e se il sole fosse un bluff

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RIOMAGGIORE Collana di poesia 44


1ª edizione dicembre 2013 © 2013 Tutti i diritti dell’autore in Copertina: Grande Raccordo Anulare di Roma (foto di Alessandro Di Cicco) ISBN: 9788897070399


Alessandro Di Cicco

e se il sole fosse un bluff Poesie (ma non ci giurerei)

EDIZIONI CINQUE TERRE



Alle donne della mia vita da quella che mi ha messo al mondo a quella che mi ucciderĂ



onda mi piace quando fai quella cosa con la mano mi piace quando i tuoi capelli fanno l’onda ecco, io la vorrei surfare, quell’onda a rischio di andare a fondo di grattare la schiena sui coralli e bada, ci vuole coraggio a domarne una in pieno inverno.

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rischiara la notte mi hai guardato nel riflesso dello specchio mentre struccavo la mia maschera e hai detto “rischiara la notte” e rapida come sei apparsa, sei sparita neanche il tempo di realizzare se fosse un imperativo [o un interrogativo nel primo caso volentieri, rischiarerei volentieri la notte ma per rischiarare, devi essere luce e io francamente, luce non sono, magari neanche buio una luce spia, al più di quelle che usano i bimbi nelle loro stanze, nelle loro notti, per non spaventarsi svegliandosi al buio nel secondo caso scusa, cazzo vuol dire “rischiara la notte?” ah forse ho capito rischiara la notte – nel senso: la tua persona? oddio, anche qui non saprei se magari ti riaffacci un attimo nel mio specchio mentre finisco di struccare la mia maschera mi spieghi dov’è, la mia luce, e me lo dici tu se la rischiaro o meno ‘sta cazzo di notte.

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metabolica la parte più luminosa della mia ombra è di un buio brillante certo è che bevessi meno vedrei un’ombra per quel che è buio e la luce per quel che è luce ma vuoi mettere l’incanto e lo stupore del metter tutto in discussione confutare certezze confermare dubbi un momento infinito di magia con ultima stazione nell’alba?

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tutto rosso e insomma, c’è questo castello rosso tutto rosso non vagamente proprio rosso, verniciato di rosso tutto le maniglie i vetri delle finestre i fili del telefono i comignoli le siepi davanti l’ingresso le scale di marmo, sembra il fegato di un gigante o una polpetta modellata con la forchetta nel piatto di un bambino invece è solo un castello rosso tutto rosso che se ci abitassi dentro nelle belle e rare giornate di sole dell’Inghilterra settentrionale attraverso i vetri pitturati vedrei tutto rosa la mia faccia, i miei fogli, il mio tempo ma a me il rosa non piace a me piace il color latte e menta e allora cosa devo fare cercare un castello tutto verde?

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Andrej se questo treno elegante e velocissimo non fosse quel che è e quel che vedo lontane non fossero vacche fattorie auto campi alberi torrenti cappelli da contadino dolci colline, amare cantine ma piuttosto fossero i ricordi gli errori i denti cariati della vita disperata di un astronauta russo (Andrej, si chiamava) abbandonato da uno stupido generale moscovita a galleggiare come un satellite artificiale guasto nell’orbita bassa della terra annaspando morendo che disperse il suo lascito per me, questo viaggio verso casa verso la cittĂ , la tana, il cuore dimmi Andrej vuoi un’assoluzione? una seconda chance?

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mi dispiace, perdonami certo anche tu proprio a me vieni a domandare io che cerco un’assoluzione io che cerco seconde chance quindi non me ne avere se quanto farò stasera sarĂ solo stapparne una buona, dedicartela berla ed assolvere me stesso.

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cauta, bellezza emergi dall’acqua grondante, dovunque il collo, uno scatto i capelli, una frusta in un attimo sei di nuovo sulla terra molti cuori all’improvviso smarriscono un colpo fermando il tempo il vento il mare ora, se posso chiedere dimmi ti pare forse il modo?

