Forlì IN Magazine 05/2023

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MASSIMO REGGIANI IL GRANDE SALTO

DEBORA VENTURI

DOVE ABITA IL FUTURO

DIETRO LA CINEPRESA REGIA AL FEMMINILE

f o r l ì

n.5 2023 w w w. i n m a g a z i n e . i t


ARREDIAMO LA TUA CASA CON CURA

ARREDIAMO LA TUA CASA CON CURA

B O L O G N A • C E S E N A • F O R L Ì • R AV E N N A • R I M I N I


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EDITORIALE

06 PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA

10 PROFILI MASSIMO REGGIANI

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Chiudiamo l’anno rendendo omaggio alle visioni d’impresa: quella di Massimo Reggiani, alla guida di Partesa, e di Debora Venturi, ingegnere edile con la vocazione all’interior design. Incontriamo anche imprenditori che sono diventati fenomeni social: Emanuele Tumidei di Menadito, Antonio Battistini e Lorenzo Gobbi di Resell Zone, e Luca Mastrangelo. Torniamo sui banchi di scuola per il centenario del Liceo Scientifico Fulcieri Paulucci di Calboli, inseguiamo le aurore insieme ad Ada Grilli, andiamo a spasso per Cesenatico con la ciclista Dalia Muccioli, ed entriamo nella casa dai richiami enologici di Alessandro Nicolucci. Parliamo poi della TEDx Mania che ha colpito la Provincia, delle nuove voci della regia al femminile locale, e della XX edizione del Premio ‘Città di Forlì’. Infine, con la rubrica ‘Cartoline da’ ripercorriamo gli ultimi mesi dell’anno. Buona lettura! DI ANDREA MASOTTI

Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it Anno XXV N.5 dicembre/gennaio Reg. di Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n.27 Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Roberta Invidia Artwork e impaginazione: Francesca Fantini Ufficio commerciale: Gianluca Braga Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 18/12/2023 Collaboratori: Barbara Baronio, Lucia Caselli, Alessandro Mambelli, Francesca Miccoli. Fotografi: Andrea Bardi, Andrea Bonavita, Caterina Errani, Ada Grilli, Gianmaria Zanotti.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

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40 A SPASSO CON DALIA MUCCIOLI

46 CASA IN VINO FELICITAS

16 PROFILI

54 FOTOGRAFIE

DEBORA VENTURI

CARTOLINE DA...

22 BUSINESS

57 EVENTI

FENOMENI SOCIAL

TEDX MANIA

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28 STORIA COMPAGNI DI SCUOLA

35 NATURA INSEGUENDO LE AURORE

35

60 SCRITTURA PREMIO CITTÀ DI FORLÌ

65 CINEMA DIETRO LA CINEPRESA


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PILLOLE

IL 40° ANNIVERSARIO DEL VIDIA CESENA | È stata annunciata la straordinaria collaborazione tra Vitignanostock, festival musicale di musica emergente, e Vidia Club, il rinomato locale storico della Romagna. Un partnership che segna un momento significativo, il 40° compleanno del music club romagnolo simbolo del rock, e che ha l’obiettivo di promuovere la musica e lo spettacolo in modo innovativo. Le due realtà hanno quindi fissato una data unica per celebrare insieme questo importante traguardo: il 13 aprile 2024.

METODI DI SCRITTURA FORLÌ | Non esistono storie senza personaggi. Essi rappresentano il fulcro di ogni narrazione, dal romanzo allo storytelling aziendale, dal racconto dei fatti personali al resoconto giornalistico. Ma quali sono i fattori di cui un narratore deve tenere conto per creare personaggi efficaci? Nel saggio Uno e centomila. Personaggi memorabili e come crearli (Edizioni Fog) l’autore Gianluca Gatta fornisce strumenti concreti sia per l’analisi dei testi narrativi sia per raccontare e inventare storie a partire dalla definizione dei personaggi. Un libro che è il risultato dell’esperienza professionale di Gatta nel mondo della comunicazione e dell’editoria.

RACCOLTA FONDI PER LA CULTURA FORLÌ | Partirà a gennaio ‘Cultura Attiva’, il primo progetto di crowdfunding civico ideato dal Comune di Forlì con l’obiettivo di sostenere nuovi progetti in ambito culturale dedicati alla città. Il bando, realizzato in collaborazione con Ginger Crowdfunding, è rivolto a soggetti no profit con sede sul territorio locale. Per tutti i dettagli, visitare ideaginger.it


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PILLOLE

HEADQUARTER FERRETTI FORLÌ | La forlivese Ferretti Group continua a crescere, non solo in termini di fatturato, ma anche come capacità produttiva: lunedì 11 dicembre si è tenuta l’inaugurazione di una nuova area della Ferretti Group Superyacht Yard di Ancona, alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni e delle autorità del settore navale e marittimo. L’edificio sarà un’importante polo strategico e diventerà la nuova sede della direzione, del dipartimento di progettazione e di tutto il reparto dedicato alle imbarcazioni in alluminio e acciaio.

DONAZIONE ALLA CASA PER ANZIANI CESENA |Continua l’impegno della Federazione BCC dell’Emilia-Romagna a sostegno dei territori colpiti dall’alluvione dello scorso maggio: il 12 dicembre, i rappresentanti della Federazione hanno affidato ai rappresentanti della Casa di Accoglienza ‘A.Fracassi’ di S. Angelo di Gatteo, su segnalazione di BCC Romagnolo, un simbolico assegno del valore di 20.000 euro, donati da CISCRA, società di servizi e produzione orientata al mondo bancario, e dalla Federazione delle Banche di Credito Cooperativo della Lombardia. Risorse importanti che aiuteranno la struttura a riparare gli ingenti danni subiti nel corso dell’alluvione.

TRIPLA APERTURA A CASA ROMAGNA FORLÌ | All’interno del palazzo Talenti-Framonti, sede dell’ex Eataly e oggi del progetto Casa Romagna, hanno recentemente inaugurato Caffè Flora, del giovane imprenditore Leonardo Costanzi, la pizzeria La Marì al primo piano, in mano a Renam Asirelli, e al secondo piano l’Osteria Casa Romagna gestita da Davide Casamenti, Filippo Drudi e Simone Fornasari.

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PROFILI

MASSIMO REGGIANI DAL PARACADUTE ALLA GUIDA DI PARTESA UNA STORIA DI PASSIONE

DI PAOLA FRANCIA

FOTO CATERINA ERRANI

C’è un’immagine a stampa, appesa alla parete del suo ufficio, che ritrae un giovane puledro. È l’essenza della grinta, sprigiona vigore e attesa, quella degli inizi migliori. “Me la regalò mio padre e quando la guardo sento risuonare le sue parole: da ragazzo mi ripeteva spesso che l’importante nella vita è cercare sempre nuovi obiettivi, rincorrerli con freschezza, con umiltà. La cultura della semplicità è stata la sua più grande lezione, nel nostro mondo l’ultima cosa che premia è l’arroganza.” Classe 1965, figlio d’arte, dal primo gennaio del 2020 Massimo Reggiani è Amministratore Delegato di Partesa, la società food & beverage del Gruppo Heineken specializzata nei servizi di vendita, distribuzione di bevande, consulenza e formazione per il canale Ho.re.ca. Una realtà che nell’arco di trent’anni ha fatto il grande salto ed è divenuta un network nazionale leader nei consumi ‘fuoricasa’ che rifornisce i locali di tutt’Italia.

È una storia professionale che parte da lontano, quella di Massimo Reggiani, e che affonda le radici nel 1953 quando il padre Giacomo dà vita, insieme ai fratelli, all’azienda che si occupa di distribuzione e produzione di bevande. È lì che muove i primi passi. Azienda che nel 1989 confluisce nella nascitura Partesa. Nel giro di una decina d’anni la società conquista la fiducia degli imprenditori e dei clienti, fiducia che oggi si traduce in una presenza capillare sul territorio: leader su oltre 70 province, con una rete di circa 500 venditori per un totale di 37.000 punti di consumo raggiunti – tra bar, locali e ristoranti – e 7.000 referenze in cui birra, vino e spirits fanno la parte del leone. Un settore che, a causa della pandemia prima e dei conflitti globali poi, ha dovuto affrontare uno scenario senza precedenti caratterizzato da pesanti dinamiche inflattive e da una polarizzazione dei consumi che vede un incremento nella ristorazione di fascia me11


PROFILI

dio-alta, a fronte di quella meno specializzata ancora in sofferenza. “Quando tutto è iniziato erano gli anni in cui Heineken stava pensando di investire sulla distribuzione,” dice, “e da lì è partita la mia avventura e una nuova sfida.” Del resto, le sfide sono sempre state nel dna della famiglia Reggiani: il cugino Loris è stato campione di motociclismo. “Il marchio delle minimoto elettriche ThunderVolt,” dice, “l’hanno inventato lui e i miei figli una sera al mare.” Forlivese di nascita, sposato con Clarissa e padre di Giacomo e Duccio, 23 e 25 anni, prima di entrare in Partesa gestisce per dieci

PARTESA, LA SOCIETÀ DEL GRUPPO HEINEKEN, SPECIALIZZATA NEI SERVIZI DI VENDITA, DISTRIBUZIONE DI BEVANDE PER IL CANALE HO.RE.CA, NELL’ARCO DI TRENT’ANNI È DIVENUTA LEADER NEI CONSUMI ‘FUORICASA’.

