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ANNO 8 - NR. 4 - MAGGIO 2022
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LEVICO TERME - Via Claudia Augusta, 27/A - Tel. 0461.707273 - Fax 0461 706611 ALTRE INFORMAZIONI SU TUTTE LE NOSTRE AUTO, MOTO E FUORISTRADA NEL SITO WWW.BIAUTO.EU Auto, Moto & Fuoristrada di tutte le marche
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Punto a capo di Waimer Perinelli
Le REGOLE per COMBATTERE il MALE
L
a banalità del Male è solo un equivoco che nasce dalla penna della giornalista Hannah Arendt la quale, assistendo nel 1961 al processo contro la belva Adolf Heichmann è colpita dalla personalità del nazista e riflette sul caso della vita che ha portato un impiegato amministrativo a decidere la morte di migliaia di esseri umani con atroci mezzi. Al banale si contrappone lo speciale o estremizzando, l’unicità. Una mela è banale in un cesto di mele, te l’aspetti, ma se c’è una banana questa è unica anche se è marcia. Nell’uomo a una dimensione del filosofo Herbert Marcuse (1967)quella che oggi chiamiamo globalizzazione è la banalità del comportamento ripetitivo, indotto, a cui si contrappone l’unicità a cui si accosta l’originalità. Il male non è mai banale e nemmeno originale. Il male può manifestarsi a causa di un crudele caso della vita, un modesto impiegato incapace di schiacciare una formica, in circostanze folli diventa un macellaio. Il male, dice papa Francesco, ricordando le denunce di Giovanni Paolo secondo, è il demonio, un maleficio che nasce e cresce nell’uomo. Il male nascosto in Adolf Heichmann è esploso, casualmente, con il nazismo, che gli ha dato terreno e concime per crescere e poi l’ha liberato contro l’umanità. Non è per nulla casuale e tanto meno banale il male nato e diffuso da chi fa del potere non un mezzo ma un fine e per questo, se il mezzo non è diretto a fare il bene, come ha scritto Niccolò Machiavelli, è fine a se stesso e non risparmia infamità pur di auto conservarsi. Come potrebbe usare il potere come mezzo di bene chi è cresciuto
in regimi totalitari, allevato dai servizi segreti, coccolato da finti amici e adulato come un imperatore redivivo. Uno zar che ha sbaragliato tanti avversari e nemici. Poiché la storia dell’uomo non è mai lineare, né circolare, ma è una linea spezzata che avanza come le mosse del cavallo sulla scacchiera, due spostamenti di lato e uno avanti o indietro, per tornare spesso sulla stessa fossa, l’immagine di almeno uno dei potentati del nostro nuovo millennio ricorda Tiberio Claudio Nerone, figlio adottivo di Cesare Ottaviano Augusto, figlio naturale di un suo nemico e di Livia Drusilla, obbligata a divorziare e sposata, per motivi politici, di potere, dal primo Cesare. Non erano tempi sereni anzi, l’erede all’impero si difese da schiere di nemici ambiziosi e che per il potere non esitò ad uccidere. Quest’uomo da molti giudicato, Svetonio fra tutti, mite e glorioso e da altri, come Cassio Dione, abile e spietato generale, di certo coltivò il male tanto che c’erano e persistono sospetti avesse ucciso i nipoti Gaio e Lucio Cesare, e forse pure il fratellastro Germanico, tutti preferiti da Augusto per la successione all’impero. L’ arma usata fu il veleno e si sospetta fosse avvelenato pure lui mentre soggiornava in una delle dodici ville di Capri. Ma cosa se ne fa un uomo di dodici ville? Perché oligarchi di tutte le lingue devono avere dodici sedie per una sola natica. Ci sono al mondo 198 mila persone (4 mila circa in Italia), corrispondenti allo 0,003% degli abitanti della terra, che hanno un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari e
assieme detengono il 13 per cento della ricchezza mondiale. Il male non è possedere tanto ricchezza ma il come la si ottiene e con quali mezzi la si conserva. La guerra è uno dei mezzi più usati da Tiberio come dagli odierni imperatori o presunti tali. Dal male non può nascere un bene, il male produce il male e lo alimenta per questo come dice papa Francesco al male si deve rispondere con il bene. Anche questo concetto non è lineare come vorremmo. Anzi spesso i ruoli s’intrecciano e s’invertono ma il male rimane sempre in agguato. Sbagliato perciò giudicarlo banale anzi, Hannah Arendt mentre sottolinea la causalità e la malvagità del male, scrive dell’importanza di capire quanto esso sia radicato e come possa essere sconfitto da regole morali: così come certi individui vengono educati a compiere il male dobbiamo insistere nell’educare alla democrazia perché come è stato sottolineato dal presidente della Repubblica Sandro Pertini, “la peggiore democrazia sarà sempre migliore della più perfetta dittatura”.
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SOMMARIO ANNO 8 - MAGGIO 2022 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Erica Zanghellini - Katia Cont Alessandro Caldera - Massimo Dalledonne Emanuele Paccher - Francesca Gottardi - Maurizio Cristini Silvana Poli - Laura Mansini - Alice Rovati Marco Nicolò Perinelli - Francesco Zadra - Erica Vicentini Eleonora Mezzanotte - Laura Fratini - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover Nicola Maschio - Giampaolo Rizzonelli - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott. Francesco D'Onghia - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni D'Onghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Punto a capo: combattere il male 3 Sommario 5 Accadde nel mondo: pace in Ucraina 7 Maria Romana De Gasperi 10 Fatti e Misfatti: tra informazione e banche 12 La transizione ecologica 15 Putin criminale e Zelensky santo? 16 Il conflitto ucraino-russo: la posizione USA 18 Oggi la musica: note e lustrini 21 La cena del Signore 22 I personaggi di casa nostra: Raffaella Ferrai 24 Il senso religioso 26 Borgo Valsugana in cronaca: Castel Telvana 28 Le polemiche del 25 aprile 30 UNIVERSITA’ POPOLARE TRENTINA 31 A Borgo Valsugana una nuova scuola per i giovani 32 Giovani, scuola e lavoro: parla Roberto Paccher 33 L’Opera comica trentina di scena in Spagna 36 In Valsugana: il progetto di ospitalità diffusa 38 Un trentino santo in Russia 40 I campioni in vetrina: Marco van Basten 42 Ieri avvenne: il Battaglione 101 46 Le interviste impossibili: Agatha Christie 48 Quattro passi nell’Arte: Andrea Fontanari 52 Le mappe di Gordio 53 Personaggi di ieri: Tommaso Bortolotti 54 Silvio Cattani, un astratto con qualche ricordo 56 Attualità: la Storia dell’Autonomia regionale 58 Conosciamo le leggi: il registro delle opposizioni 60 Conosciamo le leggi: si paga solo con PAGOPA 61 Personaggi di ieri: Angelo Peruzzo 62 Giovanni Boccaccio “maraviglioso novelliere” 64 Attualità: Progetto #Sicurezza Vera 67 Fra storia e religione: la Madonna di Caravaggio 68 Un libro che accarezza l’anima 70 Medicina & Salute: Il Gruppo Romano Medica 72 Medicina & Salute: mamma, papà, c’è la guerra 73 Salute & Benessere: a Pergine nasce MusicalMa 74 Salute & Benessere: il fabbisogno giornaliero di acqua 75 Il personaggio: Renato Fronza 76 Il buon mangiare: il panino imbottito 77 Levico Terme in cronaca: alla Masera le farfalle 78 Conosciamo le leggi: la successione e la tacita eredità 81 La guerra sull’Altopiano 82 Che tempo che fa 84 La provincia in cronaca: le carceri di Spini di Gardolo 87
LA CIMINIERA
IN RICORDO DI
MARIA ROMANA DE GASPERI Pagina 10
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UNA NUOVA SCUOLA PER IL FUTURO DEI GIOVANI Pagina 31
IL PERSONAGGIO
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Accade nel mondo di Guido Tommasini
PACE in UCRAINA: SITUAZIONE DIFFICILE
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aggressione illegittima della Russia all’Ucraina, oltre alle sofferenze di un popolo ha prodotto soprattutto la scomparsa della Grande Politica fra le due superpotenze che parlano ormai un linguaggio diverso facendo spazio ad una situazione di caos che attanaglia non solo l’ Europa ma cambia anche il mondo. E la stringente crisi ucraina è un problema imprevisto. In via di principio per capire qualcosa di più bisognerebbe tracciare delle precise coordinate storico – geografiche. Porsi quindi una domanda fondamentale per inquadrare la situazione storica precedente alla guerra ovvero quale sia stata la relazione fra la rivoluzione Arancione del 1913/1914 (Euromaidan o Maidan Revolution), sponsorizzata da Soros ed il successivo cambio di politica nei confronti del Donbass in quanto il nuovo regime ucraino, dopo aver spodestato con manifestazioni di piazza quello filorusso, ha annullato l’autonomia della quale godevano proprio quei territori provocando una guerriglia separatista. Detto questo, le risorse minerarie del Donbass costituiscono un raggruppamento di metalli e minerali rari come mercurio, manganese (la riserva dell’Europa), titanio (20 per cento del mercato mondiale compresa l’ilmenite), grafite (20 per cento del prodotto mondiale), uranio(maggiori giacimenti europei), caolino, più le enormi riserve di carbone, di ferro e gas. Quindi al di là delle ideologie(democrazie occidentali da un lato e dittature dell’Est dall’altro), ci sono anche questi fattori concreti che pesano,
anche se ridurre tutto ad una guerra per quelle risorse sarebbe semplicistico. Bisogna avere una visione più ampia. Come scrive il professor Capogrossi Colognesi sulla rivista Limes, l’oblio della storia si ritorce contro di noi e bisogna ricordare che la mancata conoscenza del passato fa ripetere talvolta errori già commessi. Oggi in Ucraina la situazione è complessa con una serie di fattori interagenti in una zona storicamente critica e con la presenza di diversi Stati ex sovietici che ora sono tenuti assieme da una comune ideologia orientata contro la Russia. L’Ucraina in cui ora si combatte e le zone limitrofe hanno visto nel corso dei secoli gli inizi di guerre fra le più importanti della storia mondiale con Stati che hanno cambiato spesso le dimensioni del proprio territorio. Dal Granducato di Varsavia era partita la fallimentare impresa napoleonica
contro la Russia Zarista. La Polonia sparita a lungo come Stato dalla carta geografica venne rifondata da Pildusky dopo la prima guerra mondiale ma poi fu di nuovo spazzata via dai nazisti( e anche dai sovietici) all’inizio della seconda. Si sta parlando quindi di uno dei luoghi più critici del pianeta dove ci sono stati in seguito anche negli Anni Ottanta i primi scossoni al sistema sovietico da parte del sindacato Solidarnosc. L’ Ucraina adesso è diventata più che mai la porta d’ingresso alla Polonia, che storicamente è sempre stata coinvolta in quei conflitti locali fino a quello citato con il Terzo Reich. Si rammenta una frase coraggiosa attribuita ad un diplomatico polacco prima dell’invasione nazista: “Che i francesi si occupino degli italiani, noi ci incarichiamo dei tedeschi. Nel giro di un mese l’ Esercito Polacco vittorioso sfilerà a Berlino sotto la porta di Brandeburgo”.
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Accade nel mondo
Kiev (Ucraina)
tutto dalle” fake news”, ai “fake targets” e ci potrebbero essere anche le”false flag operations”(operazioni sotto falsa bandiera) con il risultato che non ci sono più certezze assolute. Basta ricordare che certe false informazioni sono già state determinanti in un passato non lontano come nel caso del famoso Dossier Nigergate che ha motivato la guerra contro l’ Irak, cambiando così l’assetto del Medio Oriente. Nella situazione attuale dove le parti hanno smesso di comunicare quasi
Come eravamo
Poi le cose andarono diversamente, ma resta il fatto che i polacchi da quelle parti si si sono sempre trovati in prima linea proprio per condizioni geopolitiche. Adesso c’è la NATO e, date le passate esperienze, la Polonia che ne fa parte, è classificabile dentro il gruppo dei falchi assieme ad inglesi ed americani. Sempre parlando della NATO ora la possibile entrata di Finlandia e Svezia nella stessa può aprire una serie di scenari a catena successivi che non favorirebbero di sicuro l’inizio dei dialoghi di pace. Il background storico di quella zona parla di conflitti periodici su quell’immaginaria linea fra Est ed Ovest e, date certe condizioni sfavorevoli, potrebbe ripresentarsi anche in forma diversa in un mondo ora caratterizzato dalla presenza di armi nucleari. C’è inoltre un nuovo tipo di guerra, quella psicologica in cui viene usato di
Borgo Valsugana
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del tutto, qualsiasi fatto negativo imprevisto, come atti terroristici o attentati contro personalità politiche di rilievo potrebbero condurre ad escalations debordanti anche fuori dai confini ucraini. Infine non bisogna dimenticare che il “Caso”, l’imprevedibile è sempre in agguato: quando nel 1914 a Sarajevo l’autista, che stava trasportando Francesco Ferdinando e consorte, sbagliò strada, non poteva sapere che quel banale errore avrebbe provocato la Prima Guerra Mondiale.
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Personaggi di casa nostra di Marco Nicolo’ Perinelli
Maria Romana De Gasperi: Non solo figlia!
Maria Romana De Gasperi (da Famiglia Cristiana)
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l 30 marzo a Roma è morta Maria Romana Degasperi, figlia di Alcide, il padre della democrazia italiana. Aveva compiuto 99 anni sette giorni rima. Maria Romana è stata la custode della memoria di Alcide, morto nel 1954, ne ha raccolto le ultime volontà politiche e si è impegnata sempre in dfesa delle libertà democratiche. Lo ha fatto a Roma, Veneto e Trentino dove il ricordo del padre è ancora vivo e attuale. C’è un luogo, in Trentino, dove la memoria di Alcide De Gasperi vive quotidianamente. E’ il suo paese natale, Pieve Tesino, che dal 2006 ospita il Museo Casa De Gasperi: una piccola straordinaria realtà, capace negli anni non solo di essere un luogo del racconto della vita e delle opere del più grande statista italiano, ma anche di farsi promotrice di incontri internazionali di eccezionale livello e di divulgare il pensiero e il messaggio di un uomo che ha contribuito a costru-
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ire l’Europa di oggi e che ha scritto pagine fondamentali della Repubblica italiana. Un luogo della memoria, ma con la capacità di guardare al futuro. A dirigere il Museo, dal 2016, vi è Marco Odorizzi, classe 1987, che ci racconta che proprio tra le sale di questa “casa speciale”, ospitandola per uno dei tanti incontri a cui si concedeva durante le sue visite in Trentino, ha incontrato per la prima volta Maria Romana De Gasperi, la figlia di Alcide, scomparsa lo scorso 30 marzo. Lo abbiamo incontrato per poter parlare con lui di una figura particolare come Maria Romana De Gasperi. Direttore Odorizzi, qual è il suo ricordo personale più significativo di questa donna? Può sembrare strano, ma il ricordo più caro che ho di Maria Romana risale proprio al nostro primo incontro al Museo Casa De Gasperi. Era il 2
giugno 2014, io ero alle primissime armi e salendo in ascensore con lei, sforzandomi di trovare qualcosa da dire per riempire il silenzio, chiesi “Ho letto molto di suo padre, ma un dubbio mi rimane. Chi era suo padre, quando non vestiva i panni dello statista?” Ricordo che Maria Romana sorrise, ci pensò qualche secondo, lasciandomi nel dubbio di aver posto una domanda fuori luogo, ma poi prese un libro che aveva con sé e mostrandomi una foto lì riprodotta mi disse: “Per capire mio padre, guarda i suoi occhi: in questa foto lo vedi che aveva gli occhi chiari. Era bello stargli vicino, perché i suoi occhi trasmettevano serenità: mio padre era un uomo sereno”. Compresi che dell’uomo De Gasperi forse sapevo molto ma avevo capito poco. E che per conoscere una persona bisogna guardarla negli occhi. Maria Romana era così: profonda e semplice allo stesso tempo. In due parole mi diede una grande lezione che ricordo ancora.
Romana con papà Alcide
Personaggi di casa nostra va di Europa: il futuro per lei andava cercato lì, nel sogno europeo che era stata di suo padre e che lei aveva fatto suo e difeso tutto la vita. Aveva grande fiducia che le generazioni più giovani avrebbero trovato le strade che non sempre quelle che le hanno precedute hanno saputo trovare...
Alcide Degasperi con la moglie e le figlie Maria Romana, Lucia, Cecilia e Paola (da Trentino Cultura)
Qual era il suo rapporto con il Trentino? Per quello che posso dire, Maria Romana amava molto il Trentino e ne riceveva in cambio un grande affetto. Ci teneva a precisare che lei in Trentino ci era nata: prima che la sua famiglia si trasferisse a Roma i nostri monti erano stati il suo orizzonte. Certamente aveva un legame speciale con Borgo Valsugana e con la Valle di Sella: un luogo dell’anima dove ogni scorcio diventava per lei un ricordo, un aneddoto, una storia. Negli ultimi anni a causa dell’altitudine non poteva più venirci e si che per lei fu una rinuncia dolorosa. Maria Romana avrebbe potuto avere una carriera politica sfruttando il cognome e soprattutto l’eredità morale del padre. Per quale motivo ha scelto di stare dietro le quinte? Credo che non lo abbia fatto soprattutto perché sentiva che il suo compito era un altro. Aveva troppo rispetto per quel cognome, per la storia di suo padre e della sua famiglia per “usarla” per scopi personali. La politica la conosceva bene e non le mancava la passione per la politica, ma valutava che testimoniare e tutelare da strumentalizzazioni e distorsioni quella storia familiare fosse un servizio più significativo da offrire al Paese.
Avete mai parlato della situazione politica attuale? Cosa ne pensava Maria Romana? Nei nostri incontri, che a dire il vero negli ultimissimi anni erano diventati più rari, qualche commento sul presente capitava spesso di condividerlo. E di solito riguardava l’esigenza, che lei avvertiva forte, di una rigenerazione morale della politica, che ponesse un argine alla spirale deleteria dell’anti-politica. Perché, come diceva suo padre, “da qui non si scappa: la politica o la si fa o la si subisce”. Ma più che della politica nazionale quando ce n’era occasione Maria Romana parla-
Cosa ci rimane oggi del pensiero di De Gasperi? Ci rimane forse una certa nostalgia per una stagione eroica della politica che pare perduta. Una stagione animata da grandi valori e dalla capacità di unire nell’impegno pubblico mente e cuore, competenza e passione, concretezza e visione. La nostalgia è un sentimento nobile, a patto che non si fermi alla lode dei bei tempi andati e stimoli la riflessione e poi l’azione. Il pensiero di De Gasperi oggi è un patrimonio di tutti e tutte: a nessuno può essere chiesto di essere il nuovo De Gasperi, ma ognuno può cercare, in mille modi, di raccoglierne il testimone, contribuendo così a creare le condizioni perché si torni a quel clima che ha reso possibile il percorso umano e politico di De Gasperi.
Maria Romana De Gasperi con papa' Alcide il giorno del suo matrimonio
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A parere mio di Cesare Scotoni
FATTI & MISFATTI
tra informazione e banche
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“tormentoni” degli ultimi due anni e mezzo han distrutto l’Autorevolezza dell’Informazione Pubblica offerta da una TV di Stato che sembra aver rinunciato al pluralismo, non meno degli scandali e dei disastri nelle banche che nel decennio precedente han distrutto la Fiducia dell’utenza in un Sistema Bancario che, in riferimento ai grandi players, è ormai quasi completamente passato in mani straniere. Vien da chiedersi ogni giorno di più il senso di un Consumismo che ha progressivamente permeato la forma del Giornalismo d’Informazione e tradito le Grandi Narrazioni. Abbandonando l’azione sui Miti Fondativi, in favore di uno Storytelling basato sul pressappoco e pensato solo come un Prodotto di Consumo. Questo approccio, che ogni giorno necessita di nuove tematiche necessarie solo a tenere elevata la curva di attenzione ed a fare ascolto, rinuncia al difficile lavoro di Ricerca ed Approfondimento, all’esercizio di analizzare le Contraddizioni, alla pratica della coerenza
ed in fondo al rispetto per l’utente, visto solo come oggetto da dirigere nelle scelte. Tradendo quella funzione critica e di controllo delle azioni della Politica che giustifica gli articoli sulla Libertà di Espressione posti a tutela di quella nella nostra Costituzione. Gli stessi autori che, solo nel 2016, inneggiavano alla Costituzione più Bella del Mondo, baluardo dei Diritti ed intoccabile monumento alla scelta repubblicana nata dalla Resistenza di pochi al Fascismo, si sono cimentati nel classificare quei Diritti. Il vivere in Salute è divenuto più importante del vivere Liberi, la distinzione tra i Poteri dello Stato un vezzo conservatore, il rispetto della Libertà di Espressione delle Minoranze una pretesa trascurabile. L’idea che un Governo Tecnico, ovvero privo di una maggioranza politica, nato come governo di scopo per predisporre un PNRR e sottoporlo a Bruxelles nel mentre che si usciva dal semestre bianco, potesse poi assecondare un repentino cambio nelle Relazioni Internazionali tra NATO ed
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A parere mio Unione Europea subito dopo l’aver detto no alla partecipazione del nostro Paese alla Forza d’Intervento Multilaterale dell’Unione senza che un Parlamento silente nella sua agonia affrontasse un serio dibattito è passato sulla stampa come fosse un evento ordinario. Sul pretesto dell’acuirsi di quella crisi del Donbass cui gli accordi di Minsk, 8 anni fa, avevano offerto un percorso di garanzie internazionali mai implementate, stiamo fornendo copertura a chi di quella mancata implementazione si è reso responsabile ed il senso stesso di un Dibattito teso ad evitare un progressivo scivolare verso il disastro è tradotto come tifo tra squadre o in volgare caciara. Tradendo quel tipo di Servizio Pubblico la Responsabilità che la Costituzione affida alla Stampa con la parte relativa alla Libertà di Espressione ed alla
Diffusione delle Diverse Opinioni. Forse invece di perdersi in improbabili dibattiti sulla trascurabile influenza dei cromosomi nel definire la sessualità di ciascuno, si dovrebbe tornare a distribuire nella scuola dell’obbligo, a ciascun allievo, una copia della Costituzione Repubblicana del 1948 ed a riservare le ore di Educazione Civica (se ancora si offrono) ad un serio approfondimento, almeno dei primi 54 articoli. Avremmo cittadini più formati e giornalisti più prudenti. Altrimenti va a finire che “l’Era di Wikipedia” divenga lo standard formativo e si possa far passare sotto silenzio quando il sito dell’OMS (WHO), ad evento pandemico in corso, cambia magari la definizione di Immunità o di Vaccino, solo per seguire le cattive prestazione di singoli prodotti. Oppure si plauda quando un Governo amico arresta i
Deputati dell’Opposizione o l’Unione Europea calibra i propri interventi normativi in funzione di singoli eventi elettorali nei Paesi Membri. E soprattutto si discuta dello spazio che tali eventi debbano o NON debbano trovare nei palinsesti televisivi della TV di Stato e sui giornali. Come se il sindacare gli Spazi di Libertà di Informazione fosse compito di chi, grazie a quelli spazi e quelli articoli a tutela, può esercitare, anche male, il proprio compito. Il Mito Fondativo della Costituzione Repubblicana è stato nella Resistenza al Fascismo e nell’Importanza del garantire spazio alle Opposizioni in Parlamento e sulla Stampa. Sul tema della Corruzione e sul fatto che fosse della Politica e non della Società si è voluto minarlo. Prima di distruggerlo sarebbe il caso di proporne un altro agli italiani.