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filtri tra cento anni avremo a disposizione occhi bionici invece di comprare lo smartphone nuovo potrai comprare l’ultimo modello Apple di bulbi oculari il modello più figo avrà i filtri alla instagram ma quello di punta (che comprerò io) avrà il filtro per verdere in bianco/nero così anche il posto più di merda che mi troverò davanti gli occhi avrà un suo fascino alla Salgado per capirci tra cento anni sepelliremo il brutto fino a uccidere la bellezza.

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tre uomini l’uomo che ripara le nuvole è a riposo, in questo periodo sorseggia Margarita e Long Island annacquati da una spiaggia nera dove ha chiesto espressamente cieli tersi e caldo secco; vedesse una nuvola intasata o un fulmine congelato gli toccherebbe tirar fuori la scala, mettersi la tuta e arrampicarsi fin lassù. l’uomo che ruba emozioni invece non riposa bestemmia al cielo sdraiato sopra una panchina sputa a terra, infastidisce gatti pulciosi e non dorme mai ha paura che durante il sonno qualcuno gli frughi nelle tasche e gli rubi le emozioni che ha rubato. io sono l’uomo che li osserva stupefatto che segue ogni loro mossa del primo ho pietà per l’autunno incombente per i lunghi temporali in arrivo, da tenere sott’occhio per i rossi di sera, per le nebbie mattutine del secondo ho timore

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non c’è difesa o bastione e le sue tasche profonde attendono bottini ma io lo aspetto nell’ombra perchè (lui non sa) io stesso so essere ladro ladro d’emozioni.

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e se il sole fosse un bluff

e se il sole, quell’insensata nana gialla splendente nel nulla, fosse un bluff. se quella sfera accecante capace di conficcare magnifiche lame di luce sulla città eterna come sull’ultimo, orribile avamposto umano, non foss’altro che un effetto scenico, il bagliore di una lampada per una falena, un carillon nella culla di un neonato. se non ruotassimo per davvero intorno a lei, magnifica stella; se non ce ne fossero un numero infinito, come lei, più o meno di lei per dimensioni, potenza, durata, profondità nella memoria di dio. se tutti i sospiri da lei ispirati, le dinamiche dell’ellittica terrestre, il nostro occhio, non fossero che coincidenza, o reazione ad una finzione, ad una grande bugia. poniti la domanda. perchè altrimenti, se fosse vero, il sole, se fosse reale, e non un bluff con un coup de theatre, tanto per farsi notare dal nostro, indifferente pianeta esploderebbe riversando come sangue fiumi di fuoco nel vuoto e noi noi non ce ne accorgeremmo che dopo otto minuti e penseremmo, finalmente cazzo

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era lui, era nostro, era vero e non l’abbiamo mai guardato.

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quel momento all’imbrunire quel momento all’imbrunire in cui le forme del mondo dubitano sul rimanere fedeli all’amore del giorno che muore nel mare o piuttosto tradirlo con la passionale turbolenta oscura notte.

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ufficio brevetti c’è questo assurdo ufficio brevetti nascosto in un angolo del centro dove registrare un’idea originale è un’idea più originale dell’idea stessa. gli impiegati sono piccoli elefanti grigi con un papillon giallo al collo per darti il benvenuto ti offrono la proboscide attraverso lo sportello. quello di loro più massiccio e col farfallino rosso li comanda tutti a muso duro ha detto no a pause caffè ed al colesterolo invidia tutti, arringa tutti, mai accetta qualcuno. quando edison provò a depositare la lampadina lo spedì a lavorare in una fabbrica di ceri. e franklin? quando provò con il parafulmine lo fulminò con uno sguardo. nessuno riesce mai a registrare niente non ci son moduli o raccomandazioni le idee son tutte vecchie e impolverate ed il progresso va avanti solo per jattura. domani porto con me un topolino lo proteggo nella tasca della giacca e appena sento, “niente, rifiutato!” lo libero felice a zampettar in giro. si spaventino pure i pachedermi liberino questo assurdo ufficio brevetti mi lascino registrare da me quel che voglio che sia stupido, inutile

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nocivo o dannoso ma che sia per una volta solo mio.

