Salutepertutti.it - Vol. 4 - n. 2 - 2021

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LA RIVISTA DELLA SALA D’ASPETTO

ISSN 2611-9080

Scopo non è so della Scien za lo comp ma aiuta rendere, re M. Mon ti UCLA

Periodico quadrimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - LO/MI/3009 In caso di mancata consegna restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa.

VOL. 4 - N. 2 - GIUGNO - 2021

PROTEZIONE Smalto e carie Lappola R.

PREVENZIONE Malattia cardiovascolare Trimarco B.

BENESSERE INTESTINALE Stipsi Monica F.

VETERINARIA Il microbiota nel cane e nel gatto Biagi G.

ASSOCIAZIONE DEI LAUREATI DELL’UNIVERSITÀ DEL PIEMONTE ORIENTALE


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EDITORIALE

La saLa d’attesa Prevenire e mantenere Nel vocabolario Treccani, alla voce “prevenire”, si legge: “Prendere tutte le precauzioni necessarie perché un evento negativo o dannoso non si verifichi” e il termine “manutenzione” viene così spiegato: “mantenere in buono stato; insieme di operazioni che vanno effettuate per tenere sempre nella dovuta efficienza funzionale…” qualsiasi cosa. Cosa c’è di più importante che mantenere efficiente la propria salute prevenendone ogni disfunzione? In questo fascicolo di Salutepertutti.it la prevenzione e manutenzione svolgono un ruolo primario perché eminenti esperti illustrano come tenere sotto controllo apparati e organi fondamentali per la nostra vita (cuore e circolo, tiroide). Sembra niente, ma anche il benessere intestinale contribuisce a rendere migliore l’esistenza e allora ecco che il Presidente della Associazione Italiana Gastroenterologi e Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO) ci fornisce informazioni su come ottenerlo e il Presidente della Società Italiana di Nutraceutica (SINut) ci consiglia quali fonti proteiche preferire.

Anche l’esercizio fisico ha un ruolo importante nella prevenzione ed un Personal trainer ci spiega perché è importante la sua presenza per ottenere risultati migliori. I nostri “amici animali” contribuiscono ad allietare la nostra esistenza e quindi è necessario ricambiarli mantenendoli in salute attraverso i chiarimenti del Presidente della Società Italiana di Alimentazione Animale (SIANA). Michele Mirabella, Professore di Sociologia della Comunicazione ed eclettico personaggio televisivo, e non solo, focalizza il suo intervento sulla salute dell’ambiente in cui viviamo e sul clima, disquisendo con le sue caratteristiche sagacia e verve. Quest’ultima ci induce al sorriso che, un’esperta dei disturbi d’ansia e depressione, ci ricorda essere l’antidoto per tutti i mali. Ma per ridere, senza disgustare gli altri, bisogna avere una dentatura sana e immacolata e un dentista, molto professionale, ci indica come mantenerla tale.

Pietro Cazzola Direttore Responsabile

Il Suo parere per noi è importante Ci aiuti a migliorare “Salutepertutti.it” Si colleghi al sito http://www.angelica.it/salutepertutti per lasciare un commento. Lo utilizzeremo per migliorare il prossimo numero. E troverà una bella sorpresa per il suo Benessere. 1

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VOLUME 4 - NUMERO 2 - 2021 www.salutepertutti.it INDICE

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Questionario tratto da Proust - Risponde Rosanna Banfi

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Protezione dello smalto, prevenzione della carie - Roberto Lappola

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stipsi e benessere intestinale - Intervista di Paola Piovesana a Fabio Monica

Nella dieta, meglio le proteine animali, o vegetali? - Arrigo F.G. Cicero Una “farfalla” da tenere sotto controllo - Luca Chiovato Il microbiota nel cane e nel gatto - Giacomo Biagi Insonnia da COVId-19 - Silvia Marinelli

Le Olimpiadi dell’ambiente e della salute - Daniel Della Seta

Quando i geni non sono amici della salute. Impariamo a conoscerli - Maria Grilli L’ultimo cane - Carlo Pirola

etichettatura nutrizionale in “front of pack” - Vito Rubino Consigli dOC - Carlo Alfaro

La sfida: una corretta informazione al paziente - Lorella Bertoglio

Personal trainer, una professione in costante ascesa - Giovanni Russo

Ridere. La disposizione all’allegria e all’umorismo rendono la vita migliore? Patrizia Amici

Prevenzione cardiovascolare: quello che solo un esperto può raccontare Intervista al Prof Bruno Trimarco

L’EDITORE Edizioni Scripta Manent s.n.c.

Direttore Responsabile: Pietro Cazzola PR e Marketing: Donatella Tedeschi Comunicazione e Media: Ruben Cazzola Grafica e Impaginazione: Cinzia Levati Affari Legali: Avv. Loredana Talia (MI) Stampa: ÀNCORA s.r.l. (MI)

Via Melchiorre Gioia 41/A - 20124 Milano, Italy Tel. +39 0270608060 Registrazione: Tribunale di Milano n. 130 del 09.04.2018 e-mail: info@edizioniscriptamanent.eu web: www.edizioniscriptamanent.eu

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Questionario tratto da Proust

Risponde Rosanna Banfi RistorAttrice

LA MIA RICETTA PREFERITA

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IL MIO PRINCIPALE PREGIO, RISPETTO ALL’ALIMENTAZIONE IN GENERALE Sono sempre stata una brava cuoca, amo molto cucinare e mangiare. Insieme a papà (Lino Banfi), da qualche anno abbiamo aperto un ristorante a Roma, dove cuciniamo solo orecchiette e altri prodotti pugliesi genuini. Rispetto al mio lavoro di attrice, è stato un cambio di vita che mi da molte soddisfazioni.

IL MIO PRINCIPALE DIFETTO, RISPETTO ALL’ALIMENTAZIONE IN GENERALE

Le orecchiette cucinate in tanti modi. Nel mio ristorante le facciamo anche alla carbonara. A casa mi piace pensare e programmare i pasti del giorno dopo, anche per accontentare le richieste della mia famiglia.

9 IL MIO PASTO PREFERITO DURANTE IL GIORNO La cena, perché mi piace bere anche un po’ di vino.

10 IL MIO MODO DI CONSUMARE PASTI

A pranzo me la cavo con una fetta di pizza, o un’insalata. A cena, se non sono al lavoro, mi piace sedermi con una tavola ben apparecchiata e una bella bottiglia di vino.

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Non so resistere agli aperitivi e a tutti quegli assaggini salati che ti servono insieme a un buon bicchiere di vino. È il mio “sgarro” preferito.

SE DOVESSI CAMBIARE QUALCOSA NEL MIO FISICO? L’altezza è stato sempre un cruccio. Quanto avrei voluto avere le gambe più lunghe!

2 12 IL CIBO CHE DETESTO PIÙ DI TUTTO 3 LA MIA OCCUPAZIONE, TRA UN PASTO E L’ALTRO Mi piace riadattare i mobili di casa ridipingendoli a seconda dell’umore. Il decoupage è un altro passatempo che ho scoperto recentemente. Poi mi occupo dei miei gatti e del mio cane che sta sempre con me, anche al ristorante.

IL MIO SOGNO DI FELICITÀ ALIMENTARE

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Come ogni brava barese, adoro i frutti di mare crudi. Un momento di felicità sarebbe poter andare al porto di Bari e farne una scorpacciata, cosa che purtroppo non faccio da molti anni.

Non sono schizzinosa. Ho sempre assaggiato tutto, anche i cibi meno abituali come le interiora, che comunque qui a Roma sono anche una specialità.

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Propositivo, anche perché dobbiamo esserlo per forza. Come molte persone, quest’anno ho avuto pensieri tristi e cupi, ma mia figlia si sposerà a luglio e voglio essere positiva per lei.

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6 IL COLORE CHE PREFERISCO, A TAVOLA

Tavola colorata e piatti bianchi per distinguere meglio i cibi.

7 IL SAPORE CHE PREFERISCO Salato e piccante.

Vorrei essere più brava in matematica. I calcoli sono sempre stati un problema.

14 STATO ATTUALE DEL MIO ANIMO

IL PAESE DOVE VORREI VIVERE, DAL PUNTO DI VISTA ALIMENTARE In Italia sicuramente, ma sono molto incuriosita dall’oriente. Mi capita di incantarmi davanti a programmi tv che presentano i cibi orientali fatti per strada che forse non mangerei mai, ma ne immagino i profumi e gli odori.

IL DONO DI NATURA CHE VORREI AVERE

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LE COLPE CHE MI ISPIRANO MAGGIORE INDULGENZA A TAVOLA Cerco di non mangiare cibi troppo grassi. Quando ho avuto il tumore (al seno) ero ingrassata parecchio e ho fatto una serie di diete senza successo. Da quando ho aperto il ristorante ho iniziato a perdere peso e mi sento molto meglio.

IL MIO MOTTO ALIMENTARE Non ci sono colpe a tavola.

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Proteggere il bianco della Terra QUANDO SI PARLA DI “BIANCO” LA PRIMA IMMAGINE CHE VIENE ALLA MENTE È UNA DISTESA DI NEVE. LE FORMAZIONI NEVOSE PERENNI FORMANO I GHIACCIAI E IL LUOGO DELLA TERRA COSTITUITO ESSENZIALMENTE DA GHIACCIO È L’ARTICO. QUEST’ULTIMO RAPPRESENTA UN AMBIENTE “SENTINELLA” PERCHÉ VA INCONTRO A CAMBIAMENTI PIÙ VELOCEMENTE DI ALTRE REGIONI DEL PIANETA E CAPIRE COSA STIA SUCCEDENDO NELL’ARTICO AIUTA LA SCIENZA A PREVEDERE COSA PUÒ SUCCEDERE ALTROVE. L’ARTICO È INFATTI L’AREA TERRESTRE PIÙ SENSIBILE DI QUALSIASI ALTRA AL RISCALDAMENTO GLOBALE.

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el corpo umano il “bianco visibile” è rappresentato dalle sclere (negli occhi) e dallo smalto dei denti.

Per le prime, il bianco può essere una spia di buon funzionamento del fegato.

Il bianco dello smalto dentale Lo smalto dei denti è una sostanza bianca compatta e molto dura che ricopre la dentina della corona del dente; pur essendo un materiale particolarmente resistente e mineralizzato, lo smalto conserva una certa porosità e come tale può lasciarsi attraversare da sostanze e particelle capaci di cambiarne il colore. Tra i principali nemici dei denti bianchi si riconoscono: • il naturale invecchiamento • il fumo di sigaretta • i collutori a base di clorexedina • i pigmenti alimentari, come quelli contenuti nel caffè, nel tè, nella liquirizia, negli spinaci e nel vino rosso, ma anche nei coloranti artificiali aggiunti alle bevande o ad altri prodotti alimentari. Nel corso di spedizioni nell’Artico alcuni scienziati notarono che le popolazioni residenti avevano denti straordinariamente bianchi e sani. La loro unica attività per l’igiene orale consisteva nello sfregarsi i denti con un lichene che cresce in abbondanza a quelle latitudini. I ricercatori isolarono le componenti attive

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contenute nel lichene artico e crearono così un dentifricio unico per efficacia e protezione (BlanX®), il cui utilizzo quotidiano restituisce al dente il suo bianco originario, preservando lo smalto. L'effetto sbiancante naturale di questo dentifricio è dato dall'azione combinata di più fattori: • l’estratto di lichene con un effetto batteriostatico, anti-placca e anti-macchia, oltre che emolliente e antinfiammatorio per la mucosa gengivale; • le silici la cui particolare tipologia e granulometria consente una pulizia approfondita, senza effetto abrasivo; • i sali di fluoro che rinforzano lo smalto, rendendolo più compatto e luminoso e svolgono un'azione antibatterica.

BlanX® sostiene la ricerca nell’Artico Per salvaguardare attivamente l’Artico, da cui provengono i licheni dei suoi dentifrici, BlanX® sostiene l’attività di ricerca di “The Arctic Institute e Polarquest”. Attraverso questa unione di forze saranno studiati campioni ambientali, verranno raccolte e analizzate microplastiche e macroplastiche. I risultati di queste indagini saranno divulgate nel corso del The Artic Council a Reykjavik, il più importante congresso intergovernativo per la salvaguardia dell’Artico.

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L’Italia e l’Artico Ennio Morricone, Peter Finch e Claudia Cardinale: tre nomi che dovrebbero catturare l’attenzione di chiunque sia appassionato di cinema, tutti e tre con un particolare legame con l'Artico. Facevano infatti parte del film italo-sovietico del 1969 “The Red Tent”, La Tenda Rossa, che ha raccontato la missione per salvare l'ingegnere italiano ed esploratore artico Umberto Nobile, il cui dirigibile Italia si schiantò durante il viaggio verso le Svalbard nel 1928. Solo due anni prima, nel maggio 1926, il dirigibile di Nobile, Norge, fu il primo a sorvolare la calotta polare da Ny-Ålesund, Svalbard a Teller, Alaska. Oltre a Umberto Nobile, anche altri personaggi famosi (l'esploratore e principe Luigi Amedeo e l'antropologo Silvio Zavatti) sono un riferimento storico della presenza del nostro Paese nella regione artica. Ai nostri giorni, l’Italia, già firmataria del Trattato di Spitsbergen (1920), dal 1997 gestisce la struttura di ricerca multidisciplinare Dirigibile Italia a Ny-Ålesund, mantiene diverse navi di ricerca polare (ad esempio OGS Explora) ed è presente nell'European Polar Board. Gli istituti di ricerca italiani sono anche partner per contribuire a diversi progetti di ricerca europei, come SIOS (Svalbard Integrated Arctic Earth Observing System), o INTERACT (International Network for Terrestrial Research and Monitoring in the Arctic). Dal 2013, al ministero di Kiruna, l'Italia ha anche lo status di osservatore presso il Consiglio Artico (Arctic Council, AC) e partecipa a tutti i gruppi di lavoro dell'AC ed alle Task Force, collaborando bilateralmente con alcuni stati artici (Canada, Finlandia). https://www.thearcticinstitute.org/countries/italy/

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ALIMENTAZIONE

Nella dieta, meglio le proteine animali, o vegetali?

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Le proteine svolgono un ruolo cruciale nel metabolismo, nel mantenimento dell’equilibrio dei liquidi, nella regolazione acido-base del nostro organismo e nella sintesi degli anticorpi. Le proteine alimentari sono importanti nutrienti e si possono classificare in: 1) proteine animali (contenute in: carne, pesce, pollame, uova e latticini) 2) proteine vegetali (presenti in: legumi, noci e soia).