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A parere mio di Marco Nicolo’ Perinelli
TRANSIZIONE ECOLOGICA: la nostra opportunità per il futuro
È
un momento difficile per l’Europa, messa di fronte ad una crisi energetica, dovuta alla guerra in Ucraina, che ha posto in modo drammatico il problema che da sempre caratterizza le civiltà, ovvero l’approvvigionamento delle fonti energetiche necessarie allo sviluppo stesso. Con la chiusura del mercato russo, il nostro paese è oggi in grave deficit per quanto riguarda l’approvvigionamento di gas, che non serve solo all’uso domestico, ma che è una delle materie prime più importanti per la produzione dell’energia elettrica in Italia. Gli ultimi dati pubblicati, riferiti al 2020, ci dicono che attualmente il 64,6% dell’energia è prodotta sul suolo italiano deriva proprio da combustibili fossili, il 17,6% da centrali idroelettriche, l’8,9% da fotovoltaico, il 6,7% da eolico, il 2,1% da geotermico. Questi dati testimoniano come si sia ancora dipendenti da fonti energetiche non rinnovabili. Da tempo però si parla di una possibile soluzione, una vera rivoluzione che non riguarda solo la produzione energetica, ma l’intero sistema economico e produttivo. Si tratta della cosiddetta “transizione ecologica”, in sostanza, di un nuovo modo di concepire lo sviluppo, in una chiave che mette il benessere della persona, e di conseguenza dell’ambiente in cui vive, al centro. Se un tempo il tema poteva essere battuto soprattutto in chiave ecologica e a farsene paladini potevano essere solo pochi, considerati dai più come ecologisti estremisti, si è ormai capito che un modus vivendi sempre più rispettoso della natura intesa come ambiente di cui l’uomo è parte
e dal quale trae beneficio, può essere motore di nuove forme di economia. Sostenibilità, rigenerazione del paesaggio naturale e antropico, innovazione tecnologica in chiave ecologica, diventano così leve per la crescita e la competitività del sistema. Se già negli anni ‘70 si era iniziato a sviluppare un pensiero che cercava nuove forme energetiche a fronte del pericolo, vero o paventato, dell’esaurimento dei combustibili fossili, oggi è il benessere individuale e collettivo, collegato ad un modus vivendi sempre più rispettoso della natura intesa come ambiente di cui l’uomo è parte e dal quale trae beneficio, ad essere motore di nuove forme di sviluppo. Vediamo come la mobilità elettrica sia sempre più diffusa e come anche le aziende più importanti investano nella autoproduzione di energia elettrica. Se è vero che un tempo il costo in termini energetici della produzione delle cellule al silicio necessarie per trasformare l’energia solare in energia elettrica era superiore alla possibile produzione delle stesse, oggi siamo entrati in un circolo virtuoso, perché
è il sole stesso a fornire quell’energia. Inoltre esiste una nuova forma di collaborazione tra cittadini, la Comunità energetica, che consente di diventare produttori di energia da fonti rinnovabili, in forma di associazione o società. Vi sono già realtà che hanno sfruttato questa occasione, come la frazione di Riccomassimo nel Comune di Storo, in Trentino, che sono già attive, e altre che stanno partendo su iniziative dei cittadini stessi, come a Tenna. Senza entrare nel merito di una rivoluzione che potrebbe cambiare il nostro pianeta un passo alla volta (e riguarda anche paesi come la Cina che già da tempo stanno investendo in questa direzione), esiste però anche un discorso più ampio, che va oltre l’energia e che riguarda il turismo, l’industria, l’agricoltura, e che può interessare anche le piccole realtà locali. Essere green, investire sul territorio in chiave ecologica, significa migliorare l’ambiente in cui viviamo, ma anche diventare sempre più energeticamente autosufficienti, essere più attrattivi per il turismo e migliorare l’immagine del territorio e dei prodotti che da esso provengono.
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A parere mio di Franco Zadra
Putin criminale e Zelensky santo? Vladimir Vladimirovič Putin, ex militare ed ex funzionario del Kgb, presidente della federazione russa dal 7 maggio 2012 al suo quarto mandato, è un criminale di guerra? La Corte internazionale di giustizia, nota anche come Tribunale internazionale dell’Aja, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, si è attivata fin dal 3 marzo scorso con dei propri investigatori per raccogliere le prove a sostegno di questa accusa. Nell’elenco già troppo pesante degli orrori che hanno squarciato il velo di una pace, data forse per scontata in Europa grazie anche a una informazione finora non così attenta e puntuale nel rendere conto della situazione reale che almeno dal 2014 segnalava l’avvento della crisi manifestatasi “all’improvviso” con l’invasione dell’Ucraina, vi è l’attacco del 9 marzo all’ospedale pediatrico di Mariupol, poi il massacro di Bucha del 3 aprile, e il missile sulla stazione di Kramatorsk del 9 aprile, con strage di civili inermi, vittime di una strategia militare che sembra dominata dal criterio di creare diversivi che distolgano l’impiego delle truppe avverse dagli obiettivi reali e mai dichiarati. «Fin dall’inizio si è avuta l’intenzione di colpire dei civili», ha dichiarato a Repubblica Carla Del Ponte, ex procuratrice generale del Tribunale dell’Aja che aveva incriminato per crimini di guerra l’ispiratore e l’esecutore materiale dei massacri in Bosnia, Milosevic e Karadzic. «Allo stesso modo dovremmo procedere con Putin - ha detto a Repubblica
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la Del Ponte -. L'inchiesta dev'essere condotta velocemente affinché si possa emanare un atto d'accusa e ottenere un mandato di arresto internazionale contro gli accusati». Crimini di guerra e contro l’umanità che da parte ucraina si stanno documentando in Rete (www. hrw.org) con un archivio di notizie e immagini che già vorrebbero rappresentare un indubitabile giudizio agli occhi del Mondo, “ukraine apparent war crimes russia controlled areas”. Però le cose non sembrano essere così semplici come potrebbero apparire. Una volta raccolte le prove che permetteranno di stabilire quali e quanti crimini siano stati commessi, e identificati gli autori, oltre a Putin, anche tutti i politici e i militari con incarichi di responsabilità, un eventuale processo, a meno di una improbabile rivolta popolare capace di cacciare lo Zar, dovrà essere celebrato in assenza degli imputati, anche se non sembra essere una procedura regolamentata dalla Corte internazionale di giustizia, ma a quel punto l’isolamento di Putin, colpito da mandato di arresto, finirebbe per condizionare pesantemente tutte le
Vladimi Putin
Volodymyr Zelensky
A parere mio Donetsk, Lugansk e Kharkiv. Un mese prima, la Crimea aveva annunciato l’indipendenza dall’Ucraina. La stessa strada vollero percorrere i russi delle province del Donbass. Fu indetto un referendum sull’indipendenza fissato per l’11 maggio successivo. Ma non tutti riuscirono a portarlo a termine. Caddero in sequenza Dnipropetovsk, Kharkiv, Mariupol. Dove si riuscì a votare stravinsero i separatisti. La notte del referendum nacquero la Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Lugansk. Non le province intere, però. Ma solo la parte più orientale. Il resto del territorio fu conquistato dall’esercito ucraino, mescolato con i corpi paramilitari neonazisti». Una luce che forse questa generazione non arriverà a scorgere, rimanendo prigioniera dello stravolgimento storico marcato dalle parole di Vasilij
Grossman nel suo resoconto su “L’inferno di Treblinka”, dove con stupore possiamo leggere questa lapidaria risposta al “perché ricordare?”: «Chi scrive ha il dovere di raccontare una verità tremenda, e chi legge ha il dovere civile di conoscerla, questa verità. Chiunque giri le spalle, chiuda gli occhi o passi oltre offende la memoria dei caduti. Chiunque si rifiuti di conoscere la verità non capirà mai con quale nemico, con quale mostro si è battuta fino alla morte la nostra grande, la nostra santa Armata Rossa». In questo momento, da parte russa non ci è dato di leggere nulla o quasi, mentre possiamo addirittura seguire su La7, la serie tv “Servant of the people” che ha portato alla politica Volodymyr Zelensky… e il dovere di conoscere la tremenda verità si fa intrattenimento.
Come eravamo
relazioni politiche, diplomatiche, ed economiche, tra la federazione Russa e l’Occidente. Comunque vada questa guerra, che Putin venga processato o meno, il processo del quale si incaricherà la storia dovrà portare luce anche su altri crimini commessi nel periodo che va dal colpo di Stato in Ucraina del 2014, in quella che le cronache hanno documentato quasi sottotraccia e l’Occidente ignora tuttavia, come la guerra del Donbass, che secondo il giornalista Franco Fracassi, in 8 anni ha fatto 14mila morti, devastando la parte più ricca e produttiva dell’Ucraina. «Tutto ebbe inizio il 6 aprile 2014 – scrive Fracassi nel suo testo, “Ucraina. Dal Donbass a Maidan. Cronache di una guerra annunciata” -, quando alcuni manifestanti armati si impadronirono di diversi palazzi governativi a
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Il conflitto Ucraino-Russo
di Francesca Gottardi*
LA POSIZIONE USA La situazione al confine tra Russia ed Ucraina era tesa da mesi. Il 20 febbraio 2022, il presidente USA Joe Biden offre la sua disponibilità ad incontrare il presidente russo Vladimir Putin per discutere la crisi Ucraina, a patto che la Russia rinunci ai suoi piani di invasione. A nulla valgono i tentativi di intesa. Il 24 febbraio 2022 Putin dà di fatto il via all’invasione russa dell’Ucraina. Gli antefatti Le radici del conflitto Russo-Ucraino hanno radici lontane. I due Paesi sono da tempo in una crisi diplomatica e militare. Il politico e diplomatico tedesco-americano Henry Kissinger ritiene che la geografia della Russia, priva di veri e propri confini naturali ad ovest, abbia alimentato una già presente tendenza espansionistica su tutti i fronti. Sembra poi esserci sem-
pre stata la volontà russa di recuperare la sfera di influenza sull’Ucraina persa con lo scioglimento dell’Unione Sovietica. A seguito di tale scioglimento, l’Ucraina aveva ottenuto l’indipendenza e l’inclusione nel suo territorio della penisola della Crimea. La Crimea è diventata un notevole punto d’attrito tra Ucraina e Russia, dovuto alla posizione strategica della Penisola sul Mar Nero. Lo scontro è
culminato nel 2014, con l’occupazione Russa della Crimea in una mossa condannata dalla comunità internazionale e dagli USA. Gli Stati Uniti non hanno infatti mai riconosciuto la Crimea come territorio russo. L’Escalation Il 21 febbraio il presidente Putin riconosce l’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e di
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Il conflitto Ucraino-Russo
Joe Biden
Luhansk, che fanno parte dell’Ucraina ma che dal 2014 sono controllate dai simpatizzanti russi. Putin afferma che le truppe russe entreranno nell’est dell’Ucraina per “mantenere la pace.” Il 22 febbraio gli USA e l’Unione europea sostengono che Mosca stia invadendo l’Ucraina e dichiarano di imporre delle sanzioni economiche contro il Cremlino. Il 23 febbraio Putin annuncia di essere aperto al dialogo ma sottolinea che la sicurezza della Russia e gli interessi del Paese “non sono negoziabili.” L’invasione Russa dell’Ucraina Il 24 febbraio, in un discorso alla
nazione, Putin accusa gli USA di far pressione sui confini russi tramite un’espansione aggressiva della NATO, tentando così di giustificare le avances russe sull’Ucraina con un la tesi della protezione territoriale. La mattina del 24 febbraio, Putin annuncia un’“operazione militare speciale” nell’Ucraina dell’est con il dichiarato scopo di garantire la sicurezza dei cittadini russi. Il presidente russo minaccia qualsiasi Paese che decida di intervenire dichiarando che avrebbero fronteggiato conseguenze mai viste prima. L’annuncio è immediatamente seguito da attacchi missilistici che colpiscono centri strategici e luoghi di frontiera in tutta l’Ucraina, inclusa la capitale Kiev. Poco dopo, le forze di terra russe entrano nel Paese. Il presidente Zelenskyj risponde promulgando la legge marziale e sospendendo i rapporti diplomatici con la Russia. Mobilita inoltre la popolazione e l’esercito. Poco dopo iniziano le operazioni militari. L’esercito russo avanza ulteriormente in Ucraina da nord, est, e sud. Le conseguenze Il numero delle vittime civili è incerto. Stando a dati delle Nazioni Uniti, a fine marzo già se ne registravano più di un migliaio, in aggiunta a quasi 2000 feriti. Tra le vittime vi è Yuri Illich Prylypko, sindaco ucciso mentre aiutava i suoi concittadini, e Rostyslav Dudarenko,
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un sacerdote disarmato che è stato colpito mortalmente mentre offriva conforto spirituale a dei civili che presidiavano un posto di blocco. Di vittime e di agghiaccianti storie che si intrecciano ve ne sono molte altre, come quella della madre morta insieme ai due figli, colpita mentre cercava di trovare riparo oltreconfine. Con più di due milioni di profughi, la guerra ha provocato la più grande crisi per l’accoglienza di rifugiati in Europa degli ultimi decenni. Gli USA, l’Unione europea e la comunità internazionale hanno sancito numerose sanzioni economiche e preso una posizione politica contro il Cremlino. Il pacchetto di sanzioni, che mira ad isolare il Paese, bloccando l’accesso delle banche russe ai mercati finanziari europei e mondiali, hanno lo scopo di sfiancare rapidamente l’economia russa. A pagarne le spese sono i cittadini del Paese, che spesso nemmeno approvano questa guerra. In una guerra che nessuno par volere, ci si trova a riflettere sull’importanza che il potere non sia nelle mani di pochi. Ci si chiede inoltre chi veramente tragga beneficio da questi conflitti. Pare chiaro chi invece ne paghi le conseguenze tutta la popolazione civile. * Francesca Gottardi, avvocato, docente universitario, è nostra corrispondente USA
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Oggi la musica di Gabriele Biancardi
NOTE e LUSTRINI,
SOLO I MORTI NON SOGNANO
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fu subito chiamato GlamRock. Alla fine degli anni 60, si è vissuto una liberazione totale, sessuale, politica, artistica. Dagli Stati Uniti, soffiava un vento potente e inebriante. Quello della libertà! In tutti i sensi, politica, artistica e sessuale. La famosa “estate dell’amore”, il “flower power” che aveva illuso tutti che si potesse vivere finalmente in pace. Ed eccoci alla madre di tutte le rassegne che oggi riviviamo costantemente. Concerti per la pace, serate di solidarietà. Ma prima di tutto questo arrivano i tre giorni che sconvolsero il mondo: Woodstock! Un posto piuttosto anonimo nello stato di New York. Bethel. Una piccola città rurale che dal 15 al 18 agosto del 1969, ospitò, suo malgrado, un milione di persone. Non erano preparati, certo che no, servizi igienici che oggi farebbero accapponare la pelle, sicurezza inesistente. Eppure, ancora oggi a più di 50 anni se ne parla ancora. Sul palco lo sappiamo, nomi che ancora oggi abitano nel gotha mondiale della musica rock, con qualche gravissima assenza, prima di tutti i Beatles, in quel momento affacendati ad affilare coltelli vari. Da quell’onda arrivò il glam, i lustrini, gli equivoci sessuali musicali. Erano gli stessi promoter che per far pubblicità ai propri artisti, mettevano in giro voci, foto in penombra. Tutto per stuzzicare il voyerismo che stava nascendo e che sta vivendo il suo apice con i social. Ecco dove nascono le leggende che davano per bisessuale David Bowie, o le orge in tour di gruppi come Who, Rolling Stones. Anche se il principe dei lustrini, degli
stivaletti con le zeppe da 20 cm, era senz’altro Marc Bolan, cantante dei Tyrannosaurus Rex, una sfolgorante quanto logorante carriera tutto vissuta sulla corsia di sorpasso. Fu lui in una epica ospitata a “Top of the Pops” della BBC inglese, a dare il via ad una moda che arriva fino ai giorni nostro con i Maneskin. L’uso smodato di glitter e trucco anche per gli uomini. Nasceva così il “glam rock” (da glitter=lustrini) che a distanza di oltre 50 anni, tiene vivo il ricordo di questo artista. Quando si presentò in tv, fu uno shock talmente grande, che genitori preoccupati scrissero all’emittente inglese, chiedendo se davvero invitare questi “eretici” fosse etico e legale. Marc Bolan allora non si era nemmeno reso conto che il suo nome sarebbe stato per sempre sinonimo di esagerazione. Lui in fondo voleva fare musica, sregolato come tutte lo rock star che si rispettassero, morì a trent’anni in un incidente dopo una notte ai limite della sopportabilità fisica. Da allora tanti generi musicali sono nati e magari anche morti. Ma ogni volta che su un palco vediamo cantanti truccati, con lustrini che sparano le luci sul pubblico, scarpe improbabili nella vita di tutti i giorni. Ecco, ogni volta dobbiamo pensare
Marc Bolan In Concert (1973 - da Wikipedia)
a Marc. Le giovanissime generazioni che credono di aver inventato questo stile, devono sapere che nella musica nulla è nuovo, ma tutto viene riproposto, magari in confezioni diverse, ma i ricorsi storici nelle sette note, sono cicli che tornano. Oggi abbiamo la possibilità (santo youtube) di rivivere quei momenti, Woodstock tecnologicamente oggi nemmeno alla sagra della cotica di Roccabernarda sarebbe accettata. I suoni erano grezzi e distorti, tutti baciavano tutti e le droghe che giravano potrebbero far felice un cartello venezuelano. Ma i giovani che c’erano ci credevano, magari in una utopia, anzi senza dubbio. Ma i sogni sono linfa per le nostre anime. Senza siamo morti.
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Sacri strafalcioni di Franco Zadra
La cena del Signore
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hissà cosa avrà voluto dire il parroco in conclusione della sua lunga predica nella Messa in Cena Domini il Giovedì Santo appena trascorso, quando se n’è uscito con l’asserire che «nella Sua ultima cena, Gesù ha ordinato sacerdoti gli apostoli conferendo loro il potere di renderLo presente nel pane e nel vino...». Un asserto tanto cristallino ed esplicito che non dovrebbe dare adito a dubbi, eppure, dal momento che l’ho sentito pronunciare non ho più smesso di pensarci, poiché mi è suonato falso come una campana rotta e forte ho sentita la responsabilità di un approfondimento della questione da condividere con i miei lettori, anche se lontanissimi dal farsene un problema. Vero è che per parlare del Giovedì Santo in maniera sintetica si dice che questa festa ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e del ministero ordinato, come pure la consegna ai discepoli del comandamento dell’amore, in questo riferendosi al quarto Vangelo che, in luogo del racconto della Cena del Signore presente nei tre sinottici, riporta la lavanda dei piedi (Gv 13); ma le ragioni per le quali in questo giorno è in uso celebrare
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la Giornata sacerdotale sono altre e vanno ricercate nello sviluppo storico delle comunità cristiane, tenendo ben presente che la catechesi, come la stessa teologia, presentando l’ultima cena del Signore, sono spesso ricorse a dei riassunti ingannatori togliendo dal loro contesto le sole parole ricordate, «questo è il mio corpo… il mio sangue… fate questo in memoria di me», con il rischio di trasformarle in formule quasi magiche. «La celebrazione della Messa – si legge nella Institutio generalis Missalis Romani -, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa infatti si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Gesù Cristo Figlio di Dio». Il che è tutta un’altra cosa dal dire che Gesù nell’ultima cena ha ordinato sacerdoti gli apostoli. Il sacerdozio, infatti, è solo quello di Cristo, partecipato al popolo di Dio come Suo Corpo, ovviamente “gerarchicamente ordinato”, ma chi è più in alto nella scala gerarchica (dove al
vertice c’è il servizio) non può attribuirsi alcun “potere” specifico che lo distingua dal popolo, tanto meno quello di “trasformare” il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Nostro Signore. È infatti solo il Signore che può rendersi presente nel pane e nel vino e non lo fa perché il sacerdote recita delle formule e compie dei gesti, ma perché Lui stesso lo ha promesso, «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io Sono in mezzo a loro» (Mt 18). Di questi tempi, certi strafalcioni calati dal pulpito si potrebbero forse tollerare data l’età avanzata del clero, o supponendone l’irrilevanza statistica vista l’esigua partecipazione alla messa, ma per quelli che ancora frequentano, fossero ancora meno quelli che ascoltano e intendono ciò che viene detto e fatto, per favorire una loro partecipazione attiva al “centro” della vita cristiana, e perché resistano al farsi trasformare in assistenti passivi di un rito sempre più incomprensibile, bisognerebbe forse, con tutta la delicatezza di cui si è capaci, riprendere apertamente certe affermazioni, segno di decadimento non solo culturale, così da tentare almeno di arginare in qualche modo questa deriva malata.
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I personaggi di casa nostra di Claudio Girardi
RAFFAELLA FERRAI, DOTTORE COMMERCIALISTA La Valsugana in ripresa dopo la pandemia
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Raffaella Ferrai la nuova presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Trento e Rovereto, che raggruppa 750 iscritti, di cui 729 in Sezione A e 21 in Sezione B. Le femmine sono 251 e i maschi 499, con una età media di 50,44 anni.
Cosa l’ha spinta a candidarsi alla presidenza dell’Ordine? Nella precedente consiliatura ho ricoperto il ruolo di vicepresidente e acquisito una considerevole esperienza. Nel tempo è maturata la convinzione che questa potesse essere messa a servizio della categoria nel nuovo ruolo di presidente, con il supporto di gran parte della squadra precedente e qualche nuovo innesto. Quale principale obiettivo della sua presidenza? L’obiettivo è duplice: da un lato, rafforzare i rapporti istituzionali dell’Ordine, perché il Commercialista sia riconosciuto come un professionista competente, dinamico e versatile, essenziale non solo per i propri clienti, ma anche per le istituzioni e l’economia del territorio. Dall’altro, incrementare il senso di appartenenza degli iscritti all’Ordine, riportando quest’ultimo al centro e facendone un luogo di incontro, di conoscenza e di scambio di esperienze, favorendo il fare rete tra i colleghi.
Raffaella Ferrai presidente Ordine dottori Commercialisti Trento e Rovereto
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Visto da fuori il commercialista sembra quasi un marziano come fa a convivere con tutti questi cambiamenti così repentini, molto spesso cambiano le norme prima ancora di essere attuate cosa ne pensa?
Il commercialista si caratterizza sicuramente per un livello di dinamicità molto elevato. Negli ultimi due decenni il ritmo delle modifiche normative, soprattutto per quel che riguarda la fiscalità, è enormemente cresciuto e questo ha creato e sta creando oggettive difficoltà nel sereno e proficuo esercizio della professione. Indubbiamente il Consiglio Nazionale che sarà a breve eletto dovrà adoperarsi per pretendere una semplificazione del sistema fiscale e degli adempimenti e che l’introduzione delle modifiche normative avvenga nel futuro in modo più razionale ed ordinato. Ne ha bisogno l’economia italiana, prima ancora che il mondo professionale. Va anche detto, però, che la professione non è soltanto fiscale e dichiarativi, contrariamente a quello che spesso si pensa. Il commercialista è anche e soprattutto un consulente d’impresa, colui che affianca l’imprenditore nell’assunzione delle decisioni più delicate, connesse alla nascita, alla crescita ed infine anche alla liquidazione dell’impresa. Si occupa quindi potenzialmente di una serie molto vasta di materie, che richiedono competenze molto ampie ma che sono anche estremamente interessanti e molto sfidanti. Per una professione che rimane, a mio parere, ancora molto stimolante. Cosa consiglia ad un giovane che voglia intraprendere questa professione?
