Il clima è già cambiato

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tascabili dell’ambiente


Stefano Caserini

il clima è (già) cambiato

10 buone notizie sul cambiamento climatico realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it progetto grafico: GrafCo3 Milano immagine di copertina: Roberto Gurdo © 2016, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-174-1 Finito di stampare nel mese di marzo 2016 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC i siti di edizioni ambiente: www.edizioniambiente.it www.reteambiente.it www.rivistarifiuti.it www.materiarinnovabile.it www.nextville.it www.puntosostenibile.it www.freebookambiente.it seguici anche su: Facebook/EdizioniAmbiente Twitter.com/EdAmbiente Twitter.com/ReteAmbiente


Stefano Caserini

il clima è (già ) cambiato 10 buone notizie sul cambiamento climatico



indice

introduzione

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1. rassicurazioni

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2. conoscenze

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3. vantaggi

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4. vittorie

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5. possibilità

51

6. opportunità

69

7. giustificazioni

81

8. impegni

97

9. segnali

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10. alternative

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conclusioni

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appendice 1 – 101 azioni per aiutare a contrastare i cambiamenti climatici

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appendice 2 – l’accordo di parigi

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ringraziamenti

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Questo libro è dedicato a mio padre.


Vedi caro amico cosa si deve inventare per poter riderci sopra per continuare a sperare. (L. Dalla, L’anno che verrà) We sit here stranded, though we’re all doin’ our best to deny it. (B. Dylan, Visions of Johanna)



introduzione

Capita spesso, alla fine di una conferenza sui cambiamenti climatici, la richiesta di raccontare qualcosa di positivo, che possa infondere speranza e ottimismo sul futuro. Sembra emergere da una spinta liberatoria: e basta con le cattive notizie! Per questo porta sollievo, sui volti compaiono sorrisi e sguardi partecipi. In questi tempi in cui l’ottimismo spesso nasconde narcisismo o paura di affrontare la complessità del mondo, la richiesta si scontra con un sospetto motivato, che lo sguardo fiducioso verso il futuro sia un modo per sfuggire alla realtà, all’accettazione della gravità della situazione. Col tempo mi sono accorto che la domanda di positività arriva soprattutto dai giovani, da chi non ha intenzione di sottrarsi alle proprie responsabilità; arriva perché chi cerca una via d’uscita ne ha bisogno per trovare nuove motivazioni ed energie. In fondo, la spinta per un cambiamento non può derivare solo dal riconoscere una minaccia, un pericolo, ma dal riuscire a scorgere un altro futuro possibile. La minaccia senza la speranza in una via d’uscita ha effetti ridotti e controproducenti: porta a un pessimismo cupo che rende difficile la scoperta, l’analisi e il sostegno alle alternative possibili. Porta alla logica dell’emergenza, e nell’emergenza prevalgono le soluzioni spicce, spesso non le migliori. Ho provato dunque a raccogliere gli aspetti positivi che si pos-


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sono intravedere nella complicatissima e maledettamente grave faccenda del riscaldamento globale; sul lato delle evidenze scientifiche sulla situazione attuale e gli scenari futuri, su quanto si sta facendo o si potrebbe fare nei prossimi anni per contrastarlo. Fatti che possano essere catalogati fra le buone notizie.


1. rassicurazioni

Salviamo il pianeta, il pianeta è in pericolo! La prima buona notizia è che non è vero: il pianeta Terra non è in pericolo. Esiste da più di 4 miliardi di anni, è stato per un paio di miliardi di anni una palla di roccia grigia e fredda, poi rossa scura e calda, o anche bianca di ghiaccio quasi dappertutto. Sono solo qualche centinaio di milioni di anni che la Terra è come la conosciamo. Non era in pericolo quando l’India era ancora attaccata all’Africa, quando il mare Mediterraneo evaporò lasciando una conca asciutta e profonda; o quando un asteroide gigantesco precipitò nella penisola dello Yucatán e il pianeta cambiò faccia, si fece polveroso e freddo e si estinsero il 75% delle specie viventi. Dopo circa 65 milioni di anni, eccoci qui. L’idea che le attività umane possano distruggere la Terra e ridurla per sempre a un ammasso di ghiaccio o gas ardenti è da tempo presente nell’immaginario degli esseri umani, è stata raccontata nei libri e nei film di fantascienza. Ma non è solo fantascienza, è studiata da anni dagli scienziati, da chi si occupa dei pericoli dei cambiamenti climatici. la terra come venere? Uno dei più grandi climatologi del mondo, James Hansen, che ha guidato per trent’anni il Goddard Institute for Space Studies