Gruppo di Ricerca Ipertensione e Aterosclerosi. Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche – IRCCS - AOU Sant’Orsola Malpighi, Università degli Studi di Bologna. Presidente SINut.

Gli aminoacidi specifici hanno risultati favorevoli nel modificare i principali fattori di rischio (come l'ipertensione arteriosa), riguardo alla malattia cardiovascolare. Oltre alla carne, altre proteine di origine animale, come quelle presenti nei latticini (in particolare le proteine del siero di latte) sono inversamente correlate all'ipertensione, all'obesità e alla resistenza all'insulina.

Letture consigliate • Fjolla Zhubi-Bakija, Gani Bajraktari, Ibadete Bytyçi, et al, International Lipid Expert Panel (ILEP). The impact of type of dietary protein, animal versus vegetable, in modifying cardiometabolic risk factors: A position paper from the International Lipid Expert Panel (ILEP). Clin. Nutr. 2021; 40(1):255-276.

La modificazione della dieta è uno dei più importanti cambiamenti dello stile di vita, che ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di malattie cardiovascolari, attenuando altri fattori di rischio correlati. Alla luce dei dati disponibili, è diventato accettabile enfatizzare il ruolo di un'alimentazione ottimale per mantenere la salute delle arterie e dell’apparato cardiovascolare. Si ritiene che tali diete salutari aumentino la sazietà, facilitino la perdita di peso e migliorino il rischio cardiovascolare.

*INTERNATIONAL LIPID EXPERT PANEL (ILEP): Fahad Alnouri (Saudi Arabia), Fahma Amar (Egypt), Atanas G. Atanasov (Poland; Austria), Ludwig Boltzmann (Austria; Bulgaria), Gani Bajraktari (Sweden; Kosovo), Maciej Banach (Poland), Marcin A. Bartlomiejczyk (Poland), Bojko Bjelakovic (Serbia), Eric Bruckert (France), Alberto Cafferata (Argentina), Richard Ceska (Czech Republic), Arrigo F.G. Cicero (Italy), Xavier Collet (France), Olivier Descamps (Belgium), Dragan Djuric (Serbia), Ronen Durst (Israel), Marat V. Ezhov (Russia), Zlatko Fras (Slovenia), Dan Gaita (Romania), Adrian V. Hernandez (USA; Peru), Steven R. Jones (USA), Jacek Jozwiak (Poland), Nona Kakauridze (Georgia), Niki Katsiki (Greece), Amit Khera (USA), Karam Kostner (Australia), Raimondas Kubilius (Lithuania), Gustavs Latkovskis (Latvia), G.B. John Mancini (Canada), A. David Marais (South Africa), Seth S. Martin (USA), Julio Acosta Martinez (Venezuela), Mohsen Mazidi (UK), Dimitri P. Mikhailidis (UK), Erkin Mirrakhimov (Kyrgyzstan), Andre R. Miserez (Switzerland), Olena Mitchenko (Ukraine), Patrick M. Moriarty (USA), Seyed Mohammad Nabavi (Iran), Devaki Nair (UK), Demosthenes B. Panagiotakos (Greece), György Paragh (Hungary), Daniel Pella (Slovakia), Peter E. Penson (UK), Zaneta Petrulioniene (Lithuania), Matteo Pirro (Italy), Arman Postadzhiyan (Bulgaria), Raman Puri (India), Ashraf Reda (Egypt)),Željko Reiner (Croatia), Jemaa Riadh (Tunisia), Dimitri Richter (Greece), Manfredi Rizzo (Italy), Massimiliano Ruscica (Italy), Amirhossein Sahebkar (Iran), Naveed Sattar (UK), Maria-Corina Serban (Romania), Abdulla M.A Shehab (United Arab Emirates), Aleksandr B. Shek (Uzbekistan), Cesare R. Sirtori (Italy), Claudia Stefanutti (Italy), Tomasz Tomasik (Poland), Peter P. Toth (USA), Margus Viigimaa (Estonia), Dragos Vinereanu (Romania), Branislav Vohnout (Slovakia), Stephan von Haehling (Germany), Michal Vrablik (Czech Republic), Nathan D. Wong (USA), Hung-I Yeh (Taiwan), Jiang Zhisheng (China), Andreas Zirlik (Germany).

Diversi studi hanno confrontato i benefici delle diete onnivore e vegetariane. È stato suggerito che il rischio correlato alle proteine animali sia maggiore con carne rossa o lavorata, mentre pollame, pesce e noci comportano un rischio cardiovascolare inferiore. Al contrario, altri studi non hanno mostrato alcuna associazione tra l'assunzione di carne rossa e malattia cardiovascolare. Una recente presa di posizione da parte di esperti del settore ha chiarito il diverso impatto delle proteine animali rispetto a quelle vegetali, sulla correzione dei fattori di rischio cardio-metabolico. Molti studi osservazionali e interventistici hanno confermato che l'aumento dell'assunzione di proteine, in particolare delle proteine di origine vegetale e di alcune proteine di origine animale (pollame, pesce, carne rossa non trasformata a basso contenuto di grassi saturi e latticini a basso contenuto di grassi), ha un effetto positivo nel modificare i fattori di rischio cardio-metabolico. L'assunzione di carne rossa è correlata a un aumento del rischio di malattia cardiovascolare, principalmente a causa dei suoi ingredienti non proteici (grassi saturi). Tuttavia, anche il modo con cui viene cucinata e conservata è importante. Gli esperti consigliano pertanto di sostituire la carne rossa con pollame o pesce per ridurre il rischio di malattia cardiovascolare.

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Arrigo F.G. Cicero

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MEDICINA Luca Chiovato Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica dell'Università di Pavia e del Dip. Medicina Clinico Specialistica, Istituti Clinici Scientifici Maugeri. Presidente Associazione Italiana della Tiroide

Una “farfalla” da tenere sotto controllo COME CAPIRE I SINTOMI DI UNA MALATTIA DELLA TIROIDE, PER RIVOLGERSI AL MEDICO

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e malattie della tiroide colpiscono più di 6 milioni di italiani, con una maggiore prevalenza nel sesso femminile. Il 10% circa della popolazione, nel corso della vita, richiede una valutazione endocrinologica nel sospetto di una patologia della tiroide. Questa piccola ghiandola, posta alla base del collo, produce gli ormoni tiroidei, fondamentali per la regolazione di numerose funzioni di tutto l’organismo, come quelle del sistema nervoso centrale, cardiovascolare e gastroenterico. Le principali malattie tiroidee sono l’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo e i noduli tiroidei. L’ipotiroidismo si manifesta con un generale rallentamento del metabolismo basale e di tutte le funzioni corporee. Le manifestazioni tipiche sono: • Stanchezza • Rallentamento dei battiti cardiaci • Sonnolenza • Intolleranza al freddo • Cute secca e ruvida • Ritenzione di liquidi • Lieve incremento ponderale

facile e consiste nella somministrazione per bocca dell’ormone tiroideo sintetico, la tiroxina, a dosaggio variabile caso per caso.

Nella vita adulta, la causa principale di ipotiroidismo è la tiroidite cronica autoimmune, conosciuta anche come tiroidite di Hashimoto. Si tratta di una malattia provocata da un errore del sistema immunitario, che aggredisce le cellule tiroidee provocandone la progressiva distruzione. La cura è

Più pericoloso, per i danni che può provocare allo sviluppo del sistema nervoso centrale e dello scheletro, è l’ipotiroidismo congenito. Proprio per questo, la funzione tiroidea

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viene controllata in tutti i neonati (screening dell’ipotiroidismo congenito) nei primi giorni di vita, allo scopo di individuare e trattare precocemente i bambini affetti che, grazie alla terapia con tiroxina, avranno uno sviluppo normale.

Essenziale per prevenire alcune malattie tiroidee è la normalizzazione dell’apporto di iodio che, nelle aree di carenza di questo elemento, come l’Italia, richiede che tutta la popolazione utilizzi in cucina il sale iodato.

L’ipertiroidismo è molto spesso causato da un’altra malattia autoimmune con effetto stimolatorio sulla tiroide, il morbo di Basedow e si presenta con: • Nervosismo • Insonnia • Tachicardia • Sudorazione e intolleranza al caldo • Perdita di peso • Aumentata frequenza dell’alvo

Particolare attenzione richiedono le malattie tiroidee in gravidanza. Infatti, l’ipotiroidismo può avere conseguenze sullo sviluppo neurologico fetale, mentre l’ipertiroidismo non trattato può avere ripercussioni sia sulla salute della gestante, sia su quella del feto e del neonato. Ambedue le disfunzioni tiroidee richiedono un trattamento adeguato in gravidanza, controllando frequentemente lo stato funzionale tiroideo in corso di terapia sia con tiroxina (ipotiroidismo), sia con farmaci anti-tiroidei (ipertiroidismo). Altrettanto importante in gravidanza è assicurare alla madre un adeguato apporto iodico. Per raggiungerlo, è spesso necessario ricorrere a integratori della gravidanza contenenti iodio.

La cura è in primo luogo medica con farmaci anti-tiroidei che bloccano l’iperfunzione ghiandolare. Purtroppo, non sempre la terapia medica riesce a indurre una remissione definitiva dell’ipertiroidismo. In questi casi si deve ricorrere all’intervento di tiroidectomia, o alla somministrazione di radioiodio che “brucia” le cellule tiroidee iperfunzionanti. I noduli sono la patologia tiroidea di più frequente riscontro, soprattutto nelle aree di carenza iodica. Il loro riscontro è divenuto sempre più comune negli ultimi anni per l’utilizzo dei moderni ecografi che svelano la presenza di noduli spesso non palpabili per le loro piccole dimensioni, o per la loro posizione. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, questi noduli sono benigni e, anche nel caso si rivelassero maligni, la cura, basata sulla chirurgia e sulla successiva somministrazione di radioiodio, è efficace e spesso risolutiva. La distinzione tra nodulo benigno e maligno richiede spesso l’esame citologico eseguito mediante puntura, con ago sottile, della tumefazione del collo.

Nell’ultimo anno tutte le attività ambulatoriali, compresa quella endocrinologica, sono state purtroppo limitate dall’emergenza COVID-19. Un valido strumento si è rivelato il ricorso alle varie forme di telemedicina. È stato così possibile seguire efficacemente i nostri pazienti senza sottoporli ai rischi di “uscire di casa” per recarsi presso le strutture ospedaliere.

Ecografia ed esame citologico sono indispensabili per la diagnosi delle patologie tiroidee credit by: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Thyroid_ultrasound_110314142256_1423520.jpg

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credit by: https://www.flickr.com/photos/euthman/10190208443

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VETERINARIA Giacomo Biagi Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, Università degli Studi di Bologna. Presidente della Società Italiana di Alimentazione e Nutrizione Animale (SIANA)

Il mIcrobIota nel cane e nel gatto MOLTO SPESSO, IN MEDICINA, RICORRONO TERMINI CHE POI “DIVENTANO DI MODA” E VENGONO QUINDI UTILIZZATI FREQUENTEMENTE. È ANCHE IL CASO DEL MICROBIOTA INTESTINALE CHE, NEL CANE E NEL GATTO, COME NELL’UOMO, HA UN RUOLO PRECISO E SOSTIENE MOLTEPLICI FUNZIONI. ANZITUTTO, DI COSA SI TRATTA?

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on il termine di microbiota intestinale, facciamo riferimento alla moltitudine di microrganismi, soprattutto batteri, ma anche lieviti e virus, che vivono nell'apparato gastrointestinale degli animali e ne garantiscono salute e benessere. Diverse patologie sono caratterizzate da una condizione di disbiosi, ovvero da una alterazione a carico del microbiota. È estremamente importante il legame che esiste tra microbiota intestinale e sistema immunitario: l'uno influenza l'altro e viceversa. Nei soggetti sani tutto ciò è virtuoso: il sistema immunitario concorre a mantenere la giusta composizione del microbiota intestinale, il quale stimola nella giusta maniera il sistema immunitario stesso. Quando questo equilibrio si rompe, possono comparire segni clinici, o comunque problemi, connessi alla disbiosi e anche ad un’efficienza non più ottimale del sistema immunitario.

Come si valuta il microbiota nell’animale? La valutazione del microbiota intestinale viene oggi eseguita con delle tecniche moderne: PCR e sequenziamento*, che

vanno ad analizzare la presenza del DNA batterico, sulla base del quale è possibile valutare la costituzione del microbiota intestinale nel suo insieme. Questa moltitudine di microrganismi, come è facile immaginare, ha delle caratteristiche proprie, una delle quali, particolarmente importante, è la diversità, ovvero quante popolazioni batteriche costituiscono quel microbiota. Il microbiota intestinale è infatti un ecosistema e, come tutti gli ecosistemi, è sano quando è composto da tante popolazioni, senza che una di queste divenga predominante sulle altre. Quando si rompe l’equilibrio virtuoso e si crea una situazione di disbiosi, la diversità cala, perché alcune popolazioni, le più sensibili, scompaiono, o comunque si riducono drasticamente, mentre le più resistenti hanno più spazio e maggiore nutrimento, diventando estremamente preponderanti, aumentando di numero. Questa non è una situazione sana.

È possibile modulare la qualità del microbiota? Sì, principalmente questo avviene attraverso l'alimentazione.

* PCR, Polymerase Chain Reaction (reazione a catena della DNA-polimerasi). Sequenziamento: processo per determinare l'ordine dei nucleotidi che costituiscono il DNA

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È chiaro che anche i farmaci hanno un effetto sul microbiota, ma in genere questo è negativo, soprattutto se si pensa agli antibiotici. Al contrario, diversi componenti degli alimenti possono modulare il microbiota in senso positivo. Fra questi, sicuramente i prebiotici e i probiotici.

I prebiotici sono carboidrati non digeribili da parte dell'ospite, che raggiungono il colon e l’intestino cieco, dove rappresentano una fonte di energia per batteri benefici e ne favoriscono il metabolismo e lo sviluppo. I probiotici, invece, sono dei microrganismi vivi: sono batteri, o anche lieviti e contribuiscono a migliorare la composizione del microbiota intestinale; inoltre hanno anche un 2021;4,2.