PH ANDREA BONAVITA

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anni la scuola di paracadutismo di Villafranca portando Forlì, nell’86, come prima squadra ‘mista’ alla partecipazione del campionato italiano. “Dare vita a quella realtà è stato l’avverarsi di un sogno,” racconta. “In quel contesto sportivo, declinato senza differenze di sesso, c’era già un valore che oggi viene molto ripreso, quello dell’inclusione e, se vogliamo, della diversità. Lo stesso valore che si riflette anche in Partesa. In un contesto di multinazionale che si connota per la parte industriale, il nostro brand sono le persone, un gruppo disomogeneo, dal più esperto al più giovane e di diverse provenienze geografiche, nel quale ognuno contribuisce positivamente. E questo crea valore.” Successivamente entra nel management team dell’azienda, diventa amministratore delegato per l’Emilia-Romagna, fino a ricoprire l’attuale ruolo. Determinante nel suo modello di business il fattore umano, unito alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica. Nel 2020 Partesa è la prima società del settore a lanciare una piattaforma di e-commerce B2B, Partesa per Te, che quest’anno è entrata a far parte di Eazle, il nuovo brand globale che raggruppa le 40 realtà di e-commerce B2B del Gruppo Heineken nel mondo. Una soluzione digitale che permette ai locali di gestire con maggiore facilità e autonomia ordini e burocrazia, con l’assistenza del customer service. A rafforzare la svolta in senso digitale è Partesa for wine, la piattaforma che presenta a professionisti e appassionati storie e produzioni delle cantine partner, ma anche curiosità del mondo vino in modo innovativo e coinvolgente attraverso news, i video del Fulgor Wine Theatre, talk show dedicato al mondo del vino e non solo, e le serie di podcast Wine Cube: storie dal mondo del vino e Vino in pillole, “perché nel vino, oltre alla qualità, è cruciale il racconto,” aggiunge. Altro pilastro della strategia aziendale è la formazione, sia interna sia rivolta ai clien-


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PROFILI

ti, di cui si occupa l’Università della Birra, Centro del Gruppo Heineken Italia che rappresenta un polo d’eccellenza in questo ambito. C’è poi la formazione specifica in ambito vino, con la Cantera del Vino, per venditori e Wine Specialist, e i Wine Lab che coinvolgono anche clienti e produttori. Il tutto in linea con una cultura del consumo responsabile suffragata da un rigido codice etico. A testimonianza del forte legame dell’azienda con il territorio, dopo la recente alluvione, la solidarietà per le popolazioni colpite non si è fatta attendere grazie a Wine for Romagna, evento organizzato a supporto della Protezione Civile che ha riunito i grandi nomi del settore vitivinicolo. “Il rapporto umano per noi è sempre prioritario e, davanti alla tragedia che ha colpito l’Emilia-Romagna, con la quale abbiamo un legame particolarmente stretto, siamo scesi in campo e abbiamo voluto fare la nostra parte insieme ai partner. Siamo felici e orgogliosi di dire che la risposta è stata forte, immediata e, soprattutto, concreta.” Per il 2024 la strategia della società punterà, in linea con quanto avvenuto finora, su nuovi investimenti in tecnologia e digitalizzazione per rendere i processi, anche logistici, sempre più efficienti, rapidi e sostenibili. “Continueremo ad alimentare di contenuti la piattaforma Partesa for Wine e a sviluppare Eazle per migliorarne le funzionalità e offrirne di nuove sulla base dell’analisi del suo utilizzo a livello globale, in sinergia con tutte le realtà del Gruppo Heineken.” In questi trent’anni, riguardando le immagini di quando da ragazzo si lanciava con il paracadute, ha mai avuto qualche rimpianto? “Il paracadutismo è e rimarrà sempre una parte fondamentale della mia vita, è stata gioia pura e coraggio,” dice sorridendo, “ma non ho mai avuto ripensamenti perché quegli stessi valori, quegli stessi principi li ho portati con me in Partesa, un’azienda fatta di persone e di passione.”

IN QUESTE PAGINE, MASSIMO REGGIANI, AD DI PARTESA, NELLA SEDE DI IMOLA. SOTTO, UNA FOTO SCATTATA NEGLI ANNI ‘80 IN CUI REGGIANI SI LANCIA CON IL PARACADUTE.

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La finestra vincente si vede dall’installazione. Le qualità di una finestra si possono giudicare solo una volta che la posa in opera è conclusa. Come sappiamo, per mantenere le performance dichiarate da ciascun prodotto è necessaria un’installazione che rispetti tutti i criteri del caso. Con gli Installatori Specializzati Giemme, ogni finestra può esprimere il meglio raggiungendo traguardi straordinari di efficienza.

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PROFILI

DEBORA VENTURI INGEGNERE VISIONARIO CON LA VOCAZIONE PER IL DESIGN D’INTERNI

DI BARBARA BARONIO

FOTO GIANMARIA ZANOTTI

È stata tra le prime professioniste nell’ambito della progettazione architettonica a proporre in ambito residenziale costruzioni in acciaio. Sin dal suo esordio ha mostrato una grande sensibilità per la sostenibilità e le tematiche ambientali. Decisa e determinata ha lavorato per studi di architettura e design a Parigi e Bruxelles, seguendo progetti anche in Cina e Inghilterra. Insieme a Luigi Orioli guida lo studio di progettazione O2A con sede a Cesena e a Bologna e per 12 anni ha avuto una cattedra a contratto al Campus di Cesena dell’università felsinea come docente dell’unico corso della laurea magistrale in Architettura dedicato alla sostenibilità ambientale: ecco Debora Venturi, ingegnere edile con la vocazione all’architettura e all’interior design. Carismatica e innovativa, di lei si dice che ‘non c’è sfida che non sappia vincere’. Il suo gusto per il bello e la sua professionalità l’hanno portata ad essere tra le professioniste più ricercate nell’ambito delle ristrutturazioni e 16

delle nuove costruzioni a Cesena e in Romagna. Scorrendo le immagini dei suoi progetti l’effetto ‘wow’ è garantito: spazi pensati in maniera intelligente e versatili, originali arredi e affascinanti giochi di luce e di colori per soluzioni abitative esclusive. Sposata con Vittorio Orioli, imprenditore cesenate, è mamma di Xingang, oggi studente all’Istituto Agrario. Giunta a Cesena per amore, Debora è nata a Milano e ha vissuto per diverso tempo a Rimini. A Ingegneria edile, che ha frequentato presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, è stata tra le prime donne a laurearsi con una tesi incentrata su tematiche legate all’efficienza energetica e alla sostenibilità. “Essere ingegnere mi consente di avere un approccio integrato alla progettazione architettonica tenendo conto non solo di quello che può piacere e affascinare, ma anche di tutto quello che è necessario dal punto di vista tecnico e costruttivo. Il mio maestro, l’architetto Mario Cucinella, mi ha insegna-


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PROFILI

IN APERTURA E IN QUESTE PAGINE, DEBORA VENTURI NEL SUO STUDIO DI ARCHITETTURA A CESENA.

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to che ‘sostenibile è bello’. Il progetto di una ristrutturazione o di una nuova realizzazione, infatti, deve rispecchiare i canoni estetici della bellezza ed essere anche confortevole e rispettoso delle persone e dell’ambiente. Unendo stile e funzionalità creo pertanto spazi pensati sulla persona che li vivrà. Ogni volta che sono davanti a un progetto avverto forte la responsabilità che c’è dietro al mio lavoro. Molti dei miei clienti hanno risparmiato tutta una vita per costruire l’abitazione di famiglia e non posso fondare la mia progettualità esclusivamente sul mio gusto e le mie priorità: nel concretizzare un’idea non perdo mai di vista l’obiettivo che è la felicità del mio cliente. I primi colloqui sono fondamentale e vi dedico molto tempo, perché è necessario entrare in empatia con le persone che mi hanno cercata. Occorre ricordare che chi sceglie un professionista per la realizzazione della ‘casa della vita’ spesso gli affida

tutti i propri sogni ed è necessario maneggiarli con cura.” Ambienti dinamici che sanno evolversi a seconda dei cambiamenti della famiglia che li abiterà e grande attenzione ai materiali sono alcuni dei must nella progettazione della Venturi, che è stata anche tra i primi ingegneri a porsi l’obiettivo di concepire abitazioni con tipologie strutturali diverse dal cemento armato. “A Cesena, come studio O2A, abbiamo costruito un’abitazione d’acciaio. Ultimamente sto proponendo anche l’involucro a secco in fibrocemento rinforzato, elemento di costruzione estremamente contenuto nei costi e che offre tanti vantaggi dal punto di vista energetico e sismico. Non dimentichiamo poi l’uso del legno che sta prendendo piede perché sempre maggiore è il desiderio delle persone di creare abitazioni ecosostenibili e con un impatto ambientale ridotto. Il Covid ha trasformato le esigenze


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PROFILI

AMBIENTI DINAMICI E GRANDE ATTENZIONE AI MATERIALI SONO ALCUNI DEI MUST NELLA PROGETTAZIONE DELLA VENTURI, CHE SI PONE L’OBIETTIVO DI CONCEPIRE ABITAZIONI CON TIPOLOGIE STRUTTURALI DIVERSE DAL CEMENTO ARMATO.

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abitative: oggi non solo ci si aspetta di avere spazi trasformabili e zone dedicate al tempo libero, ma che abbiano anche una maggiore relazione tra interno ed esterno. Sempre di più l’interno dell’abitazione è concepito per integrarsi con la natura in piena armonia ed equilibrio.” In continuo aggiornamento e spesso impegnata in progetti e nuove sfide, Debora non manca però di ritagliarsi il tempo per lo sport che adora. Dopo il ciclismo su strada e il beach tennis la Venturi si è dedicata al nordic walking di cui è diventata anche istruttrice. “Si tratta di una tipologia di camminata total body che non solo coinvolge gli arti inferiori ma anche la parte superiore del corpo, e che

consente di ritrovare un rapporto con la natura. Grazie a questa disciplina ho scoperto percorsi poco battuti, paesaggi nuovi e ho stretto anche amicizie importanti.” Di recente la Venturi ha iniziato anche a occuparsi del recupero di complementi d’arredo vintage, facendo rivivere oggetti antichi. Un interesse che si rivela sin dall’ingresso della sua abitazione a pochi metri dal parco del Cesuola, dove vive con la sua famiglia e un pastore svizzero, Togo, di 45 kg. Qui quando i raggi del sole attraversano le vetrate fanno risplendere lampadari chandelier dell’Ottocento e del Novecento che Debora ha recuperato da mercatini d’antiquariato. “Il restauro è una passione che sto approfondendo e sviluppando,” racconta la Venturi. “La riscoperta dell’antico e la sua fusione con il moderno possono rendere unico uno spazio a partire proprio dalle luci, il cui studio nelle mie progettazioni è meticoloso e assolutamente indispensabile. È possibile integrare l’illuminazione e nasconderla oppure renderla protagonista con l’uso di lampadari dal potere illuminante incredibile. Tutto, dall’elemento più semplice a quello barocco, se opportunamente adattato può rendere esclusivo un ambiente che diversamente potrebbe presentarsi più impersonale. In queste scelte i social stanno facendo la differenza. Grazie ai canali di comunicazione sta maturando nelle persone una maggiore sensibilità per le tendenze architettoniche e d’arredo d’interni. Le mode vanno considerate, ma è necessario non perdere di vista la propria unicità. Una scelta non dettata dalla moda spesso è intramontabile e un’opera d’architettura ben riuscita è bella oggettivamente. Sui miei canali condivido tantissimi dei miei progetti e spesso offro l’occasione di un confronto a coloro che mi seguono. Non ho il timore di svelare e di trasmettere quello che so, perché non ci sono persone uguali ad altre, ma soprattutto perché non si può copiare il carisma!”



