100 Green Jobs per trovare lavoro – Guida alle professioni sicure, circolari e sostenibili

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tascabili dell’ambiente


Tessa Gelisio e Marco Gisotti

100 green jobs per trovare lavoro

Guida alle professioni sicure, circolari e sostenibili realizzazione editoriale ReteAmbiente Srl www.edizioniambiente.it progetto grafico: Mauro Panzeri immagine di copertina: Roberto Gurdo © 2019, ReteAmbiente via Privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-251-9 Finito di stampare nel mese di ottobre 2019 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC® i siti di edizioni ambiente: www.edizioniambiente.it www.reteambiente.it www.rivistarifiuti.it www.materiarinnovabile.it www.nextville.it www.puntosostenibile.it www.freebookambiente.it seguici anche su: Facebook/EdizioniAmbiente Twitter.com/EdAmbiente Twitter.com/ReteAmbiente


Tessa Gelisio e Marco Gisotti

100 green jobs per trovare lavoro Guida alle professioni sicure, circolari e sostenibili



indice

presentazione

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prefazione

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perché un terzo libro: cos’è cambiato dalla prima edizione del 2008

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introduzione

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dallo “storytelling” allo “storydoing”, la vision di lifegate sui green jobs

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intervista a vincenzo boccia

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intervista a claudio gagliardi

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loro hanno fatto così

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Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente Lorenzo Fioramonti, Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca

Giorgio Quagliuolo, Presidente Conai

Enea Roveda, Amministratore delegato del gruppo LifeGate Vincenzo Boccia, Presidente della confederazione generale dell’industria italiana e imprenditore Claudio Gagliardi, vice segretario generale UnionCamere

1. agricoltura 2. aree protette 3. benessere – salute, sport e bellezza 4. certificazioni 5. chimica verde

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6. comunicazione 7. edilizia 8. energia – rinnovabili ed efficienza energetica 9. ecofinanza 10. foreste 11. giurisprudenza 12. industria 13. mobilità 14. moda 15. ricerca 16. scarti ed economia circolare 17. sicurezza del territorio 18. turismo

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le competenze verdi

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imparare a navigare nel mondo del lavoro

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100 professioni verdi

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A cura di Angela Maria Di Luise


presentazione

Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente

Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) definisce “economia verde” quella che ha come obiettivo “un miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale, riducendo significativamente i rischi ambientali e i deficit ecologici”. L’ILO-UNEP definisce “green jobs” tutti i lavori nell’agricoltura, nell’industria e nei servizi che contribuiscono a preservare o a riqualificare l’ambiente: non solo i mestieri direttamente associati alla sostenibilità, ma anche quelli legati all’efficienza, alla qualità e all’innovazione dei beni e servizi offerti, in un’ottica verde. Oggi la green economy e i green jobs hanno un peso sempre più rilevante nell’economia internazionale e nazionale: come dimostrano diversi studi, tra cui il rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e Unioncamere, un quarto delle imprese italiane (345.000) ha puntato negli ultimi anni sull’economia verde. Si tratta di aziende che rispettano l’ambiente e le sue risorse, che investono sulle tecnologie di impresa innovative e che danno un contributo significativo alla diffusione della cultura della sostenibilità. Inoltre, solo nel nostro paese i green jobs hanno superato, nel 2018, la cifra di 3 milioni, pari al 13,4% dell’occupazione totale. Sono dati incoraggianti, che confermano quanto la green economy sia sinonimo di competitività, come illustra bene e ampiamente questo libro di Tessa Gelisio e Marco Gisotti. Gli autori, dieci