I personaggi di casa nostra Chi si avvicina alla professione deve avere molta voglia di studiare ed amare tanto il diritto quanto l’economia aziendale. Consiglio di scegliere con accuratezza lo studio nel quale svolgere il periodo di pratica professionale e con il quale, poi, proseguire la collaborazione, almeno in una prima fase. L’approccio durante il praticantato deve essere volto ad acquisire il massimo delle competenze possibile, cogliendo ogni occasione per imparare dall’esperienza del dominus e dei colleghi, che sono insostituibili. Ciò richiede grande flessibilità sui tempi e gli orari di lavoro, per una professione che richiede grande dedizione, ma può dare molto in termini di soddisfazioni professionali ma anche economiche. Come sta, secondo Lei, l’economia trentina e quella della Valsugana?
L’economia trentina, e con essa anche quella della Valsugana, ha in generale recuperato molto bene il crollo subito a causa della pandemia nel 2020, crescendo nel 2021 in misura sicuramente superiore rispetto alle attese. Sulle prospettive attuali pesano purtroppo le incertezze legate all’evoluzione del conflitto russo-ucraino e alla dinamica dei prezzi dell’energia e delle materie prime, che rischiano di bloccare la crescita e contemporaneamente di mettere in seria difficoltà le famiglie.
Chi è Raffaella Ferrai: è nata nel 1972 a Borgo Valsugana, è cresciuta a Roncegno e attualmente vive a Marter di Roncegno. E’ dottore commercialista associata dello Studio Studium Professionisti Associati di Trento. Laureata con lode presso l’Università degli Studi di Trento, Facoltà di Economia e Commercio, è commercialista dal 2000 e revisore legale dal 2002. Si occupa principalmente di consulenza societaria e tributaria e di procedure concorsuali e riveste incarichi in diverse società ed enti.
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Il senso religioso di Franco Zadra
Uomo, essere in divenire o scimmia nuda
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ontinuare a riflettere sul senso religioso con la guerra “alle porte di casa nostra” può essere sentito come un mero esercizio intellettuale, una frivolezza salottiera che dovrebbe farci un poco vergognare, se non altro considerando che “ci sono cose ben più gravi alle quali pensare”, e forse non è stato un caso che ci è accaduto di sospendere per un momento il corso di questa rubrica che segue ormai da diversi mesi il testo di don Luigi Giussani su “Il senso religioso”. Ciò che più ci inibisce nel appassionarci a questi temi è, in fondo, il punto di sempre, lo scandalo del dolore innocente, della sofferenza ingiusta, che dal 23 febbraio scorso pervade ogni canale di informazione. Almeno nei primi tempi, quando il palinsesto televisivo doveva dare spazio a programmi “più leggeri”, ci si premurava di avvisare il pubblico a casa che erano stati registrati prima dei terribili eventi, proprio come con l’avvento della pandemia si faceva per prevenire eventuali perplessità sulla presenza di pubblico che sembrava ignorare le regole di distanziamento sociale. No! Non vogliamo (e non possiamo) pensare a una dimensione religiosa che possa magari portarci a considerare l’idea di un Dio che permette il dolore degli innocenti – come ne scrisse in maniera convincente, tra i tanti, Albert Camus; soverchiati dalle immagini di morte e delitti orrendi della guerra, non ci accorgiamo neppure che l’asserto del drammaturgo tedesco di fine ‘800, Georg Büchner, per il quale “la sofferenza degli innocenti è la roccia dell’ateismo”, è divenuto ormai un elemento indiscusso e
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indiscutibile della nostra “cultura”. Tanto che accogliere l’annuncio di Resurrezione della Pasqua in questo clima culturale è divenuto estremamente difficile, e non valgono neppure gli esperimenti, pur bellissimi ma un po’ fasulli, come quelli tentati da Rai1 con la trasmissione “Papa Francesco e il racconto dei Vangeli”, nella quale il premio Oscar Roberto Benigni equipara il termine “risorgere”, al limite, argomentando in modo sublime, a un impossibile “rivivere”, imponendo un salto logico, o come scrive Giussani nel quarto capitolo de “Il senso religioso”, tentando di superare la riduzione materialista che nega la dimensione religiosa, surrogandola con un idealistico senso estetico, quasi a invitare a dimenticarsi del dolore innocente per perdersi nell’estasi artistica. In questo, per grazia corretto da papa Francesco che ricordava come, gli innocenti che soffrono, compresi anche quei milioni di bimbi che sono uccisi nel seno materno, fanno “massa” con l’innocente Figlio di Dio. Se partiamo dall’esperienza – ci avverte Giussani – possiamo arrivare a riconoscere nel nostro “sé”, nel nostro io, un elemento che non si concilia con la morte, immortale! Ed è con questo elemento, considerato assieme all’altro, innegabile, dell’essere corruttibili e quindi mortali, che dobbiamo, e non possiamo evitare di, impegnarci per trovare un senso nella nostra esistenza. Capiremo forse allora la sorprendente rivoluzione culturale annunciata da papa Francesco, in continuità ininterrotta con due millenni di cristianesimo, che ci permette di guardare al tanto (trop-
Jürgen Moltmann (da Wikipedia)
po) dolore innocente presente nel mondo, più di quanto possiamo anche solo immaginare, come qualcosa che unisce a Dio chi lo soffre, tenendo lontani forse solo chi ne discute comodamente a tavolino. Per approfondire, consigliamo la lettura (almeno una volta in vita) del testo di Jurgen Moltmann edito da Queriniana, “Uomo”, magari in sinossi con quello, opposto, di Desmond Morris, di Bompiani, “La scimmia nuda”.
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Borgo Valsugana in cronaca di Massimo Dalledonne
PER CASTEL TELVANA... ...VITA NUOVA e NUOVA ENERGIA
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no storico accordo. Atteso da oltre un decennio. Una convenzione che prevede la valorizzazione turistica di alcune zone del Castel Telvana, l’antico maniero che da diversi secoli sovrasta il paese di Borgo e la Bassa Valsugana. In calce ci sono due firme: la prima è quella di Enrico Galvan, sindaco di Borgo, la seconda l’ha apposta l’avvocato Ugo Simonetti, proprietario da quasi 59 anni del castello costruito sul monte Ciolino. La convenzione è stata sottoscritta nelle scorse settimane e, poco dopo, Valsugana News, ha incontrato l’avvocato. Una intervista che ci ha concesso nello splendido giardino. Alle spalle Borgo e la Valsugana. Davanti a noi la residenza di questa famiglia veneziana che, come ci confessa Ugo Simonetti, è profondamente innamorato di questo territorio. Ma come si è arrivati alla sottoscrizione di questa
Castel Telvana (Borgo)
convenzione per la valorizzazione turistica di alcune zone di Castel Telvana? “Certamente è un momento importante per la comunità di Borgo, poiché con la sottoscrizione della convenzione molte saranno le oppor-
Da sinistra Simone Simonetti, Ugo Simonetti ed Enrico Galvan
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tunità offerte alla cittadinanza sotto il profilo culturale e turistico. Tutto nacque con la campagna elettorale nel 2009. In quell’occasione il sindaco Fabio Dalledonne mi aveva chiesto se potevo promettergli, appena conclusi i lavori di restauro e di messa in sicurezza di Castel Telvana, di aprirlo, almeno in parte, al pubblico dando l’opportunità ai turisti in transito a Borgo di effettuare una sosta, con auspicato beneficio economico quale, per esempio, la riapertura di tutte le attività di ristorazione ed alloggio. L’attuale sindaco Enrico Galvan – ricorda ancora Ugo Simonetti - si prodigò al fine di ottenere il rinnovo della promessa, che non abbiamo ancora potuto mantenere solo perché i lavori di consolidamento sono conclusi, ma non ancora quelli di messa in sicurezza. Dopo oltre 10 anni da quel lontano 2009 ho affidato a mio figlio Simone il compito di dare concretezza all’impegno assunto e così ha ripreso i rapporti con le
Borgo Valsugana in cronaca autorità, ha recuperato i progetti già approntati, consentendo di sottoscrivere, nelle scorse settimane, la tanto attesa convenzione avente ad oggetto proprio la valorizzazione turistica di alcune zone di Castel Telvana, con curati percorsi di accesso”. La convenzione disciplina le modalità per l’utilizzo pubblico di alcune aree esterne ad est del maniero che saranno oggetto, da parte dell’ente pubblico, di interventi di pulizia, sistemazione a verde e messa in sicurezza per ospitare attività a carattere culturale, ricreativo e turistico promosse dal comune o per mezzo di altri soggetti che operano per lo sviluppo turistico del territorio. Da diversi decenni la famiglia Simonetti ha rilevato la proprietà dell’antico maniero di Borgo. Come è nato questo legame, avvocato, e cosa l’ha portata, a suo tempo, ad acquistare uno dei simboli storici della nostra comunità? “Era il 14 agosto 1963 e con Maria De Franceschi, madre dei miei figli Guido e Simone, provenivamo da Venezia ed eravamo diretti ai piedi del Lagorai. Giungemmo così a Castelnuovo di Valsugana, ove avremmo dovuto girare a destra verso il Lagorai. Giunti a Castelnuovo, vedemmo in lontananza il profilo di una costruzione e -sulla destra della stessa- un campanile. Quel campanile ci incuriosì e, anziché girare a destra, proseguimmo verso Borgo Valsugana. A Borgo chiedemmo ove si trovasse la strada che portava a quel campanile -era stato il mastio del castello- che ci aveva particolarmente colpito. Giungemmo così ad un piazzale che, ci dissero, era il “Foro Boario“ dove la strada finiva. Per salire fino al campanile vi era solo un sentiero. Percorremmo quel sentiero a piedi, poco meno di 2 km, e superato un torrione mozzo che veniva chiamato “Torre dei Gasperetti” apparve ad una specie di poggiolo una signora. Costei ci disse, in prima battuta, di
Ugo Simonetti ed Enrico Galvan alla firma della convenzione
andarcene, ché non c’era nulla da vedere, accogliendo poi la nostra richiesta di un bicchiere d’acqua: fu l’occasione per apprendere che la signora cercava un acquirente dei ruderi e col ricavato si poteva far costruire un’abitazione. Il giorno seguente, 15 agosto 1963, notate le grandi potenzialità della struttura ed il desiderio di renderla -almeno in parte- nuovamente abitabile per noi e la nostra famiglia, a soli trent’anni, tornai con Maria a percorrere il non breve sentiero ed il preliminare di compravendita venne sottoscritto”. Castel Telvana, Borgo e la Valsugana. Siamo sul monte Ciolino, un bellissimo osservatorio sulla valle. Un territorio a cui lei e la sua famiglia siete molto legati. Come è cambiata, in questi decenni, la comunità valsuganotta? “Da parte della popolazione di Borgo mi pare di avvertire una maggiore attenzione alle peculiarità della valle. Una volontà di valorizzare al meglio le proprie caratteristiche, una richiesta di tutela sia dell’ambiente che del paesaggio, un’apertura verso l’esterno: Il museo a cielo aperto di “Arte Sella” è certamente una testimonianza che, unita ora all’opportunità
di visitare parte del castello, vedrà in Borgo Valsugana un vero e proprio centro di interesse turistico. Auspico davvero in una rinascita territoriale”. Sei gli articoli presenti nella convenzione con gli impegni presi dal comune anche per la sistemazione dei percorsi di accesso. La durata è di cinque anni, rinnovabili per un successivo quinquennio. A sancire lo storico accordo una stretta di mano a tre: Simone e Ugo Simonetti ed Enrico Galvan. Una ultima considerazione dell’avvocato Ugo Simonetti. “Ho sempre considerato il castello di proprietà mia e della Comunità di Borgo Valsugana e per questo, con l’aiuto dei miei figli Guido e Simone, stiamo ultimando i lavori molto impegnativi di messa in sicurezza, con l’attenta collaborazione dei Beni Culturali di Trento. In questo modo abbiamo pensato di ridare nuova vita ed energia a Castel Telvana consentendone la visita in primo luogo alla Comunità di Borgo Valsugana e poi ai turisti ed ai villeggianti. Una vera ondata di energia positiva di cui tutti abbiamo bisogno e che spero potrà essere apprezzata e valorizzata”
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Attualità e politica di Francesco Zadra
Le polemiche del 25 aprile
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ioriscono ogni anno, puntuali come bucaneve, aspre polemiche tra chi non vorrebbe ricordare la Liberazione e chi, al contrario, pensa di possederne il copyright. Come se la Libertà fosse una licenza esclusiva di uno schieramento politico. Teniamo a mente che coloro che sacrificarono la propria vita contro il totalitarismo nazi-fascista appartenevano a tutte le classi sociali e colori politici: monarchici e repubblicani, cattolici e socialisti. Ricordiamo, tuttavia, che la Storia non si divide in buoni e cattivi. Accanto alle orribili stragi nazi-fasciste che hanno costellato la Penisola, troviamo anche atroci omicidi di innocenti, ad opera di una minoranza desiderosa di sostituire una dittatura con un’altra, di opposta ideologia ma medesima crudeltà. Basti pensare all’assassinio di Rolando Rivi o Giuseppina Ghersi. Cerchiamo quindi di guardare in maniera oggettiva alla Ricorrenza che abbiamo celebrato qualche giorno fa. Possa essere monito di ciò che accade quando prima delle persone si pongono le ideologie. Vere e proprie “Statolatrie”, di destra o sinistra che siano, che hanno seminato distruzione e morte nel nome di una cieca fiducia nel (presunto) “progresso”, nella “rivoluzione”, nella “razza” e altri idoli
Il giornale la Voce partigiana (da Wikipedia)
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6 maggio 1945 liberazione Torino (da Wikipedia)
punto da annientare i nostri simili in lager nazional-socialisti o deportarli al freddo di qualche gulag siberiano) allora non rappresentano più un arricchimento reciproco, bensì uno sciocco mulino a cui tirare acqua a discapito della verità. Alla cui ricerca è predisposto il cuore di ogni uomo. Spesso infatti vediamo un atteggiamento strumentale nel ricordare le nefandezze di matrice politica, sia nera che rossa: come se il fatto che anche la parte opposta si fosse macchiata di crimini attuasse una sorta di “pareggio” o, peggio, annullasse quelli commessi dalla propria. Rimaniamo, invece, aperti alla verità. Perché solo essa, anche se scomoda, ci farà Liberi (Giovanni 8,32). Viva la libertà e morte ai totalitarismi. Di qualsiasi 25 aprile Partigiani sfilano per le strade di Milano (da Wikipedia) colore.
del mondo moderno. Come scrisse Giuliano Guzzo, illustre sociologo vicentino (ma trentino d’adozione), “gli anticomunisti che non sono antifascisti non hanno abbastanza a cuore la libertà, gli antifascisti che non sono anticomunisti hanno troppo a cuore l’ideologia”. Mi si potrà obiettare che in entrambe le correnti sono presenti spunti intellettualmente interessanti, il che è sicuramente vero. Ma quando le idee si trasformano in paraocchi, in nebbia che offusca i nostri cuori tanto da farci calpestare la dignità umana (al
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Giovani, scuola e lavoro UNIVERSITÀ POPOLARE TRENTINA – SCUOLA DELLE PROFESSIONI PER IL TERZIARIO
A BORGO VALSUGANA
UN PERCORSO DI STUDIO INNOVATIVO
PER IL FUTURO DEI GIOVANI Vuoi entrare nel mondo del lavoro con la Qualifica o il Diploma professionale? Oggi hai una nuova e concreta possibilità per farlo: diventa “OPERATORE/TECNICO DEI SISTEMI E DEI SERVIZI LOGISTICI”. COSA SI STUDIA? Il nuovo percorso professionale dedicato ai SISTEMI e ai SERVIZI LOGISTICI propone le discipline culturali accanto a materie tecnico-professionali specifiche dell’indirizzo di studio. Nel dettaglio si studia: – LINGUA ITALIANA – LINGUA COMUNITARIA INGLESE – LINGUA COMUNITARIA TEDESCO – MATEMATICA – STORIA E GEOGRAFIA – DIRITTO ED ECONOMIA – SCIENZE – LABORATORIO DIGITALE – INFORMATICA – TECNICA LOGISTICA che comprende la contabilità, l’utilizzo di software logistici e le tecniche di vendita online COME SI STUDIA? Con una forte sinergia tra studio teorico e tanta pratica! Ai ragazzi e alle ragazze sono proposti metodi attivi di apprendimento che favoriscono la loro partecipazione a compiti di realtà e a progetti riferiti al contesto della LOGISTICA. Una relazione tra lo studente e i docenti che consente di stimolare la curiosità, la disponibilità a lavorare in gruppo, la predisposizione a superare gli ostacoli e trovare soluzioni praticabili, l’attitudine a comunicare in modo efficace. Di anno in anno i giovani sono chiamati a confrontarsi con esercitazioni e simulazioni via via più complesse e spesso messe alla prova anche con LOGISTICI delle aziende locali. Tale impegno vede coinvolte tutte le
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discipline e gli studenti e le studentesse hanno modo di sperimentarsi attraverso errori e buone prassi, per sviluppare al meglio le competenze in uscita. Visite guidate in azienda, progetti speciali, settimane linguistiche, certificazioni informatiche, incontri con testimoni, tirocini curriculari completano la dinamicità della scuola. Tutto questo per offrire ai ragazzi e alle ragazze un contesto di studio sereno che permette loro di: – farsi un’idea completa del complesso mondo della LOGISTICA e delle varie fasi del processo di lavoro; – prepararsi in maniera consapevole, valorizzando interessi e capacità; – accrescere la motivazione e l’autostima; – scegliere con responsabilità il percorso futuro tra studio e lavoro.
Il TEAM ORIENTAMENTO da sinistra dott.ssa Annachiara Vescovi psicologa, al centro dott.ssa Claudia Mammani - Direttore Area Formazione Continua, a destra dott.ssa Piera Mignemi – giurista.
QUALI RISULTATI? Nell’arco degli anni gli studenti potranno sviluppare e potenziare quella rosa di competenze trasversali – soft skills - e tecnico professionali – hard skills ritenute “universali”, ovvero richieste da ogni Ufficio di Logistica di un’azienda. Ricordiamo che le capacità professionali maggiormente apprezzate in un LOGISTICO si rifanno alle competenze linguistiche per la comunicazione efficace con il cliente; di lingue comunitarie per dialogare in un mondo globale; informatiche e digitali per la gestione di software avanzati; di contabilità; di diritto; di mobilità e di approccio al problem solving.
DOVE SI TROVA LAVORO? L’OPERATORE/TECNICO DEI SISTEMI E DEI SERVIZI LOGISTICI è una figura molto richiesta sia per i ragazzi che per le ragazze. Cercano LOGISTICI per propri uffici: – le imprese di produzione di beni alimentari e non, – le aziende del trasporto nazionale e internazionale, – le aziende di spedizione, – le grandi aziende commerciali, – le realtà che gestiscono i grandi Hab e i magazzini di importanti dimensioni, – il settore dell’intermodalità/Interporto.
Università Popolare Trentina - Scuola di logistica
Giovani, scuola e lavoro
di Armando Munao’
Parla ROBERTO PACCHER Vicepresidente del Consiglio Regionale Paccher, Come valuta l’apertura di un nuovo percorso di studio dedicato alla Logistica in Valsugana? È una cosa molto importante perché la nostra valle è particolarmente interessata a questa tematica in virtù della propria collocazione geografica che la pone come corridoio di transito. Inoltre abbiamo delle importanti aziende produttive in Valsugana e il fatto che il primo corso di Logistica si tenga a Borgo Valsugana lo ritengo importante. Si tratta di una grande opportunità formativa per i giovani della nostra valle, che può portare anche a sbocchi lavorativi importanti, considerato che la logistica rappresenta e rappresenterà per il futuro un elemento fondamentale Pensa che una mobilità sostenibile dall’ambiente sia possibile? Certamente sì. Il mondo della mobilità delle merci sta conoscendo una forte spinta e necessità di figure professionali di alto livello per gestire non solo il complesso processo di spedizione e distribuzione dei prodotti, spesso a livello internazionale, ma anche per vincere le sfide di
un trasporto che sappia rispettare i nostri meravigliosi paesaggi che tutti ci invidiano e che sappia essere da volano anche per il settore turistico. Per vincere la sfida della sostenibilità ambientale è importante inserire nei sistemi logistici i giovani che sono portatori di sensibilità molto importanti in tal senso. Penso che questi temi nel prossimo futuro accrescano le possibilità di lavoro per molti giovani. Roberto Paccher
Il nuovo percorso sarà gestito da Università Popolare Trentina, Ente storico in Trentino. So che lo conosce. Ho sostenuto con convinzione la decisione dell’assessore Bisesti di investire sulla Valsugana perché UPT rappresenta un riferimento per gli studenti trentini da più di 70 anni. Io stesso sono stato negli anni 80 uno studente di questa scuola e ho quindi apprezzato in prima persona la serietà e l’offerta formativa che questa propone. È una scuola molto seria, che riesce a coniugare bene la parte teorica con quella pratica e l’alunno esce con una formazione che
gli permette di essere subito competitivo nel mondo del lavoro. Ci tengo a sottolineare che compiere degli studi professionali, che oggi portano fino alla maturità, lasciando pertanto aperta l’opzione universitaria, è una scelta vincente. Unire alla teoria la pratica di quanto appena studiato permette al giovane di costruire già nel contesto formativo competenze importanti che saranno poi esercitate e apprezzate in azienda. Non solo, ma questo tipo di scuola permette anche la possibilità di ottenere risultati importanti in moltissimi settori della nostra società.
ECOOPERA Società Cooperativa con sede a Scurelle Realtà dinamica nella gestione dei servizi ambientali, il cui ufficio LOGISTICA vede impegnati giovani della zona. Il Dirigente Renzo Cescato ha messo a disposizione della nuova scuola di Borgo la sua lunga esperienza, promuovendo anche BORSE DI STUDIO ai giovani con Qualifica che si distingueranno in progetti specifici di logistica.
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Trentino musicale di Giuseppe Calliari *
L’OPERA COMICA TRENTINA
DI SCENA IN SPAGNA S uona profetico il sarcasmo del lavoro di teatro musicale della italianista Giuliana Adamo e del compositore trentino Cosimo Colazzo, “La locandiera, Musicape e il giovin signore”, in scena a Siviglia al Teatro Turina, nella cornice del Festival Encuentros Sonoros. Una coproduzione, tra le forze di Agorart, ensemble residenziale di Piazza del Mondo, a Rovereto, e un accreditato gruppo di musicisti andalusi, Taller sonoro, affermato nella musica contemporanea. L’opera è una satira che addita sovranismi e populismi, sbeffeggia l’arroganza dei meschini potenti di oggi, gli autocrati, l’ignavia dei corrotti e quella non meno diffusa degli stupidi. Soprano la locandiera, è una effervescente Patrizia Zanardi, basso il giovin signore, per la disinvoltura comica di Paolo Leonardi, in un dialogo stretto, provocatorio, su strutture musicali parossistiche, ricche di humor, colte ma
Cattedrale Est Siviglia
di aggressiva vitalità. Due artisti ideali per dare sonorità e presenza scenica ad un’opera concisa, rapida, scattante, piena di calembours, battute, giochi e doppi sensi. Giochi linguistici e sonori attraversano la musica, tra stili e generi, sberleffi, onomatopee, provocazioni, ritmo incessante e soluzioni a sorpresa,
Giuseppe Calliari musicista voce recitante
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scanzonate, irriverenti, acute. Gusto dello spiazzamento e il piacere di riso e sorriso. Ma anche gioco molto serio, riflessione su un mondo che ci è vicino, oggi più che mai intorno a noi. Dialogo sul prendere coscienza, lo svegliarsi dal torpore, l’evidenza della trivialità là dove vorremmo incontrare dialogo aperto e rispetto dell’altro da sé. Il tutto in un gioco fantasmagorico, cui contribuisce il ruolo recitante di Musicape, maschera allegorica e beffarda, pungiglione teso a sovvertire lo stato di quiescenza, a irridere. Voci cantanti e parlanti, nella partitura pressante, sono avvolte dalle sonorità in invenzioni contrappuntistiche continue, in iterazione e crescendi d’efficacia comica, a incalzare il senso critico del testo. Tra gli strumentisti anche un giovane talento trentino, il sassofonista Mattia Grott, accanto alla violoncellista María del Carmen Coronado, al pianista Ignacio Torner, all’acordeonista di Segovia Ángel Luis Castaño, al percussionista Baldomero Lloréns. Il tutto sotto la direzione dello stesso compositore, Cosimo
Trentino musicale
La locandiera, Musicape e il giovin signore (Siviglia)
(ICAS), Instituto Nacional de las Artes Escénicas y la Música (INAEM), y de la Asociación de Intérpretes y Ejecutantes (AIE). L’arguzia della locandiera, l’infingardaggine del giovin signore, lo sprezzo ironico di Musicape si sono dati appuntamento in una Siviglia già primaverile, bella delle sue infinite strade strette e tortuose, della sua naturalezza, del suo quotidiano vivere, senza clamori.
curioso, nella programmazione di un teatro andaluso di prim’ordine, aperto tutto l’anno a produzioni musicali innovative. Nella stessa serata quattro compositori spagnoli, importanti, con loro partiture da camera.