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significativo effetto di modulazione del sistema immunitario. Si tratta di due categorie diverse di supplementi alimentari, ciascuna delle quali è in grado di contribuire a migliorare l'equilibrio del microbiota intestinale. Quando l’impiego di prebiotici e probiotici è combinato, in genere si parla di simbiotici.

sbiosi intestinale è presente in diverse altre condizioni, PREBIOTICI E PROBIOTICI: non necessariamente carattequando somministrarli? rizzate da enterite, o enteropatia in senso stretto. • Enterite acuta Può, infatti, essere presente • Enteropatia cronica nei cani e nei gatti obesi ed • Obesità in pazienti affetti da patolo• Malattia renale cronica gia renale cronica, insuffi• Insufficienza del pancreas esocrino cienza del pancreas esocrino, diabete mellito e persino in • Diabete mellito quelli con certe problemati• Disturbi del comportamento che comportamentali. • Tumori Analogamente a quanto osservato in medicina umana, gli ambiti nei quali, oggi, si sa che il microbiota intestinale gioca un oligosaccaridi) ed ancora meno forte ruolo fondamentale, sono davvero tanper quei prebiotici che sono rappresentissimi, non esclusa l’oncologia. tati da macromolecole (come ad esempio l'inulina, o anche le pectine).

Sia nel cane, che nel gatto, le patologie per le quali può essere utile intervenire sul microbiota, sono tante, ma quelle alle quali si pensa nell’immediato, sono le enteriti. Cani e gatti soffrono, esattamente come le persone, tanto di enterite acuta, quanto di enteropatia cronica. Nell’enterite acuta, la somministrazione del probiotico può accelerare e migliorare la risposta del sistema immunitario, quindi abbreviare i tempi di guarigione, mentre il prebiotico va usato con un po' più di prudenza in questa situazione, perché, in quanto molecola non digeribile, può richiamare acqua in intestino ed in presenza di diarrea acuta, può non essere la prima scelta.

Per quanto concerne eventuali limiti all'impiego, o potenziali effetti collaterali conseguenti all'uso dei pro- e dei probiotici, bisogna distinguere.

Nel caso di enteropatia cronica, di cui soprattutto i cani, ma anche gatti, soffrono con una certa frequenza, sia i preche i probiotici sono sicuramente utili, considerato che questa condizione è caratterizzata tipicamente da disbiosi. Non esiste un animale enteropatico cronico che non presenti un certo grado più o meno importante di disbiosi intestinale e non c'è dubbio che determinate diete associate all'uso di prebiotici e probiotici dovrebbero sempre rappresentare la prima strategia terapeutica prima che si consideri l'utilizzo di qualsiasi farmaco. In realtà, tuttavia, la di-

Prebiotici: in presenza di una enterite acuta, come sopra anticipato, l'effetto osmotico potrebbe creare qualche problema, almeno inizialmente. L'effetto del prebiotico è sempre dose-dipendente per cui, inevitabilmente, trattandosi di molecole non digeribili che tendono a trattenere, o anche a richiamare, acqua in intestino, ad alte dosi hanno un effetto lassativo. Questo effetto è più forte per le molecole più piccole, come i disaccaridi (ad esempio il lattulosio), mentre è meno potente per quelle di dimensioni un po' maggiori (come i frutto-oligosaccaridi, o i galatto-

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Limiti/rischi/effetti collaterali dei pre- e probiotici

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Probiotici: il rischio di effetti collaterali è veramente molto modesto: è rarissimo che insorgano problemi. I probiotici autorizzati e che si possono impiegare, sono, appunto, stati autorizzati il che significa che se ne è dimostrata non solo l'efficacia, ma anche la sicurezza. Gli effetti collaterali sono pertanto veramente improbabili, sempre che, evidentemente, il prodotto che si usa contenga davvero soltanto la specie probiotica riportata in etichetta, quindi non sia stato contaminato. Questo, come atteso, è raro che si verifichi, come del resto è del tutto infrequente l'insorgenza di problemi, a seguito dell'assunzione di un probiotico, persino in casi eccezionali, di pazienti fortemente immunodepressi. Il margine di sicurezza per l'uso tanto dei pre- quanto dei probiotici è assolutamente molto alto.


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COVID-19 Silvia Marinelli Psicologa e psicoterapeuta, Roma. Consigliera Comunale, Castel di Sangro

Insonnia da COVID-19

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ra i vari effetti negativi che la pandemia sta causando a livello psicofisico nella popolazione mondiale, uno dei più frequenti è legato ai disturbi del sonno. L’aumento delle preoccupazioni per il futuro, la mancanza di momenti di socialità e una vita molto più sedentaria sono solo alcuni degli aspetti che influiscono sulla nostra routine anche a letto. Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli e commissionata dal Consiglio Nazionale degli Psicologi, il 63% degli italiani soffre di stress da pandemia, i cui principali sintomi sono ansia, depressione e insonnia. Risultati simili emergono da molti altri studi realizzati in questi mesi: da uno di questi, coordinato dall’Università degli Studi di Parma e pubblicato nella rivista Frontiers of Psychology, è risultato che il 55.3% delle 6.000 persone intervistate lamentava una ridotta qualità del sonno e modificazioni del ritmo sonno-veglia.

Cos’è l’insonnia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’insonnia come “condizione caratterizzata da una reiterata difficoltà ad iniziare e/o a mantenere il sonno, in cui è riferita insoddisfazione riguardo alla quantità o alla qualità del sonno”. Si stima che circa un terzo degli adulti presenti sintomi di insonnia. Da numerose evidenze scientifiche, emerge inoltre che la condizione ha effetti estremamente nocivi sulla salute.

I comportamenti da evitare Al XXII Congresso Nazionale della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, invece, sono stati presentati dei dati secondo i quali metà delle persone contagiate manifesta disturbi psichiatrici, con un’incidenza del 42% di ansia o insonnia. Un problema che ha caratteristiche note e che può essere affrontato con una serie di consigli e di comportamenti da adottare.

Irregolarità. Sono assolutamente da evitare comportamenti giudicati poco importanti, come: • Coricarsi ad orari sempre diversi • Rimanere nel letto la mattina il più del dovuto • Fare sonnellini più lunghi di due ore durante l’arco della giornata

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Prima di andare a dormire. Evitare la pratica di attività sportive nelle ore immediatamente precedenti il sonno, stesso discorso per quanto concerne attività che necessitano un impegno celebrale come: • Lo studio • Lo stilare programmi di lavoro per la giornata successiva • Pagare le bollette

L’insonnia, per l’OMS e l’NIH (National Institute of Health): • È presente per almeno tre notti / settimana • È associata a: - Fatica - Stanchezza - Inefficienza diurna

Questo tipo di attività viene spesso relegato alla fine della giornata per mancanza di tempo, occorre però ricordarsi che si possono tutte svolgere al risveglio, facilitati da una sana igiene del sonno. Insonnia, stress (e COVID-19): alcuni di questi disturbi sono conseguenza naturale della pandemia e delle misure restrittive. A questo, si aggiunga l’aumento dello stress e delle preoccupazioni dovuti ai risvolti economici e lavorativi della pandemia: altri elementi da provare a gestire, che influiscono pesantemente sul nostro ritmo sonno / veglia.

L’insonnia è un fattore di rischio non solo per patologie psichiatriche, come ansia e depressione, ma anche per malattie: • Metaboliche • Cardiovascolari • Neurologiche Inoltre: • Aumenta l’infiammazione cronica • Peggiora il decorso di malattie neurovegetative • Riduce drasticamente la qualità di vita • Incide su concentrazione, attenzione e memoria, con rischi sulla sicurezza personale e sociale

Accettare, osservare. Da questo punto di vista, un aspetto significativo su cui è importante soffermarsi è legato al concetto dell’accettare, del ‘far spazio’ alla propria esperienza anche se in quel particolare momento è difficile, dolorosa e spiacevole. Possiamo osservarla e invece di essere catturati dai pensieri negativi ed esserne dominati, possiamo lasciarli andare e venire. È utile fare un passo indietro ed osservare il nostro pensare, invece di perderci in esso, operando una sorta di distanziamento dai pensieri negativi.

Queste abitudini vanno infatti a minare l’equilibrio sonno / veglia, senza il quale si rischia di incorrere in insonnia o, per chi già ne soffre, si rende difficile uscirne.

Osserviamo i nostri pensieri per quello che sono: immagini e parole. Fare spazio ad emozioni, pensieri ed impulsi indesiderati ci permetterà nello stesso tempo di godere dell’esperienza presente.

Letture consigliate • American Academy of Sleep Medicine (2014), International Classification of Sleep Disorders (3th ed); • Il Metodo semplice per addormentarsi in 7 minuti. Enrico Rolla, Gribaudo (2019); • Perlis M., Aloia M., Kuhn B. (2015), Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno, Giovanni Fioriti Editore, Roma.

“OGNI GIORNO È PIENO DI OPPORTUNITÀ PER APPREZZARE IL MONDO CHE CI CIRCONDA”

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LA SALUTE DEGLI ITALIANI E DELL'AMBIENTE

Le Olimpiadi dell'Ambiente e della Salute

Daniel Della Seta Giornalista, autore e conduttore Radio Rai “L'Italia che va...”

Incontro con Michele Mirabella

È

SEMPRE ARRICCHENTE E AFFASCINANTE PAR-

LARE CON

LETTERE,

MICHELE MIRABELLA,

LAUREA IN

INNAMORATO DELLA LETTERATURA E

DELLA BELLEZZA, PROFONDO ESTETA.

PROFESSORE SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, TRA I SUOI DIPLOMI E LE LAUREE HONORIS CAUSA IN MEDICINA E FARMACIA, CHE FANNO BELLA MOSTRA DI SÉ NEL SUO STUDIO DELL'ABITAZIONE ROMANA. SE NE ESCE PIÙ CONSAPEVOLI E ASSETATI DI CONOSCENZA. MIRABELLA, SEBBENE ABBIA VISSUTO DECINE DI ESPERIENZE, ANCHE COME ATTORE DI TEATRO E DI CINEMA, COME SCRITTORE, DOCENTE, VOLTO TELEVISIVO LEGATO A “ELISIR “ E A “TUTTA SALUTE” IN RAI, RIMANE UN EVERGREEN, CAPACE DI DI

Michele Mirabella, divulgatore, volto televisivo che della cultura, della comunicazione e del benessere ha fatto la sua cifra stilistica, ci svela il suo amore e la piena preoccupazione per il pianeta che viviamo e in cui vivremo, tra cerchi simbolici di sport e colori salutari.

STUPIRE E RIMANERE EGLI STESSO STUPITO, DINANZI AL PROGRESSO CHE CONIUGA CON IL PENSIERO CLASSICO, REGALANDOCI PERLE DI SAGGEZZA CON UMORISMO E UN GARBATO SORRISO DI UN SIGNORE DI ALTRI TEMPI.

ATTUALITÀ

E FUTURO NELLA SUA VISIONE AMBIENTALE.

Questa tendenza alla riscoperta dei valori ambientalistici e alla salvezza, cura, tutela, difesa della natura è stata un po' enfatizzata - sottolinea con un'attenta riflessione - tuttavia ammetto che esista un approccio culturale "globale". In pratica, non penso che se ne debba occupare solamente il Primo mondo o il Secondo, ma il tema relativo al degrado della natura e dell'ambiente nel Terzo mondo, deve costituire una assoluta priorità, da subito. Diceva un saggio “Tutti vogliono correre a riscoprire la natura, ma nessuno lo vuole fare a piedi”, è questo il problema: è difficile controllarsi nel ricorrere spasmodicamente alle nuove tecnologie, che hanno un costo decisivo sull'ambiente... la sfida del futuro è proprio questa. > Possiamo considerare le problematiche ambientali che si interconnettono nel nostro Pianeta, come i cerchi olimpici? Forse bisognerebbe aumentare i cerchi olimpici: da 5 li porterei a 10. O forse 7, che è un numero magico, biblico e sabbatico, perché poi 7 sono i colori dell’arcobaleno, quelli veri della natura, dati da Iside, dal soavissimo e dolce misfatto che riguarda la nascita degli Dei… > Quali sono le emergenze climatiche più eclatanti, per singolo continente? • Oceania (anello blu) • Africa (anello nero) • Americhe (anello rosso) • Europa (anello verde) • Asia (anello giallo) Chiediamoci: questa è una convenzione cromatica, oppure contiene un messaggio simbolico connesso alla gravità delle situazioni? - sottolinea - Perché, a questo

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punto, l’Africa nera mi lascia pensare sia quella che sta capitombolando nel disastro. Penso poi all’ultima apocalisse ecologica nel mare dello Sri Lanka, con quella nave carica di tutti i veleni possibili ed immaginabili che navigava senza scorta, senza avere garanzie sufficienti e necessarie a tutelare luoghi e persone. E resta una notizia come tante nel mare dell'informazione... ma quali danni ha comportato e per quanto tempo? Poi, nel Mar Mediterraneo che ha riflesso le vicende storiche di tutta l'Europa, ne sono successi di disastri ambientali! Quindi, io credo che la globalizzazione comporti un prezzo altissimo per quel che riguarda l'ecologia, le risorse dell'ambiente e la difesa dell’ambiente. Inoltre, un po’ più di lontananza potrebbe giovare. Infatti, se ci consideriamo vicini di casa di un signore che abita in Australia, che ha probabilmente mille diverse condotte etiche, sociali e ambientali e tutto il resto, questo è un danno, perché la diversità è sempre stata una ricchezza. Il pregiarsi di un compiacimento retorico sul fatto che l'uguaglianza tra le genti passi anche attraverso il livellare le diversità, non mi convince.

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Io sono per le diversità, per la loro difesa, ecco perché non ho particolare entusiasmo per “il miscuglio delle storie”, invocato come un aspetto del “pacifismo”: non è così. Il vero “pacifismo” è garantire a tutti di difendere la propria cultura originaria e metterla a confronto con altre culture altrettanto originarie, per divertirci di più, per essere più felici... > Forse la cosa più bella è proprio la fusione delle diverse etnie, che è di valore e valida… Come dicevo, sono per le diversità da difendere e non sono per questo “minestrone” inammissibile, che ci sta proponendo il comune pensiero radical chic… Credo che sia magnifico relazionarsi con un altro che gioca diversamente a pallone, o che mangia diversamente, o che canta diversamente, o che crede nella vita in maniera diversa. Per esempio, no all'industrializzazione a tutti i costi, no a passare la metà del proprio tempo libero curvi sul telefonino... non sono valori questi, o, per lo meno, non lo sono per tutti... Le etnie esistono. Come diceva Levi Strauss, parlare di etnie forse è più elegante, ma benedette siano le diversità,

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anche di livello puramente esteriore, somatico… io difendo le diversità delle culture, delle tradizioni, magnificamente diverse e tutte bellissime. > E cosa dire del “pianeta bianco”, a tutti gli effetti un continente in grande sofferenza? Quali emergenze ha? L’emergenza è il clima, perché è da lì che deriva tutto: si sciolgono i ghiacciai con le conseguenze inarrestabili sulle maree, che raggiungono livelli di vero pericolo e sciagura. L’impatto su tutti i nostri amati panorami, che sono tanti nel mondo, è terribile, soprattutto dal punto di vista delle agricolture, delle culture, delle razze animali. Tutto al plurale. Sai quante decine di razze si estinguono ogni anno? Pensa a tutto il mondo straordinario degli insetti a cui diamo una caccia feroce, stupida e controproducente. Una cosa veramente pericolosa è proprio il nostro accanimento contro gli insetti, che sono sopravvissuti a ben altre guerre. > Condividi la battaglia di Greta Thunberg? Non ne condivido i modi che trovo troppo spettacolari, ma tutta le battaglie dell’ambiente sono benedette, compresa la sua.


