Il dizionario di medicina psicosomatica

RIZA

RIZA Edizioni Riza - Via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it

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Il nostro corpo è una “foresta” di simboli e ogni disturbo fisico riguarda anche la nostra interiorità: è un messaggio che segnala un disagio emotivo.

Interpretare questo linguaggio simbolico serve a prenderci cura dei nostri bisogni più profondi e a stimolare l’autoguarigione.

IL DIZIONARIO DI MEDICINA PSICOSOMATICA

Vittorio Caprioglio e Pietro Fornari

IL DIZIONARIO DI MEDICINA PSICOSOMATICA

Dalla A alla Z l’elenco dei disturbi e il loro significato simbolico

Ogni malattia è il segnale di un nostro disagio emotivo: se lo ascolti arriva la vera guarigione

Allergia • ansia • asma • bruxismo • calcoli • cefalea • colite • dermatite • esofagite • gastrite • insonnia • ipertensione • micosi • otite • psoriasi • stanchezza cronica • stipsi • stress • tachicardia • ulcera • vertigini 22/05/19 16:19

Sommario Un modo diverso di intendere la malattia 6

Ogni disturbo è il segnale di un disagio interiore 16

A

Acne Acufene Allergia Anemia Ansia Aritmia cardiaca Artrite Artrosi Asma

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B

Bruxismo

C

Calcoli biliari Calcoli renali Cefalea Cervicalgia Cistite Colite Colon irritabile

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44 46 48 52 54 56 58

D

Dermatite (eczema) 60

E

Ernia al disco Ernia iatale Esofagite

62 64 66

F

Faringite Febbre Flebite

G

Gastrite

H

Herpes simplex Herpes zoster

I

Insonnia Ipertensione Ipotensione

68 70 72

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76 78

80 84 88

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L

Laringite Lombalgia

90 92

M

Menopausa (disturbi)

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Meteorismo Micosi

96 98

N

Nausea

O

ObesitĂ Orticaria Otite

100

102 104 106

T

P

Premestruale (sindrome)

108

Prostatite Prurito Psoriasi

110 112 114

R

Rinite Rosacea

S

Stanchezza Stipsi Stress

116 118

Tachicardia Torcicollo Tosse

130 132 134

U

Ulcera peptica 136

V

Vertigini Vomito

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120 124 128

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Un modo diverso di intendere la malattia Secondo la medicina psicosomatica, i disturbi di cui soffriamo sono un modo per far affiorare in superficie alcuni bisogni profondi, che solo cosĂŹ possono rendersi evidenti.

I disagi fisici sono la spia di una “crisi� che non riguarda soltanto il corpo: per guarire davvero dobbiamo ritrovare un equilibrio in cui ha un ruolo chiave il nostro atteggiamento mentale

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Ascolta il corpo e ritrovi la salute La malattia e il dolore sono linguaggi del nostro nucleo profondo che si esprime facendo emergere sintomi fisici, legati a disagi inascoltati, emozioni non espresse, rapporti difficili...

Non vuole farci del male, ma indicarci la via per il benessere

Q

uando un sintomo doloroso si affaccia nella nostra vita, subito sentiamo la sua duplice natura: esso certamente fa parte del nostro corpo, nasce “in noi”, e tuttavia ci sembra che non nasca “da noi”: lo percepiamo come una presenza strana, addirittura nemica, che può destabilizzarci, a volte distruggerci. La sua comparsa interrompe il flusso esistenziale nel quale eravamo calati, altera un equilibrio, spezza un ritmo.

La prima reazione è quella di cacciarlo via al più presto…

Senza dubbio la sensibilità di ognuno è molto differente: c’è chi si allarma per un lieve mal di testa, e chi invece comincia a preoccuparsi solo di fronte a una malattia conclamata.

Superata la soglia individuale di allerta, il sintomo si impone tuttavia alla coscienza e chiede attenzione. La sua natura, che apparentemente si pone in contrasto con quello che siamo, ci fa affiorare delle domande: quali forze ci abitano? Da dove nascono?

Quale misterioso progetto cercano di realizzare? E poi: ci appartengono? Possiamo

toccarle, gestirle, aiutarle? E come dobbiamo viverle per stare bene? È nel momento della malattia, quando il corpo ci diventa estraneo, nemico, ci fa soffrire, che sentiamo di essere abitati da forze che non siamo abituati ad ascoltare e sulle quali percepiamo di non avere alcun potere personale, sia che ci sembrino provenire dalle nostre profondità biologiche sia che giungano da un altrove non meglio definibile. Un’esperienza forte, sgradevole, che ci fa attribuire al sintomo qualità non solo negative, ma anche paralizzanti, talora incontrollabili, oggi proprio come diecimila anni fa, nonostante le enormi differenze culturali, tecnologiche, umanistiche. Ma ora finalmente abbiamo molti mezzi in più per riflettere su tali esperienze e segnare l’inizio possibile di un nuovo modo di viverle.