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gràttami un po’ più su ancora ancora un po’ più a destra meno ancora un po’ ecco quasi ci sei baciami lì. ma non ti dovevo grattare? no e allora perchè dovrei baciarti proprio lì? perchè lì dietro è nascosto il mio segreto quale segreto? è da lì che nasce la stella danzante di Nietzsche ah, si dice così, adesso? si è sempre detto ah si? si va bene, allora vado. vai fatto, non succede niente. perchè non hai idea del trambusto che mi hai causato dentro non ti credo. come preferisci. sai che c’è? gràttami

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Los Angeles a Los Angeles manco morto, ci vivrei con quegli angoscianti stradoni tutti dritti neanche una curva per emozionarmi un po’, le palme malate spazzate dai venti marini, e i barboni su Sunset Boulevard assieme alle baldracche a mischiare il degrado col degrado la povertà alla privazione, e poi i negozi di liquori aperti ventiquattr’ore su ventiquattro coi coreani a studiare l’inglese dietro banconi che sembrano arsenali, e ancora gli affittacamere di Venice Beach, gli spacciatori a est di downtown, i camion rossi per la raccolta di rifuti, i tassisti part time strafatti di crack e le donne di Bevery Hills rifatte di silicone. No, non ci vivrei manco morto, a Los Angeles però almeno una volta, quasi quasi, mi piacerebbe visitarla.

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mia poesia che mica lo so se mi piace non esiste nulla di immobile nell’universo anche ciò che lo sembra in realtà è in movimento prova non riesci a stare fermo anche volendo riprova appoggia un libro sul tavolo ti pare fermo? sbagli tutto si muove pianeti che ruotano intorno a stelle, che girano dentro galassie, che fluttuano nell’infinito, che si contrae, che si espande, che agita la coda come un serpente. non esiste nulla di immobile nell’universo nemmeno il tempo nella mente di dio.

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mia poesia che mica lo so se mi piace - reprise non esiste nulla di immobile nell’universo anche ciò che lo sembra in realtà è in movimento prova non riesci a stare fermo anche volendo riprova anche volendo non riesci a stare fermo prova in realtà è in movimento anche ciò che lo sembra non esiste nulla di immobile nell’universo.

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barbecue testa contro testa zanne contro zanne si scontrano così, con violenza due cani spuntati da dietro l’angolo, rialzandosi si lanciano l’uno verso l’altro per lavare l’onta, la polvere di dosso, si azzannano in volo e subito il sangue macchia il cemento bianco del marciapiede, sono grugniti e ringhi carne che si squarcia sotto i canini pelo che turbina nell’aria, scosso da fremiti. poi si mollano e tirano il fiato pronti a azzuffarsi di nuovo affinchè uno muoia, così come il nostro destino di scontrarci dietro gli angoli azzuffarci ciecamente assaporare il sangue, la vittoria o la sconfitta, comunque, il gusto della lotta quando basterebbe rivolgere delle scuse sorridenti andare a casa mettere una bistecca di manzo sul bernoccolo e poi sì, magari farsi un bel barbecue.

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dieta mediterranea cosa mangia la fantasia? non dico in senso metaforico o metafisico intendo proprio dire cosa mette in tavola di cosa si nutre? ci sarà qualcosa che preferisce o magari qualcosa che non digerisce o se la digerisce poi magari però gli vengono i brufoli. se siamo quello che mangiamo varrà pure per lei? per questo sono curioso di sapere cosa mangi almeno la mia perchè se sogno gatti persiani con gli stivali da rodeo che corrono i 200 siepi alle olimpiadi (e le vincono) beh forse è il caso che controlli le intolleranze o quantomeno nel dubbio si metta a dieta.