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della NASA, ha studiato a lungo la possibilità che le emissioni di anidride carbonica1 (CO2) nell’atmosfera causate dal bruciare i combustibili fossili possano cambiare drasticamente il volto del pianeta, rendendo impossibile ogni forma di vita. Ho ascoltato Hansen mentre spiegava questa ipotesi il 17 dicembre 2008 nella Bjerknes Lecture, un discorso di un’ora al meeting annuale dell’American Geophysical Union, uno dei massimi consessi mondiali sulle scienze dell’atmosfera. Davanti a un migliaio di persone stipate ordinatamente in una grande sala del Moscone Center di San Francisco, Hansen ha illustrato la “minaccia al clima del pianeta” da lui definita “Sindrome di Venere”.2 Scandendo lentamente le parole e con le slide proiettate sui tre maxi-schermi della sala, il grande scienziato ha spiegato come l’aumento dell’effetto serra provocato dall’incremento della CO2 atmosferica potrebbe innescare, attraverso una serie di meccanismi indiretti, un riscaldamento del pianeta in grado prima di fondere tutti i ghiacci, poi di prosciugare gli oceani per l’aumento dell’evaporazione dell’acqua del mare, quindi di disperdere il vapore acqueo nello spazio. Un effetto permanente, come è successo per Venere, appunto, che ha una temperatura di 450 °C causata da un 1  In questo libro CO2 sarà sempre declinata al femminile, in quanto anidride carbonica, pur se CO2 potrebbe anche essere declinato al maschile, in quanto biossido di carbonio. Questo perché c’è chi confonde il biossido di carbonio con il monossido di carbonio (CO), un gas dannoso per la nostra salute ma non climalterante; usare anidride carbonica riduce le possibilità di errori. 2  Le slide usate da James Hansen sono disponibili sul sito web dello scienziato. Si veda “Climate Threat to the Planet”, Slides for Bjerknes Lecture (www.columbia.edu/~jeh1/presentations.html).


1. rassicurazioni

gigantesco effetto serra.3 Conclusione di Hansen: “Se bruciamo tutte le riserve di petrolio, gas e carbone, c’è un’alta probabilità di dare il via a un effetto serra incontrollabile, che potrebbe distruggere tutta la vita presente sul pianeta, forse in maniera permanente. Se bruciamo anche le sabbie bituminose e gli scisti, credo che la sindrome di Venere sarà una certezza matematica”. Un’ipotesi agghiacciante, o meglio rovente. In conclusione del libro che costituisce la sua autobiografia, Tempeste,4 Hansen ha scritto un racconto ambientato nell’anno 2350, quando una navicella spaziale extraterrestre visita la Terra e trova un pianeta devastato e arido, privo di vita. Insomma, la Terra come Venere. Altri scienziati non concordano con questa tesi. Secondo David Archer, un altro dei più famosi e autorevoli climatologi, lo scenario ipotizzato da Hansen non può verificarsi: ben prima che gli oceani evaporino del tutto gran parte del vapore acqueo si trasformerebbe in pioggia ritornando al suolo.5 In altre parole, la Terra non avrebbe una temperatura iniziale sufficientemente alta (come invece ha avuto Venere) per far evaporare gli oceani in seguito a un riscaldamento globale. Gli scienziati Colin Goldblatt e An3  Su Venere un’atmosfera di sola CO2 determina un effetto serra che provoca un riscaldamento di 470 °C rispetto alla temperatura che si avrebbe in assenza dell’effetto serra, pari a -20 °C. L’effetto serra naturale terrestre aumenta la temperatura di circa 33 °C, senza di esso la temperatura sul nostro pianeta sarebbe pari a -18 °C. 4  Hansen J., Tempeste. Il clima che lasciamo in eredità ai nostri nipoti, l’urgenza di agire, Edizioni Ambiente, Milano 2010. 5  Gabrielli P., “Le tempeste dei nipotini di Hansen”, Climalteranti.it, 2010 (www.climalteranti.it). Anche in seguito, gli indirizzi web dei documenti citati saranno riportati solo laddove non siano facilmente reperibili tramite i comuni motori di ricerca, scrivendo il testo del riferimento.

