Le 5 cose che ti semplificano la vita - Libro completo

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RIZA Le 5 cose che ti semplificano la vita

Impara a liberarti dalle zavorre mentali

Così vivi meglio e raggiungi i tuoi obiettivi

• ELIMINA I PESI INUTILI • NON RIMUGINARE • LASCIA DECIDERE

DIRE DI NO •

Le 5 cose che ti semplificano la vita

Impara a liberarti dalle zavorre mentali

Così vivi meglio e raggiungi i tuoi obiettivi

Le 5 cose che ti semplificano la vita

A cura di Vittorio Caprioglio

© 2020 Edizioni Riza S.p.A. via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it

Tutti i diritti riservati. Questo libro è protetto da copyright ©. Nessuna parte di esso può essere riprodotta, contenuta in un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti senza il permesso scritto dell’editore.

Le informazioni contenute nella presente pubblicazione sono a scopo informativo e divulgativo: pertanto non intendono sostituire, in alcun caso, il consiglio del medico di fiducia.

Sommario

Introduzione

alleggerisci la vita da car ichi e vincoli che ti frenano

La vita di oggi è già di per sé abbastanza complessa, ma spesso siamo noi stessi a complicarla più di quanto sia necessario.

Così rendiamo le nostre giornate troppo piene, pesanti e stressanti. Per vivere più sereni, eliminare lo stress e avere più tempo a disposizione per noi stessi occorre dunque semplificarsi la vita, eliminare i pesi superflui.

Il primo passo è quello di “ripulire” la mente. Da cosa? Da tutte le incrostazioni che la riempiono fino a soffocarla. Automatismi mentali, blocchi emotivi e luoghi comuni sono una palla al piede che ci impedisce di usare tutte le potenzialità che abbiamo a disposizione e di essere davvero felici.

Ripulire la mente e portare alla luce le sue capacità creative innate è essenziale per semplificarsi la vita: un cervello libero è la premessa per il benessere e la felicità.

Dentro ogni vita che appare difficile ce n’è una molto più facile,

che aspetta solo di essere liberata! A volte invece ci sentiamo bloccati all’interno di situazioni complicate, emotivamente incapaci di trovare una via d’uscita.

Ma semplificarci l’esistenza, recuperare energie, avere idee più chiare, rapporti più veri e autentici non è così difficile come sembra… Si tratta di essere disponibili a uscire dalla gabbia che ci siamo creati e a liberarci dell’enorme bagaglio inutile che ci trasciniamo appresso. Allora scopriamo con sollievo che tutto più facile di quanto pensassimo.

Verso un’esistenza più semplice

Sono i nostri sforzi e i nostri pensieri a rendere la vita ancora più difficile di quanto effettivamente non sia; questo atteggiamento innalza i livelli di stress e malessere.

Ma una cosa è certa: più ci arrovelliamo a pensare e a ripensare alle cause dei nostri mali e alle soluzioni per sconfiggerli, più rendiamo le cose intricate e difficili. Vivere una vita “semplice” significa essere consapevoli che il nostro nucleo più profondo, se non interferiamo, ha già le capacità di risolvere tutte le situazioni che incontriamo. Possediamo tutti un’energia innata che è sempre capace di soluzioni inaspettate, se non viene oscurata dai ragionamenti.

Se continuiamo a sforzarci di inseguire mete che non ci corrispondono, senza dare ascolto al nostro mondo interiore, interferiamo con il percorso naturale di crescita, finiamo per ingarbugliare tutto, essere insoddisfatti e stare male.

Per far sì che le nostre capacità naturali possano entrare in campo dobbiamo quindi uscire dalle illusioni che ci siamo costruiti su quelli che dovrebbero essere i nostri obiettivi. La vita non rispetta i nostri piani preordinati, ci sorprende continuamente, soprattutto quando ci siamo allontanati dal percorso di evoluzione che è insito in noi.

Cinque regole da seguire

In questo libro suggeriamo dunque cinque strumenti fondamentali per alleggerire la nostra esistenza da tutte le zavorre che ci impediscono di crescere e di realizzarci: togliere di messo i pesi superflui, non rimuginare, affidarsi all’istinto per decidere, accettare i cambiamenti e imparare a dire di no. Le cinque indicazioni sono concatenate tra loro e si completano una con l’altra. In primo luogo occorre infatti liberarsi dalle convinzioni errate e dai rapporti personali ormai vuoti che indirizzano la nostra vita sul binario sbagliato. Ma è anche necessario evitare di perdersi nei ragionamenti eccessivi, nei rimpianti e nei lamenti, che ci tengono fermi sulla sponda della nostra vera vita, incatenati al passato e ai pensieri che ci immobilizzano. Per andare oltre e prendere le decisioni più utili a noi, dobbiamo quindi lasciare da parte la ragione e affidarci all’intuito, all’istinto e alla spontaneità. Sono queste le voci più sincere che vengono dall’inconscio e quindi esprimono le nostre reali necessità e aspirazioni. È necessario ascoltarle e cogliere le loro indicazioni, anche quando ci giungono inaspettate: dai sogni, dalle coincidenze, dagli avvenimenti inattesi. Spesso anche gli imprevisti e le novità che sembrano complicarci la vita, in realtà si rivelano l’occasione per dare una svolta necessaria a guidarci alla meta. Occorre tenere gli occhi aperti e cogliere queste opportunità davvero utili per noi, invece di perdere tempo ed energie per assecondare le richieste e i bisogni di altre persone, a cui non sappiamo negarci. Bisogna dunque imparare a dire “no” a qualcuno o qualcosa, quando questo significa dire “sì” alle esigenze che vengono dal più profondo di noi, per guidarci alla felicità.

Capitolo 1

Elimina i pesi inutili e i legami superflui, così ritrovi

te stesso

Pensa a quante azioni non necessarie facciamo ogni giorno, agli obiettivi fasulli che inseguiamo, ai rapporti vuoti che manteniamo in vita.

Quando siamo liberi dai vincoli che ci condizionano, la vita diventa leggera, siamo creativi, abbiamo tempo da dedicare a noi stessi.

La soluzione allora è semplice: sfoltire l’inutile e puntare solo a ciò che serve per realizzarci

Semplificarci la vita dipende solo da noi

Spesso ci auguriamo che la nostra vita diventi più semplice e leggera. Le nostre giornate sono piene e pesanti: troppi pensieri, troppe incombenze, troppi impegni… Eppure semplificarci la vita non è una chimera… Nessuno di noi nasce complicato, lo diventa via via, a forza di accumulare convinzioni, progetti, modelli, aspettative.

Per sapere cosa vuol dire vivere la vita con pienezza e semplicità, guarda i bambini. La mente del bambino vive nel presente, non ha rimpianti, non conosce pensieri tortuosi e sensi di colpa, sa giocare con la realtà, non si fissa sulle cose. La mente adulta invece è contorta, complicata e fortemente condizionata, perché dipende dagli schemi acquisiti ed è piena di doveri e di modelli. Non è centrata su di sé, è sempre in bilico tra illusioni e delusioni, tra aspettative e insoddisfazione.

Per cominciare a stare meglio e semplificare la nostra vita possiamo dunque prendere esempio dai bambini: stanno concentrati su quello che fanno in quel momento, non sono ancora legati a schemi, sono mutevoli, un attimo ridono e un attimo dopo piangono, vivendo intensamente l’attimo. Non si portano dietro il carico di costruzioni mentali. Impariamo da loro a liberarci dai vincoli che ci complicano la vita e ci impediscono di essere felici.

Diamo uno sguardo attento alle nostre giornate ed eliminiamo tutto il superfluo. L’essenziale che rimarrà avrà più spazio per crescere e per rendere più piena e costruttiva la nostra vita, che così potrà rifiorire.

Occorre togliere, non accumulare

Il segreto per semplificarsi la vita è racchiuso in quella che i filosofi cinesi definiscono con la massima “il saggio non fa nulla e cambia il mondo”. Non si tratta di un invito all’inoperosità, piuttosto di un’azione consapevole, priva di finalità, che non disperde l’energia nelle ansie e nelle preoccupazioni legate al perseguimento di un obiettivo preciso. Per agire così è necessario fare il vuoto dentro di sé, cancellando dalla mente ogni considerazione di merito o demerito, ogni attesa e ogni delusione. Bisogna agire e basta, semplicemente e in maniera diretta.

Così anche gli atti più semplici diventano una straordinaria forma di meditazione, che ci riavvicina a noi stessi. E compiere anche le azioni più complesse, rendere le decisioni più impegnative, diventa sorprendentemente facile e naturale. Le difficoltà nascono solo dalle nostre resistenze: tutto quello che ci serve, inclusa la capacità di intervenire adeguatamente in ogni occasione, è già dentro di noi.

NoN devi fare di più ma di meNo - Il trucco è pensare in maniera più facile, ossia in modo più pratico e lineare, e ad agire in maniera altrettanto diretta e spontanea. Devi lasciare cadere tutto il superfluo: i pensieri che creano ostacoli, i legami che diventano catene, gli oggetti che non ci servono più…

E ricominciare a vivere. È incredibile come tutto possa semplificarsi e, nel contempo, diventare più profondo, semplicemente cambiando sguardo.

Il passo fondamentale è prendere coscienza di quanto tortuoso è il tuo modo di pensare così potrai scoprire la via più breve e diretta per arrivare al tuo obiettivo. Occorre rieducare il pensiero alla semplicità. Come se dopo essere stati per tanto tempo in un labirinto cominciassimo a imparare a muoverci su una strada diritta e lineare, che porta davvero alla meta.

Ecco cosa ci complica l’esistenza

Questi sono gli atteggiamenti che fanno diventare più contorta e pesante la nostra mente e di conseguenza la nostra esistenza.

■ Gli schemi: tutto deve quadrare

■ Le aspettative: tutto deve andare come voglio io

■ I falsi bisogni: non posso vivere senza…

■ La ripetitività e le abitudini

■ Le convinzioni su se stesso: “Io sono fatto così…

■ I pensieri: “Devo capire perché è successo…

■ I paragoni: “Lui sì che vive una bella vita…

■ L’esigenza di tenere tutto sotto controllo

■ Il perfezionismo: “Devo riuscire a fare meglio”

■ La rigidità dei ruoli: “Voglio essere una buona mamma”

■ Il vittimismo e le lamentele continue

■ Essere ancorati solo al passato o al futuro

Taglia i rami secchi per rifiorire

Per vivere più sereni non dobbiamo cambiare da cima a fondo la nostra vita. Né tantomeno dobbiamo aspettare che i figli saranno cresciuti, di trovare un lavoro migliore, di incontrare la persona della nostra vita. La nostra serenità non dipende da nessuna di queste cose. Né da altre. Come ben sappiamo, quando i figli crescono sorgono altri problemi, quando una cosa si sistema, c’è qualcos’altro che non va. Il momento giusto per facilitarsi la vita… è adesso. Qualunque sia la tua condizione attuale, che tu sia frastornato, insoddisfatto, con le idee confuse, non preoccuparti: è proprio quando si tocca il fondo che ci si può dare la giusta spinta per risalire la china. Una cosa è certa: abbiamo tutto da guadagnare e niente da perdere. In che cosa consiste il nostro percor-

so? Si tratta di tagliare il superfluo, l’inutile, le complicazioni in ogni ambito della nostra vita… Insomma un’operazione di svecchiatura e di pulizia globale, la stessa che si fa quando si pota una pianta, si rimette a nuovo un oggetto. Perché la nuova vernice aderisca bisogna eliminare gli strati vecchi… La nostra vita può tornare come nuova e brillare come non ha mai fatto. Ecco i tre passaggi che ci aiutano a liberarci dalle zavorre mentali e materiali.

peNsa facile, vivi facile - Alleggerire la testa è il primo passo da compiere, si tratta di sfoltire i pensieri e di far entrare una boccata di aria pulita nella nostra mente, che è diventata simile a una cantina polverosa dove si accumula il vecchiume (ricordi, pregiudizi, condizionamenti) e si incrosta la ruggine (pensieri ossessivi, pessimismo, pigrizia mentale). Per fare questo vi proporremo esercizi semplici per sgranchire il cervello e rendere il pensiero più elastico.

spezza i legami che ti viNcolaNo - L’altra operazione salva serenità è quella di facilitare le relazioni con gli altri. Sono troppi i vincoli soffocanti che ci opprimono che costruiamo e manteniamo attivamente con fior di fatica. Anche in quest’ambito urge una bonifica: i rapporti a perdere andranno lasciati cadere, gli altri avranno bisogno di essere fertilizzati con un diverso nutrimento. Basta con i sacrifici che non portano a nulla, con l’accondiscendenza, con gli obblighi e i rospi ingoiati per quieto vivere. Bisogna coltivare il rispetto, lo scambio pari, bisogna prendere oltre che dare: anche noi abbiamo bisogni, diritti, limiti. Niente paura però, non ci faremo il vuoto intorno, piuttosto ci concederemo il privilegio di dare il nostro amore a chi saprà farlo fruttare, di investire costruttivamente il nostro tempo… e scopriremo la soddisfazione di prenderci il meglio da ciascuno senza dover fare i salti mortali.

lascia aNdare il passato - Per fare spazio al nuovo occorre liberarsi del vecchio. A darci la spinta a staccarci dal passato, dai ricordi, dagli automatismi e dall’insicurezza che ci porta ad attaccarci tenacemente a tutto, ci faremo aiutare da un un’operazione liberatoria: buttare via oggetti, cibi scaduti, cosmetici, abiti, libri, foto… ossia tutto quello che ha fatto il suo corso o che non ha più niente a che fare con come siamo adesso. Piccoli consigli pratici ti aiuteranno a sgombrare stanze in cui non puoi più muoverti, cantine inutilizzabili, armadi e cassetti nel caos e… la testa in un unico gesto.

Le situazioni a rischio

Ci sono alcuni ambiti ben precisi all’interno dei quali si possono creare delle relazioni personali che sono vuote di significato e utilità o che lo diventano nel tempo. Ecco alcuni esempi.

tra geNitori e figli - Ciascuno deve poter uscire dal ruolo prefissato e convenzionale. Se dobbiamo interpretare un personaggio (il padre severo, la madre indulgente, il figlio incompreso…) non possiamo attingere alle risorse che albergano dentro di noi e che sono in continuo mutamento. Volersi bene non è appiattirsi, semmai realizzarsi pienamente in un contesto di reciproco rispetto.

tra fidaNzati - I rapporti funzionano alla giusta distanza, quella che permette a entrambi di crescere in modo autonomo, pur nell’armonia della coppia. Una buona alternanza di luci e ombre è vitale per mantenere il rapporto vivo, così come lo è per le piante. Se invece si sta insieme per litigare, o si innescano circuiti di tira e molla estenuanti, la relazione finisce per occupare tutto lo spazio mentale e si può cadere in disagi come ansia o depressione.

tra vecchi partNer - I matrimoni che durano a lungo, a volte fanno nascere unioni meravigliose, altre volte, purtroppo, tendono a trasformarsi in routine. Peggio ancora è quando queste routine sono fatte di piccoli dispetti, acidità, nervosismi. Può diventare un rapporto tra reciproci carcerieri che sembra non sappiano più nemmeno cosa sia la libertà.

coN i colleghi di lavoro - Non bisogna aver paura di discutere, senza però scadere in una sterile e improduttiva guerriglia. Affrontarsi sì, ma con la prospettiva di capirsi. Infatti, confrontarsi non significa scontrarsi: può capitare, certo, ma non per partito preso, e dopo si può sempre ricominciare daccapo.

coN gli amici - Reciprocità è la parola d’ordine. Per essere amici bisogna essere sempre in due. Dialogo sì, monologhi no. Le amicizie unidirezionali in cui uno usa l’altro trattengono l’energia, anziché metterla in circolo.

i siNtomi delle relazioNi che iNtossicaNo - Anche un veleno può creare assuefazione: spesso non è facile individuare le situazioni, le persone o gli atteggiamenti di cui ci si deve liberare. Ecco i sintomi “spia”.

■ Fatica. In quella situazione o con quella persona ci si sente appesantiti. Si ha l’impressione che tutto si ripeta sempre uguale. C’è una sensazione di monotonia soffocante che fa crescere lo sconforto.

■ Sofferenza. Aumentano i disagi legati a certe situazioni o persone: rabbie incontenibili o ansie improvvise, pianti, pensieri ripetitivi che ingombrano la mente.

■ Dipendenza. Senza quella persona, situazione o abitudine, ci sentiamo insicuri e incompleti, oscilliamo tra l’ansia di perdere qualcosa o qualcuno e l’aspettativa di trovare nuovo appagamento, ma di fatto rimaniamo impantanati.

Supera la dipendenza affettiva

“E adesso che sono da solo, come farò?”; “Ho bisogno di persone su cui poter contare”; “Per fortuna che c’era lui, se no chissà come avrei fatto!” e via dicendo. Queste sono solo alcune delle espressioni tipiche di chi vive se stesso come fragile, bisognoso di “appoggi” esterni, non autosufficiente a livello emotivo. Una percezione di sé che ha radici lontane nel tempo, e che obbliga chi la vive a stabilire dei rapporti di forte dipendenza psicologica da altre persone. L’obbligo nei confronti di altri limita fortemente le libertà di scelta e di azione e inquina talora irrimediabilmente sia la qualità della vita della persona, sia le relazioni con le “figure di riferimento”. Ma questa fragilità così limitante può svanire davvero, se siamo disposti a “sperimentare” un altro sguardo su noi stessi. Come fare?

la fragilità appareNte iN realtà è forza - Le persone che si considerano più fragili, dipendenti e bisognose spesso sono proprio quelle che nei momenti più difficili si dimostrano forti e determinate: ad esempio dover prestare soccorso, restare lucidi quando qualcuno ha bisogno, offrire presenza e aiuto in condizioni anche impossibili. Esistono situazioni reali nelle quali il cervello dell’insicuro produce una “chimica” della sicurezza, della forza e dell’autonomia.

Non è un segreto che chi soffre d’ansia o di panico non prova crisi davanti a una persona che a sua volta ha un attacco di panico: anzi, lucidamente la aiuta a superare quel momento, diventando per lei un forte punto di riferimento. Ciò dimostra ancora una volta che in realtà la nostra presunta fragilità è un’idea, è il modo in cui nel tempo abbiamo imparato a vedere noi stessi, uno sguardo deviato prodotto in altri tempi da un’altra coscienza, quella più fragile. Appena si abbandona quell’idea, l’autonomia sgorga con l’energia vitale.

sperimeNta l’iNdipeNdeNza - Possono bastare pochi momenti di autonomia vissuti consapevolmente per fissare in noi la percezione della nostra naturale capacità di stare al mondo.

■ Fai qualcosa da solo. Ricavati momenti e spazi in cui non è presente la persona a cui di solito ti appoggi.

■ Non spostare la dipendenza. Nel creare ambiti solo tuoi stai attento a non riproporre il solito schema: tu che ti appoggi a un’altra figura “forte e carismatica”.

■ Riscopri i tuoi interessi. Ci sono cose che appartengono al tuo talento, vecchie passioni da ritrovare oppure nuove da scoprire. Sii disponibile e curioso.

■ Fai ciò che ti piace. Nello sperimentarti come “persona singola”, senza “stampelle”, fai cose che ti appassionano. Il tuo cervello attingerà a un’energia capace di ampliare i suoi limiti.

■ Via i sensi di colpa. Se per anni ti sei appoggiato a qualcuno - che dunque era disponibile - potresti sentire di tradirlo se non ti appoggi più a lui. Non importa: scoprirai se ti vuole bene o se il tuo bisogno di lui serviva alla sua autostima.

certi rapporti toccaNo delle “zoNe seNsibili” - Le persone con cui siamo cronicamente in conflitto lo sono perché toccano il nostro “lato ombra”, un lato che non trova espressione nella nostra quotidianità, perché nascosto o represso. La reazione suscitata in noi dal contatto con questi aspetti, visti di riflesso in altre persone, può essere varia. Se sono lati che temiamo, ad esempio una parte aggressiva che si cela dentro di noi, ci metterà a disagio e farà scattare paure. Se è una parte che rifiutiamo, che minaccia l’immagine di noi stessi, allora si accenderà in noi un fastidio esagerato verso le persone che la riflettono. O ancora, se si tratta di aspetti che non ci concediamo mai, come l’abbandonarsi al piacere senza badare alle possibili conseguenze, vedere che altri riescono a farlo senza problemi ci provocherà frustrazione e rabbia, che si esprimerà con atteggiamenti di ostilità nei confronti di quelle persone.

Per vivere meglio impara a “selezionare”

Non abbiamo tempo per noi stessi e ci sentiamo oppressi da mille impegni e legami perché continuiamo a tenere in vita rapporti che ormai non sono più utili alla nostra crescita e che non ci fanno sentire felici; se vogliamo una vita più leggera e “nostra” dobbiamo tagliare i rapporti sterili e nocivi.

Elimina dalla tua vita le relazioni faticose, i pensieri snervanti e le azioni tortuose. Diventa essenziale e purifica il cervello. Così lasci spazio ad azioni più semplici e dirette, che ti portano verso ciò che ti piace. In natura ogni essere si nutre del cibo più adatto a lui e poi elimina le scorie. Esiste un albero che conserva i frutti marci della stagione precedente?

scegli ciò a cui ti vuoi dedicare - Ti sembra che la tua vita sia troppo complessa e difficile da vivere? Occorre cominciare a… fare preferenze. Fare tante cose senza farne bene neanche una, proprio come stabilire troppi legami, ma nessuno davvero “importante”, lascia un senso di vuoto, di inadeguatezza o di fallimento. Certo non bisogna chiudersi, ma è necessario dedicarsi a persone e cose in modo preferenziale. Non si può trattare tutto nello stesso modo. Se inizi a preferire, la bulimia dell’agire passerà. Per smettere di dissiparsi, di buttarsi a fare troppo e al massimo, è fondamentale fare cose che nutrono l’anima e fanno star bene il corpo. Capire che cosa fa sentire ricchi di senso, sia interiore che fisico, aiuterà a orientare le scelte e a decidere meglio come convogliare tempo ed energie. E non importa se sembrano cose “poco importanti”: ciò che fa star bene non è mai banale.

caNcella le abitudiNi - Tendiamo a non disfarci di nulla. L’abitudine è proprio un abito (“habitus” come indica l’etimologia della parola), qualcosa di cui “vestirsi”, in cui identificarsi: ci offre una maschera e un’armatura, ci dà garanzia di continuità e ci rende sicuri di essere qualcuno. Ma, se quando è il momento non ci svestiamo dei “vecchi panni”, non vivremo mai un vero rinnovamento.

L’uomo ha la capacità di “trattenere” anche ciò che dovrebbe abbandonare fino a intossicarsi: conserviamo relazioni ormai esaurite, abitudini sbagliate, pensieri logoranti.

Riscopri la magia dei gesti semplici

Il valore della semplicità è nascosta anche nei piccoli gesti quotidiani, quelli a cui spesso tendiamo a dare un peso minore considerandoli meno importanti. Tutti noi pensiamo che ci siano azioni importanti e altre secondarie e ordiniamo gli eventi in base a questa classifica. Questo modo di pensare è molto pericoloso: si corre il rischio di considerare “banale” una fetta grandissima della vita e di riversare tutte le proprie aspettative su pochi momenti isolati, scelti in genere in base a un sistema di valori molto condizionato dai soliti luoghi comuni: Successo&Carriera. Questo modo di pensare ti complica la vita e ci condanna alla delusione e all’insoddisfazione. Secondo l’antica saggezza indiana, proprio il banale è la casa del sublime, cioè del benessere. Non rimandare la felicità a uno di quei “Grandi Eventi”: puoi essere felice qui, ora, mentre stai facendo il caffè, o nel traffico, o alla scrivania mentre svolgi il compito di tutti i giorni. Vivi ognuno di questi momenti come “perfetto in se stesso”, senza legarlo a nessun momento successivo, senza commentarlo. Affrontalo come un rituale, con attenzione e cura, con amore: così ridai sapore alla vita.

I benefici di una vita più leggera

Vivere in maniera più leggera non è il privilegio di pochi fortunati ma una possibilità che è data a tutti noi, anche ai più tormentati. Proprio così: è possibile svegliarsi sereni e pieni di energia, anche senza essere bambini.

Si possono fare scelte giuste anche ascoltando la pancia. Si può vivere con molto poco senza sentire la mancanza di nulla. Ci si può liberare di amicizie o amori finiti senza sentirsi in colpa né soli. Non succede solo nei film o nelle favole, può succedere anche quando la vita ci pone scelte difficili, ostacoli, problemi e necessità che non si possono ignorare… Per smettere di tormentarsi, infatti, non è necessario che si creino condizioni idilliache, irrealizzabili, dipende da noi e può dare risultati rivoluzionari.

Svegliarsi al mattino senza un peso che schiaccia il petto o riuscire ad affrontare un banale contrattempo senza farne una tragedia: sono solo alcuni dei benefici a breve termine che potremo ottenere alleggerendo il nostro stile di vita, ma ce ne sono altri che agiscono a lungo termine come un vaccino contro le malattie.

Una testa leggera e una vita più semplice sono alla base di un corpo sano e di un cervello agile.

ecco cosa appesantisce le giornate

■ Relazioni amorose ormai spente

■ Ripetizioni continue di gesti o parole

■ Routine con amici e parenti tenute in piedi per dovere

■ Chiacchiere vuote fatte di luoghi comuni

maNtieNi giovaNe il cervello - In età avanzata aumenta il rischio di soffrire di demenze e di malattie neurodegenerative. Se ci riflettiamo bene, la demenza altro non è che il tentativo ultimo del cervello di ripulirsi dell’inutile, delle scorie che si sono accumulate negli anni. Se alleggeriamo la mente dai pensieri ossessivi, dai ricordi penosi che ci trasciniamo dietro, di tutte le idee preconcette che si sono sedimentate in noi, “ripuliamo” il cervello e lo manteniamo giovane ed efficiente.

scoNgiuri depressioNe e aNsia - Una vita pesante fa ammalare, depressione e ansia sono le conseguenze più frequenti. Nella depressione si acuisce la percezione della vita come peso insostenibile e fatica insensata. L’ansia cronica invece nasce dallo sforzo nel rincorrere obiettivi inutili e irrealistici e dalla paura di non risucire a raggiungerli. Cambiare stile di vita e di pensiero è essenziale se soffriamo di questi disagi ed è una vera e propria strategia preventiva per evitarli.

elimiNi aNche i chili superflui - Nel piatto, come nella vita, c’è più di quel che davvero ci serve. La fame nervosa e i chili in più sono indice che in realtà l’eccesso di cui ci circondiamo maschera un vuoto in noi: la mancanza di un contatto profondo con noi stessi. Provare a fare a meno delle cose inutili da cui dipendiamo ci aiuta a mettere a fuoco quanto poco ci serve per stare bene. Esserne consapevoli dà sicurezza, placa la fame ansiosa e ci porta a mangiare quanto davvero ci è necessario.

Italo Calvino ha scritto: «Prendete la vita con leggerezza, leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore».

Via l’inutile, fai spazio a ciò che ti rende felice

Troppi impegni, troppe cose di cui curarsi… Ma siamo sicuri che siano tutte necessarie? Il minimalismo suggerisce di eliminare dalla nostra casa e dalla nostra vita tutto ciò che non è indispensabile; così avremo più spazio e più tempo per ciò che ci fa star meglio e ci fa crescere. Ecco come fare.