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squilla un telefono squilla un telefono in lontananza e nessuno risponde. continua a squillare e nessuno risponde. io mi domando, ma perché lo lasciate squillare forse non ci siete o forse ci siete, e volete negarvi se squilla un telefono non siete curiosi? potrebbe anche essere dio per regalarvi la chiave dei vostri segreti le risposte che nessuno vi ha dato i desideri che ancora non sapete di avere ma nessuno risponde comunque. squilla e non lo farà ancora a lungo non negatevi quando un telefono squilla non negatevi rispondete certo mi rendo conto, il rischio non è da poco rispondete ecco, ora ha smesso da solo quasi quasi vi richiamo io per non lasciarvi nel dubbio e nel rimpianto e se mi risponderete sarò io a mettere giù regalandovi il sano rimorso che meritate. 51



il tuo cuore è un adolescente anarchico che non si lava davvero pensi servano? sbagli. non servono tanti battiti ritmati e ballabili per avere un cuore decente il tuo cuore della decenza se ne fotte. il tuo cuore è un adolescente anarchico che non si lava ti sputa in faccia se gli fai domande sul cosa il come il perchè non ha maestri, esperienze nè regole comanda e pilota la stupida marionetta che sei convinta di essere nata libera ma cresciuta nella cattività dei suoi fili di vetro. gli ho intimato, un giorno bellomio, datti una regolata ha risposto, facendo spallucce e biascicando ubriaco, ringrazia iddio, stronzo, se ancora ti reggo in piedi. non ci si discute, non ci si ragiona, non accetta consigli figuriamoci ordini.

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bisogna sempre e solo dargli ragione come ai vecchi perchè vecchio anche lui diventerà ma adulto beh io proprio non ci spererei.

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leonardesco a volte mi sento come l’uomo vitruviano – cioè per certi versi magari lo fossi – comunque dicevo a volte mi sento come l’uomo vitruviano non inscritto nelle figure perfette di cerchio e quadrato ma inchiodato ad un bersaglio colorato concentricamente di bianco e di rosso che gira sul proprio asse ed io con lui. tutti mi tirano contro mi lanciano cose e mi prendono, sì mi prendono dappertutto in testa sulle braccia mani, piedi spalle torso ma solo tu tu sola riesci a colpirmi sempre e solo sulle palle.

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il mio pianeta è differente scendi giù in strada prendi la moto la macchina o solo i tuoi piedi cicciosi prendi una strada una qualunque spostati da dove ti trovi verso un luogo qualunque. ci sei? guardati attorno mentre ti muovi nel tempo e nello spazio della tua città noterai alberi cartelli stradali cassonetti rotonde, incroci, palazzi persone, gatti, piccioni muretti, irrigatori automatici, treni tutte dimostrazioni della nostra presenza e di ciò che c’era prima che c’è e ci sarà non c’è giardino deserto piazzola di sosta dove non ci sia uno stelo d’erba un insetto anche solo un batterio

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ovunque stringi pollice ed indice raccogli qualcosa ovunque posi lo sguardo ci siamo noi abitanti di questo piccolo stupido denso pianeta infetto, vivo, pulsante ovunque guardi ovunque tocchi. alla fine, nel tuo ampio vagare, arrivi su Marte ti guardi intorno, come prima e c’è solo una distesa infinita di ruggine.

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dietro l’angolo sulla spianata lui crebbe prima germoglio poi arbusto poi albero. non lontano lei crebbe prima germoglio poi arbusto poi albero. si guardavano in inverno in estate si guardavano nudi in autunno. non potevano toccarsi annusarsi abbracciare i loro rami. si amavano, però. in primavera amoreggiavano grazie agli amici insetti, quando possibile si salutavano agitando i rami mossi dal vento fresco di tramontana. poi quel giorno un buco a terra, tra loro e poi le travi

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e poi il cemento e poi i piani uno due dieci, si salutarono l’ultima volta una mattina di maggio posato l’ultimo mattone non si videro mai più. io li ho visti stasera e mi han sussurrato all’orecchio, io cercherò per loro uno specchio gigante da mettere davanti l’angolo di quel palazzo fascista così di nuovo si guarderanno e agiteranno i rami nel vento e chiameranno a loro gli insetti e noi ci volteremo per lasciarli intimamente liberi di fare l’amore.

