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Le traversiadi. Cinque viaggi (più uno) con gli sci al limite delle Orobie #NEVE Fare la traccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

Le traversiadi

Cinque viaggi (più uno) con gli sci al limite delle Orobie.

Un film di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina con la musica di Alessandro Adelio Rossi (2020, 77’) Produzione Alberto Valtellina www.albertovaltellina.it

La traversata delle Orobie con gli sci, dal lago di Como a Carona di Valtellina, è stata percorsa per quattro volte dal 1971: 180 chilometri e 15.000 metri di dislivello in una settimana. Nella regione italiana più antropizzata, a pochi chilometri dalle sedi della logistica, dai capannoni industriali, dagli apericena, si scoprono luoghi selvaggi, meravigliosi e solitari. La traversata delle Orobie con gli sci è stata pensata e percorsa da Angelo Gherardi, con Franco Maestrini e Giuliano Dellavite nel 1971. Nel 1974 Gherardi torna sull’itinerario con il francese Jean-Paul Zuanon. In ricordo di Angelo Gherardi, scomparso nel 1974, Maestrini nel 1980 porta otto giovani nembresi da Ornica a Carona di Valtellina e filma l’impresa in Super 8. François Renard legge l’articolo di Jean-Paul Zuanon su “La montagne” e reinterpreta la traversata a suo modo, nel 2011 e nel 2013. Maurizio Panseri e Marco Cardullo nella primavera 2018 percorrono e filmano l’itinerario per la quinta volta, questa volta da Varenna a Carona di Valtellina. Il film “Le traversiadi” è un viaggio fra le montagne e nella storia dell’alpinismo: andiamo alla ricerca degli ideatori della traversata, nelle valli bergamasche e in Francia. Costruiamo il film legando le riprese di Maurizio e Marco con incontri illuminanti: Alessandro “Geko” Gherardi, figlio di Angelo; Pina, la moglie di Angelo Gherardi; Maria, la moglie di Franco Maestrini; Giuliano Dellavite, che della traversata del 1980 possiede il filmato originale, che noi sottraiamo in allegria e scansioniamo in alta definizione; “Stenmark”, Paola e gli altri sciatori della traversata del 1980; Bruno Quarenghi, amico e sodale di Gherardi; il falegname Domenico Avogadro, che alla fine della guerra fabbricò i primi sci per il giovanissimo Gherardi… Maurizio incontra brevemente e filma, sotto il passo Coca, gli alpinisti lecchesi che percorrono la traversata per la sesta volta. “Le traversiadi” è girato nel classico formato 2,39:1, Cinemascope, perché se è vero che il Cinemascope è nato per riprendere i serpenti, come dice Fritz Lang, ne “Il disprezzo” di JeanLuc Godard, pensiamo vada benone anche per riprendere gli sci.

Alberto Valtellina

“Le Traversiadi. Cinque viaggi (più uno) con gli sci al limite delle Orobie.” Un film di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina Musica di Alessandro Adelio Rossi. Con Alessandro “Geko” Gherardi, Marco Cardullo, Maurizio Panseri, Maria Bigoni Maestrini, Pina Zambelli Gherardi, Paola Cugini, Giuliano Dellavite, Bruno Quarenghi, Domenico Avogadro, François Renard, Jean-Paul Zuanon, Alberto Valtellina, Giovanni Filisetti, Roberto Bagattini, Cristina Grisa, Silvia Favaro, Massimiliano Gerosa, Jacopo Gregori, Stefano Bolis. Voce narrante Maurizio Panseri. Guido Contini legge estratti da Orobie 74, diario di Jean Paul Zuanon. Estratti dal film Passo dopo passo (Super 8, 30’,1980) di Gianni Scarpellini, testo di Franco Maestrini.

NB: La produzione ha accettato di aderire alla convenzione internazionale per il “drone free movie”. All’interno de “Le traversiadi” non ci sono immagini riprese da drone.

#NEVE

FARE LA TRACCIA

Giovedì 06 febbraio 2014, 10:10:21 Vareno – Monte Pora 1720m (Castione della Presolana - BG)

Fare la traccia, la prima traccia dopo una nevicata, è una di quelle cose che non hanno prezzo, che non hanno valore, che non possono essere vendute o comperate e proprio per questo preziosissime. È come avere davanti un foglio bianco prima di iniziare a scrivere, una tela vergine prima di iniziare a dipingere, un blocco di marmo prima di iniziare a scolpire, ma fare la traccia non è arte in senso stretto. È un atto creativo, ma effimero, che si consuma dopo il mio passaggio. In pochissimo tempo il segno bianco nel bianco svanirà, nel groviglio di altre tracce o cancellato dalla neve, dal sole o dal vento. Fare la traccia, la prima traccia dopo una nevicata, mi rende felice come quando da bambino, tornato da scuola, andavo a slittare nel prato sotto casa e rientravo solo quando era già buio e i lampioni della piazza erano accesi da tempo. Così mi sento, felice come allora. Senza esitazione spingo in avanti lo sci e sorrido nel sentire la neve fresca cedere con un gemito delicato sotto i miei sci. Mi incanto nell’osservare le spatole che affondano ritmicamente nella soffice coltre. Inizia così il gioco e già vedo il ricamo sinuoso che lascerò tra gli abeti carichi di neve, adattandomi alle pendenze e alle forme, accarezzandole con delicatezza, evitando gli ostacoli con armonia, senza strappi e con scorrevolezza. Ad ogni inversione con la coda dell’occhio osservo il segno del mio passaggio e lo percepisco come un dialogo intimo tra il mio incedere e la madre terra, un gioco di rimandi, un sommesso sussurrare. Non posso fare a meno di cogliere una delicata sensualità in quelle forme e quei ricami, dove solo le tonalità infinite del bianco danno colore e profondità, in un inafferrabile gioco d’ombre. Riparto, davanti a me è tutto un luccichio, la neve fruscia all’avanzare dei miei sci.

Maurizio Panseri