Cosimo Colazzo
Colazzo, docente di composizione al Conservatorio di Trento. Encuentros Sonoros è festival che si tiene annualmente nella capitale andalusa, promosso da Ensemble Sonoro, Anjuntamento della città, con la collaborazione di Instituto de la Cultura y las Artes de Sevilla
Paolo leonardi nel ruolo del Basso il Giovin Signore
Il sassofonista Mattia Grott
La soprano Patrizia Zanardi
Con gentilezza e passione per le cose più minute. E bella dei suoi eccelsi monumenti, cristiani e arabi, bella della sua fusione di storie. Straordinariamente capace di produrre occasioni vive di cultura, con cura e competenza assolute, con passione e intelligenza. Lo spettacolo è stato accolto grazie a quel clima vivido,
Evviva Siviglia e il suo teatro, luoghi di incontro, di arte del presente e di rapporti franchi e cordiali. Di amicizie cresciute assemblando in ore e ore di prove le nuove composizioni. Condivisioni che si prolungano a tavola, nei locali senza sfarzo disseminati nei vicoli, ritrovi schietti e gustosi come ogni tratto della città. *Giuseppe Calliari, musicista, musicologo, scrittore, già docente presso la Civica Scuola Musicale Zandonai, è critico musicale e nell’opera comica ha interpretato, voce recitante, il personaggio di Musicape.
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La Valsugana in cronaca
Il progetto di OSPITALITÀ DIFFUSA prende il via a Pergine Valsugana
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a qualche mese il comune di Pergine Valsugana ha aderito al progetto di turismo diffuso, Ospitar, promosso dalla Società Benefit di Trento Community Building Solutions. Al via la possibilità di candidare la propria casa. L’obiettivo del progetto – già avviato in 11 comuni sul territorio Trentino tra cui i vicini Tenna e Calceranica al Lago - è recuperare e riqualificare l’enorme patrimonio delle seconde case, lasciate sfitte, sottoutilizzate o spesso abbandonate, attraverso un nuovo tipo di turismo che punti sulla comunità e sul mettere a valore il territorio, intercettando nuovi tipi di viaggiatori che prediligono la libertà di un soggiorno in appartamento. In questo progetto il comune è l’attivatore, ai privati, invece, spetta il compito di svilupparlo. Cbs in questi mesi, in collaborazione con il Comune di Pergine, ha redatto uno studio sullo stato patrimoniale delle seconde case. Questo studio e l’intero progetto sono stati presentate a Canale presso la Sala della Casa Sociale alle 20.00 del 29 aprile. Il report ha permesso di analizzare nel dettaglio la situazione, proponendo numerosi spunti di riflessione utili al progetto e all’amministrazione comunale. Il territorio comunale di Pergine Valsugana presenta un grande numero di seconde case. Suddividendo il dato per le diverse frazioni, a Pergine Valsugana si contano circa 2.039 immobili d’interesse con un bacino di circa 5.889 proprietari. In testa si trova il Comune Catastale (C.C.) di Pergine che, chiaramente, per dimensioni
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territoriali e demografiche assorbe la maggior parte del patrimonio (circa il 36% del totale). A seguire troviamo il C.C. di Vigalzano (11% del totale), Castagné (9% del totale) e Viarago (8% del totale). Questo patrimonio immobiliare, circa il 74%, è primariamente concentrato nelle mani di singoli proprietari, escludendo quindi la possibilità che a Pergine Valsugana siano presenti e potenzialmente privilegiati dallo sviluppo del progetto Ospitar, pochi e
grandi proprietari immobiliari. Anche sotto il profilo della frammentazione della proprietà immobiliare (numero di proprietari associati ad un singola particella edificiale) la situazione è positiva con la presenza in media di 2,5 proprietari per singola p.ed.. Nella maggior parte dei casi (26% del totale) i proprietari di seconde case hanno in media un’età ricompresa tra i 56 e i 65 anni, anche se non mancano diversità nella composizione anagrafica ma in linea generale sempre
La Valsugana in cronaca
di età maggiore rispetto alla suddetta fascia d’età (66-75 anni e >75 anni). In termini invece di recapito di residenza dei proprietari di seconde case, fattore non di poco conto per il successo e l’efficacia del servizio di ospitalità diffusa, è indubbiamente un’ottima base di partenza il fatto che la maggior parte dei proprietari (il 58% del totale) risieda nel Comune di Pergine Valsugana. Prendendo in esame gli interventi negli altri comuni, dove Ospitar si è sviluppato, si è visto che per ogni euro investito c’è stato, nel breve periodo, un ritorno sul territorio di 5 euro. Durante il progetto, vengono attivate convenzioni con artigiani del territorio per le ristrutturazioni, si avviano collaborazioni con realtà del territorio come piccole imprese agricole e bar e ristornati. Si lavora quindi su tutta la comunità che diventa nel tempo maggiormente accogliente. Negli anni spesso si è visto come alcune delle case attivate per fini turistici tramite questo progetto, siano poi rientrate nel circuito residenziale, aumentando così anche la disponibilità di abitazioni sul mercato Attraverso il progetto si genera una nuova forma di reddito che, se investita nella casa, permette di riqualificare e ristrutturare gli immobili a vantaggio dell’intera comunità. Ma non solo: si intercetta un turismo
“diverso”, con persone che non ricercano la formula dell’Hotel classica ma, al contrario, la peculiarità più viva ed emozionale di un territorio, con la sua storia ed identità. Con la pandemia Covid, sono ad esempio anche cambiati i modelli organizzativi di lavoro e oggi, più che mai, l’espressione dello “smartworking” è entrata di prepotenza nel nostro linguaggio quotidiano. Si tende va detto, erroneamente, ad associare lo “smartworking” al lavoro da casa, quando, invece, dovrebbe rappresentare la possibilità di operare da dove si desidera, in un luogo diverso da quello dell’ufficio, dove le lancette dell’orologio scandiscono l’inizio e la fine della giornata. Come spiega il responsabile del progetto Ruggero Zanetti – CBS
SB: “Verranno effettuati gratuitamente dei sopralluoghi nelle case e il proprietario avrà la possibilità, in modo gratuito, di vagliare le diverse possibilità dell’immobile. Gli daremo tutte le informazioni necessarie per valutare il progetto e le azioni successive. Dalla predisposizione dell’alloggio (fotografie, burocrazie, portali di prenotazione…) e alla seguente gestione del servizio (check-in, pulizie…) i proprietari saranno accompagnati e formati da dei professionisti. Studieremo insieme la migliore soluzione per loro.” Il progetto partirà in primis nelle frazioni di Canale, Valcanover, Santa Caterina e San Vito. Le candidature sono aperte fino al 31 maggio ed è possibile richiedere un sopralluogo gratuito scrivendo a info@ospitar.it o chiamando (anche whatsapp) il 0461. 095196.
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La croce e la pace: don Bernardo Antonini di Waimer Perinelli
UN TRENTINO SANTO IN RUSSIA D
ue cose hanno stupito il mondo ai funerali di Vladimir Zhirinovsky, leader nazionalista russo, amico di Putin, morto in aprile all’età di 76 anni. La prima è la valigetta portata dall’uomo di scorta di Vladimir Putin presente alla cerimonia funebre. Secondo i bene informati la valigetta scura conteneva i codici di lancio delle testate atomiche e starebbe a significare che il leader russo è sempre pronto a tutto. In tempi di paranoia la cosa ci può pure stare; a stupire è che ancor oggi si creda che Putin non possa fare “colpi di testa” perché il suo è solo uno dei tre codici indispensabili per effettuare il lancio. . Gli altri due sarebbero in mano a uomini fidati che, con il rifiuto di usarli salverebbero l’umanità. Non lo voglio scoprire, ma mi incuriosisce sapere chi dei due depositari del nostro destino sarebbe tanto coraggioso da negare a Putin il codice in suo possesso. Pare però che a stupire maggiormente il mondo sia stato il segno della croce tracciato da Putin, per carità rigorosamente con rito ortodosso, ma chi immaginava la presenza di una fede, una qualsiasi, in un uomo cresciuto nei corridoi dei servizi segreti negli anni bui dell’Unione Sovietica, governata da un regime, ateo per definizione. Temo la sua fede sia da addebitare alla volontà di compiacere il popolo russo il quale, malgrado le molte persecuzioni, repressioni ed educazioni, ha mantenuto, in particolare nelle vaste campagne, tradizione e riti. Di queste è il massimo interpre-
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Don Bernardo Antonini (da Diocesi di Trento)
te il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Vladimir Michajlovič Gundjaev, meglio conosciuto come Kirill, nato a Leningrado, oggi Pietroburgo 76 anni fa e grande amico di Putin. Il capo della Chiesa ortodossa ha sposato la causa del despota e nell’omelia della “domenica del perdono” ha affermato nel sermone, che lo scoppio delle ostilità è arrivato dopo che: “per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass, dove c’è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”. La risposta di papa Francesco, capo della Chiesa cattolica, è stata un invito alla pace:«Non si tratta solo di un’operazione militare, ha detto
Bergoglio, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. In quel Paese scorrono fiumi di sangue e di lacrime». Entrambe espressioni potenti la prima, di Kirill, ha interessato oltre cento milioni di russi, credenti o meno; la seconda, per quanto erga omnes, una risicata minoranza di cattolici. Che vanta tuttavia un primo santo del nuovo millennio, ed è trentino: don Bernardo Antonini. Don Bernardo è nato a Cimego in valle del Chiese, nel 1932 ed è morto nel 2002 a Karaganda, nel Kazakistan, attraversando con il suo apostolato, vari momenti della storia dei cattolici in Russia dove giunse nel 1989 quando Michail Gorbaciov attuava la grande svolta socio politica che chiuse il passato dell’Unione sovietica e aprì le porte alla nuova Russia e , nel 1991, alla Chiesa cattolica. In questa vasto paese don Antonini ha vissuto per dieci anni come missionario-evangelista, assistendo una minoranza composta soprattutto da immigrati polacchi, italiani, tedeschi e ucraini, raccolti in trecento parrocchie curate da 270 sacerdoti. A san Pietroburgo, la città di Putin, c’è l’unico seminario di tutte le Russie. Il sacerdote di origini trentine nel 2000 venne nominato responsabile di tutte le iniziative per il Giubileo nell’ex Unione Sovietica. Don Bernardo Antonini è stato più volte definito l’uomo giusto al momento giusto. Fu fondatore e rettore del Seminario “Regina Apostolorum”; insegnante di Sacra Scrittura, conferenziere instancabile, fondatore e direttore di giornale Svet Evangelija, dell’Istituto Teologico “San Tommaso
La croce e la pace: don Bernardo Antonini
Papa Francesco
d’Aquino”. Desideroso di aiutare e svolgere l’apostolato nelle Chiese più povere con il permesso del suo vescovo Padre Flavio Roberto Carraro, Vescovo di Verona, don Bernardo il 16 agosto 2001 passò, come Vice-Rettore del Seminario e Vicario Episcopale
per la Pastorale, al servizio di Sua Ecc. Jan Pawel Lenga, a Karaganda, nel Kazakhstan, dove è morto l’anno dopo. L’arcivescovo di Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz, lo ha ricordato come: Uomo di grandi intuizioni, dinamico e tuttavia di profonda vita interiore, ricco di iniziative, sensibile nel cogliere i mutamenti dei tempi, nei dieci anni vissuti in Russia diede il meglio di sé, fino all’ultimo. Era felice ed entusiasta di collaborare alla crescita del Regno di Dio e diffondere con tutti i mezzi la buona notizia del Vangelo in quella Chiesa che emergeva da un lungo, doloroso passato. Poco dopo la sua morte il Vescovo di Verona, su richiesta del Vescovo di Karaganda e di Mosca, l’11 febbraio 2009 nella Chiesa di S. Luca Evangelista in Verona, ha dato inizio al Processo di Beatificazione Canonizzazione del servo di Dio don Bernardo
Il Patriarca russo Vladimir Michajlovič Gundjaev, conosciuto come Kirill
Antonini, sacerdote della Diocesi di Verona, fidei domum in Russia e in Kazakhstan. Nel 2013 si è concluso positivamente il processo diocesano di beatificazione e canonizzazione. Il Trentino ha in don Barnardo Antonini un nuovo santo in Paradiso.
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I Campioni in vetrina di Alessandro Caldera
MARCO VAN BASTEN:
il Cigno di Utrecht dalle caviglie fragili
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apida. Intensa. Indimenticabile. Questi sono i termini che potremmo utilizzare per descrivere la carriera di un calciatore. Alcune ci hanno permesso di incontrare individui prodigiosi come Messi, altre ci hanno consentito di raccontare le “gesta” di uomini di grande rettitudine come Zanetti o Maldini e svariate, purtroppo, non hanno fatto che parlarci di talenti che hanno deciso di rovinare tutto con deplorevoli azioni extra-calcistiche come Adriano, “l’imperatore” dell’Inter, oppure George Best. Il protagonista della nostra storia può essere descritto come l’antitesi del generale teorizzato da Napoleone: è infatti dannatamente bravo ma, purtroppo, durante la sua carriera vedrà la “Dea bendata” voltargli più volte le spalle, aspetto che lo por-
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terà a ritirarsi precocemente all’età di 30 anni. A Milanello però non potrà mai essere dimenticato per la moltitudine di trofei ottenuti e per le valanghe di gol segnati. Stiamo parlando del “cigno di Utrecht”, o per tutti più semplicemente Marco Van Basten. La storia di Marco si lega, prima dell’approdo nel Belapaese, alla squadra più titolata d’Olanda: l’Ajax. Ufficialmente la prima partita da professionista con i “Lancieri” viene giocata il 3 aprile 1982, annata indimenticabile per il nostro calcio, quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Quel match può essere descritto come la perfetta interpretazione del concetto di “ricambio generazionale”, in questo caso per il movimento calcistico olandese, dal momento che all’ingresso di Marco in cam-
Marco van Basten (da Wikipedia)
I Campioni in vetrina po, corrisponde l’uscita del giocatore più noto della storia degli “Oranje”: Johan Cruijff. Quest’ultimo, cruciale successivamente come allenatore per la crescita di van Basten, si trovava oramai agli sgoccioli della propria carriera, alla seconda esperienza con l’Ajax, dopo il magico periodo tra la metà degli anni ‘60 e i primi anni ‘70, al quale seguì poi il clamoroso passaggio al Barcellona. Tra i due si instaurò un rapporto speciale culminato con la conquista della “Coppa delle Coppe” del 1987, traguardo raggiunto proprio grazie ad una marcatura di van Basten nella finale contro la Lokomotiv Lipsia. Dopo quel successo Cruijff si rassegnò all’idea di perdere il suo gioiello e, anzi, fu proprio lui a consigliare all’attaccante di lasciare l’Ajax, per consacrarsi definitivamente, conscio della superiorità degli altri campionati.
Marco van Basten - Pallone d'Oro (Milan)
Nella partita di addio, giocata ovviamente al De Meer e terminata 5-2 per i Lancieri, nonostante le sostituzioni esaurite Johan, decise di far uscire dal terreno di gioco Marco, in modo tale che la sua gente potesse tributargli l’ultimo Marco van Basten (55anni) doveroso applauso. (da il Giornale di Sicilia - Ph. Walter Bieri - Ringraziamenti EPA) Arriviamo quindi al luglio del 1987 le. Quel giorno non è però ricordato quando il bomber di Utrecht passò solamente per il 2-0 in favore degli al Milan; l’esperienza milanese iniziò olandesi, che riscattarono in parte la però nel peggiore dei modi, visto che cocente sconfitta del mondiale ’74, la caviglia, da sempre punto debole ma per la splendida volè che Mardi van Basten, fece crack. Rientrò sul co realizzò al sessantesimo minuto finire della stagione, in tempo per trafiggendo Dasaev, ritenuto ai tempi segnare qualche gol, tra cui quello uno dei migliori portieri al mondo. fondamentale contro il Napoli, e per Van Basten al termine del 1988 verrà vedere i rossoneri campioni d’Italia. insignito del Pallone d’oro, riconoAl termine della stascimento che ottenne anche l’anno gione non ci fu però successivo e nel 1993. Per quanto tempo per riposarsi concerne invece le prestazioni con il perché ebbe inizio Milan in realtà c’è poco da dire: quello l’Europeo, disputatosi che il mister, Arrigo Sacchi, riuscì a rein Germania, nel quaalizzare fu una vera e propria corazzale l’Olanda di Michels ta, capace di incantare ed annichilire esordì in realtà in l’intera Europa con titoli e record che malo modo. Servirosi susseguirono con un ritmo freneno infatti prestazioni tico. Purtroppo però, come detto in sublimi di Marco, apertura, la fortuna non fu mai dalla contro Inghilterra e parte di van Basten che più volte si Germania Ovest, per sottopose ad interventi per rimediare far sì che gli Oranje a quelle maledette caviglie. raggiungessero A partire dal 3 giugno 1993 iniziò un la finale. Il match reale calvario dal quale non uscì mai, conclusivo del torneo al punto di annunciare il 17 agosto si disputò contro 1995 il definitivo ritiro, con profondo l’Unione Sovietica, dolore per i tifosi rossoneri e per il formazione ricca calcio mondiale. Così descrisse quel di talenti ma dalle giorno in un’intervista: “C’era tristezza prestazioni altalenanovunque. Quella del pubblico, e la mia. ti, che si dimostrò un Correvo, perché non volevo far vedere osso duro nel corso che zoppicavo, battevo le mani alla della manifestazione, gente. E intanto pensavo che non c’ero eliminandoci nostro già più, mi sembrava di essere ospite del malgrado in semifinamio funerale”.
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Ieri avvenne di Emanuele Paccher
BATTAGLIONE 101: un uomo comune può diventare uno spietato assassino?
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l’alba del 13 luglio 1942. Cinquecento uomini vengono caricati su dei camion: si tratta del battaglione 101 formato da operai, artigiani, commercianti, padri di famiglia arruolati da poco nella polizia tedesca, più per dovere che per piacere. Sul camion ricevono delle casse di munizioni, molte di più del consueto, ma non viene detto loro cosa gli spetterà. Arrivati a Jozefow, piccolo paese della Polonia, scendono dalle vetture e si radunano a semicerchio attorno al loro comandante, il maggiore Wilhelm Trapp. Dalle dichiarazioni dei poliziotti emerge il ritratto di un maggiore pallido e nervoso, indisposto pure nel parlare. Ma gli ordini sono ordini. Comincia quindi il suo discorso, dichiarando che quanto detto era volere delle alte sfere e ricordando che gli ebrei erano in combutta con i partigiani, i quali boicottavano la Germania a favore degli americani. Finito il preambolo, Trapp dice che quel giorno i suoi uomini avevano il compito di rastrellare gli ebrei. I maschi abili al lavoro dovevano essere separati dagli altri e portati in un campo apposito. Gli altri, ossia donne, bambini, vecchi, malati, dovevano essere fucilati sul posto. Il maggiore finisce il suo discorso con una proposta davvero inusuale: se qualcuno fra i poliziotti non si fosse sentito all’altezza del compito, avrebbe potuto fare un passo avanti. Chissà cosa è passato per la testa agli uomini del battaglione in quel pre-
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Battaglione 101 (da Wikipedia)
ciso istante. Come detto, non erano fanatici ed è probabile che aderissero passivamente al regime nazista, non condividendone tutti gli ideali. Ma fare un passo avanti significava schierarsi contro l’autorità e mostrarsi debole agli occhi dei compagni. Il risultato fu che solo dodici poliziotti fecero quel passo. Ci si potrebbe aspettare che le conseguenze furono atroci verso i “disertori”, ma in realtà non ci fu alcuna conseguenza. Questi uomini furono semplicemente adibiti a mansioni differenti. In quel tragico 13 luglio a Jozefow si verificò un massacro: 1800 ebrei furono rastrellati, poche centinaia finirono in qualche campo, gli altri vennero immediatamente ammazzati. Il modus operandi era il medesimo dei plotoni di esecuzione: ogni poliziotto prendeva un uomo, un suo simile, che il destino aveva fatto nascere ebreo, lo faceva stendere per terra e gli sparava un colpo sotto la nuca. Jozefow fu l’inizio di una tragedia che si protrasse per oltre un anno. In questo periodo il battaglione 101 uccise altre 38000 persone, collaborò alla deportazione a Treblinka e allo
sterminio di oltre 45000 ebrei. Cosa può portare un uomo ad uccidere un suo simile? Uno degli aspetti più tragici di questa vicenda è che quei poliziotti erano uomini come noi. Il conformismo, il rispetto dell’autorità, la paura e chissà quali altri fattori fecero sì che si trasformarono in mostri. In poche parole: uomini comuni, tremendi assassini. Dobbiamo credere che la storia possa insegnarci qualcosa. Queste vicende non devono più ripetersi. Occorre quindi prestare attenzione al presente, specialmente in un momento storico in cui la guerra è a pochi passi, e dove un ragazzino di 15 anni esulta per la vittoria di una gara di kart con un saluto romano, ignorando ciò che è stato il fascismo. Se non condannassimo anche i piccoli gesti rischieremmo di tollerarli, facendoli diventare normali. Non si può correre questo rischio: ricordiamoci che certi orrori potrebbero succedere di nuovo. L’unico antidoto al ritorno della malattia autoritaria è il ricordo. Parafrasando Dostoevskij: è la cultura che salverà il mondo. O almeno si spera.
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Interviste impossibili di Laura Mansini
AGATHA CHRISTIE La Regina del “Giallo”
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entre stavo leggendo “Assassinio sull’Orient Express” sprofondata in una comoda poltrona del suddetto treno, che avevo preso a Venezia, nella primavera del 1968, venni distratta da un’elegante signora che, con un sospiro, si sedette di fronte a me. All’improvviso la sentii dire con aperta ironia: ” Ma ancora si legge questa storia? Davvero non capisco cosa ci trovi la gente in questo piccoletto dalla testa ad uovo”. Subito irritata alzai lo sguardo ed incontrai quello ironico e divertito di una donna anziana, elegantemente vestita: tailleur grigio, al collo 3 fila di perle, un buffo cappellino in pelliccia ed un sorriso veramente inglese, un po cavallino. Era Agatha Christie in persona . Superato l’attimo di stupore mi presentai e le chiesi perché definisse in modo così sprezzante Hercule Poirot, uno dei suoi personaggi più riusciti. “Io amo prendere in giro questo buffo ometto Belga, così pomposo, così esasperatamente elegante. Molto intelligente però, infatti ad un certo punto gli ho fatto dire a propria giustificazione “ I miei migliori amici sostengono che sono pieno di me, ebbene conosco la mia abilità... Ho sistemi tutti miei: ordine, metodo e celluline grige..” “E’ forse questo il segreto del suo successo?” Le chiedo. “Certamente ci vuole ordine mentale, E’ importante poi conoscere le persone, capire le loro debolezze ed anche le loro forza.” Rispose guardandomi con un certo interesse.