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che ne so io che ne so io dove vai quando non ti vedo che ne so io quel che fai mentre dormo che ne so io dove voli col pensiero quando non è ben ancorato al mio polso magari vaghi per le bettole di Maicao dondolando il culo come un pendolo ipnotico per quelle canaglie, banditi e pirati magari scivoli fuori dal letto e dal mio respiro indossi il tuo miglior tubino nero e corri a taccheggiare le tue amiche prostitute magari sogni la corte di Luigi sedicesimo ti appropri di un titolo nobiliare ed in francese sussurri al Re: “vìolami” che ne so io quali segreti mi nascondi mentre li sbandieri ad altri che ne so io che tu solo non attenda delicata e paziente che io ti osservi che io mi svegli che io ti afferri salda

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perchè tu sia, per me terra libera di scorribande. che ne so, io. che ne so.

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miss vicina di casa ho rovesciato un litro di latte per terra e lei mi ha sentito lei, miss vicina di casa ha sentito il mio bestemmiare e subito bum bum, sul muro di confine, bum bum. ha sempre da ridire, quella, se ascolto i Led Zeppelin se pianto un chiodo a martellate che faccia sesso, sesso rumoroso o che inveisca al cielo per del latte a terra. lei invece non la sento mai non una porta sbattuta nel cuore della notte un vaso in frantumi un’esultanza per un gol della Roma o un acuto per un acuto piacere. solo quando mi bussa al muro per mettermi in riga allora la sento con quel bussare da mano piccola mano piccola stringe poco e quella voce acuta e incomprensibile voce acuta incendia poco, che dio ti fulmini, miss vicina di casa

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c’è troppo silenzio in quelle tue stanze tra un bussare e l’altro non lo so, che fai o piuttosto, che non fai ma di certo non ascolti musica non appendi quadri sei intollerante al latte e sicuramente godi poco.

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se poi se poi come un effetto speciale arrivasse la pioggia per poi smettere lasciando solo bruciature circolari sulla mia pelle bianca se poi tu con la tua presenza scenica e volgare lasciassi tutto indietro e davanti come lo slancio finale di un centometrista ponessi il solo turgore delle tue labbra di fronte alla mia schiena di fronte alla mia vita se poi noi all’inverso procedessimo pedÏssequi la strada che ci conduce là là dove sappiamo finiremo al fine di questa serata dove volge il giorno dove ardiamo dove arderemo dove consumeremo pelle e vita

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gioie e pulsioni, e dolori per poi trovarci vuoti in attimi non solo nostri ma condivisi se poi il lampo se poi il tuono se poi, dicevo solo per dirti resta mettessi un piede in fallo senza pentirmi, solo per il gusto di vedere che effetto fa la gioia della tua presenza nuda della tua presenza viva. se poi io infine la smettessi una volta per tutte di porre rimedio di cercare risposte di cercare me stesso invece di perdermi per sempre nel tuo grandioso immenso sole rosso porpora.

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dialogo tra single (dove lui capisce, lei no) com’è che sei single? immagino di non aver trovato ancora quella giusta e com’è quella giusta? se lo sapessi la troverei facile, non credi beh sì, hai ragione. perchè mi fai questa domanda? perchè sono single anche io ah. e tu com’è che sei single? per scelta di chi? come di chi vabbè lascia perdere, odio spiegare le battute ah, perchè era una battuta? si, la fu la fu? sì, il tempo passa veloce quando ci si diverte ti diverti? da matti eppure sembri un po’ scocciato senti non lo so quale sia la donna giusta, ma forse ho capito [qual è quella sbagliata ma dai? e quando l’hai capito? ora

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occhi di rana ho sognato tutta notte che fossi morto amico mio quale pena, cazzo senza un motivo anzitempo con i conti ancora aperti ancora tutti da saldare. una guerra lampo mentre il mondo dormiva bastioni di difesa, i soldati della mente a convincermi su quanto non fosse reale su quanto non fossero possibili i tuoi occhi di rana ed il lago di petrolio della tua anima nera. disarmati, inascoltati l’aria si fece tesa cadde la prima goccia iniziò a piovere e non smise piĂš. ho spalancato poi gli occhi al risveglio come un sipario al contrario guardato dal palco

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e finalmente ho capito due cose, la potenza della luce del sole e che sei uno stronzo anche quando dormo.