IL MODELLO DOMINANTE Nel nostro vivere quotidiano siamo soliti concepire la salute in modo limitato o, meglio, in una modalità di base, cioè come assenza di sintomi e di dolore. Vivere senza guai fisici:

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la bellezza pura e semplice del “funzionare bene”, del sentire che la macchina-corpo è a posto, così da poterci muovere nel mondo senza limitazioni, facendo quello che vogliamo o che dobbiamo fare.

Il modello medico corrente è ancora legato a un concetto di salute inteso come “assenza di malattia”. E nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità parli della salute come “completo benessere fisico, mentale e sociale” lasciando intendere una concezione più estesa e articolata dell’equilibrio tra mente e corpo, nella nostra cultura medica occidentale è fortemente radicato il convincimento che i “perché” della malattia siano sempre estranei all’individuo: ancora oggi il malato, con la sua personalità, il suo carattere, la sua unicità, le sue motivazioni ad ammalarsi o la sua voglia di guarire non hanno voce in capitolo. La

medicina tende a guardare solo al corpo, dimenticandosi spesso del fatto che l’individuo non è soltanto materia. Per concepire la salute in modo differente e iniziare a prendere in considerazione i malati e non più esclusivamente le malattie è necessario uscire dal paradigma riduzionista proprio della scienza e aprirsi a una visione olistica, un termine che viene dal greco hòlos, che significa “totale”, “globale”.

Una visione, quindi, che considera l’uomo nella sua interezza, come unità di mente e corpo. Nell’arco del ’900, a partire dal medico e psicanalista tedesco Georg Goddeck in Europa per arrivare ad Alexander e alla Flanders Dunbar negli Stati Uniti, ci sono stati vari tentativi di ridiscutere il modello medico dominante, senza riuscire peraltro a cambiare la mentalità imperante.

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LA SVOLTA PSICOSOMATICA Anche negli ambienti psicanalitici ci si è molto interrogati sul cosiddetto “misterioso salto tra la mente e il corpo”, avanzando interessanti ipotesi di lavoro sul rapporto tra la personalità del malato e il tipo di disturbi di cui soffre. Ma è stato Carl Gustav Jung, con la sua rivoluzionaria “teoria della sincronicità”, ad affrancarci definitivamente dal principio di causa-effetto e a consentirci di leggere in maniera totalmente innovativa il rapporto mente-corpo e la relazione che esiste tra la personalità di un malato e i disagi che lo affliggono. Partendo da tali presupposti, sul finire degli anni Settanta, presso l’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, fondato da Raffaele Morel-

li e Gianlorenzo Maraski, nacque l’idea di “scendere sino alle radici di tutte le medicine, disponibili a ridiscutere i facili dogmi su cui si regge la scienza medica attuale” e di delineare un metodo olistico di approccio all’uomo e alla sua salute: quest’iniziativa innovatrice di studio e ricerca, si è tradotta in un’esperienza editoriale, in un tragitto formativo per medici, psicologi e operatori del settore sociosanitario e in un modello psicosomatico di cura applicato da molti terapeuti. Si è definito un nuovo modo di intendere la salute e di vedere la malattia. L’idea della salute come non-malattia è alla base del nostro sentirci bene: una sensazione di pienezza, quando riusciamo a coglierla, e un desiderio - quello

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di “stare bene sempre” - istintivo e legittimo radicato in ognuno di noi. Eppure questa è di fatto una condizione che, per natura, non può essere costantemente presente. Non è la vera Salute: per quanto fondamentale, ne è solo una parte. Basta osservare la propria vita per vedere l’alternanza di periodi senza alcun problema - anche molto lunghi - e di periodi fortemente sintomatici. Non c’è stata forse neanche una singola esistenza, nella storia dell’uomo, in cui la malattia non si sia manifestata almeno una volta nella vita: lo rivelano i dati clinici attuali, i testi dell’antichità, gli scheletri dell’età della pietra. Sembra esserci una legge di natura per la quale prima o poi qualcosa debba giungere ad alterare il nostro equilibrio vitale, anche quando tentiamo di tutto per evitarlo. Questo qualcosa si chiama “crisi”.

