica si rivelò vana. Alla fine, decisi di impiegare lo stesso stratagemma di Carr per guadagnarmi l’accesso alle abitazioni. Cominciai a fermare i passanti, domandando loro se conoscessero un tale Capitano Spear.
Gli inglesi sono un popolo davvero gentile. In pochi minuti, appresi parecchi dettagli sugli abitanti della strada. Alcuni di loro erano stati per mare, mentre altri avevano dei nomi diversi da Spear ma almeno collegati al combattimento: Archer, Gunn, Bowyer, Fletcher. Mi furono indicati svariati edifici, ma nessuno di essi era la dimora di un personaggio chiamato Capitano Spear o la sede di un tribunale.
L’espediente di Carr non era stato d’aiuto. Stavo per tornare sui miei passi e dirigermi alla stazione, quando un’anziana signora in pantofole aprì il portone dell’ennesimo palazzo, si affrettò a scendere la scalinata posta sulla facciata e mi chiese: – Lei è un altro gentiluomo che cerca il Capitano Spear?
– Sì – risposi, mentendo solo a metà. – Sa per caso dove posso trovarlo?
– Deve passare per di qua – dichiarò la donna, risalendo i gradini.
La seguii in cima alle scale e da dietro le sue spalle sbirciai attraverso la porta: l’interno del casamento era ben diverso da quello degli altri edifici che avevo visionato fino ad allora. Si trattava di una sala ampia e scura che conteneva una piattaforma rialzata e un ronzio di voci. I presenti apparivano indaffarati in una specie di faccenda ufficiale.
Stavo per entrare, ma l’anziana si girò verso di me e mi bloccò il passo, dicendo: – Lei non avrebbe dovuto vedere nulla.
– Allora perché è scesa giù per aiutarmi? – domandai.
– Ho sentito che cercava il Capitano Spear, signore, come l’altro gentiluomo. Probabilmente ho preso troppa iniziativa nel raggiungerla e parlare con lei. Non ne so granché riguardo a questa questione –rispose a bassa voce, guardandosi intorno furtiva, come per assicurarsi che nessuno stesse origliando. – Ma sapevo cos’è che le serviva, così ho pensato che almeno potevo mostrarle dove trovarlo. Comunque, il Capitano Spear non è qui e questa porta serve solo per garantire l’accesso al gentiluomo che per primo chiedeva di lui.
A queste parole, la porta si chiuse di colpo davanti a me e non servì a nulla chiamare e bussare per farmi ammettere all’interno. Controllai se ci fossero finestre, ma quello era l’unico edificio della strada senza finestre al piano terra. Mi guardai intorno. La via era adesso vuota ed era uscito il sole. Non c’era più motivo per me di rimanere, perciò fui sollevato di ritornare a Baker Street.
L’espressione di Holmes si faceva più rabbuiata mano a mano che riferivo la mia esperienza. – Beh, tra tutti gli incarichi che le ho
affidato, non me ne viene in mente nessuno in cui si è ripresentato con una quantità di informazioni tanto scarsa. – commentò infine.
– Magari è per via della difficoltà del compito da svolgere – ribattei.
– Ne dubito, Watson, ne dubito. Perché non ha domandato di un tribunale invece di replicare l’infruttuoso metodo di Carr per introdursi nelle case? Perché non ha provato a cercare un affittacamere che poteva fornirle una panoramica sulla strada e i suoi abitanti? Non ha nemmeno annotato il numero dell’edificio in cui c’era il famoso salone!
– Di certo lei non avrebbe saputo fare di meglio – risposi. – E ho annotato il numero civico, il che è già un passo avanti rispetto a quanto fatto da Carr – aggiunsi acido, offeso dalla mancanza di empatia per il mio aver svolto una missione tutt’altro che intuitiva. –Era l’ottantaquattro.