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GENETICA

Quando i geni non sono amici della salute.

Maria Grilli Segretaria Generale aBRCAdabra Onlus.

Impariamo a conoscerli

È una mutazione genetica che predispone le donne ad un elevato rischio di sviluppare, nel corso della propria vita, in modo precoce e aggressivo, principalmente il cancro della mammella e dell’ovaio. L’incidenza del rischio si aggira intorno al 72% per il tumore al seno, contro il 12% circa della popolazione femminile generale e dal 17 al 44% per il tumore ovarico, contro l’1,8% del resto della popolazione. Per gli uomini predispone un rischio aumentato di carcinoma della mammella maschile e della prostata. Recenti studi dimostrano che, sebbene con un’incidenza minore, esiste un rischio aumentato, in entrambi i sessi, anche per altre patologie oncologiche, come il tumore del pancreas ed il melanoma. Le mutazioni dei geni BRCA possono essere trasmesse ai figli, sia maschi che femmine, con una probabilità del 50% ad ogni nuova gravidanza. I geni BRCA1 e BRCA2 (generalmente indicati come BRCA) sono stati identificati per la prima volta all’inizio degli anni ’90 in correlazione con i tumori mammari/ovarici di origine genetica, grazie al lavoro della genetista statunitense Mary Claire King.

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La mutazione genetica BRCA

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Se ne cominciò a parlare in modo più diffuso solo dopo il 2013, in seguito al coming out della famosa attrice statunitense Angelina Jolie, che dichiarò prima di essersi sottoposta ad un intervento di mastectomia bilaterale profilattica, per ridurre il rischio che la predisponeva al tumore della mammella e poi ad un intervento di annessiectomia bilaterale profilattica, per ridurre il rischio di sviluppare il tumore ovarico che poco prima si era portato via la sua mamma. Le persone che sanno di essere portatrici di una mutazione BRCA vivono una condizione di grande consapevolezza del proprio rischio, in molti casi hanno già sviluppato una patologia oncologica associata al BRCA ed hanno bisogno di essere accompagnate attraverso un percorso di riduzione del rischio di ammalarsi nuovamente, in altri casi sono sane e necessitano un counselling genetico che possa intercettare, attraverso la ricostruzione della famiglia, tutti gli altri parenti portatori della stessa mutazione ed offrire anche a loro la possibilità di sapere e “giocare d’anticipo” sul cancro. Purtroppo, oggi questo non succede in modo

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GLOSSARIO Gene - Unità ereditaria localizzata nei cromosomi, che attraverso l’interazione con l’ambiente interno ed esterno controlla lo sviluppo di un carattere, o fenotipo. Può autoreplicarsi ed essere trasmesso ai discendenti. Fenotipo - In genetica, l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, determinate dall’interazione fra la sua costituzione genetica e l’ambiente. https://www.treccani.it/enciclopedia/gene/

uniforme, anzi, ancora oggi, in molti casi, il test, che si esegue attraverso un prelievo di sangue, non viene proposto per nulla, sebbene molte persone abbiano tutti i criteri per eseguirlo, raccomandati dalle Società scientifiche. A volte, ci si ferma alla pura comunicazione della positività al test, lasciando il paziente nella difficoltà di capire cosa è meglio per se’ e per la propria famiglia. Per questi motivi, nel 2015 nasce aBRCAdabra, la prima Associazione nazionale nata per raggiungere numerosi obiettivi, a tutela delle persone: • Sostenere tutti i portatori di mutazioni genetiche BRCA e le loro famiglie • Dialogare con sanitari ed istituzioni • Promuovere la corretta informazione sui tumori BRCA-associati, affinchè il diritto al test venga esteso in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, con Linee Guida comuni e condivise in tutti i centri. Purtroppo, oggi non è così; solo 7 Regioni hanno approvato un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) per la presa in carico dei pazienti BRCA e solo 8 sono le Regioni che hanno approvato l’esenzione D99 o D97 per le prestazioni sanitarie previste dai protocolli di sorveglianza.

Sono tante le storie di famiglie colpite duramente dalle patologie BRCAassociate, di donne che ci hanno lasciato in giovanissima età, perché una delle caratteristiche di questi tumori è che insorgono in giovane età, nel pieno della progettualità di vita e talvolta purtroppo in modo molto aggressivo. Tra le tante, ricordiamo Fabiana Gregori, cofondatrice della Onlus che è mancata 5 anni fa per un tumore al seno metastatico BRCA-associato, lasciandoci una grandissima motivazione ad andare avanti, a non fermarci mai anche di fronte alle difficoltà, a credere in quello che facciamo, insieme alla nostra Presidente Ornella Campanella ed alla chirurga senologa del Policlinico San Matteo di Pavia, Prof.ssa Alberta Ferrari. Fabiana si era ammalata di un tumore molto piccolo di dimensioni, ma molto aggressivo, che l’ha resa una paziente metastatica poco dopo e nonostante stesse vivendo questa fase durissima della malattia, instancabilmente e senza tregua, ha continuato a sviluppare progetti per l’Associazione, a fare advocacy presso le istituzioni, ad aiutare le donne in difficoltà e l’ha fatto veramente fino all’ultimo giorno, lasciandoci una grande consapevolezza dell’importanza della nostra missione e queste parole:

‘Se aBRCAdabra vive, Fabi vive’

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odice D99 o D97: Codice di esenzione per le donne con rischio eredo-familiare, risultate positive al test delle mutazioni geniche BRCA1 o BRCA2, che sono quindi ad alto rischio di sviluppare un tumore della mammella e/o dell'ovaio.

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ANIMALI DOMESTICI E COME TRATTARLI Carlo Pirola Educatore cinofilo, istruttore comportamentalista.

L’ultimo cane IL WEB E LE RIVISTE SONO RICCHI DI ARTICOLI E CONSIGLI SU COME GESTIRE IN FAMIGLIA L’ARRIVO DEL PRIMO CANE. NEL MIO LAVORO QUOTIDIANO INCONTRO PERÒ MOLTI “ULTIMI CANI”, QUELLI DOPO I QUALI LE PERSONE DECIDONO DI NON AVERNE PIÙ. SCELTE A VOLTE DETTATE DAL PRAGMATISMO, ALTRE VOLTE DA QUALCOSA CHE SI È INFRANTO NELLA LORO VITA.

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eguo molte famiglie che prendono il primo cane. Di solito, sono famiglie giovani, che pensano che un cane di famiglia sia un incentivo alla crescita arricchita di eventuali bimbi in arrivo. E ci sta. Pochissimi si muovono con grande anticipo. Si informano e si preparano. È meglio un cane di allevamento (di razza), o è meglio un cane di canile? Domani dove lo faccio dormire? Come lo preparo all’arrivo di un bambino? A tante domande corrisponde un numero multiplo di risposte. Ma voglio parlare di altro.

Alla fine, c’è l’ultimo cane. Quello che dopo di lui non ne ho più amati, o voluti, o capiti. Quello che ho potuto portare fuori senza problemi. Quello che mi capiva. L’ultimo cane è quello che mi accompagnerà nei sogni, mi parlerà e dirà quello che non volevo dirmi. In CORRISPONDENZA Carlo Pirola una barca rivolta al traCasa Scuropasso monto guarderà al Servizi cinofili largo, in cima all’albero 3393707552 di prora. 349115060 arlopiro@gmail.com Vigile e guardiano.

Vorrei dire due cose su uno schema contrario, una situazione agli antipodi. L’ultimo cane, quello che, dopo lui, non ne avrò mai più. I profili principali sono questi: • un cane che non volevo, ma mi è stato imposto, ma ora non posso più accudirlo • il cane come quello che avevo prima, ma non è come lui e non mi piace • il cane che ho sempre desiderato, ma non pensavo che fosse così difficile • il mio ultimo cane Ho ridotto tutto all’osso, ma, per semplificare, chi pensa di appartenere ai primi tre profili può sentire un bravo educatore. Di quegli educatori che ascoltano e parlano in base alla saggezza e, prima di volere guadagnare, pensano al benessere di cani e uomini.

Carlo e Sally, American Staffordshire Terrier (Amstaff)

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DIRITTO Avv. Vito Rubino Direttore del CeDiSA – Centro Studi sul Diritto e le Scienze dell’Agricoltura, alimentazione e ambiente, Università del Piemonte Orientale.

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mass media europei negli ultimi mesi hanno più volte segnalato il riaccendersi di una “conflittualità” fra Paesi europei, sulle etichette dei prodotti alimentari di largo consumo: si tratta, questa volta, delle forme di espressione volontaria dei valori nutrizionali dei cibi sulla parte frontale delle confezioni, che rischiano di emarginare o discriminare alcuni fra i prodotti più noti della gastronomia mediterranea: formaggi, salumi, oli etc. Da dove deriva questa nuova “guerra” e cosa rischia esattamente il “made in Italy” agroalimentare? Nel 2011 l’Unione europea ha adottato un nuovo regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari preconfezionati. Fra le molte “novità” della norma, è stato introdotto l’obbligo di riportare su ogni confezione le informazioni nutrizionali relative ai principali “nutrienti” contenuti nell’alimento (grassi, zuccheri, sale etc.), nonché il valore energetico espresso in kcalorie e kjoule.

Etichettatura nutrizionale in “front of pack” LA GUERRA FRA PAESI EUROPEI METTE A RISCHIO L’AGROALIMENTARE ITALIANO

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• kcalorie (kcal): Unità di misura di energia, calore e lavoro, impiegata in medicina per indicare l’apporto di calorie degli alimenti. 1 kcal equivale a 1000 calorie. • kilojoule (kj): Unità di misura adottata dal Sistema Internazionale per il lavoro, l'energia e il calore. 1 kj è equivalente a 1000 joule.

Le informazioni così determinate hanno assunto la forma di una “tabella” che, in effetti, ormai si trova pressoché su tutti gli imballaggi dei principali prodotti di consumo. Senonché la norma prevedeva anche la possibilità di “estrapolare” alcune delle informazioni in questione e riportarle sul fronte della confezione per rendere più


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evidenti le caratteristiche del prodotto e agevolare il consumatore nella “cernita veloce” al supermercato. La facoltà in questione era, tuttavia, accompagnata da una serie di raccomandazioni: i sistemi nazionali in materia avrebbero dovuto essere obiettivi e non discriminatori; inoltre forme e simboli adottati avrebbero dovuto effettivamente facilitare la comprensione del contributo o dell’importanza dell’alimento ai fini dell’apporto energetico e nutritivo nella dieta del consumatore medio, senza creare inutili ostacoli alla circolazione delle merci. Nel 2017 la Francia, in attuazione della disciplina in oggetto, ha creato il cosiddetto “Nutriscore”, ossia una sorta di schema semaforico che segnala al consumatore se un alimento possa considerarsi favorevole per la dieta, perché a basso tenore di zuccheri, grassi, sale (cui viene associato il colore “verde”), oppure negativo, per l’eccesso di una o più di queste sostanze (associate, in gradazione, all’arancione o al rosso). Accanto alle “cromie” viene riportata anche una “lettera”, che classifica il prodotto per “fasce di merito”, un po’ come avviene per l’etichettatura energetica degli elettrodomestici. Il sistema ha il pregio di risultare certamente “intuitivo” per i consumatori, perché di semplice decifrazione e immediata chiarezza. Sfruttando un “codice di comunicazione” ben noto (il “semaforo”), sintetizza pregi e difetti, dando vita a un giudizio di “valore” sul prodotto contrassegnato alla portata di tutti. Senonché proprio queste sue doti sintetiche finiscono per renderlo ingiustamente riduttivo e discriminatorio. Basti pensare che un prodotto come la Coca-Cola “zero” otterrebbe il massimo del punteggio, risultando in fascia “A” (verde per zuccheri, grassi e sale), mentre un formaggio a pasta dura (come i nostri “campioni” del Made in Italy”) andrebbe incontro a censura per il tenore di grassi e di sale, pur essendo validissimo nell’economia di una dieta varia ed equilibrata, nonché fonte preziosa di calcio e micronutrienti. Per questa ragione, l’Italia ha deciso di contrapporre alla soluzione francese una modalità alternativa di espressione, che si fonda sul concetto – psicologicamente positivo e non demonizzante – della “pila energetica” da ricaricare. In sostanza, lo schema prevede la neutralità cromatica (no, quindi, a: gialli, rossi e verdi), nonché l’indicazione dell’apporto dei nutrienti come “ricarica” della pila, in relazione alle “assunzioni di riferimento” (AR) giornaliere di un adulto medio. La soluzione ha sicuramente il pregio di volgere “in positivo” il messaggio nutrizionale, ricordando al consumatore che una dieta “sana” contempla l’apporto di tutti i nutrienti, ovviamente in misura proporzionata ed equilibrata. Non esistono, quindi, cibi in sé “buoni” o “cattivi”, ma tutto va valutato in relazione al complesso di una dieta giornaliera in cui ogni cibo può trovare una sua collocazione. Di contro, il “nutrinform battery” all’italiana comporta un ragionamento più complesso e risulta meno “intuitivo” per il consumatore medio, che deve comprendere che fino al 100% di “ricarica” l’apporto è “positivo”, mentre oltre tale soglia diventa controproducente. Inoltre, questa informazione, per quanto più “obiettiva” nei contenuti (perché non esprime un “giudizio di valore” prederminato), richiede una certa esperienza in chi la legge, perché implica la conoscenza dei valori nutrizionali di ciò che mangia nell’arco della giornata. Si tratta, dunque, di una sintesi meno “efficace” dal punto di vista comunicativo. La “battaglia delle etichette” si trasferirà nei prossimi mesi a Bruxelles: la Commissione UE sarà, infatti, chiamata a valutare le diverse soluzioni nazionali e decidere se adottare uno standard unico a livello europeo. Un passaggio molto delicato per il futuro del “Made in Italy” agroalimentare e per la salute di tutti noi.