BUSINESS

FENOMENI SOCIAL IMPRENDITORI CHE HANNO FATTO BOOM ONLINE

DI FRANCESCA MICCOLI

Post, storie, reel, comunicazione visual: termini che navigano comodi nel lessico quotidiano dei millennial e da qualche tempo sgomitano anche nella mente delle generazioni più attempate. Espressioni da vocabolario del marketing digitale, strategia volta alla promozione di un marchio e alla commercializzazione di prodotti. Oggi sempre più in voga tra coloro che decidono di costruire sul web le fondamenta del proprio business, per acquisire maggiore visibilità e allargare il bacino di utenza. Fino a contare migliaia di follower e macinare milioni di visualizzazioni. Anche nella nostra Provincia troviamo imprenditori che hanno scelto di puntare sulle piattaforme social, diventando dei beniamini di Instagram, YouTube o TikTok: mettendo a frutto i loro talenti e gli stimoli ricevuti, e comprendendo le nuove dinamiche dell’imprenditoria digitale, sono infatti riusciti a creare o a massimizzare il 22

“PER SOSTENERCI ABBIAMO DECISO DI CREARE UN FORMAT E METTERE LA FACCIA QUOTIDIANAMENTE SUI SOCIAL,” RACCONTANO PRETOLANI E TUMIDEI, VOLTO DEL CANALE INSTAGRAM DI MENADITO. IL RISULTATO È QUANTIFICABILE: CIRCA 200.000 I SEGUACI SU INSTAGRAM E ALTRETTANTI SU TIKTOK PER MILIONI DI VISUALIZZAZIONI.

proprio business diventando con il tempo dei veri ambasciatori della propria azienda o brand. Tra loro, un personaggio abituato a proiettarsi oltre un’asticella collocata sempre più in alto è

Emanuele Tumidei, titolare del negozio di abbigliamento Menadito assieme al collega e amico Matteo ‘Michael’ Pretolani. Galeotto tra i due fu lo storico negozio forlivese ‘Muffa’, dove Michael lavorava come commesso e Antonio si palesava quasi quotidianamente in veste di compratore seriale. “Ci unisce la passione per la storia del costume e dell’abbigliamento e quando Michael ha perso il lavoro e io ho avvertito l’esigenza di staccarmi da una realtà ingombrante quale l’impresa di famiglia per poter esprimere appieno la mia personalità, abbiamo iniziato una nuova avventura. Non potendo competere con i grandi marchi, abbiamo deciso di uscire dal coro, puntando su una nostra identità, orientandoci sulla customizzazione, rivisitando capi storici, producendo su misura e su commissione. Ogni capo è il risultato di un progetto curato assieme all’acquirente tanto è vero che Menadito è shop e studio.”


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BUSINESS

IN APERTURA, EMANUELE TUMIDEI DI MENADITO. IN ALTO, ANTONIO BATTISTINI E LORENZO GOBBI, TITOLARI DI RESELL ZONE.

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Altro passaggio chiave l’apertura del negozio online, fondamentale in tempo di pandemia. “Per sostenerci abbiamo deciso di creare un format e mettere la faccia quotidianamente sui social.” Se Michael è l’uomo di bottega, abituato a dividersi tra negozio, magazzini, laboratori, Emanuele è il creatore di contenuti digitali. “Ho sempre amato le arti visive e la comunicazione. Può sembrare assurdo ma ero molto introverso e timido, oggi invece mi punto una telecamera in faccia.” Il risultato è quantificabile: circa 200.000 i seguaci su Instagram e altret-

tanti su Tiktok per milioni di visualizzazioni. “Abbiamo già idee su come evolvere proposta comunicativa e linea editoriale.” A rimanere costante sarà quel mitico ‘sbam!’ che accompagna l’entusiasmo contagioso di Emanuele nella presentazione di “qualcosa di nuovo, una bomba, un prodotto che spacca. Un rito che è una sorta di firma.” Ci sono poi i cesenati Antonio Battistini e Lorenzo Gobbi, titolari di Resell zone. Un’attività nata per gioco nel 2017-2018 quando i due amici d’infanzia, cresciuti nello stesso quartiere e accomunati dalla passione per la

moda, in particolare per le sneakers e l’abbigliamento streetwear, decidono di intraprendere un percorso. “Abbiamo capito che i prodotti in edizione limitata hanno grande potenzialità di rivendita,” spiega Antonio, “acquistati al prezzo di listino possono essere venduti in un mercato secondario – da qui il termine ‘resell’ – consentendo un ottimo guadagno, da reinvestire in nuovi acquisti.” Nel 2021 l’intraprendente duo sceglie di aprire partita iva e negozio online, seguito pochi mesi più tardi da quello ‘fisico’. “Molti clienti desiderano vedere il prodotto e



BUSINESS

I VIDEO DI BATTISTINI E GOBBI, DI RESELL ZONE, SONO CLICCATISSIMI SUI SOCIAL. “MOSTRIAMO I NOSTRI PRODOTTI E RACCONTIAMO STORIE DIVERTENTI.” LUCA MASTRANGELO, CON I VIDEO DELLE ‘REACTION’ POST PARTITA, È DIVENTATO UN PERSONAGGIO.

provarlo prima di acquistarlo.” Il tutto accompagnato dalla creazione di video ispirati e accattivanti, cliccatissimi sui social, e caricati sul loro canale YouTube da otre 130.000 iscritti. “Mostriamo i nostri prodotti ma altresì raccontiamo storie ed episodi divertenti che si verificano nella quotidianità in negozio, momenti imbarazzanti estremizzati. Ne siamo molto orgogliosi, conduciamo anche una battaglia contro il falso.” È imprenditore di sé stesso anche il forlivese Luca Mastrangelo, youtuber guru del tifo interista.

“Nel 2016, quando ancora lavoravo come operaio, ho iniziato a pubblicare su Facebook delle ‘reaction’ post partita.” Commenti che bucano il video, gli slogan di Luca sono addirittura tradotti in cori sugli spalti. I numeri si fanno sempre più interessanti al punto che “alcuni amici mi hanno suggerito di aprire un canale youtube ma da perfetto boomer non sapevo nemmeno come caricare i video.” Grazie a qualche dritta e all’innata verve Mastrangelo, faccia da schiaffi puntualizzata da inconfondibili baffetti imperti-

nenti, realizza il sogno di ogni essere umano: trasformare in professione la passione. E i risultati non si fanno attendere: ad oggi, ha collezionato circa 195.000 seguaci su Instagram e più di 200.000 su YouTube. “Dal 2017 al 2019 ho messo la mia ‘ignoranza’ al servizio della comunicazione della pallacanestro Forlì 2015.” Divenuto personaggio tv grazie a Cartellino giallo su Teleromagna, per Luca arriva il momento del grande salto con il trasferimento a Milano. “Là dove il cuore palpita ogni domenica.”

A LATO, LUCA MASTRANGELO, IN ALTO INSIEME AL GIORNALISTA CARLO PELLEGATTI E, SOTTO, CON L’EX CALCIATORE NICOLA BERTI.

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STORIA

COMPAGNI DI SCUOLA IL LICEO SCIENTIFICO FESTEGGIA UN SECOLO DI STORIA

DI PAOLA FRANCIA

Un secolo di storia. Una storia di amicizie, di ricordi e di notti prima degli esami. È un traguardo costellato da cento candeline quello del Liceo Scientifico Fulcieri Paulucci di Calboli che ha festeggiato il centenario della sua nascita, avvenuta nel 1923 in seguito alla Riforma Gentile che, in quell’anno, diede vita a 37 Licei Scientifici in tutt’Italia. Nato da una sezione dell’Istituto Tecnico Matteucci, ebbe inizialmente come sede il Palazzo degli Studi piazza Morgagni, per poi trasferirsi definitivamente in via Aldo Moro. Ed è qui che nel pomeriggio del 30 settembre è arrivata una carica di oltre 1.700 tra ex studenti, docenti e personale scolastico per un compleanno speciale che ha riunito in una sequenza di fotogrammi, testimonianze e abbracci un intero arco generazionale, studenti di ieri e di oggi. Tanti gli ospiti che si sono susseguiti sul palco allestito nell’atrio che dal Liceo hanno spiccato il volo e si sono

CENTO ANNI SCANDITI DA AMICIZIE E RICORDI. PER CELEBRARE IL PRIMO SECOLO DEL LICEO SCIENTIFICO FULCIERI PAULUCCI DI CALBOLI SONO ARRIVATI IN OLTRE 1.700 TRA EX STUDENTI E DOCENTI. UNA FESTA DI TESTIMONIANZE E ABBRACCI.

distinti nei più diversi ambiti professionali. “Abbiamo organizzato questa festa di compleanno per una ‘anziana ma ancora giovane’ presenza educativa e formativa della nostra città con grande impegno e slancio, senza sapere, fino all’ultimo, in quanti avreb-

bero raccolto l’invito,” dice la dirigente, Susi Olivetti, anima dell’evento affiancata nella preparazione da due ex docenti, Paola Piccinini e Marilena Raggi. “Il tempo del Liceo, come testimoniano i messaggi arrivati intrisi di nostalgia, non è stato solo un normale periodo di studio o di lavoro, ma una dimensione dell’essere, un tempo bello.” Bello per chi lo ha vissuto in anni recenti come nei più lontani, quelli che hanno visto sui banchi di scuola Alberto Szëgo, classe 1933, ingegnere civile diplomatosi nel 1952 che oggi vive a Bologna. Ebreo per parte di padre, nel romanzo A casa di donna Mussolini ambientato tra Forlì, Predappio e Premilcuore, ha raccontato il suo vissuto e quello della sua famiglia durante gli anni del fascismo. “Ho avuto insegnanti bravissimi e molto severi, la professoressa di matematica ad ogni brusìo mi chiamava alla lavagna,” ricorda. “Mi ha fatto molto piacere tornare per 29


STORIA

“ABBIAMO ORGANIZZATO QUESTO MOMENTO CON GRANDE IMPEGNO SENZA SAPERE IN QUANTI AVREBBERO RACCOLTO L’INVITO. QUELLA DEL LICEO È STATA UNA DIMENSIONE DELL’ESSERE, UN TEMPO BELLO.”