Le nostre vite sono diventate troppo frenetiche: un sacco di cose da fare, un mucchio di faccende da seguire, per il lavoro, la famiglia, il tempo libero.

Abbiamo riempito la nostra giornata di impegni, così come la nostra casa di oggetti, di apparecchi, di mobili, di vestiti. Non c’è da meravigliarsi che molti di noi siano stressati, insoddisfatti e stanchi. Una vita troppo densa, complicata e difficile da gestire provoca problemi fisici e psicologici.

uN modo per semplificare la vita - Proprio per questo negli ultimi anni si stanno affermando sempre più movimenti di pensiero che invitano a semplificare la vita, a ridurre le nostre esigenze e incombenze, per ottenere una serie di vantaggi pratici. Le parole d’ordine di questi movimenti sono “semplificare”, “minimalismo”, e “decluttering”; quest’ultima parola significa togliere di mezzo il “clutter”, una parola che non ha una traduzione precisa in italiano, ma significa più o meno “cianfrusaglie”, tutto ciò che non serve e occupa spazio; però non si riferisce solo agli oggetti, ma anche a tutti gli ingombri mentali: i pensieri, i ragionamenti, le preoccupazioni superflue…

Il significato di “minimalismo” invece è abbastanza chiaro: significa ridurre al minimo le nostre esigenze, eliminando ciò che non è strettamente necessario, per fare spazio a ciò che ci serve davvero, per sentirci bene e per assecondare le nostre esigenze profonde.

L’eliminazione di ciò che non serve può essere difficile inizialmente, perché tutti noi tendiamo a conservare oggetti e ricordi e siamo internamente convinti che avere di più significa valere di più. Però, man mano che ci alleggeriamo delle cose che non servono, proviamo sempre più una sensazione di pace, libertà e leggerezza.

Anche il successo del libro di Marie Kondo “Il magico potere del riordino” si spiega con il fatto che molte persone sentono fortissima l’esigenza di fare ordine nelle proprie case e nella propria vita; il che non vuole dire solamente mettere a posto, ma soprattutto eliminare la confusione, gli oggetti inutili e inutilizzati, che ingombrano i locali, creando una sensazione di sovraccarico e confusione. Infatti, dopo i libri dedicati al riordino, ne sono seguiti anche altri, che puntavano sulla necessità non tanto di mettere a posto i cassetti e gli armadi, quanto piuttosto di sgombrare la casa, ridurre gli oggetti che la affollano, liberandosene nei modi più adatti.

Il minimalismo: meno è meglio

In fondo le idee del minimalismo corrispondono a molti principi filosofici e anche religiosi, cioè sostanzialmente all’idea che il desiderio di possesso non potrà mai essere saziato e che cercare di accumulare beni e oggetti per sentirci più ricchi, più ammirati e realizzati non potrà mai essere appagato fino in fondo e ci porterà inevitabilmente a delusioni e insoddisfazioni. L’idea che saremo felici solo quando conquisteremo i beni e i ruoli socialmente più riconosciuti e apprezzati è molto

diffusa ed è all’origine dell’infelicità, altrettanto diffusa. I minimalisti sono molto drastici in questo senso e sono convinti che accumulare oggetti non renda felice, che comprare di più e possedere di più non abbia senso.

Apprezzano la qualità degli oggetti e della vita, non la quantità di beni e di attività. Ritengono che non porti alla felicità riempire la vita di impegni frenetici. Uno slogan molto diffuso in questo movimento è infatti “meno è meglio”, ovvero in inglese “less is better”. I minimalisti condividono le riflessioni che abbiamo esposto nei capitoli precedenti: la cosa fondamentale per avere una vita felice e realizzata è capire che cosa ci piace davvero, che cosa corrisponde alle nostre esigenze primarie.

Per scoprire ciò che ci serve davvero per essere noi stessi interamente, dobbiamo lasciare che il nostro corpo e il nostro istinto si esprimano e ci facciano capire ciò che va bene per noi. Una volta che l’abbiamo scoperto, dobbiamo praticare il più possibile ciò che ci rende felici, liberandoci da tutto il resto, in modo da avere tempo e spazio per ciò che conta davvero per noi.

Non ci sono regole generali che valgano per tutti: ciò che piace a me perché corrisponde alle mie esigenze è diverso da ciò che dà gioia agli altri; anche per questo è inutile seguire dei modelli, adattarsi agli obiettivi altrui, ma occorre prima di tutto identificare ciò che ci rende noi stessi, che realizza la nostra unicità e che ci appaga. Non è sempre facile, perché siamo abituati a ragionare con gli schemi comuni e non ad ascoltare le nostre sensazioni. Per percepire ciò che è essenziale per noi non servono i ragionamenti e i consigli, basta stare ad ascoltare cosa ci dicono il nostro cuore e il nostro istinto quando ci poniamo le domande fondamentali che servono a guidare la nostra vita sulla strada giusta.

Le domande che ti devi fare

■ Che cosa è più importante per te?

■ Di cosa non puoi fare a meno davvero?

■ Che cosa ti rende felice?

■ Che cosa ha un impatto positivo sulla tua vita?

Per scoprirlo devi osservarti andando oltre tutti i luoghi comuni e le sovrastrutture che ti sei creato.

Ti serve davvero una casa grande? Ti rendono felice gli oggetti che possiedi? Le attività a cui ti dedichi le hai scelto davvero tu?

Minimizzare e semplificare quindi non vuol dire svuotare la propria vita, ma al contrario riempirla di tutto ciò a cui tieni veramente e che ti può dare felicità.

cosa ottieni accumulando di meno

Secondo i minimalisti, l’eliminazione del superfluo permette di ottenere una serie di benefici pratici. Ecco quali sono i principali, in sintesi.

■ Più spazio (nella propria casa e nella propria vita)

■ Più tempo (per dedicarsi a sé piuttosto che agli altri o alle cose che possediamo)

■ Più libertà (dagli impegni, dalle incombenze legate al prendersi cura degli oggetti)

■ Più salute (perché si riduce lo stress e si rinuncia anche agli eccessi di cibo)

■ Più soldi (perché non si fanno spese inutili, si riduce tutto al minimo indispensabile)

Quello che ti serve lo hai già

Tendiamo a lamentarci di quello che ci manca nella vita, e questo è uno dei motivi per cui andiamo sempre alla ricerca di qualcosa in più, qualcosa da aggiungere, sperando che cancelli il senso di insoddisfazione che proviamo. Così non ci rendiamo conto che in realtà abbiamo molto, anche troppo, e che ciò che aggiungiamo non migliora la nostra vita, ma la rende ancora più ingolfata e meno soddisfacente.

Per arrivare alla nostra essenza centrale, al nostro nucleo naturale, dobbiamo togliere e non aggiungere, come hanno sempre sostenuto pensatori, filosofi e artisti del passato.

l’esseNziale arriva toglieNdo, NoN aggiuNgeNdo - Secondo Michelangelo, l’opera dello scultore consiste nel togliere dal blocco di marmo ciò che è di troppo, per far emergere la forma che in esso è già contenuta. Lo stesso vale anche per noi: la nostra essenza è già presente, non dobbiamo andarla a cercare, ma dobbiamo farla emergere. Per farlo dobbiamo toglierci di dosso le convinzioni sbagliate, gli atteggiamenti e i comportamenti legati a modelli che abbiamo accumulato nel tempo, che si sono sovrapposti al nostro centro vitale, fino a farlo scomparire dalla nostra vista.

Occorre in primo luogo prendere coscienza di ciò che siamo davvero e di tutto il superfluo che abbiamo accumulato. Questo vale non solo per la coscienza di noi stessi, ma anche per i nostri oggetti e tutto ciò che possediamo, dagli abiti ai soprammobili. In sostanza abbiamo già tutto ciò che serve; se arriviamo a esserne convinti non andremo incessantemente alla ricerca di altro.

parti dall’accettazioNe di te - Prima di puntare a semplificare la nostra vita in modo profondo occorre essere coscienti di quello che siamo e accettare tutto di noi stessi. L’accettazio-

ne è fondamentale, perché altrimenti l’intenzione di avere una vita più semplice sarà oscurata da sentimenti di inadeguatezza e da continui tentativi di confronto con gli altri. Accettarsi significa capire che il nostro compito non è quello di conformarci a modelli ideali, esterni a noi, ma di riuscire a corrispondere a quella che è la nostra essenza naturale, diversa da quella di tutti gli altri.

Eliminiamo la tentazione di volerci cambiare, di voler fare qualcosa in più, di riempire le nostre presunte mancanze accumulando cose e impegni. Siamo noi stessi quando ci togliamo di dosso le sovrastrutture che abbiamo creato, quando eliminiamo il superfluo.

Evita ciò che ti distrae dall’essenziale

Quando si comincia a vivere semplicemente e a sperimentare i vantaggi che questa scelta ci dà, poi si procede facilmente su questa strada, rimuovendo ciò che ci distrae e concentrandoci sull’essenziale. Se ci pensiamo bene, semplificare la vita significa infatti in primo luogo cancellare le distrazioni. Eliminando ciò che ci fa deviare dal nostro percorso, abbiamo la possibilità di dedicare il tempo a quello che è più importante per noi. Le distrazioni nascono soprattutto nella nostra mente, dalle convinzioni che ci siamo formati e che ci fanno sentire la necessità di fare di più, di accumulare impegni e oggetti, di ammassare il più possibile. Occorre quindi in primo luogo rimuovere queste “distrazioni mentali”. Ecco alcuni consigli per riuscire a farlo.

Trova QUELLo chE conTa davvEro - Facendo un elenco delle priorità e delle cose che sono importanti per te, sarai in grado di sentire la tua vera voce interiore e di seguirla, eliminando il

“rumore di fondo” aggiuntivo che nel tempo l’ha coperta. Così saprai e vedrai esattamente ciò che è importante per te, e sarai in grado di distinguere meglio tra le cose importanti e quelle che in realtà non lo sono. È il passo fondamentale, ma anche il più difficile, perché molti di noi ancora non sanno cosa “vorrebbero fare da grandi”.

dimentica il multitasking: è dannoso

Il multitasking viene spesso esaltato come la possibilità di eseguire più compiti contemporaneamente, aumentando la produttività e sfruttando meglio il tempo. In realtà oggi molti mettono in discussione l’efficacia e l’utilità di svolgere più attività insieme, perché questo in realtà porta a una perdita di tempo e a una minore precisione. Quando si passa da un’attività all’altra infatti il cervello impiega diversi minuti per resettarsi, “adattarsi” al nuovo ambiente e al nuovo lavoro. Fare multitasking dà l’impressione di fare molto e dà anche un certo piacere al cervello, perché si annoia a rimanere a lungo sullo stesso lavoro, ma questo non significa che sia anche più efficiente e produttivo. Quindi non sforzarti di fare più cose insieme, perché questo vuol dire cominciare tante attività, ma non completarne nessuna. Significa anche che non siamo pienamente impegnati e coinvolti in che ciò che stiamo facendo, ma già col pensiero andiamo a quello che dovremo fare dopo. Dimentica il multitasking e concentrati su una cosa alla volta, stai pienamente in quello che fai, fino a completarlo.

Consigli per vivere una vita più tua

L’importante è dunque riuscire a tagliare tutto ciò che ti distoglie dal vero scopo della tua vita: arrivare a essere te stesso, a far crescere la pianta che era insita nel tuo seme. Ecco qualche indicazione utile per far sì che la tua vita ti corrisponda davvero e non sia modellata su schemi altrui.

NoN ragioNare troppo sulle scelte - Il paradosso del nostro tempo è che abbiamo a nostra disposizione tante opzioni, perfino troppe, tanto che molti di noi faticano a scegliere quella da adottare. Di fronte a tante possibili alternative, si innesca il meccanismo del ragionamento che comincia a fare confronti tra una possibilità e l’altra, valutando tutti i pro e i contro in una serie di valutazioni molto complicate e lunghe.

Alla fine si arriva a una decisione che poi molto spesso si rivela sbagliata. Invece di complicarsi la vita in eccessivi ragionamenti, in molti casi è opportuno invece affidarsi all’intuizione e all’istinto, che sanno indicarci immediatamente qual è la scelta migliore per noi.

pratica la meditazioNe - Uno dei modi più efficaci per placare i pensieri superflui che intasano il cervello e calmare la mente è quello di iniziare a praticare la meditazione. È la forma più importante di consapevolezza e concentrazione ed è molto utile per ottenere il nostro obiettivo: una mente più tranquilla e libera.

Meditare non è difficile come molti sono portati a pensare; non ci complica la vita, ma ce la alleggerisce. La forma più facile di meditazione consiste semplicemente nel concentrarsi sul proprio respiro; presta attenzione all’aria che entra nei polmoni e all’aria che esce. Così crei un contatto diretto tra il tuo corpo e la mente. Intanto lascia che i pensieri arrivino e che se ne vadano, senza concentrarti su di essi. Se ti

accorgi che stai inseguendo un pensiero, concatenandolo ad altri, torna a concentrarti sul respiro e lascia andare il pensiero, senza sforzi o imposizioni.

ralleNta il ritmo - Non è possibile, nonostante tutti gli sforzi, essere in moto costante, a pieno ritmo, e ottenere i risultati migliori. Semplificare la vita vuol dire anche rallentare il ritmo di quello che facciamo, non solo per poter eseguire meglio i lavori che ci competono, ma anche e soprattutto, per assaporare di più i momenti di felicità che la vita quotidiana ci offre e che ci lasciamo scappare nella fretta e nella distrazione.

crea del tempo per te - “Non ho tempo” sta diventando una delle frasi più usate nelle nostre giornate. In realtà quest’espressione significa che non abbiamo delle priorità precise, per cui disperdiamo le nostre energie e il nostro tempo, senza concentrarci su ciò che dovrebbe avere davvero la priorità, oppure dando importanza a ogni cosa e quindi, a conti fatti, a niente. Dobbiamo trovare il tempo per quelle cose e le persone che sono veramente importanti per noi, dedicandone in minor quantità ad altre attività meno rilevanti.

stai uN po’ più “discoNNesso” - Stiamo spendendo sempre più tempo a controllare ossessivamente messaggi, fotografie e filmati sullo smartphone o sul portatile; WhatsApp, blog, mail, tweet, ecc. ci tengono costantemente collegati con parenti, amici, conoscenti, ma anche con assoluti sconosciuti. A nostra volta siamo impegnati a inviare messaggi, mail, fotografie e video, in un traffico continuo. Questa connessione ininterrotta, oltre a consumare molto del nostro tempo, ci mantiene perennemente in stato di allerta, contribuendo ad aumentare lo stress e l’ansia. Difficile rinunciare allo smartphone oggi se si vuole avere una vita sociale, ma certamente è possibile ridurre le complicazioni e la tensione trovando dei semplici modi per

consultare meno spesso il cellulare e il computer. Cerca di non far parte di tanti gruppi di WhatsApp, consulta la mail solo a orari precisi, una o due volte al giorno (se non è necessario per lavoro). Riduci il numero delle app sullo smartphone, tenendo solo quelle che usi davvero e che ti servono. Anche la televisione assorbe molto tempo, ci espone a un bombardamento di messaggi pubblicitari e crea molte “cianfrusaglie” mentali. Se vuoi semplificarti la vita, evita di metterti spesso davanti alla tv. Scegli le trasmissioni che davvero ti interessano o ti piacciono, e guarda solo quelle, magari in streaming sul pc, per non avere la tentazione poi di cambiare canale e guardare altro, restando così ore davanti al televisore.

frequeNta le persoNe che ti miglioraNo - Riempi la tua vita con le persone che ami. Elimina le relazioni tossiche e tronca i rapporti che non funzionano per te. Avrai più tempo a disposizione e le relazioni che coltiverai davvero saranno più sane, significative, amorevoli e positive.

Cerca di capire quali persone, tra quelle che frequenti, ti stanno “vampirizzando”, perché ti sottraggono tempo, energie e impegno emotivo. Chiediti come ti senti quando ti trovi in compagnia di qualcuno.

Queste persone ti migliorano, ti fanno sentire bene, ti aiutano a crescere o al contrario ti tolgono energie, ti fanno perdere tempo e ti provocano disagio?

Per semplificare la vita, è importante riconoscere quali sono gli amici che ti aiutano a crescere e a trascorrere momenti di gioia. I rapporti con questi amici sono di scambio reciproco e di parità; non c’è la dipendenza di uno dall’altro. La tua vita non ha lo spazio per le persone che ti “esauriscono”. Mantieni solo i rapporti che servono alla tua vita, piuttosto che quelli che ti provocano ulteriore stress.

Butta via gli oggetti del passato

Spesso quando stiamo buttando via il superfluo ci troviamo in difficoltà a liberarci degli oggetti ricordo, in particolare quelli che sono legati a qualche persona o situazione del nostro passato e da cui non riusciamo a staccarci. Per farlo è possibile ricorrere ad alcune strategie. Prima di tutto dobbiamo renderci conto che l’oggetto ci è caro non in se stesso, ma solo in quanto simbolo.

Il suo valore monetario o concreto è irrilevante; sappiamo anche che l’oggetto in questione risulta inutile e fastidioso sul piano pratico, ma lo teniamo perché è il segno tangibile di un’esperienza vissuta, una persona, un risultato ottenuto, un fatto che ha per noi un valore particolare. Ad esempio, un vecchio giocattolo di nostro figlio può avere un valore affettivo notevole, in quanto ci ricorda la sua infanzia, tante occasioni felici, i diversi momenti della sua crescita… Ma costituisce anche un ingombro notevole, che occupa spazio e genera disordine.

In queste situazioni occorre rendersi conto che ciò a cui siamo attaccati non è l’oggetto in sé, ma l’esperienza che esso ci ricorda. Un’esperienza che ha già agito su di noi e ha lasciato la propria traccia, che non potrà essere aumentata dalla presenza dell’oggetto né diminuita dal fatto di non averlo più in casa.

L’accumulo di oggetti, come sappiamo, corrisponde spesso a un’esigenza psicologica più che a un bisogno reale, e questo vale in particolare per quelli che non hanno un’utilità pratica, ma servono solo a collegarci al passato.

La difficoltà nel separarci da loro deriva semplicemente dal fatto che preservano in qualche modo il ricordo dell’esperienza positiva.

Se riusciamo a fare in modo che quest’ultimo si attivi anche senza l’oggetto, allora possiamo sbarazzarcene senza difficoltà. Come fare?

Una soluzione facile e concreta sta nel fotografare l’oggetto (o filmarlo) e archiviare l’immagine in una memoria digitale, o meglio ancora in un archivio internet, di quelli che vengono messi a disposizione gratuitamente.

Lì sappiamo che si potrà conservare senza problemi e che potremo andare a vedere la fotografia o il video quando vorremo. Per maggiore completezza possiamo archiviare anche un testo digitale in cui descriviamo i ricordi collegati a quella fotografia. Per esempio, nel caso del giocattolo di nostro figlio potremo descrivere alcuni episodi curiosi o simpatici legati a quell’oggetto, oppure le parole che il bambino diceva o altri ricordi piacevoli.

Fatto questo, probabilmente non avremo difficoltà a buttare via l’oggetto in se stesso, in quanto il suo significato simbolico è stato preservato ed è disponibile ancora per noi. Ma è anche probabile che poi non andremo mai a guardare quella fotografia, così come in realtà non abbiamo mai tirato fuori quella cosa dall’armadio o dal cassettone in cui era risposto, per guardarlo e rievocare i ricordi a esso collegati. Lo stesso si può fare anche per molti altri tipi di oggetti che conserviamo come ricordo: vecchie fotografie, poster, cartoncini di auguri, le creazioni dei figli all’asilo o a scuola… Quanto spazio occupano? Per riappropriarci di quello spazio e disfarci degli oggetti basta anche in questo caso fotografarli e archiviare le immagini. È un metodo comodo, facile e sicuro.

staccarsi da ciò che è ormai aNdato - Il decluttering che ci libera dagli oggetti legati a ricordi del passato ha anche una sua specifica utilità psicologica. Ripensare troppo a quanto è

accaduto, a come eravamo e agli avvenimenti che pensiamo abbiano segnato la nostra vita, è un processo mentale che ci impedisce di vivere pienamente i presente e fa sprecare le nostre energie senza riuscire a farci muovere di un passo. Se in casa sono esposti alla vista oggetti che ci riportano al passato, come fotografie, soprammobili e poster, essi inevitabilmente contribuiscono a farci ritornare con la mente in luoghi da cui invece sarebbe opportuno che ci allontanas-

impariamo dai viaggiatori

È possibile apprendere alcune regole e alcune funzioni del minimalismo da coloro che viaggiano molto, per necessità o per scelta. Per loro è d’obbligo fare stare tutto il necessario, anche per lunghi periodi, in pochissimo spazio: una o due valigie, o anche uno zaino solo. Secondo alcuni pareri, il senso di felicità, di liberazione e di leggerezza che sperimentiamo in viaggio deriva anche dal fatto che ci portiamo appresso poche cose: abbiamo lasciato a casa oggetti che in realtà non sono funzionali alla nostra vita, abbiamo fatto delle scelte, liberandoci di pesi superflui. I viaggiatori, eliminando ciò che è legato alla loro casa e al loro passato, hanno fatto spazio per “ospitare” le novità e le esperienze che incontreranno in viaggio. Chi è costretto a lunghi e frequenti viaggi acquista un’attenzione particolare per la leggerezza, la compattezza e la funzionalità, che poi può trasferire anche nella propria vita domestica, “semplificando” ciò che ha in casa.

simo. Toglierli dalla nostra abitazione può essere uno strumento per liberarci da legami troppo rigidi col passato che ci impediscono di andare avanti.

oggetti “vivi” e oggetti “morti” - Alcuni oggetti non hanno effettivamente una utilità pratica, ma li si acquista solo per averli, magari perché sono belli e di moda, non per usarli.

In effetti sono essi stessi che usano noi per farsi comprare, giusto il tempo poi per essere sostituiti da altri oggetti nuovi, più attuali, più di tendenza.

Invece altre cose le usiamo davvero e servono per la nostra vita e per la nostra crescita, come uno strumento musicale, un libro, un attrezzo da ginnastica, gli strumenti per dipingere, le scarpe per correre o camminare, il trapano o la sega elettrica per fare lavoretti… Questi oggetti sono davvero necessarie, ci servono per le nostre attività quotidiane e per sviluppare i nostri interessi.

Sono questi gli oggetti che è opportuno tenere in casa e non eliminare. Sono oggetti “vivi” in quanto hanno una funzione utile, mentre in casa abbiamo spesso anche molti oggetti “morti”, che non hanno alcun utilizzo funzionale, giacciono semplicemente negli spazi che abbiamo dedicato loro e li ingombrano.

Per ritrovare entusiasmo e voglia di vivere non servono rivoluzioni: occorre iniziare dai piccoli gesti quotidiani, essere totalmente presente nelle azioni, soprattutto quelle minime di tutti i giorni.

Capitolo 2

Non rimuginare,

liberati dai rimpianti e dai troppi pensieri

La cosa che più ci fa soffrire e ci complica la vita è il costante tentativo di trovare una spiegazione agli eventi: “Perché è successo? Perché è accaduto proprio a me?”. Non sarà mai la ragione a fornirti la risposta. Pensare di continuo a quello che è successo, o che sarebbe potuto succedere, serve solo a soffrire di più e ad appesantirti l’esistenza. Non pensare troppo, agisci

Non tormentarti la vita coi continui ragionamenti

Quando i pensieri che ti vengono alla mente diventando un chiodo fisso e non riesci a smettere di pensare vuol dire che non sei in pace con te stesso, con il tuo nucleo interiore. Siamo così abituati a pensare e ripensare alle cose che ci siamo dimenticati della nostra vera essenza, che sa sempre cosa vogliamo davvero, in modo spontaneo e naturale, ancora prima che noi ne diventiamo consapevoli, come accede con la fame o il sonno. Un fatto è certo: i pensieri ossessivi e fissi tolgono energia e fanno molto male. Come un tarlo che continua a riaffacciarsi, assorbono il nostro benessere e attaccano la nostra serenità. Accade, ad esempio, quando soffriamo per la fine di un amore e vogliamo a tutti i costi cercare una spiegazione, o nei momenti in cui il futuro ci fa paura, oppure mentre riflettiamo su avvenimenti o decisioni del passato giudicando il nostro operato.

Continuiamo a pensarci e non ci rendiamo conto che così facendo stiamo guardando l’esistenza con il solo occhio della ragione: un modo riduttivo. Se affidiamo solo ai pensieri il compito di guidarci e di illuminarci, possiamo perdere l’orientamento.

Quando si affaccia un pensiero che ci turba, lo rifiutiamo con spavento, resistiamo, vogliamo scacciarlo e cerchiamo di giustificarci con noi stessi, proviamo a smentirlo oppure a cercarne le cause. Così, però, quel pensiero arriva a occupare tutto il nostro spazio interno. Occorre comprendere che il pensiero

Non rimuginare, liberati dai rimpianti e dai troppi pensieri

e il ragionamento sulle cause è qualcosa che non appartiene veramente a noi stessi, ma è frutto di convinzioni apprese. Al contrario, se impariamo a guardare il pensiero senza far altro, allora troveremo le cause vere, e non quelle presunte. Per questo imparare a guardare i pensieri serve per entrare in contatto con la propria interiorità, conoscersi meglio e vivere nel tempo naturale, quello di cui abbiamo davvero bisogno.

Ci influenza ciò che pensano gli altri

Molti dei pensieri che credi tuoi non ti appartengono. Li assorbi dalle persone che frequenti e dall’ambiente in cui vivi. Le parole di chi ti sta vicino si introducono in te, materializzandosi in ragionamenti che intasano il cervello. Ecco perché è im-

LE PAROLE DA NON DIRSI

■ “Continuo a pensarci, è più forte di me”. Più i pensieri riempiono la mente, più creano ansia, più cerchiamo di scacciarli e più tornano alla mente. Questo sovraccarico mentale alimenta un vero e proprio circolo vizioso.

LE PAROLE DA DIRSI

■ “Io non sono i miei pensieri”. Evitare di identificarti con i pensieri ti aiuta a non sentirti invaso. Non lottare contro di loro, ma osser vali come fossero ospiti. Questo spegne l’ansia.

portante, pur rimanendo a contatto con gli altri, immaginare nel tuo spazio interno la presenza di una “camera silenziosa”, in cui entrare non appena ti senti invaso da opinioni e idee che non ti appartengono e che ti disturbano. In questo modo eviterai di essere “contaminato” da ansie e preoccupazioni altrui.

Il rImugInIo dIventa un freno alla vIta - Siamo soliti farci trascinare in un turbinio di pensieri, opinioni, frasi fatte, interrogativi e dubbi che ci si ripresentano alla mente molte volte durante il giorno (e la sera a letto) e che finiscono col condizionarci. Ecco alcuni esempi: “In passato è già successo, quindi succederà di nuovo”, “Faccio sempre gli stessi errori”, “Se non diventi qualcuno, non sei nessuno”, “Perché non sono come mio fratello?”, “Devo farmi apprezzare”, “Una volta le cose andavano meglio”, “Gli uomini sono tutti uguali”, “Si sa che vanno avanti solo i furbi”, “Devo essere una mamma perfetta”, “Tutto questo non è da me”, “Devo assolutamente tenere duro”, “Ho già sbagliato; e se commettessi lo stesso errore?”.