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anni dopo la pubblicazione della loro Guida ai green jobs, hanno aggiornato la loro fotografia del panorama lavorativo verde italiano selezionando cento tra le professioni più richieste dalle imprese. E, per aiutare chi sta cercando lavoro o vuole cambiarlo, hanno incluso una serie di interviste ad alcuni personaggi di successo. Perché quello che conta è l’esempio “virtuoso”, la testimonianza di spessore, ma anche una leva strategica e irrinunciabile come la formazione, sulla quale questo paese e i nostri giovani devono investire. Così come dobbiamo continuare a investire sulla crescita verde dell’Italia, uno sviluppo sostenibile, moderno e innovativo del sistema-paese. Io credo che la dicotomia tra economia e tutela ambientale che ha caratterizzato il secolo scorso vada superata: oggi ci sono tutte le condizioni tecniche, scientifiche e politiche per farlo. Gli spazi per le nuove professioni, peraltro, sono tanti: non a caso, per fare un esempio, nel disegno di legge “Cantiere ambiente” per il dissesto idrogeologico è previsto il “green manager”, un dirigente o funzionario che dovrà assicurare l’attuazione delle politiche ambientali con particolare riferimento ai piani di mobilità sostenibile, efficientamento energetico nelle pubbliche amministrazioni, riduzione degli imballaggi e raccolta differenziata dei rifiuti. Non dimentichiamo poi che ci sono possibilità occupazionali in tanti altri settori che questo governo sta cercando di sostenere, da quelli del riciclo a quelli legati alla tutela e valorizzazione delle aree nazionali protette, dalle bonifiche alla ricerca e alle nuove tecnologie. Mi complimento con Marco Gisotti e Tessa Gelisio per questo ritratto nitido e dettagliato dell’occupazione verde nel nostro paese e per questa prospettiva lungimirante sull’economia di domani, green e circolare. Oggi l’Italia è pronta per il futuro.


prefazione

Lorenzo Fioramonti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Negli anni recenti, il mercato del lavoro è diventato sempre più complesso e spesso si è dimostrato incapace di soddisfare la domanda di profili professionali sempre più eterogenei e in rapida evoluzione. La combinazione di globalizzazione, crescita di servizi innovativi e nuove tecnologie sta convogliando il mercato del lavoro verso la domanda di profili professionali con competenze spesso non ancora riscontrabili nel sistema di istruzione corrente. Per il successo nel mercato diventano sempre più decisive le soft skills e la multidisciplinarietà. Le prospettive di carriera di molti dei profili più innovativi richiesti dalle imprese seguono, meno del passato, logiche di anzianità di servizio, favorendo soggetti in grado di ricollocarsi con facilità in nuovi ambiti. La deregolamentazione del lavoro ha introdotto modalità di impiego molto flessibili che hanno eliminato parte delle garanzie che il lavoratore possedeva fino a pochi anni fa, dando maggiore slancio a tipologie di lavoro di tipo autonomo con modalità di crescita assai meno strutturate del passato. La formulazione di previsioni sull’evoluzione delle qualifiche professionali è piuttosto complicata per la rapidità dei cambiamenti sociali e per le innovazioni repentine che hanno delle importanti ricadute sulla struttura imprenditoriale.


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Il Centro europeo per la formazione professionale (Cedefop), istituzione di riferimento dell’Unione europea per l’istruzione e la formazione professionale, da tempo pubblica un rapporto annuale sulle previsioni dei profili professionali in ogni paese dell’Unione. Per quanto sia difficoltoso fornire una previsione rigorosa e dettagliata di questo genere, il lavoro di questo Centro europeo è un riferimento utile per comprendere l’evoluzione dei profili professionali. Le analisi del Cedefop prevedono un incremento, tra il 2016 e il 2030, del 6,8% delle posizioni lavorative in Italia, cui seguono le contrazioni degli anni post-crisi. Le previsioni però mostrano anche una tendenza opposta per il settore manifatturiero, edile e primario, che continueranno a ridurre le posizioni lavorative rispetto ai servizi non di mercato come la cura della persona, che avrà una dinamica in aumento fino al 2021, e i servizi alle imprese, che tra il 2021 e il 2030 registreranno una dinamica assai sostenuta. Le nuove posizioni lavorative in gran parte serviranno per sostituire le uscite determinate dai pensionamenti, oltre che per la creazione di nuovi profili di livello medio e alto. Le previsioni evidenziano non solo una crescita dei profili professionali più elevati, ma anche di quelli con qualifiche minori. Nel complesso, l’aumento della domanda di lavoro sarà positivo, ma con profondi cambiamenti settoriali e delle qualifiche professionali richieste. La digitalizzazione, l’intelligenza artificiale e la robotica saranno sempre più pervasive in ogni settore, e andranno a sostituire il lavoro umano basato su routine ripetitive. Le nuove occupazioni saranno nel 37% dei casi di livello elevato, nove punti percentuali in meno della media dell’Unione europea, a sottolineare un divario che il nostro paese ancora non riesce a colmare con il resto dell’Europa.