IN APERTURA, I CAMPIONATI STUDENTESCHI PROVINCIALI DEL 1953 E UNA RAPPRESENTANZA DEL 1953 E 1956. IN ALTO, DA SINISTRA IN ALTO, GLI EX STUDENTI DELLO SCIENTIFICO GIANFRANCO BACCHI, SALLY GALOTTI, ALBERTO SZËGO (A SINISTRA) CON IL FRATELLO EDOARDO, E PIERPAOLO SEDIOLI.

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un giorno così importante. Gli anni del Liceo sono stati segnati dalla malattia di mio fratello, scanditi da una vicenda famigliare dolorosa, ma per me hanno rappresentato una bellissima esperienza. L’emozione più forte di quel giorno di festa? Riavere tra le mani la mia pagella.” Per il centenario è stato realizzato un manifesto, autografato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la sua visita a Forlì, nato dall’idea creativa di Sally Galotti, diplomatasi 40 anni fa, illustratrice di fama internazionale, disegnatrice e scenografa – ha lavorato per Mediaset e per la Walt Disney – che oggi si occupa di umanizzazione pittorica degli ambienti ospedalieri. “Quella del Liceo è una

scelta che non ho mai rimpianto anche se non facile,” dice. “Mi ha fornito un solido metodo di studio e l’attrezzatura necessaria per affrontare sfide professionali impegnative, un bagaglio umanistico e scientifico importante nel mio percorso sull’umanizzazione pittorica sanitaria che mi ha consentito di spaziare fino alle neuroscienze e di non fermarmi all’immagine pura e semplice.” Gioie e dolori sui banchi per Gianfranco Bacchi, già comandante dell’Amerigo Vespucci, che al Liceo si è diplomato nel 1988. “Sono stati anni importanti in una fase turbolenta della vita,” racconta. “Sono stati gli anni dell’adolescenza, con tutti gli stimoli positivi e negativi

di quell’età e sono stati fondamentali per prendere il largo e intraprendere la mia professione. Mi sono sempre sentito nel mio ambiente, un ambiente che mi ha fatto maturare molto: gli insegnanti delle scuole superiori hanno una responsabilità enorme nei confronti degli studenti e delle loro scelte di vita. Non mi sono svegliato felice tutte le mattine, ma in quegli anni ho ricevuto le basi per orientare il mio futuro.” A fare gli onori di casa presentando i numerosi ospiti, Pierpaolo Sedioli, ex studente, diplomatosi nel 1991. “Avevo partecipato al novantesimo anno di fondazione,” racconta. “Sono revisore dei conti ma nell’immaginario collettivo sono diventato un po’ il ‘bravo presentatore’ e mi fa piacere esserlo stato per i cento anni del mio Liceo,” dice. “L’idea grandiosa è stata quella di celebrare questa data negli spazi della scuola: per un momento siamo tornati tutti come allora, ragazzi sui banchi di scuola.” L’eredità più importante di quegli anni? “L’amicizia fraterna e la socialità che mi hanno accompagnato per tutta la vita.”


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NATURA

INSEGUENDO LE AURORE

ADA GRILLI DA GAMBETTOLA ALLA LAPPONIA PER STUDIARE LE AURORE POLARI

DI LUCIA CASELLI

Scrive, fotografa, studia, viaggia, fonda, organizza, divulga e non la ferma nemmeno la calma del piccolo borgo tranquillo in cui ora vive. Ada Grilli è un’esperta viaggiatrice, nonché editrice e profonda conoscitrice di aurore polari. Sono questi gli ingredienti che caratterizzano la sua vita,

piena di entusiasmo, esperienze e quattro figli. Con voce squillante racconta quello che è stato il suo cammino che da Cesena, dove ha fatto ritorno solo sette anni fa, l’ha portata fino ai Paesi Artici, e dice la sua sulle aurore boreali comparse in Italia e nella nostra regione tra settembre

FOTO ADA GRILLI

e novembre, confermando l’autenticità del fenomeno. “Sono nata a Gambettola e per un breve periodo ho vissuto a Cesena prima di trasferirmi a Bologna per laurearmi in lingue,” racconta. “Successivamente sono partita per Belluno per insegnare e dopo qualche anno

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NATURA

ADA GRILLI VEDE PER LA PRIMA VOLTA L’AURORA BOREALE NEL 1998, RIMANENDONE FOLGORATA. DAL QUEL MOMENTO STUDIA, FOTOGRAFA E DIVULGA QUESTO FENOMENO NATURALE, TANTO DA DIVENTARNE UNA DELLE MASSIME ESPERTE.

IN APERTURA, LO SCATTO DI UNA AURORA POLARE. A LATO, ADA GRILLI.

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sono approdata a Venezia, dove ho vissuto vent’anni, e infine a Bergamo.” Da lì Ada Grilli non fa che salire sempre più in alto, fino alle estreme terre artiche. Complice la sua passione per gli esploratori e i viaggi in luoghi insoliti, tra cui l’Islanda, la Lapponia e la Groenlandia. “In laguna ha inizio la mia carriera da editrice. Dopo la richiesta del Touring Club Italiano di pubblicare una guida sui viaggi con i bambini, negli anni Novanta fondo la casa editrice Leading Edizioni, che esiste tuttora. Mi focalizzo inizialmente sul turismo a misura di bambino, ma presto lancio un’altra collana dedicata al nord. Studio e percorro in lungo e in largo la Lapponia per scrivere Iter Lapponicum, coprendo così un vuoto editoriale perché fino al 2000 non sono esistite guide della Lapponia. Inizio a incuriosirmi sempre di più dei Paesi nordici e dei loro esploratori. Parto dalla ristampa anastatica, quindi senza apportare modifiche, del Viaggio Settentrionale del ravennate Francesco Negri, vissuto nel Seicento e arrivato per primo a Capo Nord. L’interesse

che ne scaturisce diventa carburante per continuare a pubblicare i resoconti di altri viaggiatori creando una nuova collana, ma anche per fare ritorno al nord per scriverne.” La ricercatrice si spinge a più riprese fino alla fredda Scandinavia e finalmente una sera ecco la luce, sia in senso figurato che letterale. “Vedo per la prima volta l’aurora boreale nel 1998. Rimango folgorata e decido di buttarmi a capofitto nello studio di questo fenomeno naturale per capirlo e fotografarlo al meglio.” Ada Grilli intraprende un dottorato in Scienze Polari all’Università di Siena e successivamente un Master in Polar Law all’Università di Akureyri (Islanda), diventando una delle massime esperte sul tema nel nostro Paese, tanto da istituire nel 2015 all’Università di Torino il primo corso in Italia di Geopolitica e Antropologia Polare. Il fenomeno, dovuto all’interazione di particelle cariche di origine solare con la ionosfera terrestre, consiste in bande luminose di colore rosso, oppure verde o azzurro che si verifica-

no a una altezza di circa 400 km con grande dinamismo nel cielo. “Ne ho viste innumerevoli ed è sempre un’esperienza unica. Nel momento in cui osservo le aurore non penso in modo scientifico, mi lascio sovrastare dalle emozioni che attivano in me e soprattutto mi piace osservare l’espressione estasiata di chi mi accompagna nel viaggio. È un evento che si ripete da quando esistono la Terra e il Sole e continua a verificarsi nonostante il cambiamento climatico.” A proposito degli avvistamenti alle nostre latitudini, la ricercatrice spiega: “Non ero in Italia in quel momento quindi non ho avuto un’esperienza diretta del fenomeno, ma la cosa non mi stupisce affatto. Anche a metà dell’Ottocento si sono verificate aurore polari sia in Grecia che in Sicilia e Campania. Capita raramente ma non è impossibile.” Le sue esperienze l’hanno portata a organizzare mostre sulle culture artiche in diverse città italiane, tra cui Cesena, ma anche nei paesi scandinavi. L’ultima, inaugurata nel 2023, si intitola Donne dei ghiacci e fa parte di un progetto di divulgazione che prevede anche una pubblicazione e una serie di incontri sul tema della parità di genere, storicamente portata avanti con discreto successo al nord. La mostra sarà allestita nella Biblioteca Malatestiana a febbraio. Divisa tra Monteleone e Bologna, Grilli collabora con alcune testate tra cui il Resto del Carlino, L’Espresso e Terre & Culture, per cui ha curato uno speciale dedicato all’alluvione in Romagna uscito lo scorso novembre, ma presto preparerà la valigia. A marzo si riparte alla volta di un nuovo spettacolo aurorale.


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A SPASSO CON

DALIA MUCCIOLI A CESENATICO IN BICI CON LA EX CAMPIONESSA DI CICLISMO SU STRADA

DI BARBARA BARONIO

FOTO GIANMARIA ZANOTTI

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A SPASSO CON

“NEL MIO IPOTETICO TOUR ROMAGNOLO: LA SALITA DI MONTEVECCHIO, DOVE PANTANI ERA SOLITO ALLENARSI, MERCATO SARACENO, IL PORTO CANALE DI CESENATICO, IL MUSEO DEL ‘PIRATA’, IL CASTELLO DI RIBANO.”