Le trappole in cui cadiamo spesso

Tutti siamo passati attraverso pensieri negativi, ma qualcuno ci “cade” più spesso fino quasi a rimanerne intrappolato. Nel tempo, pensieri del genere possono diventare veri e propri ostacoli al benessere e alla realizzazione personale. Ecco a cosa occorre stare attenti.

rIpetItIvItà e rIgIdItà - Ci sono pensieri innaturali, che impediscono al cervello di evolvere. Il tuo comportamento è fatto da sequenze di azioni che si ripetono? Per esempio, reagisci in modo sempre uguale a un atteggiamento del partner che non sopporti, ma senza ottenere alcun risultato, oppure rimugini sempre sugli stessi pensieri, dopo

una discussione al lavoro? Attento! Il cervello potrebbe aver attivato un circuito specifico e ripeterlo in modo costante, senza ottenere alcun beneficio.

paragonI e luoghI comunI - Fare paragoni o essere condizionati dai luoghi comuni fa sì che la tua vita sia come una pentola che ribolle. Adottare uno sguardo esterno e attribuire importanza agli altri ti fa vivere in conflitto tra ciò che vorresti essere e ciò che sei. In questa condizione, ansia e insoddisfazione sono in agguato e potrebbero arrivare in ogni momento, lasciandoti svuotato e stanco.

dubbI ed esItazIonI - Torturarti ti fa sprecare energia. Ti servono ore per prendere anche la più semplice decisione, preferisci ipotizzare e immaginare anziché agire e rendere concrete le tue elucubrazioni. Costantemente inquieto, pensi che non starai bene fino a quando non avrai risolto il problema. E ti ostini e ci ragioni, senza tregua.

eccesso dI IntrospezIone - La spontaneità si blocca. Vuoi capire sempre tutto: così i tuoi pensieri si trasformano in domande, richieste di chiarimenti e ricerca di spiegazioni. Così, però, vivi le emozioni in modo parziale e non spontaneo, limiti le possibilità di fare esperienze, rallenti la capacità decisionale, spalanchi le porte alle noia con discorsi sempre e solo introspettivi.

I pensieri possono trasformarsi in veri e propri blocchi mentali che ti fanno usare male le risorse che hai. In pratica: più cerchi di risolvere i problemi, più li complichi.

Non farti guidare solo dalla ragione

Molte preoccupazioni nascono dalla cattiva abitudine di seguire sentieri mentali contorti anziché la via più naturale, indicata dall’istinto. Ecco perché ritrovare la concretezza è essenziale, aiuta ad allontanare disturbi e a evitare qualche trappola.

Il problema non si risolve pensandoci

La guarigione dai disagi interiori non è un lungo processo di miglioramento che procede mattone su mattone, ma un semplice e istantaneo cambio di registro, un mutamento delle coordinate mentali che permette di considerare ciò che prima era una fonte d’ansia e sofferenza come un’occasione di evoluzione necessaria e preziosa, un pezzo imperdibile della propria vita. La salita più faticosa, vista dal lato opposto, appare infatti come una facile discesa!

Ma come avviene questo cambio di sguardo? Tutti quelli che hanno sciolto i nodi dei propri disagi interiori raccontano di un momento in cui, senza alcuna preparazione o volontà, hanno iniziato a guardare le cose in modo nuovo. Lì è iniziata la guarigione, simile a una maturazione, a un bocciolo che si apre. E si sono sorpresi a pensare, da un giorno all’altro: “Oggi il mondo è diverso, cosa mi è successo?”.

È successo che sono usciti dalla dimensione dell’Io in cui erano calati - quella in cui devi dimostrare di essere all’altezza delle aspettative tue e degli altri - e sono diventati il personaggio di una storia più grande. Hanno tolto attenzione ai problemi e si

Non rimuginare, liberati dai rimpianti e dai troppi pensieri

sono resi disponibili all’incontro con le forze che incessantemente ci creano e ci fanno vivere. Sono queste forze a produrre la guarigione, non le convinzioni o gli sforzi di migliorare. Per stare bene ti basta dire sì alla vita!

In te c’è già la soluzione

Dentro di te possiedi la bacchetta magica per trovare il benessere. Non ci credi? E pensare che la utilizzi spesso e volentieri, quasi sempre senza rendertene conto. Ad esempio, per far addormentare un bambino non gli spieghi i benefici razionali di un buon sonno, ma gli racconti una

I dIsturbI che possono colpIrcI per un eccesso dI pensIerI

■ Irritabilità. “Sono sempre furioso, mi arrabbio per tutto, sono più permaloso del solito”.

■ Ipersensibilità. “Ho le lacrime in tasca, mi commuovo per niente, tutto mi ferisce”.

■ Apatia, malavoglia, rassegnazione. “Perdo tempo, cincischio, non mi impegno davvero in niente, tutto mi annoia”.

■ Ansia e panico. “Uscire è difficile. L’idea che mi venga un altro attacco mi terrorizza”.

■ Depressione. “Non vorrei nemmeno alzarmi dal letto. Mi sembra tutto inutile e faticoso”.

■ Obesità e sovrappeso. “Il frigo è il mio migliore amico. Lo apro di continuo. Mangio qualcosa, e per un po’ sto bene”.

storia, al fine di incantarlo e trasportarlo per un istante in una favola. Per dormire - ossia per cambiare stato psichico e incontrare la dimensione notturna dell’anima - il bambino cerca un ritmo, una cantilena.

È sufficiente un’intonazione diversa nel nostro modo di parlare per evocare realtà fantastiche: “C’era una volta, tanto, tanto tempo fa, in un paese lontano…”. Questa magia cambia lo stato mentale, producendo una trasformazione fisica. Ciò dimostra come tutto passi attraverso l’utilizzo di codici simbolici e non razionali.

È come se ci fosse una fiaba (un mito, un racconto, un sogno, un’immagine, un’intuizione…) dentro ognuno di noi: l’autoguarigione, cioè il radicale cambio di assetto nel rapporto con se stessi, arriva se incontri la tua fiaba.

Basta il tocco di una fata per innescare stati di coscienza differenti, che sono di per sé curativi.

Perché allora con noi stessi facciamo tutt’altro? Perché cerchiamo sempre, faticosamente, spiegazioni e soluzioni razionali ai nostri disagi? È ora di cambiare mentalità. È ora di entrare nella nostra fiaba. Perché, come scrisse Novalis, tutto è magia, oppure è niente.

Non rimuginare: fidati del tuo istinto, decidi e agisci… subito! Nel dubbio dedicati a un’azione concreta e pratica come cucinare, curare le piante, riordinare. Così riporti l’attenzione sugli aspetti concreti della realtà.

Sgombera la mente dalla catena dei perché

Un pensiero qualsiasi ti attraversa la mente come un lampo. È brutto? È inappropriato? È sempre lo stesso? Sai che i pensieri ti attraversano la mente molte volte al giorno.

Secondo gli scienziati, formuliamo circa 60.000 pensieri al giorno, ovvero un pensiero ogni secondo durante l’arco del tempo in cui siamo svegli. Ma la cosa più strana, e inquietante, è che più del 90% di questi pensieri sono gli stessi che abbiamo avuto ieri, e il giorno prima, e quello ancora prima.

Questa miriade di pensieri influenza continuamente il tuo umore e la tua salute. Ma come smettere di essere vittima dei propri ragionamenti? E come liberasene una volta per tutte? Imparando a riconoscerli, a cogliere il loro significato, a non temerli e a renderli una risorsa. Quando un pensiero ti assilla rischi di “ricamarci” sopra fino a trasformarlo in un nodo inestricabile. Inutile cercare di distrarsi, la mente torna sempre lì: analizza i motivi, le conseguenze, le colpe…

Come far sì che il cervello si distacchi dalla situazione? Prova a “ricamare” in un altro modo, non usando la ragione ma la fantasia. Parti da ciò che è successo ma poi lascia che la mente divaghi, aiutandola con immagini e libere associazioni: un ricordo, un’atmosfera, una sensazione. Inventa una storia, seguine il corso. La tensione calerà da sé…

Occorre stare lontano dalle elucubrazioni, dal chiedersi il perché di ciò che è accaduto, dal cercare spiegazioni, tutti elementi inutili, quando abbiamo a che fare con noi stessi. Il cervello

agisce per associazioni inaspettate, per immagini che nascono spontanee mettendo in luce nessi prima invisibili. Risolve i problemi non “concentrandosi”, come si crede, ma “distraendosi” e lasciando che le immagini ci guidino alla meta.

Quando tI dIstraI scatta l’IntuIto - L’intuizione è un modo diverso di pensare, che risveglia le capacità più profonde. In presenza di un evento difficile o doloroso non ti fa concentrare sul problema cercando di capirlo, ma si mette in ascolto delle risonanze emotive, senza giudicarle. E quell’energia che ti spinge a chiederti cosa provi, ad accogliere le emozioni, a lasciarle venire, senza commenti. Così l’attenzione, spontaneamente, si distoglie, si distrae: osserva il mondo, ascolta i suoni e i rumori… Lascia affiorare in modo spontaneo un ri-

PER uScIRE DAI LAbIRINtI mENtALI

■ Scegli di essere essenziale e diretto. Quando parli evita parafrasi e formalismi, e anche il pensiero diventerà più lineare. Hai una questione in sospeso con qualcuno? Opta per una sana discussione in cui tirare fuori le incomprensioni anziché ricorrere a battutine che inacidiscono e avvelenano il rapporto, senza risolvere la situazione.

■ Decidi seguendo la prima idea. Approcciarsi al mondo in modo razionale non è l’unico modo per comprendere la realtà, e non ti mette al riparo dal commettere errori. Ci sono altri strumenti da utilizzare come l’intuizione, le sensazioni, il buon senso, l’istinto e la fiducia.

cordo, un’immagine… Ed ecco che scattano il lampo di genio o un’associazione di idee. L’intuito sembra meno diretto, ma in realtà arriva alla soluzione prima e meglio: il cervello, libero dai soliti schemi mentali, ritrova il legame con le forze naturali e fa scattare intuizioni risolutive.

Lasciali venire, ascoltali e poi staccati

Quando sei assorbito da un “pensiero dominante” puoi eseguire questa operazione per alleviare il carico. Per prima cosa percepisci il tuo pensiero ricorrente, ad esempio: “lui che mi lascia…” o “la litigata che ho fatto con il mio capo…” Non opporti in alcun modo a questa immagine, abbandonati a lei. Lasciala venire: contrastare i disagi vuol dire rinforzarli. Dopo qualche istante di abbandono dirigi lo sguardo su un oggetto, può essere una bottiglia, una macchina o qualsiasi altra cosa che attira il tuo interesse. Osserva l’oggetto attentamente, guardane la forma, immaginane l’uso. Perditi per un po’ in questa fantasia. Spostando l’attenzione sull’esterno, il cervello può “staccarsi” dalle preoccupazioni. Questa operazione ti porterà ad avvertire una sensazione di vuoto. Solo quando la tua mente è distratta (da intenzioni, scopi predefiniti e preoccupazioni), può produrre di colpo soluzioni cui non avevi pensato…

Le nostre elucubrazioni viaggiano in superficie, ma sotto si nasconde la lava di un vulcano, una forza incandescente.

È lì che scorre la nostra forza vitale: un fiume di energia che ci riscalda e procede sicuro nella direzione giusta.

Frena i pensieri: tutto sarà più semplice

Più dai spazio al mondo interiore, più la vita diventa semplice. Per farlo basta sostituire i pensieri che ti ronzano di continuo nella testa, imponendoti di essere ciò che non sei, con “formule magiche” capaci di stimolare le capacità innate e le risorse presenti dentro di te. Ci sono saperi, parole e gesti che aiutano il cervello a produrre ciò che naturalmente sa produrre: le molecole della felicità. Sono metodi ideati dalla saggezza antica per metterci in contatto con le forze e le energie che ci abitano. Gli antichi chiamavano queste forze “dei”. Cosa faceva infatti l’antico egizio quando invocava il Sole, il greco quando pregava Zeus, o il romano quando alzava un canto a Marte? Uno parlava col Fuoco, l’altro andava a trovare il Fulmine, il terzo allestiva un altare alla Rabbia...

Alla mente antica - che è ancora il tratto più caratterizzante della nostra psiche - è del tutto estranea l’idea secondo cui siamo noi gli artefici dei moti interiori. Li considera piuttosto come forze cosmiche che affiorano da un territorio misterioso e profondo: demoni e divinità, forze che si sottraggono al controllo e ci ricordano che siamo abitati da una coscienza più larga e impersonale. Parlare col Fuoco del mondo vuol dire parlare col Fuoco dentro di sé. Con la preghiera gli antichi accendevano il “cervello rituale”, che ci ricollega direttamente alle energie cosmiche. Preghiera e canto erano i modi più naturali per comunicare con l’infinito, col Senza Tempo, con la dimensione cosmica che c’è dentro ognuno. Proprio di questa natura sono le parole che puoi dire a te stesso per indurre il cervello a estrarre ciò che sei.

Parlare di noi ci tiene legati al passato

Per prima cosa cerca di diventare ogni giorno più segreto: smetti di parlare di te con tutti. Quando hai un problema, un inconveniente sul lavoro, un momento di crisi col partner, quando ti senti deluso o insoddisfatto, cerchi qualcuno con cui parlarne? Pensi di risolvere le difficoltà sfogandoti? Non fai che cronicizzarle: ogni volta in cui parli di cose accadute, non solo non le superi, ma le fissi e quindi le perpetui. E i rapporti che si creano, anziché sciolti e spontanei, diventano ragnatele in cui entrambi restate intrappolati. Le chiacchiere, infatti, sono ganci a cui il passato rimane impigliato. Il passato tenderebbe per sua natura ad allontanarsi e a esaurirsi: il cervello lo elabora e lentamente matura nuove risposte. Ma tu, parlandone, richiami incessantemente indietro l’accaduto, e lo fai rivivere. Crediamo che le parole siano qualcosa d’innocuo e senza peso a causa del loro carattere volatile e immateriale. Niente di più sbagliato! Parlare è un atto concreto e fa produrre al cervello sostanze capaci di modificarne la struttura. Ogni parola che dici entra dentro di te: immagina che l’orecchio sia l’“utero del cervello”. È come se parlando lo “fecondassi”.

Affidati al silenzio

Ognuno di noi possiede un “suono interiore” a cui deve prestare ascolto, ma chiacchiere e sfoghi lo coprono. Le persone con cui parli diventano il tuo pubblico e col tempo le confidenze tendono ad assomigliare a una performance in cui porti in scena “la persona che si lamenta”. Uno spettacolo di successo, tanto da costringerti, inconsapevolmente, a replicarlo sempre di più. In questo modo prende vita una falsa identità che ti imprigiona in un ruolo, limitando di conseguenza la tua visione del mondo. Può aiutarti a uscire dai problemi un’operazione

che restringe la tua visuale? Certamente no. Riconoscere che stai facendo un cattivo uso delle parole è il primo passo per ritrovare l’accordo con la tua essenza. Il secondo passo è riscoprire il silenzio, l’unica vera medicina in questi casi. Ogni cumulo di parole ostacola infatti le risorse interne che ti potrebbero aiutare.

La mente silenziosa continua a produrre le sostanze necessarie al tuo sviluppo ma tu, chiedendo il parere di tutti, butti via le soluzioni che il cervello sta formando.

I problemi vengono risolti dal silenzio, da quel sapere innato che opera al tuo interno, non da te. Pensa alla mente come a un magazzino di parole che via via hai accumulato, e considera invece il silenzio come una forza che è con te fin dal principio. Puoi fidarti del silenzio, è della tua stessa sostanza, anzi, si può dire che sei nato da lui, che sei un figlio del silenzio.

Il silenzio è uno stato biochimico intelligente attraverso cui agisce l’energia della creazione.

Se vuoi essere felice devi “svuotarti” dalle parole e da tutti i discorsi sul passato e sul futuro, buttare via i perché, tutti i se e i ma, e prendere contatto con il sapere custodito dove non ci sono rumori, ma solo il tuo suono interiore.

Il nostro cervello ci riplasma di continuo: ma noi spesso non ascoltiamo le sue indicazioni perché ci parliamo addosso senza tregua alcuna.

Le parole che ascolti e dici si fanno corpo in te, condizionano la tua percezione, influenzano il tuo destino. Il silenzio ti offre un rifugio interiore, un luogo incontaminato e distante dall’identità esterna e dal mondo delle opinioni.

Nel silenzio il tuo nucleo può parlarti.

Spegni i “film” mentali che ti paralizzano

Non poter smettere di elucubrare è uguale a non poter smettere di bere, fumare o mangiare. Forse è peggio, perché le persone che ne soffrono non ne sono consapevoli.

Quali sono i pensieri che possono diventare una droga?

Sono i luoghi comuni, i pregiudizi, i commenti mentali, le spiegazioni forzate, i sogni preconfezionati, tutti gli imperativi… A causa loro ti separi dalla tua natura e perdi il tuo posto nel mondo. Infatti, i pensieri, le considerazioni, i ragionamenti forzati si possono concatenare tra loro nelle nostre menti.

Ecco allora un esempio di elucubrazione mentale, con una concatenazione di pensieri che arriva a condizionare la vita. Immaginiamo i pensieri nella mente di una donna: “Stasera resto a casa… Magari mi guardo un film… No, meglio di no, chiamo Giovanna e andiamo al ristorante… Quale? Quello dove sono stata con Marco? Adesso che io e lui ci siamo lasciati, meglio evitare i posti pieni di ricordi… Già, Marco mi ha lasciata e non ho ancora superato questo dolore. In amore sono sempre stata sfortunata… Forse è successo perché non ho abbastanza autostima e non sono stata amata da piccola”. Quando segui ossessivamente il procedere di un pensiero accade proprio così: cominci con il pensare a come passare la serata e ti “svegli” dieci minuti dopo con la convinzione che la tua vita sia un fallimento. E nel frattempo magari non ti sei mossa dalla tua scrivania in ufficio!

Stai trascurando di vivere ora

Esiste infatti un solo momento per incontrare te stesso: vivere ora. La maggior parte dell’iperattività mentale è invece un tentativo di scappare dal momento presente.

Esiste solo l’adesso, non c’è altro nella vita, ma ogni programma mentale o rimuginio ti porta lontano dall’adesso, cioè dal solo luogo in cui esisti davvero. Tutto accade ora e soltanto ora: questo momento è ricco di opportunità, incontri e intuizioni a patto che resti “qui”, dove ti trovi, e non solo con il corpo, ma con tutta la tua presenza.

Questi pensieri-droga si comportano come calamite: cercano di attrarre la tua attenzione usando ogni mezzo, anche emozioni e sensazioni fisiche. Ciò accade perché il pensiero è come una piccola creatura che vuole mantenersi in vita e crescere, e per farlo deve nutrirsi della tua attenzione.

Vuole che tu lo segua. Ma dove? In un pensiero ancora più grande, poi in un altro e così via, ma sempre fuori dalla semplicità del presente.

Il suo funzionamento si basa sull’inconsapevolezza: più aderisci al lavorio mentale, più lui ti allontana dalla realtà mandandoti fuori tempo. La soluzione?

Non si può certo pensare di eliminare il pensiero, e l’idea di controllarlo o bloccarlo rischia solo di rinforzarlo. Vediamo quali sono le strategie per spegnere questi pensieri.

Come far cessare il “lavorio” mentale

■ Accorgiti dei pensieri ossessivi. Devi avvertire “le chiacchiere mentali” di troppo. Immagina una musica di sottofondo che ti accompagna durante tutta la giornata a cui di colpo presti

Non rimuginare, liberati dai rimpianti e dai troppi pensieri

attenzione: tu non sei quei pensieri, ma sei colui che presta ascolto a loro.

■ Non importi di arginarli di colpo. Quando sei presente al fluire del rumorio mentale, osservalo come se fosse lo scorrere di un fiume di persone. Se cerchi di arginarlo ti ritroverai in un’altra trappola: quella di “pensare che non devi pensare!”.

■ Spostati sui tuoi sensi. Mentre il fiume di pensieri scorre, tu inizia a spostare l’attenzione alle sensazioni fisiche: cerca di percepire la vitalità del corpo, annusa, ascolta i rumori intorno a te, guarda gli oggetti. Immagina di indossare il tuo corpo come si fa con un guanto. Il corpo ti sarà d’aiuto per ritornare nel presente.

■ Sgombra la mente e affidati all’intuizione. I problemi si risolvono meglio a mente vuota. E questo perché l’intuizione è l’unica attività psichica che porta alla luce le capacità più profonde: trova soluzioni impensabili e vede anche ciò che non è immediatamente evidente.

■ Pensa facile e vivi facile. Alleggerire la testa è il primo passo da compiere per “sgranchire” il proprio cervello e rendere il pensiero più elastico. Si tratta di sfoltire i pensieri e di far entrare una boccata di aria pulita nella nostra mente, che è diventata simile a una cantina polverosa, dove si accumulano il vecchiume (ricordi, pregiudizi, condizionamenti) e l’inutile, dove si incrosta la ruggine (pensieri ossessivi, pessimismo, pigrizia mentale).

Invece di arrovellarti nel cercare soluzioni ai problemi chiediti: «Oggi cosa ho scoperto? Quali intuizioni ho avuto?». Questo ti aiuta a sintonizzarti con la frequenza intuitiva e creativa del cervello.

Perché arrivano i brutti pensieri?

I “cattivi” pensieri sono energie misteriose che fanno parte della nostra sfera psichica. Così come la notte e il giorno coesistono in modo naturale, allo stesso modo i “cattivi” pensieri e quelli “buoni” hanno uguale diritto di cittadinanza dentro di noi. E non è detto che anche tra i cattivi pensieri non si possa trovare una manifestazione del nostro essere: sono gli schemi mentali e i nostri pregiudizi (morali e religiosi) che ci impediscono di osservarli e accoglierli con naturalezza. Non li vogliamo, non accettiamo che in “persone per bene” come noi esistano dei pensieri cattivi, malvagi, o “impuri”, che ci fanno sentire “sporchi”, imperfetti. Questo accade perché ci identifichiamo solamente con il lato che noi stessi definiamo “buono”, in base ai modelli morali correnti.

Lo scopo della nostra vita è avvicinarci alla nostra essenza, che abita la nostra interiorità, con l’animo degli esploratori. Infatti gli esploratori quando vanno in terre sconosciute non sanno cosa troveranno. Noi dobbiamo fare lo stesso, avere lo stesso stupore. Quei brutti pensieri sono venuti a trovarmi e io devo essere pronto a guardarli, devo fare loro posto come a degli ospiti inattesi che ogni tanto arrivano nella mia casa.

Guai se cerco di chiudere loro la porta, tenerli sommersi, far finta che non esistano. In questo modo le parti inespresse e ignorate emergeranno comunque in modo che potrà essere nocivo e disturbante.

Io non devo liberarmi dal brutto pensiero, ma percepirne la presenza quando c’è. Sentire che c’è e che da qualche parte del mio corpo si irradia. Voglio percepirlo non per mandarlo via, ma semplicemente per guardarlo. Se lo accolgo e lo guardo, allora potrà sfumare e non si trasformerà in dolore o in disturbo.

LAScIA ANDARE

LE fOgLIE mORtE

E RIfIORIScI cOmE uN ALbERO

Ecco un esercizio per liberarti dei pesi mentali, immedesimandoti nella natura.

Vai in un parco tranquillo, o in una zona di campagna, e passeggia con calma, senza una direzione precisa. Mentre cammini lascia che i pensieri si presentino liberamente e non cercare di controllarli… Senza fermarti, immagina di essere un albero ricco di foglie, rami e radici. Immagina che le foglie siano i tuoi ricordi, i pensieri, i disagi, le relazioni tormentate, gli episodi del passato… E adesso fantastica che l’inverno le faccia cadere una a una. A mano a mano che le foglie ingialliscono e cadono, si spezzano pure i legami con il passato… Vedi scorrere via le foglie una dopo l’altra come le pagine strappate dell’album dei ricordi: l’amico che ti ha tradito, la strigliata del capoufficio, lui o lei che non ti ama più… E mentre lasci scomparire tutto ciò che non c’è più, cadono pure gli sforzi, le parole abusate, le abitudini, le convinzioni… Più vai avanti e più vedi allontanarsi le idee che ti sei fatto di te, i tuoi presunti pregi e difetti, le definizioni… Osservi le foglie volare via, e nel guardarle avverti la tranquilla forza del tronco e il piacere di liberarti di ciò che ormai ha fatto il suo tempo… Finché rimane solo la nuda essenza dell’albero. Fermati e ammira la bellezza dei tuoi rami nudi: non c’è niente da aggiungere o cambiare… Ti accorgi che i pensieri superflui se ne sono andati, e provi il piacere di essere vivo. Ora la tua pianta comincia a fiorire: è di nuovo primavera!

Se ti crogioli nei rimpianti stai rinunciando a vivere

Molte persone sono convinte di avere imboccato una strada sbagliata, di fare un lavoro non adatto, di non aver sposato la persona giusta. In alcuni casi, cambiano vita, lavoro o partner, e si aprono prospettive nuove; altre volte, invece, i cambiamenti non avvengono mai, e la quotidianità affoga in una palude di rimpianti. “Ah! Se avessi fatto… Ah! Se avessi potuto…”. Un’esistenza di rimpianti è una vita “mai accaduta”, che ci ostiniamo a trattare come reale. Il rimpianto è un enorme spreco d’energia: non vi si può costruire nulla sopra, serve solo a sguazzarci dentro! “Se quella volta avessi avuto più coraggio! Mio padre non doveva ostacolarmi! Avrei dovuto dire… Avrei dovuto fare… Sarebbe cambiato tutto in meglio!”. Ma ne siamo proprio sicuri? Chi vive nel rimpianto pensa di non aver osato abbastanza, o di essere stato vittima delle circostanze, si lamenta di tutte le ipotetiche vite che potevano essere e non sono state, si tortura in una successione di lamenti ripetuti: rim-piangere, cioè piangere ancora, e ancora, e ancora…

Conta solo quello che accade oggi

Il vero problema del rimpianto non consiste in quello che è o non è accaduto vent’anni fa, ma nel fatto che oggi continui a non osare, e con la scusa che “ormai è troppo tardi” non ti butti. Ecco come funziona il rimpianto: ti fa voltare la testa verso il passato impedendoti di vivere il presente. Il rimpianto non riguarda quello che eri o potevi essere, ma quello che sei adesso!

Un proverbio dice: il prudente per non perdere non giocò. In realtà non conta vincere o perdere, ma giocare, perché solo mettendosi in gioco accade quel che deve accadere.

Chi ti impedisce, in questo stesso istante, di “fare il tuo gioco”? Sono le influenze esterne, i modelli sociali, quello che i genitori o gli amici si attendono da te, le aspettative che ti sei messo in testa! Queste sirene ti allontanano dalla vita vera, che ti metterebbe sulla strada giusta spingendoti naturalmente verso quello che sai fare. Non riconosci il tuo destino e la tua via autentica perché, influenzato dal mondo, sei convinto che sarebbe meglio, più prestigioso, più di successo fare altro.