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questo nostro caffè è come ti muovi che è insopportabile ai miei occhi in foto fai meno male mentre dormi giusto il minimo sindacale ma quando fai il caffè e giri per la cucina santoddio il compasso delle tue gambe e le caviglie ed i piedi come aghi che bucano, ad ogni passo, il pavimento il pianeta l’universo, quel gesto che fai spostando i capelli controllando se è pronto i fianchi sollevati quando non arrivi sullo scaffale a prendere quelle due tazzine bellissime che metto in alto apposta per farti mettere sulle punte. scusami se fossi tu al mio posto capiresti cos’è capiresti perchè

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finiamo col berlo sempre freddo questo nostro caffè, sappi che è solo colpa tua e di come cazzo ti muovi.

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intrappolati un po’ (nei lineamenti, forse nelle movenze, certo) ricordi quella donna quella dell’onda, delle mani, del fondale vista, guardata la sera in cui quel poeta folle bevve negroni a pioggia e declamò poesie folli folli quasi quanto lui. ti osservo da dietro mettere il cappotto, non muovo un dito per aiutarti, e i tuoi capelli, lunghi e liscissimi intrappolati dietro la nuca resistono così fino all’intervento delle tue mani leste. non muovo un dito, non un muscolo, per aiutarti, sono immobile come in certi sogni quelli in cui ti pare di cadere quando in effetti cado, cado

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tra i tuoi capelli liscissimi intrappolati dietro la tua nuca intrappolati nelle tue segrete quasi quanto me.

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se io pensassi se io pensassi che il tuo sfiorarmi le dita fosse solo il distratto battere del metronomo che regola la tue giornate nitide, quando invece quel tocco punge di lenzuola stropicciate di unghie di respiri lasciati a mezz’aria come piccoli aereoplani di carta. se io pensassi che quel semitono acuto nella tua voce fosse solo un congenito millimetro di carne in più o in meno nelle tue corde vocali, anzichè un brivido che sfugge alla diga stupida che hai costruito come se quel bacino, quella banca pagasse interessi da qui a per sempre. se io pensassi che a dividere il mio orecchio dalla tua voce non sia la distanza o una cattiva ricezione ma l’intervento incessante del caos sotto forma di contenitori per le uova come quelli degli studi radiofonici, messi lì per ammutolire i disturbi.

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se io pensassi ma pensandoci bene non ci penso, non ci penso neanche, a pensarci perchè quando si tratta di noi pensare serve quanto dormire quando si tratta di noi conta capire la vertigine dei baratri e soprattutto il perchè di questo muoversi cauti zampettando girovaghi e perplessi come gatti sulla neve.

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natale dopo avè magnato dopo avè bevuto senza vergogna me viè voja de morì annà dar padreterno e dije “grazie, padretè che c’hai mannato tu fijo” pensa tu se nei 10 comandamenti c’avessi comannato “magnate e sfonnateve tutti” tutto n’artro mondo sarebbe stato ai poracci nulla sarebbe mancato e in noi, fortunati un cuore più giusto a ritmo battente natale, dopo natale, dopo natale.

