ENERGEO MAGAZINE Anno VI Settembre - Ottobre 2013

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Edipress Communications - Orbassano (To) - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (settembre/ottobre 2013) - N. 5 - Abbonamento 6 numeri 30 euro.

Anno VI - settembre/ottobre 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro

Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali-ITKI UNESCO. Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali-TKWB; Premio Eco and the City Giovanni Spadolini; Osservatorio Europeo del paesaggio; Organo ufficiale della Community Network Guglielmo Marconi e del Centro Internazionale Studi per la Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo” di Pollica, riconosciuta patrimonio UNESCO.

UNESCO

I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea

A Modena la terza edizione del Premio Spadolini Trentino Network Quando la banda (larga) passò!

Il tartufo, candidato alla World Heritage List UNESCO, protagonista d’eccellenza lungo i sentieri degli aromi e del gusto



Anno VI - settembre/ottobre 2013

Anno VI - settembre/ottobre 2013

Matera,

dalla selce al silicio

EDITORIALE

L

’architetto Pietro Laureano, dopo aver portato nel 1993 con i suoi studi i Sassi di Matera al riconoscimento nella lista del Patrimonio dell’Umanità UNESCO, ora si cimenta con una brillante intuizione, per raccontare cinque millenni di storia della civiltà dell’uomo sotto il profilo del progresso: dalla selce dei Sumeri e dal papiro degli Egizi al primo alfabeto dei Fenici; dall’invenzione gutenberghiana della stampa all’elettricità, all’innovazione che ha consentito la comunicazione senza fili (telegrafo, telefono, radio, televisione) e l’interconnessione per divulgare il concetto di innovazione applicata al territorio, al silicio del chip, cuore del computer, il protagonista principe di una nuova rivoluzione, nel modo di comunicare e di vivere tra uomini, partendo proprio dal Paesaggio delle caverne. Il convegno, che rappresenta una nuova tappa del viaggio verso la nuova Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite sul Paesaggio, è organizzato da IPOGEA e l’International Traditional Knowledge Institute - UNESCO dal 21-23 novembre 2013, in occasione del ventesimo anniversario dell’iscrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List UNESCO e della nomination del capoluogo lucano come Capitale Europea della Cultura 2019. Finalità del raduno internazionale di oltre trenta esperti (la prima riunione avvenne a Firenze nel 2012) è continuare questo processo destinato a cambiare la storia della definizione del paesaggio e della sua tutela, dedicando in particolare la riflessione alle Città di Pietra come modello di conoscenze per la corretta gestione degli ecosistemi. La filosofia del convegno è che un diverso paradigma conoscitivo per reagire alla sfida globale e prefigurare un nuovo modello può attingere a modalità di pensiero messe al margine dalla modernità. Tra queste il Paesaggio delle Caverne sintetizza un pensiero, troglodita, a basso spreco di risorse, labirintico, nomade, passivo, slow, che offre indicazioni e soluzioni di grande attualità riscontrabili ancora oggi nelle Città scavate nella pietra. “Il rovesciamento del paradigma conoscitivo - dice Laureano, membro del Comitato Scientifico di Energeo - è già stato avviato nella riflessione antropologica, che non vede più il Paleolitico come uno stadio arretrato di conoscenza superato da successive

evoluzioni ma un livello raffinato e avanzato che aveva anticipato importanti acquisizioni ritenute in genere successive (arte, sedentarizzazione, conoscenza dell’ambiente, simbolismo, organizzazione comunitaria, gestione della flora e della fauna), e dalla coscienza ambientale che propone oggi proprio questi temi negati con il predominio delle società affluenti”.