I paragoni sono inutili

Ad esempio: le tue amiche hanno fatto figli e tu no? Ti senti sbagliata, irrisolta, l’unica incapace di mettere su famiglia, sempre spaiata… Magari fai di tutto per trovare finalmente il compagno “serio”, e non ti sfiora nemmeno il sospetto che quella vita non farebbe per te, che se sei single un motivo ci sarà. Guarda caso le tue relazioni con persone “serie” si rivelano fallimenti totali e spesso cerchi “i compagni sbagliati” con cui vivere parentesi elettrizzanti, ma che giudichi inconcludenti nei confronti dell’obiettivo importante: avere una famiglia. Così passi la vita a lamentarti: perché non sei come le altre? Di chi è la colpa? “Ah, se solo avessi colto quella occasione…”. Non c’è proprio nessuna occasione da rimpiangere! Semplicemente dovresti smettere di giudicare con il metro sbagliato ciò che ti accade e interpretare al meglio la tua natura, seguendo il tuo istinto e senza fare continui paragoni o confronti. Ci sono infiniti modi di fare una stessa cosa, uno stesso mestiere, una stessa esperienza. Vivi la tua? Stai già realizzando te stesso.

Non fare programmi, non avere aspettative

La vita non è una corsa a tappe, eppure spesso tendiamo a stabilire una tabella di marcia, credendo che esista un tempo standard per ogni cosa. Capita soprattutto nelle ricorrenze, o quando ci si rivede dopo essersi persi di vista per un po’ di tempo. “Quando ti fidanzi? Quando ti sposi? Quando il primo figlio? Cambiato lavoro? Laureato?”. Davanti a queste sentenze camuffate da domande, andiamo in difficoltà, come se ci dovessimo giustificare del mancato raggiungimento di tappe giudicate indispensabili. Niente di più sbagliato! Ognuno di noi ha un percorso unico, che non segue iter o tempi prestabiliti.

Più ci si conforma e più si è destinati a soffrire: la vita diventa una continua rincorsa di obiettivi che non ci soddisfano mai. In balia dei falsi modelli, per compiacere gli altri o sentirci come loro, ci adeguiamo, salvo poi avere brutte sorprese. Ecco perché è il caso di fermarsi e chiedersi: “È davvero quello che voglio?”. Il segreto è “stare con quello che c’è”: solo nel presente c’è l’energia giusta, quella parentesi di “senza tempo” che ci fa sentire davvero a casa.

Così, mentre siamo immersi nelle piccole cose, senza rendercene conto tessiamo la trama sotterranea della nostra vita più autentica. In particolare nelle relazioni le aspettative sono pericolose.

“Questa volta andrà bene, lo sento, lui è l’uomo giusto!”. Così stai con la tua idea dell’altro, non con lui o lei per come è! Questa idea ti impedisce di cogliere i segnali giusti.

Vuoi incasellare la vita in un modello

Aspettarsi qualcosa significa non solo collocarsi in una vita che non c’è, ma anche manipolare il proprio comportamento, rendere artificiale qualsiasi manifestazione che non si adatta allo scopo. A un certo punto ti sembrerà normale forzare la vita, costringerla a stare nel tuo “quadretto” per farla aderire al modello che avevi in mente. Ma di una cosa puoi esser certo: il programma che hai fatto, l’idea che hai di te e il destino che pensi di perseguire prima o poi si dovranno scontrare con la realtà. Puoi programmare le questioni pratiche delle tue giornate, ma non applicare lo stesso sistema ai fenomeni del mondo interno, perché lì non valgono le stesse leggi. Il mondo interiore ti avvisa costantemente di ciò che è meglio per te attraverso percezioni, intuizioni, sensazioni. Se ragioni con una mentalità statica, nel costante tentativo di raggiungere una meta prefissata in ogni campo, finisci per non vedere o rifiutare incontri e proposte che la vita ti offre e che sarebbero decisivi, perché ti porterebbero più vicino al tuo vero talento, a ciò che ti piace e ti realizza.

smettIla dI tormentartI - “Non dovevo comportarmi così…”, “Mi ha lasciato e non riesco a dimenticarlo”, “Dopo quella scenata, che opinione avranno di me?”, “Non riesco a essere una brava mamma”: tutte frasi che possiamo trovarci a ripetere all’infinito, come un disco rotto. Si presentano puntuali come un tarlo che continua a riaffacciarsi, ad esempio, quando soffriamo per la fine di un amore e vogliamo a tutti i costi cercare una spiegazione, o nei momenti in cui il futuro ci fa paura, oppure mentre riflettiamo su avvenimenti accaduti nell’arco della giornata.

Ma guardare l’esistenza con il solo occhio della ragione è riduttivo e se affidiamo ai pensieri il compito di guidarci e di illuminarci rischiamo di perdere l’orientamento.

Dedicati ad attività fisiche e interrompi il rimuginio

Siamo abituati a tenere in scarsa considerazione ciò che è pratico o concreto, materiale ed elementare, abbiamo dimenticato che quasi tutto ciò che abbiamo imparato da bambini lo abbiamo appreso con il corpo, agendo concretamente.

Perdersi in una semplice attività pratica ti fa attingere a risorse infinite, spegne i pensieri e allontana i disagi. Riscopri il sapere antico che ti guida a usare le mani, a costruire qualcosa di personale e tuo. A risveglirare la creatività.

lascIatI andare e crea - Quando ti senti invischiato in una ragnatela di pensieri e hai l’impressione che ti stia sfuggendo il contatto con la realtà, se ti senti confuso e disorientato, concentra l’attenzione sul corpo e dedicati a un’attività pratica (cucinare, riordinare, aggiustare qualcosa…) come fosse la cosa più importante che puoi fare in quel momento. Risvegliare il tuo “lato” pratico, eseguendo azioni semplici, infatti, manda via i cattivi pensieri: sarà la concretezza, allora, ad aiutarti a ritrovare soluzioni immediate e semplici a problemi complicati.

Concentrati sul corpo

Quando la mente è assorbita da un pensiero, per cercare di eliminare il continuo “lavorio” mentale la cosa migliore che possiamo fare è mettere in movimento il corpo. Per esempio,

Non rimuginare, liberati dai rimpianti e dai troppi pensieri

dedicandoti a uno sport che ti appassiona. Noterai che il movimento fisico dopo qualche minuto azzera il ragionamento, producendo nel cervello sostanze del benessere come le endorfine, che hanno il potere di procurare stati di piacere e rilassamento, anche mentale.

Sono sufficienti 30 minuti di attività fisica moderata (camminata, corsa, nuoto, ecc.) per attivare l’anandamide, che è una delle più importanti “molecole del relax”.

Vedrai che abbandonarsi al corpo, concentrarsi su di esso e sulle sensazioni che provi, ti lascia leggero e senza pensieri.

L’AbItuDINE:

gEStI RIPEtItIvI

DIvENtANO PENSIERI RIPEtItIvI

Spesso capita di avere la sensazione che le difficoltà si ripresentino sempre uguali, come se si fosse condannati a vivere e rivivere più e più volte gli stessi problemi. E i pensieri diventano tanti, troppi e… inutili. Questo accade soprattutto con i pensieri che, in qualche modo, sono portatori della nostra identità, a cui è difficile rinunciare e di cui forse abbiamo anche bisogno per attivare parti di noi che tendiamo a sottovalutare. Ogni volta che mettiamo in campo una risposta automatica e prevedibile, però, inconsapevolmente, riproduciamo sempre gli stessi schemi di pensiero e di comportamento, così che ogni atto non è mai risolutivo e non scioglie i nodi che abbiamo dentro. E per questo ritorna, si ripresenta. E ci tiene in trappola.

Capitolo 3

Lasciati guidare dall’istinto naturale nel fare le tue scelte

Ogni giorno capita di prendere decisioni, piccole o grandi. Spesso procediamo in automatico, affidandoci alla ragione. Ma non sempre questa ci indica la strada adatta per noi. Allora è importante mettersi ad ascoltare il proprio centro, il nostro mondo interiore. Solo lì ci sono le domande e le risposte giuste, quelle che ci indirizzano sul percorso di crescita che è solamente nostro

La difficoltà di prendere le decisioni giuste per noi

Ci sono momenti nella vita in cui ci troviamo di fronte a una scelta decisiva, o a un dubbio all’apparenza irrisolvibile. Sto con lui oppure no? Mi trasferisco o rimango a lavorare qui? Certe decisioni possono cambiare il nostro destino. Vorremmo avere tutte le risposte e non ci dormiamo la notte: ragioniamo, valutiamo, a volte stiliamo la lista dei pro e dei contro, con l’ansia di toglierci dallo stato di immobilità, senza sapere che in questo modo ci impantaniamo sempre più, come chi si agita in balia delle sabbie mobili.

AffidAti Ai sAperi del tuo mondo interiore - Quale sarebbe invece una mossa vincente? Affidare la risposta al nostro nucleo interiore, che possiede saperi che nemmeno immaginiamo. Ma come riuscirci in concreto? La prima cosa da fare quando siamo confusi è decidere consapevolmente di “non fare niente”: sospendiamo per il momento qualsiasi tipo di decisione. Poi, tutte le sere prima di andare a letto, poniamoci una domanda chiara: “Lo lascio o sto con lui?”. Non occorre, però, cercare alcuna risposta, solo sostare un secondo di fronte all’interrogativo, e poi andare dormire: in questo modo lo lasceremo depositare dentro di noi. Attendiamo, senza coltivare alcuna aspettativa precisa, con lo sguardo posizionato sul nuovo e sulle sensazioni che proviamo.

Le risposte arriveranno magari attraverso un sogno, un’immagine, un’emozione vivida, un ricordo improvviso e illuminante, oppure un evento che ci farà uscire dal nostro “blocco”.

se ti trovi dAvAnti A un bivio - Molti chiedono: “Una cosa che mi piacerebbe fare contrasta con ciò che c’è attorno a me, con quello che ritenevo giusto, e mi crea conflitto; come devo agire?”. In questi casi non pensare all’azione, ma al tuo sguardo. Guarda ciò che c’è e… aspetta. Ora dentro di te è arrivata una passione per uomini sconosciuti, ma contemporaneamente c’è un matrimonio, in cui la passione va… così così.

La vita ha voluto che conoscessi la contemporaneità di questi due stati d’animo. Vedere la compresenza non significa dover scegliere uno dei due. All’anima non importa che tu sia una brava moglie o un’amante trasgressiva, ma che tu realizzi il tuo seme, il tuo cammino, e ti manda gli imprevisti per farti schiodare dall’immobilismo.

“Non sono importanti gli imprevisti, dato che sono passeggeri”: questa frase è un alibi. Conta forse la durata per valutare se qualcosa ci riguarda? Così ignori ciò che ti accade.

“Forse è meglio lasciare mio marito”: anche questa frase è un altro alibi, il tentativo di mettere le cose a posto secondo la mentalità comune.

Guarda l’evento: in te sono presenti due diversi stati affettivi. L’amore del focolare, che ti radica, e quello della passione, che rompe la continuità: si tratta di due amori diversi, di due stati differenti della coscienza.

Le due passioni si alimentano a vicenda. La verità, anche se non la riconosciamo facilmente, è che gli amori trasgressivi non rovinano la nostra famiglia; anzi, l’incontro con uomini sconosciuti sembra per certi versi rinsaldarla. Cosa puoi imparare da tutto questo? Che puoi vivere più dimensioni, che in te possono esistere contemporaneamente amori passionali e “unioni fredde”. Chi ti dice che sperimentare stati d’animo differenti non sia la via per portarti altrove? A un amore inatteso? A rinfocolare il matrimonio? Forse a nuovi interessi o lavori…

le domAnde dA fArti - Quando sentiamo dentro di noi un’opposizione tra due tendenze, non dobbiamo mai mettere l’una contro l’altra cercando di “risolvere il dilemma” razionalmente. La ragione dà solo risposte scontate, che valgono per tutti, quindi per nessuno.

Poni invece le due cose l’una accanto all’altra e guardale, senza dire niente. Sulle faccende affettive non dobbiamo mai scegliere: sarà la nostra essenza a decidere per noi, a patto che ci arrendiamo. Arrenditi, non cercare di cambiare nulla, e la soluzione maturerà da sola. Bastano poche domande per orientarsi nella quotidianità. Che cosa mi interessa? Cosa mi piace? C’è qualcosa che non sto facendo e che mi attrae? Il tuo sguardo si deve liberare dal progetto di mettere a posto il rapporto con tuo marito, e dall’idea che, se con lui è finita, vuol dire che hai sbagliato a sceglierlo.

Tieni lo sguardo posato sull’interno

Lo sguardo deve posarsi sull’interno, perché quando l’interno è felice, trova da solo le risposte. Quando sei in un buon rapporto con te stessa automaticamente l’anima, se un rapporto è finito, lo fa finire, ma non dipende da te, dalle tue domande e dalle tue risposte.

L’anima non sceglie in base alle convenzioni o alle opinioni: sceglie una persona con cui si trova bene sul piano energetico, con cui avverte di realizzare, meglio che con altri, le forze interiori che la abitano.

Allora devi avere il coraggio di dirti che, nonostante tutto, ora hai bisogno di questi incontri e anche di tuo marito. Eros e passione vogliono farti percorrere la strada che ti serve, sia quel che sia. Nello stato erotico l’anima libera interessi e passioni che neppure sospetti di custodire, perché il compito dell’Amore è far maturare l’anima e le nostre doti nascoste. Se fai

così puoi accorgerti di un fenomeno straordinario: mentre tu passi anni a valutare cosa va o non va bene in te e nella tua vita, mentre pensi e ripensi agli errori che hai fatto, mentre ti sforzi di capire come cambiare la situazione per uniformarti a quei modelli di felicità e perfezione assorbiti dall’esterno, mentre ti affanni in mille modi per “mettere le cose a posto”, dentro di te sono in funzione le aree della creatività, espressione dell’energia vitale che ha trasformato un ovulo fecondato nell’essere che ora sei. Sono attive, proprio ora! Dentro di te si sta producendo la felicità, adesso! Ma tu sei troppo occupato da te stesso per vederlo. Sei fuori fuoco, non vedi la realtà. Devi cambiare lenti e tornare a fuoco: per riuscirci ti basta guardare la vita con le lenti del mondo interiore e dell’anima.

Non sai cosa decidere? La soluzione non è pensarci, ma affidare la risposta al tuo mondo interiore che possiede saperi che nemmeno immagini. Quando sei in un buon rapporto con te stesso automaticamente l’anima, se un rapporto è finito, lo fa finire, ma non dipende da te, dalle tue domande e dalle tue risposte.

Cerca quello che va bene per te

Nelle scelte della vita, non conta “quel che è giusto per tutti”, ma “quel che è giusto per te”: cosa senti davvero tuo, cosa ti fa battere il cuore, cosa espande il tuo respiro e ti fa sentire bene? Nel corso della vita molte cose cambieranno, ma avere sempre questo “radar” acceso, non perdere la sintonia con la tua essenza, ti permette di trovare sempre il terreno adatto per fiorire. Le psicoterapie sono un buon banco di prova per comprendere come di solito tutti noi ragioniamo, perché le persone, in quella situazione, sono scoperte, senza difese, e i loro schemi emergono subito. Un grande classico, ad esempio, è il fatto che

tutti vanno da un terapeuta con l’idea di dover assolutamente decidere: “Sono bloccato in una situazione e non so decidermi, ma devo assolutamente farlo, quindi sto male. Mi aiuti a decidere, la prego!”.

il vero problemA non è quello che credi -Tutti hanno in mente un problema, una domanda (“Che cosa devo fare?”) e due possibili alternative: “Devo assolutamente risolvere il problema con mio marito: non lo amo più, lo lascio o rimango?

I parenti mi opprimono, vorrei tagliare i ponti ma mi sento in colpa: cosa devo fare? Sono io che sbaglio o è lui? Dovrei accettare o ribellarmi? È l’uomo giusto o il solito sbaglio? Me ne vado dal lavoro o insisto? Ma se resto, vuol dire che sono debole? E se vado via, vuol dire che sono irresponsabile? E poi cosa accadrà? Cosa penseranno tutti?”.

L’urgenza è la tonalità emotiva prevalente di questi interrogativi. Ma in tutto questo vorticare di domande, è chiaro che, in realtà, non sanno affatto cosa vogliono e che hanno la testa piena di frasi fatte, di imperativi, di regolette morali, di “tutti dicono che”, di “si dovrebbe fare così, ma…”, di “questo è giusto e questo è sbagliato”: tutte idee che confondono ulteriormente il campo.

La prima cosa che fa lo psicoterapeuta è spiazzare: “Bene, ciò che faremo per cominciare è non prendere nessuna decisione”. La terapia inizia sempre così: quello che pensi sia il problema, non è mai il vero problema.

Quella che pensi sia la domanda cui non sai dare risposta, non è la vera domanda (anzi, per questo ti blocchi, altrimenti avresti già trovato la risposta).

E soprattutto: la decisione che pensi di dover prendere non è la decisione davvero importante. “Dover decidere a tutti i costi” è la malattia, non la cura.

Se segui gli altri, ti allontani da te

Abbiamo tutti a che fare insomma con domande e decisioni sbagliate. Per questo ci pare di non sapere chi siamo, cosa vogliamo, tutto appare nebuloso. Sarebbe strano il contrario. In base a cosa pensiamo infatti di dover scegliere? In base a idee morali, a esempi più o meno famosi, a tradizioni familiari, a usanze, a standard, a modelli di perfezione o a luoghi comuni: “Tutti hanno fatto così, chi sono io per non farlo? Loro sì che ci sono riusciti! Dovrei somigliare a lui che ha ottenuto il meglio! È quella la cosa giusta da fare!”. Ma il problema è che spesso questi stessi principi sono ciò che ci frena e ci confonde, perché producono sensi di colpa, giudizi continui su di sé, irretimenti emotivi: “E se poi sbaglio? Trasgredirei le regole, non posso farlo. Cosa penseranno gli altri? Cosa pensaranno i miei genitori? Non me lo posso permettere, non sono all’altezza, non fa per me, non sono tagliato”. Siamo in una specie di loop: se ti immergi nel sapere comune, ti allontani dal tuo centro, il solo che sa cosa vuoi. Attenzione: lui lo sa, tu no. Il tuo seme sa che pianta sei: tu invece sei convinto di essere un’altra pianta e confondi le carte. Ecco perché più cerchi di deciderti, di sistemare le cose, di capire cosa tenere e cosa mollare, meno ci riesci e più amplifichi il blocco.

Quando le domande restano senza risposta, le alternative non vengono sciolte, non riesci a decidere. Che fare? Cambiare atteggiamento. Fare spazio all’ascolto di sé, all’intuito, a percezioni sottili, all’istinto.

Le testimonianze del resto sono concordi: le decisioni scoccano da sole come una freccia e vanno al bersaglio al momento giusto. Più insisti a ragionarci, meno capisci qual è la tua strada: è sempre un lato misterioso di te, non visibile, quello che decide. Per questo è importante, come scopriremo, distrarsi in-

vece che concentrarsi. Cambiare sguardo invece che insistere. Affidarsi all’istinto e a facoltà intuitive non è “magia”, ma una modalità per attivare facoltà naturali del cervello e per imparare ad affidarsi, a non voler controllare. Quando non controlli con la mente, in modo spontaneo si innestano nel processo altre facoltà. Facoltà… decisive! Sei indeciso? Smetti per un momento di concentrarti sulla scelta da fare e guardati intorno.

Se ti distrai dal problema su cui stai ragionando, attivi nel cervello stati creativi direttamente collegati ai nuclei emotivi profondi, che custodiscono la tua identità.

I due errorI da evItare

■ Affidarsi alla mente: di fronte a un bivio della vita, ti spacchi la testa pensando e ripensando a una soluzione. In questo modo pensi di analizzare in profondità, in realtà ti limiti ad applicare schemi mentali rigidi, senza vedere che a volte basta spostare lo sguardo di un metro più in là per cambiare tutta la prospettiva.

■ Chiedere consiglio agli altri: per non prenderti la responsabilità delle tue scelte, chiedi consiglio a tutti o ti metti nelle mani di un manipolatore. È una tentazione pericolosa perché nessuno può davvero sapere ciò che fa per te. L’altro ti può dare solo la sua visione. E facilmente è una visione basata su ciò che interessa, piace o serve a lui, che magari è diverso da ciò che interessa, piace o serve a te…

L’ansia di dovere decidere ti fa sbagliare scelte

Come l’acqua del torrente che incontra un ostacolo, anche a noi può capitare di non riuscire a proseguire di fronte a una situazione della vita imprevista o complicata. Inutile girare in tondo come un mulinello, meglio fermarsi e mettere in campo piccoli accorgimenti per aiutare lo sblocco della situazione.

Ecco qui di seguito alcune semplici ma fondamentali regole che possiamo adottare subito per fermare il nemico numero uno: l’ansia di decidere!

■ Non è vero che devi fare in fretta, che devi scegliere subito a tutti i costi, che esistono solo l’opzione A e l’opzione B. È proprio l’ansia di decidere che restringe il tuo sguardo. Prendi tempo e osserva ciò che ti circonda senza darti nessun obiettivo immediato.

■ Prova a dirti: “Sì, sono qui e non so cosa scegliere”. Accogli la situazione, con la sua ambiguità e le sue contraddizioni.

■ Non agire sulla base del principio “qualcosa devo sacrificare”. Si stanno manifestando lati opposti di te: chiedono udienza, non di scartarne uno. Potresti tagliare qualcosa di prezioso! Prima di fare scelte, ascoltati senza dare giudizi.

■ Cerca di chiederti: “Cosa non sto vedendo di me? Anche prima che si affacciasse questo blocco, cosa non stavo esprimendo da troppo tempo?”. Riattiva capacità e passioni dimenticate.

■ Più ci pensi, meno riesci a decidere. Stacca la mente, distraiti, vai in mezzo alla natura o fai qualcosa che ami e che ti fa stare bene: questo ti ricollega a te.

Scopri che cosa ti blocca

La vera scelta, non è quella che pensi tu: il bivio di fronte a cui sei fermo nasconde un conflitto interiore che non vedi. Sospendi gli sforzi e sposta l’attenzione dal “problema” che ti assilla. Attivi così un altro sguardo: istintivo, intuitivo, naturale. La vita è strana e imprevedibile e spesso ci sorprende. Non c’è nessun rettilineo da tracciare e seguire, anzi quando diamo troppo per scontate le cose, le situazioni, le identità, accadono degli eventi che in apparenza ci mandano fuori strada. Nella vita di coppia questo ha spesso il volto del tradimento. Tutto viene messo in discussione: qual è la cosa giusta da fare? Non ci facciamo però la vera domanda: e se invece quel momento di sbandamento fosse necessario per ritrovare noi stessi? Spesso quello che dobbiamo fare non è prendere una decisione, al contrario: è provare a fermarci e a guardare oltre. La vita ci ha portato a quel punto non per decidere, ma per vedere qualcosa di più profondo, che solo ora può emergere.

nelle decisioni d’Amore - La domanda non è se restare con lui, ma se restare… con te! Accade a molti: lasciano il partner per l’amante, ma poi la nuova convivenza dura pochissimo. Finché era un’alternativa da sognare li infiammava, ora che possono vivere assieme ogni giorno, capiscono che non hanno niente in comune.

Questo accade perché il tradimento, talvolta, rappresenta l’unico modo che la persona trova per contattare la parte di sé che non sta più agendo: la parte vitale e avventurosa, ridimensionando la ricerca di sicurezza, che ha preso troppo spazio. Non è desiderio di un’altra relazione, ma di un altro “se stesso” quello che ci anima. Ecco perché la domanda classica, “Sto con lui o con l’amante?”, non ha in realtà molto senso. “Scelgo una via o l’altra?”. L’illusione è che pensandoci arriverai a una risposta. Non è così. Il blocco non arriva per farti decidere, ma

per fermarti e farti guardare dentro. C’è una parte di te che non vedi e che vuole emergere. Solo osservando le cose da un’altra prospettiva puoi rendertene conto.

In una situazione di crisi, la maggior parte delle persone reagisce in modo molto simile: il pensiero corre subito a esperienze passate, a qualcosa di già accaduto con cui fare confronti e da cui prendere lezione.

Così però rinneghiamo il nuovo, che è il nutrimento stesso della vita. Allo stesso modo ci si lascia guidare da convinzioni radicate, spesso inconsapevoli: credenze che abbiamo acquisito e che diamo per scontato. L’idea di dover prima di tutto “decidere” è una di queste. Una convinzione che trascina in un automatismo, diventa il tessuto di falsi ragionamenti, ricordi, giudizi, illusioni cui ci aggrappiamo.

non devi scegliere in frettA - Come già accennato, il fatto che si debba decidere subito è una credenza comune, che spesso è un vero e proprio blocco emotivo, è quella secondo cui “non decidersi è da irresponsabili, è come fare lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia per far finta che i problemi non esistano”. È l’esatto opposto.

Non prendere decisioni affrettate nei momenti di crisi serve a sospendere l’intervento della parte più superficiale e manipolabile del nostro cervello, e permette di liberare lo sguardo e ad attivare saperi più profondi, dell’anima, dell’inconscio.

Fai coesistere tra loro i tuoi desideri

Prova a chiederti: cosa c’è in questo istante dentro di me? Emozioni, desideri, sensazioni possono risvegliare stati creativi del cervello. Così smetti di sfinirti con domande inutili e attivi energie e saperi molto più autentici ed efficaci, che ti indicano la strada giusta.

spegni il tirAnno che è in te - Dietro frasi come “Devo cambiare, devo smetterla, ma non riesco! Cosa devo fare? Chi devo essere? Cerco di essere quello bravo e fedele ma poi esce la rabbia!”, emerge proprio il tiranno, che tenta di schiacciarci dentro un ideale irrealizzabile e innaturale. Ecco il perché della rabbia: è l’unica via per liberarsi dalle catene che la mente gli impone. Non siamo rabbiosi perché “sbagliati”, ma perché ci imponiamo una camicia di forza fatta di azioni e modelli artificiali. Non serve capire come eliminarla, ma agire in maniera più spontanea, meno perfetta, ma più autentica. Appena lo capiamo, i suoi rapporti diventano più fluidi e anche la rabbia può sfumare. Ogni volta che scegliamo una parte di noi e ne sacrifichiamo un’altra, creiamo un conflitto inconscio: ci sentiamo in lotta e non riusciamo a prendere una direzione perché è come se remassimo tenendo la barca legata al molo. Più tiriamo e più il nodo si stringe! Per scioglierlo abbiamo bisogno di accogliere proprio le emozioni che apparentemente ci sono nemiche. Occorre cambiare atteggiamento: anziché giudicare dobbiamo osservare, anziché cancellare una nostra caratteristica dobbiamo farla esprimere, anziché lottare dobbiamo dialogare. Solo così il nodo si scioglierà, lasciandoci liberi di andare.

lAsciA emergere tutti i tuoi lAti - L’anima umana è fatta per esprimersi attraverso molti volti. Ogni volta in cui ti imponi di sceglierne uno e di eliminarne un altro perché averci a che fare ti crea problemi o sensi di colpa, se insomma ne censuri alcuni in favore di altri, che reputi migliori, generi un conflitto e un disagio che poi si manifesterà in un problema concreto con te stesso o con gli altri: quelle parti censurate salteranno fuori sotto forma di disagi, sintomi, conflitti relazionali e sofferenza. Ecco allora affacciarsi ansia, panico, depressione, litigi immotivati, attacchi di rabbia o di gelosia, insoddisfazione, noia e così via. Sforzarti di risolvere questo problema “finale” ti confonde

ancora di più, perché il problema è solo un effetto superficiale del conflitto più antico e profondo. Per accorgerti di questo meccanismo hai bisogno di portare l’attenzione dentro di te.

