Faenza IN Magazine

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A fianco, dall’alto insieme a parte del team Luna Rossa, con cui vinse la Louis Vuitton Cup nel 2000, e, al lavoro sotto coperta nel 1994.

In breve, chi è e cosa fa a bordo A Valencia, dopo 15 anni di attesa, l’America ha riconquistato il trofeo che porta il suo nome, dalla prima vittoria nella storia di questa competizione, riportata dalla goletta America. Uno dei due italiani del Team Bmw Oracle che sfidava Alinghi (l’altro è il riminese Max Sirena) è Matteo Plazzi. È stato tra i ragazzi che Raul Gardini portava sul Moro di Venezia. È stato tre volte con Luna Rossa (con cui ha vinto la Louis Vuitton Cup nel 2000) prima di passare a Oracle come navigatore. Un ruolo complesso, soprattutto in questa edizione, con la gestione di una barca di oltre 30 metri e una grande ala al posto della vela alta quasi 70 metri. Il navigatore comunica soprattutto con il tattico e il timoniere. Usa specifici software che gli permettono di capire ciò che accade sulla barca e sul campo di regata. Nulla deve sfuggire alla sua attenzione e ai suoi strumenti tecnologici.

cifiche. Qualcuno vorrà leggerci una tradizione velistica ravennate, ma non sono certo sia così.” Nel voltarsi indietro Matteo cosa vede per il futuro? “Guardando al passato vedo una persona che ha fatto le cose che gli sono piaciute, con una propria morale, nel rispetto della gente incontrata e con cui ha lavorato. Ho dei gran bei ricordi. L’esperienza più bella rimane il giro del mondo nel 1994: nonostante il risultato sia stato mediocre, dal punto di vista umano ho condiviso emozioni importanti

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con persone che avevano lo stesso obiettivo. Stando un mese sulla stessa barca non puoi bluffare. Guardando al futuro, desidero continuare a giocare in Coppa America.

Mi piace, mi dà soddisfazioni, mi ci trovo bene. Forse l’unico difetto di questo mondo è che è troppo piccolo, siamo sempre le stesse persone. Ancora è presto per capire in quale team, su quale imbarcazione. Sicuramente si tornerà a una regata tradizionale, con 10-15 team sfidanti, probabilmente ce ne saranno due o tre italiani e quindi

penso possano esserci diverse opportunità. Magari ancora con Oracle. Dipende da come si struttura il team. L’importante è impegnarsi con le persone con le quali si condivide il modo di lavorare, il rispetto reciproco e l’obiettivo comune di vincere. Non mi piacciono i team che utilizzano l’America’s Cup come una vetrina snaturandola dal suo reale fine sportivo.” Archiviata la Coppa 2010, l’appuntamento è in America, si sussurra a San Francisco, nel 2014. Ed è lì che speriamo di rivedere Matteo Plazzi. IN


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