Storie del Trentino scavate nella roccia L’attualità ci porta in Trentino dove si può vedere la storia del territorio (che sarà ricordata al Convegno UNESCO di Matera) nelle gallerie scavate nella collina del Doss che sorge sulla riva idrografica destra del fiume Adige nei pressi del capoluogo, sovrastata dal Mausoleo dedicato a Cesare Battisti, ben visibile dalla città. Si tratta di uno sperone, un tempo chiamato Monte Verruca che nel suo punto più elevato raggiunge i 309 m. s.l.m. elevandosi di oltre cento metri rispetto al piano del fondovalle, ed è ricoperto da 8 ettari di foresta. Assieme al Dosso di San Rocco e al Dosso Sant’Agata formano

Vista dei Sassi di Matera dalla “cripta delle tre porte”. Veduta della Civita con la cattedrale e il Sasso Barisano. In alto: la piastrella di ceramica dell’artista materano Peppino Mitarotonda che celebra l’inizio dei lavori di restauro dei rioni Sassi in occasione della visita a Matera del Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, il 30 dicembre 1981.

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i “tre denti” dell’antica Tridentum romana, tanto per stare in tema con la storia. E’ certamente un’idea originale utilizzare le Gallerie di Piedicastello, ora in disuso, per adibirle, con un per-

territorio Trentino. Quella parte di territorio “usata” per garantire il sostentamento della popolazione e per trasformare l’agricoltura in uno dei fattori principali dell’economia locale. La grande diversità dei terreni che connota il Trentino e l’intervento umano sul territorio hanno contribuito a disegnare una fitta trama di paesaggi agricoli la cui lettura interpretativa è in grado di farci comprendere le diverse

corso espositivo inedito, a Museo della Memoria ma anche ad un percorso accattivante che fa della divulgazione storica una possibilità concreta di comunicare avvenimenti e contenuti in maniera innovativa. Perché gli ex tunnel della tangenziale sono ormai diventati uno spazio aperto e permanente, un work in progress destinato ad ospitare idee, confronti, dibattiti coinvolgendo il territorio e le sue realtà più vive. Insomma è proprio un’idea brillante la riconversione dei due tunnel stradali in spazio culturale. Le Gallerie sono dedicate alla storia del Trentino e delle sue comunità. La Galleria Nera accoglie le proposte a più forte impatto emotivo come i ricordi della Grande Guerra, di cui ricorre nel 2014 il centenario dell’inizio del conflitto che assunse dimensioni intercontinentali, combattuto dal 1914 al 1918. Innescata dalle pressioni nazionalistiche e dalle tendenze imperialistiche coltivate dalle potenze europee a partire dalla seconda metà del 19° sec., coinvolse 28 paesi e gli Imperi Centrali di Austria, Ungheria, Germania e loro alleati. Nella “bianca” si sviluppano temi più legati all’attualità sempre però inerenti alle realtà di un territorio che punta decisamente sull’innovazione, come dimostra una mostra dal titolo “Invenzione di un territorio”. È solo un esempio di quanto si può e si potrà vedere anche perché ciò che verrà sviluppato qui corrisponde più che mai all’idea che le realtà del territorio debbano essere coinvolte in quello che ormai è ben più di un esperimento. Ad esempio la mostra “Terre coltivate” prova a rappresentare le continuità e i cambiamenti che hanno riguardato il

“unità paesaggistiche” che la compongono. Tra queste, il meleto, il vigneto e molte altre, comprese le “unità scomparse” come la coltivazione del gelso, del tabacco e del grano saraceno. Ritorniamo ancora al nostro giornale, che titola l’editoriale “dalla selce al silicio”, e parliamo (a pag.54) della Community Network Guglielmo Marconi, appena costituita.

