Premiata Salumeria Italiana 2-2013

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Scherer, che ha affrescato le pareti e le volte della cantina con immagini mitologiche, leggende locali e scene di vita contadina (www.erste-neue.it). A Caldaro ci sono ovviamente anche i piccoli produttori, una delle “voci” del sistema vitivinicolo altoatesino. Con 5.200 ettari di vigne la provincia autonoma di Bolzano vede come protagoniste principali le grandi cooperative, che da sole realizzano i 3/4 della produzione. Il secondo attore locale è rappresentato invece dall’Associazione delle Tenute dell’Alto Adige, che riunisce i produttori privati storici. Terzo attore: la rete delle piccole cantine, spesso nate per iniziativa di viticoltori che hanno cominciato a fare il proprio vino. Tra questi a Caldaro c’è Thomas Unterhofer, ex cantiniere con una vera passione enologica. La sua cantina conta su appena 5 ettari di vigne (3 vinificate in proprio, altre 2 per le coop), coltivate a Chardonnay, Bronner, Sauvignon, Kerner e Schiava. Tra i suoi 7 vini meritano attenzione lo Chardonnay, minerale e con sentori floreali; il Sauvignon, con aromi più erbacei; e il Vernatsch, da uve Schiava, con aromi di ciliegia, fresco e leggero (www.weingut-unterhofer.com).

Georg Morandell, davanti all’ingresso della cantina di famiglia Barentalerhof, a Caldaro. Altro firmatario della “Magna Charta” di Caldaro è il produttore Dominikus Morandell, che insieme al figlio Georg, fa Schiava e altri vini a marchio Barentalerhof. L’azienda nacque negli anni ‘70 e oggi ha 3 ettari di vigne, dalle quali ottiene 30.000 bottiglie. Due le versioni del Lago di Caldaro DOC: la Schiava “base” e la Selezione. Altri vini sono il bianco

Gewurztraminer e il rosso Lagrein. La cantina fa solo vendita diretta e merita di essere visitata anche per l’opera spettacolare e un po’ visionaria che in anni di fatica Dominikus ha realizzato sotto terra: un dedalo di passaggi e cunicoli, il tutto rivestito in pietra, con vecchi strumenti in esposizione e una sala circolare con una tavola rotonda sotto un lucernaio. Il turista

A Merano, la cittadina del Wine Festival, gli appassionati di vino non possono mancare una visita ai Giardini del Castello di Trauttmansdorff, conosciuti anche come “giardini di Sissi”, in ricordo della visita dell’Imperatrice d’Austria Elisabetta d’Asburgo, nel 1870, per accompagnare la figlia in quella che all’epoca era tra le principali stazioni termali e di cura dell’ex Impero Austro-Ungarico, di cui il territorio faceva parte. Nel 2001, con un grande investimento pubblico, l’area attorno al Castello di Trauttmansdorff è stata trasformata in un sorprendente giardino botanico, ricco di 7.000 specie del mondo. Tra colorati fiori estivi, piante autoctone, felci esotiche e cactus riparati in serra durante l’inverno, troviamo una collezione di oltre 100 vitigni del mondo (in foto vitigni comuni dell’Alto Adige), più un pergolato avvolto dai rami delle viti native dell’Alto Adige. E dal 2009 c’è il Tabernacolo, una “camera del tesoro” che custodisce vinaccioli altoatesini di 2.400 anni di età; un seme della vite forse più antica del mondo (il Versoaln); e un replicato d’oro di un vinacciolo ultramillenario della Georgia (7.000 anni fa). Alla “periferia” di Merano possiamo visitare invece il Castello Rametz, una bella realtà vitivinicola con 700 anni di storia. Era il 1314 quando i conti di Tirolo ricevettero dalle vigne di Rametz 27 carri di uva da 500 kg l’uno. Da tre generazioni appartiene alla famiglia Schimd, che l’ha valorizzata come destinazione turistica e gastronomica. Il bel Museo del Vino e le cantine storiche del 1850, tutelate dai Beni Culturali, attraggono oltre 20.000 visitatori l’anno. Tra i vini bianchi e rossi interessanti il Sauvignon Rametz e il Pinot Nero. Tra le bollicine il Monreale Rosè, ottenuto con le uve che Castello Rametz coltiva nelle tenute di proprietà in provincia di Trento. >> Link: www.rametz.com

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