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Sherlock Holmes e l’avventura dell’interprete tedesco
Orlando Pearson
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INDICE
Copertina
Illibro
L'autore
Sherlock Holmes e l’avventura dell’interprete
tedesco
I II III
Una retrospettiva scritta dal Dottor John
Watson nel 1947
Tièpiaciutoquesto libro?
Inquesta collana
TuttigliebookDelos Digital
IL LIBRO
Sherlock Holmes e Watson convocati a Berlino. Gennaio 1930. Sherlock Holmes e il Dottor Watson vengono convocati a Berlino dall’ambasciatore britannico per investigare sull’aggressione ai danni di Horst Wessel, esponente di spicco del Partito Nazionalsocialista. L’incidente potrebbe andare ad aggravare una situazione già tesa tra i sostenitori di Wessel e i membri del Partito comunista tedesco. Aiutati da un eccellente interprete, Holmes e Watson dovranno muoversi tra la reticenza della polizia e una situazione politica che potrebbe cambiare per sempre il destino della Germania e di tutta Europa.
L'AUTORE
Orlando Pearson, creatore della serie The Redacted Sherlock Holmes, è un uomo d’affari internazionale e vive a Londra. Di giorno fa il pendolare nella City e di notte frequenta gli spiriti di Baker Street. I suoi interessi includono la musica classica, la storia, l’attualità e l’economia. Tutti questi argomenti pervadono la sua scrittura e, in particolare, Il tesoro del Prete Rosso. Gli scritti di Pearson sono già stati tradotti in tedesco, ma questa è la prima occasione in cui una sua opera compare in lingua italiana.
Negli anni della mia collaborazione con Sherlock Holmes, ci siamo imbattuti in parecchi personaggi perversi. Tuttavia, in nessun’altra occasione ci siamo trovati di fronte a una forma così ben organizzata di cattiveria come quella che è descritta nel racconto che segue. Furono questi eventi a farmi realizzare che, sebbene la Grande Guerra fosse finita da poco, le probabilità di un altro conflitto stavano aumentando paurosamente. Ebbi anche la conferma di una vecchia massima di politica che conoscevo, un adagio sulla natura del male che sembrava essere stato formulato proprio in relazione ai fatti che mi appresto a narrare. Infine, vorrei aggiungere che, nonostante le mie storie di solito mostrino quelle che sembrano le infinite capacità del mio socio, questo resoconto sottolinea i limiti di ciò che fu in grado di ottenere. Anche in questo caso, come tante altre volte, era riuscito a identificare l’autore di un crimine nelle circostanze più difficoltose. A differenza delle altre indagini con esito positivo, però, alcune forze che sembravano l’incarnazione stessa della malvagità impedirono al detective di agire.
Nel gennaio 1930 esercitavo privatamente la pratica di medico in Queen Square, a Bloomsbury. Ero stanziato là da ormai vent’anni, poiché avevo lasciato Baker Street nel 1907, quando mi ero risposato. In quel periodo, avevo avuto da Holmes notizie a cadenza irregolare e poco frequente, mentre lui si godeva la pensione facendo l’apicoltore in un cottage nelle South Downs. Ho più volte riportato come il mio ex coinquilino fosse un corrispondente tutt’altro che affidabile, ma devo confessare che io stesso feci pochissimi tentativi per mettermi in
contatto con lui. Il mio lavoro e la vita familiare mi tenevano occupato a pieno regime.
Il 30 gennaio ricevetti un telegramma in cui si affermava che, a causa di un grosso incidente, tutti i dottori dell’area di Bloomsbury dovevano presentarsi immediatamente presso l’University College Hospital.
Quando giunsi all’ospedale, mi venne ordinato di recarmi subito in una sala operatoria: erano richieste le mie abilità di chirurgo per via dell’incidente che c’era stato. Era da parecchi anni che non operavo più, perciò pensai che fosse accaduto un qualche disastro militare o industriale. Mi preparai per affrontare le scene di orrore che mi sarei trovato davanti, nonostante tutto nell’edificio sembrasse tranquillo. Un membro in uniforme del personale mi accompagnò nella sala assegnata a me. Quando aprii la porta, rimasi sbalordito e un pochino perplesso nel trovare che la stanza era occupata soltanto da Sherlock Holmes.
– Le cose stanno così, Watson – esordì con tono calmo quando entrai. – Questa mattina ho ricevuto un telegramma dal Ministero degli Esteri in cui venivo sollecitato a recarmi a Londra il prima possibile, poiché era richiesto il mio parere su una questione della massima delicatezza. Il telegramma non specificava di quale questione si tratti. Visto che abito da solo, è stato facile per loro assicurarsi che nessun altro venisse a sapere della convocazione. Il Ministero ha espresso il desiderio di coinvolgere anche lei nel caso e aveva bisogno di un consiglio su come mettersi in contatto con lei senza rischiare di intaccare la confidenzialità che circonda la materia in questione.