Non dimentichiamo il genio italico Energeo, impegnato a doppio filo con l’ITKI UNESCO, ha aperto il dialogo, da alcuni numeri, con il mondo dell’innovazione stimolandolo ad avviare iniziative a tutela del territorio. Un modo di parlare di futuro, imparando dal passato, leggendo attentamente le vicende del “genio italico” che ha fatto la storia. Al Convegno di Matera l’amministratore delegato di Trentino Network, Alessandro Zorer, ci parlerà di banda larga, una delle realizzazioni contemporanee che utilizza il silicio per realizzare le fibre ottiche a partire da silice ultrapura, la quale viene ottenuta dalla reazione fra il tetracloruro di silicio e l’ossigeno. Nel silicio destinato alla produzione del core viene aggiunto del germanio (sotto forma di tetracloruro di germanio) in modo da aumentarne l’indice di rifrazione senza variarne l’attenuazione. Sapremo ancora sorprendere con le nostre iniziative, in linea con le politiche unescane, partendo dai Sassi, letti un tempo come vergogna, sinonimo di condizioni disagiate e di miseria degli anni ’40 e ’50, drammaticamente descritti da Carlo Levi con le case grotta fatiscenti dove si dorme insieme agli animali, per approdare alla ricostruzione di un sistema geniale, dalla storia millenaria, dove la necessità ha portato a utilizzare al meglio le rare risorse naturali gestendo l’acqua, il suolo e l’energia in modo appropriato e armonioso

EDITORIALE

I Sassi di

T.R.

Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network, insieme al Presidente della Provincia Autonoma di Trento uscente Alberto Pacher, relatore a Matera sui sistemi di banda larga all’avanguardia adottati in Trentino.

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ISTANTANEE Avviso ai naviganti

PRIMO PIANO 8 I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea L’ UNESCO leva per il rilancio di Matera La Testimonianza di una civiltà scomparsa Da luogo della vergogna a patrimonio dell’umanità La testimonianza di una civiltà scomparsa 12 Il recupero dei Sassi di Matera con Spadolini non fu più un’utopia 13 Matera candidata a capitale europea della cultura 2019

Copertina: Sassi di Matera

LA SFIDA 14 Un patrimonio inestimabile da tutelare e valorizzare Alla ricerca del paesaggio perduto Tanti motivi per difendere il territorio Il ruolo di RES tipica ANCI Una scelta fatta con necessità e urgenza COUNTDOWN 18 Un premio vicino alla gente e ai territori Un concorso per riqualificare i territori La casa natale di Enzo Ferrari baricentro della manifestazione Una Medaglia dedicata ad Ezio Trussoni I riconoscimenti speciali INIZIATIVE 22 Insieme all’UNESCO per non dimenticare Uniti per la “ricostruzione solidale”

SOMMARIO

TERRITORI FRAGILI 24 La luna piena in una sera d’ottobre Gli informatori della memoria RES TIPICA&DINTORNI 28 Il tartufo, protagonista d’eccellenza lungo i sentieri degli aromi e del gusto L’atmosfera che non c’è più I cantieri della memoria che sopravvivono al business Un rapporto molto speciale Quelle cose che nascono ma non si possono superare L’Italia del tartufo Un itinerario di buone pratiche lungo lo stivale Un autunno da protagonista Il Mozart dei funghi SPAZIO GEO 36 Parco dei Castelli Romani: i colli dai quali nacque il mito Una storia affascinante Un cratere che affonda nella notte dei tempi 38 Spulciando nella storia INTERVISTA 40 Insieme per il parco dei castelli FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO 44 Dal supervulcano del Sesia al Sesia-Val Grande geopark Il racconto della storia del nostro pianeta Un itinerario nella natura

Redazione: Pierpaolo Bo edipress@hotmail.com Marketing: Luigi Letteriello 334.120.71.85 Progetti speciali e Pubblicità: Promedia Srl marketing@energeomagazine.com Segreteria di Redazione: Lucrezia Locatelli Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro

Comitato Scientifico: • Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini. • Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM. • Giuseppe Falciasecca, Professore di ruolo di elettromagnetismo presso ALMA MATER Studiorum Università di Bologna, Presidente Fondazione Guglielmo Marconi. • Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo. • Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Alberto Chini, Presidente Associazione Culturale Padre Eusebio F. Chini Precursore della Sostenibilità. • Marco De Vecchi, Professore associato Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino. • Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti. • Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI. • Pietro Nervi, Professore di Economia e Politica montana e forestale. Presidente del Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive dell’Università di Trento. • Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno. • Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino.

• Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza. • Carlo Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food. • Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. Consulente tematiche e sviluppo azioni: • Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio • Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali • Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB • Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO Consulente tematiche e sviluppo azioni: • ripristino centri storici • restauro conservativo • edilizia sostenibile • ricerca di materiali idonei • recupero dei centri abitati • utilizzo dei materiali Marcello Nebl - Tassullo Materiali Spa Collaboratori: Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Luisa Bruga, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Filippo Delogu, Marco De Vecchi, Pier Fedrizzi, Lello Gaudiosi, Ennio Nonni,Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Loredana Renaudo, Paolo Rognini, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Alessandro Sbrana, Marzia Spera, Enzo Siviero, Francesca Vassallo, Stefano Ventura e Chiara Veronesi. Le fotografie di questo numero Copertina • COPERTINA: ITKI UNESCO • EDITORIALE: CNI UNESCO, ITKI UNESCO, Ipogea, Ufficio stampa Trentino Network. • ISTANTANEE: Luisa Bruga. • PRIMO PIANO: ITKI UNESCO, Ipogea, Archivio Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Ufficio Stampa Comune di Matera. • LA SFIDA: Fondazione Museo Storico di Trento, Ufficio Stampa Damanhur, Res Tipica ANCI, ITKI UNESCO, Ufficio Stampa Slow Food. • COUNTDOWN: Archivio Energeo Magazine, Ufficio stampa Museo Casa natale Enzo Ferrari, Comune di Longarone, Giovanni Tomarchio. Ufficio Stampa MuSe, Museo delle Scienze Trento. • INIZIATIVE: ITKI UNESCO, Ufficio Stampa Casa natale Enzo Ferrari.

• TERRITORI FRAGILI: Ufficio stampa Comune di Longarone. • RES TIPICA & DINTORNI: Ufficio Stampa Associazione Città del tartufo, Comune di Moncalvo. • SPAZIO GEO: Ufficio stampa Paro Regionale castelli Romani. • INTERVISTA: Ufficio stampa Parco Regionale Castelli Romani. • FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO: Associazione Supervulcano della Valsesia. • ALIMENTAZIONE & TERRITORIO: Luisa Bruga. • BENI COLLETTIVI: Archivio Regole d’Ampezzo. • SCHEGGE DI FUTURO: Ufficio Stampa Trentino Network, Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento. • CITTALIA: Archivio biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia. • TERRITORI ESCLUSIVI: Archivio ufficio stampa Co.Svi.G. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine. Tutela della Privacy: Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96. Prezzo di copertina: Euro 5,50 Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00 Diffusione on line: www.alicomunimolisani.it www.regione.molise.it www.comunitrentini.it www.distrettoenergierinnovabili.it www.ecoandthecity.it www.energeomagazine.com www.edipress.net www.ipogea.org/ www.osservatoriopaesaggio.eu (in costruzione) www.restipica.net Direzione, Redazione, Abbonamenti: Sede legale Edipress Communications S.a.s. Strada Torino 43, 10143 Orbassano (To) 334.120.71.85 - 335 60.60.490 www.energeomagazine.com abbonamenti@energeomagazine.com Uffici di Corrispondenza: • Distretto Energie Rinnovabili Via Bellini, 58 - Firenze Tel. (+39)055.36.81.23 - Fax (+39)055.321.70.26 • Trento - Consorzio dei Comuni Trentini Via Torre Verde, 23 - Tel. 0461 987139 • ITKI UNESCO-Ipogea (Centro ONU) Via Roma 595 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze) • Osservatorio Europeo del Paesaggio Certosa di San Lorenzo 84034 Padula (Patrimonio UNESCO) (+39)366.980.14.55 - Fax 0974.95.38.14

ALIMENTAZIONE & TERRITORIO 46 Il pane cunzato (condito) che piacque anche ai Mille La presenza ingombrante di Garibaldi

Stampa: Società Tipografica Ianni Srl Strada Circonvallazione, 180 - Santena Tel. (+39)011.949.25.80

BENI COLLETTIVI 48 L’esclusivo modo di convivere degli ampezzani La natura viene tutelata con “Regole” antiche

Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990 Copyright Energeo Magazine Edipress Communications S.a.s. Periodico bimestrale Poste Italiane Spa Spedizione Postale Dl 353/2003 (conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ Torino Anno VI - N° 5 – Settembre/Ottobre 2013 Il periodico Energeo Magazine è iscritto nel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843

SCHEGGE DI FUTURO 52 Quando la banda (larga) passò! La sfida del Trentino 58 Nel nome di Guglielmo Marconi è nata una community per l’innovazione La macchina digitale del Trentino CITTALIA 58 La Community network Guglielmo Marconi trova nuovi orizzonti Due percorsi paralleli TERRITORI ESCLUSIVI 62 La riscossa di un territorio speciale Un luogo per costruire il futuro Un piano di rilancio del turismo LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE 64 Giardini di Pietra Guglielmo Marconi: un Nobel senza fili

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Direttore responsabile: Taty Rosa energeodirettore@hotmail.com

SOMMARIO

Anno VI - settembre/ottobre 2013

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

Nella foto: un pascolo nei paraggi della “Città dei Sassi”. Oggi gli agricoltori e gli allevatori di Matera ed attivi nell’intero comprensorio provinciale utilizzano pratiche antiche nella lavorazione del latte e nella produzione dei formaggi e dispongono di uno Sportello informativo per l’agricoltura e la pastorizia locale.

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Avviso ai naviganti

A sinistra: l’imbarco per l’isola di Mozia, antica colonia fenicia fondata nell’VIII sec. a.C. su una delle quattro isole della laguna dello Stagnone. A destra: la Chiesa Madre di Marsala, eretta in onore di San Tommaso di Canterbury. In alto: i mulini a vento delle saline di Marsala.

T.R.