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Una vacanza da sogno in bicicletta, attraversando paesaggi mozzafiato e vivendo esperienze uniche come cooking class, degustazioni di vini pregiati e cene in ristoranti stellati: ecco il nuovo mondo di Dalia Muccioli, campionessa italiana di ciclismo nel 2013, che oggi si occupa di cicloturismo e accompagna nei luoghi più belli d’Italia tanti viaggiatori stranieri. Dalia, classe 1993 e ciclista professionista dal 2012 al 2019, è nota per essersi laureata Campionessa Italiana in linea nel 2013. Dal 2019, anno del suo ritiro dalle competizioni, ha intrapreso una collaborazione con la compagnia americana DuVine che organizza esperienze in sella di alto livello. “Grazie a mio padre,” racconta

Dalia, “è cresciuta in me questa passione sin da quando avevo 8 anni. Ho cominciato a competere senza troppe aspettative. A diciannove anni gareggiavo come professionista e nel 2013 è avvenuta la svolta decisiva: in quell’anno, infatti, mi sono aggiudicata il primo posto nel campionato italiano femminile di ciclismo e da lì ho potuto partecipare a numerosi eventi su scala europea e mondiale. Nel 2019 ho scelto di non continuare a disputare competizioni. Dopo aver cambiato completamente vita, nel 2023 sono stata contattata dalla Banca Mediolanum per fare da testimonial al Giro d’Italia 2023. Il mio compito è stato quello di pedalare, lungo ogni tappa del giro, con i clienti della

banca e con altri ex-professionisti, tra cui Gianni Motta, Francesco Moser, Maurizio Fondriest, Paolo Bettini e Alessandro Ballan. Un’emozione indescrivibile che ho scelto di condividere con mio padre che mi ha sempre sostenuta.” Dalia è spesso fuori città, ma adora la sua Cesenatico che definisce un’isola felice. “Per lungo tempo ho vissuto lontana dal mio mare,” racconta Dalia, “ma ora che sono tornata a vivere stabilmente a Cesenatico ho ritrovato quella quiete e tranquillità, soprattutto dei mesi invernali, che mi mancavano tantissimo. Amo passeggiare lungo il molo di Cesenatico e sedermi proprio sulla sua punta, circondata dal mare e dal silenzio.


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A SPASSO CON

IN APERTURA E IN QUESTE PAGINE, DALIA MUCCIOLI CON LA SUA INSEPARABILE BICI NELLE VIE DI CESENATICO.

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Quando ho voglia di prendermi un po’ di tempo, mi rifugio lì e mi faccio avvolgere dai suoni del mare.” Per la Muccioli che è abituata a passare dalle dolci colline toscane alle vette delle Alpi, Cesenatico resta una terra magica. “Lavoro con turisti stranieri, per lo più statunitensi, disposti a compiere importanti investimenti per una vacanza nel nostro Paese. Tante volte mi è capitato di pensare a come sarebbe bello poter creare un pacchetto tutto romagnolo per la clientela internazionale che adora l’Italia. Nel mio ipotetico tour immancabile sarebbe la salita di Montevecchio, la storica ascesa sulle

strade della Romagna dove Marco Pantani era solito allenarsi e anche oggi è percorsa dal Memorial Pantani e da manifestazioni prestigiose come la Grandfondo la Via del Sale. E poi continuerei verso Mercato Saraceno per una super sosta in una pasticceria dell’Alta Valle del Savio prima di scalare il famoso Barbotto, salita immancabile nel tragitto della Nove Colli per rientrare poi sul Porto Canale leonardesco di Cesenatico per gustare un buon bicchiere di sangrìa dalle amiche della Gorda e assaporare una buonissima piadina. Nel pomeriggio a Cesenatico farei una tappa al museo di Marco

Pantani nei pressi della stazione ferroviaria dove è possibile ripercorrere la carriera del ‘Pirata’ attraverso l’esposizione di foto, cimeli e materiali audiovisivi. La struttura è suddivisa in 3 aree di circa 100 mq ognuna, denominate con i nomi delle montagne che Marco Pantani ha conquistato (del Mortirolo e dell’Alpe d’Huez detiene ancora il record di scalata) e che lo hanno reso famoso e amato in tutto il mondo. E per finire in bellezza la giornata, proprio al tramonto accompagnerei il gruppo al Castello di Ribano per una degustazione di vini.” Ad oggi Dalia è ricercatissima e spesso allaccia collaborazioni anche con privati per viaggi esclusivi. “A gennaio accompagnerò un gruppo di San Mauro Pascoli a Gran Canaria per un tour di dieci giorni. Ogni soluzione viaggio prevede diversi gradi di difficoltà. Quando parto ho sempre un team che che mi supporta e mette a disposizione le bici e anche le e-bike. Che si tratti di bici ‘tradizionale’ o e-bike credo che ogni opzione sia da apprezzare. L’e-bike per molte famiglie è la soluzione perfetta che consente anche alle persone meno allenate di intraprendere una vacanza in bici, all’aria aperta, facendo movimento e alla scoperta dei luoghi più belli della nostra Italia.”


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IN VINO FELICITAS UNA DIMORA CALDA E RAFFINATA DAI RICHIAMI ENOLOGICI

DI FRANCESCA MICCOLI

C’è un impercettibile filo rosso che annoda la dimensione pubblica e quella privata di Alessandro Nicolucci, discendente di una famiglia di viticoltori e titolare dell’azienda agricola di Predappio Alta, che dal 1885 eleva il nome della Romagna nel mondo. A fungere da collante è il vino prodotto nel piccolo borgo medievale di poche centinaia di anime, quelle che hanno resistito al richiamo della città. “Un tempo Predappio Alta era un centro enologico e vitivinicolo molto importante,” racconta Nicolucci, con i suoi 54 anni uno dei più giovani ancora radicati a la Prè. “La particolarità del terreno, abbracciato dalle vecchie miniere di zolfo e dal gesso cristallizzato, garantiva la produzione di vini di carattere, spessore, longevità, eleganza. Intrinsecamente connessa alla nostra storia, sospesa tra sacro e profano, la cultura enologica si è tuttavia persa nel tempo: facendo fatica 46

NELL’ANTICO PALAZZO DELLA FORLÌ VECCHIA, ALESSANDRO NICOLUCCI, DELL’OMONIMA CANTINA, E LA MOGLIE ANGELICA HANNO RICREATO UN AMBIENTE CALDO ED EVOCATIVO CON UN’IMPONENTE PARETE IN ROVERE DI BOTTI E SGABELLI IN SUGHERO.

a sostentarsi con la sola produzione di vino, le persone hanno scelto di trasferirsi a Forlì o verso il polo industriale di Ravenna.” Eppure i sapori, i profumi e i colori delle etichette ‘made in Predappio Alta’ sono conosciuti e apprezzati a tutte le latitudini.

FOTO ANDREA BARDI

“Nelle trasferte in Giappone, Stati Uniti, Canada o alle fiere del Nord Europa porto non solo un vino ma un intero territorio.” Contrariamente a quando sentenzia la massima, la parte più intensa del viaggio è il rientro tra le mura domestiche. “Non si perde mai il piacere di tornare ai propri profumi e alle proprie abitudini, alla propria comfort zone. Si parte sempre con la voglia di rientrare, anche perché la qualità della vita nel nostro territorio è altissima.” A casa la quotidianità di Nicolucci è piuttosto intensa. “Da mattina a sera sono in azienda e mi divido tra campagna, cantina di trasformazione e ufficio, dove pianifico l’attività commerciale, la partecipazione alle fiere e alle premiazioni sancite dalle guide. Un lavoro molto legato alla stagionalità.” Al crepuscolo il rientro a Forlì. Percorsi i circa 20 chilometri che separano le due mete del cuore, l’aroma non si disperde. Al contrario, la magia si rinnova ogni


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RUBRICA

TRA I DUE INGRESSI DELL’ABITAZIONE CI S’IMBATTE CON STUPORE IN UNA IMPONENTE PARETE IN ROVERE. QUATTRO METRI DI POESIA POSSENTE, UNA VERA E PROPRIA OPERA D’ARTE REALIZZATA CON VECCHIE BOTTI.

IN QUESTE PAGINE, ALESSANDRO NICOLUCCI E LA MOGLIE ANGELICA, NELLA CASA CON I TANTI DETTAGLI CHE EVOCANO LA PRODUZIONE DEL VINO.

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sera con liturgica puntualità. Nel bel palazzo antico nel cuore della Forlì vecchia, i sensi si risvegliano già all’entrata: tra i due ingressi dell’abitazione, il principale e quello affacciato sulla corte interna, ci s’imbatte con stupore in una imponente parete in rovere. Quattro metri di poesia possente, una vera e propria opera d’arte. “È realizza-

ta con vecchie botti, caratterizzate da doghe di 6 o 7 centimetri di spessore. In cantina periodicamente vanno rinnovate e, una volta dismesse, privarsene sarebbe un vero peccato!” A evitare il sacrilegio, un’illuminazione che vanta una duplice firma. “Mia moglie Angelica e l’arredatrice Mara Gondoni di Deposito Creativo hanno stu-

diato come rigenerare le assi.” E il risultato è semplicemente sorprendente. “Come varchi la soglia sembra di entrare in cantina, si avverte un profumo, d’intensità più o meno accentuata a seconda dell’umidità: anche se in disuso da tempo, il legno rimane impregnato di vino e di sale di tartrato.” In casa Nicolucci la parete non è l’unico dettaglio che rimanda all’attività di famiglia: in una dimora elegante, raffinata e soprattutto accogliente, caratterizzata dalla costante presenza del legno che conferisce calore agli ambienti, è possibile sedere su sgabelli in sughero e modellati a forma di


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“COME VARCHI LA SOGLIA DI CASA SEMBRA DI ENTRARE IN CANTINA, SI AVVERTE UN PROFUMO, D’INTENSITÀ PIÙ O MENO ACCENTUATA A SECONDA DELL’UMIDITÀ: ANCHE SE IN DISUSO DA TEMPO, IL LEGNO RIMANE IMPREGNATO DI VINO E DI SALE DI TARTRATO.”

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tappo. Di stampo enologico anche alcune tende e una maniglia con piccola doga di una porta. Tra le ‘chicche’artigianali’, una lampada realizzata da Nicolucci junior con una bottiglia di magnum come basamento: un dono, apprezzatissimo dal genitore. Ma la quinta generazione non è ancora pronta a raccogliere l’eredità paterna. “I miei figli hanno intrapreso strade differenti. Io da bambino sgattaiolavo in cantina e bevevo direttamente dallo spillatoio della botte, esperienza che i miei tre ragazzi non hanno vissuto. Ci si può avvicinare a questo mondo anche da grandi.” Galeotto fu invece il nettare di bacco nello sbocciare della storia d’amore che da oltre trent’anni unisce Alessandro e Angelica, medico dell’emergenza sulle piattaforme. “La conquistai con un bicchiere di cagnina: da giovani ci si approccia ai vini più ‘facili’ ovvero dolci e meno alcolici. È stato il ‘la’ del suo percorso enologico.” “All’epoca studiavo all’Università di Modena e prendevo in giro Alessandro inneggiando al lambrusco e ai vini emiliani,” ribatte la deliziosa consorte. Come suole ripetere l’imprendi-

tore, innamorato del “risveglio vegetativo della campagna, del momento magico anche se ansiogeno della fine della fermentazione e della suggestione del primo assaggio, il vino è emozione,” pura gioia. Tale soprattutto se condivisa. In vino felicitas.