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Agatha Christie (da Biografieonline)
Osservandola ripenso alla vita di questa straordinaria donna. Nata il 15 settembre del 1890 (segno zodiacale Vergine) a Torquay nel Devonshire da famiglia agiata; nome completo Agatha Mary Clarissa Miller, Christie (Cognome del primo marito (1914-28) divenuta Lady Mallowen (1930-76) con il secondo. Il padre, agente di cambio americano, aveva sposato Clara Bohemer, irlandese. Agatha, per volere della madre, non frequentò le scuole infantili, studiò a casa, vivendo in un ambiente familiare piuttosto eccentrico. Sembra dominassero credenze esoteriche. La vita della Christie fu lunga ed intensa. Durante la prima guerra mondiale fu volontaria della Croce Rossa e l’ esperienza farmaceutica tra medicine e veleni
fu di ispirazione alla scrittura del suo primo romanzo giallo : “Poirot a Styles Court” (1916), ottenendo un clamoroso successo. Ben presto divenne la regina del romanzo poliziesco: in una carriera durata più di 50 anni ha scritto 66 romanzi, 14 raccolte di racconti che ruotano attorno ai detective Hercul Poirot ed alla deliziosa zitella Miss Marple ed inoltre alcune commedie. Mentre ero immersa in queste riflessioni lei mi chiese abbastanza bruscamente perché la stessi osservando. “ Sto pensando allo straordinario caso di avere incontrato la mia scrittrice preferita, su questo treno, mentre sto leggendo uno dei suoi romanzi che amo di più. Inoltre adoro Poirot, con i suoi baffi, le sue piccole manie, l’eleganza ricercata... come adoro Miss Marple, le indagini, gli ambienti nei quali si muove”. Soddisfatta della risposta con un sorrisetto mi racconta alcuni particolari :“Per descriverla - mi dice- mi sono ispirata a mia nonna, la cara vecchietta che, pur avendo condotto una vita tranquilla, tipicamente vittoriana, conosceva a fondo gli abissi della depravazione umana. Mi sono divertita a scrivere le prime storie di Miss Marple- continua- e mi sono affezionata a questo personaggio. I miei personaggi vivono delle esperienze che ho fatto nella vita. Durante il primo matrimonio con Archibal Christie militare di carriera, sposato durante la prima guerra mondiale ho fatto la crocerossina, mentre con il secondo ed attuale coniuge ho conosciuto l’Egitto, gli
Interviste impossibili archeologi . Queste esperienze sono state fonte di ispirazione per i miei personaggi e le loro avventure”. Un sorriso mentre osserva la campagna scorrere al nostro fianco. “ Certo che voi italiani non mi avete sempre amato molto- mi apostrofa- un vostro famoso critico teatrale, Silvio D’Amico, mi ha inserito fra gli scrittori disimpegnati come Coward e Rattingher. Sono fiera del paragone. Dice poi che il mio è stato un successo popolare, affermando che si incontrano i consueti sviluppi di sospetti, indizi, contro indizi, ravvivati da un saggio calcolo di colpi di scena. Sarà, ma la mia commedia più famosa “Trappola per Topi” (The Mausertrap), andata in scena
per la prima volta all’Ambassador Theatre di Londra nel 1952 è ancora rappresentata quotidianamente .” (e lo è tuttora -2022) Si è interrotta soltanto a causa della Pandemia. Ripensai ai meravigliosi racconti e romanzi scritti da questa donna timida, determinata imprevedibile. Infatti all’improvviso si alzò, mi salutò con un sorriso enigmatico per raggiungere il marito per il rito quotidiano del tè delle 17. Somerset Maugham affermò che verrà il giorno in cui il romanzo poliziesco sarà materia di studio nelle scuole, mentre altri hanno detto che dai romanzi gialli le future generazioni avranno un quadro vivido e genuino della vita quotidiana di una società e di un’ epoca. Non posso dare loro torto ma, come mi ha appena confessato la Christie, non sempre nel giallo si scopre il meglio dell’umanità.
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Quattro passi nell’Arte di Eleonora Mezzanotte
ANDREA FONTANARI Un giovane e promettente artista trentino
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ggi vi presentiamo un giovanissimo artista perginese, che da alcuni anni si è inserito tra i grandi nomi della pittura contemporanea. Stiamo parlando di Andrea Fontanari, classe 1996, nato a Trento, dove vive e prevalentemente lavora. Ha frequentato il Liceo Artistico di Trento e poi l’Accademia di Belle Arti a Venezia. Dipinge con grande maturità e sensibilità momenti e frammenti del quotidiano, in uno stile che ondeggia tra il realismo e la pop art. Scene di vita, oggetti tratti dall’ordinario, luci ed ombre, dettagli che evocano un immaginario fatto di emozioni, sensazioni e sentimenti. La sua arte, nei colori vivi e brillanti dei suoi quadri, arriva dritta al cuore di chi la osserva, avvicina l’osservatore al ventaglio emotivo dell’artista, al suo umore mentre dipingeva questo o quel dettaglio, alla sua poetica, alla sua catarsi artistica. Dopotutto non è forse l’arte un modo per evadere dal quotidiano e rintanarsi in una dimen-
Confinement III, olio su carta (300 g), 27.5 x 20.5 cm, 2021- Collezione privata
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sua opera, con chi la fruisce a cuor leggero. Nel 2017 è stato selezionato tra i cinque artisti italiani under 35 a partecipare alla Biennale d’arte contemporanea europea itinerante JCE – Jeune Création Européenne (2017-2019). Recentemente è stato selezionato al Premio Artistico Fondazione VAF 2019. Nel novembre 2020 ha presentato la sua prima personale alla Galleria Boccanera di Milano. Ci incontriamo a Pergine per un caffè e iniziamo la nostra intervista. sione propria? L’arte è un linguaggio universale millenario, non solo perché evoca un immaginario di situazioni e concetti, ma anche perché è proprio tramite l’arte che talune volte si riescono a comunicare sentimenti e stati d’animo che a parole non si sarebbe riusciti ad esporre con la medesima potenza evocativa. La missione del nostro artista è proprio questa, intessere un dialogo speciale e intimo con chi riesce a cogliere l’unicità della
Andrea, quando e come hai scoperto di avere un talento per la pittura e le arti grafiche? “Non c’è stata una vera e propria scoperta, disegno fin da piccolo, fin da quando ne ho memoria. La mia naturale disposizione al disegno ha poi favorito il mio processo di apprendimento e osservazione, ho scelto dunque di studiare proprio Belle Arti per migliorarmi e far si che
Untitled (Game), olio su tela, 30 x 20cm, 2021 - Collezione privata
Quattro passi nell’Arte questa predisposizione potesse diventare la forma per esprimere qualcosa di mio.” Da dove trai ispirazione per le tue opere? “L’ispirazione la trovo da ciò che mi circonda, in maniera più o meno diretta. Saper cogliere un’immagine, un frammento di vita, un attimo che possa diventare un’opera è la fase preliminare del mio lavoro”. Quindi, di che fasi si compone il tuo lavoro? “La mia ricerca, la mia apertura verso il mondo è legata alla mia vita. Tutto può essere fonte di ispirazione, quindi la fase di ricerca di nuovi stimoli, di input figurativi comprende tutta la mia quotidianità. Quando ho poi creato nella mia mente l’immagine finale, rielaboro
e lavoro alle mie opere in studio”. Ti riconosci maggiormente in un genere artistico o ti piace spaziare tra più sperimentazioni? “Oggi penso sia impossibile parlare di generi artistici. La bellezza dell’arte contemporanea sta proprio nella convivenza di diversi stili personali”. Ci vuoi anticipare qualche progetto futuro? “Ad ottobre parteciperò al Premio Cairo al Palazzo Reale di Milano, saremo in venti giovani artisti selezionati da una nota rivista di Arte, di fronte ad una giuria di critici d’eccellenza. In concomitanza a questo evento, ci sarà la mia personale presso la Boccanera Gallery, tra Milano e Trento”.
Fuga a Roma, 240 x 200 cm, olio su lino, 2022 (credits l’Artista e Boccanera Gallery TrentoMilano)
Mappe di Gordio In questa primavera in cui il dolce canto degli usignoli è stato spezzato dal fragore delle armi, i comuni cittadini sono stati travolti da un vortice mediatico che ha reso difficoltoso, se non impossibile, riflettere a mente lucida sulla situazione. Ricordiamo la marea di fake news propinate da entrambe le parti, i battibecchi televisivi, le generalizzazioni e i polemisti di turno. Pronti a puntare il dito contro chiunque dissentisse dalla narrativa mainstream. Non si sono risparmiati attacchi neppure al Santo Padre, “reo” di aver invitato una donna russa e una ucraina alla tradizionale via crucis del venerdì santo. In guerra, si sa, la verità è la prima vittima. Ricordiamo le millantate “armi di distruzione di massa”, o la fialetta di antrace sbandierata in mondovisione da Colin Powell per conto del governo Bush, salvo poi fare mea culpa svariati anni dopo. Non si contano gli escamotages della politica per far ingoiare all’opinione pubblica anche i rospi più amari. È per questo che Daniele Lazzeri e il suo think tank “Il nodo di Gordio” hanno organizzato, lo scorso aprile, l’iniziativa “Mappe di Gordio”. Un calendario di conferenze, stilato in collaborazione con le amministrazioni dell’Alta Valsugana e Vigolana, per fornire agli abitanti dei nostri paesi gli strumenti per costruirsi un pensiero critico volto a “setacciare” la mole di informazioni con cuii media ci bombardano ogni giorno. Sì, perché il conflitto russo-ucraino (i cui semi giacevano nel Donbass dal lontano 2014) è solo l’ultimo di una serie di complesse vicende geopolitiche e rivendicazioni territoriali che attanagliano il nostro pianeta passando spesso inosservate. O finendo sotto i riflettori solo a guerra scoppiata. I relatori? Una equipe d’eccezione composta dai giornalisti Augusto Grandi (il sole 24 ore), Raffaele Crocco (RAI) e Marco Ferrazzoli (capo ufficio stampa CNR), per non parlare di saggisti del calibro di Andrea Marcigliano o Fabio Grassi, docente universitario de La Sapienza. O, last but not least, gli esperti Gianni Bonini e Andrea Liorsi. Tutti relatori in grado di fornire profonde e ragionate letture di ciò che accade nel mondo, sfidando la superficialità e gli slogan da talk show. (F.Z.) Chi volesse rivedere le conferenze le può comodamente trovare sul canale youtube “Il Nodo di Gordio”
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Personaggi di ieri di Andrea Casna
TOMMASO BORTOLOTTI Un visionario del Trentino di metà Ottocento
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Lavis, sulla parete meridionale del Doss Paion, che in sostanza guarda verso le colline di Meano, è ben visibile un antico giardino tutto in verticale. È il giardino, recentemente restaurato, detto “ai Ciucioi” o “Bortolotti”. E ad oggi è l’unica testimonianza, o meglio, “documento” che reca la firma di Tommaso Bortolotti: uno dei personaggi meno conosciuti del Trentino di metà Ottocento Ma chi era Tommaso Bortolotti? Bortolotti nasce il 9 novembre 1796, a Lavis, durante la ritirata delle truppe napoleoniche, da Andrea Bortolotti e Caterina Brugnara. Trascorse tutta la sua infanzia e la prima giovinezza durante l’età napoleonica: un periodo storico violento e allo stesso tempo stimolante. Dal 1830 al 1832 fu sindaco di Lavis e nel 1825 si distinse per altruismo durante un tremendo incendio. Il padre, Andrea Bortolotti, partecipò, inoltre, in modo attivo a una rivolta nel 1792, ispirata, in un certo senso, alla Rivoluzione francese. Per il suo coinvolgimento dovette scontare 8 giorni di carcere per aver chiamato “magnoni” i rappresentanti comunali e per aver compilato una lista da inviare al vescovo di Trento; lista che accompagnava una lettera di protesta. Altri elementi che ci aiutano a comprendere il profilo politico di questo personaggio ancora poco noto, sono i documenti legati al periodo
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dei moti del 1848-1849. Affascinato dagli ideali risorgimentali di metà Ottocento, il Bortolotti, il 19 maggio 1848, a Calliano firmò il documento di protesta attraverso il quale i deputati trentini si rifiutarono di partecipare alla Dieta di Innsbruck per la troppa disparità numerica tra tedeschi e italiani: 52 contro 20. L’11 ottobre dello stesso anno fu eletto a Lavis un comitato per l’autonomia del Trentino, fra questi troviamo proprio Tommaso Bortolotti. Ritiratosi a vita privata, a partire dal 1855 iniziò la costruzione della sua opera, che oggi porta il nome di Giardino dei Ciucioi (o Bortolotti). Prosciugò l’intero patrimonio di famiglia per vedere realizzata la sua grande opera, al tempo ricca di piante esotiche e agrumi. Morì 150 anni fa, nel 1872. Il dott. Luigi Sette, in uno scritto del 1927, pubblicato sulla rivista di Studi Trentini di Scienze Storiche, ci parla proprio del giardino e del suo costruttore. «A chi viaggiando sulla ferrovia elettrica Trento Malè o sulla stra-
da erariale per il Brennero imbocca il ponte di Lavis si presenta una fantastica scena di mura merlate, di balconi pensili, di serre, di terrazze che ad onta delle ingiurie del tempo decoravano l’ultima falda meridionale del colle detto il Paion, con una varietà appariscente, anche se non bella, di linee e di colori. […] Egli ebbe – scrive sempre il Sette riferendosi al Bortolotti – la ispirazione dal contesto che il romanticismo aveva diffuso sul paesaggio e che vi vedeva l’attrattiva in elementi fantastici un po’ accozzati che avevano rotto le vecchie tradizioni del bel giardino italiano architettonico, che è stato la gloria dell’Italia dal Quattrocento a tutto il Settecento. […]. Vecchio – scrive sempre il Sette –, stanco sempre vestito accuratamente di nero, egli persisteva tenace a rendere più perfetta l’opera sua che doveva essergli fatale». Nel giardino si trovavano «magnifiche piante rare ed esotiche in due vaste serre: palme, magnolie, aranci, limoni, nespoli, del Giappone ed erbe aromatiche, che forestieri d’alto rango, e principi stessi di case regnanti, che allora transitavano con i cavalli per Lavis, ammirarono sinceramente». Durante «una giornata tempestosa il giardiniere dimenticò aperti i vetri delle serre. Il vecchio Tommaso prese una scala a piuoli, per chiudere i vetri, ma avendola collocata male, il vento la rovesciò e lo fece precipitare e urtare col capo una pietra. Poco dopo si spegneva a Lavis il 9 aprile 1872 senza discendenti».
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Pagina sull’arte contemporanea di Waimer Perinelli
SILVIO CATTANI “Un astratto con qualche ricordo”
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ncontrare Silvio Cattani non è facile, eppure lo puoi trovare in cento posti, ma non è mai fermo. Settantacinque anni, è nato a Rovereto nel 1947, è artista, manager e amministratore. Come artista si è diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha svolto intensa attività con mostre personali in Italia, a Venezia, Faenza con la ceramica, e all’estero, Amsterdam, San Francisco, Atene, Berlino....recentemente anche in Cina. Nell’ambito del Festival
Internazionale Oriente Occidente ha realizzato, presso il Mart, l’impianto scenico-pittorico della performance Sign art our con la Australiana Contemporary Dance Project. E’ stato docente di discipline pittoriche e poi dirigente dal 1984 al 2012 dell’Istituto delle Arti di Trento e Rovereto. E’ attualmente vicepresidente del Mart, il Museo di Arte Moderna e Contemporanea, alla cui presidenza siede Vittorio Sgarbi. Dicevo più che incontrarlo bisogna
fermarlo. Mezz’ora a Trento mentre transita diretto a Rovereto. Un caffè e parliamo di Fortunato Depero, grande interprete del movimento Futurista, ricordato con la Casa D’arte realizzata con le opere donate dall’artista alla sua città. Silvio Cattani è stato tra i promotori della mostra Depero a Rovereto. “ E’ vero, quest’artista, che ha segnato il 900 non solo italiano, rappresenta più di qualsiasi altro l’immagine attuale dell’arte multimediale. I suoi Balli plastici, i filmati, le sculture lignee, le tarsie in panno, la produzione pubblicitaria ed editoriale”. Attuale e attrattivo “Si in particolare per i giovani, non solo quelli che frequentato l’Istituto d’Arte a lui intitolato, ma molti altri attirati dal linguaggio moderno, dalla fantasia e creatività. Giovani in aumento anche fra i visitatori del Mart” del quale La Casa D’arte DePero è componente, ed effettivamente malgrado la pandemia il Museo ha avuto lo scorso anno centomila visitatori e fra questi moltissimi giovani. Senza le restrizioni dovute al Covid probabilmente avremmo avuto almeno 30 mila visitatori in più. Ne sono molto contento perché un Museo non può essere una sala espositiva bensì deve essere il luogo dove ci si innamora dell’arte, dove scatta la scintilla di questo innamoramento destinato a durare tutta la vita”.
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Avere come presidente Vittorio Sgarbi è un vantaggio? “Sgarbi è un fulmine si muove rapidamente pensa ed agisce con la massima correttezza, sia nei miei
Pagina sull’arte contemporanea
Silvio Cattani - Totem 1 novembre 2021 tecnica mista su carta a mano cm 54x73
riguardi sia con tutto il Consiglio di Amministrazione. Sgarbi non è solo un critico d’arte, collezionista di grande esperienza, è un manager che ha saputo creare all’interno della struttura il giusto spirito collaborativo. Ha rilanciato il Mart a livello internazionale e a ciascuno dei collaboratori ha assegnato compiti precisi rivalutando le diverse professionalità.” Silvio Cattani dirigente della scuola d’Arte: che cosa spinge i giovani a frequentare questo indirizzo scolastico. “Sicuramente l’aspirazione artistica legata ad una maggiore conoscenza di se stessi. Ci sono però molti equivoci da sfatare. Alcuni credono che sia trasgressiva o facile: nulla di più falso. E’ una scuola impegnativa che aiuta a scoprire e rafforzare la propria creatività la cui realizzazione richiede studio, sperimentazione e disciplina”. Quella che ogni artista deve avere. “Si, quello dell’artista è un lavoro impegnativo che richiede doti naturali affinate, ripeto dalla costanza e dalla ricerca.”
Silvio Cattani - Totem 2 Novembr 2021 tecnica mista su carta a mano cm 54x37
La ricerca è forse la più impegnativa delle doti di un artista. Silvio Cattani in oltre mezzo secolo di attività ha sperimentato moltissimi materiali e tecniche partecipando a mostre e generi artistici. Di lui scrive Franco Fadda in occasione della mostra Steps to Dream”: “Silvio Cattani libera e produce le pulsioni di un sentiero divenuto processo volontario di attivazione interiore...Estrosamente libero nella tecnica ma fedele all’ispirazione dell’attimo, che
è il suo combustibile,si nutre di linee, corrispondenze e colori delicati”. Recentemente nella mostra intitolata “Nomade Urbano” Cattani ha esposto una serie di opere dal forte impatto visivo e fra queste una serie di dipinti eseguiti con tecnica mista su lastre di metallo e rilievi a motivo geometrico, in cui sono mescolate tracce di antiche scritture e segni del linguaggio contemporaneo. Una specie di Graffiti che ci rimandano alle incisioni rupestri che, racconta Cattani, “mi sono trovato a sperimentare lavorando su piastre ceramiche maiolicate ed anche disegnando su strati di colore stesi su formelle colorate di vetro. Tecniche semplici ma ricche di suggestioni.... vari strati colorati di sabbie colorate sono materia vivente, pulsano e invitano ad un rapporto quasi fisico,diretto,fortemente espressivo. Io controllo la punta che elabora segni ,che scava dolcemente o duramente e rimette in luce,come in un gioco infantile alla scoperta di un tesoro, superfici nascente, forme che accadono, materie che si illuminano.” Presente e passato s’incontrano e si descrivono nell’arte di cui l’artista è interprete e realizzatore. “Io, dice Cattani, sono un astratto con qualche ricordo”
POESIA E PITTURA Spesso le muse delle Arti collaborano e così è stato per la pittura di Silvio Cattani e la poesia di Renzo Francescotti unite con la pubblicazione di: Omaggio a Po Chu-I. Questo signore è un cinese, nato nello Shan-si nel 772 dopo Cristo, ed è considerato uno dei più grandi poeti della sua terra. Francescotti lo ricorda per il coraggio e l’intelligenza e cita in particolare una poesia : I fiori rossi pendono come una fitta nube/ i bianchi scintillano come nevicata/ le api non riescono a staccarsene/ teneri volatili vi si posano/perenne davanti scorre un ruscello. Il nostro poeta contemporaneo chiosa con la frase: A chi violenta la natura sia trapiantato il cervello. Silvio Cattani aggiunge ai versi un’opera grafica multicolore dove viene descritta la natura in vari modi. L’opera da collezione, è stata stampata in soli 36 numeri.
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Attualità di Nicola Maschio
Un documentario sulla storia dell’AUTONOMIA REGIONALE
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n documentario per raccontare la storia dell’autonomia trentina. Il progetto ha preso forma in pieno lockdown da Covid-19, per arrivare oggi a essere un prodotto finito, completo, con una valenza decisiva per riscoprire le radici e le origini di una forma di governo che ancora, evidentemente, si conosce poco. «Per questo, e per festeggiare i cinquant’anni dal secondo Statuto, ci siamo impegnati nella realizzazione di questo video – ha commentato Roberto Paccher, presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol. – Si tratta di un racconto che riguarda tutta la nostra regione, in ogni sua sfumatura. Dalle zone dell’Alto Adige a quelle del Trentino, senza dimenticare le minoranze linguistiche ladine, cimbre e mochene. Passando molto tempo insieme ai ragazzi delle scuole superiori o confrontandomi con gli studenti delle università, mi sono accorto che la storia del nostro territorio è spesso sconosciuta. Abbiamo quindi pensato a uno strumento veloce, dinamico, per certi aspetti innovativo come un video, che verrà trasmesso prossimamente in diretta televisiva su tutte le emittenti regionali, sperando poi possa trovare risonanza nazionale. Essendo un file trasmissibile con chiavette usb, lo daremo alle scuole, alle biblioteche, insomma a tutti coloro che vorranno approfondire la nostra autonomia». Grazie al racconto della giornalista Patrizia Orsingher e alle straordinarie immagini realizzate dal videoperatore Claudio Nicolodi, il Trentino-Alto Adige è stato raccontato da tutta un’altra prospettiva.
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Palazzo della Regione (Trento)
«Alcune riprese si sono svolte in piena pandemia, non è stato facile perché abbiamo dovuto ottenere permessi speciali ma, alla fine, il risultato è stato eccellente – ha spiegato Orsingher. – Ci sono anche stati momenti difficili: ad esempio, nelle prime immagini siamo sul Passo Pordoi, a -7 gradi. Abbiamo percorso più di 500 chilometri, scoprendo persone e amministrazioni pubbliche felicissime di poter contribuire. È stato un bellissimo lavoro di squadra, bisogna ringraziare tutti coloro che si sono messi a disposizione per questo incredibile progetto». Nel video, anche quattro testimonial d’eccezione: la campionessa mondiale di biathlon Dorothea Wierer e lo storico gruppo Kastelruther Spatzen per l’Alto Adige, mentre per il Tren-
tino il simbolo del ciclismo italiano Francesco Moser (che per l’occasione ha percorso anche la salita della propria tenuta in sella alla sua fedelissima bicicletta) e la presidente di SAT Anna Facchini, che ha aperto le porte della sede storica in centro storico a Trento. Il documentario ha già riscosso un ottimo successo, con la sua proiezione in loop per quasi 9 ore complessive sui canali televisivi regionali, da quelli italiani ai tedeschi, senza dimenticare quelli più di “nicchia” utilizzati dalle minoranze linguistiche. Insomma, uno strumento utile, didattico e dal grande potenziale, che troverà sicuramente la giusta collocazione tra il materiale da utilizzare in diversi contesti, da quello accademico a quello più “pubblicitario”.