ISTANTANEE

E

nergeo ha in serbo molte novità per i lettori. Il prossimo anno saranno messi in cantiere dieci numeri ricchi di notizie ed approfondimenti con tutti gli aggiornamenti sulla campagna appena lanciata per celebrare i primi quarant’anni del dicastero preposto alla tutela del territorio, dell’ambiente e dei beni culturali fondato da Giovanni Spadolini. Desideriamo ricordare anche i vent’anni della morte del grande statista fiorentino che ha illuminato, attraverso la Fondazione Spadolini Nuova Antologia, il nostro sforzo editoriale. In questi anni abbiamo incontrato e stretto sodalizi con le più importanti Istituzioni, i media più diffusi e due grandi prestigiose Fondazioni, dedicate rispettivamente ad Enzo Ferrari e Guglielmo Marconi. Senza dimenticare la proficua collaborazione con l’UNESCO, i servizi e reportages che hanno accompagnato tutto il percorso della Campagna DESS, promossa dall’ONU (Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile) e quello che porterà ad una nuova Convenzione Internazionale sul Paesaggio, culminato il 21 settembre 2012 con la Dichiarazione UNESCO sul paesaggio, lo strumento solenne e formale enunciato a Firenze. Siamo stati anche coinvolti nella nuova sfida dell’ITKI UNESCO, l’Istituto che avrà il compito unico al mondo di inventariare e promuovere le conoscenze tradizionali e il loro uso innovativo raccogliendole on line in una banca mondiale delle conoscenze (la Traditional Knowledge World Bank, www. tkwb.org). Per questo saremo presenti a Matera, dove è prevista una replica UNESCO su questi temi con un’iniziativa internazionale, attraverso il Convegno “THE LANDSCAPE OF THE CAVES - The Cut Rock Cities Traditional Knowledge For The Proper Management of Ecosystems”, organizzato in occasione del 20° anniversario dell’iscrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List UNESCO e della nomination del capoluogo lucano come Capitale Europea della Cultura 2019. Rientrano, infatti, tra gli esempi eccellenti che fanno considerare il “Paesaggio delle Caverne” un tema di approfondimento, utile per integrare e rinforzare azioni condivise per il paesaggio. Il nostro giornale intende rinnovare l’interesse sul programma MAB UNESCO “Man and Biosphere Programme” (MAB, 1974), per meglio coinvolgere le comunità e le parti interessate ad una visione condivisa per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come una piattaforma per il dialogo e la partecipazione. In altre parole si tratta di dare armonia ad una serie di iniziative individuate sul territorio, con progettualità e concretezza, passione ed impegno costante, come fanno i geoparchi italiani che hanno visto, lo scorso settembre, allungare la lista dell’UNESCO con l’ingresso ufficiale del SESIA-Val Grande. Una collaborazione è prevista anche con i Club UNESCO. Senza dimenticare il Manifesto dei Valori di RES Tipica ANCI, con l’impegno da parte nostra di garantire una possibilità di comunicazione unitaria al progetto delle Città di identità. Energeo seguirà attentamente le iniziative dell’Associazione che oggi riunisce 27 Associazioni di Identità, 1.885 Comuni, 8 Unioni di Comuni, 38 Province, 2 Regioni, 37 Comunità Montane, 8 Enti Parco, 9 Strade del Vino, 14 Camere di Commercio, per un totale di oltre 2000 Enti locali, analizzando puntualmente l’attività dei Comuni di piccole e medie dimensioni che intendono preservare e favorire l’immenso patrimonio che incorpora i saperi delle comunità, le caratteristiche dell’ambiente e le produzioni tipiche. Il territorio è in primo piano anche attraverso una stimolante, nuova rubrica “Alimentazione & Territorio”, che debutta con un servizio dedicato alla città di Marsala, a cui dedichiamo le foto “istantanee”, ammonendo con un “avviso ai naviganti” diretto a quanti credono erroneamente che l’UNESCO sia un brand che si possa utilizzare in ogni circostanza. Lo sa bene l’Associazione Città del Tartufo, come vedremo in questo numero, che si ritrova con l’imbarazzante dubbio di inserire Alba, la Capitale del tartufo bianco (che è poi una fiera dove si ritira il prodotto proveniente da altre zone dai tartufai per rivenderlo al mercato) tra i luoghi da far tutelare proprio per il tartufo (se ne trova una quantità minima rispetto a quella commercializzata) quale bene immateriale patrimonio dell’Umanità, dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. E’ come se il sindaco di Roma chiedesse all’UNESCO di riconoscere con il logo i gladiatori abusivi che stazionano davanti al Colosseo.


Anno VI - settembre/ottobre 2013

Anno VI - settembre/ottobre 2013

Alla riscoperta delle antiche civiltà che hanno fatto la nostra storia

I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea

PRIMO PIANO

A

bbiamo bisogno del racconto di un figlio della Lucania e della Gravina, architetto e urbanista di acclarato valore e consulente UNESCO per le zone aride, la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo, per raccontare i Sassi di Matera, a cui Energeo ha dedicato la copertina. Alla vigilia di un convegno internazionale che vedrà esperti provenienti da tutto il mondo per discutere del “Paesaggio delle caverne” e del futuro di

Matera, candidata a capitale europea della cultura 2019, Pietro Laureano, l’uomo che ha cambiato il destino della città, passata da “vergogna nazionale a patrimonio dell’umanità”, torna alla ribalta nella sua Matera, “Città dei Sassi”, con l’obiettivo di ribadire la strategia UNESCO per realizzare una nuova convenzione del paesaggio. Un percorso iniziato nel settembre 2012 a Firenze. Sono i magici luoghi portatori di una

Abitazione ipogea e vasca di raccolta (in alto e a destra) delle acque e cisterna sotterranea.