LA CRISI È EVOLUZIONE

La malattia è un’interruzione del nostro vivere: arriva con la sua forza di rottura e separa il tempo in un “Prima”, dai tratti più svariati, e in un “Adesso”, doloroso e confuso. La nostra vita scorreva tranquillamente quando, all’improvviso, ecco un’influenza che ci butta a terra per una settimana o un’appendicite acuta che ci porta dritti in sala operatoria, oppure un’anemia che ci indebolisce e ci obbliga ad angosciose ricerche diagnostiche. A volte, un’osservazione più attenta può rivelarci che la nostra vita non scorreva proprio del tutto tranquilla, e che, forse, non era del tutto nostra. Quel che conta è che ora stiamo male e ci sentiamo traditi perché la crisi, anche quando è preannunciata da mille segnali, ci coglie sempre di sorpresa. Il corpo ci ha giocato un brutto scherzo… il corpo può fallire… non è più una casa sicura. Anzi ci ostacola, ci rovina la giornata. Lontanissimi dall’idea che possa avere un qualsiasi senso, anche solo biologico, viviamo la caduta in crisi con dolore e disorientamento, con rabbia e frustra-

Cura più rapida Un paziente guarisce meglio e spesso anche prima se diviene consapevole del significato recondito del suo disturbo. I disturbi fungono da sistema d’allarme per richiamare la nostra attenzione, come se dicessero: “Attento, il tuo eczema, la tua ulcera, la tua colite stanno raccontando qualcosa di te, dagli retta…” Ma invece di ascoltare questa voce, lasciamo che una molecola chimica provi ad allontanare da noi l’ultimo alleato rimastoci. Dietro ogni malattia c’è sempre una persona malata, che attraverso i sintomi rivela qualcosa che non riesce a emergere per un’altra strada. In noi è presente un’intelligenza “innata”, la stessa che dal seme fa nascere la pianta, che, anche attraverso l’emergere di un disagio, ci sta portando a realizzare la nostra vera natura.

zione. E spesso con paura. Eppure l’evoluzione naturale non ha eliminato le possibilità di crisi e di malattia. Intere specie viventi si sono estinte, così come diversi organi e funzioni si sono atrofizzati nel corso di milioni di anni per ricomparire, in forme diverse, in specie diverse. Ma la malattia no.

Se questa fosse solo una dimenticanza o un errore, avrebbe già da tempo impedito la Vita nella sua multiformità. E invece non è così.

Anzi, tutto induce a credere il contrario e cioè che proprio attraverso la crisi - nei suoi vari aspetti - la Vita rimescoli la sua materia biologica e si affermi in modo sempre più complesso e consapevole.

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Bruxismo

endenza a digrignare con forza i denti durante il sonno e a serrare le mandibole, senza che la persona se ne accorga. È dovuta a tensioni psicoemotive o malocclusioni dentarie. Con il tempo può insorgere dolore mandibolare e alle tempie, usura dei denti e cefalea. A volte il bruxismo può manifestarsi anche durante il giorno, in stato di veglia.

LETTURA PSICOSOMATICA Affrontare la vita a denti stretti: può sembrare una frase fatta, ma coglie perfettamente la tematica centrale del bruxismo. Esso infatti esprime, in forma del tutto inconscia, il tentativo di scaricare un surplus di tensione emotiva e di aggressività trattenuta a cui la persona non dà spazio nella vita quotidiana. Più specificamente, se prevale il digrignare i denti, i problemi sono: bisogno di elaborare in modo psicologico degli eventi contrarianti a cui ci si sottopone comunque; tendenza a rimuginare, con difficoltà a dire di no; rabbia repressa per paura di esagerare o per non attivare sensi di colpa.

Se prevale il serrare le mandibole, i problemi sono: stato di forte tensione emotiva che non ci si concede di esprimere a livello cosciente; situazioni ansiogene o “prove di forza” a

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cui non si vuole assolutamente cedere; aggressività trattenuta e accumulata da tempo, con fantasie di “attacco” oppure di vendetta.

Queste ultime, che sono presenti in quasi tutti i bruxisti, attingono a strati psichici arcaici, per così dire “preistorici”, in cui la mandibola e i denti erano usati, come nel mondo animale, per combattere, azzannare, imporsi.

Il bruxismo “risolve” in tal modo il bisogno di sfogare l’aggressività e, al contempo, la necessità morale e sociale di delimitarlo a un momento non “pericoloso”: il sonno.

IL SIGNIFICATO SIMBOLICO

Affrontare la vita a denti stretti

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Suggerimenti ❚ La cosa più difficile è accorgersene: denti che dolgono al mattino, dolori alla mascella e alle tempie, possono essere delle spie. Si può chiedere al partner e fare una visita odontoiatrica. L’eventuale applicazione del bite, con funzioni correttive e contenitive, da sola non basta, anzi, eliminando il principale sfogo della tensione, questa aumenterà e si manifesterà in altri modi. È utile cercare ambiti o situazioni adatte a dar sfogo alle tensioni trattenute, in modo più consapevole ed evidente, per meglio convivere con le stesse o favorirne la scomparsa.