Diventare più “larghi”, puntare alla completezza significa assorbire le contraddizioni che ci abitano, senza escludere nulla. Allora scegliere non è un modo per amputare parti preziose di sé, ma un naturale processo che integra tutto.

La decisione giusta arriva all’improvviso

Dice lo scrittore Richard Bach: “Certe domande ci lasciano perplessi per anni, poi una tempesta di risposte arriva improvvisa dall’ignoto, frecce di un arco che non abbiamo mai visto”. Quando la nostra anima è libera dalle pressioni dell’Io, ci porta tutte le risposte di cui abbiamo bisogno. Che sono sempre state lì, ma non le abbiamo colte a causa delle nostre identificazioni, della cocciutaggine, di quel controllo mentale che, sottile come un filo di seta, sembra quasi non ci sia. Ma è tenace e sa travestirsi. È come certi fili di ragno: li vedi solo quando c’è il sole basso che li attraversa. Accade quando ci fermiamo e decidiamo di osservarci dall’esterno: ci accorgiamo di quel filo sottile che risplende nella luce della consapevolezza e in quel momento smettiamo di farci domande.

fAi pArlAre l’inconscio: lui sA cos’è meglio - Per decidere al meglio nella vita devi tornare in diretto contatto con gli stati energetici più profondi. Ecco come farli affiorare. Trova un luogo tranquillo, mettiti comodo e chiudi gli occhi. Porta l’attenzione sul tuo respiro e quando ti senti abbastanza rilassato comincia a pensare a una situazione che ti crea dolore. Che sia la relazione con gli altri, il lavoro o una parte di te che fatica a emergere. Qualsiasi cosa voglia essere vista, prestale

attenzione. Se qualcuno ti ha creato sofferenza, allontanati dal ruolo della vittima: non “sei” quel dolore, lo stai solo vivendo. Lascialo affiorare e permettiti di sentirlo. Rappresenta una parte di te che da sempre hai fatto fatica a integrare. Adesso sei pronto: procurati un quaderno… Sarà il quaderno delle tue poesie. Cosa ti ha mosso il dolore? Era una situazione? Una persona? Un aspetto di te che proprio non ti piace? Concentrati per qualche secondo, poi inizia a scrivere di getto senza mai staccare la penna dal foglio, ogni parola attaccata alla successiva. Scrivi ciò che arriva senza esercitare alcun tipo di controllo mentale. La mente si perde, all’inizio potrà sembrarti che le parole non abbiano molto senso, ma tu vai avanti finché il flusso di parole e frasi non si esaurisce da solo. Quando hai finito, rileggi e cerchia poche parole (da cinque a dieci) che senti più forti: saranno le parole chiave che utilizzerai per comporre la tua poesia. Usa queste parole per una breve poesia in cui “ti rivolgi” all’evento che ti ha mosso dolore e lo accogli dentro di te. Bastano pochi versi, da tre a dieci al massimo. L’importante è che tu scriva in rima, come una filastrocca antica che potrai portare con te tutto il giorno. Le decisioni che prende la mente sono sempre figlie del dolore e della lotta. La decisione che prende l’anima invece va sempre diretta al fine. Quando la ragione si fa da parte, emerge il campo sterminato delle energie naturali: se ti affidi a loro stai tranquillo perché la Natura non sbaglia mai!

Cosa fare quando non riesci a decidere

Un antico racconto chassidico narra di un Rabbi a cui tocca valutare una contesa tra due avversari. Inizia a parlare il primo, e quando ha finito il Rabbi sentenzia: “Hai ragione”. Poi parla il secondo, che esprime ragioni opposte, e il Rabbi alla fine dice: “Hai ragione”. Uno dei presenti accusa il Rabbi

di essersi contraddetto. Il Rabbi lo ascolta e alla fine dice: “Hai ragione anche tu”.

Confucio, riprendendo l’antica sapienza taoista, sosteneva che il saggio non ha idee. Significa che solo quando la mente è aperta (ossia libera da convinzioni su ciò che è giusto o sbagliato) smette di fare da filtro nei confronti del mondo interiore e dell’energia vitale che vuole affiorare. Cosa, invece, chiude e blocca la mente? Sono i nostri schemi e modelli mentali: “Devo essere una brava mamma, un uomo di successo, un figlio migliore; devo correggere certi miei difetti, cominciare a comportarmi come si deve…”.

Riempire la mente di idee preconcette e modelli di vita distrugge la nostra spontanea forza di volontà (che vuole portarci dove decide lei, non dove pensiamo noi); ci assoggetta al giudizio altrui e ci rende ciechi di fronte al nostro vero destino. Dare meno importanza al ragionamento e più all’istinto è indispensabile affinché attitudini e capacità spontanee possano emergere dal tuo interno.

Ogni volta in cui la tua mente razionale fa un passo indietro, tu ne fai uno in avanti.

in te convivono pAreri opposti - “Non so cosa fare. Prima mi dico: lo odio, devo lasciarlo. Passa un’ora e mi convinco che lo amo. Più ci penso e meno ne vengo a capo”. Spesso vai nel pallone proprio in situazioni simili: a tenerti in scacco sono i dubbi sul tuo partner, che magari ti piace ma non è proprio come vorresti. Quando ti contraddici e senti arrivare la confusione e l’incertezza, se resisti e cerchi di decidere con chiarezza e attraverso i ragionamenti è peggio. Il caos sopraggiunge per spazzare via le tue convinzioni; la contraddizione è un regalo dell’anima. Nel momento in cui accetti il contrasto e la presenza di entrambi i lati di te stesso, puoi fare un grande

passo in avanti sulla tua strada. L’equilibrio presuppone infatti proprio la presenza dei due opposti. Dobbiamo accettarli entrambi. Se decidi di non stare solamente da una parte o dall’altra incominci davvero a trovare il tuo baricentro.

stop Ai dubbi che ti bloccAno - Le perplessità e i dubbi sono l’altra faccia del senso di colpa e affiorano quando ci sentiamo in difetto rispetto a un modello dominante. “Avrò fatto bene? Sono stato abbastanza bravo? Era proprio quella la cosa da fare o avrei potuto fare una scelta migliore? Cosa devo decidere per non sbagliare: quello che dice mia mamma o quello che consiglia la mia amica?”. Questi non sono dubbi utili: la testa si affolla di pensieri, prefigura tutto ciò che potrebbe accadere, escogita delle scappatoie… Tutto un lavorio mentale che non porta a soluzioni ma ci allontana dalla naturalezza, bloccandoci. Impariamo dai grandi saggi: quello che ritieni essere la tua convinzione, il tuo ideale, e a cui magari ti attacchi come parte della tua identità, è solo una scorza superficiale. Il tuo parere non è in effetti quello che nasce dal profondo di te, ma è un riflesso dei tuoi incontri del passato, delle opinioni altrui, di un modello in cui sei immerso. Prenderlo in considerazione va bene, ma farsene dominare è deleterio.

Cerca di dare meno importanza alle opinioni e ai giudizi, persino ai tuoi: se osservi le cose senza giudicarle, diventi libero di fare spazio alla tua vera volontà.

Se la risposta sulle decisioni da prendere viene spontanea va bene, altrimenti non c’è niente da decidere. Prendo atto che ci sono due poli opposti e non scelgo. L’anima è naturale e non pensa, decide. Le soluzioni che contano sono quelle spontanee. Bisogna portare l’attenzione su qualcosa di sconosciuto: allora l’impossibile si fa possibile.

Una guida infallibile: l’istinto di essere felici

Ognuno di noi ha la capacità innata, fornita dalla natura, di trovare la strada giusta per la propria realizzazione. È una capacità pratica, concreta, che ci permette di fare la cosa giusta senza bisogno di studiare prima quale sia. Come il genio della lampada, il tuo istinto sa come farti avere quello che ti serve e renderti felice. Ma attenzione a non lasciare alla mente il compito di formulare i desideri: è troppo influenzata dalle opinioni esterne e chiederebbe cose che non fanno per te.

Qual è il nostro peggiore difetto? Siamo sordi ai messaggi del nostro istinto. Pensiamo di sapere tutto e facciamo solamente una gran confusione. Assordati e storditi da tutto il chiacchiericcio dei pensieri, ci blocchiamo e non prestiamo ascolto all’unica voce che può davvero guidarci, alle nostre doti originarie. Al punto da andare a sbattere contro il muro delle decisioni sbagliate e inutili, con la foga di mosche intrappolate in un bicchiere prima di accorgerci che c’è tutto un cielo a disposizione per volare.

È una bussola naturale

L’istinto non è l’abito nuziale, da usare una volta o due nella vita e poi da riporre nel baule. È qualcosa che ci “veste” ogni giorno, come la pelle. È un sapere innato, proprio di tutti gli esseri viventi, che guida le scelte di ogni giorno verso azioni in linea con la propria natura, capaci cioè di esprimere e preservare la nostra unicità.

■ Ti fa fare la cosa giusta. Lo sai e basta: è quella la cosa giusta da fare. Magari non sai bene perché, ma non ti importa. L’istinto ti indica sempre la via più breve tra te e la tua realizzazione. E ti rende capace di fare cose senza averle mai imparate. ■ Ti manda le intuizioni. A volte sai in anticipo come andranno certe situazioni. Oppure ti basta un gesto o una frase per capire al volo una persona. È un fiuto particolare che hai dentro di te.

■ Ti fa notare le coincidenze. Leggi in un libro di un personaggio che cambia mestiere: pensi che anche a te piacerebbe e poco dopo ti chiama un vecchio amico per proporti un nuovo lavoro.

■ Ti parla attraverso il corpo. Il corpo è la casa dell’istinto: così sentiamo le cose a pelle, a naso, col cuore. Senza dimenticare altri sintomi, come sfoghi cutanei, tachicardia, rossore…

■ Si affaccia nei sogni. Quante volte capita che, dopo un periodo in cui ci sentiamo smarriti, senza direzione, arriva un sogno a svegliarci, evocando ricordi, persone o situazioni che avevamo dimenticato… Che cosa ha visto il nostro inconscio?

Qualcosa che nella veglia, quando diamo importanza solo ai pensieri, non avevamo notato ma che l’istinto conosce perfettamente.

■ Ti fa trovare pronto agli imprevisti. Pensi che la tua vita sia incanalata su determinati binari, che non ci sia più spazio o tempo per novità, e poi succede qualcosa che la rivoluziona. È l’istinto che ha chiamato quell’evento e ti ha portato proprio a quell’incrocio, al posto giusto e al momento giusto.

È spontaneità, non impulsività

Ecco gli errori più comuni che ci fanno considerare con sospetto l’istinto e i suoi poteri.

■ Non è un impulso distruttivo, un raptus imprevedibile. “Se seguissi l’impulso potrei mettermi nei guai”; “Ho paura dei

raptus: quando sono in macchina sbraito contro tutti, per fortuna non mi sente nessuno”.

Molti scambiano l’istinto spontaneo con l’impulso distruttivo o trasgressivo. No, l’istinto è quello che ti fa fare azioni che senti tue, che ti fanno sentire a casa, che mettono in luce lati autentici di te. L’impulso invece è una valvola che è stata chiusa troppo a lungo. In realtà avverti come distruttive alcune tue pulsioni perché ti sei barricato ostinatamente dentro uno schema mentale (ad esempio: “bisogna andare d’accordo con tutti”). Ecco allora che le energie censurate, quando emergono, diventano dirompenti.

■ Non è il ribaltamento della norma. “Dobbiamo imparare a lasciarci andare”: l’idea che l’istinto sia semplicemente “agire al contrario” rispetto alle convenzioni sociali è un tipico modo di intenderlo come unilaterale e rigido. E se l’istinto quella volta ti dicesse invece di tener duro?

Oppure: “Tutti dicono che piangere fa bene: sfogati!”. È di nuovo un diktat della mente, una forzatura: si piange quando si deve piangere, e non ci si rilassa certo a comando. Altrimenti è solo una recita. L’istinto è come il vento: puoi farti portare, ma non puoi condurlo tu.

■ Non è un’identità rigida. “Non posso farci niente, sono fatto così, è istintivo”. In realtà quello che definisci “te stesso” è sempre un evento temporaneo, non puoi tenerlo fermo a lungo: il “te stesso” è un processo in continua evoluzione. In quel “sono fatto così” invece stai fissando un’identità, una convinzione su di te. Certo, in quel momento era così; ma ora sei già altro. Chi si crede passionale, nasconde sempre un lato freddo, chi si vede controllato non sa che ha dentro un selvaggio pronto a uscire. Se ti aggrappi a un solo volto, perdi la tua spontaneità.

■ Non è una reazione automatica, una coazione a ripetere. “Mi viene da fare così: lo so che sbaglio, ma faccio sempre allo

stesso modo”. Succede quando chiudi l’istinto in gabbia. Lui continua a battere su un punto perché tu non gli lasci altra possibilità. Ad esempio: ti credi pudica, ma poi fai continue gaffe che nascondono doppi sensi volgari. In questi casi l’istinto ti propone aspetti di te diversi ma tu lo censuri: allora lui continua a riportare alla luce proprio ciò che rompe la tua maschera artificiale.

Se ti sorprende, è la cosa giusta da fare

L’istinto è una specie di provvidenza: grazie a lui trovi ciò di cui hai bisogno, che spesso è molto diverso da ciò di cui tu pensavi di aver bisogno. Per questo a volte ti sorprende: tu sceglieresti una strada già battuta, lui ti fa scoprire vie nuove, che parlano ai tuoi lati più autentici.

non devi interferire - È uno solo il nemico dell’istinto: l’idea che ti sei fatto di te e della tua vita. È questa idea a interferire e a riempirti la testa di convinzioni, di false morali, di dubbi. Osserva allora la natura: c’è un’energia, un sapere, che fa migrare gli uccelli verso le terre migliori, e allo stesso modo ti fa crescere, cambiare, ti trasforma da neonato in adulto. È un’energia capace di spingerti verso le persone adatte, gli incontri giusti, quel particolare sentiero di vita che è solo tuo. È un sapere innato che ti riporta a casa ogni volta. E c’è sempre: mentre dormi, mangi, lavori, vivi, quel sapere si occupa di te portandoti dalla parte giusta. Purtroppo a volte tu vedi solo te e ti aggrappi a identità false e sorpassate. L’orgoglio, la paura di perdere il controllo, le identità da cui non si riesce a uscire, le aspettative sbagliate: rendono tortuoso il tuo percorso e ti complicano la vita. Quando succede, spesso arrivano anche disagi interiori o malattie. Ma se ti fai da parte, subito attivi un sapere antico e naturale. E tutto torna di nuovo possibile.

sAper AscoltAre l’inconscio - Il padre della psicologia analitica Carl Gustav Jung attribuiva un’importanza fondamentale alle energie inconsce. Secondo lui ognuno di noi ha una sorta di guida interiore che comunica in modo a volte chiaro a volte misterioso, ma non sempre le diamo ascolto. E la sua allieva Marie-Louise von Franz parlava di uno stato di coscienza simile all’incantarsi dei bambini, che ci consente di leggere le coincidenze come segni provenienti dal nostro mondo interiore e non come mere casualità. Questo sguardo consapevole sul proprio mondo interno ci aiuta a uscire dalla gabbia di una visione scontata, banale della vita e di conseguenza dai lamenti, producendo cambiamenti che la mente razionale nemmeno si prefigura.

I problemI non sono ugualI per tuttI, le soluzIonI sono solo personalI

Scrive la psicanalista Marie-Louise von Franz. “Se molti problemi umani sono simili, non sono mai identici. Il fatto è che ciascuno di noi deve fare qualcosa di diverso, qualcosa di assolutamente privato e personale”. Tutti possiamo riuscirci, perché ognuno è unico. Il problema è che quasi sempre crediamo di desiderare cose che in realtà non desideriamo affatto e che per giunta non ci servono. Le nostre valutazioni, i progetti che rincorriamo, le pianificazioni schematiche sono figli di una mente guidata dall’Io, un Io identificato, che replica i pensieri di tutti e pretende quello che vogliono tutti. Ma nell’omologazione non può esserci felicità.

Il corpo ti indica cosa fare

Fai tacere le mille voci che hai in testa e ascolta la sola davvero informata, quella dell’istinto naturale. È più facile se ti concentri sul corpo. Così puoi prestare attenzione alle azioni che ti ispira. Lo lascio o resto con lui? Cambio lavoro o è il momento sbagliato? Mi butto oppure no? È un’amica o mi vuole fregare? Cedere all’impulso o frenarlo? Passiamo la vita a chiederci se stiamo facendo la cosa giusta: non sarebbe bello avere a disposizione qualcuno che conosce le risposte giuste? Ma noi ce l’abbiamo! L’istinto ti salva dalle mosse false e da uno stato cronico di titubanza. Come possiamo fare per udire la sua voce quando ne abbiamo bisogno? Di fronte a una scelta importante molti di noi si mettono a stilare la lista dei pro e dei contro: non c’è operazione peggiore. L’unico risultato che si ottiene è di entrare ancora di più in crisi, perché l’istinto non dipende affatto dalle nostre intenzioni, da ciò che ci conviene fare o dagli scopi che ci prefissiamo. Più ti concentri su quelli, più giri intorno a cose che sai già, e saperle non ti ha mai aiutato a scegliere, come hai sperimentato finora sulla tua pelle. Pelle, ecco una parola che piace all’istinto, la facoltà più concreta che abbiamo.

nel silenzio dei pensieri senti lA voce interiore - L’istinto si risveglia e si fa udire chiaramente in assenza di pensieri, in una sorta di vuoto mentale. Seguire l’istinto non significa né cedere alle emozioni né reprimerle, ma osservare ciò che ci riguarda in uno stato di completa disidentità, mettendo da parte non solo il parere degli altri, ma soprattutto il nostro! Soltanto in questo modo si farà strada quel nuovo volto di noi che sta emergendo e che ancora non possiamo conoscere. Si tratta di un altro stato energetico che darà un senso nuovo alla nostra vita: ci completerà sempre di più, lasciando andare ciò che non è più funzionale alla nostra autorealizzazione.

Quando stiamo bene? Quando “all’appello interiore” rispondono tutti i nostri volti, specialmente quelli ancora sconosciuti. È necessario che tutti i modi di essere che ci abitano abbiano la possibilità di esprimersi, e poi convivano armoniosamente. Solo così ci sentiremo davvero a casa con noi stessi.

decidi “di pAnciA” - Tutte le volte che ti trovi di fronte a un bivio esistenziale e non sai che direzione prendere, anziché cadere in balia delle contorsioni del ragionamento, prova a eseguire questo piccolo e concreto esercizio di percezione: ti aiuterà a ricentrare l’attenzione su te stesso e sulle tue sensazioni più viscerali. Chiudi gli occhi e porta alla mente la questione che ti sta tanto a cuore. Concentrati solo su quella. Ora prova a visualizzare dentro di te la possibile scelta da fare e rappresentala con un’immagine precisa. Metti bene a fuoco l’immagine che hai trovato e posa la mano destra sulla pancia. Ora percepisci le sensazioni che provi. Leggerezza, pienezza, gioia? Probabilmente si tratta della cosa giusta. Tensione, ansia, paura? Significa che sono in atto delle resistenze: in questo caso è utile fermarsi e aspettare prima di compiere la mossa successiva. A seconda delle emozioni che emergeranno dentro di te sarà più semplice fare chiarezza su quello che l’istinto ti vuole suggerire.

Scopri se stai agendo d’istinto

■ Le buone decisioni d’istinto sono sempre legate al nuovo. Quando sei sulla scia dell’istinto accadono cose che non avevi programmato, ma fondamentali per il tuo percorso evolutivo. Le novità possono essere di natura interna (sensazioni, intuizioni, nuove consapevolezze) o esterna (incontri, coincidenze).

■ Le azioni istintive non sono frutto di ragionamenti. Improvvisamente facciamo la cosa che va fatta senza meditarci sopra.

■ L’istinto non si fa domande. Per esempio non si chiede cosa penseranno gli altri se agiremo in una certa maniera.

■ Le azioni efficaci e spontanee non richiedono sforzi enormi. La prova del nove è quella di misurare la fatica che stiamo facendo: più c’è bisogno di forza più sono in atto resistenze e conflitti, che ci impediscono di essere fluidi e di seguire l’istinto. Se c’è troppa lotta stiamo procedendo nella direzione sbagliata.

I segnali dell’istinto sono evidenti: sensazioni di pelle, inquietudini senza motivo, percezioni “a naso”, felicità improvvise, sintomi dispettosi: le antenne del corpo sono sempre ben alzate.

Distogli lo sguardo dal problema

Chiudi gli occhi e visualizza il problema che più ti tormenta: per qualcuno è un capoufficio prepotente, per altri un amore non corrisposto… Perché è così difficile venirne a capo? Abbiamo delle idee fisse di noi, pensiamo di sapere chi siamo, come vorremmo essere, dove stiamo andando… Strutturati così tanto nei ruoli di moglie, madre, padre, lavoratore e immersi nelle circostanze della vita che ci confondono, abbiamo perso quel prezioso filo di congiunzione con i nostri istinti più profondi. Tuttavia, mentre siamo intenti a guardare in maniera fissa ciò che non va, non ci accorgiamo che in un altro punto di noi, fuori dall’abituale campo visivo, il nostro fiore sta sbocciando.

Meglio allora distogliere lo sguardo dalle solite faccende e dedicarsi ad altro, magari qualcosa che ci piace: così facendo i disagi si trasformeranno in energie che aspettano di scorrere e la soluzione arriverà da sola. Soltanto attraverso la distrazione le azioni si svuotano dai pensieri e si riempiono dell’unica sostanza che conta: l’istinto.

Una luce che si accende

all’improvviso

Sensazioni, percezioni, pensieri strani: tutto ciò che viene da dentro e non controlli contiene informazioni preziose. Troppo spesso dimentichiamo che gli istinti costituiscono uno degli aspetti più vitali dell’uomo: molto più del ragionamento ci permettono di entrare in diretto contatto con la nostra vera natura. Tutte le percezioni incontrollate e impreviste provengono infatti da un misterioso spazio interno, che ci aiuta a “fiutare” il mondo esterno per mezzo dell’istinto.

Le sensazioni a “fior di pelle”, le emozioni inaspettate, le premonizioni, le coincidenze inspiegabili e le intuizioni ci regalano una visione più profonda e completa dell’esistenza.

È più che mai necessario stare in allarme quando un pensiero fuori dal comune irrompe nell’ordinario, o quando proviamo desideri e nostalgie impreviste: qualcosa di nuovo si sta per affacciare lungo il nostro cammino. Nei momenti di caos e confusione spesso è proprio l’istinto che ci aiuta a orientarci nella nebbia: infatti è dal disordine che si partorisce una nuova evoluzione di noi stessi. Come diceva Nietzsche, bisogna avere il caos dentro per partorire una stella danzante. Nella vita di tutti i giorni, invece, spesso è come se inserissimo il pilota automatico: compiamo innumerevoli azioni senza mai essere presenti fino in fondo a noi stessi. Come possiamo stabilire un dialogo diretto con la nostra dimensione interna e centrarci? L’istinto è la nostra guida. Se impariamo ad ascoltarci sotto il sovrastante brusio dei pensieri, ci accorgeremo che il nostro corpo ci manda una miriade di segnali. Spesso, però, le nostre sensazioni più profonde sono imbrigliate da un eccessivo controllo, o frenate dalla paura di uscire dai ruoli prestabiliti. È il caso allora di provare a lasciarsi andare, perché ritrovare l’istin-

to significa riavvicinarsi all’aspetto più vitale di noi. L’istinto si manifesta attraverso pensieri o emozioni che non controlli. Ecco quali sono.

■ Emozioni fulminee. Senza un motivo sgorgano dal nostro interno emozioni incontrollabili come l’ansia, la tristezza o una malinconia inattese. Sono segnali dell’istinto, non elementi di disturbo.

■ Pensieri aggressivi. A volte, senza che lo vogliamo, irrompono dentro di noi pensieri aggressivi e rabbiosi nei confronti di una persona o di una situazione: non temerli e non ignorarli; l’istinto ti sta dicendo di creare una maggiore distanza da quell’individuo e da quella condizione.

■ Sensazioni “a pelle”. Davanti a una persona provi un senso di fastidio oppure al contrario una sensazione di familiarità e simpatia? Fidati dei tuoi sensi.

■ Strane percezioni. Entri in una stanza e capti una tensione nell’aria quasi palpabile… Forse qualcuno ha appena litigato? Occorre essere prudenti? Ascolta i suggerimenti dell’istinto.

■ Reazioni incontrollate e lapsus. Ti scappa un nome anziché un altro: forse, senza saperlo, tieni molto al soggetto in questione o hai qualcosa in sospeso con lui. Ti dimentichi un appuntamento? Può essere una decisione “inconsapevole” che parla di un eccesso di stress oppure di paure di cui non ti eri accorto.

L’eros dà la spinta, tu fatti portare

Persino nei nostri rapporti affettivi e sessuali l’istinto viene spesso relegato sullo sfondo: quando facciamo un nuovo incontro subito ci preoccupiamo di incasellarlo in un progetto, ci chiediamo se può funzionare o no, se è amore o attrazione (avendo già stabilito i confini tra le due cose…). Prendono il sopravvento i modelli mentali, i dubbi, le aspettative che sof-

focano le sensazioni “di pelle”. Ma in amore valgono codici diversi e i ragionamenti non servono. Per capire se la persona che abbiamo scelto è quella giusta dobbiamo guardarci dentro: se ci sentiamo pieni di energie, se facciamo tutto magicamente e senza sforzi, se il lavoro migliora e ci sembra di essere più fluidi, vuol dire che il nostro fiuto più profondo ci sta guidando. A lui non interessa se il nostro nuovo partner ha un conto in banca cospicuo, se è pro o contro il matrimonio, o se la pensa come noi: gli importa soltanto se in quel momento è funzionale al nostro percorso naturale di vita.

AscoltA l’AttrAzione - Hai conosciuto una persona e ti accorgi di desiderarla, ma non sai ancora come andrà a finire; anziché rovinare questo momento magico con mille domande o valutazioni, ripetiti nella mente a occhi chiusi questa frase: “Io desidero (il suo nome)”. Percepisci la spinta del sentimento di attrazione che emerge dal profondo. Poi togli il soggetto della frase, mettendo da parte la tua identità, e ripeti dentro di te: “Desidero (il suo nome)”. Infine elimina dalla frase anche l’oggetto e ripeti mentalmente: “Desidero”. Questa frase, così ridotta all’osso, ti aiuta a mettere da parte tutte le proiezioni e purifica la spinta energetica che avverti: rappresenta il motore propulsivo per affrontare qualsiasi situazione nella tua giornata. Di tanto in tanto chiudi gli occhi, metti la mano sul petto ed esegui di nuovo l’operazione, concentrandoti sulla parola “desidero”. Ti permetterà di avere una marcia in più e di entrare in contatto con i tuoi istinti più profondi.