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testimonianza unica di storia e di civiltà presi in considerazione per essere iscritti nella lista dei “primati” dell’arte e della cultura che contribuiscono con esempi concreti alla definizione della città sostenibile di cui i Sassi sono esempio e laboratorio, a dare consistenza internazionale all’iniziativa. Lo studio, che dimostrò vent’anni fa la rispondenza della località ai criteri severamente stabiliti dal massimo organismo mondiale per l’educazione,

la scienza e la cultura, individuò le analogie con altri simili e ne provò l’originalità. Due grandi figure dell’Italia contemporanea, Carlo Levi e Pierpaolo Pasolini, l’hanno descritta a loro modo. Ma, curiosamente, entrambi ne avevano sollecitato il recupero già negli anni sessanta. Ecco perché nella “Città dei Sassi”, a vent’anni del riconoscimento UNESCO, tornano gli esperti mondiali che dovranno cambiare la storia della definizione del paesaggio e della sua tutela attraverso una nuova Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite. Il convegno, organizzato dall’Istituto UNESCO ITKI, intende affrontare il tema del paesaggio come percezione mentale e territorio (a basso spreco di risorse, integrato con la natura, nomade, slow labirintico, di società a piccola scala), fonte di suggestioni per direzioni differenti rispetto a quelle intraprese dalla modernità. “I Sassi di Matera - spiega Laureano - costituiscono un insieme architettonico e urbano di qualità eccezionale. Il nome stesso del sito ricorda il suo aspetto specifico e spettacolare. I “Sassi” sono un sistema abitativo creato nella materia geologica stessa. In una roccia calcarea, localmente chia-

mata tufo, lungo i pendii di un profondo vallone dalle caratteristiche naturali singolari e grandiose, la Gravina”.

L’UNESCO, leva per il rilancio di Matera Grazie alla nuova immagine i Sassi, dove, fino alla metà degli anni novanta, non solo le grotte ma anche palazzi importanti si cedevano a prezzi irrisori, sono oggi richiestissimi, sempre più abitati e in continuo rilancio. Fu fatale quella giornata nel dicembre 1993, quando ancora non si conosceva l’esito della decisione per l’iscrizione nella lista UNESCO, che doveva essere presa nella conferenza del Comitato del Patrimonio mondiale di Cartagena. Al quel tempo pochi credevano in un successo. I sette siti italiani già inseriti nella World Heritage List erano monumenti e luoghi storici tutti noti e aulici e nessuno si trovava a sud di Roma, I Sassi di Matera portavano invece il marchio della vergogna, non quello di una candidatura tra le meraviglie del mondo. Ma chi è Pietro Laureano, l’artefice di questa svolta? E’ un uomo del sud, nato a Tricarico, in Lucania. Si deve a lui se i Sassi di Matera, il Parco del Cilento e del Vallo di Diano

con i Siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula, sono stati riconosciuti Patrimonio dell’Umanità. Ed è stato anche tra i promotori dell’iscrizione della Dieta mediterranea, nata a Pioppi, frazione di Pollica nel Cilento, dagli studi del Dott. Ancel Keys, nella lista del patrimonio immateriale. E’ autore del progetto UNESCO per la campagna di salvaguardia di Shibam e del progetto di restauro dell’oasi di Ighzer in Algeria. Ha insegnato presso le Facoltà di Architettura di Firenze, Algeri e Bari. Svolge la sua attività nell’ambito dell’analisi, della pianificazione e della progettazione urbanistica con specifico riferimento alle problematiche relative all’organizzazione e gestione del territorio e al restauro architettonico per il recupero dei beni culturali e ambientali. In particolare le sue ricerche e l’impegno professionale hanno riguardato la lettura di sistemi territoriali in Italia e all’estero per la proposizione di strategie di valorizzazione e amministrazione urbanistica volte alla salvaguardia di insediamenti storici, archeologici e ambiti territoriali da assumere nel patrimonio culturale dell’umanità.

Documento realizzato dall’architetto Pietro Laureano per la candidatura UNESCO che ricostruisce l’evoluzione dei Sassi di Matera, dalle grotte, alle abitazioni costruite con i sistemi di raccolta dell’acqua e i cicli di sostenibilità. La parte storica dei due rioni Sassi è divisa in due grandi alvei: uno prende il nome di Sasso Barisano e l’altro Sasso Caveoso, sovrastati dalla rupe della Civita. A destra: veduta dei Sassi di Matera dalla chiesa Madonna delle Vergini.