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Conosciamo le leggi di Alice Rovati *
Il nuovo Registro delle Opposizioni:
stop al telemarketing anche sui cellulari
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ino a oggi chi era stufo di essere chiamato sul telefono fisso in qualsiasi momento della giornata, per sentirsi proporre offerte commerciali, poteva iscriversi al Registro pubblico delle opposizioni, un sistema istituito nel febbraio del 2011 per impedire alle compagnie di pescare il nostro numero negli elenchi telefonici. Dal sistema però restavano esclusi tutti i numeri non compresi negli elenchi telefonici e soprattutto tutti i numeri di cellulari. Una mancanza che il legislatore ha colmato oggi, dopo ben 10 anni. Il D.P.R. 26/2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 marzo scorso, istituisce infatti il “nuovo” Registro pubblico delle opposizioni, che ha esteso di fatto la possibilità di sottrarsi al telemarketing selvaggio a tutte le numerazioni nazionali fisse e mobili, anche quelle non presenti nei pubblici elenchi, e agli indirizzi postali. Il nuovo servizio, tuttavia, sarà reso disponibile per i cittadini entro e non oltre il 27 luglio 2022 (120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), anche per consentire agli operatori di telemarketing di adeguarsi e al gestore del servizio di implementare la piattaforma tecnica. Con l’iscrizione al Registro ci si potrà opporre al trattamento dei propri dati per l’invio di materiale pubblicitario, la vendita diretta o il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale. Dopo l’iscrizione nessun operatore potrà più contattarci, né per telefono, né per posta e nemmeno tramite sistemi automatizzati di chiamata. A meno che l’iscritto non revochi l’opposizione nei riguardi di uno o più operatori. L’opposizio-
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ne non vale nei confronti degli enti e degli uffici di statistica del Sistema statistico nazionale (ad esempio l’Istat). L’iscrizione al Registro è gratuita a tempo indeterminato fino a revoca dell’opposizione. Può essere chiesta da tutti i cittadini, presenti o meno negli elenchi pubblici. Per iscriversi sono disponibili diversi canali sul sito del Registro: https://www.registrodelleopposizioni.it/. Ecco le diverse opzioni per registrarsi: – via web. Compilando il modulo elettronico con i dati personali, il numero di telefono e/o l’indirizzo postale che si vuole iscrivere; – via telefono. Chiamando il numero verde 800.265.265 dal numero di telefono che si vuole iscrivere nel Registro. Il sistema funziona mediante risponditore automatico, ma in caso di difficoltà o problemi è possibile parlare con un operatore; – via email. Inviando il modulo (scaricabile dal sito) completo di dati personali, recapito e del numero di telefono e/o dell’indirizzo che si vuole iscrivere. L’intestatario di più numerazioni può richiedere la contemporanea iscrizione nel registro ma solo attraverso il web o la mail. Gli iscritti possono revocare in qua-
lunque momento la propria opposizione nei confronti di uno o più operatori. Se poi si cambia nuovamente idea, l’iscrizione si può rinnovare in qualunque momento così revocando i consensi nel frattempo prestati. Gli operatori di telemarketing, al momento della chiamata oppure all’interno del materiale pubblicitario, devono indicare all’interlocutore con precisione che i suoi dati personali sono stati estratti legittimamente dagli elenchi ovvero da altre fonti, fornendo le indicazioni utili per l’eventuale iscrizione nel Registro delle opposizioni. Per poter effettuare una controverifica, l’iscritto potrà monitorare lo stato della propria opposizione all’interno del Registro. In caso di violazione da parte degli operatori si può presentare reclamo al Garante della privacy e eventualmente utilizzare i rimedi giurisdizionali previsti dal Regolamento generale sulla protezione dei dati.
*Dott.ssa Alice Rovati, giurista esperta in materia consumeristica, rappresentante provinciale di Altroconsumo
Conosciamo le leggi
Rinnovo e conseguimento patenti:
Si paga solo con PagoPA Dallo scorso mese di aprile stop al pagamento tramite bollettino postale.
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allo scorso mese di aprile, i pagamenti di numerose prestazioni erogate dallo Stato, come ad esempio i bollettini per il rinnovo o il conseguimento di una patente di guida, le prestazioni mediche e molto altro ancora, non possono più essere effettuati tramite i tradizionali bollettini postali o bancari, ma esclusivamente tramite il PagoPa, un nuovo sistema elettro-
nico per eseguire, tramite i cosiddetti Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) aderenti, i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione in una modalità standardizzata. Una nuova piattaforma nazionale che permette di scegliere, secondo le proprie abitudini e preferenze, come pagare tributi,
imposte e tutti i dovuti allo Stato. La cosa ha creato, e sta creando non pochi problemi e disagi ai cittadini che non sono in possesso di uno Spid e che quindi si devono recare presso gli operatori abilitati ad operare con questo nuovo sistema di pagamento. Le agenzie di pratiche automobilistiche rientrano tra i soggetti abilitati ad operare su questo nuovo sistema PagoPa, e presso di loro è possibile eseguire tutti i pagamenti e le operazioni richieste. Chi invece vuole eseguire i pagamenti in proprio dovrà necessariamente compiere alcune operazioni che a volte possono risultare di non facile attuazione.
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Personaggi di ieri di Massimo Dalledonne
ANGELO PERUZZO
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a quel 23 maggio sono trascorsi 78 anni. Quel giorno, era il 1944, con una retata a Borgo Valsugana i tedeschi catturano Angelo Peruzzo. Come scrive Giuseppe Sittoni nel suo libro “Uomini e fatti del Gherlenda”. Peruzzo era originario di Enego, nato nel 1894 e, dopo aver partecipato alla Grande Guerra nell’esercito italiano, nel 1924 si era trasferito a Borgo aprendo una officina con garage in via 11 Febbraio. Aveva sposato Livia Moratelli e abitava in via Bagni. “Angelo Peruzzo – come ricorda Sittoni – era socialista matteottiano, altruista, pieno di entusiasmo e di iniziative. Di Giacomo Matteotti portava sempre il suo profilo sul risvolto della giacca. Era stato tra i promotori della prima formazione armata anti-fascista della Val di Fiemme e amico dell’ex onorevole Romani”. Erano le cinque del mattino quando diversi tedeschi ed elementi della ter-
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za compagnia del CST circondarono la casa di Angelo Peruzzo. Nella sua abitazione trovarono anche il partigiano Manlio Silvestri “Monteforte”, arrivato a Borgo la sera precedente. “Tutta la famiglia venne allineata nell’orto: Angelo, Livia incinta del quinto figlio, i figlioli Dolores di 16 anni, Mario di 13, Elsa di 8 e Gemma di 1 anno e il padre Antonio”. La perquisizione non portò a nessun risultato con Peruzzo e Silvestri rinchiusi nella caserma dei carabinieri di Borgo. “Monteforte” cercò di scappare ma venne subito ripreso e, come scrive nel suo libro Sittoni “solo grazie ad una soffiata di una guardia municipale i tedeschi riuscirono a trovare le armi che precedentemente Angelo Peruzzo aveva nascosto nel giardino di casa”. In quei giorni a Borgo furono arrestati, perché visti frequentare l’officina di Peruzzo, anche Guido Bertagnolli, Pietro Romani, Felice Simeoni e Guido Morizzo. Peruzzo, la figlia Dolores e Silvestri nelle settimane successive furono trasferiti al carcere di Trento. Qui rimasero per circa un mese, trascorso tra un interrogatorio e l’altro. Poi Angelo Peruzzo e Manlio Silvestri vennero trasferiti al carcere di via Dante a Bolzano ed il 25 luglio vennero condannati a morte dal Tribunale Speciale germanico. Sia la moglie del Peruzzo che il vescovo ausiliare di Trento monsignor Oreste Rauzi cercarono di ottenere la grazia. Ma ogni tentativo risultò vano. Come scrive ancora Sittoni “Peruzzo, Silvestri e Armando Bortolotti furono trasportati a Sappada, nel bellunese, dove la resistenza aveva catturato tra ufficiali tedeschi per accordarsi su uno scambio con i tre partigiani condannati a morte. Ma i tre ufficiali
Angelo Peruzzo con divisa dell'esercito italiano indossata durante la prima guerra mondiale
nazisti, dopo un tentativo di fuga, vennero uccisi. Così Angelo Peruzzo, con i due compagni di resistenza, venne impiccato il 29 luglio sulla pubblica piazza quale ammonimento per tutta la popolazione. A Borgo i tedeschi distrussero l’officina e la famiglia Peruzzo passò tempi terribili. Rimasta anche senza appartamento venne ospitata in casa della nonna paterna”. I funerali di Angelo Peruzzo e di Francesco Bordignon, massacrato il 7 novembre del 1944 dai tedeschi a Pradellano, si svolsero a Borgo Valsugana a distanza di un anno. Era il 9 ottobre del 1945 quando tutta la popolazione rese loro omaggio. La salma di Angelo Peruzzo, dopo essere stata ospitata nella camera ardente allestita nella sede municipale, venne tumulata nel cimitero di Borgo dove ancora oggi riposa “da martire della Causa della Libertà”.
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Tra Storia, Poesia e Letteratura di Silvana Poli
GIOVANNI BOCCACCIO “maraviglioso novelliere”
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iovanni Boccaccio è il più famoso e importante novelliere della tradizione letteraria italiana. Nasce a Firenze, o a Certaldo, nell’estate del 1313, figlio illegittimo di Boccaccino di Chellino, un mercante certaldese che viveva a Firenze. Non abbiamo dati certi sulla madre di Giovanni, ma lui, nei suoi scritti, parla di una mamma molto tenera e presente. Si lamenta invece della durezza paterna e del fatto che il mercante non è ben disposto nei confronti delle sue inclinazioni letterarie. Quando Giovanni compie 14 anni, deve seguire il padre a Napoli. Boccaccino lavora presso una delle più importanti istituzioni finanziarie del Trecento, il banco dei Bardi, che lo invia nella città partenopea. Napoli è una città vivace dal punto di vista culturale e mercantile e il suo sovrano è Roberto d’Angiò, uomo saggio e giusto, molto attento al mondo culturale: appassionato di filosofia e di arti divinatorie, ospita alla sua corte i più importanti esponenti del mondo artistico e culturale. Boccaccino vuole avviare il figlio agli affari commerciali e allo studio del diritto canonico e così Giovanni conosce il sistema finanziario e mercantile. Ma, nel tempo che gli resta libero, può frequentare la vivace corte di Roberto d’Angiò. Qui incontra artisti, letterati e maestri, ha libero accesso alla biblioteca reale, frequenta le lezioni all’università e si rende conto che la sua vera vocazione è nel mondo delle lettere. Gli interessi di Boccaccio non si limitano solo ai libri: infatti mentre stringe amicizia con personalità im-
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Giovanni Boccaccio (by Morghen)
portanti, condivide anche la spensieratezza dei giovani aristocratici che, senza badare alle differenze sociali, lo accolgono come uno di loro.
E, alla corte angioina, Giovanni incontra anche l’amore: si innamora di Fiammetta, biondissima fanciulla che troviamo al centro di molte delle sue
Tra Storia, Poesia e Letteratura
Il Decamerone di Giovanni Boccaccio
opere giovanili. Sotto questo nome si cela probabilmente l’identità di Maria, figlia illegittima del re Roberto, donna dotata di “mirabile bellezza” e di vivace intelligenza. La personalità di Fiammetta spicca nell’ambiente di corte, Boccaccio le dedica dei versi d’amore e, inizialmente, sembra che lei sia ben disposta verso il poeta. Ma dopo un po’ di tempo Fiammetta si stufa e rivolge ad un altro il suo sguardo amorevole. Il povero Boccaccio soffre le inevitabili pene d’amore, ma continua a scrivere i suoi versi d’amore, confidando che la sua amata torni da lui. E mentre lui coltiva questa inutile speranza, accadono degli eventi che cambiano per sempre la sua vita. Nel corso del Trecento, infatti, una crisi globale travolge il sistema economico e finanziario. All’inizio del secolo si manifesta una crisi in ambito agricolo e edilizio; nel 1337 inizia la sanguinosa Guerra dei cent’anni, destinata ad insanguinare l’Europa per più di un secolo; nel 1340 la compagnia dei Bardi, presso cui lavora il padre di Boccaccio, fa bancarotta. E così Boccaccio e suo padre sono costretti a rientrare in Toscana. A Firenze la situazione è difficile: la
fiorente città che avevano lasciato è ora dilaniata da tensioni e conflitti di tipo politico, economico e sociale. Le attività commerciali sono in stallo e Giovanni si trova quindi ad avere molto tempo per dedicarsi con costanza alla sua passione, la scrittura. Il 1348 è un anno drammatico: dal Mar Nero arriva una terribile epidemia di peste che in pochi mesi travolge l’Europa. La popolazione europea in due anni passa da 70 a 50 milioni di abitanti. La pestilenza non colpisce ovunque allo stesso modo, ma la città di Firenze è travolta dal morbo e la città perde più di un terzo dei suoi cittadini. Giovanni Boccaccio vede morire il padre, molti famigliari e molti amici. In questa drammatica situazione però la sua creatività si accende: gli viene un’idea che lo renderà famoso. Boccaccio immagina che, durante l’epidemia, dieci giovani decidano di scappare da Firenze, per evitare il contagio, e si rifugino in una villa sulle colline circostanti. Devono però trovare il modo di riempire le giornate e, tra gli altri passatempi, ogni giorno ognuno di loro racconta una storia. Per rendere il tutto più interessante, le novelle hanno un tema diverso per ogni giornata, tema che sarà deciso a turno da ognuno di loro. E così Giovanni Boccaccio scrive cento novelle nel suo Decameron, il cui nome significa, in greco, dieci giornate. In quest’opera ci sono novelle per tutti i gusti, divertenti e tragiche, moraleggianti e dissacratorie, che parlano di amicizia e di amore, con lieto fine e anche con finali drammatici. Si parla di ingegno umano e di fortuna, di denaro e di commerci. Molte novelle sono famosissime come quella di Chichibio cuoco che riesce ad aver salva la vita grazie a una battuta di spirito o quella di Federigo degli Alberighi che perde tutto per amore di una fanciulla ma che poi, dopo molte disavventure, riuscirà a coronare il suo sogno d’amore.
Questa straordinaria opera accresce la fama di cui Boccaccio godeva già tra i suoi concittadini e così gli vengono affidati incarichi prestigiosi, come ambasciatore, in Italia e in Europa. Nel 1350 ha l’occasione di conoscere un’altro dei più grandi poeti del Trecento: Francesco Petrarca, considerato il padre della poesia amorosa. Tra i due si instaura un preziosa amicizia destinata a durare: Boccaccio lo ammira con riverenza e Petrarca apprezza il talento del giovane. L’amicizia è tanto preziosa per noi perché, quando Boccaccio viene travolto da una terribile depressione e decide di dare alle fiamme il suo Decameron, Petrarca riesce a fargli cambiare idea e a far arrivare fino a noi questa straordinaria opera. Negli ultimi anni della sua vita si trasferisce Certaldo, dove si dedica alle amate lettere e alla meditazione. Grazie alla sua fama gli viene chiesto di leggere in pubblico la Divina Commedia di Dante, opera che già nel Trecento gode di uno straordinario successo; è quindi il primo commentatore dell’opera dantesca. Riesce ad adempiere a questo incarico solo in parte perché nel 1375 muore dopo aver letto il XVII canto dell’Inferno. Giovanni Boccaccio - La statua a Firenze
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Il Circolo Fotografico Luigi Cerbaro in collaborazione con Valsugana News in occasione del 55esimo anniversario del Circolo
ORGANIZZA
il CONCORSO FOTOGRAFICO LE QUATTRO STAGIONI IN VALSUGANA Il concorso inizia il 3 novembre 2021 e terminerà il 21 settembre 2022. Il concorso, che è aperto a tutti, è suddiviso in 4 categorie:
Autunno, Inverno, Primavera, Estate. E ognuna terminerà con lo scadere delle varie stagioni. Le classifiche - per stagione e quella finale - saranno stabilite in base ai like ricevuti su Facebook. Al termine di ogni stagione sarà stilata la classifica temporale e quindi annunciati i vincitori. Regolamento su Facebook gruppo e pagina Circolo Fotografico Cerbaro - Borgo Valsugana. Per ulteriori informazioni: circolofotograficocerbaro@gmail.com In caso di utilizzo improprio e illegale o per appropriazione indebita delle foto pubblicate su Facebook del Circolo fotografico Luigi Cerbaro, quest’ultimo declina qualsiasi responsabilità civile, penale ed economica. Per la pubblicazione delle foto aventi come soggetto dei minori è obbligatoria la liberatoria sottoscritta da entrambi i genitori.
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Attualità di Nicola Maschio
Progetto #SicurezzaVera:
gli esercizi commerciali al fianco delle donne
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pubblici esercizi come presìdi di legalità contro la violenza di genere. Il progetto è ambizioso, ma pronto ad entrare nel vivo già in questo mese di maggio. La campagna ha preso il nome di #SicurezzaVera ed è terminato pochi giorni fa il tour in tutta Italia per spiegare le ragioni che hanno condotto alla sua nascita. Quella di metà aprile a Trento è stata la diciottesima tappa (su 20 totali), in cui il protocollo d’intesa siglato ormai il 28 aprile 2021 scorso tra la direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, la Federazione italiana Pubblici esercizi (Fipe-Confcommercio) ed il Gruppo Donne Imprenditrici proprio della Federazione prima citata è stato presentato alle autorità e alla cittadinanza. A Palazzo Geremia non erano infatti presenti solo gli assessori provinciali Roberto Failoni e Stefania Segnana, ma anche il presidente del consiglio della Provincia, Walter Kaswalder, l’onorevole Martina Loss ed il questore di Trento, Alberto Francini. Insieme a loro, ovviamente, anche le rappresentanze delle categorie, degli esercenti e delle attività del nostro territorio, senza dimenticare il comparto scolastico, con le studentesse della classe 4UC (Scienze Umane) del liceo “Antonio Rosmini”, che hanno contribuito all’appuntamento soffermandosi su letture di casi inerenti la violenza di genere. Confcommercio Trentino e Fipe Trentino hanno dunque aderito all’iniziativa, che si presenta come una campagna di prevenzione e di sensibilizzazione, permettendo a bar, discoteche, ristoranti e pubblici esercizi di diventare vere e proprie “sentinelle” del territorio, grazie a momenti formativi e informativi che, in futuro, coinvolgeran-
no i titolari ed anche il personale delle attività. Sul tavolo, temi come legalità, disuguaglianza, correttezza, rispetto dei rapporti interpersonali e discriminazioni di genere. «I nostri sono luoghi in cui si vivono socialità ed emozioni – ha spiegato Fabia Roman, presidente dei pubblici esercizi trentini. – Abbiamo avuto conferma di questo durante il lockdown. Noi stessi non siamo impermeabili alla violenza di genere». «Le nostre attività devono dimostrare impegno anche nel creare valore sociale e cultura – ha aggiunto Marco Fontanari, rappresentante dei ristoratori. – Presidieremo il centro storico e tutta la città». È poi intervenuto anche il presidente di Confcommercio, Giovanni Bort: «L’iniziativa è importante, ma aiuterà a prevenire altri piccoli disagi che si verificano in città. Il sostegno poi non sarà solo pratico, ma anche morale». Per capire la portata che queste attività hanno rispetto alla loro presenza nazionale, basti pensare che mediamente ogni 250 abitanti esiste un pubblico esercizio, con quelli
affiliati a Fipe che, per un totale di 112 mila in Italia, sono gestiti da donne (300 mila in tutto il Paese, oltre il 30%). «Un progetto che nasce dalle esigenze e dagli stimoli delle donne che fanno impresa - ha aggiunto Valentina Picca Bianchi, presidente nazionale della sezione Donne Imprenditrici della Fipe. – Pensiamo alle cameriere, categoria più rappresentata, che spesso vengono palpeggiate durante il loro lavoro. Abbiamo fatto tantissimo: un’idea per una società più civile e attenta alle esigenze delle persone, con l’aiuto di attività che rappresentano un presidio fondamentale sul territorio». Infine, le parole della politica. L’assessore Roberto Failoni ha ricordato come “il lavoro dei pubblici esercizi sarà importante per testimoniare anche all’esterno come il Trentino sia luogo sicuro e attento al tema della sicurezza femminile”, mentre Segnana ha aggiunto che “anche nella nostra realtà si verificano casi importanti, che ogni volta ci costringono a riprendere in mano questa tematica”.