prefazione

Il quesito centrale è che tipo di occupazione si diffonderà nel futuro e se il nostro sistema di istruzione e universitario sarà in grado di fornire il capitale umano con le competenze necessarie. A ritmo sempre più rapido si stanno diffondendo profili lavorativi di alto livello caratterizzati da competenze multidisciplinari che a oggi non sono ancora fornite dal nostro sistema di istruzione. La visione di Jeremy Rifkin, per quanto formulata vent’anni fa, si sta concretizzando con un mondo del lavoro che muta rapidamente e in cui la digitalizzazione richiede una sempre più ampia disponibilità di “architetti di simboli”, ovvero professionisti che dispongono di maggiore complessità nell’apprendere e nel rendersi necessari nel mondo del lavoro. Di fronte alle rivoluzioni tecnologiche che diventano sempre più pervasive e rapide, con probabili mutamenti degli assetti istituzionali per governare il cambiamento altrimenti lasciato solo al mercato, diventa assai complicato definire quali saranno con precisione i profili lavorativi del futuro. Dunque la trasformazione tecnologica non è un sistema determinato dalle stesse tecnologie, ma un sistema assai complesso in cui le istituzioni e i player, tra cui i lavoratori, hanno un ruolo centrale. Le sfide della società, in primis quella dell’economia del benessere e dei diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, possono essere le linee guida per indirizzare tali scelte e rendere le nuove sfide tecnologiche un’opportunità che non vada a detrimento delle varie categorie lavorative. La stessa società polarizzata, in cui l’informazione è il fattore strategico e nel cui ambito si sta affermando l’economia delle piattaforme, può essere reindirizzata verso l’economia del benessere, ovvero verso un’economia basata sulla sostenibilità sociale ed ecologica, che punta all’ottimizzazione dei consumi piuttosto che alla loro

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massimizzazione e che crea valore grazie alla “cura” degli ecosistemi e delle persone piuttosto che al loro sfruttamento. Ciò al fine di scongiurare il suo modello organizzativo in cui coesistono figure lavorative cosiddette “top”, di tipo ingegneristico e finanziario, che si contrappongono con il precariato sempre più diffuso di tali sistemi. A tal proposito già alla fine del Settecento l’economista Jeremy Bentham, tra i padri della teoria utilitarista, aveva ipotizzato che il benessere di una collettività dipendesse dalla somma del benessere dei singoli individui e che quindi più alto è il benessere del singolo maggiore è il benessere della società nella quale vive. In questo quadro, il tradizionale set di competenze del lavoro è stato messo in crisi proprio dalle piattaforme, e solo chi sarà in grado di lavorare con l’informazione all’interno di tali piattaforme, sembra possedere la capacità per crearsi una prospettiva lavorativa convincente. Per questo motivo le scelte istituzionali, a cominciare dall’utilizzo delle informazioni e dei big data, diventano il nodo cruciale per determinare l’evoluzione delle figure lavorative. Istruzione e mercato del lavoro devono quindi andare sempre più insieme nel percorso formativo. Il Presidente Mattarella, nel corso di una cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico a Taranto, ha ricordato come “la scuola è luogo di crescita, di incontro, di conoscenza reciproca dove si sperimenta la vita di comunità, il senso civico”. È proprio intorno a questi valori che si snoda l’importante ruolo della formazione e della scuola nella crescita dei nostri giovani, che saranno la guida per il Paese del futuro.


perché un terzo libro: cos’è cambiato dalla prima edizione del 2008

Sono trascorsi ben 10 anni dal nostro primo libro, Guida ai Green Jobs, scritto nel 2009 e dedicato all’allora nascente Green Economy e alle nuove opportunità offerte dal mercato per i profili professionali con competenze verdi, in grado di sviluppare prodotti e servizi ecosostenibili, attenti al risparmio energetico e in una logica di economia circolare. Guida ai Green Jobs è stato il primo libro scritto in Italia su questi temi e ha avuto una funzione cruciale nell’orientare moltissimi giovani, che hanno trovato nel volume un vademecum dettagliato sui percorsi formativi più innovativi e maggiormente richiesti dalle imprese. In quegli anni, molte aziende muovevano i primi passi nell’universo delle tecnologie verdi e la storia dei cosiddetti green jobs era ancora in gran parte da scrivere. Come avevamo intuito già allora, anche grazie all’occhio attento da ambientalisti, gli esordi della green economy mostravano numeri interessanti, che facevano immaginare la rapida crescita di questo segmento trasversale al mondo del lavoro. Nel 2009 i green workers, lavoratori con mansioni specifiche nell’ambito dell’ecologia e della sostenibilità, erano circa 950.000 e le nostre previsioni ipotizzavano una crescita negli anni successivi che avrebbe raggiunto 1,3-1,5 milioni di professionisti, assunti proprio grazie alle competenze green. Le nostre intuizioni si sono rivelate azzeccate. Nel 2018, a 9 an-