La felicità è come l’acqua: sgorga naturalmente dal nostro profondo. L’istinto è la sua fonte.

Capitolo 4

Accogli le novità e i cambiamenti: servono a evolvere

Molti nostri disagi nascono dal fatto che pretendiamo stabilità, mentre tutto muta e segue i suoi cicli; se stiamo immobili e arroccati nelle convinzioni e abitudini, blocchiamo la nostra crescita. Se invece accettiamo gli imprevisti come opportunità di evoluzione possiamo scoprire lati di noi ancora inesplorati e arrivare a esprimere tutte le potenzialità insite in noi

I continui mutamenti sono il sale della vita

Prima o poi il cambiamento arriva, e arriva per tutti. È quel momento in cui improvvisamente la nostra vita sembra aver imboccato un vicolo cieco: una crisi da cui non sappiamo uscire, la fine di una relazione che non riusciamo a superare, la sensazione di non avere più stimoli. Questa mancanza di senso ci spinge a un’affannosa ricerca nel tentativo di ritrovarlo. E così, quello che era un naturale momento di criticità (esistenziale, sentimentale, relazionale, spirituale o psicologica) diviene a tutti gli effetti un problema che non riusciamo a risolvere. È necessario allora fermarsi un attimo, fare un passo indietro e ricordarsi da dove arriva l’essere umano.

La nostra specie è il frutto di una progressiva evoluzione naturale, che è avvenuta attraverso una serie continua di mutamenti e di cicli.

In natura tutto è ciclico: le stagioni, i giorni, perfino le configurazioni del cielo notturno. Non dovrebbe stupirci allora che anche la nostra vita si regga su un ciclo continuo di nascita e rinnovamento in ognuna delle nostre attività: le stesse relazioni personali, per esempio, nascono, raggiungono un certo livello di qualità e intensità e infine “muoiono”. Una morte che può essere reale, nel senso di conclusione di quella relazione, oppure metaforica, nel senso di cambiamento dell’assetto precedente e nascita di uno nuovo. Ma ciò vale anche per i sentimenti, le amicizie, le passioni, i progetti: è la “natura della natura”, un continuo divenire attraverso il susseguirsi di ritmi e di cicli.

La fine di un cicLo è inevitabiLe - La conclusione di un ciclo, come quella di un momento felice, ma anche di un periodo di crisi, è inevitabile. Opporsi a questa evidenza genererà quella sofferenza che tentiamo disperatamente di superare. Ma perché questo avviene? Proprio perché siamo umani: da un lato soggetti ai cicli della natura come tutti gli esseri viventi, dall’altro diversi da tutti loro perché dotati di una coscienza individuale che, bramando coerenza e stabilità, ci spinge a sottrarci a questi ritmi, o almeno a quelli più dolorosi. Un conflitto che non può essere risolto semplicemente ripetendosi di accettare passivamente ciò che finisce. E allora come affrontare questo passo, questo necessario cambiamento?

è necessario Lo sguardo giusto - Diventa fondamentale assumere un atteggiamento nuovo. Se il cambiamento è naturale allora bisogna smettere di sorprendersi quando le cose cambiano o finiscono. Questo significa uscire dall’idealizzazione e liberare tempo ed energie per percepire davvero il cambiamento intorno a noi. Cosa sta cambiando? Come? Questa attenzione renderà possibile il secondo passo: cogliere nella difficoltà aspetti che possono volgere a nostro favore, guardare le cose da una prospettiva nuova, fare pensieri mai pensati prima di allora. Stiamo davvero solo perdendo qualcosa? Si tratta veramente di una conclusione? Questo è quello che si chiama “sguardo penetrante”. Uno sguardo che non esclude la sofferenza, ma la comprende e la trascende: non più il timone che guida il nostro approccio, ma una parte di noi che c’è e a cui va dato spazio mentre il processo di rinnovamento prosegue. Il problema, dunque, non è che le cose finiscano o cambino, ma il modo in cui affrontiamo questi momenti. E già il solo fatto di provare a cercare il modo giusto per farlo è di per sé fonte di grande rinnovamento. Quando nella vita si affaccia una novità, l’atteggiamento giusto è la disponibilità a mettersi in gioco: senza timori né entusiasmi eccessivi.

Sfrutta la possibilità di crescere

Cambiare, rinnovarsi, evolvere. Parole che vengono usate spesso, a indicare come oggi vi sia una diffusa tendenza ad aumentare la propria consapevolezza e a favorire il dispiegarsi della personalità. Rispetto a qualche decennio fa sono centuplicate le attività (libri, video, corsi, incontri, tecniche) che ruotano intorno al tema della trasformazione e del cambiamento individuale. I cosiddetti “cammini” o “percorsi” sono oggi tantissimi, al punto che spesso risulta difficile capire quale sia quello adatto alla specifica persona. In ogni caso la complessità dell’esistenza attuale, sommata a uno stile di vita che in molti casi allontana dalla propria indole, innesca le crisi personali che, a loro volta, stimolano una sana voglia di cambiamento. Ma trasformarsi davvero richiede costanza. Perché da un lato iniziare una metamorfosi, anche sulla spinta di una difficoltà, risulta abbastanza facile. La voglia di essere altro da ciò che si è stati fino a ora e che è divenuto obsoleto; la voglia di esprimere di più di quel che si è riusciti a esprimere; l’entusiasmo fornito già solo dall’idea di un viaggio interiore alla scoperta di un nuovo se stesso: sono tutti aspetti che donano alla fase iniziale di un rinnovamento una grande energia e pongono la persona nell’atteggiamento costruttivo tipico dello stato nascente. Dall’altro lato però, quando la spinta iniziale si esaurisce e ci si rende conto che non è sufficiente a portare a termine il processo di cambiamento, la situazione può complicarsi.

Per il cambiamento serve costanza

Con la psiche non si scherza: i suoi tempi non sono quelli della produttività sociale, o quelli di Internet. Non ci sono scorciatoie o trucchi, un reale approdo a un nuovo modo di essere, autentico e stabile, richiede dedizione: il risultato si ottiene solo come

e i cambiamenti: servono a evolvere

frutto di un lavoro applicato con intelligenza e per il tempo necessario. Il problema dunque è che oggi molti di noi, pur sentendo la chiamata a quello che Jung chiama “ampliamento della personalità”, si rifiutano di essere tenaci sulla via del cambiamento interiore. Perciò si scoraggiano e rischiano di non portare a termine l’opera. Quest’ultima parola non la usiamo a caso: gli antichi alchimisti chiamavano “opera” il processo di lavorazione dei metalli che avrebbe portato alla trasformazione degli stessi, ma anche della loro personalità. Ma cosa serve davvero per attuare il cambiamento? Ecco alcuni consigli utili.

rinforza La privacy - La trasformazione interiore è un fatto privato. Anche se puoi avere voglia di condividere i vari passaggi, è bene parlarne il meno possibile, almeno fino a quando non si sono stabilizzati in te. Non sono argomento di conversazione, ma qualcosa di pratico, che agisce.

no aLLo sforzo, sì aLL’impegno - Una crescita psicologica, un cambiamento, per essere reale non può mai essere caratterizzata da troppi sforzi. Anche se presenta momenti difficili, la sua “colonna sonora” è meglio rappresentata dalla parola impegno. Questa implica una dedizione appassionata, dove momenti di giusta fatica si alternano e si fondono a momenti di entusiasmo e gratificazione. Se prevale una fatica di cui non vedi il senso, stai sbagliando qualcosa.

trova un nuovo assetto - Come capire che sei sulla buona strada? Non è difficile. Anche se la vita è una trasformazione continua, le fasi di passaggio devono concludersi. E possiamo considerarle concluse quando il nuovo modo di essere ci viene ormai spontaneo. Quando i comportamenti sono naturali vuol dire che la personalità può esprimersi in modo consono alla tua attuale natura.

Modificare le opinioni fa bene a corpo e psiche

Scriveva Nietzsche che nella vita “dobbiamo diventare traditori, far pratica d’infedeltà, abbandonare di continuo i nostri ideali”. Chi resta ostinatamente attaccato alle proprie opinioni o credenze diventa rigido, inclemente, sospettoso, si servirà di tutti i mezzi per imporre la propria opinione visto che non riesce a immaginare che ne esistano di diverse. È la strada del fanatismo. Quante volte restiamo fedeli alla nostra idea solo per caparbietà? Pensiamo di crearci una solida reputazione grazie al fatto che “ci si può fidare di noi, perché non cambieremo idea”. Ma non ci accorgiamo che diventiamo strumentalizzabili con questa immutabilità di opinioni, di aspirazioni, persino di vizi…

si cambia peLLe a ogni stagione - Se riacquistiamo un buon rapporto con la nostra spontaneità ci accorgiamo che tutto in noi scorre, che gli opposti (gioia e tristezza, passione e freddezza, intuito e ragione) non sono in guerra tra loro ma anzi, ci appartengono. Mutando continuamente a ogni stagione, ci liberiamo dalla vecchia corteccia. Come il serpente che muta pelle per crescere, come l’utero che si espande per contenere il feto che si sviluppa: si tratta di adattamenti necessari. Chi rimane rigido smette di vivere davvero. In questo continuo cambiamento conviene inoltre cercare il proprio ritmo personale. Il ritmo è quello del fiore che si apre e si chiude ogni giorno, quello della pelle che si rinnova a ogni mese, l’uva che matura una sola volta in autunno… Anche noi mutiamo, e possiamo farlo solo seguendo la nostra natura, non copiando qualcun

e i cambiamenti: servono a evolvere

altro. Trovare il proprio ritmo è il modo migliore per accettare il cambiamento, per non ostacolarlo, per consentirgli di dettare i tempi della nostra vita. Il nostro rinnovamento cammina o corre, ha il passo veloce del centometrista, la cadenza lenta del maratoneta o l’incedere lento di chi arrampica? Ogni cadenza rappresenta un modo di essere. Nessuno è migliore di un altro, ma occorre accordarsi al proprio.

mutevoLi come iL vento - Le patologie degenerative del cervello sono in costante aumento, in particolare il morbo di Alzheimer, la cui diffusione triplicherà nei prossimi 30 anni a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione. Secondo le ricerche più autorevoli, uno dei modi per prevenire la malattia consiste nel mantenere il cervello attivo e vigile. Per farlo occorre abbandonare gli stereotipi cui gli anziani tendono: pensieri ridondanti, racconti ritualizzati e ripetuti, chiusura alle novità. Al contrario è necessario diventare il più possibile elastici, aperti al dubbio, capaci di mettere in discussione ogni certezza e quindi felicemente incoerenti e mutevoli come il vento.

Segui il tuo ritmo

Impariamo a essere “periodici”, cioè a seguire un nostro ritmo interno. Lasciamoci trascinare verso un interesse, ma dopo un po’ facciamo in modo di farci portar via in un’altra direzione. Per aiutarci, cerchiamo di sfruttare ogni occasione per camminare molto e cerchiamo il nostro passo: così facendo troveremo un ritmo che ci è consono. L’attività fisica stimola quella creativa.

rivoLuziona Le tue sceLte e recuperi La sicurezza - Comincia dalle piccole cose: cambia il percorso per andare in ufficio o assaggia un nuovo cibo o indossa un abito inconsueto… Sono tutte operazioni che ti aiuteranno a temere sempre meno l’ignoto per arrivare a considerarlo un prezioso alleato per la tua crescita.

soffri perché ti opponi aL fLuire deLLa vita - Angoscia e tristezza non sono la conseguenza del cambiamento, ma nascono perché cerchi di opporti al flusso naturale della vita che ha in sé momenti di rinnovamento e trasformazione, a volte anche dolorosi. Lo sforzo che fai per muoverti in contesti noti, sottraendoti al nuovo, è un’operazione inutile. È come voler impedire a un fiore di sbocciare o a un bambino di crescere. Impossibile!

La coerenza non è una virtù

“Una stupida coerenza è l’ossessione di piccole menti, adorata da piccoli uomini politici e filosofi e teologi. Con la coerenza una grande anima non ha, semplicemente, nulla a che fare. Tanto varrebbe che si occupasse della sua ombra sul muro.

Dite quello che pensate ora con parole chiare, e dite domani quello che il domani penserà con parole altrettanto chiare, per quanto ciò possa essere in contraddizione con qualunque cosa abbiate detto oggi”.

Cosi Ralph Waldo Emerson, saggista e filosofo americano del XIX secolo, condannava il mito della coerenza. Pensiamo alla storia dell’umanità: quante volte in nome di un comportamento coerente si sono aperte le porte a immani tragedie? Il primo “difetto” della coerenza è la sua staticità, il suo riferirsi a se stessa come a un totem immutabile. La natura umana invece è in continuo mutamento. La coerenza è quin-

e i cambiamenti: servono a evolvere

di uno sguardo sempre rivolto al passato: si è coerenti con un’affermazione o un comportamento che si è già messo in campo e che ormai è superato.

La scelta della mutevolezza appare difficile, perché noi stessi fatichiamo ad accettarla e le persone che ci circondano sono abituate a una certa immagine di noi e faticano a riconoscerne altre. Ma è importante ricordare che è grazie alla mutevolezza e ai cambiamenti che l’uomo si è evoluto.

Qualsiasi sistema creato dall’uomo è destinato a essere superato nel tempo, però spesso è lo sforzo di essere coerenti a impedirci di adattarci ai mutamenti circostanti e quindi di continuare a evolvere.

Gli opposti suggeriscono idee nuove

Uno dei freni maggiori al naturale cambiamento psichico e mentale è l’abitudine a vedere la propria quotidianità con uno sguardo uniforme, orientato cioè a colorare gli eventi con una sola tinta: si arriva insomma alla sera con la sensazione di aver vissuto la giornata in modo tutto positivo o tutto negativo, solo allegro o solo triste, entusiastico o pessimistico. In questo modo si instaura uno schema fisso che impedisce agli opposti, che sono invece sempre compresenti, di favorire nuovi pensieri, soluzioni e percezioni di sé e del mondo. Se allarghi il tuo modo di pensare, il cervello ottiene uno sguardo più panoramico, completo e realistico, grazie al quale può rendersi conto che il giorno, e dunque la vita, è piena di entrambi i colori, cioè di entrambe le polarità del vivere: emozioni e stati d’animo differenti e talora opposti sono compresenti, anche quando una giornata appare tutta bella o tutta brutta, positiva o negativa. In tal modo la mente sviluppa una visione più ampia della realtà e si mantiene giovane ed elastica.

apriti a possibiLità infinite - Non cercare di fare della tua vita la migliore delle vite possibili, studiando a tavolino la forma che più le si addice. Ambire a una performance perfetta si rivela spesso il modo per non riuscire. Occorre invece mirare all’imperfezione, cioè lasciare aperto il ventaglio di possibilità che, pur avvicinandosi al tuo obiettivo, se ne staccano quanto basta per non caricarti di ansia e regalarti sorprese felici.

inizia a prospettarti ruoLi diversi - Un cambiamento per volta toglie il timore di non farcela. Capire quando la tranquillità diventa una gabbia mentale non è sempre semplice. Il dubbio s’insinua solo quando qualcosa comincia a non funzionare più, o quando si presentano sentimenti ed emozioni imprevisti, che il soggetto interpreta come pericolosi. Anche i disagi psicosomatici sono una via privilegiata per rompere schemi troppo rigidi. Per questo sono così frequenti in chi si trova in queste situazioni. Tutti questi segnali hanno un tratto comune: sono attivati da un’eccessiva paura del cambiamento. È molto utile un trattamento “omeopatico”: inserire piccole dosi di novità nella vita di tutti i giorni. Prova un sapone, uno shampoo, un caffè nuovo. A casa riponi la marmellata, il tè o il caffè in un armadietto diverso dal solito. Il fatto di doverci pensare ogni volta che li vuoi usare, ti rende più consapevole.

Con gradualità prova ad ampliare i tuoi spazi di azione. Segui un itinerario diverso al mattino, recati in un luogo dove non sei mai stato, o in un ristorante diverso dal solito.

Sposta lo sguardo sui vantaggi che ti si presentano dal cambiare abitudini, e non sulle difficoltà che spesso sono solo una gistificazione. Accantona giudizi e convinzioni su quello che puoi fare o non puoi fare; nota le sensazioni che si affacciano in te per le novità. Scoprirai piacevoli sorprese.

La vita ricomincia in ogni istante

L’anima che è dentro di noi ha lo scopo di realizzare il nostro seme, la nostra impronta. Per riuscirci non ha bisogno del nostro parere o dei nostri commenti. In modo naturale ci porta vicino a ciò che ci fa bene e lontano da ciò che ci fa male.

Tu puoi complicare il processo se ti intrometti, se cerchi di correggerlo o di sistemare le cose, se intervieni seguendo convinzioni e luoghi comuni; oppure puoi assecondarlo, se impari a osservare ciò che si affaccia dentro di te senza dire nulla, e a fidarti di te stesso. Così si forma uno sguardo nitido, che spazza via la nebbia dei percorsi mentali tortuosi e inconcludenti, delle azioni fuori tempo, delle domande inutili. In questo modo non passi anni a dirti: “Ah se avessi fatto…”, fai e basta, perché lasci che l’istinto ti guidi e non opponi resistenza. Dove ti porterà? Non lo puoi sapere, solo una cosa sai: che in questo modo arriva la felicità. Non è vero che hai sbagliato: la vita è incontrare persone e vivere situazioni che ci aiutano a fare spazio a un lato di noi che deve ancora emergere. Anche quelle che ci sembrano perdite di tempo o deviazioni: dobbiamo viverle per diventare ciò che siamo. La nostra natura ha bisogno di tutto ciò che incontriamo per fiorire, con i suoi tempi. Non c’è cammino troppo lungo per chi cammina lentamente, senza sforzarsi; non c’è meta troppo alta per chi vi si prepara con la pazienza, scrisse Jean de La Bruyère. Quello che ci spaventa è il senso di ineluttabilità, l’idea che tutto finisca. No, tutto inizia qui, nel punto in cui sei adesso! Tutto inizia in ogni istante.

Nella vita non sai mai come va a finire! Niente si conclude: gli eventi si succedono, le persone entrano ed escono, le novità sono sempre dietro l’angolo. La vita è una favola di cui sei al contempo protagonista e narratore, ma non ne conosci il finale.

Puoi rifiorire a ogni età

Sbagliamo quando valutiamo noi stessi secondo un metro quantitativo, giudicando se a vent’anni, a quaranta, a sessanta abbiamo raggiunto dei presunti “risultati standard”. Non c’è nessuno standard da raggiungere, c’è da fiorire, a qualsiasi età. Siamo come un seme che contiene già tutto ciò che occorre per germogliare, crescere, fare il fiore e poi il frutto. Basta avere il coraggio di mettersi in viaggio e lasciare che emerga di giorno in giorno l’essere unico che dimora in noi. Ci accorgeremo che ci sono segnali che tracciano la scia da seguire, grazie ai quali potremo riconoscere i germogli e raccogliere il frutto quando è maturo. Non dobbiamo però partire senza esserci muniti di pazienza: c’è un tempo infatti per ogni cosa, e l’attesa è una fase indispensabile che precede la produzione creativa. Non dimentichiamo che, come disse Lessing, l’attesa del piacere è essa stessa piacere! Taglieremo il vero traguardo solo quando, come l’eroe delle fiabe, avremo attraversato i pericoli e le sconfitte imparando la lezione più importante: che non ci manca proprio niente! Non arrendetevi di fronte a un impasse e dovunque siate, qualsiasi cosa stiate facendo, buttate via “l’orologio mentale” e mettetevi di nuovo in cammino, questa volta con l’atteggiamento giusto.

Vivi come in un sogno o in una fiaba

C’era una volta… Così cominciano le fiabe, ma il tempo di cui parlano non è quello del calendario. I protagonisti vivono in uno spazio magico, dove il tempo non c’è, almeno non quello segnato dalle lancette dell’orologio. Il mondo di Alice nel paese delle meraviglie è un luogo “strano e fantastico dove niente è come sembra”. È il regno delle immagini, dei simboli, dei miti, dove si sfugge a ogni definizione. Le stesse regole governano

il nostro mondo interno, che infatti si sottrae completamente alle leggi della razionalità. Come accade agli eroi leggendari, il nostro viaggio nella vita assomiglia a un sogno, a un’avventura, dove niente è dato per scontato e dove sulla via s’incontrano ostacoli, imprevisti, “colpi di scena” che sono necessari affinché si possa raggiungere il premio finale. È un racconto in cui gli intoppi lungo il cammino sono come i mostri e i draghi delle fiabe: passaggi necessari per scoprire i tesori nascosti dentro di noi, momenti di un percorso iniziatico il cui vero obiettivo è conquistare la principessa, ossia la nostra anima!

non opporti aLL’imprevisto, osservaLo - Nelle fiabe un avvenimento imprevisto interrompe la vita “normale” dell’eroe e fa iniziare l’avventura, cioè il cammino verso il suo destino. L’eroe lascia la sicurezza dell’ambiente iniziale e si espone a un pericolo grave, ma così si aprono anche le porte a un futuro che gli permetterà di attivare le sue risorse segrete. Ad esempio, Bilbo credeva di essere solo un modesto e tranquillo hobbit, senza né arte né parte, prima di intraprendere l’avventuroso cammino alla ricerca dell’anello!

“Andava tutto così bene, perché è successo?” ci chiediamo quando piombiamo dentro una crisi. Quante volte abbiamo programmato tutto per filo e per segno e poi il nostro piano è andato a monte per un piccolo incidente di percorso? Un approccio sbagliato peggiora le cose: non viverlo come un disastro cui reagire con la forza, ma accettalo. Forse questo imprevisto significa che l’anima vuole farti partire per un viaggio.

Forse proprio quell’inciampo ti permetterà di aprire le porte al nuovo. Non cercare di tornare indietro: la crisi è arrivata perché nel posto in cui eri qualcosa non andava più bene. Inizia a camminare, con fiducia. Incontrerai numerosi “personaggi”: molti nuovi lati di te verranno alla scoperto.

Come affrontare i cambiamenti

“Ora basta, do un colpo di spugna alla mia vita e cambio tutto!”. Quante volte ci capita di pensarlo o di dirlo con forza e convinzione; peccato che, subito dopo, magari ci ritroviamo nel nostro supermercato di fiducia smarriti e irritati solo perché il latte che prendiamo di solito è finito…

Ma come, un minuto prima eravamo pronti a rivoluzionare tutto e un minuto dopo non riusciamo a cambiare neppure la marca del latte? E quante volte ci capita di ritrovarci disarmati e confusi di fronte a mutamenti che abbiamo noi stessi a lungo progettato e desiderato come la nascita di un figlio, il trasferimento in una casa nuova, una promozione sul lavoro…

Per non parlare, poi, del potere deflagrante di eventi inaspettati come un abbandono, la perdita del posto di lavoro, una malattia… I cambiamenti, piccoli o grandi che siano, mettono in difficoltà tutti.

Persino di fronte alle novità piacevoli spesso ci ritroviamo ad accoglierle contemporaneamente con cuore di leone e d’asino: incuriositi ed eccitati da una parte, timorosi e resistenti dall’altra… Figuriamoci di fronte agli eventi più dolorosi. L’ignoto e il nuovo fanno paura, perché ci costringono a mettere in campo risorse poco coltivate: la flessibilità, l’apertura, la curiosità, la fiducia in noi stessi e nelle cose, nella vita.

Abituati come siamo a cercare di voler pilotare ogni cosa, o quantomeno illudendoci di farlo, quando il filo rassicurante della routine si spezza, l’intera trama della nostra vita sembra smagliarsi…

Le abitudini sono una droga - Ognuno di noi, per paura del nuovo, trova le sue strategie per rimanere nella situazione che conosce e che gli è abituale; ma questa staticità comporta un costo che supera di gran lunga i benefici. Possiamo riuscire a portare avanti anche per decenni relazioni tiepide, difendere con le unghie e con i denti un lavoro sicuro che nemmeno ci piace, ma così facendo rinunciamo a crescere, a trovare il partner o il lavoro davvero adatto per noi, diciamo di no a tutte le occasioni che potrebbero dare una svolta a molte situazioni di stallo. Respingere il cambiamento, rinunciare alle occasioni che ci capitano o ribellarci alle circostanze che ce lo impongono, vuol dire moltiplicare fatica e dolore, vuol dire ammalarsi ed esporsi all’ansia, al panico ma soprattutto alla depressione e alla disistima. Ma significa anche arrivare ancora più spauriti e fragili di fronte ai cambiamenti che non possiamo evitare. Rischiamo di invecchiare precocemente senza mai crescere, di rimanere acerbi dentro e appassiti fuori, come certi frutti cui viene a mancare il sole.

Diceva Horace Mann: “Le abitudini sono come una fune. Ne intrecciamo ogni giorno un nuovo filo sottile, ma ben presto, aggiunto agli altri, diventa così grossa che non riusciamo più a spezzarla”.

Non si può crescere se si resta fermi

I cambiamenti sono parte della vita stessa; cercando di contrastarli congeliamo la nostra evoluzione, chiudiamo la porta in faccia a opportunità inattese, a doni che il caso è pronto a offrirci. Non ci può essere crescita se non ci si mette in gioco, sperimentando situazioni nuove e vesti inconsuete. Il cambiamento non ci complica la vita, semmai ci semplifica la possibilità di crescita.

Le trasformazioni sono Legge di natura - Tutto ciò che non muta, ristagna, langue e alla fine si spegne: è una legge di natura. Basta osservare un qualsiasi grafico delle funzioni corporee. Un tracciato del cuore piatto è indice di assenza di vita, allo stesso modo un’eccessiva monotonia nella quotidianità è indice di scarsa vitalità, di un assetto difensivo. Quando avvengono pochi cambiamenti vuol dire che non ci stiamo espandendo, non stiamo crescendo, stiamo solo ristagnando, sopravvivendo. Non possiamo illuderci di stare meglio, di essere più felici, di sconfiggere panico e depressione senza andare incontro al nuovo, che è fonte di rinascita e di trasformazione, in qualche modo di guarigione.

Perché cambiare ci fa paura?