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CHIUDIAMO IL 2023 CON LE FOTO DEGLI ULTIMI TRE MESI DELL’ANNO, RACCONTATI DAI FOTOGRAFI DEL GRUPPO CARTOLINE DA FORLÌ & DINTORNI. IN QUESTI SCATTI, I COLORI DELL’AUTUNNO E QUELLI RUTILANTI DEL NATALE IN PIAZZA. BUON 2024!

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Ottobre

SARA MAZZATINTI AL SAN GIACOMO, L’ALBERO DEI TUTTI DI GREGOR PRUGGER CONTRO LE MAFIE

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ALESSIO AGNOLETTI DOPO IL RESTAURO, SI TORNA SUL CAMPANILE DI SAN MERCURIALE

PAOLO AMBROSINI IL TRIBUTO AI PINK FLOYD IN PIAZZA SAFFI


Novembre

RENZO ZILIO I LAVORI POST ALLUVIONE SULL’ARGINE DEL FIUME MONTONE

GIUSEPPE DE SARIO LE CELEBRAZIONI PER IL 79° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI FORLÌ

Dicembre

ILVA COCCHI LA DANZATRICE DI LUCE PER L’ACCENSIONE DELL’ALBERO IN PIAZZA

STEFANIA SOLDÀ E NATALE SIA! LA VISTA SULLA PIAZZA E LA PISTA DI PATTINAGGIO

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EVENTI

TEDX MANIA DA CESENA, IL FORMAT SI DIFFONDE E FA IL TUTTO ESAURITO

DI PAOLA FRANCIA

“Idee che meritano di essere diffuse.” Con questo spirito nasce il programma di eventi TEDx che ha l’obiettivo di riunire uomini e donne provenienti dal mondo della cultura, del cinema, della medicina e in generale esperti di tutto lo scibile umano, per favorire la contaminazione del pensiero su una grande varietà di argomenti. Una formula che nasce come emanazione del più conosciuto TED - Technology

Entertainment Design, la comunità globale per la diffusione delle idee proposte sotto forma di brevi ma potenti talk di 15 minuti, istituita nel 1984 e ancora oggi punto di raccolta delle migliori menti di tutto il mondo, in grado di contagiare il mondo con idee innovative, “capaci di cambiare gli atteggiamenti, le vite e in definitiva il mondo.” Una formula, quella degli eventi disseminati a livello locale, che

sempre più si sta diffondendo anche nel territorio romagnolo, a partire dal 2016, quando a Cesena per la prima volta si sperimentò con successo l’organizzazione su base volontaria del primo TEDxCesena. Un successo replicato nel mese di novembre al Teatro Bonci, per la settima edizione, che ha visto la partecipazione di oltre 700 persone arrivate per assistere agli otto speech sul tema prescelto,

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EVENTI

IL PROGRAMMA DI EVENTI, ORGANIZZATI SU BASE VOLONTARIA E SEMPRE PIÙ DIFFUSI SUL TERRITORIO, RIUNISCE PENSATORI, INNOVATORI ED ESPERTI IN OGNI CAMPO DELLO SCIBILE UMANO PER FAVORIRE LA CONTAMINAZIONE DEL PENSIERO SU UNA GRANDE VARIETÀ DI ARGOMENTI.

IN APERTURA IL TEDX CESENA AL BONCI. IN BASSO, L’EDIZIONE FORLIVESE AL PICCOLO.

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Abracadabra, termine che evoca qualcosa di magico e imprevedibile e condensa le grandi sfide dell’uomo alle soglie del terzo millennio, in un mondo in cui nonostante l’alleanza con la scienza e la tecnologia, molte restano le domande in cerca di risposte. Sul palco si sono alternati l’esperto di diplomazia culturale e di economia della cultura Luca Baraldi, il linguista Andrew Campbell Halavais, lo psicologo e consulente di comunicazione d’impresa Giovanni Siri, la zoologa, scrittrice e esperta di lupi Mia Canestrini e il mentalista Francesco Tesei. La prima edizione di TEDxForlì si è tenuta nel mese di febbraio, quando sul palco del Teatro Il Piccolo si sono alternati pensatori, innovatori e creativi, dalla medicina alla tecnologia, dall’arte all’economia, sul tema Fuoco

che arde. Un’esperienza che sarà replicata il prossimo 3 febbraio al Teatro Diego Fabbri dove sono attesi speaker provenienti dal mondo della cultura, del cinema, passando la medicina, la musica e il nonprofit che interverranno sul tema prescelto per la seconda edizione, Desidèri. “Il desiderio è il motore della vita umana,” scrivono gli organizzatori. “Gli esseri umani non smettono mai di desiderare, perché è il desiderare che ci fa muovere e vivere. I nostri speaker, con le loro storie, i loro episodi di vita, le loro provocazioni, i loro punti di vista innovativi, le loro scelte, ci porteranno al cuore della ricerca: l’essere umano e i suoi desideri, con i suoi interrogativi, e la sua ricerca di risposte.” Si alterneranno sul palco del Fabbri lo scrittore e creative director Paolo Stella, la professionista del

nonprofit Chiara Blasi, l’attore, autore e regista Giovanni Scifoni, la bioeticista Silvia Camporesi, il nutrizionista e divulgatore Iader Fabbri, la fondatrice del Festival del Buon Vivere Monica Fantini, lo psicologo del lavoro Terenzio Traisci e la cantautrice MonnaElisa. Il fenomeno TED è arrivato infine anche nella città artusiana, nel mese di novembre, che ha ospitato all’interno della rassegna di eventi Radici future la prima edizione di TEDxForlimpopoli al Teatro Verdi dal titolo Mangiare ieri, oggi e domani, organizzata dall’associazione Boa aps e con la collaborazione di un gruppo di giovani volontari. Nella città natale di Pellegrino Artusi il tema non poteva che essere ispirato al cibo, primordiale canale di comunicazione e di socializzazione.


ADVERTORIAL

FLAMBEH BOTTEGA E CUCINA L’ACCOGLIENZA SI SPOSA CON IL PIACERE DELLA TAVOLA

Federica Flamigni, insieme a un gruppo di sette donne che lei stessa definisce una ‘famiglia’ di cui non potrebbe fare a meno. “Per quindici anni ho lavorato come psicoterapeuta fino a quando ho deciso che era ora di dare corpo alla passione ereditata dai miei genitori,” racconta la titolare, “quando nei fine settimana la casa si riempiva di persone intorno alla tavola. L’accoglienza è sempre stato il leitmotiv della mia famiglia.” Il fondamentale supporto della zia Patrizia, sua socia, le ha poi consentito di realizzare il suo sogno. E così da passione, un diploma alberghiero alle spalle, l’accoglienza diviene il mestiere della vita, saldamente ancorato a dieci anni di esperienza nell’organizzazione di catering e chef a domicilio. Qui si può gustare un menù genuino che asseconda la stagionalità dei prodotti – così come i

UN POSTO IN CUI SENTIRSI A CASA, UN ANGOLO DI ROMAGNA IN CUI LA CUCINA DELLA TRADIZIONE INCONTRA LA CREATIVITÀ CON L’UTILIZZO DI PRODOTTI STAGIONALI E DEL TERRITORIO.

vini di provenienza locale – che cambia ogni due settimane: una cucina tradizionale romagnola rivisitata che non manca di scelte vegetariane e di pesce. “Una costante sono i piatti dimenticati della tradizione,” spiega Federica, “perché chi viene a trovarci si possa sentire come nella cucina della propria infanzia.” Tra i riconoscimenti ottenuti quello di ‘Ambassador’ da Romagna a Tavola, circuito gastronomico romagnolo, e la pole position di Tripadvisor. L’osteria è aperta dal martedì sera alla domenica a pranzo, chiusa il sabato a pranzo e in estate la domenica a pranzo. “Come definirei la mia cucina? Attenta alla cura e femminile, tradizionale e autentica ma al tempo stesso fantasiosa e colorata. L’impronta data dal nostro gruppo di donne affiatate credo si respiri e sia il motivo del successo.”

C’è un piccolo e caldo angolo di Romagna dove l’accoglienza si sposa con il piacere della tavola. Un piacere che si sprigiona dal gusto di ingredienti di stagione, selezionati dai produttori locali, e in cui la cucina della tradizione romagnola s’incontra felicemente con la creatività. È Flambeh Bottega e Cucina, piccola osteria – 36 coperti all’interno che raddoppiano all’aperto in estate – in piazza Garibaldi 2 a Forlimpopoli, luogo natio di Pellegrino Artusi. A prendersi cura della clientela affezionata, che ha eletto il locale a luogo dello ‘star bene’, è

Forlimpopoli | Piazza Giuseppe Garibaldi 2 | Tel. 0543 544337 | flambeh@outlook.it