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drew Watson, in un approfondito articolo scientifico6 che ha passato in rassegna in modo dettagliato i meccanismi fisici che potrebbero portare le temperature della Terra a superare i 1.000 °C, hanno concluso che “la buona notizia è che quasi tutte le linee di evidenza ci portano a credere che è improbabile che sia possibile, anche in linea di principio, l’innesco di un effetto serra incontrollato a causa dell’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera”. Questi scienziati, come sempre molto cauti nel dare conclusioni definitive, hanno però chiarito che la possibilità non può essere ancora completamente esclusa, perché rimane debole la comprensione della termodinamica di questi processi, la fisica di un’atmosfera così calda e umida. In ogni caso, anche se l’ipotesi di Hansen sulla possibilità di un effetto serra incontrollato fosse confermata, non è detto che la Terra non possa uscire da quella condizione e ripopolarsi di specie viventi, dopo qualche centinaia di milioni di anni. Magari appena prima di ripiombarci, in seguito all’aumento della luminosità del Sole che, secondo Goldblatt e Watson, tra due miliardi di anni potrebbe con buona probabilità innescare lo stesso fenomeno. Tutto questo in attesa del collasso gravitazionale definitivo del Sole al termine della sua vita, che potrebbe avvenire a causa dell’esaurimento dell’idrogeno e dell’elio che lo alimentano, tra circa 5 miliardi di anni, quando l’espulsione degli strati più esterni spazzerà via l’atmosfera e renderà inabitabile e inospitale la nostra Terra.

6  Goldblatt C., A. J. Watson, “The runaway greenhouse: implications for future climate change, geoengineering and planetary atmospheres”, Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences, 370, 1974, 4197-4216, 2012 (http://arxiv.org/abs/1201.1593).


1. rassicurazioni

non è la terra A essere in pericolo non è il pianeta Terra in sé, ma è il pianeta come noi lo conosciamo. Con il suo clima a cui ci siamo abituati, il mare dov’è, le piogge che scendono in un certo modo. Con le piante e gli animali che amiamo, con la loro incredibile biodiversità. E con noi stessi, i nostri complicati modi di vivere, la nostra civiltà che sta spadroneggiando sulla superficie del pianeta. Ma il pianeta potrebbe fare a meno di noi umani come ha fatto a meno dei mammut e dei tirannosauri. Se anche non riuscissimo a distruggere il pianeta potremmo cambiarne pesantemente il volto, alterando alcuni suoi tratti caratteristici, l’estensione dei ghiacci, la salute delle foreste, le temperature degli oceani, la frequenza delle tempeste. Non c’è un motivo per cui noi esseri umani siamo indispensabili a questo pianeta. La vita umana sul pianeta è arrivata inaspettata, come prodotto di circostanze fortuite. Come ha scritto Telmo Pievani,7 siamo figli di eventi irripetibili e generosi, in un universo indifferente alla nostra sofferenza, che ci offre la massima libertà di avere successo, o di fallire, nella via che abbiamo scelto. Chi non crede all’evoluzione della specie e alla responsabilità che ne deriva, può trovare una buona notizia nelle parole del presidente della sub-commissione ambiente ed economia del Senato degli Stati Uniti, John Shimkus, che nell’audizione del 25 marzo 2009 ha dichiarato che non ci si deve preoccupare della distruzione del pianeta, in quanto Dio avrebbe promesso a Noè che dopo il diluvio universale non ci sarebbero state altre cata7  Pievani T., La vita inaspettata. Il fascino di un’evoluzione che non ci aveva previsto, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011.

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strofi naturali. Fra lo stupore dei presenti (e di quanti lo riascoltano su YouTube8) il senatore ha citato l’esistenza di un “dibattito teologico sul fatto che questo sia un pianeta con fame di carbonio, non con troppo carbonio”. Una tesi simile è stata proposta da Calvin Beisner, fondatore e portavoce della Cornwall Alliance For the Stewardship of Creation (Alleanza della Cornovaglia per la tutela del Creato), in un’intervista sul settimanale cattolico Il Timone del luglio 2014. Secondo Beisner, conseguenze catastrofiche per i sistemi naturali sarebbero “un esito incongruente con l’intelligenza del ‘progettatore’, con la sua potenza e la sua fedeltà”. Una grande fede nel soprannaturale, in un Dio padrone un po’ burlone e monocatastrofico, già pronto in passato a sovvertire le leggi della fisica e dell’oceanografia con diluvi universali o separazioni dei mari, può far ritenere possibili salvataggi in extremis, con raffreddamenti improvvisi del globo, la stabilità del livello dei mari nonostante la fusione delle calotte polari. Per chi preferisce il mondo del reale, il pianeta non è in pericolo. Lo sono la specie umana e gli altri esseri viventi che lo popolano. Lo sappiamo e sappiamo perché. E anche questa è una buona notizia.

8 Il video è visibile all’indirizzo https://goo.gl/8UpIma. Testuali parole: “La Terra finirà solo quando Dio dichiarerà che il suo tempo è finito. L’uomo non distruggerà questa Terra. Questa Terra non sarà distrutta da un’alluvione”. Shimkus ha citato il capitolo 8, verso 22, del Libro della Genesi: “Finché durerà la Terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno”, supportando la sua tesi con il fatto che “la parola di Dio è infallibile”.




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