Essendo un uomo di famiglia che gestisce uno studio medico assai frequentato, è stato più complicato convocare lei e insieme mantenere la segretezza. Per questo motivo ho suggerito lo stratagemma dell’incidente, che spero non l’abbia scomodata troppo.
Quando Holmes vuole, sa essere davvero conciliante. La mia iniziale irritazione causata dal sotterfugio per attirarmi all’ospedale venne presto rimpiazzata dall’entusiasmo di collaborare con lui ancora una volta. Il mio amico continuò: – L’ambasciatore britannico a Berlino è rientrato a Londra stamattina insieme a un funzionario del Ministero degli Esteri tedesco. Hanno già parlato con il Ministro degli Esteri inglese, il quale ha chiesto loro di consultarmi riguardo a una faccenda di cui non sono ancora al corrente. Da quanto ho capito, l’ambasciatore e il funzionario tedesco stanno aspettando nella stanza accanto alla nostra perciò, dato che ormai lei è qui, chiederò all’ufficiale di polizia che l’ha condotta da me e che ci attende fuori di accompagnarci dai due visitatori.
All’epoca, l’ambasciatore britannico a Berlino era l’elegante sessantatreenne ed ex studente di Eton Sir Horace Rumbold. Era un diplomatico di carriera e un veterano delle ambasciate a Teheran, Il Cairo e Vienna. Al nostro ingresso, si alzò in piedi, imitato dall’uomo perfettamente rasato al suo fianco.
Rimarrei sorpreso se i miei lettori conoscessero il nome del Dottor Paul-Otto Schmidt, colui che era giunto a Londra con Sir Horace. Potrebbero, però, accorgersi che la sua faccia è per loro familiare. Infatti, insieme a quella di Sir Horace, è tra quelle stampate sulla copertina di questo libro. Schmidt, fino alla fine della guerra, era stato
l’interprete più importante della Germania. Prima degli eventi che sto descrivendo, aveva partecipato come interprete alla Conferenza di Locarno nel 1925, dov’era presente anche Rumbold. Poi, nel 1938, aveva preso parte alla Conferenza di Monaco in cui venne smembrata la Cecoslovacchia. Per questo motivo, era apparso nelle fotografie di numerosi giornali, accanto a personaggi del calibro di Chamberlain, Hitler, Petain e Deladier ma, essendo appunto solo un interprete, non veniva mai menzionato della didascalia delle immagini, dove infatti venivano identificati solo i politici. Era basso e tozzo, ma aveva un’espressione amichevole sul viso. Com’era ovvio, essendo in patria il massimo esperto nel suo campo, il suo accento straniero si distingueva a malapena mentre parlava inglese.
Finite le presentazioni, Sir Horace andò dritto al punto.
– Come lei saprà, signor Holmes, l’attuale Governo tedesco è costituito da una coalizione piuttosto instabile in cui i Socialdemocratici rappresentano il partito principale, con Herr Herrmann Müller come Cancelliere. Il Governo si trascina di settimana in settimana grazie a un susseguirsi di accordi con i partiti minori. È inoltre presente una forza politica in crescita, chiamata Partito Nazionalsocialista del Lavoratori Tedeschi, o NSDAP. Alle ultime elezioni nazionali, un anno e mezzo fa, questo gruppo ha guadagnato meno del tre percento del voto popolare. Da allora, ha progressivamente aumentato la propria forza, mentre l’economia del paese ha cominciato a indebolirsi. Il Partito Comunista, o KPD, è l’altro notevole schieramento. «Ha raccolto oltre il dieci percento dei consensi alle ultime votazioni e si appresta a diventare il quarto partito più ampio del Parlamento. In
verità, lo NSDAP e i comunisti, sebbene partecipino alle elezioni, non sono granché interessati ai processi democratici.»
– Seguo gli eventi politici in Germania molto da vicino, grazie ai giornali inglesi e tedeschi. La mia preoccupazione si accresce a ogni sviluppo – commentò Holmes. – Le sono grato per questi ulteriori dettagli.
– Lo NSDAP, sotto la guida del proprio leader, Adolf Hitler, ha provato il colpo di stato a Monaco nel 1923, mentre il Partito comunista, capeggiato da Ernst Thälmann, ha effettuato un tentativo simile ad Amburgo, sempre nello stesso anno. Lo NSDAP ha una robusta e violenta sezione paramilitare formata dalle Sturmabteilung, o Squadre d’assalto. Il nome Sturmabteilung, difficile da pronunciare, viene spesso abbreviato in SA. Queste squadre organizzano in varie città del paese dei raduni, in cui gli affiliati sfilano nelle loro uniformi marroni. Il Partito comunista ha una milizia propria che più o meno fa la stessa cosa. Di conseguenza, i due gruppi spesso si scontrano.
– È stato chiarissimo. La prego, continui.
– Nella tarda serata nel quattordici gennaio, il capo delle SA del distretto Friedrichshain di Berlino, il signor Horst Wessel, ha sentito bussare alla porta del suo appartamento. Quando ha aperto, ha ricevuto un colpo di pistola al volto, sparato da un assalitore sconosciuto. È ricoverato in un ospedale della capitale e si teme per la sua vita.