La paura di fronte ai cambiamenti è frutto del timore di uscire dal proprio ambiente “protetto”. Questo atteggiamento ci fa dimenticare che vivere le novità accresce l’autostima, allarga gli orizzonti della mente e potenzia le nostre capacità. Tutto ciò che di nuovo e inatteso entra nella nostra esistenza va accolto come uno stimolo che ci scrolla dalle abitudini e dalla staticità per farci migliorare. Ognuno ha le risorse necessarie per affrontare i cambiamenti; chi pensa di non possederle semplicemente non le sa riconoscere o non vuole farne uso.

ci rifugiamo neLLe certezze - La realtà attuale oggi più che mai ci costringe a fare i conti con una drammatica precarietà, niente più è sicuro: il posto di lavoro, la durata di un matrimonio, il futuro dei nostri figli, i nostri risparmi… Siamo in balia di variabili troppo imprevedibili e aleatorie, che non possiamo assolutamente controllare. Noi invece vorremmo certezze, stabilità, sicurezza; se non ci sono le condizioni che ce le possano garantire, allora cominciamo a star male; oppure, come

e i cambiamenti: servono a evolvere

strumento di autodifesa contro l’insicurezza che ci spaventa, creiamo un nostro piccolo mondo virtuale che ci sforziamo di mantenere invariato e stabile, a dispetto dei mutamenti che ci vorticano attorno. Per questo ci rifugiamo in quello che già conosciamo e che abbiamo sperimentato; abbiamo paura dei cambiamenti.

abbiamo timore di non farceLa - Le abitudini e la routine ci danno sicurezza, ma nello stesso tempo ci “ingabbiano”. Chiudiamo la porta di fronte alla possibilità di investire le nostre risorse in nuovi progetti, ci ritiriamo come una lumaca dentro il proprio guscio. Le novità ci spaventano perché siamo poco allenati ad affrontarle e perché, in fondo in fondo, questo continuo rintanarci ci ha fatto sentire deboli, inadeguati ad affrontare le situazioni nuove, capaci di muoverci solo nel nostro piccolo mondo in cui ogni gesto può essere fatto a occhi chiusi. La paura del nuovo è direttamente proporzionale alla mancanza di autostima; a forza di vivere nella stessa realtà ci convinciamo che non saremmo capaci di adattarci a un altro ambiente, un po’ come accade agli animali allevati in cattività che una volta aperta loro la gabbia rimangono paralizzati dalla libertà.

gli oStacoli che ci frenano

■ Schemi mentali rigidi (non farò mai, non potrei sopravvivere se…)

■ Falsi bisogni (per me ci vuole solo…, da solo non riesco a farlo…)

■ Immagini di te stereotipate (non è da me…, non sono capace di…)

Guarda in modo diverso alle novità

Affrontare nuove esperienze comporta talvolta un carico di ansia tale che ci tiriamo indietro, rinunciamo alla novità, anche se potrebbe rivelarsi piacevole.

Pur di non dover mutare i nostri abituali schemi di vita rinunciamo alle gratificazioni che i cambiamenti potrebbero portarci. Temiamo di perdere i nostri punti di riferimento. Dobbiamo renderci conto, però, che la nostra paura di cambiare è creata e mantenuta artificialmente dalla nostra mente. Ma poiché non è innata, così come l’abbiamo creata, possiamo anche smontarla. Se dentro di te, dunque, ha messo radici l’idea che ogni cambiamento è un terremoto, prova a guardare le cose in questo altro modo: il cambiamento è una crescita; non si può evitare, è una necessità irrinunciabile.

aLLena L’autostima facendo esperienze positive - La fiducia in noi stessi e l’entusiasmo nell’affrontare situazioni nuove si costruiscono anche grazie alle esperienze reali che facciamo e che vanno a buon fine.

Più ci abituiamo a esporci a piccoli cambiamenti che risultano gratificanti e meno avremo paura di affrontare anche cambiamenti più impegnativi. Se invece restiamo fermi si attiva un circolo vizioso: meno ci esponiamo e più timore avremo di farlo.

Del resto come facciamo a farci avanti se ci trasciniamo una zavorra di dubbi e paure, se sulla nostra testa sentiamo pendere sempre la spada di Damocle del fallimento? Il cerchio si può spezzare solo scommettendo su noi stessi e lasciando aperto il finale: chi ci dice che andrà male? Se ti prospetti sempre il peggio, stai tu stesso boicottando e annullando in partenza la possibilità di riuscire.

Gli imprevisti rigenerano il cervello

Accogliere l’imprevisto è la chiave per essere felici e per essere se stessi. Non opponendoci a ciò che arriva non previsto, gli consentiremo di svolgere il suo compito con più naturalezza, e a trarne beneficio saremo noi.

Nella vita le buone occasioni sembrano capitare quando meno ce lo aspettiamo, dal grande amore incontrato per caso, a quella vacanza improvvisata che ricordiamo come la migliore della nostra vita. La felicità è un imprevisto,una sorpresa che ci coglie quando siamo aperti all’incontro con il destino. Sembra esserci una forza più grande della nostra malintesa volontà di controllare tutto quello che ci succede, una forza che decide svolte e deviazioni di percorso. E per fortuna! Senza l’imprevisto, infatti, incontreremmo sempre e solo ciò che già conosciamo: noi stessi per come siamo abituati a pensarci, e la realtà per l’idea che ce ne siamo fatti.

una scossa saLutare - Asseconda le intuizioni che vogliono farti deviare dai percorsi prefissati: desiderano condurti verso territori inesplorati per farti scoprire le loro ricchezze. Accogli in modo aperto anche le opposizioni, gli ostacoli, le crisi: come una potatura, servono a far spuntare nuovi germogli. Sono sforzi favorevoli, aiutano a eliminare dalla mente le vecchie idee ormai inutili. Spesso anche i sintomi fisici arrivano per costringerci a fare ciò che... davvero vogliamo. Ogni cambiamento è una scossa salutare per il cervello, che in condizioni di stasi tende a impigrirsi, a economizzare le energie, a ripetere sempre gli stessi percorsi mentali e gli stessi comportamenti. Invece l’affrontare situazioni inedite o poco familiari costringe il cervello a riorganizzarsi, a costruire nuove mappe cognitive per potersi orientare in un territorio sconosciuto: deve programmare comportamenti diversi perché quelli soliti non funzionano più nella nuova situazione.

Il cambiamento, in ogni sua forma, è un input irrinunciabile se vogliamo stimolare l’intelligenza in tutte le sue componenti (astratta, pratica, emotiva) e sviluppare pienamente le abilità che possediamo già in potenza.

Gli uomini che hanno fatto le maggiori scoperte o compiuto le imprese più notevoli sono quelli che nella vita hanno dovuto o voluto affrontare grandi mutamenti. Il nostro cervello ha bisogno di inserire tutti ciò che accade in schemi di comportamento da poter riattivare ogni volta che si presentano le situazioni che ha già sperimentato. Quasi tutte le azioni che compiamo sono infatti degli automatismi che il nostro cervello ha già collaudato e che ripete davanti a situazioni simili. Perciò quando giunge l’inaspettato, il cervello deve elaborare qualcosa di nuovo, creare delle nuove connessioni neuronali, in una parola, ampliare le proprie capacità. Quindi più sperimentiamo esperienze inattese, più stimoliamo il cervello a fare ad aggiornarsi, ad evolvere. Dunque introdurre piccoli

EffEtti positivi chE ottiEni sE ti impEgni nElla mEtamorfosi

■ Circola meglio l’energia vitale

■ Hai opportunità di rinascere

■ Fai una nuova tappa evolutiva

■ Dai una svolta a situazioni di impasse

■ Acquisisci nuova consapevolezza

■ Stimoli e nutri il cervello

■ Apprendi nuove conoscenze

■ Scopri aspetti sconosciuti di te

le

e i cambiamenti: servono a evolvere

cambiamenti nella vita può servirci ad abituare il cervello a far fronte alle novità e a non reagire sempre secondo le consuete abitudini che così si rafforzano sempre più.

L’ipercontroLLo ci paraLizza - Pretendiamo di controllare tutto ciò che ci circonda e tutto ciò che succede. Ma la mania dell’ipercontrollo ci priva di tante occasioni di rinnovamento.

Quando cerchiamo di evitare le nuove esperienze ci stiamo rifiutando di elaborare nuove strategie, di rinnovare il nostro modo di vedere le cose e adattarci a ciò che muta intorno a noi.

Chi sa adattarsi alle trasformazioni e non ha paura di imboccare con fiducia le deviazioni del caso riesce a procedere nella vita, indipendentemente da quello che accade. Invece chi è ostinato nel ripetere all’infinito ciò che ha imparato, ed è sempre all’erta e sulla difensiva nei confronti dell’imprevisto, si condanna all’immobilità.

Se i disagi non si riescono a risolvere, vuol dire che bisogna fermarsi e guardarli da un’altra prospettiva: così si potrà aggirarli e passare oltre, oppure si potrà cambiare direzione.

«Equilibrio - scrisse il filosofo Oliveiranon è la posizione di un uomo seduto pacatamente su una poltrona.

Il vero equilibrio è quello del cavaliere sul suo cavallo, mentre realizza con la massima intensità tutte le sue potenzialità».

Se sei statico il più piccolo movimento può farti crollare; se invece sei capace di confrontarti con l’ignoto, allora la vita non ti spaventa.

Fai come l’acqua: è mutevole e si adatta

Uno dei grandi misteri della vita è che tutto ciò che esiste nel mondo nasce dal “seme”, a cominciare dalle piante. Nella successiva tappa evolutiva sono nati gli animali più semplici, basti pensare che la vita si genera dall’uovo, che è per sua natura assimilabile al seme. Dall’uovo nascono gli insetti, i pesci, gli uccelli… Il seme è secco, l’uovo ha il guscio e contiene del liquido. Nel mammifero il seme diventa liquido: lo sperma. Noi nasciamo dall’acqua.

Ci formiamo nell’acqua: il liquido amniotico. Il nostro corpo è composto per la maggior parte di acqua. Acqua come il sudore, le lacrime, le secrezioni vaginali. Dovrebbe bastare già questa consapevolezza a capire che tutta la nostra essenza ragiona come l’acqua. Siamo “immersi” nell’acqua perché anche ciò che ci crea è acqua.

Quindi anche gli amori, come ricordava il poeta latino Ovidio, sono acquatici. Sì, c’è il fuoco, c’è il desiderio, ma appartengono comunque al regno dell’acqua, perché è di questa sostanza che sono composti, quindi sono mutabili. L’inconscio stesso appartiene al regno dell’acqua.

È insondabile, buio, silenzioso e mutevole alla stregua delle profondità marine. Come gli oceani mettono in comunicazione le terre emerse, così l’inconscio è collegato alla nostra coscienza, una piccola porzione che è appunto emersa.

Ciò che siamo risiede in questa profondità, da qui attingiamo vita ed energia. Impariamo dunque dall’acqua. Come dicevano gli antichi, se mi siedo sulla riva a osservare il fiume mi accorgo che l’acqua che scorre non è la stessa che è

e i cambiamenti: servono a evolvere

passata prima o che passerà dopo. Per esprimere questo concetto, Eraclito diceva che non possiamo fare il bagno due volte nello stesso fiume.

Anche nella nostra vita tutto scorre e tutto cambia; l’incertezza che spesso avvertiamo è una componente necessaria della nostra vita. Non dobbiamo scacciarla se vogliamo realizzarci. Dobbiamo diventare insicuri come l’acqua, fluidi, pronti a cambiare percorso, mutevoli.

Per stare bene occorre seguire il flusso - Devi smetterla di voler essere sempre come hai in mente tu, altrimenti ti ghiacci, ti congeli e ti immobilizzi in un blocco di cristallo. Leviamoci dalla testa il pregiudizio secondo cui dovremmo essere sempre coerenti con noi stessi. Ciò che siamo ha invece le caratteristiche mutevoli e adattabili dell’acqua, perciò è all’acqua che dobbiamo ispirarci.

L’acqua non puoi raccoglierla o trattenerla con le mani, così come non puoi identificare ciò che sei. Cambi continuamente, come l’acqua di un fiume.

asseconda l’energia che scorre intorno - A cosa ti serve immaginare che sei nell’acqua? Se sei nell’acqua sei dentro quell’energia primordiale e costitutiva, che il pensiero da solo non è capace di evocare.

Se la natura si nasconde per costituzione, come diceva Eraclito, devo rifugiarmi dentro me stesso per realizzarmi e ritrovare in me la stessa energia che scorre intorno a me, in tutto l’universo, per seguire il flusso naturale.

Devo prendere consapevolezza del fatto che il mio sguardo ha poteri immensi, gli stessi della luce: se viene posato su me stesso con piena partecipazione può farmi maturare, come il sole trasforma un seme in una pianta.

Fatti portare dalla corrente

L’acqua suggerisce un modo diverso di stare in campo: ha la caratteristica di rimanere se stessa pur cambiando continuamente forma, non si blocca ma tende naturalmente a scorrere, trattiene alcune cose e contemporaneamente le lascia scorrere. L’acqua segue il corso che si trova davanti e al contempo scava nuove vie per il suo procedere, riflette ciò che ha attorno come uno specchio ma subito cancella queste immagini per crearne di nuove. Per diventare come acqua dunque hai bisogno di togliere le dighe che hai posto al tuo fluire con troppi

immergiti e lava via i penSieri

Ecco un esercizio che ti “allena” a sentirti come l’acqua. Chiudi gli occhi e immagina di camminare. Non sei tu che guidi le gambe, sono le gambe che vanno per conto loro. Lasciati portare dalle gambe, mentre alle tue spalle rimangono i pensieri, i problemi, le identità illusorie… Sono le gambe che vanno, leggere e veloci. Adesso cerchi un posto dove vi sia l’acqua. Una sorgente, una vasca da bagno, un fiume, un laghetto, la riva del mare… L’acqua è limpida ed è della temperatura che preferisci. Ti immergi nell’acqua. Ti lavi, accarezzi il tuo corpo, senti il piacere dell’acqua. Dopo poco avverti un’eccitazione che ti attraversa, un brivido lungo le membra: sei acqua nell’acqua. Sei solo tu con l’acqua. Si formano dentro di te due immagini: tu che cammini e tu che stai nell’acqua, che ti culla e porta via i pensieri. Poi riapri gli occhi.

e i cambiamenti: servono a evolvere

ragionamenti e programmi di vita; hai bisogno di abbassare gli arginiche hai messo a te stesso e a ciò che ti circonda con le tue regole, le definizioni e le aspettative. Hai bisogno di lasciarti condurre dalla corrente, recuperando la tua spontaneità, senza tracciare il tuo corso a priori ma osservando quello che accade dentro e fuori di te. Allenando questo modo di stare in campo e recuperando questa saggezza antica potrai trovare nuove soluzioni alle questioni bloccate della tua esistenza!

prendi La via deLL’acqua e sciogLi i probLemi - Il grande romanziere Melville fa dire a uno dei protagonisti principali del suo celebre “Moby Dick” che quando le cose si mettono male e tutte le porte paiono chiudersi lui sale su una barca e inizia a navigare. Entra dunque nel regno acqueo del mondo. Questo regno acquatico è uno stato mentale. I problemi non passano perché li vedi dal punto di vista della terra: rigidi, sempre uguali, pesanti, faticosi da spostare. Nell’acqua cambi il tuo punto di vista e diventi mutevole. Appena imbocchi la via dell’acqua le cose si mettono a posto da sole: i problemi si “sciolgono” e si trasformano in acqua. Voglio realizzarmi? Mi metto in mare e navigo.

Per ritrovare la tua unicità fai come l’acqua che segue naturalmente il terreno e va dove deve andare. Senza fatica segui anche tu l’inclinazione innata. La tua natura si dirige verso ciò che le piace: lo sa fare da sola, se non interferisci con la ragione e con i suoi giudizi. Impara ad accogliere tutto ciò che ti porta e a non importi nulla.

Capitolo 5

Impara a dire di no ed evita di farti manipolare

Una vita passata a compiacere gli altri porta inevitabilmente a essere insoddisfatti di se stessi. In molti casi è necessario non accettare le richieste altrui, perché ci tolgono il tempo e l’energia che dovremmo impiegare per prenderci cura di noi stessi. Questi “no” sono necessari a difendere la nostra vita dall’invadenza altrui e a trovare l’indipendenza

Vivi la tua vita, non essere influenzato dagli altri

Quante volte ci è capitato che il capo sul lavoro, i genitori, gli amici o il partner ci chiedano qualcosa che non vorremo fare, che non fa parte di noi, ma che in qualche modo ci sentiamo costretti a fare, pur controvoglia. Sono proprio queste occasioni che a lungo andare non ci fanno sentire completamente noi stessi e possono creare anche disturbi fisici. Quando si vive con l’impossibilità o l’incapacità di dire di no, di non essere come gli altri vorrebbero o di non soddisfare i loro bisogni, in realtà stiamo mettendo al primo posto le esigenze altrui, senza ascoltare noi stessi.

È importante evitare che le persone invadano il nostro spazio vitale, anche perché di queste invasioni spesso non ci accorgiamo neppure.

Invece ci troviamo spesso a fare cose che inizialmente non vorremo ma che poi, complice l’abitudine o il desiderio di assecondare gli altri, ci troviamo a fare magari per anni, e che non ci appartengono per nulla. Così facendo, perdiamo la nostra unicità, la nostra immagine interiore.

I “no” che proteggono la tua vita

Dire di “no” alle richieste altrui ci fa sentire a disagio o addirittura in colpa. Ma dire sempre “sì” al capo, al partner, agli amici o ai familiari è un modo di agire controproducente, che rischia

di farci perdere di vista i nostri bisogni e i nostri desideri, provocando insoddisfazione e scontentezza. Occorre imparare a dire di “no” in certe occasioni; basterebbe un semplice “No, non mi va”, oppure “No, non posso”, o ancora “No, non riesco”. Eppure per molte persone risulta molto difficile, proprio perché vogliono evitare sensi di colpa. Il problema nasce sempre dal modo in cui raffiguriamo noi stessi e dagli schemi di comportamento a cui obbediamo. Abbiamo paura della reazione altrui, delle conseguenze che il nostro rifiuto potrebbe generare. Temiamo di essere considerati egoisti, di perdere la stima o l’affetto della persona a cui abbiamo risposto di “no”. In più ci sentiamo anche compiaciuti e gratificati quando diciamo “sì”, perché ci sembra che questo abbia aumentato la considerazione che gli altri hanno di noi. Secondo i nostri modelli mentali “dire sì” è considerato segno di generosità e bontà d’animo, mentre “dire no” indica egoismo e cattiveria. Se cadi in questo circolo vizioso gli effetti saranno emotivamente e fisicamente devastanti, poiché ti sentirai costretto ad accettare i vincoli imposti dagli altri e finirai con il trascurare i tuoi impegni personali, le tue esigenze e tutto quello che ti piace fare.

È utile cominciare a negarti

Se mostri disponibilità incondizionata di fronte a qualsiasi proposta che ti viene avanzata, cadrai per sempre vittima di questa trappola e non avrai più spazi per te. Come evitare quindi una simile situazione? Cominciando a dire di “no” senza sentirti in colpa, perché lo stai facendo per difendere il tuo tempo e la tua vita, i beni più preziosi che hai. Questo non vuol dire essere egoisti, ma semplicemente fare ciò che è giusto. Per cominciare, metti dei limiti all’invadenza altrui nella tua vita, poni delle regole; ad esempio nel weekend non renderti

disponibile per le faccende degli altri, taglia corto le telefonate di sfogo personale che ti succhiano tempo ed energie, scegli tu come trascorrere il tempo libero, non accollarti i compiti che i parenti, gli amici o i colleghi ti vogliono rifilare. Non aver paura che questo porti gli altri a considerarti di meno; anzi otterrai una maggiore considerazione, perché il tuo tempo sarà centellinato e quindi più prezioso. Le persone non si approfitteranno più di te e non ti chiederanno troppi favori in futuro. Offri il tuo tempo e la tua vicinanza a chi vuoi più bene o alle persone che ti aiutano a crescere, così avrai tempo di approfondire i rapporti che ti stanno davvero a cuore e soprattutto per dedicarti a te.

Sii Sincero: Sarai apprezzato

Anche se ti senti in imbarazzo quando cominci a dire di “no”, abituati a essere del tutto chiaro e onesto nelle tue motivazioni. Non inventare scuse fasulle per giustificarti, non ingigantire le cose, ma dì la verità senza dilungarti troppo, perché potrebbe sembrare che stai accampando scuse inventate. Dai una spiegazione concreta e reale dei motivi per cui dici “no” alla richiesta. Per esempio: “Non posso venire a cena con te questa sera perché sto preparando l’esame di Diritto civile, che devo dare tra due giorni. Vorrei proprio passarlo, perché è la seconda volta che ci provo…”. Questo ti renderà più credibile e farà accettare le tue spiegazioni. L’altro apprezzerà la tua onestà e accetterà le tue decisioni perché hai dato delle motivazioni ragionevoli e accettabili.

Allontanati dai rapporti che ti legano

Gli altri non hanno poteri su di noi se non lo permettiamo. Perché allora apriamo loro le porte? Perché a volte dipendere da qualcuno fa sentire più sicuri, permette di zittire la paura dell’abbandono, o costituisce un alibi per tutti gli usi. Ma la perdita è molto più grave di ciò che otteniamo! Diciamo troppi “sì” a ciò che le convenzioni o i luoghi comuni ci impongono o a ciò che noi stessi ci imponiamo come scelte obbligate. Paradossalmente non riusciamo invece a dire di no, a rifiutare legittimamente ciò che ci allontana dal nostro percorso di evoluzione personale, quello che ci porta a essere ciò che nel profondo già siamo. Il prezzo pagato è alto: si vive in superficie, focalizzando l’attenzione e la nostra attività mentale sulla funzione giudicante, ovvero quella che valuta ciò che va bene e va male razionalmente, basandosi sui modelli esterni, i giudizi delle persone.

rischi di perdere di vista te stesso - Non si tratta di stare da soli o mettersi contro tutti, ma di seguire la propria natura. Il melo non produce fragole, il leone non abbaia. Anche tu hai una strada unica da percorrere, solo tua. Adeguarsi troppo agli altri, sacrificarsi, non è bontà, è perdere di vista se stessi. Ecco perché arrivano disagi e crisi: per rimetterti sul giusto binario. Che cosa significa essere indipendenti? Vuol dire semplicemente tagliare gli ormeggi che ci tengono ancorati. Succede in molti ambiti, dalla famiglia al lavoro, e sono coinvolte quasi sempre le relazioni personali. Ciascuno di noi è come una barca che deve poter seguire liberamente la propria rotta. Si deve avere il giusto spazio di manovra, senza perdere di vista gli altri

scafi. Certo, una barca può procedere appaiata a un’altra anche per un lungo tratto, ma dev’essere una scelta libera che facilita la navigazione a entrambe.

Se invece procedere in questo modo porta nelle secche, o una delle due deve sempre trainare l’altra, la situazione può diventare pericolosa.

ti muove il timore dell’abbandono - Nelle relazioni complicate da cui non si riesce a uscire si giocano spesso dei ruoli fissi. Riconoscerli, guardandoli per un istante da fuori, è il primo passo per uscirne. La persona che tende a subire troppo, dentro di sé, è convinta di non essere del tutto degna di ricevere amore o di essere apprezzata per quel che è: teme di non essere abbastanza in gamba, abbastanza buona, di trasgredire le regole, e non di rado ha il mito della sopportazione e del martirio. Nel rapporto, è quella che si sacrifica per l’altro. Quello che non sa è che anche chi domina mette in atto una condotta dipendente, allo scopo di ottenere risarcimento ad esempio per torti ricevuti in passato. Come se, dominando, potesse estorcere ammirazione e considerazione mai ricevute.

Uno dei freni maggiori alla ricerca della propria autonomia è il senso di colpa, il timore di ferire o di trasgredire. Ma non si è mai cattivi nel cercare di fare del bene a se stessi.

prendi in mano la tua vita - Non far decidere tutto al timore dell’abbandono da parte della persona da cui credi di dipendere. Spesso in un rapporto “malato” sembra subito evidente chi è la vittima e chi il carnefice. Ma l’apparenza inganna. In realtà ognuno dei due è il carnefice di se stesso. Questo è il segreto della durata di rapporti in cui pare, dall’esterno, regnare un grande squilibrio e una generale infelicità. “Non riesco a staccarmi anche se soffro” è sempre un alibi: chi vuole andarsene da un rapporto se ne va, senza fare tanti complimenti. Chi

rimane evidentemente è legato da fili più sottili e pensa di ricevere da quel legame più di quanto gli viene sottratto. Spegne il senso di insicurezza, la paura dell’abbandono e dà sostegno ai propri alibi (“Non posso prendere in mano la mia vita, sono troppo schiacciato da questo rapporto che mi consuma”). Per uscirne c’è una sola strada: riconoscere il proprio ruolo attivo nel diventare la vittima di turno.

Come capire se la relazione è malata

Quando al posto di un amore sincero si crea un legame fatto di attaccamento e dipendenza occorre voltare lo sguardo e ritrovare la propria fonte interna di autostima.

Fai l’elenco di ciò che non Funziona - Per uscire da un rapporto di dipendenza emotiva è necessario prima di tutto renderti conto di tutti gli effetti negativi che la relazione sta producendo su di te. Ecco un elenco dei possibili effetti negativi di una relazione.

■ Da quando il tuo mondo e il suo si sono sovrapposti, i tuoi spazi si sono ridotti fino a non esistere più. Fatichi a dedicarti a passioni e a interessi che non coinvolgano anche l’altro.

■ Ti senti psicologicamente fermo, bloccato, impantanato nel solito schema. Un’alternanza di momenti di rabbia, litigi, momenti di separazione in cui ti sfoghi con amici o confidenti e ti lamenti, per poi cercare una riappacificazione e vivere di nuovo brevi momenti in cui ti pare che le cose potrebbero tornare a funzionare.

■ Sono frequenti pensieri ipocondriaci e timori per la tua salute. Rappresentano su un piano simbolico le energie vitali che non stai esprimendo, il fatto che stai alimentando un lato mortifero e disfunzionale della personalità.

■ Non riesci a concentrarti nelle tue attività professionali perché il primo pensiero è quello di tenere sotto controllo l’altro.

■ Il tuo stato d’animo è totalmente determinato dall’andamento del rapporto. La tua felicità o infelicità è esclusivamente riposta nella mani dell’altro.

■ Credi che la tua vita senza l’altro non possa avere senso e gli riconosci delle capacità che in realtà appartengono anche a te.

Mettiti alla prova e comincia a occuparti proprio degli aspetti che credi di non essere in grado di affrontare. Ti stupirai nel vedere che sarai all’altezza della situazione, ma soprattutto sperimenterai un senso di autonomia inaspettato che ti porterà a riflettere.

cancella i Freni mentali - Hai nostalgia della magia dei primi tempi della relazione con il tuo partner? Non l’hai persa, è dentro di te! Uno dei freni mentali a chiudere un rapporto esaurito e doloroso è l’idea che, insistendo, potrai ritrovare un giorno l’incanto e la magia dei primi tempi, l’emozione dei primi appuntamenti, quello stato che provavi le prime volte assieme al partner. Tutto questo oggi non c’è più, ma non solo: se guardi bene, quello che vorresti riconquistare non è tanto il partner, ma quei lati di te che erano emersi allora e che ora sono svaniti. Di fatto la relazione si è evoluta in modo negativo e sta ora spegnendo le tue energie e la tua gioia di vivere. È illusorio pensare di recuperare quella magia nel rapporto che è ormai spento; va cercata invece dentro di te. Prova ogni tanto a immedesimarti in una persona diversa da quella che sei attualmente, una persona più libera, senza vincoli, e a ragionare come se il tuo attuale partner non ci fosse: mentalmente ti si aprirà un mondo di possibilità che per il momento sono blindate, ma soprattutto scoprirai che è proprio lì, all’interno di te, che si trovano le radici dell’incanto che credevi di avere perso!