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Fra storia e religione di Waimer Perinelli
MADONNA di CARAVAGGIO Un santuario tre province
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rento, Belluno e Bergamo unite nella fede, leggenda e storia. Iniziamo dalla Fede nella Madonna. Sono diverse migliaia le chiese dedicate in tutto il mondo a Maria, madre di Cristo e molte di queste sono santuari ovvero luoghi consacrati dove accadono eventi miracolosi. La nascita di un santuario mariano è legata spesso al ritrovamento di immagini o statue della Madonna, oppure ad una Sua apparizione ovvero manifestazione di espressa volontà. A quest’evento non infrequente e comunque misterioso, sono legati i maggiori e più famosi santuari. Da Lourdes, in Francia, a Fatima in Portogallo, a Medjugorje in Bosnia-Erzegovina sorti in tempi relativamente recenti; il primo nel 1858 quando Maria apparve a alla giovane Bernadette, il secondo nel 1917 quando apparve ai tre pastorelli portoghesi e all’inizio degli anni 80 del Novecento quando a vederla ed
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Madonna di Caravaggio (da La Luce di Maria)
ascoltarla furono sei giovani nella vicina ex Jugoslavia. Storie recenti a cui si collega un’antica tradizione nella quale scopriamo con simpatia, stupore e curiosità un filo diretto che unisce le tre province di Bergamo, Trento e Belluno. Un filo che ci conduce nella leggenda e storia. E’ il 26 maggio del 1432 quando nella località lombarda di Caravaggio, Maria apparve alla giovane Giannetta de’ Vacchi, sposata Varoli, annunciandole che avrebbe intercesso presso Dio per la salvezza dei cristiani che, come da tradizione millenaria ancora praticata, si stavano scannando fra di loro per la presa del potere, Venezia, la Francia, Lombardia. Nella località dell’apparizione, a circa due chilometri da Bergamo, c’era una fonte divenuta miracolosa da cui prende il nome il santuario di Maria del Fonte o di Caravaggio, paese noto in tutto il mondo, non solo dell’arte, per la nascita di Michelangelo Merisi, grande pittore del XVII secolo. E’ il 1729 quando, sempre nel mese di maggio, ad una pastorella secondo
la tradizione, in realtà all’anagrafe una donna di trent’anni, appare la Madonna in località Montagnaga sull’altipiano di Pinè, comune della Valsugana. Ad apparire a Domenica Targa è , secondo il suo racconto , la stessa persona divina apparsa tre secoli prima a Giannetta nella zona di Caravaggio. Narra la leggenda e conferma la storia, che Domenica avesse in calendario un pellegrinaggio proprio nella località bergamasca, ma che non vi si potesse recare per motivi familiari. Maria avrebbe perciò avuto pietà della sua fede e fu Lei, il 14 maggio, a visitare la giovane nel luogo, detto della Comparsa. A Pinè già esisteva la chiesetta dedicata a San’Anna nella quale il custode Giacomo Moser aveva appeso un quadro votivo, raffigurante l’apparizione a Giannetta, fatto dipingere a ignoto pittore trentino dopo un pellegrinaggio a Caravaggio. L’apparizione non convinse del tutto le autorità della Chiesa che nel 1911 sentenziarono non potersi accogliere completamente la versione di Dome-
Fra storia e religione nica Targa, ma il dubbio non ha mai fermato i fedeli che a migliaia hanno visitato e visitano il santuario dove, come testimoniamo centinaia di ex voto, i miracoli avvengono veramente o almeno tali sono considerati eventi straordinari altrimenti non spiegabili dalla ragione. Il santuario della Valsugana divenne subito famoso anche in Veneto e quel quadro, che tanto era piaciuto alla giovane trentina, colpì la fantasia e la fede di Teresa Tison, abitante a Visome la frazione di Belluno, attraversata dal torrente Turriga, affluente del Piave, ai piedi dell’altipiano Castionese, sulla via che conduce a Feltre. Recatasi in pellegrinaggio nel 1832 a Montagnaga, la bellunese Tison portò al proprio paese un’immagine della Madonna di Pinè che ottenne
di appendere nell’esistente chiesa dedicata a sant’Andrea. Così, com’era già accaduto per i fedeli trentini più propensi e venerare e impetrare miracoli al vicino santuario piuttosto che affrontare il lungo viaggio verso Caravaggio, anche i fedeli bellunesi trovarono meno impegnativo recarsi a Visome piuttosto che andare in Trentino e fu così che la Madonna di Caravaggio, già di Pinè, crebbe nella fede locale. Nel 1852, singolarmente a sei anni dalla comparsa di Lourdes, il quadretto di Teresa Tison fu smarrito e sul finire del secolo venne sostituito da un gruppo scultoreo dipinto di Angelo Majer. Il cerchio, santo o magico che dir si voglia, si chiude unendo con un tratto di santità Bergamo, Trento e Belluno. Accenniamo in conclusione ad alcuni
degli eventi miracolosi più importanti legati alla nascita di santuari mariani dove tuttavia non si è avuta l’apparizione di Maria. Tra i più famosi il santuario di Loreto dove gli angeli avrebbero trasferito in volo la casetta di Nazareth nella quale era vissuto Gesù con la Madre; il santuario della Madonna della Corona in Valle dell’Adige, alle porte di Verona, dove in volo sarebbe giunta nel XV secolo una statua custodita a Rodi o la Madonna di Czestochowa, santuario legato ad un’immagine della Madonna Nera di origine bizantina, in Polonia alla quale era particolarmente legato papa Giovanni Paolo secondo. Tutte le strade portano a Roma che, con oltre 15 milioni di pellegrini l’anno, è la capitale della Fede di cui la Madonna è indiscussa custode.
Santuario di Montagnaga (da www.santuariodipine.it)
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Telve di Sopra in cronaca di Massimo Dalledonne
UN LIBRO
CHE ACCAREZZA L’ANIMA Sulla copertina una frase. In tutto undici parole. La rappresentano appieno. Le ha scelto lei. “Quando la montagna diventa il tuo cuore, quando profumi di libertà”. Quello scritto da Sabrina Borgogno è un libro che, come ci ricorda la giovane autrice. “è stato scritto per tutti coloro che vogliono sognare o tornare alle proprie radici. Provare la sensazione di sentire l’odore dell’erba bagnata. Di un pascolo al mattino. Il suono dei campanelli che cullano l’anima. L’odore di un gregge che ti avvolge come un abbraccio”. Che dire di più? Tra le mani ci troviamo davvero un libro davvero singolare. Da leggere per sognare. Per assaporare attimi di libertà, pace, tradizioni di una vita vera, quella del pastore.
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n libro sano e genuino. Come è lei, Sabrina Borgogno, una valsuganotta doc, Tutta d’un pezzo, nata e cresciuta a
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Telve di Sopra, piccolo paese di mezza montagna della Bassa Valsugana. I suoi 28 anni li dimostra tutti, due occhioni che parlano da soli, Che sprizzano felicità, tranquillità e tanta, tanta serenità. È trascorso quasi un anno da quando ha finito di scrivere e pubblicato “Parte di lei”, un libro interamente ambientato sulle cime della catena del Lagorai, sui monti vicino a casa dove, ieri come oggi, l’anima respira. La sua, come quella delle tante persone che l’hanno ispirata. E delle sue amate, amatissime amiche a quattro zampe. Un libro scritto a pieni polmoni. Un libro ma, soprattutto, come ci suggerisce “un mezzo per raccontare il mondo a cui senti di appartenere”. Appassionata di storia e di scrittura, Sabrina crede nei sogni e nel loro realizzarsi. “Fin da piccola sono sempre vissuta a stretto contatto con la natura, nutrendo fin da subito amore per gli animali e la montagna; passioni che, con il passare degli anni, sono cresciute con me”. E in questo libro, come ricorda nella sua recensione anche Alberto Pattini “puoi sentire il cuore battere forte e reagire al semplice racconto di una vita vera da pastore. Una storia che sembra quasi autobiografica per la quantità di elementi e particolari così realistici come l’autrice ha saputo inserire”. Un vero e proprio diario di montagna. Appunti che Sabrina ha messo nero su bianco mentre girava per le cime con le sue pecore. Sempre con la penna e i fogli di carta a portata di mano. “Questo libro, per me, rappresenta
una finestra che si affaccia verso quello che porto dentro, quello che da sempre, appunto, fa parte di me. Tutto è nato così, per gioco. Sentivo il bisogno di scrivere, non sapevo esattamente dove tutto questo mi portava, poi – ci racconta - ha capito che era un modo per raccontare la passione per il mondo a cui appartengo”. Ossigeno, libertà, tradizione, amore e pura magia per il cuore! Di questo parla il libro. Frasi che accarezzano l’anima, scritti da chi, fin da piccola, sognava di fare la pastorella. “Il libro parla di un sogno realizzato,
Telve di Sopra in cronaca
do, alle mie montagne ed alla mia gente”. Un libro che da “parte di lei”. Scritto con il cuore, dedicato alla sua valle, ai suoi monti che profumano di libertà. Quella libertà di cui si Sabri-
na si abbevera ogni giorno. Come l’amore, la tradizione e la passione per il mondo a cui appartiene. Il suo mondo che ora, con questo libro, è diventato un po’ anche nostro!
Le Pubblicità di una volta
una promessa mantenuta. L’amore per il mondo della pastorizia e per la montagna, raccontato attraverso gli occhi del protagonista che decide di lasciare tutti per fare il pastore sulle cime”. Sabrina Borgogno lavora nel settore socio sanitario. Ma appena può si occupa delle sue pecore. A 28 anni, ieri come oggi, sono la sua grande passione. Fanno parte della sua vita, sono “parte di lei”. Quello che Sabrina racconta è basato su fatti accaduti a lei ed ai suoi familiari. “Ci sono anche quelle storie che fin da quando era piccola mi raccontavano, vicende che ho arricchito con un po’ di fantasia per farle indossare ad un ragazzo, il protagonista del libro. L’ho scritto – conclude Sabrina – anche perché voglio trasmettere a chi lo leggerà la forza di credere sempre nei propri sogni. Un libro dedicato al mio mon-
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Esami microbiologici Test intolleranze alimentari Check-up ematologici Prenotazione obbligatoria
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Medicina & Salute di Erica Zanghellini*
Mamma, papà, c’è la guerra...
HO PAURA B
asta aprire la televisione, o ascoltare la radio o utilizzare la Rete e inevitabilmente ci imbatteremo in qualche notizia di cronaca nera, collegata alla guerra. Russia e Ucraina stanno combattendo già da circa due mesi e si sa, la guerra porta con se sangue, traumi e vittime. I nostri bambini sono molto attenti e anche se si cerca di proteggerli, di cambiare canale quando comincia il telegiornale o non parlare davanti a loro sicuramente ne hanno sentito proferire. E chissà che idea si sono fatti. Qualsiasi cosa sconosciuta, poco prevedibile e che comunque sappiamo essere pericolosa ci fa paura, ci fa rimuginare e ci mette in uno stato di allarme. E allora cosa possiamo fare? Come genitori, anche se può essere difficile dobbiamo accompagnarli a fare chiarezza, dobbiamo parlarne apertamente con loro stando attenti al modo. E’ importante anche perché inevitabilmente anche se noi cerchiamo di tutelarli, con gli altri bambini o giovani ne parleranno. La prima cosa da fare è cercare di capire che cosa sanno, le idee che si sono fatti. Fate domandi semplici e aperte, con un linguaggio adeguato all’età. Cogliete tutto quello che il bambino vi dice e cercate di capire dove hanno raccolto queste informazioni, questo per fornire una risposta più completa possibile. Ricordate che per noi adulti alcune affermazioni possono essere banali, ma dagli occhi di un bambino non è così, per cui attenti a non minimizzare o sminuire le loro preoccupazioni. Meglio fare que-
sta chiacchierata lontano dall’ora della nanna e cercate di rassicurare il bambino, non inventando storie fantastiche ma, cercando di rimandare delle informazioni veritiere e di protezione da parte di noi adulti. Fate attenzione al livello emotivo che il bambino ha, soprattutto all’ansia e nello stesso tempo cercate di controllare anche il vostro. Già di per sé, anche per noi adulti questa situazione può essere destabilizzante, soprattutto per le persone più sensibili può essere una dura prova, per cui mentre parlate con i vostri bambini inevitabilmente il vostro stato emotivo e le vostre di paure si attiveranno. Ricordate che i bambini recepiscono gli stati emotivi, e che quest’ultimi “vincono” sulle parole, per cui anche se a livello verbale i termini possono essere rassicuranti se vengono accompagnate da uno stato emotivo di allerta vincerà l’emozione. Bisogna proprio fare allenamento oppure scegliete chi tra i due genitori riesce a gestire meglio l’emotività. Logicamente state attenti anche al linguaggio del corpo, la mimica del viso può anch’essa far trapelare le emozioni. Un’altra cosa che si può fare è fare emergere l’opportunità di aiutare chi ne ha bisogno. Abbiamo visto che molte associazioni, gruppi, volontari e chi più ne ha più ne metta, si sono attivate per raccogliere beni di prima necessità e/o farmaci, partecipiamo anche noi. Prepariamo assieme lo scatolone di cose che possiamo donare, pensate con i bambini che cosa
potrebbe essere utile alla popolazione, potete anche aggiungere qualche disegno del bambino da dedicare ai bambini Ucraini. Oppure se gli impegni quotidiani, non lo permettono, in molti supermercati all’uscita si trova un carrello dedicato alla raccolta di beni da spedire in Ucraina. Durante la spesa provate a chiedere ai vostri bambini che cosa avrebbero piacere di donare e all’uscita fatelo riporre nel carrello. Sono piccoli gesti che però possono far capire al bambino che ci sono tante persone che stanno accorrendo in aiuto della popolazione che purtroppo si trova a fare i conti con la guerra. Ed infine l’ultimo consiglio che posso dare è quello di non abbassare mai la guardia. Non è detto che perché affrontate questo discorso una volta allora tutto è sistemato. Continuate ad osservare i vostri figli, prestate attenzione ai comportamenti, ai loro stati emotivi ma, anche ai loro silenzi. Qualsiasi cambiamento significativo potrebbe sottendere una difficoltà. * Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675
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Salute & Benessere
A Pergine nasce MusicalMa
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l progetto MusicalMa nasce dal sogno di Mariella Micarelli di contribuire al ben-essere delle persone. L’idea è stata condivisa da un gruppo di professioniste e il sogno è diventato realtà. Dal momento che ogni persona ha un potenziale interiore da sviluppare, Mariella, Silvana, Sandra, Paola e Francesca, attraverso le diverse discipline, operano per aiutare le persone ad approfondire la conoscenza del sé, ad aumentare la propria energia e a sviluppare le proprie potenzialità. MusicalMa si pone come obiettivo quello di far suonare, vibrare, anima e corpo delle persone di ogni età, con particolare attenzione verso i soggetti fragili. Le discipline praticate intervengono a livello emotivo, cognitivo e corporeo attraverso la musicoterapia e la vocologia, il counseling e il coaching, trattamenti di Reiki, il massaggio craniosacrale e l’ipnosi regressiva.
Mariella Micarelli musicoterapeuta Si è innamorata della musica da bambina. Ha iniziato a studiare flauto traverso e ben presto si è resa conto come la musica sia un linguaggio universale che parla le lingue dell’anima. Ha intrapreso la carriera di musicoterapeuta per portare benessere alle persone e per far vibrare la loro anima. Silvana Poli coach e counselor Da tempo ha scoperto il potere benefico della parola. Dopo una laurea in Lettere e una in Didattica della musica, ha approfondito le tecniche del counseling e del coaching. È professionista dell’ascolto e della comunicazione, aiuta le persone a vedere la realtà da nuove prospettive, a rinforzare le proprie motivazioni e a raggiungere i propri obiettivi.
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Sandra Pontillo naturopata Da sempre attratta dal mondo dell’invisibile, delle emozioni e delle sensazioni, ha condiviso i suoi passi con persone affette da demenze, sperimentando comunicazioni sottili. Ha studiato Naturopatia Psicosomatica e pratica il massaggio cranio-sacrale, la regressione alle vite passate e la riflessologia. Paola Casagrande operatrice Reiki Convinta che ogni giorno si possa imparare qualcosa, si definisce un’allieva in apprendimento continuo. Dopo un grave incidente stradale, che l’ha costretta a stare ferma molto tempo, si è avvicinata all’Iridologia e alla visione olistica della persona. Offre trattamenti Reiki per il riequilibrio energetico. Francesca Micarelli vocologa La sua vita è stata scandita dal suono della musica. Ha studiato violino e canto lirico e, dopo essersi esibita per vent’anni come cantante lirica sui palcoscenici di tutto il mondo, ha iniziato anche a dedicarsi alla cura e alla formazione della voce altrui. Aiuta le persone a preparare audizioni ed esami; lavora sia con bambini che con adulti. Assieme, per aiutare ogni persona ad aumentare il suo ben-essere le professioniste di MusicalMa operano in sinergia. Chiama oppure scrivi un messaggio al numero 340 0755482 o a info@musicalma.it e richiedi un appuntamento. La prima seduta è gratuita. MusicalMa è a Pergine Valsugana, in Viale Dante 88.: www.musicalma.it https://www.facebook.com/mariellamicarelli (P.R)
Francesca Micarelli
Mariella Micarelli
Paola Casagrande
Sandra Pontillo
Silvana Poli
Salute & Benessere
di Enrico Coser
Il fabbisogno giornaliero di acqua
L’
acqua, com’è da tutti risaputo, è il principale costituente del nostro corpo umano e rappresenta circa il 60/65% del peso corporeo nei maschi adulti, e circa il 50/ 55% nelle femmine, ciò è dovuto al fatto che le donne hanno una maggiore percentuale di grasso rispetto agli uomini. Nei bambini e neonati l’acqua è presente per circa il 75%. Ed è un elemento indispensabile per il mantenimento della nostra vita e per lo svolgimento di tutti i processi fisiologici e biologici che avvengono nel nostro organismo. La scienza medica suggerisce che per assicurare al nostro corpo e alla nostra mente la giusta e necessaria idratazione, occorre bere almeno 8 bicchieri (un litro e mezzo) di acqua ogni giorno. La presenza dell’acqua nel nostro organismo è indispensabile in quanto, questo prezioso liquido, partecipa a tutte le funzioni vitali, quali la digestione, il trasporto e l’impiego dei nutrienti, l’assorbimento ed
è il mezzo principale attraverso cui vengono eliminate tutte le sostanze di scarto. Da qui la necessità di un indispensabile e giusto bilancio idrico, fondamentale per il mantenimento di un buono e funzionale stato di salute che si concretizza con l’ingerimento giornaliero di acqua. Ingerimento, però, che non deve avvenire quando si ha sete bensì nel corso di tutta la giornata indipendente dallo stimolo che ognuno di noi ha. Secondo le indicazioni degli esperti l’acqua deve essere bevuta a temperatura ambiente, quindi non fredda e consumata non come gli assetati, ma a piccoli sorsi e seconda una tabella indicativa: 1 bicchiere appena svegli, 1 o 2 durante la mattinata, 2 a pranzo, 1 o 2 nel pomeriggio, 2 a cena e possibilmente 1 prima di andare a letto. In definitiva si può documentare che il fabbisogno giornaliero è di circa 1,5/2 litri d’acqua. Ovviamente queste quantità possono
essere aumentate secondo il clima, la pratica di eventuali sport e, non ultimo, dalla propria condizione fisica. Per la cronaca e per una corretta informazione è necessario, però, sfatare alcune “dicerie” sull’acqua. Per esempio non è vero che l’acqua fa ingrassare perché non solo non contiene calorie, ma le possibili variazioni di peso sono solo momentanee. E non è esatto affermare che l’acqua deve essere bevuta lontano dai pasti, ma una giusta quantità (circa 500/600 ml) aiuta i processi digestivi. Al massimo, in caso si dovesse eccedere, si possono ritardare i tempi della digestione perché avviene una certa diluizione dei succhi gastrici. E infine non corrisponde a verità l’affermazione che bevendo molta acqua si provoca una maggiore ritenzione idrica perché, di solito, ciò avviene solo e solamente dalla quantità di sale che ingeriamo e da altre sostanze contenute nei cibi che consumiamo e anche dalla quantità d’acqua che beviamo.
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Il personaggio di Massimo Dalledonne
IL RICORDO DI
RENATO FRONZA R
ONCEGNO – Renato Fronza si è spento nei mesi scorsi. All’età di 69 anni. Dopo una intera vita vissuta fra greggi e animali da stalla. Tra i pascoli e gli alpeggi del Lagorai, in estate, e le pianure del padovano nei mesi invernali. La sua storia è stata raccontata, da Fernanda Beozzo nell’ultimo numero del bollettino comunale di Roncegno Terme. Era nato a Roncegno il 16 giugno del 1952 ed a dodici anni lavorava già in malga. Faceva il pastore al passo Brocon “lassù ai confini del cielo a occuparsi degli animali. Una passione che, giorno dopo giorno, prendeva posto nella sua vita. Condivisa per tutta la vita con Sonia, una ragazza dai capelli biondi incontrata in alpeggio. “Dalla loro unione – scrive Fernanda Beozzo - nacquero tre figli maschi: Claudio, Luca e Andrea”. Per una quindicina di anni si divide tra i monti e la pianura. “La durezza del lavoro non ha mai scoraggiato Renato. Anzi. Più
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ostacoli incontrava, più si impegnava per superarli. Sotto neve o temporali o divieti di passaggio, infortuni degli animali o parti improvvisi, dove la prontezza e l’esperienza era fondamentale per la salvezza del nascituro ma anche per la salvaguardia di ogni singolo animale”. Verso la fine degli anni ’80 la sua vita cambia. Diventa custode e mungitore alla malga Conseria in Val Campelle, nel comune di Scurelle. Con lui, l’amico di sempre; Renato Costa, attuale presidente della Latte Trento. La malga diventerà la sua seconda casa. Vi lavora per circa vent’anni fino a quando viene colpito da una malattia invalidante che lo costringe, con grande sofferenza, a rinunciare al lavoro del pastore. “Un lavoro fatto di transumanze, erti pascoli, notti ventose, accudire e governare bestiame grosso e minuto. I figli subentreranno a questo mansione e passione dando così a papà Renato la sicurezza di una tradizione che continua”. Renato decide di restare in Val Campelle. A vivere ogni anno la malga Conseria inventan-
Renato Fronza
dosi un hobby: ricavare dal legno di betulla piccole stelle alpine. Ancora Fernanda Beozzo. “Al passaggio dei turisti, a loro richiesta, le regalava; fra ringraziamenti e complimenti per la sua creatività. Lo sguardo attento e i sorrisi della nipotina Giada lo conforterà nei suoi giorni più difficili”. Dopo la passione per la pastorizia, quella dell’intaglio del legno. Ancora oggi, presso l’abitazione di famiglia a Roncegno, c’è la sua opera più importante: un capitello ligneo raffigurante S. Antonio abate e i suoi inseparabili animali. Renato Fronza muore nell’estate del 2021. “La stessa malga Conseria, in Val Campelle – ricorda Fernanda Beozzo - lo troverà anche nel suo ultimo respiro. Il luogo da lui tanto amato, nell’ultimo giorno di luglio, come in cuor suo ha sempre desiderato, lo abbraccerà per l’ultima volta consegnandolo alla volontà del Nostro Padre Eterno”.
Il buon mangiare in collaborazione con VINTAGE – Borgo Valsugana
IL PANINO IMBOTTITO,
gusto americano con sapori trentini
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ateci caso, ma a volte non c'è niente di più sfizioso che gustarsi un succulento panino imbottito nelle varie possibilità: con il salame, il prosciutto, la mortadella, con o senza formaggio oppure con particolari salse o altri appetitosi ripieni. Il tutto nella giusta e dovuta quantità e qualità nel rispetto della nostra tradizione italiana. E ognuno di noi ha sempre una particolare predisposizione nella ricerca di quello che è il personale contenuto del “suo” panino perchè tutti noi, e questo è una dato oramai accertato, alla fine mangiamo sempre il nostro panino preferito che non di rado,
secondo gli esperti, rivela anche qualche tratto della nostra personalità. In questi ultimi tempi, specialmente da parte dei nostri giovani, si sta verificando, nella scelta del panino, una particolare abitudine, ovvero la ricerca di quelle specialità mangerecce che, quasi sempre, si rifanno ai famosi gusti americani usando però ,nei vari ripieni, le gustose specialità trentine. Un nuovo e apprezzato modo per esaltare il sapore del panino e qualche volta anche i ricercati tramezzini imbottiti. Ed è indiscutibile che gli esperti del settore sono in grado di offrire una grandissima possibilità di scelta per
soddisfare, con i possibili abbinamenti, tutte le esigenza, anche le più particolari. Sono loro infatti che, grazie alla documentata esperienza e preparazione specifica, saranno in grado di consigliare un panino decisamente particolare che alla fine...”lascerà la bocca buona e il palato soddisfatto”.
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Levico Terme in cronaca di Franco Zadra
Alla Masera una casa delle farfalle Leaf, foglia in inglese, è l’acronimo (Levico, Eco-sostenibilità, Ambiente, Farfalle) del progetto di riqualificazione dell’ex Macera Tabacchi redatto e proposto all’Amministrazione comunale dall’associazione levicense “Levico Creativa” che cerca di mettere in Rete i creativi del territorio, forte di un direttivo di “creativi” di tutto rispetto, quasi tutti già attivi in altre associazioni locali, Luca Tieppo, Massimiliano Osler, Cristina Locatelli, Claudio Valenti, Stefania Riccio, Stefano Borile, e Tamara Tempera. Un progetto che si propone di ricreare alla Masera un “paradiso” (in iranico il termine indica i giardini segreti persiani), unico nel suo genere, una biosfera e casa delle farfalle tra le più grandi d’Europa, con annesso eco-museo, in cui far vivere al visitatore un’esperienza a tutto tondo di una natura meravigliosa “a due passi da casa”, salvaguardare un edificio storico, rigenerare quell’area urbana, e indirizzare l’offerta turistica locale verso un turismo responsabile e sostenibile.