CHI È PIÙ A RISCHIO

• Persone che non riescono a esprimere le contrarietà da tem-

po trattenute per paura di farlo in modo aggressivo e distruttivo - cosa che attiverebbe una condanna sociale e conseguente senso di colpa - oppure che “non possono farlo” perché la situazione non lo permette (per esempio, non si reagisce alla vessazione da parte del capo in un lavoro che al momento non si può lasciare).

Ogni tanto questi soggetti si sfogano, con pianti o scatti d’ira, con le persone care di cui non temono il giudizio.

Mantengono una parziale e controversa dipendenza emotiva dalle figure genitoriali, spostata eventualmente su fratelli maggiori o partner.

Al rapporto primario con i genitori, da cui non ci si è sentiti amati in modo pieno, sono spesso riferibili sia l’oralità tipica del sintomo sia la difficoltà ad affermare se stessi.

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Calcoli biliari

epositi di cristalli solidi (soprattutto di colesterolo) che si formano nella cistifellea o nei dotti biliari del fegato. I calcoli, se piccoli, possono non causare sintomi; se più grandi, possono ostruire la via biliare e dare dolore, nausea e vomito (colica biliare). Se si sviluppa infezione, possono esserci febbre, brividi e ittero (colorazione giallastra della cute e del bianco degli occhi). Fattori di rischio: la dieta occidentale, l’invecchiamento, l’obesità, la familiarità e l’ipercolesterolemia.

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IL SIGNIFICATO SIMBOLICO

La pietrificazione dell’aggressività repressa

LETTURA PSICOSOMATICA

La persona sente, da sempre, di non poter esprimere rabbia e contrarietà, c’è qualcosa che - da dentro - glielo impedisce. Di solito è una rigida struttura caratteriale o morale, ma a volte è perché non si sente legittimata a esprimere se stessa fino in fondo. In tal modo molta energia vitale rimane dentro, perché questa mancanza di libertà espressiva fa sì che essa non possa mai essere al cento per cento presente in un’azione: la rigidità e la paura bloccano sempre una parte di sé. Ma questa energia che rimane dentro non svanisce, anzi, si accumula e si stratifica in quella sostanza del corpo che rappresenta l’aggressività per eccellenza, la capacità di penetrare la realtà con i propri NO e le proprie richieste: la bile prodotta dal fegato e dalla cistifellea. Intorno a un nucleo più duro, la bile si addensa e nel tempo si indurisce fino a creare un calcolo, una pietra. Il corpo riproduce

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così quanto sta avvenendo a livello psichico: “l’incattivirsi” della persona e il rancore, che portano un’ulteriore rigidità (l’aumento delle dimensioni del calcolo) e il blocco totale dell’espressione dell’aggressività (il calcolo ostruisce i dotti di reflusso biliare).

La colica biliare che ne deriva indica che qualcosa deve cambiare: essa è un tentativo di espellere questa pietra, questa durezza, per liberare i canali espressivi, ripristinando il deflusso naturale di una delle nostre energie interne più vitali. I calcoli biliari indicano che la persona è arrivata al capolinea di un modo di relazionarsi che va superato e sostituito con un altro. Sciogliere i calcoli o rimuoverlin con intervento chirurgico servirà al corpo. Se la persona non acquisisce morbidezza e capacità di esprimersi, però, il problema potrebbe spostarsi su un piano profondo - al contempo rigido e sottile - vale a dire il sistema immunitario, oppure riproporsi come calcolo recidivante.

CHI È PIÙ A RISCHIO

• Donne sposate con figli piccoli che non riescono a ribellarsi a situazioni ansiogene.

• Adolescenti o giovani che non sfogano la propria prorompente energia sessuale.

• Giovani adulti coscienziosi, con un esagerato senso del dovere, puntigliosi nello studio e nel lavoro.

• Persone che non riescono a manifestare le loro contrarietà o che non possono farlo per motivi contingenti.

• Persone che si autopuniscono per reali o più spesso immaginarie colpe ataviche o attuali, che cercano di espiare attraverso la rinuncia anche al più piccolo svago, divertimento o semplice riposo.

Suggerimenti ❚ Se non c’è ancora un’indicazione chirurgica, oppure se si vogliono prevenire le recidive dopo un intervento, un’alimentazione leggera (povera di grassi animali) con pasti mai abbondanti è la base di ogni terapia. ❚ Si rende necessario anche un netto cambiamento di atteggiamento, nel senso di una riduzione della rigidità comportamentale. ❚ È utile imparare a non programmare il tempo libero e decidere sul momento, affidandosi all’istinto. Allo stesso fine collaborano: la disponibilità a uscire dai soliti schemi, cambiare obiettivo quando necessario, imparare a dare ragione all’altro quando si ha torto. E la rabbia o il rancore? Se siamo in grado di farlo, esprimiamoli subito, all’istante, prima che si traduca in calcoli.

Altrimenti voltiamo pagina e non pensiamoci più.

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