SCRITTURA

UNIVERSI DI PAROLE FABIO RAVAIOLI E I VENT’ANNI DEL PREMIO CITTÀ DI FORLÌ

DI FRANCESCA MICCOLI

Un talento dal multiforme ingegno. Già medico di base e dunque uomo di scienze nella sua Santa Sofia, Fabio Ravaioli è il vincitore del Premio IN Magazine per il racconto inedito nell’ambito della XX edizione del Premio letterario nazionale città di Forlì. Un eclettismo che il seguace di Ippocrate ha dimostrato anche nella scrittura, grazie alla capacità di passare in maniera disinvolta dall’amata poesia, coltivata da sempre, all’inesplorato terreno del romanzo. “Abituato a scrivere in poesia nei momenti di pausa o in occasione delle folgorazioni domenicali, raggiunta l’età pensionabile ho avuto l’opportunità di soddisfare questo ‘ghiribizzo’,” spiega Ravaioli. “Il premio Nobel per la letteratura William Faulkner sosteneva che il romanzo fosse la forma di scrittura più facile, seguita dal racconto e, ultima, la poesia. Ebbene io la penso all’opposto.” Per l’ex medico scrivere è una necessità ma anche una vocazione: la sua casa in riva al Bidente è punteggiata da ben 20.000 volumi. “Incline ai testi criptici, ermetici, grotteschi al limite dello sconcertante, mi sono cimentato per la prima volta in un tema 60

sentimentale: ho scritto in punta di penna sul tema della bicicletta, tratteggiando una figura ideale, non autobiografica. Anche se una bambina di nome Gianna come la protagonista del racconto è realmente esistita nella mia

infanzia e ne conservo un vivido ricordo.” Divenuta anche lei medico, sarebbe scomparsa al pari di quelle piccole fiammelle che illuminavano le estati nel villaggio, metafora di un mondo che non esiste più. Un po’ Joyce,


un po’ Hemingway, con richiami a Pascoli e Pasolini, Ravaioli ricorre fieramente all’uso appropriato di termini oggi desueti, espressione dell’italiano puro della Romagna Toscana del primo Novecento. A decretare la vittoria del premio una giuria formata da illustri personaggi della cultura forlivese e non: Andrea Barbieri, Paolo Cortesi, Gianluca Gatta, Maria Teresa Indellicati, Jenny Laghi, Cesarina Lucca, Marco Mazzoli e Rosanna Ricci. “Le lucciole è un testo splendido, scritto molto bene e vicino al sentire comune,” spiega la professoressa Ricci, docente di lettere e critica d’arte. “Un racconto con una marcia in più, a dispetto di un tema complesso, quello della bicicletta, che poteva facilmente indurre alla ripetitività.” Soddisfatta dell’alto livello degli autori partecipanti all’agone Claudia Bortolotti, la presidentessa del Centro Culturale L’Ortica, promotore del ‘Città di Forlì’. “II premio si articola in tre sezioni: la poesia e il racconto inediti e, unicum in Italia, la prefazione a un libro di poesia. In quest’ultima sezione abbiamo registrato la partecipazione

“HO SCRITTO IN PUNTA DI PENNA SUL TEMA DELLA BICICLETTA, TRATTEGGIANDO UNA FIGURA IDEALE,” RACCONTA LO SCRITTORE FABIO RAVAIOLI, VINCITORE DELLA XX EDIZIONE DEL PREMIO. “UN TESTO SPLENDIDO, SCRITTO MOLTO BENE E VICINO AL SENTIRE COMUNE,” SPIEGA LA PROFESSORESSA RICCI.

di critici importantissimi come Dante Maffia, nome avvicinato addirittura al Nobel per la letteratura.” Associazione senza scopo di lucro costituita a Forlì nel 1991, L’Ortica è un sodalizio verso cui tutti gli amanti della cultura, e non solo, sono debitori: davvero innumerevoli infatti le iniziative che hanno permesso a tante persone di avvicinarsi al mera-

viglioso universo librario, alle poesie in italiano e dialetto, al teatro, alle arti visive. L’attività del centro è infatti molto vasta; tra i tanti gioielli la manifestazione ‘Poesia e natura nel Parco’, ideata dal compianto Luciano Foglietta, promossa in collaborazione con il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e rivolta agli autori di Emilia-Romagna, Toscana e Marche, le terre del parco. “Più che un premio, un vero e proprio evento che si sviluppa nel corso di un’intera giornata e contempla una camminata nel verde, un pranzo conviviale e, in chiusura, un convegno con la lettura di testi. Iniziative nobilitate in passato dalla partecipazione di personaggi del calibro di Giorgio Celli, Maurizio Pallante e dello stesso Foglietta.” Tra le tante manifestazioni targate L’Ortica, la presentazione di libri e autori in collaborazione con l’associazione Aurora, ex Circolo della Scranna, quindi corsi di scrittura creativa, con la presentazione pubblica degli elaborati nel corso, e la Merenda d’Artista. Senza dimenticare la rivista distribuita in tutto il territorio nazionale e la costituzione del gruppo teatrale TeatrOrtica. 61


RACCONTO VINCITORE DEL PREMIO LETTERARIO NAZIONALE CITTÀ DI FORLÌ , SEZIONE PREMIO IN MAGAZINE PER LA PROSA INEDITA.

LE LUCCIOLE DI FABIO RAVAIOLI

Multa lampyride vicus G.Pascoli Portavo ancora il grembiulino quando, ragazzino fortunato, ebbi in dono la mia prima bicicletta. Nel mio villaggio di campagna, fra figli di contadini e di operai, eravamo in pochi a godere di questo privilegio. Stentai qualche giorno a impratichirmi col difficile marchingegno, sospeso in un equilibrio sempre meno precario sulle due ruote, caparbio, ostinato nonostante qualche capitombolo e le inevitabili ginocchia sbucciate, macchiandomi di pillacchere di fango e verdi sbavature di nepitella l’immacolato grembiulino, ma finalmente, all’improvviso, quasi, la crisalide sbucò dal suo goffissimo bozzolo e spiegò le ali per volare, via, nella campagna, fra le mucche perplesse, i balestrucci che garrivano e gli orribili cerasti che sfrecciavano all’improvviso attraverso il tratturo o il guizzo smeraldino del ramarro che, a coda ritta, sguisciava sotto la sferza del sole fra le due ruote e quasi mi provocava una ignominiosa caduta. Mi piaceva soprattutto pavoneggiarmi con la mia bicicletta nuova di zecca davanti alla catapecchia, già fuori dal villaggio, oltre il ponte, di Gianna, la bambina selvatica che non frequentava neppure la scuola, quella dalle rosse treccine incolte e l’abitino-sempre lo stesso di un indefinibile color gridellino per le troppe lavature. Al paese i soliti bene informati bisbigliavano, schioccando la lingua in segno di disapprovazione, che i suoi fossero addirittura di ‘stirpe’ ebraica. Inutile dire che io ne ero perdutamente innamorato. Oggi che sono vecchio, perduta da tempo ogni traccia di quel mio primo amore, penso col senno di un adulto che forse Gianna aveva qualcosa fuori posto nel suo cervellino di bambina. Magari era autistica o senza alcun dubbio eccentrica: in una parola, picchiata. Non giocava con gli altri bambini, non andava in chiesa la domenica e neppure, come ho detto, a scuola, sempre solitaria e come chiusa in un suo mondo fantastico che sembrava limitatissimo e di una tristezza infinita. Grazie alla bicicletta, però, la conquistai: lei che non aveva mai dato alcun segno di accorgersi della mia presenza prima di allora, neppure quando avevo ostentato tutta la mia abilità con la fionda, cimentandomi a colpire i nidi delle povere rondini sotto la cimasa della stalla. Mi guardava affascinata sfrecciare avanti e indietro, enfatizzando le mie evoluzioni periclitanti, attorno al melo piantato davanti alla casupola in cui vivevano lei, la mamma vedova che faceva la lavandaia e due fratellini più piccoli. Quando mi fermai a cogliere una mela annurca, saporitissima, e l’addentai con gusto, Gianna si avvicinò e affascinata allungò la mano a toccare il metallo luccicante del mio velocipede. Dovette sembrarle un magico ippogrifo, un vero portentoso ‘ordegno’ ariostesco. 62

Ammirava soprattutto le ruote vorticanti e sembrava addirittura ipnotizzata dal suono del campanello, così argentino, così squillante. Dimenticava persino di tirar su il moccio col naso che si stropicciava di continuo, per via di una molesta pollinosi. Aveva un nasino veramente minuscolo, buffissimo, una specie di pallottolina di plastilina impastata alla bell’e meglio e poi appiccicata con un gran senso del comico in mezzo alla faccina lentigginosa, con due minime pieghette sul dorso, per via di quel continuo strusciare. Nell’insieme tutto il suo viso dava l’impressione di un pupazzo di polistirolo plasmato in fretta e furia da un ragazzaccio e poi dimenticato incautamente e troppo a lungo vicino al fuoco di una stufa economica. Nel complesso, vista anche la leggera miopia che l’affliggeva, l’espressione generale era piuttosto ottusa ed ebete. Naturalmente, era per questo che io l’amavo tanto, nel candore dei miei verdi anni. Mi fu facile convincerla a salire sul sellino della mia bici, e feci del mio meglio, premendo sui pedali, per farle provare l’ebbrezza futurista della velocità. Pedalavo, pedalavo, sollevando nuvole di polvere e nugoli di vanesse, spettinando le corolle dei papaveri sul ciglio del torrente per via di quel moto tumultuoso. Le efemere ci vorticavano attorno a sciami, impazzite. Gianna rideva, felice, le treccine al vento, le rondini, che allora erano ancora numerosissime, facevano in cielo le loro più sfrenate evoluzioni, quasi a provocarci al cimento. Una volta, inevitabilmente, cademmo sull’erba alta e ci macchiammo di verde le ginocchia sbucciate. Gianna, eccitata, divenne insolitamente loquace. Una pagliuzza tra le labbra, un’aureola di moscerini sopra le trecce rosse e qualche coccinella sempre appiccicata addosso, parlava con una evidentissima zeppola che le faceva dire, ad esempio, ‘lane’ e ‘lospi’. Più tardi appresi che quella sua blesità era chiamata sigmatismo ed era una forma di dislalia, ma allora questo non mi importava affatto ed io sapevo solo che mi piaceva moltissimo sentirla pronunciare ‘lamallo’ o ‘scoiattolo’ con la esse sifula. La prima volta che sentii quella specie di lallazione, non seppi trattenermi e le scoccai un bacino sulla guancia lentigginosa. Mangiavamo, cogliendoli dalle siepi, prugnole selvatiche e corniole lazze che allappavano i denti e fragoline o lamponi. Gianna conosceva tutti i fiori selvatici, gli alberi e gli animali della campagna. Sapeva raccontare le loro origini e relative vicende magiche o mitopoietiche, come non lo saprei spiegare e del resto allora neppure me lo chiedevo: penso fosse così, per scienza infusa, per una conoscenza innata e irrazionale delle cose, per una specie di ‘pensiero selvaggio’. Non aveva ribrezzo a prendere in mano bòtte, orbettini, rospi e salamandre che guardava intensamente dentro gli occhietti di rettile, per niente spaventati a loro volta e di cui raccontava gesta e mirabilia.