– Ogni attento osservatore concluderebbe che me la sono cavata di gran lunga meglio di lei. Mentre dava la caccia al Capitano Spear ad Hackney, io ho scartabellato i registri catastali e rintracciato l’identità di un locatario di quella zona. Caesar Street è stata costruita vent’anni fa per fornire una sistemazione agli operai della locale fabbrica di lucido per le scarpe. Il titolare della fabbrica possiede anche i terreni dell’area e ha delle idee piuttosto arbitrarie su come le altre persone dovrebbero vivere. Quel genere di idee che si possono imporre alla gente quando sei allo stesso tempo il loro datore di lavoro e padrone di casa. La gestione degli affitti è affidata a una compagnia che ha come rappresentante l’individuo con cui ho avuto un colloquio stamattina a Regent Street.
«Tutti gli edifici sono fabbricati con gli stessi mattoni grigi e con il medesimo scopo di ammassare il maggior numero possibile di poveretti nello spazio più piccolo che si può. Tutti coloro che lavorano alla fabbrica sono obbligati a vivere nei caseggiati intorno a Caesar Street: lo sviluppo è bloccato, il proprietario insiste che gli abitanti non vengano autorizzati a stendere i panni fuori e che le strade siano vuote tra le dodici e le una di ogni giorno.»
– E qual è l’importanza della storia della signorina Brusher in tutto ciò? – mi informai, ancora irritato per il comportamento altezzoso del mio socio.
– Il motivo per cui le ho domandato dei numeri civici, Watson, è perché per uno dei caseggiati c’era stata una disputa con i con i costruttori durante la fabbricazione. Per protesta, i manovali avevano murato le finestre del piano terra e si erano rifiutati di erigere i muri non portanti interni. La discussione venne risolta e alla fine lo spazio privo di finestre venne usato per stendere il bucato, cosa che normalmente avviene nelle soffitte. In questo caso, l’area del soffitto era stata utilizzata per ricavare delle abitazioni. La casa è la numero ottantaquattro, perciò ho avuto successo nel localizzare il salone in cui Carr era stato ammesso senza il bisogno di lasciare il nostro appartamento. – Holmes, dalla sua poltrona, alzò lo sguardo verso di me e, nonostante fossi frustrato dall’esito delle mie investigazioni, dovetti riconoscere che il mio collega aveva ottenuto molte più informazioni di me.
– Dunque la mia visita ad Hackney è stata una completa perdita di tempo? – domandai, nella speranza di sollecitare almeno una parola di
apprezzamento.
– Niente affatto, Watson, niente affatto – mi consolò il mio amico, riappoggiandosi allo schienale della poltrona. – Lei ha confermato quanto già avevo stabilito con la mia chiacchierata diretta con l’amministratore della proprietà, e cioè che al piano terra del numero ottantaquattro di Caesar Street c’è una stanza priva di finestre e che Carr o qualcuno da lui assunto è stato in Caesar Street col pretesto di cercare un certo Capitano Spear. Di conseguenza, possiamo escludere che quanto riferitoci dalla signorina Brusher sia un’opera di fantasia, né della donna né di Carr. Infine, ha dimostrato che esiste una specie di ampio salone dove, a quanto pare, si svolge un qualche tipo di attività ufficiale.
Stavo per esprimere un timido commento auto-celebrativo, affermando che avevo perlomeno validato un aspetto della vicenda, pur senza aggiungere nuovi dettagli. Holmes, però, mi bloccò e aggiunse: – È giusto riconoscere il suo contributo in questa investigazione, fino a ora. Le sue ricerche rivelano che lei è più dotato per i rapporti accurati di quanto non lo sia nella comprensione del lavoro da detective. Rimase in silenzio sulla poltrona e sbuffò degli anelli di fumo rivolto al soffitto. Gli anelli oscillarono intorno al paralume e si dissolsero. Avvertii che il silenzio si era fatto imbarazzante, perciò chiesi: – Dunque lei sostiene che Carr o uno dei suoi scagnozzi si siano recati laggiù? Sta suggerendo che forse non è stato Carr a dirigersi ad Hackney, nonostante questo sia ciò che viene descritto nel testo letto dalla signorina Brusher?