Letture consigliate • Regolamento UE N. 1169/2011 • https://codacons.it/che-cos-e-il-nutri-score/ • https://www.nutrinformbattery.it • https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_dossier_26_listaFile_itemName_0_file.pdf

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NUTRI-SCORE Nutriscore - Schema semaforico ideato dalla Francia nel 2017. Segnala al consumatore se un alimento possa considerarsi favorevole per la dieta associando colori e lettere ai prodotti. Dalla “A” verde alla quale è associata una valenza positiva, fino alle “E” rossa con valenza negativa.

NUTRINFORM BATTERY La Nutrinform battery – In questa forma di etichetta nutrizionale, tutti i valori riguardano la singola porzione. In ogni box è indicato il contenuto energetico (grassi, grassi saturi, zuccheri e sale) della singola porzione, espresso sia in joule che in calorie. La quantità di grassi, grassi saturi, zuccheri e sale è espressa in grammi. Ogni simbolo “batteria” indica la percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale apportati dalla singola porzione, rispetto alla quantità giornaliera di assunzione raccomandata, che in EU corrisponde ai seguenti valori: • Energia: 8400 kJ / 2000 kcal • Grassi: 70 g • Grassi saturi: 20 g • Zuccheri: 90 g • Sale: 6 g La parte “carica” della batteria rappresenta graficamente la percentuale di energia, o nutrienti, contenuta nella singola porzione, permettendo di quantificarla anche visivamente. La somma di ciò che si mangia durante il giorno può “riempire” la carica della batteria, senza andare oltre, al fine di non superare le quantità di assunzione giornaliera raccomandate.

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Consigli DoC erci i loro dubbi, per nvitiamo sempre i nostri lettori a scriv zioni utili a compiere essere guidati nell'acquisire informa . In questo modo sarà scelte più consapevoli sui loro problemi eggere e promuovere possibile intraprendere azioni volte a prot la propria salute e il benessere.

I

COSA RESTERÀ DELLA PANDEMIA

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La pandemia ha completamente devastato le vite e le abitudini delle popolazioni del mondo ormai da un anno e mezzo circa. Quale insegnamento potremmo trarre da questa esperienza così drammatica? (Marco, 1959)

!

Il mondo si è fermato di fronte a un microscopico, invisibile, ma insidiosissimo nemico che semina morte, dolore, sofferenza e terrore. La vita di miliardi di persone è stata travolta, ribaltata, annullata, senza certezza di futuro; il virus ha messo in ginocchio consolidati modelli socio-economici degli Stati e in pericolo la vita, gli affetti, il lavoro dei cittadini. Cosa possiamo imparare da questa drammatica esperienza collettiva? Molte cose, secondo me. In primis, l’importanza della salute. Senza salute, crolla tutto il resto. Si è sempre saputo, ma poi nei fatti dimenticato. I decennali tagli alla sanità e lo smantellamento del servizio pubblico hanno reso i sistemi sanitari fragili e incapaci di resistere all’ondata dell’emergenza: carenze di organico, inadeguatezze strutturali, modello organizzativo inefficiente con l’impropria mancanza di coordinazione ospedale-territorio hanno reso drammatico il tentativo di fronteggiare la catastrofe sanitaria. Ma lo sforzo disperato e congiunto di tutti gli operatori della sanità ha permesso che il prezzo pagato in termini di vite umane non fosse ancora smisuratamente più alto. E la ricerca scientifica, producendo a tempi record vaccini efficaci e protocolli terapeutici mirati, ci ha permesso di intravedere la luce alla fine del tunnel. A livello personale, abbiamo imparato ad aver più cura del corpo, dell’igiene e della salute, e più rispetto del lavoro degli operatori della salute.

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Chi è Carlo Alfaro

Nato a Sant’Agnello il 30/11/1963, vive a Sorrento (Napoli). Medico pediatra, attualmente ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, dove è anche titolare di Incarico professionale di consulenza, studio e ricerca di Adolescentologi a. Appassionato di divulgazione scie ntifica e culturale, dal 2015 è giornalista pubblicista.

Anche l’importanza della scuola, come istituzione fondamentale per la formazione e l’educazione alla vita delle nuove generazioni, è venuta prepotentemente alla luce con la sospensione forzata delle lezioni in presenza, nonostante gli encomiabili sforzi di dirigenti, docenti, alunni e famiglie nell’adoperarsi per far funzionare la didattica a distanza. Ma forse l’insegnamento più importante è il valore della solidarietà: la salvezza del singolo non può che passare dalla tutela della collettività. Nessuno può sentirsi al sicuro se non si garantisce il benessere della intera comunità. Abbiamo compreso che per superare l’emergenza sono necessari sacrifici, da affrontare con responsabilità, nell’interesse di se stessi e di tutti. Abbiamo dovuto riconoscere che non si può dare nulla per scontato, si deve apprezzare fino in fondo quanto la vita ci offre, comprendere la caducità di tutto quanto consideriamo importante, ammettere la nostra vulnerabilità e piccolezza di esseri umani, avere rispetto e timore della Natura e della sua forza imponderabile e incontrollabile, da cui non c’è posto al mondo in cui ripararci o rifugiarci, empatizzare con gli altri perché di fronte alla malattia, alla sofferenza e alla morte siamo tutti drammaticamente esposti ed uguali. Mi piace ricordare a tal proposito la favola africana del colibrì: un giorno la foresta fu devastata da un terribile incendio e tutti gli animali presero a scappare di fronte alle fiamme che avanzavano minacciose. Un colibrì si tuffò nel fiume e dopo aver preso nel becco una goccia d’acqua la fece cadere sulle fiamme. Il re della foresta, il maestoso leone, che coordinava le operazioni di fuga, lo apostrofò: “Ma cosa credi di fare?”. L’uccellino gli rispose: “Cerco di spegnere l’incendio”. Il leone si mise a ridere: “Tu così piccolo pretendi di fermare le fiamme con una goccia?” e assieme a tutti gli altri animali incominciò a deriderlo. Ma l’uccellino, incurante delle critiche, rispose “Faccio la mia


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parte” e si gettò nuovamente nel fiume per raccogliere un’altra goccia d’acqua. Ecco, la pandemia ci ha insegnato che “per fare la propria parte” non è importante essere grandi e forti, ma coraggiosi e generosi. In conclusione, abbiamo vissuto, come umanità intera, una pagina atroce e indelebile della storia. Abbiamo sperimentato la paura, la malattia, la sofferenza, la perdita, il lutto, la devastazione di abitudini, principi e realtà consolidate, la solitudine, la tristezza, la mancanza, il vuoto, il buio, la malinconia. Le mascherine hanno nascosto la nostra via di comunicazione più immediata e confortante, il sorriso. “Andrà tutto bene”, dicevamo all’inizio. Non è andata proprio così. Ma non è tutto da buttare. Sono nati bambini, fioriti amori e amicizie, abbiamo scoperto capacità, imparato cose, apprezzato valori, messo in atto risorse e attivato meccanismi di resistenza e resilienza. Torneremo alla normalità, ma non sarà mai più quella di prima. Auguriamoci che, sapendo far tesoro di quanto accaduto, possa essere migliore della precedente.

CHIRURGIA PER L’OBESITÀ Sono un grosso obeso di 42 anni che si è stancato di diete e umiliazioni, ormai dall’infanzia in poi. Ho deciso che voglio sottopormi all’intervento di chirurgia bariatrica, ma è vero che è rischioso?

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La chirurgia bariatrica include una varietà di procedure che promuovono la perdita di peso: bendaggio gastrico, resezione gastrica, bypass gastrointestinale. Non è un intervento estetico, ma un intervento medico di alta specializzazione che aumenta aspettativa e qualità di vita dei pazienti, oggi sempre più sicuro e all’avan-

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guardia anche grazie a tecniche mininvasive sofisticate. È importante che l’intervento sia effettuato seguendo precisi Percorsi diagnostico terapeutico assistenziali e all’interno di “Obesity Unit” accreditate con team multidisciplinari qualificati che coinvolgano le figure di internista, endocrinologo/diabetologo, nutrizionista, chirurgo, psicologo/psichiatra, anestesista, cardiologo, in grado di garantire livelli di qualità e sicurezza elevati. Questo è sicuramente possibile nei Centri accreditati SICOB – Società Italiana Chirurgia dell’Obesità – dedicati al trattamento chirurgico dell’obesità. Sono candidate a questa terapia persone di età compresa tra i 18 e 65 anni con obesità di terzo grado, cioè con un indice di massa corporea maggiore di 40, oppure con obesità di secondo grado (indice di massa corporea 3539.9) associata a una comorbilità quale diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemia, apnee notturne severe e patologie ortopediche che beneficino della riduzione ponderale, ma che non hanno risposto a interventi di modificazione dello stile di vita (con o senza terapia farmacologica). Gli studi dimostrano che la chirurgia bariatrica è molto efficace nel determinare la perdita di peso rispetto alle terapie mediche, inoltre offre un vantaggio significativo nella remissione del diabete e delle sue complicanze, nel miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolare, nel controllo sulle sequele legate all’obesità (come l'ipertensione, la steatosi epatica, l’apnea ostruttiva del sonno e la malattia renale cronica). Tuttavia, circa il 50% dei pazienti rimette peso due anni dopo l’intervento e circa un quarto dei pazienti riacquista una percentuale considerevole del peso perduto dopo tre anni. La prevenzione di ciò richiede un adeguato intervento sul mantenimento di uno stile di vita sano.

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COMUNICAZIONE

La sfida: una corretta informazione al paziente

Lorella Bertoglio Giornalista scientifica.

60 ANNI RIUNISCE LA GRAN PARTE DEI GIORNALISTI ITALIANI CHE SCRIVONO DI SALUTE, SANITÀ, MEDICINA, RICERCA BIOMEDICA. UN GRUPPO RISTRETTO (CIRCA 80), CHE RISPETTA LE REGOLE DEONTOLOGICHE CHE QUESTA PARTICOLARE SPECIALIZZAZIONE PREVEDE. DA OLTRE

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i suoi vertici e al loro seon abbiamo mai visto condo mandato, un nulla di simile”, ci racPresidente, Meconta Nicola Miglino dico di Medicina Geanalizzando sconnerale e giornalista fortato la comuniscientifico, il Dott. cazione durante Franco Marchetti e la pandemia. un Vicepresidente, il “Troppo spesso Dott. Nicola Miglino chi ha parlato lo ha c Fran che ha fatto della sua fatto non tenendo professione una vera conto di quello missione. Del primo, che è un pilastro posso dire che è il fondamentale medico che tutti vordell’informazione remmo, che si prende medica, che prea davvero cura dei suoi vede la pubblical o Nic pazienti, al quale squilla il zione di studi cellulare in continuazione e condivisi con la comu“ che non ho mai sentito riman- nità scientifica, che devono dare una telefonata, un consi- essere validati prima di esglio o un appuntamento. Del sere comunicati. Ore e ore secondo, posso dire che nella di palinsesti dedicati al sua veste di vicepresidente COVID-19, che hanno dato UNAMSI porta avanti con voce alle più balzane idee grande determinazione la for- sull’origine del virus, sulle temazione professionale dei rapie, oltre alle fake giornalisti iscritti. news che ovviamente, in manA loro ho posto alcune do- canza di dati, mande, per capire come la sono scivolate missione di comunicare abbia via senza laavuto delle difficoltà in que- sciare tracsto anno complicato per l’in- cia”. formazione scientifica, proprio quando una marea di “ ake news scienza ha invaso TV, radio e che hanno inWeb e dove molti parteci- vaso il mondo dell’inpanti del circo mediatico sono formazione ed anche il mio saliti in cattedra con le loro ambulatorio” prosegue il convinzioni dettate, in molti Presidente UNAMSI, Dott. casi, da poca competenza Franco Marchetti. scientifica e da molto orienta- “Ogni giorno mi sono domento politico. vuto confrontare con paMi glino

o

Ma rchetti

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zienti muniti di ritagli di “ er quanto mi è stato possigiornale, pagine stampate bile”, prosegue il Dott. da siti web, citazioni di Marchetti, “ho cercato di cuesperti in tv che promuove- rare i miei pazienti al loro dovano questa e quella terapia micilio, frugando nei siti che li avrebbe protetti o ad- internazionali quali fossero le dirittura guariti dall’infe- Linee Guida più accreditate. zione”. Il lavoro è stato immane, ma Un lavoro difficile, non grazie alla tecnologia e ai più bianco o nero e con banali messaggi sul cellulare, nessuna sfumatura ho potuto controllare i sindi grigio, perché tomi dei pazienti valutando si sa che la febbre, ossigeno nel sangue scienza ha ri- con i saturimetri ed eventuali sposte spesso difficoltà respiratorie. lente, se ne Laddove ho potuto, sono anha, e, nel caso dato a visitarli e in alcuni casi del COVID, ha ho dovuto far ricoverare i padovuto impa- zienti più gravi. Il mio compito rare sulla propria di Medico di base prevede di pelle a conoscere il gestire il paziente nella fase virus, le incognite della ma- intermedia e cogliere il molattia e come curare i malati. mento nel quale la malattia diSia quelli ospedalizzati sia venta più severa con quelli che sono rimasti a conseguente ricovero. casa, spaventati per le loro Nella prima fase, alcuni miei condizioni di salute. colleghi si sono spaventati

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perché non avevamo mezzi di protezione per fare visite domiciliari. Io ho sempre cercato di seguire tutti i miei pazienti, perché se scegli questa professione devi mettere in conto anche i momenti difficili. Sicuramente quello che è mancata è stata la medicina del territorio, in grado di fare da filtro per poter lavorare di concerto all’interno di una rete che prevede l’ospedale solo per l’emergenza. Purtroppo, a causa della situazione, il mio lavoro di Presidente UNAMSI ha dovuto essere messo da parte e

devo ringraziare tutto il team dei colleghi per avermi brillantemente sostituito.

E

ntrambi sono d’accordo sul fatto che per difendersi dalla cattiva informazione e dal rischio di sbagliare la comunicazione, occorre sapere come muoversi nel mondo della ricerca, studiando e confrontando gli articoli pubblicati, sapendo sempre chi e cosa si muove dietro la fonte della notizia e quali possono essere gli interessi economici dietro la stessa.