– Comprendo che si tratta di una questione estremamente seria, Sir Horace – disse Holmes. – Ma non è un’area di competenza
dell’amministrazione locale? Vale davvero la pena coinvolgere il Ministero degli Esteri tedesco, l’Ambasciata britannica o me?
A quel punto, il Dottor Schmidt irruppe nella conversazione:
– Mi permetta di effettuare una breve intromissione, signor Holmes. A Berlino circolano voci insistenti che a sparare a Herr Wessel siano stati i comunisti e che il nostro Governo sia riluttante o incapace di investigare più a fondo. Herr Wessel ha un seguito numeroso nelle cerchie dei Nazionalsocialisti, non solo perché è un esponente di punta delle Squadre d’assalto del suo distretto, ma anche perché è l’autore dell’inno del partito – il cui titolo riprende la prima frase “Die Fahne hoch!”, cioè “In alto la bandiera!”. Inoltre, il capo della sezione dello NSDAP di Berlino, o Gauleiter, è il Dottor Joseph Goebbels. Si sta dando da fare per promuovere una propaganda contro il Governo, accusandolo di fallimento nella cattura dell’aggressore di Wessel.
«Pertanto, abbiamo bisogno di un investigatore che possegga un’inattaccabile imparzialità e delle superlative abilità forensi per occuparsi del caso, senza dimenticare… – e qui il Dottor Schmidt accennò col capo nella mia direzione – qualcuno di altamente fidato che registri i passaggi dell’investigazione. Sappiamo anche, grazie agli scritti del Dottor Watson, che lei signor Holmes parla un tedesco fluente.»
– Vada avanti.
– Mi sono dunque preso la responsabilità di suggerire al nostro Ministro degli Esteri, il Dottor Julius Curtius, il suo nome, Herr Holmes, e quello del Dottor Watson – dichiarò l’interprete. – A sua volta, il Dottor Curtius ha discusso con il Ministro degli Interni circa la
soluzione migliore per avvicinarsi a lei. Si è ritenuto, considerata l’alta tensione presente in Germania per via degli eventi appena citati, che non fosse saggio per nessuno dei componenti del nostro Ministero degli Interni di lasciare il paese, poiché il nostro Governo non desidera apparire come se non avesse il controllo della situazione. Sono stato scelto io perché sono berlinese ma allo stesso tempo sono conosciuto dalle autorità britanniche – specialmente da Sir Horace, per il mio lavoro di interprete – e perché una mia partenza per l’estero non attirerebbe troppi commenti, dato che la mia professione mi spinge di frequente a viaggiare. In qualità di detective più importante d’Europa, dovrebbe, insieme al Dottor Watson, recarsi d’urgenza a Berlino, in modo che il nostro Governo possa mostrare di non essersi risparmiato nella caccia all’attentatore di Wessel.
Notai subito che quell’incarico era assai allettante per il mio amico. Da parte mia, avevo sempre dato il mio assenso quando Holmes mi faceva l’onore di coinvolgermi nelle sue avventure. Com’era prevedibile, a fine giornata eravamo già a bordo del traghetto per Dover e al termine del giorno successivo eravamo sistemati presso l’Athlon Hotel nelle vicinanze della Porta di Brandeburgo.
Herr Schmidt era rientrato in Germania con il treno prima del nostro e quando arrivammo ci stava già aspettando nel foyer dell’albergo.
Ci accomodammo sulle poltrone, ognuno con la propria pipa. Nell’ora che seguì, l’interprete ci dipinse una tetra immagine della capitale tedesca.
– Berlino ha una popolazione di quattro milioni e mezzo di abitanti: un agglomerato urbano di queste dimensioni porta con sé dei
problemi inevitabili. Questi problemi sono esacerbati dall’obbligo imposto allo Stato di pagare le pesanti somme di riparazione come conseguenza nella recente sconfitta tedesca nel conflitto tra le nostre nazioni. Ciò significa che il numero di persone impoverite e disperate è decisamente alto e che ci sono dei luoghi in città dove la Legge non viene più applicata. Per contro, ci sono alcuni distretti in cui dominano i comunisti e altri in cui i nazionalsocialisti la fanno da padrone. La tensione tra questi due gruppi estremisti è alle stelle e non di rado conduce a schermaglie per strada, o anche peggio.
«La povertà è talmente estrema che gli alloggi sono scarsi e costosi, mentre fame e prostituzione sono diffuse ovunque. A un certo punto, il costo delle riparazioni di guerra dovrà essere ridotto, ma fino a quel momento pare non esserci fine alle disgrazie che dobbiamo affrontare.»
Schmidt sembrava ansioso di continuare con il resoconto delle difficoltà del paese, ma Holmes lo interruppe.
– Cosa può raccontarci dell’agguato a Herr Wessel?