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ono quasi cent’anni che la fabbrica voluta nel 1925 – ma la prima costruzione, il blocco nord, è del 1919 – dalla Lega Contadini come essiccatoio per bozzoli di bachi da seta (che c’entrano già di loro con le farfalle e “La Farfalla” del logo Trentino), luogo di lavorazione delle foglie di tabacco, e magazzino, s’impone al panorama levicense con un suo caratteristico skyline che solo un asettico senso estetico e la smemoratezza della storia e l’evoluzione urbanistica che l’ha creato, ha potuto descrivere come “eco-mostro”. Da quando si parla di abbattere la Masera, si sono invece moltiplicate le iniziative, di gruppi e privati, a ricordarne il valore che ha avuto per decenni per il territorio – memorabile è stato l’ultimo intervento pubblico del compianto maestro Luciano De Carli – ed evidenziare quelle potenzialità che tuttavia mantiene sotto altri profili dall’originale manifatturiero, ma non meno (anzi, di più) capaci di rivelarne l’anima di “bene comune” che ha sempre avuto. Ricordiamo, nel rigoglio di progetti
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Masera
in uno spontaneo concorso di idee mai bandito dalle autorità, la tesi di laurea dell’ing. Federico Dallago, su un progetto assai conveniente dal punto di vista economico, intrapreso prima ancora di sapere delle intenzioni di abbattere l’edificio, che
avrebbe trasformato l’Ex Macera Tabacchi in una favolosa Spa, con tanto di palestra, piscine, sale relax, beauty, fitness, ristorante, e quant’altro possa desiderare un utente di un centro termale come si può trovare in Alto Adige.
Levico Terme in cronaca una superficie complessiva di 7mila metri quadri, adiacente ai 13 ettari del più grande parco storico della Provincia, ancora non si sa di certo. Si vocifera che sarà abbattuta per farne un parcheggio, ma un progetto scritto a proposito non esiste, stando a quanto rispondeva qualche giorno fa il segretario comunale a una nostra richiesta di accesso agli atti, poiché con la Provincia si sono avuti semmai solo «incontri e colloqui»… verba volant! Levico Creativa vorrebbe che il progetto Leaf fosse sentito dalla comunità, e proprio in quest’ottica ha fin dal principio accolto nella sua proposta anche suggerimenti e idee venuti dal territorio e, oltre ad attività per giovani e famiglie, vorrebbe che venissero destinati degli spazi in uso ad associazioni e cittadini, spazi di parola e potere al territorio, per vivere la Masera al di là dell’aspetto esperienziale e museale che si respirerebbe nel resto della struttura, con anche attività commerciali come un gift shop e caffetteria in collegamento “visivo” con la biosfera e la casa delle farfalle. Ma l’Amministrazione, che ringrazia del pensiero, ha altri progetti che farà conoscere a tempo debito. Non tutti i bachi riescono in farfalle.
Barcellona (Spagna) - Rainforests
Poi c’è stata la pubblicazione di un libretto divulgativo dal titolo “Masera: memorie di seta e tabacco”, prodotto con la collaborazione di alcune delle associazioni socio-culturali levicensi, e la scrittrice Tiziana Margoni autrice dei testi che ne narrano la storia. Da più di tre anni è visibile anche un video su YouTube, “La Masera tabacchi, dove ancora volano le rondini”, curato da Orlando Cadoni, e realizzato in collaborazione con le associazioni e il Centro don Ziglio, che ricorda a tutti come la nidificazione di rondini nell’edificio abbandonato ha segnalato a generazioni di levicensi l’arrivo della primavera. Proprio quel video, se, come pare anche tutti gli altri progetti e memorie, non ha commosso l’Amministrazione pubblica, alle prese fin dal 2015, sindaco Michele Sartori, con un patto con la Provincia, poi scaduto in concomitanza con l’elezione dell’attuale amministrazione, che coinvolgeva la Masera, le ex-scuole austroungariche, e l’ex-Cinema Città, quest’ultimo demolito in seguito a una forte nevicata appena dopo Natale del 2020, ha perlomeno mobilitato la Lipu che è riuscita a rinviarne l’annunciato imminente abbattimento sotto minaccia di denuncia penale. Che cosa ne sarà della Masera, del suo volume di 20mila metri cubi su
Urban Jungle Feature
Crystal Forest Office
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Conosciamo le leggi di Erica Vicentini*
LA SUCCESSIONE
e l’accettazione tacita di eredità
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uando purtroppo si rimane coinvolti in una successione, è necessario saper gestire in modo corretto tutti gli adempimenti successivi, obbligatori e non. Pur trattandosi di un momento delicato, infatti, esistono per i chiamati a succedere degli obblighi e dei diritti, che devono essere gestiti in modo corretto soprattutto se vi è rischio di trovarsi a gestire debiti o situazioni pregiudizievoli ereditabili da chi non c’è più. Di certo, è obbligatorio per legge predisporre la dichiarazione di successione per l’Agenzia delle Entrate, entro un anno dall’apertura della successione. Trattandosi di adempimento fiscale, essa prescinde dalla scelta di accettare o rinunciare all’eredità, che dipende solo dalla volontà del singolo chiamato e sostanzia un vero e proprio diritto soggettivo. Il chiamato all’eredità può accettare o rinunciare alla quota devoluta in successione. Se da un lato la rinuncia può essere fatta solo per atto pubblico (o nella forma ormai desueta della dichiarazione davanti al Cancelliere del Tribunale), l’accettazione può essere espressa o tacita. L’art. 476 c.c. stabilisce che l’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. In altri termini, l’accettazione tacita si ha quando il chiamato si comporta come se fosse titolare a tutti gli effetti dei diritti sulla quota ereditaria di spettanza e lo dimostra con comportamenti concreti verso i terzi.
L’attenzione dunque deve essere massima perché, se il chiamato all’eredità risulta nella disponibilità dei beni caduti in successione, oltre ad avere un termine molto breve per esercitare il diritto di accettare l’eredità (tre mesi e non un anno, come è di regola) è facile cadere in comportamenti che possono comportare accettazione tacita: esempio è gestire il portafoglio titoli del decuius o pagare suoi debiti con il Fisco. Un comportamento di questo tipo può pregiudicare la possibilità di rinunciare all’eredità per intervenuta accettazione tacita della stessa. Nel sistema italiano, ad esempio, è considerata espressione di accettazione tacita dell’eredità la c.d. voltura catastale, ovvero il trasferimento della proprietà dei beni immobili in titolarità del decuius verso i suoi eredi, con comunicazione e pubblicazione sui registri immobiliari. In Trentino utile controbilanciamento all’incertezza è dato dal sistema tavolare. Quest’ultimo discende dal sistema di pubblicità immobiliare austriaco del Libro Fondiario, ispirato al principio che nessun diritto riguardante beni immobili può essere acquistato ed avere riconoscimento giuridico nell’ordinamento, se non a seguito dell’avvenuto espletamento della relativa formalità pubblicitaria, nella fattispecie l’iscrizione in partico-
lari libri pubblici denominati appunto “Tavole”-“Tafeln”. Nel sistema tavolare, per ottenere l’intavolazione del diritto di proprietà o altro diritto reale pervenuto a titolo di successione è necessario ottenere un certificato di eredità, ovvero un decreto emesso dal Tribunale secondo le regole dettate in materia di volontaria giurisdizione che certifica quali siano gli eredi o i legatari, e le relative quote di proprietà, e che costituisce unico titolo valido, unitamente al decreto emesso dal Giudice Tavolare, per iscrivere i diritti mortis causa nel libro maestro. Ne deriva che nel sistema tavolare non è possibile l’accettazione tacita di eredità quantomeno relativamente a beni immobili, essendo sempre necessario un provvedimento giudiziale che dichiari la qualità di eredi e permetta la modifica del Libro Fondiario. * Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84)
Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com
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Ieri avvenne di Andrea Casna
La guerra sull’Altopiano La sanguinosa battaglia del Basson
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on la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, il 24 maggio 1915, sull’altopiano cimbro era già presente una linea militare ben costruita e organizzata. Da parte italiana, i forti di Enego, Verena e Campolongo erano già operativi e pronti ad attaccare la linea difensiva austriaca formata dalle seguenti opere corazzate: forti Luserna, Verle e pizzo di Levico, Belvedere, Sonno Alto e Dosso delle Somme. Da parte italiana a dominare la piana di Vezzena era il forte Verena costruito tra il 1910 ed il 1914 a 2.019 metri di altezza. Dalla sua cima si può ancora oggi ammirare un bel paesaggio sul Vezzena, sulla Marzola, Vigolana, Monte Bondone, Stivo e Altissimo. Quello degli Altopiani non fu un fronte facile. In inverno la fame e il freddo erano la quotidianità. I soldati erano costretti a vivere in condizioni spesso estreme. Un caso, fra molti, è quello di Florindo Nervo, nato a Roncegno nel 1882, morto nei pressi di Forte Verle, nel 1915 a causa del freddo: «morto il
03.01.1915 in zona lavarone-verle per esaurimento delle forze a causa del freddo intenso». L’inizio della guerra. Il 24 maggio 1915 da forte Verena fu sparato il primo colpo di cannone che decretò l’entrata in guerra dell’Italia. Nei primi mesi i cannoni italiani da 149 mm inflissero significanti danni ai forti austriaci Verle e Luserna. Dopo pesanti giorni di bombardamenti, infatti, i forti austriaci erano vicini al collasso. Il 28 maggio vi fu un tentativo di resa da parte del
Particolare Monumento Battaglia Col Basson, Vezznea (foto di Daniel Cristofolini)
Forte Verena, Roana (Asiago) Lapide commemorativa
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Busa Verle
forte Luserna, ma gli italiani non riuscirono a sfruttare prontamente a proprio vantaggio la situazione che si venne a creare. Il comando militare austroungarico riuscì quindi a ristabilire l’ordine bloccando il tentativo di attacco italiano nella notte del 30 maggio. La risposta austriaca. Il 12 giugno gli austriaci colpirono il Verena con un proiettile sparato da un mortaio da 305 mm della Skoda posizionato nei pressi di Costalta (Millegrobbe, Luserna) uccidendo il capitano Trucchetti e una quarantina di uomini. La granata perforò la struttura in cemento esplodendo a scoppio ritardato nella polveriera. Oggi, sulla parete esterna del forte, una lapide posata nel 1973, ricorda quei tragici momenti. La battaglia del Basson. E ora arriviamo, dopo questa introduzione, a parlare della Battaglia del Col Basson. Tra il 24 e il 25 agosto 1915, a seguito di un intenso bombardamento durato ben dieci giorni da parte italiana, si scatenò l’offensiva sul Col Basson: una posizione avanzata collocata sul Vezzena, tra forte Verle e forte Luserna e difesa da tre linee di reticolati. L’attacco italiano, condotto dal 115º
Ieri avvenne
Fronte al 1915. Particolare della linea austriaca (line blu), sul Basson
reggimento della brigata Treviso e comandato dal tenente colonnello Luigi Federico Marchetti, fallì completamente a causa della mancanza di mezzi adeguati adatti a superare i reticolati: morirono ben 43 ufficiali e 1048 soldati. Nonostante l’intenso bombardamento le postazioni austriache erano ancora ben difese ed efficienti. Fu per i fanti italiani un vero massacro. Nell’operazione morì anche il colonnello Marchetti. Nonostante le numerose perdite, il 25 agosto gli italiani riuscirono però a penetrare nella parte antistante l’avamposto del Basson. Ma un contrattacco austriaco, guidato dal colonnello Otto Ellison von Nidlef, permise agli austriaci di riprendere le posizioni perdute costringendo le truppe italiane alla resa.
Per il comando italiano fu evidente, a seguito del fallimento, l’impossibilità di sfondare le linee difensive austriache. Oggi un monumento, proprio sul Vezzena, ricorda quei tragici eventi. In quei giorni fallì anche il tentativo, sempre italiano, di aggirare il Pizzo di Levico da Porta Manazzo. La testimonianza. Paolo Ciotti, militare del 116° reggimento fanteria, brigata Treviso, nato a Bologna nel 1894, nella sua memoria racconta i tragici eventi sul Basson. Qui alcuni estratti della sua memoria. «A mezzanotte si ode ovunque della fucileria e anche il caratteristico – ta – ta – ta – ta – delle mitragliatrici. I Forti austriaci, creduti distrutti dal nostro fuoco, sparano violentemente. Il Luserna spara a zero sulle truppe che ope-
rano sul Basson. Stiamo accovacciati nelle trincee, dove spesso giungono scheggie infuocate di granata. Anche le vedette sparano alla cieca; sentiamo le pallottole fischiare poco sopra della testa con quel loro ronzìo delicato che non sembra portatore di morte. Aspettiamo da un momento all'altro con trepidazione l'ordine di avanzare, ma fortunatamente ciò non avviene. Se dovessimo muoverci ora, quante perdite avremmo [...] il Busa di Verle ha fatto fuoco da tutte le cupole e lo Spitz Verde, lo stesso. [...] Giungono intanto i primi feriti; qualcuno si trascina da solo al posto di medicazione, [...] Ricordo sempre il caso di un povero fante che giunse senza un braccio e mostrava il moncherino sanguinante. [...] Albeggia ed ora vedo distintamente le varie ondate lanciarsi urlando sulle alture del Basson. Esse ondeggiano, si allargano, si raggruppano, si gettano a terra. Su di loro scoppiano bassissimi gli shrapnels e dalle vicine trincee gli austriaci fanno fuoco con fucili e mitragliatrici. Qualche granata arriva a che sulle nostre linee, onde impedire i rincalzi. Ma l'eroismo dei nostri fanti è inutile anche questa volta. Dopo aver lasciato sul terreno la maggior parte dei loro compagni, essi ritornano al punto di partenza».
“Presto in Trentino Alto Adige un Osservatorio sul contrasto alla criminalità organizzata”
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iamo pronti per fare partire questo nuovo, importante organismo. Nel corso della conferenza plenaria delle assemblee legislative che si è svolta a Roma ho informato i colleghi che nel prossimo mese di giugno si terrà a Trento l’audizione della Commissione sul contrasto della criminalità organizzata e promozione della legalità, presieduta da Carmine Cicala. La volontà è quella di istituire presso la nostra regione un Osservatorio ad hoc per il monitoraggio delle eventuali attività criminose presenti sul nostro territorio. L’iter per farlo partire è già in fase avanzata e con l’audizione a Trento verrà messo l’ultimo tassello dal punto di vista legislativo per dare il via all’attività. Toccherà poi all’aula consiliare dire l’ultima parola”. Cosi Roberto Paccher, Vicepresidente del Consiglio regionale Trentino Alto Adige.
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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli
Fine marzo/aprile finalmente è tornata la pioggia e la neve ma...
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el numero precedente abbiamo parlato delle scarse nevicate che hanno interessato l’inverno 2021/2022, finalmente il 30 marzo e soprattutto nei tre giorni successivi, è tornata la pioggia e la neve che a fine evento, il 2 aprile, ha raggiunto gli 800 metri in alcune zone. Era dal 15 febbraio che non si registravano giorni piovosi (giorno in cui cade almeno 1 mm di pioggia o neve sciolta) e come scrivevo un mese fa, tra dicembre e febbraio ne registrammo solamente tre, uno per ogni mese (08/12, 05/01 e 15/02). Purtroppo le precipitazioni di inizio mese non sono state consistenti e mentre sto scrivendo questo articolo (18 aprile) non abbiamo più avuto precipitazioni degne di questo nome, (nessun giorno piovoso dal 2 aprile), sono previste precipitazioni a partire dal 22 e una certa svolta a partire da quella data in termini di instabilità, quando leggeremo questo articolo sapremo se saranno confermate. Tornando quindi al periodo di siccità che sta interessando in particolare il Nord Italia molto interessante è l’analisi effettuata da Nimbus e riassunta nella figura n. 1 Secondo Nimbus (rivista della Società Meteorologica Italiana) per Torino il periodo dicembre marzo del 2021/2022 è stato il secondo più secco negli ultimi 220 anni dopo quello del 1990. I 24,8 mm totalizzati dalla stazione ARPA Piemonte della Consolata rappresentano appena il 15% del normale, e in 220 anni di misure solo nel caso del 1989-90 andò ancora peggio (17 mm). Si noti inoltre come 5 delle 10 siccità più significative in oltre due secoli si siano concentrate dopo il 1989.
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Fig. 1 - I dieci periodi dicembre-marzo più secchi dal 1802
Anche Meteotrentino nel suo report di Marzo 2022 evidenzia come a Trento, si sia registrata una precipitazione totale di 3,0 mm, dovuta praticamente alla sola pioggia caduta tra 30 e 31 marzo: in media nei mesi di marzo il valore cumulato è pari a 57,9 mm. Come nel 2021, anche il mese di marzo 2022 è risultato particolarmente asciutto: si sono registrati ben 42 giorni consecutivi di assenza di precipitazione (dal 16 febbraio al 29 marzo).Il numero di giorni piovosi è stato pari a 1, a fronte di un valore medio di 6. Analoga situazione a Castello Tesino dove sono caduti 5,2 mm di pioggia nel mese di marzo a fronte di una media di 75,7 mm, 1 solo giorno piovoso nel marzo 2022 a fronte di una media di 7. E nel resto del Mondo come sta andando? Forti preoccupazioni ci sono anche in Francia dove ci sono forti similitudini della siccità attuale con quella del 1976 che portò addirittura all’introduzione di una tassa sulla siccità (all’epoca Presidente della Repubblica era Valerie Giscard d’Estaing, vedi articolo dell’epoca in fig. 2) La situazione non migliorò significativamente fino alla fine del 1976
Fig. 2 - Quotidiano francese del 1976 sulle misure di aiuto alla grande siccità
con il ritorno di condizioni perturbate più durature, si dovette però attendere l’anno successivo affinché i suoli e le falde acquifere tornassero a condizioni più “normali”. In Francia la scarsità di precipitazioni è iniziata alla fine dell’estate 2021 con un deficit di precipitazioni ricorrenti sulla Francia. Ciò ammontava a -38% ad
Che tempo che fa agosto 2021, -8% a settembre, -10% ad ottobre e -31% a novembre, solo il mese di dicembre è stato in eccedenza con accumuli e inondazioni a volte molto significativi nel sud-ovest del paese. Questa tendenza secca è poi proseguita durante i primi mesi dell’anno con un disavanzo che ha colpito quasi tutta la Francia tra gennaio e aprile, raggiungendo il -30-40% su un’ampia metà occidentale e centrale del paese e fino a -70 o anche - 80% nel sud-est. Il tutto è ben evidente in fig. 3 dove il rosso (deficit) è predominante su gran parte del paese transalpino Pertanto, in questa primavera del 2022, la mancanza di acqua sta diventando sempre più evidente in molte regioni, soprattutto nel sud-est e nell’ovest. L’indice di umidità del suolo è quindi basso in tutta la Francia, anche se è stato osservato un leggero miglioramento al Nord dopo le precipitazioni della prima decade di aprile. Questo è tuttavia al minimo storico nella regione
Fig. 4 - USA precipitazioni gennaio marzo 2022 confronto con 1895/2022
PACA (Provenza, Alpi, Costa Azzurra) a metà aprile. Per quanto riguarda le risorse idriche sotterranee, le falde acquifere hanno mostrato livelli molto eterogenei al 1 aprile 2022 in Francia. I livelli sono bassi e ancora regolarmente in calo tra l’Est
Fig. 3 - Rapporto al normale delle precipitazioni cumulative dal 1 gennaio al 12 aprile 2022 in Francia – Météo-France
e l’Ovest del Paese, intorno alla media nel Nord e nella Linguadoca e moderatamente alti nel Sud-Ovest. Come accennato in precedenza, la situazione è più preoccupante nel Sud-Est, con suoli asciutti e falde acquifere abbastanza povere prima dell’inizio della stagione estiva. La siccità è accentuata in profondità nell’est e nell’ovest del Paese dove le precipitazioni degli ultimi mesi non sono state sufficienti a consentire un efficace ricambio idrico. Le restrizioni idriche sono già in vigore in molte aree, cosa che non è molto comune ad aprile. E negli USA? La situazione è ben riassunta dalla fig. n. 4 dove sono analizzate le precipitazioni dei primi tre mesi del 2022 confrontandole con il periodo 1895/2022. Secondo la WMO l’attuale siccità pluriennale negli USA occidentali è la più estesa e intensa nei 22 anni di storia dell’US Drought Monitor. I deficit di precipitazioni durante i primi tre mesi del 2022, in alcune parti degli USA occidentali, sono pari o prossimi a livelli record. È la fine della stagione delle piogge in alcune parti degli Stati Uniti occidentali. Con l’accumulo nevo al di sotto della media e con i bacini idrici pari o prossimi a livelli “minimi” record desta preoccupazione che la situazione possa aggravarsi nei prossimi mesi.
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La provincia in cronaca di Nicola Maschio
Carcere di Spini di Gardolo: i numeri sono preoccupanti
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ono numeri preoccupanti quelli che arrivano dal carcere di Spini di Gardolo, dove nel mese di aprile ha presenziato anche Giuseppe Moretti, presidente nazionale dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria. Più di 320 detenuti a fronte dei 240 che, inizialmente, Provincia e Stato avevano concordato all’apertura della struttura. Il 10% di questi, tra l’altro, sono ospiti psichiatrici, che andrebbero gestiti in modi e con mezzi diversi. Appena 148 gli agenti in servizio (più altri 33 che sono tuttavia impegnati in altri istituti), cioè 80 in meno rispetto a quelli che servirebbero davvero per coprire i turni. Questi ultimi infatti non sono di sei ore come da contratto nazionale, ma ormai si svolgono su otto o più ore, con una media di oltre tremila ore di straordinari al mese nel solo carcere di Spini. L’errore però nasce da più lontano, come spiegato da Moretti: «Quando nel 2017 è stata “scattata una fotografia” della pianta organica, ovvero di quanti agenti l’Italia aveva bisogno per sopperire alle necessità reali, i conteggi sono stati fatti nel modo sbagliato. Addirittura, si è tagliato il numero di agenti da 45 mila a 41 mila, una cosa incredibile visto e considerato che, già all’epoca, il personale contava appena 39 mila unità. In uno studio recente, approvato tra l’altro anche dai sindacati, è emerso invece che il numero di guardie necessarie a garantire un’effettiva copertura sarebbe di 57 mila. È chiaro che questi numeri sono importanti, ma anche necessari: serve al più presto un intervento del Governo, così non possiamo andare avanti». Moretti ha
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Le carceri di Spindi di Gardolo (da Consiglio della Provincia di Trento)
sottolineato anche un altro problema, ovvero i pochi posti disponibili per accedere alla professione: su circa 20 mila candidati a concorso, coloro che poi effettivamente entrano in questo settore sono poco più di 1.200. «Rivedere la pianta organica, garantendo una maggiore quantità di personale, arrivati a questo punto è prioritario – ha aggiunto il presidente dell’USPP. – Uno studio dipartimentale ha evidenziato una carenza del personale pari ad almeno il 30%, il che significa che ad esempio nel solo Triveneto mancano 700 agenti. Le ottanta unità che mancano a Spini sono solo l’ennesimo sintomo di come l’attuale pianta organica sia inadeguata rispetto alle esigenze delle strutture». C’è poi un altro fattore rilevante, ov-
vero quello dei detenuti psichiatrici, poco più di una trentina nella struttura di Trento nord: «Queste persone hanno problemi che ne comportano altri, come le aggressioni nei confronti del personale – ha concluso Moretti. – Su questo aspetto, chiediamo che il Governo introduca nuovamente la sanità penitenziaria. Da quando quest’ultima è passata di competenza alle regioni, abbiamo riscontrato la difficoltà da parte loro a trovare personale in grado di rispondere alle necessità dei detenuti, con gli attuali agenti che, vista la mancanza di unità, si trovano costretti a fare non solo il loro lavoro, ma anche quello degli psichiatri. Mancano inoltre strutture esterne dove far arrivare queste tipologie di detenuti, che non possono restare in istituti “classici”».
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CASSA RURALE ALTA VALSUGANA. ALTAMENTE TUA.
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