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ni dalla pubblicazione del libro, i green workers erano saliti a 3 milioni e centomila, corrispondenti al 13,4% dell’occupazione nazionale complessiva. Una curva che è andata crescendo in modo esponenziale, tanto che nel 2019 il numero di contratti di assunzione relativi a nuovi green jobs è stato pari a quasi 521.747 unità, posizioni professionali finalizzate in modo diretto alla produzione di beni e servizi green o a ridurre l’impatto ambientale dei cicli produttivi. Fattore importante per queste posizioni è la maggiore stabilità contrattuale: le assunzioni a tempo indeterminato hanno rappresentato oltre il 49,2% nel caso dei green jobs, mentre poco più del 25,7% per le altre figure lavorative. È stato confermato anche il legame tra green economy e innovazione, e quindi competitività. Dei nuovi contratti per dipendenti previsti nelle aree progettazione, ricerca e sviluppo, infatti, ben il 66,4% rientra nel mondo green jobs. È fondamentale specificare che tra le figure green ricercate dalle imprese nel 2019, il 21,5% ha riguardato impiegati non in sostituzione e non già presenti nell’azienda (il valore relativo alle altre figure professionali è pari a 17,8%). Stiamo parlando di circa 80.000 nuovi lavoratori in assoluto. Come evidenzia il Rapporto Greenitaly 2019 della Fondazione Symbola e Unioncamere, sulla base dei dati del Sistema Excelsior, quattro quinti dei contratti (a tempo indeterminato o a tempo determinato, ma in ogni caso della durata superiore a un crescita green worker negli anni (rapporto greenitaly 2019, mln) 2018

3.100,0

2017

2.998,6

2016

2.971,8

2015

2.964,1

2014

2.942,7


perché un terzo libro: cos’è cambiato dalla prima edizione del 2008

mese) sono stati destinati a persone che potevano vantare conoscenze tecniche legate all’ecosostenibilità. A partire dal rapporto del 2017 sulle competenze green redatto da Unioncamere risulta persino che l’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale è la prima competenza richiesta dalle imprese subito dopo le cosiddette soft skills. Si posiziona, quindi, prima delle capacità comunicative scritte e orali in lingua italiana e di quelle straniere e persino prima delle competenze digitali, e subito dopo, invece, la capacità di lavorare in gruppo, la capacità di lavorare in autonomia, la flessibilità e l’adattabilità. Il quadro relativo al mercato del lavoro, presentato dal Rapporto Excelsior, è però estremamente chiaro anche nell’evidenziare la principali criticità: gli esperti lo definiscono mismatch. Si tratta del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, tra la richiesta di figure professionali espressa dalle imprese e la disponibilità effettiva sul mercato di tali profili. Un’asimmetria particolarmente forte in Italia, che nel 2018 ha riguardato il 26% degli oltre 4,5 milioni di contratti di lavoro che il sistema produttivo aveva intenzione di stipulare, 5 punti percentuali in più rispetto al 2017. Il problematico incontro tra domanda e offerta di lavoro assume aspetti complessi in tutto il paese. Si stenta a trovare addetti soprattutto nelle regioni settentrionali, dove il mercato del lavoro è più competitivo ed efficiente. Anche al Sud, però, dove i tassi di disoccupazione sono più che doppi rispetto al Nord, le difficoltà di reperimento riguardano comunque circa un lavoratore su cinque. La difficoltà di reperimento media del 26% sale addirittura nel caso dei giovani. Del milione e 267.000 contratti destinati agli under 30, il 28% è ritenuto non facile da trovare, con punte del 62% per gli specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche, del 45% per i tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione e del 43% per gli operai nel-

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