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redo che durante la pandemia i ruoli non siano stati rispettati: medici, virologi, epidemiologici, infettivologi e microbiologi non sempre hanno parlato per le loro specifiche competenze e questo ha creato grande confusione per chi scrive e per chi legge” conclude Miglino, mentre Marchetti ci racconta “Anche io ho avuto il COVID. Sono stato uno dei molti medici che a causa della mancanza dei DPI si è ammalato proprio facendo quello che amo di più: curare i miei pazienti. Oggi, a distanza di tempo, posso dire che quell’esperienza, che per fortuna è finita bene, mi ha avvicinato ancora di più alle persone e alle famiglie che hanno avuto ed hanno tuttora a che fare con la malattia. Fortunatamente oggi i miei pazienti hanno sintomi meno gravi e grazie ai progressi che ha fatto la scienza, incluso il miracolo del vaccino, guardo con più serenità ai prossimi mesi”.

mod da: https://www.ragusanews.com/attualita-il-covid-2-e-in-italia-uno-per-uno-il-parere-di-tutti-i-massimi-esperti-116231/

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, r e n i a e r t l ion sa a n s e o s c s e r rof e as e p a p nt un costa in

SPORT Giovanni Russo Personal Trainer, Milano

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onostante la figura del Personal Trainer sia mediamente associata a momenti di svago, fare il Personal Trainer è tutt’altro che un gioco: è una professione delicata che richiede studio e attenzione, per la sua diretta influenza sulla salute fisica e mentale delle persone.

Diventare Personal Trainer Dopo quasi 15 anni di esperienza lavorativa presso una delle più importanti multinazionali del Fitness e grazie alla passione per lo sport, praticato da sempre, è possibile fare un po’ di chiarezza su questa controversa figura, partendo dal percorso accademico che un aspirante Personal Trainer deve fare, per poter essere un professionista completo e preparato. Di importazione americana e semi sconosciuta negli anni '90, questa professione è diventata, anche grazie ai Social, attuale e piuttosto ambita per il contesto dinamico e stimolante in cui opera, ricco di rapporti sociali. Ad oggi, però, non è ancora regolamentata dalla legislatura italiana e non esiste un percorso formativo ufficiale, pertanto il punto di partenza ideale è conseguire la laurea triennale in Scienze delle Attività Motorie e Sportive, presso numerosi atenei italiani. Il passo successivo può essere l’iscrizione a un Corso di Laurea Magistrale/Specialistica, come quella di Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate, oppure di Scienze e Tecniche Avanzate dello Sport.

ad e r t s “ icili diff no a ta por issime ” l bel azioni tin d es

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Certo, la laurea non è obbligatoria, ma permette di diventare un professionista esperto e qualificato con la preparazione tecnica necessaria per esercitare la professione. Tuttavia, esistono ulteriori possibilità per raggiungere l’abilitazione professionale, come il conseguimento del Diploma rilasciato da una delle diverse Scuole di formazione riconosciute dal CONI o da Enti sportivi legati al CONI stesso.

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Giova Personnni Russo al Train er 3 fdntat 39 1215391 too@g mail.co m

Il ruolo del Personal Trainer • L’ALLENAMENTO Qualunque sia il percorso di provenienza, il Personal Trainer è uno specialista che si occupa di ideare un allenamento personalizzato, basato sulle esigenze del singolo cliente, in grado di individuare le necessità della persona. Il percorso che crea è impostato sugli obiettivi da raggiungere e viene calibrato in base alla storia pregressa del cliente, al suo stato di salute, alle potenzialità e, non meno importante, alle motivazioni. La costanza che ognuno mette nell'attività sportiva, professionale o amatoriale che sia, sarà un elemento di rilevante influenza.

• IL RUOLO INTEGRATO Generare questo stato di benessere, si ripercuote nella quotidianità del cliente: una persona che sta bene rende di più nell’ambito lavorativo e riesce ad avere una vita più serena ed equilibrata anche nel privato. È possibile sicuramente affermare che questa professione non è utile solo a livello individuale, ma ha un importante peso a livello sociale. Un ruolo molto sfaccettato, dunque, quello del Personal Trainer che, però, come sempre accade, finisce dove inizia il lavoro di altri professionisti con i quali va a braccetto, integrandosi: il Dietologo e il Fisioterapista, salvo che, ovviamente, il percorso di studi non lo abbia portato a coprire anche queste competenze professionali. Dietologo e Fisioterapista si occupano della salute, rispettivamente aiutando ad impostare e seguire consigli per migliorare l’alimentazione ed eventualmente perdere peso e facilitando l’eventuale recupero funzionale post intervento chirurgico o infortunio, preservando comunque anche una condizione di benessere.

Il percorso inizia con l’“anamnesi”, fase nella quale vengono raccolte le informazioni necessarie ad avere un quadro completo del cliente. Nello step successivo, il cliente viene sottoposto a test fisici mirati, utili a valutare la situazione funzionale ed antropometrica, per avere un’idea quanto più dettagliata e completa possibile riguardo alla sua condizione all'inizio del percorso. Questo è il momento in cui il Personal Trainer può stilare la famosa “scheda” con gli esercizi da eseguire, che varierà nel corso dell’allenamento in base ai risultati raggiunti. Il compito del Personal Trainer, a questo punto, è di verificare il corretto svolgimento degli esercizi e di sviluppare l’allenamento parallelamente ai progressi, ma anche alle attitudini e alle preferenze della persona. • IL SUPPORTO MOTIVAZIONALE Un bravo Personal Trainer deve essere anche un buon motivatore, comprende i limiti fisici ed è attento a non valicarli, così come comprende i blocchi mentali e aiuta a superarli. Dopo qualche mese di allenamento in palestra, la costanza può infatti venire meno e si rischia di perdere tutti i benefici raggiunti fino a quel momento, perché prevalgono i ritmi frenetici del mondo lavorativo in cui ci si muove al giorno d’oggi. Il rischio che questo accada è abbastanza alto, ma un bravo Personal Trainer non perde mai di vista l’obiettivo primario: il benessere fisico e mentale.

Una cosa è certa: le più importanti armi necessarie al Personal Trainer per scendere in campo si chiamano grinta e sorriso. Una frase deve essere sempre di ispirazione:.

“Un fisico davvero in salUte sarà sempre piacevole espressione di benessere e di bell’essere” 25

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RideRe La disposizione all’allegria e all’umorismo rendono la vita migliore?

PSICOLOGIA

Patrizia Amici Psicologa Psicoterapeuta (Un Porto per Noi, Bergamo)

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“L’HUMOUR È L’ANTIDOTO PER TUTTI I MALI. CREDO CHE IL DIVERTIMENTO SIA IMPORTANTE QUANTO L’AMORE. ALLA FIN FINE, QUANDO SI CHIEDE ALLA GENTE CHE COSA PIACCIA LORO DELLA VITA, QUELLO CHE CONTA È IL DIVERTIMENTO CHE PROVANO, CHE SI TRATTI DI CORSE DI AUTOMOBILI, DI BALLARE, DI GIARDINAGGIO, DI GOLF, DI SCRIVERE LIBRI. LA VITA È UN TALE MIRACOLO ED È COSÌ BELLO ESSERE VIVI CHE MI CHIEDO PERCHÉ QUALCUNO POSSA SPRECARE UN SOLO MINUTO! IL RISO È LA MEDICINA MIGLIORE”. (PATCH ADAMS, MEDICO)

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hi scrive, Psicologa e Psicoterapeuta, si occupa da anni di umorismo: la passione per tale tematica nasce dalla passione per il ridere. Di seguito, una brevissima disamina sugli effetti positivi e (perché no?) negativi dell’umorismo. Il linguaggio popolare usa la locuzione “ridi che ti passa”, sottolineando il potere curativo della risata. Ridere sembra avere un effetto benefico sul nostro organismo: riduce adrenalina e noradrelina ed altre catecolamine, generalmente associate allo stress. Alcune ricerche riportano una riduzione del dolore percepito e del discomfort associato alla fruizione o produzione di elementi umoristici in molteplici condizioni mediche e cliniche. Il meccanismo alla base chiama in causa la produzione cerebrale di endorfine, amine biogene naturali riduttrici del dolore, con effetto benefico sulla respirazione, la pressione sanguigna, la pressione arteriosa e la tensione muscolare. Altri studi riportano effetti benefici anche sul sistema immunitario.

Umorismo: un fenomeno sociale L’umorismo è un fenomeno sociale perché lo sono i suoi effetti e le sue funzioni. Il gruppo è di vitale importanza per l’essere umano poiché cellula organizzativa della vita che, nei millenni passati, offriva la possibilità di essere protetti dai pericoli esterni. Se stare in un gruppo è protettivo, l’umorismo può essere un ottimo ariete per farne parte. Chi di noi non ha piacere nello stare con una persona arguta e spiritosa, piuttosto che con una che non scherza mai? Nelle relazioni lo humor aiuta a superare le situazioni di imbarazzo sociale ed è una strategia interpersonale per creare vicinanza e coesione. Ridere insieme è un collante sociale, ci fa sentire immediatamente più rilassati, segnala disponibilità e aiuta la condivisione di idee, esperienze e valori comuni. A volte la battuta diventa

Va sottolineato, comunque, che questi studi hanno spesso pecche metodologiche (inadeguate condizioni di controllo, presenza non confermata della risata) che non consentono di ritenere del tutto validi i risultati.

RIDERE FA BENE PERCHÉ: • Riduce dolore e malessere • Migliora: - Respirazione - Pressione arteriosa - Tensione muscolare • Ha effetti positivi sul sistema immunitario *credit by: https://le-citazioni.it/autori/patch-adams/

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UMORISMO, UN COLLANTE SOCIALE • • • • • • • • • •

È un pass per entrare in un gruppo Supera l’imbarazzo Crea vicinanza e complicità Rilassa Segnala disponibilità Fa condividere pensieri, esperienze, valori Esprime idee, sarcasmo Ridicolizza, dissacra Comunica empatia, flessibilità, intelligenza, sex appeal Allenta ansia e tristezza…

attraverso il distanziamento dagli eventi negativi, la possibilità di cogliere nuove prospettive, nuovi scenari, evidenziare gli elementi paradossali, lo strano ed il perturbante e “sdrammatizzando” i contenuti emotivi negativi. Inoltre, induce emozioni positive. È una attività creativa ed innovatrice che consente di trovare nuove strade, modi, emozioni e soluzioni. Lo humor può avere aspetti e conseguenze negative qualora sia usato per attaccare gli altri, umiliare, procurare dispiacere, veicolare falsità o pregiudizi.

… ma attenzione! non è umorismo se umiliamo, diamo dispiacere e stigmatizziamo con pregiudizi e false maldicenze! un modo per aggirare le limitazioni imposte da qualcuno, come spesso accade durante le dittature: dissacrare e mettere in ridicolo i potenti è un modo per esprimere il dissenso ed ha spesso preoccupato i detentori del potere. All’interno del gruppo la risata può avere anche un lato più oscuro, qualora ce ne si serva per schernire o ridicolizzare qualcuno, come sosteneva il Conte di Guines, vissuto nella Francia del re Luigi XVI: “In questo paese i vizi non hanno conseguenze, ma il ridicolo può uccidere”. In un gruppo solido si ride raccontando “vecchi” aneddoti e le interazioni divertenti sono in numero maggiore che nei gruppi poco coesi. Le persone con sense of humor sono percepite come calde e socialmente appropriate, flessibili, intelligenti, sessualmente più attraenti e con buone capacità di risoluzione dei problemi. Molteplici studi riportano dati attestanti l’effetto benefico dello humor e della risata nella gestione dello stress. Nelle situazioni stressanti ridere regola la risposta emotiva, riducendo le emozioni negative – ansia e tristezza. Come accade questo? Lo humor crea uno spostamento affettivo e cognitivo

mente presente sarà il sorriso. Il riso segue più o meno la stessa evoluzione. Verso l’ottavo mese, i bimbi ridono per stimoli nuovi e combinazioni di suoni, colori, voci (es. gioco del cucù). In seguito, si manifesta come espressione di soddisfazione per qualche apprendimento, diminuzione di emozioni negative, rilascio di tensione emotiva. L’attitudine al riso sembra seguire le fasi del gioco ed ha senso pensare che possa in qualche modo essere incentivata da un ambiente scherzoso o umoristico.

Difficile classificare i generi del materiale che induce il riso: • l’ironia, con il suo essere portatrice del traslato, elemento di finzione antifrastica non letterale • l’autoironia, ove questa forma di retorica viene usata contro di sé • il sarcasmo, forma di ironia pungente e acuta, che spesso perde la struttura di finzione dell’ironia e denuncia in modo aggressivo, polemico • la parodia • la satira • la barzelletta • la caricatura, che a volte arriva al grottesco • gli aforismi • le battute • gli aneddoti umoristici…. Un mondo di modi e “stili” con cui sperimentare. Abbiamo quindi molti modi per interagire ridendo… Scegliamo il nostro, perché come disse Oscar Wilde:

Il sorriso ed il riso nello sviluppo umano Il sorriso compare a partire dalla prima settimana di vita, durante il sonno, come risposta di una attività spontanea del Sistema Nervoso Centrale. Il primo sorriso da sveglio appare in risposta alla voce materna e alla stimolazione tattile. Dal 2° mese di vita, appare con maggiore frequenza ed in risposta a molti stimoli dell’ambiente circostante. Nel 3° mese, la risposta del sorriso è riservata ai volti familiari di mamma e papà e poi tra il terzo ed il sesto i bimbi sorridono anche ai volti non familiari, anzi più gli stimoli sono nuovi, maggior-

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“ViVeRe è una cosa tRoppo impoRtante peR paRLaRne seRiamente” Letture consigliate • Casadio L. L’umorismo. Il lato comico della conoscenza. Franco Angeli, Milano, 2006. • Fioravanti S, Spina l. La terapia del ridere. Guarire con il buonumore. Red Studio Redazionale, Como, 1999. • Provine RR. Ridere. Un’indagine scientifica. Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano, 2001.

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Protezione dello smalto, prevenzione della carie

IGIENE ORALE Roberto Lappola Medico Chirurgo, Specialista in Odontostomatologia Libero professionista, Milano.

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uale funzione ha lo smalto dei denti?