– Ho organizzato un incontro tra lei e il Capo della Polizia di Berlino per domattina dove, presumo, verrà messo al corrente di tutti i dettagli in loro possesso e verrà condotto sulla scena del crimine. Il nostro Ministro degli Interni mi ha passato alcuni appunti circa le esperienze della vittima. Ha trentatré anni e proviene da una famiglia della classe media. Suo padre era un Pastore protestante. Herr Wessel si è diplomato a diciott’anni e ha cominciato a studiare legge all’università, ma si è presto trovato senza fondi e si è messo a lavorare come tassista e come operaio nella costruzione della
Metropolitana di Berlino. Si è unito allo NSDAP nel 1926 ed è a capo di una milizia d’assalto che si comporta in modo altamente provocatorio nel distretto di Friedrichshain, il quale è in larga parte controllato dai comunisti. Wessel comanda delle marce delle SA attraverso il distretto, per fare sfoggio del coraggio e della tenacia dei suoi uomini. L’anno scorso ha pubblicato la poesia “In alto la bandiera!” nel giornale del Partito, Der Angriff, cioè “L’assalto”, e ha guadagnato una crescente importanza tra i Nazionalsocialisti.
– È di certo uno sviluppo piuttosto bizzarro nella vita del figlio di un pastore e aspirante avvocato.
– Nel racconto “La casa vuota”,1 signor Holmes, il Dottor Watson cita le sue parole quando suggerisce che l’individuo nel suo sviluppo rappresenta l’intera schiera dei suoi antenati. La riflessione prosegue sottolineando che un improvviso cambiamento, come quello che ha trasformato il Colonello Moran da soldato onorevole ad assassino, è la manifestazione di una potente influenza che si è imposta sulla discendenza.
– Da come ricordo – disse Holmes con tono tetro. Si era fermato a raccogliere le idee mentre rifletteva sul commento che aveva pronunciato oltre trent’anni prima. – All’epoca preferii non insistere con quella teoria. Ripensandoci, adesso eviterei ogni allusione al fatto che le nostre azioni siano il risultato dello sviluppo dei nostri predecessori piuttosto che una nostra diretta responsabilità. È anche vero, non c’è dubbio, che le prolungate difficoltà di una terra possano avere sulle persone un influsso altrettanto significativo quanto quello esercitato dalle difformità ereditarie.
Il mattino seguente Herr Schmidt ci convocò di nuovo e ci recammo insieme a incontrare il Capo della Polizia berlinese, il Reichspolizeipresident Herbert Knie. Si trattava di un uomo alto e sottile con capelli grigi tagliati corti e il mento appuntito. Sebbene Knie non parlasse inglese, le abilità linguistiche di Herr Schmidt resero piuttosto agevole la comunicazione.
– Wessel abitava in un piccolo appartamento in Grosse Frankfurterstrasse. Lo divideva con la fidanzata, Erna Jänicke – spiegò Knie. – Venerdì scorso, alle dieci di sera circa, qualcuno ha bussato alla loro porta. Wessel è andato ad aprire e il visitatore gli ha sparato in volto. La fidanzata di Wessel è corsa alla stazione di polizia più vicina, a circa 500 metri di distanza, e un gruppetto di agenti è andato a soccorrere il ferito con una barella e l’ha portato in ospedale.
– Sarebbe stato insolito per Wessel ricevere una visita a un’ora così tarda? – si informò Holmes.
– Considerato che è a capo di una milizia, non ritengo che sia un evento infrequente – rispose Knie.
– Ne ha avuto conferma dalla fidanzata?
– Non l’ho interrogata.
– Può dirmi qualcosa in più sulla donna?
– No, signor Holmes, non possiamo comunicarle nient’altro fuorché il nome, che è stato registrato quando è arrivata alla stazione di polizia per denunciare la sparatoria.
– E per quanto riguarda le SA e i gli ufficiali di partito locali? Sono riusciti a gettare un po’ di luce su chi possa essere responsabile
dell’attacco?
– Entrare in contatto con questi organismi non ufficiali non rientra nelle nostre procedure. Lo NSDAP e le sue milizie, le SA, hanno cessato solo di recente di essere un’organizzazione bandita. Siamo cauti nell’avere rapporti con loro tanto quanto lo siamo con il Partito Comunista.
– Dunque quali tappe ha seguito la vostra investigazione?
– Abbiamo portato Wessel all’ospedale e siamo in attesa di parlare con lui non appena le sue condizioni di salute lo permetteranno.
– E chi avete interrogato nell’abitazione della vittima?
– Signor Holmes – lo ammonì Knie, scaldandosi. – Lei non sembra comprendere sotto quali restrizioni la polizia di Berlino deve operare. Friedrichshain è ampiamente controllato dalle milizie di cui Wessel è a capo. In alcuni distretti, sono i Comunisti ad avere le redini del potere, in altri è lo NSDAP. Le forze dell’ordine sono state estremamente prudenti nel valutare di quali casi occuparsi e di come procedere nelle indagini.