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grazie, Andre. il motore è la sfida



INDICE onda ..................................................................................... Pag. rischiara la notte .................................................................. Pag. metabolica ........................................................................... Pag. tutto rosso ........................................................................... Pag. Andrej ................................................................................. Pag. cauta bellezza ....................................................................... Pag. filtri ..................................................................................... Pag. tre uomini ............................................................................ Pag. e se il sole fosse un bluff ......................................................... Pag. quel momento all’imbrunire ................................................. Pag. ufficio brevetti ....................................................................... Pag. gràttami ................................................................................. Pag. Los Angeles ............................................................................. Pag. mia poesia che non so se mi piace .......................................... Pag. mia poesia che non so se mi piace - reprise ............................ Pag. barbecue ................................................................................ Pag. dieta mediterranea .................................................................. Pag. squilla un telefonino ............................................................. Pag. il tuo cuore è un adolescente anarchico che non si lava ........ Pag. leonardesco .......................................................................... Pag. il mio pianeta è differente ...................................................... Pag. dietro l’angolo ...................................................................... Pag. che ne so io .......................................................................... Pag. miss vicina di casa ............................................................... Pag. se poi ................................................................................... Pag. dialogo tra single (dove lui capisce, lei no) ............................. Pag. occhi di rana ......................................................................... Pag. questo nostro caffè ................................................................. Pag. intrappolati ......................................................................... Pag. se io pensassi ....................................................................... Pag. natale .................................................................................. Pag.

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RIOMAGGIORE Collana di poesia italiana

1 - Salvatore Di Cicco: Dentro la terra, 1997 2 - Graziella Colotto: Radici, 1997 3 - Pietro Duranti: Sprazzi di luce, 1999 4 - Marina Piperno: Sono una ragazza che si arrangia, 1999 5 - Idelmo Loffredo: Luci e ombre, 2000 6 - Net Poets Society: We poets you, 2001 7 - Pietro Duranti: Il giudizio, 2000 8 - Stefano Mazzoni: In viaggio..., 2001 9 - Maria Luisa Eguez: Come un cantico della sera, 2001 10 - Ilva Losi: Il mio quaderno, 2003 11 - Giuseppe Poli: Tralci, 2003 12 - Salvatore Di Cicco: Trilogia, 2003 13 - Manuela Moruzzo: Lo spartito del mio tempo, 2003 14 - Salvatore Di Cicco: La mia terra, 2004 15 - Loredana Tartarini Zandali: Fiori di sabbia, 2006 16 - Piera Grassi: Profumo d’autunno, 2008 17 - Aldo Farina: Una stagione di fuoco e di speranza, 2008 18 - Gabriele Falco: Pi’ rrite, pi’ pplagne, 2009 19 - Gabriele Falco: Liggìe, 2009 20 - Giovanni Bilotti: I ragazzi del campetto, 2009 21 - Giovanni Bilotti: Dettagli, 2009 22 - Giovanni Bilotti: Le mie stagioni, 2009 23 - Giovanni Bilotti: Passaggi, 2009 24 - Giovanni Bilotti: Stagioni dell’anima, 2009 25 - Giuseppe Giannoni: Ambrosia, 2010 26 - Andrea Carra: La bella stagione, 2010 27 - Graziano Del Giudice: La felicità non mi dava pace, 2010 28 - Edoardo Ratti: Solitari scavi, 2010 29 - Edoardo Burroni: Cantico della Lunigiana, 2011 30 - Alberto Zattera: Pyracanthus - Poesie in fiore, 2011 31 - AA.VV.: Scorre fra le case il Ligurzano, 2011 32 - Ilaria Scalzo: Parole di pensieri, 2011 33 - Graziano Poggi: ’nt’er Gorfo, 2012 34 - Graziano Poggi: Randagio, 2012 35 - Aurora Torrente: Pensieri, ritagli e ricordi, 2012


36 - Donatella Zanello: Labirinti, 2013 37 - Giovanni Bilotti: Il cane che si morde la coda, 2013 38 - AA.VV.: il pentagramma, 2013 39 - Giovanni Bilotti: La farfalla - Pseudo poema in quattro parti, 2013 40 - Giovanni Bilotti: Animali - Pseudo tragedia in due parti, 2013 41 - Camelia Rotaru: Donna di cuori - Poesie, 2013 42 - Donatella Zanello: Il colore del mare, 2013 43 - Nadia Portunato: Luce d’arcobaleno, 2013 44 - Alessandro Di Cicco: e se il sole fosse un bluff, 2013




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