Supera il timore dei giudizi altrui

Non sono solo i rapporti personali più stretti (partner e familiari) a condizionare la nostra vita e a spingerci a dire di sì anche quando dovremmo dire di no. Spesso è la paura del giudizio degli altri in generale (colleghi, amici e anche solo persone che incontriamo per caso) a farci accettare richieste e comportamenti che in realtà non ci vanno bene. Lo facciamo soprattutto per sentirci accettati e approvati, per non sentirci diversi, evitando così un senso di isolamento che può spaventare. Tuttavia col tempo il bisogno naturale di protezione e appartenenza si trasforma in una dipendenza dall’esterno, da convenzioni collettive che nulla hanno a che fare con la singolarità del proprio percorso.

“Come sono andato? Sono andato bene? Ho fatto bella figura? Se mi metto questo vestito poi cosa penseranno di me? Se esco con quel tizio che figura ci faccio?”. Tutti noi abbiamo avuto dei pensieri simili; viviamo spesso come sorvegliati speciali, attentissimi agli sguardi e al giudizio degli altri. Per qualcuno è una vera malattia e non a caso si chiama fobia sociale, ma anche chi non è sopraffatto dall’ansia per il giudizio degli altri può ammettere di subire i condizionamenti del gruppo.

Pensi sempre con la tua testa?

Quando scegli, quando parli, quando agisci, sei davvero te stesso? Oppure invece ti preoccupi di pensare, di dire e di fare le cose che sono giuste secondo gli altri, cedendo inevitabil-

mente al compromesso che ti rende più accettabile da chi ti sta intorno? Inutile negare che qualche compromesso talvolta è necessario, ma non sempre.

Ognuno di noi è inserito in un contesto sociale e vive in relazione con tante persone diverse, ma se si tende ad adottare sempre lo sguardo altrui, anticipando pensieri, parole ed espressioni di chi abbiamo di fronte in nome del quieto vivere, finiamo per perderci ed essere scontenti. Anticipare i desideri altrui e adattarsi alle circostanze è un modo per evitare di essere oggetto di giudizio e critica. Così non ci mettiamo alla prova, non diamo fastidio e non creiamo problemi, ma rischiamo di seppellire sotto una pallida maschera le nostre vere risorse, potenzialità e talenti.

Pensare di valere e di andare bene soltanto se sei accettato dagli altri ci nega la possibilità di essere noi stessi. Non fare confronti e non preoccuparti se ti comporti in modo diverso dagli altri. Non esiste un percorso uguale per tutti. Tu sei unico! E vai bene così.

I consigli per uscire dal gregge

C’è tutto un mondo di possibilità che aspettano solo di essere colte. Non è difficile, se parti… da te e disattivi vergogna e senso di colpa. Non servono rotture clamorose, ma piccole azioni da fare in segreto ogni giorno.

diventa consapevole dei tuoi automatismi - Quando senti di essere guidato da schemi esterni che pregiudicano il tuo benessere e il tuo percorso di crescita, puoi cambiare rotta. Per farlo devi in primo luogo chiederti: “Perché mi sto comportando così? Perché formulo in automatico questi giudizi? C’è un altro modo di pensare?”. Fare sempre le stesse cose, ri-

petere gli stessi gesti, rimanere attaccati a modi di fare sempre uguali: la dipendenza dal gregge si nutre di questi comportamenti automatici. Per poterli limitare o evitare però bisogna diventare più consapevoli.

Fai piccoli passi - Fai piccoli cambiamenti quotidiani, prova cose mai fatte prima, alla ricerca della tua autonomia. Cambiare un’abitudine alla volta ti permette di sperimentare comportamenti per te inconsueti in un contesto di normalità per tutto il resto. Così saranno più accettabili per te e per gli altri.

segna dei conFini per gli altri ed esci dai tuoi - Devi proteggere il tuo spazio vitale e nello stesso tempo ampliarlo. Quindi comincia a tracciare dei confini che limitano l’invadenza degli altri, e nello stesso tempo prova a uscire dai limiti che tu stesso ti sei imposto. È importante che ti conceda qualche piccola trasgressione, assaporando il gusto della scoperta, l’eccitazione, ma anche la paura che possono accompagnarla.

tieni il segreto - I cambi di rotta nel tuo comportamenti con gli altri hanno bisogno del segreto, almeno all’inizio. Il segreto protegge questo importante incontro che stai facendo con te stesso, soprattutto con quelle parti di te che hanno avuto poco modo di esprimersi perché bloccate da norme, schemi, paura del giudizio altrui. Il silenzio ti permette di sentire come stai, senza la preoccupazione dei pareri esterni.

cerca le azioni spontanee - Tu sei davvero te stesso, non quando sei uguale agli altri, ma quando compi azioni spontanee, senza chiederti perché. Liberati quindi dell’identità fittizia che hai assimilato ed entra in intimità con te stesso. Potrai accorgerti di essere sulla tua strada quando nelle tue azioni constaterai le caratteristiche della naturalezza e spontaneità.

Non farti imprigionare dalla ricerca di sicurezza

Famiglia, lavoro, casa: quando pensi di avere ormai conquistato tutto e ti siedi, rischi di costruire la tua prigione. È in quei momenti che l’anima ti manda inquietudine e disagi: vuole farti ritrovare l’indipendenza. La tranquillità è un mito a doppio taglio. Non c’è niente di più tranquillo dei sassi, o dell’acqua stagnante. L’attaccamento alle sicurezze riflette il desiderio di controllo su tutto. Per proteggere la routine da tutti gli imprevisti, si alzano dei sistemi difensivi. Il che, visto dall’altro lato, significa chiudersi in una prigione, come si fa con chi temiamo possa fare qualcosa di sbagliato. Ecco il punto; che si tratti di abitudini rassicuranti o di conquiste raggiunte con fatica, la ricerca della presunta sicurezza maschera una verità difficile da ammettere: la paura dell’ignoto, cioè, più a fondo, di se stessi, di quello che si potrebbe fare se solo si fosse di nuovo liberi.

Come sei finito in trappola?

Quali sono i passaggi che ti hanno indotto a restringere progressivamente il tuo spazio di manovra al fine apparente di evitare tutti i rischi, i pericoli o anche solo i fastidi?

Naturalmente sono diversi per ognuno, ma alcuni tratti comuni possiamo rintracciarli. Cerchiamo di evitare paura, ansia e isolamento cercando una tana fatta di piccole sicurezze. Ci proponiamo gli obiettivi comuni a tutti (un buon lavoro, una buona famiglia, una bella casa…) perché riteniamo che raggiungere questi obiettivi ci ponga al riparo dall’insicurezza.

liberati dai pensieri che ti ingabbiano - Chi si è rinchiuso in una gabbia dorata, per i limiti che si autoimpone, in genere non se ne accorge. Capire che questa condizione limita la propria vita è quindi fondamentale. Prendi nota di tutte le azioni quotidiane che ti piacerebbe compiere, ma non ne hai il coraggio o la possibilità.

Anche azioni semplici. Fare shopping da solo, una camminata dopo cena, iscriverti a un corso di ginnastica. O più importanti. Ora nota le sensazioni che provi. Scrivile. A questi limiti reali corrispondono limiti psicologici di cui non sei ancora consapevole, una sorta di pensieri-sbarra autolimitanti. Eccone alcuni.

■ “Non è possibile, non ho tempo, sarebbe bello ma non si può”. Guadagnare il doppio e lavorare la metà? Ritenerlo possibile è la prima azione pratica per poterlo realizzare. Ed è la prima da negare se si vuole evitare il rischio di riuscirci.

■ “Non ne sono capace”. Quasi sempre nasconde un più sincero: “Non voglio”. Scopri perché.

■ “Se provo e fallisco starò male”. No, se fallisci ci riproverai. Occorre fallire per imparare.

■ “Cosa penseranno gli altri di me? Non potrò più guardarmi allo specchio”. Gli altri non passano il tempo a pensare a te, tranquillo.

■ “Non lo merito”. Sei davvero un giudice così perfetto da sapere cosa meriti? E se sbagliassi? Ci sono molte altre frasi simili, ma sono frasi sbagliate, autosabotanti. Ora, per le situazioni che ti mettono in difficoltà, prova a riconoscere quale frase interna ti sta limitando.

Non guardarti con gli occhi degli altri

Già nel 200 d.C. Plotino, filosofo neoplatonico, sottolineava come l’uomo tende a essere troppo sbilanciato all’esterno, “soffocato dall’esteriorità, collegato da mille vincoli alle attrattive

del mondo”. Talmente distratto nell’inseguire il modo di essere più adatto alle regole sociali da smarrire il proprio percorso, e consegnarsi a un’infelicità esistenziale che si manifesta sotto forma di ansia o depressione.

Questo è il risultato che si ottiene nel tentativo di adeguarsi agli altri oppure ai rigidi dettami che noi stessi ci imponiamo, dopo averli acquisiti con l’educazione.

A tal proposito il filosofo Plotino suggerisce una soluzione per sottrarsi a tale pressione e al disagio psicologico che ne deriva: occorre far emergere, sotto la scorza dell’uomo esteriore, l’uo-

elimina la dipendenza dai modelli, dalle aSpettative tue e degli altri

Aderire a un modello di perfezione che impone un obiettivo totalizzante da raggiungere nel futuro, è uno schema di comportamento che protegge soprattutto da se stessi. Il lontano e luminoso miraggio infatti distoglie lo sguardo dalle proprie ombre interiori: la ferita narcisistica relativa a un fallimento, il dolore di un abbandono, la percezione di non sentirsi mai all’altezza. Identificandosi in un modello si esorcizza l’ansia che l’evento doloroso possa ripetersi: se corro in avanti nessuno potrà più ferirmi. Questo atteggiamento però spinge a ottenere dall’esterno ciò che dall’interno non arriva: autostima, accettazione di sé, equilibrio interiore. E c’è un prezzo da pagare: sottomettersi a un “Io” tiranno e costantemente insoddisfatto.

mo naturale, arcaico, colui che incarna la nostra essenza, il più vicino alla nostra autentica natura.

Il primo passo per arrivare a far emergere questa essenza profonda e naturale è riconoscere quanto siamo sensibili alle regole sociali, acquisite con l’educazione, con la convivenza e i modelli sociali.

Molti di noi sono cresciuti con l’imposizione di dover accondiscendere ai voleri della famiglia, della scuola, dei “superiori”. Se vogliamo davvero incontrare la nostra natura, da “grandi” dobbiamo dimenticare questi insegnamenti e lasciarci alle spalle queste imposizioni.

punti a una perFezione che non esiste - Le conseguenze di un atteggiamento di condiscendenza verso gli altri consistono non solo nel divenire troppo ricettivi a critiche che smantellano l’autostima, ma anche nel non credere più nella spinta interna ricevuta da istinti, sensazioni ed emozioni, allontanandoci così da ciò che ci rende felici.

Questo a lungo andare può portare allo sviluppo di sintomi psicologici e somatici con i quali la nostra energia vitale, soffocata e mal direzionata, alimenta una tensione nervosa che si manifesta con mal di testa, mal di schiena, gastrite, alterazioni intestinali, infiammazioni agli occhi e alla pelle, senza apparente motivo, che si mantengono in modo cronico insieme ad ansia e depressione. Non sappiamo, o meglio non riusciamo a scorgere il motivo di questo malessere, e cerchiamo la spiegazione ragionandoci sopra secondo gli schemi comuni.

Pensiamo di essere tristi perché non siamo perfetti e invece è proprio il contrario: siamo tristi perché cerchiamo di essere perfetti e così rinunciamo alla nostra strada. Ci imponiamo ciò che crediamo sia il nostro dovere e non scorgiamo cosa

già ci fa piacere e ci indica quello che è più adatto a noi. Allora dobbiamo liberarci una volta per tutte delle opinioni altrui, dei giudizi inutili, degli attaccamenti superficiali, dei progetti e delle ambizioni che non ci appartengono. E in questo modo ricominciare a vivere.

Ma non è necessario per forza cadere prima tra le braccia della tristezza per essere spinti poi a reagire, possiamo farlo da subito, dal momento in cui le richieste altrui e gli obblighi interni iniziano a soffocarci.

Solo tu puoi conoscerti davvero

Molti pensano che bisogna fare chissà che cosa per riuscire a sentire la propria “voce” interiore, ma in realtà si tratta solo di concedere a se stessi un’attenzione più diretta, meno mediata dalla continua consultazione del mondo intorno a noi. E per sapere se si è sulla strada giusta basta osservare cosa accade quando gli altri non sono d’accordo con noi rispetto a una nostra decisione: se la cosa non ci influenza o ci fa solo riflettere un po’ di più, allora è fatta.

Vuol dire allora che abbiamo riconquistato il baricentro di noi stessi. E per consolidarlo e mantenerlo è necessario non aver timore di cambiare direzione rispetto a ciò che gli altri si aspettano da noi. Questo è il modo migliore per conoscersi davvero e non fermarsi alla maschera che si è soliti indossare. Ecco una serie di indicazioni per portare avanti questo obiettivo.

ritrova te stesso nel silenzio - Ma come è possibile ridurre una considerazione eccessiva per le parole altrui senza cadere nell’atteggiamento opposto, caratterizzato dalla chiusura, dal non ascoltare più nessuno e dal chiudersi al dialogo con l’esterno? Bisogna ritrovare un po’ di silenzio. Cosa che all’inizio, per chi è abituato a lasciar entrare la voce di chiunque, è

impegnativo, ma è solo così che si può evitare di farsi troppo influenzare e, allo stesso tempo, di chiudersi a riccio. Senza un po’ di silenzio non possiamo far emergere quella parte di noi stessi che ci dice cosa ci piace veramente, di conseguenza i nostri non sono dialoghi ma monologhi in cui noi recitiamo il ruolo del “discepolo muto”.

Per imparare a fare la nostra parte, quella che ci rende saldi sul nostro baricentro perché soddisfatti di noi, occorre smettere di recitare il personaggio che ci hanno assegnato gli altri.

racconta poco di te - La prima regola per diventare meno influenzabili è esporsi di meno, raccontare poco di sé, così da non ricevere continui pareri e consigli che, anche quando espressi in buona fede, distraggono da ciò che si pensa veramente. Tenere diversi “fatti tuoi” solamente per te, avere dei segreti, fa sì che tu possa dedicarti a essi in modo molto più autentico e costruttivo.

Anche dire qualche bugia può essere la tua arma vincente, nel senso di omettere alcune informazioni personali, per non raccontare proprio tutto di te e della tua vita intima. Riuscire a conservare zone d’ombra e di mistero e non svelarsi del tutto ti fa avvicinare alla parte più autentica di te e alle forze che abitano lontane dalla razionalità.

prova nuove esperienze - Per diventare più autonomi è necessario sperimentarsi al di fuori dei soliti contesti. Ad esempio, fare anche un breve viaggio in solitudine potrebbe metterti più in contatto con te stesso, senza bisogno di continue conferme esterne. Lo stesso vale per tutte le esperienze nelle quali puoi “sentirti” in modo nuovo e diventare protagonista. Se desideriamo godere di una buona autostima è necessario sottrarci alla dualità adeguato/inadeguato e perché questo ac-

cada bisogna assumere un atteggiamento curioso di noi e del mondo. Nascosto dentro di te c’è qualcuno che adora le novità e i cambiamenti: trovalo!

RiscopRi le pause - La frenesia del quotidiano e una routine molto intensa ci allontanano da noi stessi rendendoci più influenzabili. Non sacrifichiamo i momenti di pausa, di silenzio e di meditazione a una efficienza esasperata. Questi momenti sono fondamentali per l’equilibrio psichico: la loro presenza ci fortifica e ci rende più sicuri, più vicini alla nostra realtà interiore.

accetta le tue contRaddizioni - Abbiamo visto quanto può essere difficile, e anche doloroso, accettare ciò che ci rende particolari, perché a volte ci si sente addosso un abito che non abbiamo scelto e che il resto del mondo svilisce. Ma noi non siamo sempre e solo in un unico modo, a volte siamo anche l’opposto. E occorre assecondare queste contrapposizioni in modo da allentare la tensione e imparare a non vergognarsi di sé. Ogni tanto concediti di guardare le cose da un punto di vista diverso, facendo cose che non ti aspetteresti.

nutRi la fiducia in te - L’autostima non è data una volta per sempre, salda e immutabile. Il senso che ognuno ha di sé cambia con la vita, con gli eventi e con lo sviluppo della personalità. Per questo va alimentata e rinnovata ogni giorno. Solo così è possibile costruire una identità solida ma flessibile, che non cambi di continuo e alla quale attingere come a un riferimento sicuro nei momenti che contano. Invece di combattere contro di noi, cerchiamo di evitare autosabotaggi e agiamo in modo da fare esperienza senza giudicare tutto ciò che ci accade e che otteniamo o no. Stare dalla propria parte e agire rinforza l’autostima, non il contrario.

Tieni la giusta distanza da chi ti circonda

I rapporti con gli altri possono essere uno strumento formidabile per sostenere la nostra autostima, se ci sentiamo tenuti in considerazione o se il confronto ci appare favorevole a noi; ma possono provocare una profonda disistima in noi stessi, se ci sentiamo criticati, giudicati, o sminuiti dal paragone con coloro che ai nostri occhi ci appaiono molto superiori. E chi non ha fiducia in sé pensa automaticamente di non poter essere apprezzato e stimato da coloro che gli stanno attorno.

Per arrivare a stare bene con gli altri, è dunque necessario stare bene con se stessi e costruire rapporti di parità. La soluzione sta dunque nel creare relazioni in cui non ci si senta obbligati a dover dimostrare qualcosa agli altri, in cui non ci sia dipendenza l’uno dall’altro.

Dai sempre, ma non ricevi quasi mai

Molte persone si dimostrano disponibili nei confronti degli altri, dicono sempre di sì alle loro richieste, ma in cambio non ricevono molto. Spesso non riescono neanche a chiederlo, si sentono in imbarazzo a farlo. Così sono doppiamente in difficoltà perché consumano tempo per gli altri, e fanno fatica a far fronte alle proprie necessità e incombenze da soli, perché non chiedono aiuto agli amici o ai parenti.

Ecco una situazione esemplare: “Capita spesso che parenti e amici mi tengano ore al telefono per raccontarmi solo i fatti loro, di me chiedono appena come sto senza ascoltare neanche

la risposta. Mi sento una specie di telefono amico, di psicologo, confessore… io ascolto tutti, do buoni consigli, sono sempre disponibile, pronta ad accorrere e a farmi in quattro, ma di me non gliene frega niente a nessuno. So che dovrei dire di no, dare un limite, ma non so da che parte si comincia…”. Oppure ecco un’altro esempio di una persona che sa dare ma non riesce a chiedere: “Ogni volta che devo chiedere mi blocco, che si tratti di un’informazione per la strada, di un favore a un amico, di qualcosa in prestito, di un aiuto, faccio i salti

la favola dei porcoSpini

Il filosofo Schopenhauer per parlare dei problemi delle relazioni sociali racconta la favola di alcuni porcospini che d’inverno, per proteggersi dal freddo, si stringevano l’uno con l’altro. Ma così si pungevano reciprocamente con le spine e quindi erano costretti ad allontanarsi per non farsi male. Continuavano ad allontanarsi e avvicinarsi, finché sono riusciti a trovare una distanza moderata ma non eccessiva, che permettesse loro di scaldarsi senza pungersi. La stessa cosa si può dire degli uomini: devono trovare la giusta distanza con le altre persone, che permetta loro di avere dei rapporti sociali, ma che impedisca anche di essere “punti” o di “pungere”. Questo vale soprattutto per l’autostima: l’eccessiva dipendenza dai giudizi altrui, dai consigli e dai confronti può ferire gravemente la fiducia in se stessi. Tenere la giusta distanza permette di proteggerci, di credere in noi stessi e di manifestare quello che siamo.

mortali ma cerco di riuscire a cavarmela da sola. Ho paura che mi dicano di no e poi non sopporto di sentirmi in debito con qualcuno…”.

non sottovalutarti - A farci dire sempre sì è la convinzione che nessuno possa stimarci semplicemente per quel che siamo, ma solamente per quel che gli possiamo dare: pensiamo che più offriamo e più agli occhi degli altri acquistiamo valore. Questo è un atteggiamento che dimostra chiaramente la mancanza di fiducia in se stessi e contribuisce a radicare la disistima in sé. Infatti se noi stessi per primi non teniamo in nessun conto ciò che doniamo, in termini di tempo e disponibilità, anche gli altri inevitabilmente lo sottovalutano, pensando che a noi non costi assolutamente nulla.

sFogati, non trattenerti - Almeno con le persone con cui hai più confidenza, ad esempio il marito o la moglie, tua sorella, il tuo migliore amico, i figli, datti il permesso di reagire a caldo e di sbottare senza trattenerti, di esprimere sinceramente le tue esigenze e la tua scontentezza.

Non si tratta di vincere o perdere nella discussione, ma di allenarti a esprimere ciò che senti e sperimentare che non è così spaventoso. Dopo lo sfogo ti sentirai meglio e anche l’altra persona ti terrà in maggior considerazione.

Se nonostante tutto, non sei proprio capace di sfogarti di manifestare la tua rabbia, allora allenati a farlo. Ritagliati un momento in cui ti trovi da solo, fai finta che davanti a te ci sia l’altra persona e digli quello che ti viene, senza censure... Fallo a parole, non solo con i pensieri e usa anche toni accesi. Man mano che ti alleni ti sorprenderai sempre più in grado di dire in faccia quel che pensi.

non aspettare che si oFFrano gli altri - Cosa fare? Cominciamo dalle cose più semplici: vai da una vicina e chiedi in prestito un uovo, un panino, un attrezzo... Anziché aspettarti che siano gli altri a proporsi, chiedi esplicitamente ciò che ti serve: “Per favore butti la spazzatura?”, “Ritiri i vestiti in tintoria?”. Fallo anche con gli estranei, chiedi alla commessa del negozio di consigliarti quale gonna ti sta meglio; chiedi a un’amica di tenerti il bambino per qualche ora. Non avere fretta di sdebitarti: ti renderai conto che dare può essere un piacere anche per gli altri.

i conSigli per uScirne

■ Dai un simbolico valore monetario ai tuoi beni, a quello che offri agli altri. Per esempio ogni sì che dici vale 100 euro, un’ora del tuo tempo ne vale 300, dare una mano a un collega ne vale 50... E a fine giornata fai un conteggio: a quanto ammontano le tue donazioni? E soprattutto, considerato che sono beni sottratti a te per darli ad altri, li consideri davvero ben spesi?

■ Dai un limite alla tua disponibilità. Spegni il telefono negli orari in cui vuoi che nessuno ti disturbi, taglia corto o non rispondere alle chiamate inopportune, per l’orario, la motivazione, l’occasione in cui ti trovi.

■ Imponiti di dire almeno un no al giorno. Scegli tu quando e a chi. Poi indìci un giorno alla settimana in cui decidi di dire di no a tutti, e sì solamente a te.

Stai alla larga dai falsi amici

Hai presente quell’amica che ti chiama solo quando deve chiederti un favore ma quando tu hai bisogno di lei ti dice: “Ma certo, come no?”, e poi non si fa sentire? E quel tipo che ti invita a cena una volta al mese salvo poi sparire “il mattino dopo”? E il collega che ti manipola senza che tu riesca mai a rifiutarti di eseguire i suoi ordini, seppure non sia il tuo capo? E quel parente che ti fa la morale ogni volta che vi incontrate?

Tutti noi siamo quotidianamente vittime di rapporti “malati”. Ma siamo davvero vittime o piuttosto complici più o meno inconsapevoli?

Quello che è certo è che queste relazioni ci avvelenano l’anima e il corpo: infatti a lungo andare sono causa di disagi psicologici e a volte persino di malattie organiche. Per fortuna esiste una medicina per curare i rapporti malati. Si tratta di una parola magica, una parola minuscola, ma dotata di un enorme potere: no.

Imparare a dire di no è fondamentale, perché con queste due semplici lettere affermiamo la nostra indipendenza, e a guadagnarci non siamo solo noi, ma anche l’altra persona, perché nessuno può trarre un vero beneficio da un rapporto giudice-imputato o padrone-servo.

coltiva le relazioni autentiche - È importante avere accanto persone che si rivolgono a noi con sguardo valorizzante e costruttivo. Soltanto le relazioni autentiche ci aiutano a trarre il meglio da noi stessi.

Del resto, scegliere chi frequentare è un modo ineguagliabile per riconoscerci il giusto valore e capire chi può, e sa, apprezzarci. Allo stesso tempo proteggersi dai personaggi che possono far vacillare la nostra opinione e instillare modi di fare giudicanti non è maleducazione ma un dovere.

Le persone da evitare

Ci sono diversi tipi di persone che non sono amici sinceri, ma semplicemente ti sfruttano, in un modo o nell’altro. Non solo per ottenere favori o vantaggi pratici, ma anche solo per mettersi in mostra, per avere qualcuno che li ascolta, per sentirsi importanti… Ti usano come uno schermo su cui proiettare se stessi, ma in realtà non hanno interesse reale nei tuoi confronti. Evita dunque questi tipi di persone, non accettare di perdere il tuo tempo con loro, perché ti allontanano da te stesso. Ecco alcuni esempi.

i logorroici - Non importa cosa dici, loro hanno bisogno di un orecchio che li ascolti, tutto il resto è un’inutile appendice. Se ciò che li riguarda è sempre più grave e più urgente di qualsiasi altra cosa, taglia corto: non perdi nulla.

i colpevolisti - “Perché non mi chiami mai?”, “Perché non ti apri con me, non ti fidi?”. I tuoi sensi di colpa sono già floridi senza bisogno che qualcun altro li coltivi. Respingi i ricatti sentimentali e tutte le accuse che non meriti.

Quelli che ti vorrebbero diverso - “Tu, caro mio, sei troppo ingenuo”, “Devi uscire più spesso, sei un asociale”. Non hai bisogno di queste sollecitazioni: aumentano il tuo senso di inadeguatezza e ti spingono verso obiettivi a te estranei.

i competitivi - “Ti viene difficile? Ma se è facilissimo!”. Alcuni soggetti sentono il bisogno di sollecitare la competizione in ogni campo, perché hanno bisogno di affondare qualcun altro per far emergere se stessi. Evitali dunque: innescano e rafforzano dubbi sul tuo valore, ti fanno sentire inferiore, solo perché cercano la competizione nei campi in cui si sentono più forti. Di fronte a un confronto alla pari… scappano.

chi si attacca a te per sostenersi - Chi non fa nulla senza di te, è insicuro e ha continuo bisogno di essere rassicurato e appoggiato, rappresenta un ulteriore dispendio energetico per te che sei già in riserva.

i lamentosi - Tra gli amici che frequentiamo, ce n’è sempre uno in particolare con cui parliamo quasi sempre di guai, di cose che non vanno bene. Il borbottio è contagioso. Cerca di evitare questo tipo di persone, perché ti trascinano a rivangare il passato, a riportare a galla dolori sepolti. Così danneggi la tua autostima, perché ti sembra di essere condannato a una serie infinita di guai. Ma non è così, se non ti ostini a ripescare dalla memoria solo i ricordi grigi.

Le 5 cose che ti semplificano la vita

Finito di stampare nel mese di febbraio 2020 per conto delle Edizioni Riza S.p.A. da Rotolito S.p.A.

stabilimento di Seggiano di Pioltello (MI)

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Le 5 cose che ti semplificano la vita - Libro completo by Edizioni Riza - Issuu