– Perciò, in parole povere, non vi siete adoperati per approfondire la vicenda e non avete nessuna reale intenzione di farlo – commentò il mio socio, alzandosi in modo deciso dalla poltrona. – Knie, lei potrebbe benissimo impiegare la sua testa e il suo cuore come ornamento, considerato lo scarso uso che ne fa.
Rientrammo all’Athlon Hotel in compagnia di Schmidt.
– Beh, non sarà così difficile trattare questo caso, dopotutto –commentò Holmes con la sua solita intraprendenza mentre lui,
Schmidt e io fumavamo le nostre pipe dopo un pranzo modesto. –
Siamo già a febbraio ed è assai improbabile che per questo mese al padrone di casa di Wessel verrà pagato l’affitto. Watson e io siamo troppo vecchi per alloggiare in un condominio, ma lei, Schmidt, ha a malapena trent’anni e può presentarsi come un funzionario governativo minore in cerca di una sistemazione. Io potrei fingermi l’anziano parente che pagherà la cauzione e vuole verificare dove il nipote andrà a vivere. Ritengo, per via del mio accento quando parlo tedesco, di poter essere scambiato per un suo zio olandese.
– Il mio ruolo invece quale sarà? – mi informai.
– Temo, Watson, che il Dottor Schmidt e io dovremo gestire la faccenda da soli. Magari può farsi un’idea della capitale mentre il Dottor Schmidt e io siamo assenti.
Era difficile contestare il suggerimento di Holmes. Trascorsi il resto della domenica, finché c’era luce, a gironzolare per la squallida Berlino. Le mie peregrinazioni non avevano uno scopo preciso e la mia passeggiata veniva animata solo dall’apparire regolare di colonne di miliziani, alcuni in uniforme in stile militare, altri in abiti civili. Sfilavano minacciosi lungo i marciapiedi e le autorità non tentavano nemmeno di ostacolarli. Rimasi scioccato alla vista di membri delle milizie che di tanto in tanto rompevano le fila per spintonare i passanti che badavano ai fatti propri. Le camicie marroni cantavano a squarciagola mentre avanzavano e potei distinguere le parole della canzone di Wessel: “Die Fahne hoch! Die Reihen fest geschlossen, SA marschiert mit ruhig festem Schritt”, che tradotto sarebbe: “In alto la bandiera! I ranghi sono serrati, le SA marciano con passo calmo e sicuro”.
1. L’avventuradellacasavuota(TheAdventureoftheEmptyHouse, 1903) è il racconto del Canone in cui Holmes narra le vicende di cui è stato protagonista nei tre anni in cui tutto il mondo lo credeva morto e del suo ritorno in Inghilterra per indagare sull’omicidio dell’Onorevole
Ronald Adair, governatore di una colonia australiana, ad opera del Colonnello Sebastian Moran. [N.d.T.]
I I
Rientrai in albergo a inizio serata con il crescente presentimento che Holmes e Schmidt mi stessero aspettando. Il detective era di ottimo umore: – Non mi sarei lasciato sfuggire questo caso per nulla al mondo. Schmidt ha impersonato un funzionario di basso grado e ci siamo recati all’appartamento di Herr Wessel. L’abitazione viene affittata da una certa Frau Salm. Quando l’abbiamo incontrata, stava scendendo con passo pesante le scale della casa per uscire in Grosse
Frankfurterstrasse e mettere l’avviso per un nuovo inquilino. Schmidt le ha detto di aver sentito di un alloggio libero e la donna ci ha accompagnato a vedere l’appartamento.
Holmes si era acceso un sigaro, gesto che compiva solo quando aveva portato a termine un’indagine particolarmente azzardata. Mentre parlava, la punta del sigaro brillava rossa. Riporterò l’episodio così come l’ha raccontato il mio collega: – Nella mia esperienza con persone che hanno subito un trauma significativo, ho imparato che bisogna fingere di non sapere niente. In questo modo, i diretti interessati saranno ansiosi di condividere ciò che hanno passato. Di conseguenza, avevo istruito Schmidt di comportarsi come se fosse stato all’oscuro di tutto quando avrei chiesto con discrezione a Frau Salm come mai l’appartamento si fosse liberato. Con mia sorpresa, la donna è stata riluttante a parlare.
Infine ha risposto: “Il mio precedente affittuario e la sua ragazza erano sempre indietro con le mensilità. Non ho mai capito che lavoro facesse lei”. Frau Salm ha lanciato un’occhiata malefica in direzione di una ragazza che ho immaginato essere Erna Jänicke, la quale se ne
stava china sopra il tavolo, dandoci le spalle. “E Wessel, l’inquilino, era sempre fuori per quelle sciocche parate coi suoi amici. Ho avuto varie discussioni con lui in passato e stavo per chiedergli di andarsene”.
«“È dunque partito?” ho domandato con aria ingenua.
Frau Salm mi ha riservato uno sguardo sospettoso e ha esitato prima di replicare. Dopo un po’ ha risposto: “Gli hanno sparato a gennaio. Ho udito il colpo nella tromba delle scale. È in ospedale e la sua vita è in pericolo. Siamo sempre stati una casa rispettabile, qui. Mai un problema.”
