Materia Rinnovabile #14

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Policy e la connessione con il rifiuto organico: l’Italia ha fatto da apripista in Europa permettendo una crescita virtuosa del settore della chimica verde e del rifiuto organico. Ora esiste una direttiva europea e la Francia non solo ha seguito l’esempio dell’Italia, ma ha rilanciato con standard ancora più elevati e con effetti positivi per l’ambiente, per l’economia e per i posti di lavoro. Su temi come la legalità, il rispetto degli standard di qualità, la valutazione delle esternalità e dei costi sociali c’è ancora molto lavoro da fare.”

Novamont, www.novamont.it

La bioeconomia ha il vantaggio di avere delle ricadute molto concrete e visibili sulla qualità della vita delle persone.

L’Italia, nonostante l’assenza di una strategia nazionale, è sempre stato un paese leader a livello europeo. La strategia fa preciso riferimento alle grandi potenzialità che la bioeconomia ha per l’intera area del Mediterraneo in termini di sviluppo economico, creazione di occupazione, tutela della biodiversità e risoluzione del problema migratorio. Su quest’ultimo punto qual è il suo pensiero? Quale crede possa davvero essere il ruolo dell’Italia? “Come dicevo, sono convinta che l’Italia possa candidarsi a svolgere un ruolo importante per l’area Mediterranea, quindi non posso che concordare con quanto riportato dalla strategia su questo tema. Qui il nostro paese potrebbe mettere la propria esperienza e le proprie buone pratiche al servizio di progetti di collaborazione ad alto impatto infrastrutturale e sociale nel settore agroalimentare, della rigenerazione del territorio, del contrasto allo stress idrico e alla desertificazione. Come è noto, i disagi che affliggono i suoli e il settore agricolo di questi paesi con una forte tradizione rurale hanno delle ripercussioni importanti in termini sia economici sia sociali, che a loro volta sono alla base dell’instabilità dell’area e dei fenomeni migratori interni ed esterni. Ecco allora che la bioeconomia può assumere un significato ben più ampio dell’utilizzo di fonti rinnovabili e contribuire allo sviluppo economico sostenibile dell’area e persino alla sua stabilità politica.” Novamont è un’impresa fortemente radicata nel territorio italiano: sede in Piemonte, stabilimenti in Veneto, Sardegna, Umbria e Lazio, un centro di ricerca in Campania. Come ritiene si possano meglio integrare le diverse strategie regionali tra loro e con la strategia nazionale?

“La dimensione locale è fondamentale per la bioeconomia del nostro paese, dove ciascuna regione presenta caratteristiche specifiche in termini di paesaggio agricolo e naturale, di biodiversità, di tessuto industriale e di tradizione culturale. I territori, con le loro peculiarità, sono la nostra grande risorsa da valorizzare. Prima ancora che la strategia nazionale venisse lanciata ufficialmente i Cluster nazionali avevano già mosso alcuni passi importanti per favorire il dialogo e il confronto con le diverse regioni, in un’ottica di armonizzazione e integrazione di strategie e di strumenti per applicarle. Tra le regioni italiane più attive nel settore della bioeconomia e il Cluster nazionale della Chimica verde è da tempo operativo un tavolo di lavoro che si propone di definire posizioni condivise e coordinate e possibili linee di intervento in materia di innovazione tecnologica, politiche e strategie di sviluppo, attività di formazione e incentivo all’occupazione locale nel settore dei green jobs, e molto altro. Credo che questa sia la strada da seguire.” Un altro tema fondamentale affrontato nella strategia è quello relativo all’informazione e divulgazione della bioeconomia, su cui anche la Commissione europea sta puntando con forza. Cosa bisogna fare per avere l’opinione pubblica “a bordo”? “Quando parliamo di bioeconomia dobbiamo pensare a un vero e proprio salto di paradigma. Dobbiamo creare le basi di una nuova cultura della costruzione sostenibile attraverso la ricerca della collaborazione tra i vari interlocutori intorno a progetti di territorio che fungono da veri e propri laboratori. La comunicazione dovrebbe parlare dei casi concreti che stanno nascendo e già presenti nel nostro paese, mostrando il potenziale di moltiplicazione e interconnessione dei vari progetti, avendo come obiettivo l’accelerazione delle opportunità di ricaduta sui territori. Creare le condizioni per lo sviluppo di nuove attività e di nuovi modelli in questo momento di grandi tumulti a livello nazionale e internazionale è un’operazione di grande complessità. Il settore della bioeconomia sta crescendo bene ma è ancora molto giovane e fragile: per massimizzare le possibilità di successo in tempi brevi occorre che diventi un terreno comune di costruzione e di incontro, fuori dagli scontri elettorali e mediatici tra le parti in quanto opportunità che il paese deve cercare di cogliere con determinazione da subito. La bioeconomia ha, infatti, il vantaggio di avere delle ricadute molto concrete sulla qualità della vita delle persone. Pensiamo per esempio all’impatto sull’industria e sull’occupazione, non soltanto attraverso la riconversione di siti non più competitivi, ma anche in termini di indotto e di rivitalizzazione dei comparti a valle. Pensiamo a quanto potrebbe accadere sul fronte dell’agricoltura, con la messa a coltura di aree marginali abbandonate e la creazione di nuove opportunità di reddito nelle aree più in difficoltà del paese. O ancora a come sono cambiate le abitudini di consumo e a come è migliorata la qualità e la quantità del rifiuto organico tolto dalla discarica e raccolto nelle nostre città grazie anche all’utilizzo sostenibile e innovativo delle bioplastiche, dando origine a una serie di materie prime preziose al posto di scarti costosi, maleodoranti e pericolosi per la salute.”

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