Le bestiole sembravano trovarsi perfettamente a loro agio fra i suoi ditini: le forme del Buon Dio, come le chiamava lei. Le lucertole dagli occhi di giaietto si lasciavano acchiappare, ammansite, senza neppure sacrificarle le code nervose. Il rospo, diceva, aveva un rubino prezioso nel cervello. Il colùbro, perfetto e sinuoso, era bellissimo nella sua elettrica elasticità. La sera andavamo in bicicletta oltre il ponte, di là dal fiume e tra gli alberi, lungo le rogge del canale dove il villaggio brulicava tutto di fiammelle, trapunto com’era di lucciole. Gianna mi diceva l’origine dei lampiridi, quei magici puntini di luce, fuochi fatui o fuochi di Sant’Elmo che ci fiorivano sulle punte delle dita. Diceva che avevano nella pancia una goccia di fosforo infuocato e che era peccato schiacciarle o far loro del male. lo ammiravo lei e quelle piccole fiammelle di zolfo rovente che sembravano sciamarle attorno con un intento preciso. Le api nascevano per generazione spontanea, da una carcassa di bove esposta al sole e avevano, non una regina, ma un re a capo dell’alveare. Le loro trafitture guarivano dalla scrofola. La cicala non aveva bocca e si nutriva di sole. I grilli, come li vedeva lei, erano magnifici guerrieri catafratti, impegnati di continuo in tornei incruenti. Le locuste e le mantidi, di cui io avevo tanta paura, me le fece apparire come magnifiche e inquietanti creature aliene, enigmatiche dentro le loro chitine mistiche. Tutto era bello, per lei, quello che veniva dalla natura. Tutto era avvolto da un’aura speciale e mirifica. La bicicletta che tanto l’affascinava era evidentemente per lei un’altra espressione meravigliosa della natura, così levigata, così scintillante sotto i raggi del sole estivo. Gianna conosceva anche il nome di tutte le stelle e mi indicava concentrata la Pleiadi: Maia, Elettra, Alcyone, Merope... Se avevamo fame mordevamo le drupe succose delle ciliegie, col succo che colava dalle labbra o, se era d’autunno, Gianna portava intere saccocce di caldarroste e me le passava, calde e aromatiche nella mia tasca e contro la coscia tesa nello sforzo di pedalare. Una volta mi mostrava l’incredibile perfezione degli acheni e dei pappi, misconosciuti progetti leonardeschi. Oppure mi faceva vedere con occhi del tutto nuovi e con sguardo sempre vergine l’incredibile, ‘insidiosa modestia della corazza’ del grillotalpa, con la sua mirabolante architettura che lo rendeva così simile al pangolino indiano. Tutto, tutto appariva singolare e mirabile se illustrato dalla vocina blesa della bambina Gianna. Poi, come sempre accade, le stagioni passarono e tornarono, cicliche. lo cambiai villaggio, adesso andavo a scuola altrove. Portavo un apparecchio ortodontico che, sì, mi legava letteralmente i denti più di quanto facessero le prugnole e le coccole acerbe che mi porgeva Gianna, perché ne succhiassi tutto il succo. Piansi, dapprima, per il distacco. Le ruote della bicicletta divennero sempre più grandi e i pantaloni sempre più lunghi. Poi la dimenticai, ebbi altri amori, più dolorosi e difficili, una macchina, dei figli...

La scorsa estate, per caso, ripassai dal villaggio, dopo anni. Chiesi naturalmente di Gianna e seppi che era morta ormai da tempo di leucemia linfoblastica, non ancora adolescente. Non riuscii a provare tristezza, non piansi. Mi accusai di durezza di cuore, di insensibilità. Chissà perché, non mi passò per la mente neanche per un attimo l’idea di svoltare per il cimitero del villaggio, non molto distante, dove avrei potuto provare, che so, almeno una vecchia croce col suo nome inciso sopra, assieme alle date compitate a caratteri elementari, grossolani. Forse era la tristezza di quel tumulo, probabilmente senza un fiore sopra, a trattenermi. Forse non ero neppure convinto, in fondo in fondo, che un simile tumulo potesse addirittura esistere. Passeggiai ancora un poco per quella campagna, non molto mutata da allora. Andai oltre il ponte, cercai invano il nostro melo. La casupola era ormai un cumulo di rovine. Ero a piedi, affaticato dagli acciacchi dell’età e sorridendo mi chiedevo se sarei stato ancora in grado di pedalare in bicicletta. Sono stato fuori tutto il pomeriggio e mi sono anche trovato nel bel mezzo di un breve piovasco, consolandomi al pensiero che dopo tutto potevo considerarlo un lavacro lustrale, chissà, forse perfino rigenerativo e benefico per la mia artrite. Dentro le rovine della casa adesso crescevano i sambuchi e ronzavano i calabroni. Poi, un refolo divento ha portato la prima lucciola. Ho avuto la fugace ma netta sensazione di un’illuminazione improvvisa, di quello che il buddismo zen chiama un ‘satori’. Pensai, meglio, sentii all’improvviso che Gianna non poteva essere morta, come non poteva neppure diventare adulta, adolescente o donna e madre di bambini. Le bambine, specie le bambine eterne, non generano altri bambini. Ecco perché non si poteva, non si doveva, non era giusto, di più, non aveva nessun senso piangerla. Gianna era l’erba, i fiori, le piante del bosco, le lucciole della campagna, la pioggia d’estate, tutte le creature che adesso mi appaiono miracolose e divine perché lei mi ha insegnato una volta per sempre a vederle come un prodigio, lei, la bambina che un arido trattato di medicina avrebbe probabilmente spillato sull’album degli insetti patologici sotto la classificazione tassonomica di Asperger, una dislessica, dislalica, una minus habens blesa, la pietra di inciampo scartata dai costruttori, di cui si sussurrava al villaggio che avesse potuto avere ‘persino’ ascendenze semite. Perché nulla muore del tutto, pensavo, in questo mondo di parvenze, multa multimodis percita plagis, dove tutto cambia in apparenza, ma nulla – lei me lo insegnò una volta per tutte – viene mai meno completamente, perché tutto è miracolo, prodigio meraviglioso e benefico. Perché adesso lo so finalmente che tutto è grazia. So che tutto, tutto, tutto ciò che esiste è sacro. 63



CINEMA

DIETRO LA CINEPRESA LA GIOVANE VOCE DELLA REGIA AL FEMMINILE CHE RACCONTA IL PRESENTE

DI ALESSANDRO MAMBELLI

La scena cinematografica romagnola è più florida e vivida che mai, anche se forse resta sconosciuta ai più. La nostra terra è culla di tantissime attrici e attori, sceneggiatori e sceneggiatrici, registi e – soprattutto – registe forlivesi e cesenati che stanno lentamente emergendo, facendo sentire la propria voce. Martina Dall’Ara, cesenate classe 1990, ha da poco vinto il premio Best Message al Top Indie Film Awards con il suo documentario Sospesi. Il progetto racconta la pandemia dal punto di vista di cento italiani in cinquanta diversi paesi del mondo. “Ho sentito l’urgenza di raccogliere quante più esperienze riuscivo,” ha detto Dall’Ara. “Mi sono appesa una mappa in studio, mi sono autoripresa presentandomi e spiegando a perfetti sconosciuti il mio intento.” E ha aggiunto: “Vincere al Top Indie Film Awards rappresenta la coronazione del nostro tentativo di creare un’unica voce da tante, mantenendo puro il messaggio delle persone che hanno contribuito con i propri video racconti.” Lo scopo di Dall’Ara è quello di raccontare la nostra realtà: “I miei lavori sono tutti progetti

documentaristi a scopo sociale, sociologico. Mi piace di fatto lavorare sulle persone, raccogliendo realtà sociali di cui molti non sono a conoscenza.” Lavorare con la realtà, però, è difficile, perché non si possono dare informazioni sbagliate. “Ci vuole tanta ricerca e studio,” ha aggiunto, “c’è molta più responsabilità rispetto al creare un film di fiction.” Al momento, Dall’Ara ha tante altre realtà sociali che le

piacerebbe trattare e raccontare, ma la distribuzione di Sospesi la impegna molto. Il documentario è stato presentato un anno fa in anteprima mondiale, e ormai ha ottenuto quasi venti riconoscimenti in tutto il mondo. Anche Forlì ha le sue registe alla ribalta, come Marianna Paglionico. “I miei lavori sono sempre legati alle riflessioni e ai pensieri che mi affliggono in quel momento specifico.” Così ha rias65


NELLA PAGINA D’APERTURA, MARTINA DALL’ARA. IN ALTO, UN FRAME DI SOSPESI E QUI IN BASSO MARIANNA PAGLIONICO E UN DIETRO LE QUINTE DEI SUOI LAVORI.

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sunto in una frase il suo modo di lavorare e i suoi lavori. Punti di vista (2021), il suo primo corto – presentato alla XIX edizione di Sedicicorto Forlì International Film Festival – è stato il suo modo per affermare il risveglio femminista che aveva appena travolto la sua vita. “Ero tornata da sei mesi di Erasmus a Parigi,” afferma, “dove per la prima volta ho trovato un femminismo complesso, che mi parlava e che volevo adottare come filosofia, come modo di guardare alle cose, e il corto parla un po’ di quel periodo: di come ho imparato a cam-

biare punto di vista, ad aprire gli occhi rispetto al mio modo di occupare spazio.” Il suo secondo corto, Non sarai mail libera, è partito da una sceneggiatura non sua, ma è ugualmente riuscita a trovarvi qualcosa di personale: “La paura di sentirsi incastrati, l’impossibilità di reagire, il trovarsi chiusi all’interno di un sistema con la consapevolezza che potrebbe essere diverso, ma che non si sa come rendere diverso, perché gli strumenti a disposizione non bastano.” Il corto non racconta il sistema che circonda la protagonista, ma dà valore e

spazio alla sua esperienza, al suo modo di vivere, senza giudizi. “Anche nel piccolo del mio ambiente professionale,” conclude, “mi sembra fondamentale che il femminismo al cinema si debba preoccupare anche di questo.” La scena forlivese e cesenate si fregia quindi di registe capaci, grazie al loro sguardo cinematografico, di tracciare una rotta narrativa nella complessa molteplicità della realtà. Voci ancorate nel presente e decise a raccontare temi che oggi più che mai è doveroso urlare.




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