“Sa chi potrebbe aver sparato al suo vecchio affittuario?” ho indagato.
“Ci sono sempre guai nelle strade per via di queste bande. Mio marito avrebbe saputo come comportarsi. Non so più dove sbattere la testa. Sono una povera vedova e non ho più nessun affitto tra le mie entrate, per giunta con tutto quello che sta succedendo. La fidanzata del mio inquilino, qui…” – ha rivolto un altro sguardo fulminante alla schiena della ragazza, che aveva per un attimo girato gli occhi iniettati di sangue verso di noi – “sembra incapace di lavorare o proseguire l’attività con cui si guadagna da vivere, qualsiasi essa sia. Mio malgrado, per questo mese le ho permesso di stare qui senza pagare, ma dovrà trovarsi un’altra sistemazione entro marzo, a meno che nel frattempo non riesca a racimolare la somma per l’affitto.”
«“Quello nella foto è suo marito?” ho chiesto, osservando l’immagine di un uomo in uniforme incorniciata di nero e appesa sopra la mensola del camino.
“È stata scattata quando è tornato dalla guerra.”
“Noto che era decorato” ho indicato il distintivo rosso sulla divisa.
“Lei ha occhio per i dettagli, signore, ma in quanto olandese dubito che saprebbe distinguere le decorazioni militari dell’esercito imperiale tedesco. Quella che vede non è una medaglia per il servizio al fronte. È il distintivo del Partito comunista che si cucì sull’uniforme il giorno in cui tornò a casa dopo la fine del conflitto. I Comunisti guadagnarono oltre il dieci percento alle elezioni, ancora di più a Berlino. Devono a lui una larga parte del loro successo. Si occupava di organizzare incontri e attirare potenziali elettori.”
«“Da quanto tempo è rimasta vedova?”
“Mio marito è morto due anni fa.”
“Non deve essere facile per lei.”
“No, signore. Ma il Partito si ricorda ancora di me e quasi tutte le settimane uno di loro viene a trovarmi per sapere se sto bene.”
“Qualche membro del Partito sarebbe in grado di fare luce sulla sparatoria?” ho azzardato nel tono più disinvolto che potevo. Appena pronunciato questo interrogativo, ho compreso di essermi spinto troppo oltre.
Frau Salm mi ha rivolto un’occhiata indagatrice e ha dichiarato: “I partiti sembrano sapere tutto di questo paese. Anche le autorità vogliono sapere tutto, ma non sono molto brave a scovare le informazioni. Non capisco però come tutto questo possa interessare un olandese che vuole solo pagare la caparra per l’alloggio di suo nipote funzionario.”
«Ci siamo scusati e ce ne siamo andati. Il quartier generale del Partito Comunista di Berlino si trova presso la Karl Liebknecht Haus, chiamata così in onore del rivoluzionario che organizzò un colpo di stato nel 1919. È vicino ad Alexanderplatz, a poca distanza dall’Alte Frankfurterstrasse. Chiunque legge i suoi libri, Watson, sa che il mio biglietto da visita mi dà accesso a qualsiasi luogo. Ci sono state numerose occasioni in cui è successo il contrario, ma con il Partito Comunista il trucchetto ha funzionato. In breve mi sono ritrovato faccia a faccia col loro leader, Herr Thälmann. È un tizio calvo e robusto. Quando Schmidt e io siamo entrati nel suo ufficio, è rimasto immensamente lusingato dai miei commenti sulle sue mani callose, tipiche di un uomo abituato ai lavori manuali.
«“Conosciamo la sua reputazione, Herr Holmes” ha dichiarato. “Ma mi fa piacere avere la sua conferma circa le mie radici di manovale.”
Data la natura del crimine e la necessità di risolvere il caso il più in fretta possibile, ho ritenuto opportuno andare dritto al sodo. Ho domandato a Thälmann se il Partito Comunista sapesse qualcosa sulla sparatoria ai danni di Wessel. Si è messo sulla difensiva.
“Il Partito Comunista ha già dichiarato con enfasi di non avere nulla a che fare con l’attacco a Wessel” ha ribattuto. “Siamo un partito politico serio. Ovviamente, sappiamo chi è Wessel e dove abitava, ma abbiamo di meglio da fare che cercare di ammazzarlo. In tutta probabilità avremo presto delle nuove elezioni: siamo concentrati a prepararci per quelle.”
«“Qualche membro del Partito si sta occupando della padrona di casa di Wessel, Frau Salm?” mi sono informato. “Adesso che il suo
appartamento non è affittato, non ha un reddito e gli eventi devono essere stati uno shock per lei. So che il defunto marito della signora apparteneva al KPD.”
Thälmann si è consultato con un funzionario. “Avevamo un tizio chiamato Ali Höhler che era solito farle visita dopo la morte del marito” ha spiegato in fine. “Vive a Mulackstrasse.”