– Carr è chiaramente un individuo disturbato. Non è impossibile che abbia lui stesso organizzato la cosa: guadagnare accesso al numero ottantaquattro di Caesar Street, pagare delle persone per impersonare una corte e, dopo aver seguito la signorina Brusher fin qui, ordinare a un gruppetto di perdigiorno di fingersi i membri di un tribunale per chiunque si fosse messo a verificare la sua narrazione. Potrebbe perfino aver chiesto a qualcuno di andare laggiù al posto suo, piuttosto che recarvisi di persona. Oltre a una forma di perversa autogratificazione, però, non capisco quale sia lo scopo di un’eventuale messinscena e sono dunque portato a respingere la teoria che la vicenda sia un’elaborata invenzione da parte di Carr, senza però cancellare del tutto questa possibilità.
«Come anche lei realizzerà, Watson, siamo nella fase in cui si cerca di eliminare l’impossibile per rimanere solo con la verità. Se escludiamo l’ipotesi che tutta la situazione sia un’elaborata fantasia di Carr, ci rimangono due opzioni.»
Attesi che Holmes elencasse le sue teorie, invece adottò un’espressione ancora più languida e soffiò altri anelli di fumo verso il soffitto. – E? – mi azzardai a domandare alla fine.
– E dovrò condurre ulteriori indagini per conto mio – replicò con calma, per poi riappoggiarsi allo schienale della poltrona con sguardo vitreo.
Tutti i miei tentavi di proseguire il dialogo furono inutili, perciò rinunciai e trascorsi il resto della giornata al tavolo da biliardo del mio club. Quando rientrai a casa, Holmes non c’era. Tuttavia, l’acre odore del tabacco ancora sospeso nell’aria mi rivelò che non se n’era andato
da molto e che aveva trascorso i minuti prima della partenza fumando a ripetizione.
Nei giorni seguenti, ebbi poche occasioni di incontrare il mio socio. Quando era presente a Baker Street, era distratto e non partecipava alla conversazione. Era chiaro che il caso di Joseph Carr stesse assorbendo la sua piena attenzione, poiché Holmes non apriva più la posta e i visitatori venivano respinti in malo modo. Il mio collega mostrava questo comportamento solo quando si dedicava a un’investigazione particolarmente complessa. L’unica persona a cui diede udienza fu la signorina Brusher, la quale si presentò in due diverse occasioni quando Holmes era per puro caso nel nostro appartamento. Al contrario di quanto accadeva fin dai nostri primi casi insieme, non appena la donna si presentò con ulteriori pagine del dattiloscritto, il detective mi chiese di lasciare libero il salotto in modo da poter avere un colloquio da solo con la signorina Brusher, operazione che ebbe una durata considerevole.
Mi accorsi che anche la nostra ospite era perplessa da questo approccio ma commentò in tono deciso che era abituata alle visite del signor Carr senza nessun altro presente e che sapeva badare a sé stessa.
Trascorsa una settimana dalla mia vista ad Hackney, Holmes finalmente si decise a rivolgermi qualcosa in più che una parola rude e frettolosa.
Una sera, dopo essere rientrato e aver trascorso due ore seduto in silenziosa meditazione, senza aprire bocca e con ancora addosso degli
abiti da lavoro che odoravano leggermente di clorina, parlò all’improvviso:
– Le cose stanno così, Watson. Come riportato nel testo, Carr va in banca presto, rimane a lavorare fino a tardi e poi o torna a casa o cerca aiuto da varie fonti per far luce sui motivi del suo arresto. Ho deciso che dovevo pedinare Carr il più possibile durante la giornata, perciò mi sono travestito da vagabondo e ho stazionato all’esterno del numero dodici di Prague Square quando l’uomo era a casa. Inoltre, mi sono unito a una delle squadre che si occupano della pulizia serale di varie banche, in modo da poter tenere sott’occhio Carr quando si fermava in ufficio oltre l’orario lavorativo. Il mio primo compito è stato verificare fino a che punto il dattiloscritto, in cui il diretto interessato descrive in terza persona le sue azioni, combacia con ciò che accade effettivamente nella vita dell’autore.