Lo smalto è la struttura più dura presente nel corpo umano. È composto per il 96% da materiale inorganico e, precisamente, da idrossiapatite di calcio in forma di prismi. Il restante 4% è acqua e matrice organica. Privo di cellule, viene organizzato durante la formazione del dente dagli ameloblasti. La sua funzione è quella di proteggere la parte sottostante del dente, dentina, vasi nervi e cellule e permettere lo sminuzzamento del cibo. Con uno spessore nella zona masticatoria di circa 2 mm, è in grado di resistere per tutta la vita all’usura della masticazione. Per quale motivo si altera? L’alterazione dello smalto è dovuta principalmente ad una variazione del grado di acidità della bocca. Le sostanze acide contenute nei cibi e nelle bevande possono intaccare lo strato superficiale dello smalto e permettere la formazione di micro-nicchie, dove possono annidarsi batteri che concorreranno ad un’ulteriore erosione. Allo stesso modo un’imperfetta formazione dello smalto (amelogenesi imperfetta) nella fase di crescita comporterà, per zone del dente particolarmente vulnerabili, l’attacco di acidi e batteri. Viene sempre raccomandato di effettuare un’adeguata prevenzione dentale, ma come può realizzarsi nella vita di tutti i giorni? La prevenzione dentale consiste nell’applicazione quotidiana di una serie di misure atte alla preservazione della salute di denti e gengive. Ricordiamo che non è sufficiente avere un dente sano. Il parodonto, cioè tutto l’insieme di gengive, le-

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IL CLIMA CALDO E IL CAMBIAMENTO DELLE ABITUDINI ALIMENTARI METTONO A RISCHIO LA SALUTE DEI DENTI La cura dei nostri denti non ha stagioni. In estate, non “abbassare la guardia”, verso:

Aumentato rischio di traumi dentali, per attività sportive maggiormente praticate

Consumo di alimenti e bevande più invitanti, ma meno salutari per lo smalto (snack, gelati, aperitivi e bibite zuccherate)

DENTIFRICIO

Ridotta disponibilità di strumenti per l’igiene dentale fuori casa e minore attenzione alla cura

gamenti alveolari, osso alveolare devono parimenti essere mantenuti in uno stato di salute ed igiene. Quindi, la sola pulizia del dente mediante spazzolamento non è sufficiente a garantire uno stato di salute ottimale dell’apparato buccale. Al presidio principe dello spazzolamento dentale, volto ad eliminare i residui di cibo dalla superficie del dente, vanno associate altre azioni per avere una sinergia nel risultato. La pulizia degli spazi interdentali tramite filo interdentale e/o l’uso di scovolini è fondamentale per eliminare i residui di cibo che si accumulano in questi piccolissimi spazi non raggiungibili dallo spazzolino. Uno strumento molto importante e poco usato nella quotidianità è il pulisci lingua. La pulizia della lingua, che per la sua morfologia presenta una superficie ricchissima di avvallamenti e spazi creati dalle papille linguali, assume un’importanza assoluta nella rimozione dei residui alimentari annidati tra le papille. Se non rimossi, questi residui verranno trasferiti dalla lingua stessa alla parete interna del dente, soprattutto nelle ore notturne, creando quello strato di materiale misto di residui organici, batteri ed enzimi salivari che va sotto il nome di placca. La placca si accumula principalmente nel punto in cui la base del dente è a contatto con la gengiva, il cosiddetto solco gengivale, che risulta essere il punto critico della salute parodontale. La presenza di placca non rimossa in queste zone crea un’alterazione dello stato del pH e la presenza di batteri induce un’infiammazione delle gengive. Queste alterazioni possono essere talmente forti da portare a forme di parodontite progressivamente ingravescenti. Si scatena, in pratica, una risposta di difesa ed infiammazione che porta le gengive a retrarsi per proteggersi dagli attacchi batterici. La placca si trasformerà nel tempo in una sostanza più dura ed aderente allo smalto del dente per via dell’accumularsi di materia inorganica all’interno della placca stessa, il tartaro. La rimozione periodica eseguita dal Dentista o dall’Igienista dentale è fondamentale per la salute parodontale. L’uso quotidiano di collutori è un ausilio alla cura della salute della bocca, ma da solo non è sufficiente.

COLLUTORIO

Esposizione a temperature più elevate, che facilita proliferazione batterica e insorgenza di gengivite https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/s

FILO INTERDENTALE

alute_denti_gengive/2018/08/04/denti-a-rischio-inestate-colpa-di-caldo-traumi-e-gelati_605b3d17-e9764751-8d9e-76b374a2b353.html (Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa - AIC)

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Ricapitolando, l’insieme delle manovre di prevenzione si basa su: • Uso dello spazzolino su tutte le facce del dente (esterna, interna e superficie masticatoria); • Filo interdentale, scovolino, pulisci lingua; • Collutorio da uso quotidiano (che differisce dai collutori curativi o medicati da riservarsi a casi particolari); • Visite di controllo dal Dentista. La frequenza delle visite è strettamente correlata allo stato di salute della bocca. Una bocca in salute può tranquillamente essere controllata annualmente in occasione delle sedute di igiene, ma il Dentista può ritenere opportune visite più frequenti, in caso di problemi parodontali.

stimoli di calore, freddo e masticazione. Quando questi sintomi sono presenti, il dente è ormai compromesso e sarà compito del Dentista stabilire la possibilità di riabilitazione del dente con le dovute cure del caso (otturazioni, devitalizzazioni, coperture protesiche). Il metabolismo di particolari batteri, anaerobi piogeni, porta nei casi più gravi di carie profonda, alla formazione di ascessi localizzati alla radice del dente stesso. I sintomi saranno: • Dolore molto forte; • Gonfiore della parte interessata; • Deformazione del viso per la presenza di gonfiore sia da pus, che da edema infiammatorio.

Perché è necessario proteggere lo smalto dei nostri denti? Come già detto lo smalto, oltre alla funzione strettamente masticatoria, ha un ruolo protettivo per la struttura del dente che risiede sotto lo strato di superficie. Il dente è una struttura vitale e trofica. Vitale perché, a parte lo strato smalteo, che rimane pressoché immutato dopo la sua formazione, la rimanente parte del dente composta da dentina e cemento sono in continuo rimaneggiamento. All’interno del dente esistono delle cavità che contengono strutture nervose, vasi sanguigni arteriosi e venosi, cellule. Questo insieme serve a mantenere il dente in salute e ben ancorato all’osso alveolare e permette al dente stesso di adattarsi (trofismo) alle abitudini di masticazione della persona stessa. Lo smalto, con la sua resistenza, serve a proteggere questo sistema dagli agenti esterni che potrebbero alterarne l’equilibrio. Il dente, se perde le sue caratteristiche di vitalità e trofismo, diventa facile preda di parodontiti e attacchi cariogeni. Da qui, l’importanza di uno smalto sano.

In questi casi è urgente ricorrere alle cure dentistiche, per evitare l’insorgenza di ulteriori problematiche legate alla diffusione batterica nei tessuti ossei profondi e nelle zone dei tessuti molli, come pavimento linguale, guance, gola. Come è possibile, anche in questo caso, effettuare un’adeguata prevenzione? Come per la prevenzione generale, la carie si previene con l’igiene quotidiana, un’alimentazione a basso tenore zuccherino e non acida e con visite di controllo periodiche presso il proprio Dentista di fiducia. Ricordiamo che è sbagliato spazzolare i denti subito dopo aver mangiato. Gli enzimi salivari devono poter svolgere il loro lavoro di pulizia e digestione delle sostanze alimentari e questo necessita tempo. La scissione da parte degli enzimi, per esempio degli zuccheri complessi, in sostanze più semplici permette di inattivare una parte di rischio cariogeno. La pulizia dei denti va eseguita 30 minuti dal pasto.

In che cosa consiste concretamente la carie? La carie è l’esito finale di un’alterazione che partendo da una lesione litica (di scioglimento) dello smalto, a causa principalmente di acidi alimentari, porta alla penetrazione all’interno dello strato smalteo di batteri, che con il loro metabolismo (i batteri, in fin dei conti, non fanno altro che “mangiare” per sopravvivere), continuano successivamente nella fase di disgregazione dello smalto stesso e della dentina sottostate. Facile capire che, superato lo strato esterno di difesa, i tessuti sottostanti siano molto più vulnerabili. La carie una volta superato lo strato smalto-dentina, arriverà, se non trattata in tempo, sino alla polpa del dente, cioè il fascio vascolo nervoso contenuto all’interno del dente stesso. A questo punto si avvertiranno i classici dolori da “mal di denti” causati da

Per il Professionista della salute dentale, quali sono i criteri di scelta di un prodotto che garantisca la miglior prevenzione? La scelta dei prodotti di prevenzione deve essere mirata e personalizzata. Ogni paziente è un caso a se’ stante e va inquadrato per le sue capacità personali nel seguire i programmi di igiene quotidiana di cura e prevenzione. Fermo restando che la prevenzione si attua principalmente con ausili meccanici (spazzolini, fili, scovolini, dentifrici, pulisci lingua, collutori), l’uso di tali presidi va adeguatamente spiegato al paziente che sarà poi seguito nei controlli in studio. L’uso di prodotti specifici a base farmacologica va riservato sempre e comunque a casi nei quali ha un’effettiva utilità.

Fattori di rischio e fattori causali, per i quali alcune persone sono maggiormente predisposte alla carie o alle lesioni dello smalto • Alcune patologie sistemiche: - Diabete - Malattie con immunodeficienza - Genesi imperfetta dello smalto - Malattie genetiche (sindrome di Down, di Klinefelter, ecc) • Affollamenti dentali non trattati ortodonticamente • Alterazioni della flora batterica della bocca per: - Cattive abitudini alimentari - Vizi (tabagismo) Queste condizioni favoriscono l’insorgenza di processi cariosi e lesioni dello smalto in percentuale superiore al normale. La difesa più importante resta ancora la prevenzione, attuata con le metodologie prima descritte.

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Prevenzione c quello che solo un esPerto P

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13 MAGGIO È STATA CELEBRATA LA PRIMA GIORNATA ITALIANA DELLA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE. LA PREVENZIONE CARDIOVAL

l’aumento dei valori pressori e dalla concomitanza di altre condizioni, come: • Età avanzata • Sesso maschile • Famigliarità per eventi cardiovascolari • Presenza di diabete • Abitudine al fumo di sigaretta • Dislipidemia • Obesità

SCOLARE È QUANTO DI PIÙ CIVILE ED EFFICACE CHE POSSA ESSERE MESSO IN ATTO DA UNA SOCIETÀ EVOLUTA, PER SALVARE VITE UMANE.

Al tempo della pandemia da COVID-19, anche i pazienti che sanno come assumere i farmaci antipertensivi, perchè lo fanno da tempo, sentono dire tuttavia cose contrastanti al riguardo. È possibile fare chiarezza sul controverso ruolo degli ACE-inibitori e dei sartani? Durante la pandemia se ne è parlato in modo controverso.

Le Linee-Guida, oltre alla diagnosi di ipertensione, prevedono la classificazione del rischio per stabilire l’aggressività della terapia. Anche i pazienti con un buon controllo della pressione arteriosa e degli altri fattori di rischio non sono esenti dalla possibilità di sviluppare eventi cardiovascolari. A questo proposito, sono necessarie due considerazioni: • Anche soggetti non ipertesi sviluppano gli eventi cardiovascolari; • Nel contesto della patogenesi dell’ipertensione, l’aumento dei valori pressori è il fattore predominante, ma esistono anche altri meccanismi che vengono a determinare il danno d’organo e quindi la possibilità di eventi cardiovascolari. Questi meccanismi interessano principalmente il sistema reninaangio-tensina ed è questo il motivo per la cui la prevenzione cardiovascolare si basa sull’utilizzo di farmaci attivi su questo sistema, il cui obiettivo di impiego va oltre il semplice controllo dei valori pressori.

Era stato ipotizzato che alcuni farmaci utilizzati nella terapia delle malattie cardiovascolari, agendo sullo stesso recettore che permette l’ingresso nelle cellule umane di SARS-CoV2, potessero favorire l’infezione. Questa ipotesi, diffusa anche da importanti riviste scientifiche internazionali, ha creato molto panico negli utilizzatori di questi farmaci per la terapia dell’ipertensione arteriosa e dell’insufficienza cardiaca. Successivi studi condotti con criteri rigorosi, hanno scongiurato questo pericolo, escludendo definitivamente che gli ACE-inibitori, o i sartani (i farmaci che bloccano i recettori dell’angiotensina) possano favorire l’infezione. Al contrario, è stato ipotizzato che il trattamento con questi farmaci può essere protettivo nei confronti di SARS-CoV2, perchè interferisce con alcuni meccanismi virali.

Parliamo di farmaci che riducono la colesterolemia (statine). Questi impediscono la deposizione di colesterolo nelle arterie, o riducono le dimensioni delle placche aterosclerotiche già esistenti?

Sempre parlando di ipertensione arteriosa, i pazienti che sono già in terapia, perchè possono comunque essere a rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari?

L’iperlipidemia è certamente un fattore di rischio importante per le malattie cardiovascolari, per cui il controllo delle concentrazioni plasmatiche del cosiddetto colesterolo “cattivo” (LDL) è un elemento fondamentale per ridurre gli eventi cardiovascolari.

È noto che i pazienti con ipertensione arteriosa hanno un’aumentata probabilità di sviluppare eventi cardiovascolari. Ciò dipende dall’entità del2021;4,2.

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PREVENZIONE

e cardiovascolare: o Può raccomandare Si sostiene che nei pazienti con infarto del miocardio la somministrazione di farmaci ipocolesterolemizzanti (ad effetto riducente il colesterolo), come le statine, deve prescindere dai livelli plasmatici di colesterolo. Infatti, si ritiene che qualunque essi siano, se il paziente ha sviluppato un infarto, sono comunque inappropriatamente elevati. Esistono studi che dimostrano che il trattamento con statine è in grado di ridurre le placche aterosclerotiche già presenti, tuttavia non è chiaro quanto questa eventuale riduzione possa poi influire nel diminuire gli eventi stessi. Quello che, invece, è certo, è che la diminuzione dei livelli sierici di colesterolo correla direttamente con l’incidenza degli eventi. Per cui ridurre i livelli di colesterolo diminuisce la probabilità di eventi cardiovascolari e la riduzione è tanto maggiore, quanto più elevati sono i livelli “di partenza” del colesterolo. Oggi si possono ottenere livelli di colesterolo che una volta erano considerati inappropriatamente bassi. Non ci sono effetti collaterali conseguenti a queste drammatiche riduzioni delle concentrazioni sieriche di colesterolo, anzi ci sono effetti protettivi, tant’è che la disponibilità di nuovi farmaci come gli inibitori del PCSK9 (anticorpi monoclonali), in associazione con le statine, ha determinato livelli di colesterolo estremamente bassi e ha dimostrato la capacità di un’ulteriore riduzione degli eventi cardiovascolari, quindi di protezione.

Intervista al Prof. Bruno Trimarco Professore Emerito di Cardiologia, Università Federico II di Napoli. Past President della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare.

questi livelli di pressione e quindi la condizione può essere completamente asintomatica. Lo stesso accade per l’ipercolesterolemia e il diabete. Per quest’ultimo è possibile individuare la presenza di poliuria (eccessiva diuresi) associata ad un’abbondante introduzione di liquidi (polidipsia), che deve far pensare alla presenza di diabete mellito. Nell’ipercolesterolemia i sintomi sono silenti, a meno che non compaiano gli xantelasmi (macchie gialle prevalentemente sulle palpebre) o, nei casi piu gravi, gli xantomi sui tendini. In generale, è fondamentale la visita cardiologica, perché molto spesso il semplice riscontro, nella storia clinica del paziente, di genitori che abbiano malattie come l’ipertensione, il diabete, o la dislipidemia, è un’indicazione ad approfondire le indagini alla ricerca di queste condizioni.