Quando siamo arrivati a Mulackstrasse, abbiamo impiegato lo stesso trucchetto di Schmidt che si è presentato alla padrona di casa di Höhler come un potenziale nuovo inquilino. La donna non è rimasta sorpresa nel ricevere la visita di qualcuno interessato all’alloggio: il suo attuale affittuario è scomparso dalla metà di gennaio, dunque già in ritardo con l’affitto di febbraio.
«“C’è carenza di alloggi: quando se ne libera uno, la voce si diffonde in fretta” ha commentato la proprietaria dell’appartamento.
“Lei sa dov’è andato il suo inquilino?” ho domandato.
“A Berlino c’è sempre caos, signore” ha risposto. “Se non si tratta di una qualche nuova agitazione, allora c’è di mezzo una sparatoria come quella a Grosse Frankfurterstrasse dell’altro giorno. Di sicuro ne avete sentito parlare. Una brutta faccenda. Le cose sono cambiate rispetto a quando c’era il Kaiser al comando. Tutti sapevano qual era il loro posto e vivevamo in un certo ordine. Il mio affittuario è scomparso dall’oggi al domani. Frequentava sempre tipi loschi e non ho mai capito che cosa stesse combinando.”»
Holmes concluse la sua narrazione. Si appoggiò allo schienale della poltrona, reclinò la testa e soffiò delle trionfanti colonne di fumo nell’aria.
– Quali saranno le sue prossime mosse? – volli sapere.
– Sono sicuro che Knie ha dei mezzi migliori rispetto a noi per investigare su una persona scomparsa. Höhler potrebbe essersi nascosto qui in Germania e qualcuno dei suoi complici sa dov’è, oppure ha lasciato il paese ed è probabile che la sua identità sia stata registrata all’attraversamento della frontiera. In ogni caso, deve esserci una traccia da seguire e le autorità riuscirebbero molto più facilmente di me a individuarlo.
Venne organizzato un secondo incontro con Knie.
– Non c’è da stupirsi che non riesca a ottenere risultati come lei, signor Holmes – affermò in tono piuttosto afflitto il Capo della Polizia, comunicando con noi attraverso Schmidt, dopo che il mio socio lo aveva messo al corrente degli sviluppi delle indagini. – Non manderei i miei uomini negli alloggi nell’Alte Frankfurterstrasse a meno che non siano in squadre da quattro o più elementi e nessuno parlerebbe con loro se tentassero di condurre un’investigazione. Per quanto riguarda l’andare nel quartier generale del Partito Comunista… – La voce gli venne meno per lo stupore generato dall’audacia di Holmes.
– Allora come intende seguire questa pista? – lo incalzò il detective.
Le parole rimasero sospese in aria.
Impiegai un paio di secondi per realizzare che Knie non aveva intenzione di agire in alcun modo.
Schmidt si sporse in avanti e disse: – Credo che le autorità si aspettino delle iniziative da parte della polizia, visto che si sono presi il disturbo di condurre il signor Holmes e il Dottor Watson qui e visto che il signor Holmes stesso ha individuato un sospettato tanto ovvio.
Sarebbe davvero una sfortuna se l’opinione pubblica venisse a sapere che le forze dell’ordine avevano una pista ma non si sono sforzati di seguirla. In quanto Capo della Polizia di Berlino, la gente potrebbe dare la colpa a lei personalmente.
Knie sembrò preso alla sprovvista dall’appunto di Schmidt ma, come si scoprì, era perfettamente capace di indagare su un caso quando non aveva altra scelta.
Höhler venne rintracciato e arrestato in un paio di giorni. Si era nascosto da un certo Karl Godowski, che era, c’era da aspettarselo, un membro del Partito Comunista. Holmes e io rimanemmo a Berlino su richiesta di Rumbold e Knie ci invitò in centrale per assistere all’interrogatorio del sospettato.
Arrivati alla stazione di polizia, Knie comunicò con noi attraverso il Dottor Schmidt, il quale si era unito a noi per facilitare la stesura del mio resoconto. Sudando vistosamente e palesando tutto il suo disagio, Knie ci confidò: – Fuori dalla stanza degli interrogatori, troveremo ad aspettarci altri due uomini. Uno è Herr Thälmann del Partito Comunista, che già conoscete, mentre l’altro è il Dottor Joseph Goebbels, il leader, o Gauleiter, dello NSDAP di Berlino. Entrambi hanno insistito per essere qui e io dovrò trovare un modo per gestire questa vicenda in modo che nessuno dei due possa strumentalizzarla per scatenare ulteriori disordini nelle strade. Mi chiedevo, signor Holmes: potrebbe parlare con loro e convincerli che alimentare il caos non è negli interessi di nessuno?