«Fingendomi un perdigiorno sotto la finestra di casa sua e lavorando come addetto alle pulizie in banca la sera, sono stato in grado di seguire Carr per diverse ore al giorno, sebbene non per tutto il tempo. C’è uno spazio vuoto durante la sua giornata durante il quale non sono riuscito a intrufolarmi nel suo ufficio, un altro vuoto quando si trova all’interno della sua abitazione e un altro ancora ogni volta che entra in una proprietà privata per un consulto riguardo al suo caso.»
– Capisco perché abbia deciso di operare spacciandosi per un vagabondo, ma come ha fatto a trovare un impiego come inserviente in banca? Di sicuro un’organizzazione del genere non avrebbe impiegato molto a scoprire la sua identità.
– Mio caro Watson, di certo ricorderà la nostra avventura che lei ha prontamente narrato in L’impiegato dell’agenzia di cambio.1 In quell’occasione l’istituto finanziario Mawson & Williams era pronto a offrire un impiego permanente e di responsabilità a un candidato senza neanche incontrarlo. Riesce a immaginare una maniera più semplice per infiltrarsi in una banca che farsi assumere da un’impresa per una mansione di grado bassissimo? La banca non si sforza neanche di esaminare le credenziali di quanti vengono impiegati dai loro appaltatori e questi ultimi ci badano ancora meno. Ho adottato un nome moravo, Vincec Kramar, e ho fornito al caposquadra la garanzia verbale che la mia presenza nel paese fosse legale.
«Terminati i controlli sulla mia provenienza, ero libero di spostarmi da una banca all’altra e avere accesso agli uffici privati dei dirigenti di grado più alto. I miei colleghi sono una banda di individui amichevoli, onesti e lavoratori provenienti da ogni angolo del mondo, però non me la sento di incoraggiare un esame più approfondito del loro diritto di residenza nel Regno Unito.»
– Quali sono allora le sue conclusioni?
– Nei momenti in cui ho potuto verificare il contenuto del dattiloscritto, esso corrisponde alla vita quotidiana di Carr.
– Lei ritiene dunque che l’uomo sia vittima di una gigantesca persecuzione?
– Sì, è l’unica spiegazione plausibile rimanente. Tutto ciò che ho osservato su Carr, compare anche nel racconto. Di conseguenza, non credo che la narrazione riferita agli spazi vuoti della giornata racconti qualcosa di diverso dalle reali esperienze del nostro cliente, anche se
qualche discrepanza qua e là potrebbe esserci. Perciò, posso solo concludere che sia perseguitato da autorità onnipresenti e ben informate, seppure non ufficiali, in quanto tutte le mie ricerche su Carr rivelano che non c’è nessun interesse formale nei suoi confronti.
Accettare che ciò che Carr scrive è anche ciò che vive mi mette inoltre nella posizione di poter studiare l’uomo e poco dopo rileggere quanto visto nelle pagine consegnateci dalla signorina Brusher. Posso assistere mentre Carr si dirige dove non riesco a seguirlo e poi avere conferma nel testo che si è recato nel posto dove l’ho visto andare.
«Inoltre, scopro cosa è accaduto quando non ero presente. Il dattiloscritto di Carr, se posso permettermi, non è affatto edulcorato, come accade invece quando il mio cronachista personale scrive di me o di sé stesso.»
– Cosa accadrà adesso a Carr? – volli sapere, ignorando la frecciatina di Holmes.
– Cerca in continuazione di affidare i documenti alla signorina Brusher: l’ho capito non solo dal contenuto del testo, ma anche da quanto mi ha rivelato la donna. In più, grazie al mio impiego di addetto alle pulizie, posso confermare che Carr ha anche assistito a una fustigazione.
– Una fustigazione?
– Di sicuro rammenta le lamentele di Carr durante la sua prima visita in tribunale, circa il comportamento scorretto degli agenti che l’hanno arrestato. Stavo pulendo la stanza della posta una sera tardi, quando Carr mi è passato davanti e ha spalancato la porta di un ripostiglio presente nel corridoio all’esterno. Mi sono affacciato sul