Diamo alcune informazioni pratiche ai pazienti, su come prestare attenzione a segni e sintomi che devono indirizzare ad una visita cardiologica. Quali sono? Per indirizzare a una visita cardiologica, non sempre è necessario che ci siano dei sintomi. Infatti, molte malattie cardiovascolari decorrono in maniera asintomatica. Si pensi, ad esempio, all’ipertensione, come causa di cefalea, o di altri disturbi. Ma questo può non avvenire anche in caso di ipertensione grave, tanto che l’ipertensione viene definita “killer” silenzioso, poiché, quando la pressione arteriosa è stabilmente alta, ci si abitua a

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MEDICINA

Stipsi e benessere intestinale

Intervista di Paola Piovesana1 a Fabio Monica2 1

Giornalista OdG Lombardia; Presidente di AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri). Direttore Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste. 2

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a stipsi cronica costituisce una patologia assai diffusa in tutto il mondo. È più frequente nelle donne e tende ad aumentare con l’età. I dati presenti in letteratura riportano una prevalenza nella popolazione generale oscillante tra il 2 e il 28%.

Quando si può doverosamente parlare di stipsi?

• • • •

Queste notevoli differenze sembrano collegate alle differenti definizioni di stipsi. Una valutazione accurata degli aspetti epidemiologici della stipsi cronica non è facile, innanzitutto perché al termine “stipsi” il paziente e il medico attribuiscono spesso significati diversi: generalmente il primo tende a sottolineare l’insoddisfazione nella defecazione, mentre il secondo tende ad essere più “oggettivo”, puntando l’attenzione maggiormente sul numero delle defecazioni settimanali. Un tentativo di determinare più correttamente e di definire in maniera più uniforme cosa sia la “stipsi” è stato fatto dal gruppo di esperti che ha elaborato i cosiddetti “Criteri di Roma”. I criteri di Roma, giunti ormai al loro quarto aggiornamento, hanno cercato di rendere più oggettiva la definizione e quindi la diagnosi di stipsi. In almeno il 25% delle defecazioni, negli ultimi tre mesi, devono essere presenti almeno due dei seguenti segni/sintomi: • < 3 defecazioni / settimana • sforzo evacuativo

presenza di feci dure (Tipo 1 e 2 della Scala di Bristol) sensazione di incompleto svuotamento sensazione di blocco ano-rettale necessità di manovre manuali

Come però è stato recentemente evidenziato dallo studio “ChroCoDiTE” (Chronic Constipation: Diagnosis and Treatment Evaluation in daily practice of the Italian gastroenterologists), condotto in 52 centri AIGO in Italia, una porzione non trascurabile di pazienti si considera stitica, pur non rientrando rigidamente in questi criteri.

SCALA DI BRISTOL - TIPO e FORMA

Ciò, probabilmente, è dovuto al fatto che la stipsi non è soltanto una patologia idiopatica, ma può essere la via finale comune di molte altre patologie e/o condizioni, quali quelle: • Endocrino-metaboliche: diabete mellito, tireopatie, ecc… • Neurologiche: sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, malattia di Parkinson, demenze, ecc… • Psichiatriche: sindromi depressive e psicosi, ecc…

1 Feci aride separate, come delle noci, che vengono espulse con difficoltà 2 Scibale rappresentate da agglomerate di feci aride come noci che vengono espulse con difficoltà 3 Scibale cilindriche ma con solchi di separazione 4 Scibale cilindriche di consistenza normale 5 Feci soffici a “straccetti”

Il ruolo del medico

6 Feci soffici con margini non netti

Purtroppo, sono relativamente pochi i pazienti che si rivolgono al medico e ancor meno allo specialista gastroenterologo, per una corretta diagnosi e quindi per impostare una adeguata terapia, forse si tratta soltanto di una percen-

7 Feci interamente liquide

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Può essere inoltre conseguente all’utilizzo di farmaci che tendono a rallentare il transito intestinale. Inoltre, non è trascurabile il fatto che frequentemente, in particolare nel sesso femminile, la stipsi è causata anche dalla presenza di una mancata coordinazione tra muscolatura addominale e muscolatura del pavimento pelvico (dissinergia addomino-pelvica). In questo particolare tipo di stipsi il ruolo della terapia farmacologica è secondario rispetto ad una efficace terapia riabilitativa del pavimento pelvico.

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tuale inferiore al 10%. Molti infatti considerano la difficoltà evacuativa come una condizione fisiologica, caratterizzante il singolo individuo, quasi come la forma del naso o il colore degli occhi e dei capelli; altri pazienti, invece, semplicemente provano imbarazzo nel parlare di un problema così intimo e personale, spesso oggetto di motti di spirito e di barzellette, più che di un serio approccio terapeutico; altri ancora, invece, hanno già sperimentato molti e diversi farmaci senza però riuscire a risolvere in modo efficace il loro problema.

Il professionista sanitario dovrebbe aiutare il paziente a capire che un regime alimentare equilibrato, con un buon consumo di frutta e verdura, un sufficiente apporto di liquidi (1,5 - 2 litri al dì), insieme ad un adeguato esercizio fisico, costituiscono il primo rimedio contro la stipsi. Se ciò non fosse sufficiente, integratori a base di fibre e lassativi osmotici come il polietilenglicole costituiscono presidi estremamente utili e maneggevoli, prescrivibili con tranquillità per la bassissima incidenza di effetti avversi. In commercio sono poi disponibili moltissimi prodotti definiti come “naturali”, il loro numero e la loro tipologia sono tali che risulta impossibile poterne fare una classificazione adeguata. In genere, sono prodotti a base di fibre e/o di sostanze ad azione stimolante (senna, cascara, frangula, rabarbaro...) variamente combinate tra loro. Sono spesso acquistati autonomamente dal paziente stesso, magari su consiglio del farmacista, o dell’erborista. In questi casi il consiglio più saggio che il medico può dare è quello di preferire prodotti che riportino chiaramente la loro composizione e che siano commercializzati da aziende conosciute per la qualità della loro metodologia produttiva e distributiva.

L’autoprescrizione e in generale il “fai da te” sono quindi estremamente frequenti. Una recente indagine eseguita nel “setting” della Medicina Generale ha evidenziato come il Gastroenterologo sia buon ultimo tra gli “opinion leader” in questo campo, arrivando dopo amici e parenti, internet, programmi televisivi più o meno scientifici, giornali (quotidiani e rotocalchi). Non stupisce quindi che i “rimedi” che molti pazienti mettono in pratica siano spesso assai bizzarri e contraddittori, spaziando da prodotti a base di erbe non meglio precisate, all’assunzione di varie tipologie di liquidi a differenti temperature (acqua tiepida, te freddo, tisane calde, ecc.) e di differenti cibi, che si suppone abbiano azione lassativa. Il medico, e il gastroenterologo in particolare, dovrebbe contribuire a diffondere una maggior coscienza della stipsi come patologia importante, che proprio perché più frequente nella popolazione anziana, tenderà negli anni ad aumentare di prevalenza con conseguente incremento dei costi socio-economici e peggioramento della qualità di vita dei pazienti.

In ogni caso, di fronte ad una stipsi che non risponde in modo adeguato alle raccomandazioni dietetiche e alla modifica dello stile di vita, il medico di famiglia e in generale tutti i professionisti sanitari, dovrebbero richiedere una valutazione gastroenterologica. Lo specialista, infatti, ha il bagaglio culturale e l’esperienza clinica necessari per poter scegliere l’approccio terapeutico migliore per ogni paziente, ricordando che la stipsi è una sindrome multiforme e ad eziologia multifattoriale, che richiede spesso un trattamento di lungo periodo e di tipo non soltanto farmacologico.

A CHI SI RIVOLGONO I PAZIENTI, PRIMA DI CONSULTARE LO SPECIALISTA? • • • •

Amici e parenti Internet Programmi televisivi più o meno scientifici Giornali: quotidiani e rotocalchi

COSA UTILIZZANO? Rimedi “per sentito dire”: • Liquidi dei più vari • Prodotti a base di “erbe” • Alimenti con ipotizzato effetto lassativo

Letture consigliate • Schmulson MJ, Drossman DA. What Is New in Rome IV. JNM J. Neurogastroenterol. Motil. 2017; 23,2. • Heaton KW, Radvan J, Cripps H, et al. Defecation frequency and timing, and stool form in the general population: a prospective study. Gut, 1992; 33:818-24. • Lewis SJ, Heaton KW. Stool form scale as a useful guide to intestinal transit time. Scand. J. Gastroenterol, 1997; 32,9:920-4. • Bellini M, Usai-Satta P, Bove A, et al and ChroCoDiTE Study Group, AIGO. Chronic constipation diagnosis and treatment evaluation: the “CHRO.CO.DI.T.E.” study. BMC Gastroenterol. 2017; 17:11. • https://webaigo.it/download/ChroCoDiTE.pdf

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INFORMAZIONE MEDICO SCIENTIFICA a cura di Donatella Tedeschi

Come sentirsi leggeri COSTIPAZIONE: ANCHE NAPOLEONE NE SOFFRIVA Come è noto, quest’anno è ricorso il 200° anniversario della morte (5 maggio 1821) di Napoleone Bonaparte. L’imperatore, prigioniero degli Inglesi presso l’isola di Sant’Elena, così rispondeva nel colloquio anamnestico col Dottor F. Antommarchi, suo medico personale: “La costipazione è in me abituale; è questo un incomodo contratto dall’infanzia, che non mi ha lasciato giammai; essa diviene ad ogni giorno più forte e più penosa. Senza i bagni e i lavativi, io non potrei sopportarla, e sono qualche volta obbligato di aggiungervi le bevande dolci, il brodo coll’erbe, e la dieta. Sovente né pure un tal regime è bastante, onde sono costretto di ricorrere al mio rimedio eroico alla soupe a la reine, il quale composto di latte di rossi d’ovo e di zuccaro, produce in me l’effetto di un blando purgativo e mi solleva costantemente. Omissis L’ora in cui obbedisco ai bisogni della natura è generalmente irregolare…” a cura di Pietro Cazzola

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na persona affetta da stipsi, oltre alla primaria necessità di eliminare dall’organismo le sostanze non digerite ed i prodotti di scarto del loro metabolismo, deve seguire un trattamento specifico e adottare misure di prevenzione anti-stipsi, che la facciano sentire in buona salute, riducendo la tensione addominale ed il senso di gonfiore. Per regolarizzare la funzionalità intestinale, a volte è utile un aiuto che agisca in modo “discreto” e delicato, ma continuativo, a volte è invece necessaria un’efficacia più pronta, ma in ogni caso, sostanzialmente questo avviene attraverso tre meccanismi: a) Ripristino della fisiologica motilità, per stimolazione della parete intestinale mediante sostanze che “agiscono” per contatto, favorendo la peristalsi; b) Aumento della massa fecale ed effetto emolliente, mediante fibre lassative che favoriscono l’avanzamento delle feci nell’intestino; c) Azione osmotica, attraverso lassativi che trattengono acqua nel lume intestinale, ammorbidendo le feci. Per ottenere questi effetti, quali sono le sostanze naturali più attive e per quali soggetti sono particolarmente adatte? La fibra liquida da amido di mais ad alta solubilità esercita un effetto normalizzante e regolarizzante, in caso di transito sia rallentato, che accelerato. Si tratta di un’azione formante massa: la fibra solubile da amido di mais agisce sulle feci aumentandone il volume e migliorandone la consistenza. È anche un’”azione prebiotica”, senza formazione di gas. Tali proprietà sono da sfruttare per tutti coloro che soffrono di alterazioni del transito intestinale, dovuti a: stress (fisico e psicologico), sedentarietà, dieta povera di fibre ed alimentazione poco sana, oltre che per tutti coloro che soffrono di stipsi cronica, per rieducare l’intestino in caso di colite, tensione addominale (meteorismo e flatulenza), anche in associazione con altri prodotti. Numerose altre sostanze naturali sono di consolidato impiego per contrastare la stipsi, ciascuna grazie alla rispettiva prerogativa, in termini sia di proprietà naturali, sia di “formulazione” attraverso la quale vengono assunte (sciroppo, compresse, tisane): Aloe vera (gel liofilizzato): L’azione è emolliente e protettiva.

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Finocchio (estratto secco liofilizzato): L’azione è carminativa (favorente la digestione) Senna e rabarbaro (antrachinoni titolati e standardizzati per offrire il dosaggio efficace a favorire il transito intestinale) agiscono, inoltre, in sinergia con menta, carvi, finocchio, boldo e inulina, per garantire gli effetti: carminativo-digestivo, coleretico (favorente la produzione della bile), prebiotico. Cascara e frangula sono regolatori della peristalsi intestinale. Malva e altea, sostengono l’effetto emolliente e lenitivo. La malva, in particolare, grazie alle mucillagini delle foglie, ha proprietà lenitive e protettive della mucosa e contribuisce alla regolarità intestinale. Manna (naturale, da frassino, liofilizzata), tamarindo (estratto liofilizzato) e prugna (succo concentrato) sono “gli osmotici” che richiamano acqua nell’intestino e rendono le feci ammorbidite, per poter meglio transitare nell’intestino. Il polietilenglicole 3350 (Macrogol 3350) è un polimero inerte, idrosolubile, ad alto peso molecolare, in grado di aumentare la pressione osmotica e richiamare acqua all’interno dell’intestino. Ne consegue la reidratazione delle feci, che sono rese più morbide, oltre che di maggior volume. Il Macrogol 3350, per il suo meccanismo di azione delicato, può essere impiegato in modo continuativo, senza rischi di effetti collaterali, ma anzi per ottenere un’evacuazione normalizzata e naturale. Non viene assorbito o metabolizzato nel tratto gastro-intestinale, non irrita la mucosa e viene eliminato in forma non modificata. I prodotti contenenti Macrogol 3350 sono pertanto adatti a molte categorie di persone (adulti, bambini, donne in gravidanza, anziani…), al contrario di: • Lassativi osmotici salini, che possono avere gravi ripercussioni sull'equilibrio idroelettrolitico e sono sconsigliati in caso di insufficienza renale o patologie cardiache; • Lassativi osmotici a base di lattulosio, che possono provocare tensione, dolori addominali e flatulenza e non possono essere usati in caso di intolleranza al lattosio.


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