Notai l’espressione stupita di Holmes per quella richiesta, piuttosto differente rispetto agli altri incarichi che gli erano stati affidati in
passato, ma Knie girò sui tacchi prima che il mio amico avesse tempo di replicare. Dopo un attimo di esitazione, Holmes seguì il poliziotto, precedendo di poco Schmidt e me. Percorremmo un lungo corridoio, all’estremità del quale scorsi due tizi e un ufficiale di polizia. Uno degli individui combaciava con la descrizione che Holmes aveva fornito di Thälmann. Il secondo doveva per forza trattarsi di Goebbels. Perfino dalla mia posizione abbastanza lontana indovinai che la figura scura e spigolosa di Goebbels aveva un problema di postura. Il mio occhio medico mi permise di notare che il piede destro del tedesco era rivolto in modo permanente verso l’interno, il che gli rendeva difficile stare dritto. Nell’avvicinarsi, potevamo sentirlo rimproverare il poliziotto a voce così alta che Schmidt riuscì a tradurne le parole anche se eravamo ancora a una certa distanza.
– Sta dicendo che l’unica cosa buona della Repubblica di Weimar è l’aver mantenuto la pena di morte per omicidio e che non vede ragioni per cui non possa essere applicata alle circostanze – mi sussurrò Schmidt all’orecchio.
Il dettaglio che ricordo con maggiore immediatezza di quando mi accostai a Goebbels, tuttavia, erano i suoi occhi, che rilucevano folli fuori dalle sue orbite. Senza dilungarsi in convenevoli, il tedesco lanciò uno sguardo fulminante a Holmes, Schmidt e me per aver causato un ritardo nell’identificazione e l’arresto del sospettato.
– Perché le autorità sono sempre riluttanti ad approfondire un caso quando è uno dei nostri a essere aggredito? Dobbiamo sporgere denuncia per il reato peggiore previsto dalla legge. Il mio partito spingerà per i termini più severi.
Entrammo nella stanza degli interrogatori e ci sedemmo. Schmidt continuò a tradurre a mio beneficio.
Höhler venne portato dentro e fatto piazzare su una sedia. Era un giovanotto tarchiato i cui tatuaggi sul polso erano visibili anche se indossava una camicia a maniche lunghe. Appoggiò sul tavolo le mani bloccate dalle manette. Dall’altro lato del tavolo c’erano Holmes e Knie, mentre Goebbels e Thälmann stavano alle due estremità. Schmidt e io eravamo posizionati dietro Knie, perciò avevamo una visuale completa su Höhler e Goebbels.
– Ci parli degli eventi accaduti la sera del quattordici gennaio – il Capo della Polizia esortò l’arrestato.
Höhler guardò verso Thälmann prima di rispondere. – Avevo dei conti in sospeso con Horst Wessel – dichiarò. – Era il leader della banda locale di delinquenti nazisti che sfilano nel mio territorio. E non aveva pagato l’affitto alla vedova di un membro del mio partito –spiegò Höhler fissando Knie dritto negli occhi. – Volevo spaventarlo e per raggiungere lo scopo volevo servirmi di una Luger.
– Ha pianificato tutto da solo o ha avuto dei complici? – si informò il poliziotto.
Questa volta Höhler spostò lo sguardo su Thälmann e poi di nuovo su di noi prima di affermare: – Alcuni dei miei compagni sono venuti per fare la guardia fuori dall’edificio.
– Cosa è successo dopo?
– Ho suonato il campanello del portone e sono salito fino all’appartamento del secondo piano. Avevo la pistola con me.
– Mi aspettavo che venisse Frau Salm ad aprire la porta, invece mi sono trovato davanti Wessel in persona. Non appena mi ha riconosciuto, si è portato una mano alla tasca e ho pensato che stesse per puntare un’arma contro di me. Ho fatto fuoco per primo come avvertimento e il proiettile l’ha colpito al viso. Si è accasciato a terra e io sono scappato.
– Bene, signori – disse Knie, rivolgendosi a Thälmann e Goebbels. –Ecco cosa succede quando delle milizie di partito operano a Berlino. Abbiamo avuto una serie di sparatorie in cui la polizia non è riuscita a identificare i colpevoli e adesso questo.
– Le circostanze non hanno nulla a che fare con il Partito Comunista, come abbiamo già affermato – esclamò Thälmann sulla difensiva. – Höhler ha agito di sua spontanea iniziativa, così come le persone che lo hanno aiutato. Mettetelo sotto processo, se volete. Il mio partito assegnerà a lui e ai suoi complici un avvocato, ma è chiaro che i motivi dietro l’attacco non erano politici. Il fatto che Höhler abbia agito con altri componenti del partito è irrilevante, poiché appare chiaro che stesse cercando di risolvere questioni personali.
Höhler venne portato fuori e Knie si rivolse a Goebbels.
– Herr Doktor Goebbels – esordì Knie con l’atteggiamento lamentoso di qualcuno che chiede un favore ma non si aspetta di venire esaudito. – Il signor Holmes ha viaggiato da Londra ed è stato di grande supporto nel rintracciare l’assalitore di un membro del suo partito. Vorrebbe sottoporre il caso anche a lei per ottenere una reazione misurata agli eventi occorsi.