PRIMO PIANO

Attraverso il racconto di Pietro Laureano riusciamo a descrivere una città trogloditica dalle caratteristiche uniche. Con la passione che contraddistingue ogni sua impresa, l’architetto e urbanista che ha redatto vent’anni fa il rapporto da sottoporre all’UNESCO per candidare la città alla lista dei beni culturali ritenuti fondamentali per tutta l’umanità, ci accompagna in questo straordinario viaggio.

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I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea

PRIMO PIANO

La testimonianza di una civiltà scomparsa Grazie ai suoi studi si è capito come nel corso del tempo i pendii della Gravina di Matera furono scavati, traforati e scolpiti per realizzare cunicoli, cisterne, ambienti ed elaborati complessi architettonici sotterranei, fornendo una testimonianza unica o almeno eccezionale di una civiltà o una tradizione culturale scomparsa. I materiali di scavo, tagliati in blocchi quadrangolari (tufi), sono stati utilizzati per costruire muri a secco e terrazzamenti, strade e scalinate ed un’architettura che risponde perfettamente alle condizioni climatiche e si compone in un originale tessuto urbano. Ritorniamo al suo racconto: “La città ha un andamento verticale lungo gironi degradanti sui bordi scoscesi del

canyon dove i percorsi sono i tetti delle case sottostanti. Le abitazioni si immergono nella parete rocciosa con profondi ambienti sotterranei e si aprono all’esterno con terrazzi e giardini pensili. Raggruppate secondo unità abitative formano il vicinato un modello esemplare di organizzazione comunitaria e di composizione architettonica studiata e portata ad esempio dalle moderne scienze sociali e urbane. La totale integrazione tra il quadro naturale, l’immenso lavoro di scavo e l’architettura costruita fa dei Sassi di Matera un esempio straordinario di simbiosi tra il sito e l’intervento dell’uomo caratteristiche riscontrabili in centri analoghi di tutto il Mediterraneo”. Poi spiega: “Le forme insediative dei Sassi di Matera, le architetture rupestri e scavate, costituiscono infatti

un modello largamente diffuso nell’Italia meridionale, in Nordafrica, in Anatolia e in Medioriente. Esso evolve nell’abitazione mediterranea a patio centrale: la casa berbera, il peristilio romano e la corte centrale araba. Questi stessi modelli sono rintracciabili negli agglomerati neolitici di Beida in Giordania e della Palestina, nelle abitazioni sotterranee a pozzo centrale di Matmata in Tunisia, nei centri storici di Tunisi e Algeri, nei monoliti di Dongolo in Eritrea, nelle rupi di Zelve, Goreme, e nelle città del sottosuolo di Kayamakili in Cappadocia. I Sassi di Matera pur non avendo la grandiosità di Petra, la favolosa città dei Nabatei in Giordania, con cui condividono il nome dovuto alla comune natura rupestre, o la monumentalità dell’architettura scavata di Lalibela in Etiopia, costituiscono un esempio prolungato nel tempo della capacità di

PRIMO PIANO

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creare architettura e città con pochi mezzi e un uso adeguato delle risorse. L’importanza dei Sassi e della Gravina di Matera è dovuta al perpetuarsi dei princìpi su cui si fonda la pratica insediativa per un periodo lunghissimo, dalla preistoria fino alla epoca moderna. Secondo gli stessi princìpi guida l’abitato si evolve dagli sparsi villaggi neolitici fino a un centro di circa 29 ha di superficie”.

Da luogo della vergogna a patrimonio dell’umanità Nel 1950 abitavano nei Sassi circa 15000 persone, i 2/3 dell’intera popolazione della città di Matera, in 2997 abitazioni di cui 1641 definite “trogloditiche”, scavate cioè nella roccia di tufo. A partire da quegli anni fu avviato un programma di sfollamento di tutti gli abitanti e di ricollocazione in nuovi quartieri periferici perché i Sassi, a

Dal 1866 sempre

Cisterna trasformata in bagno turco nell’abitazione restaurata con particolare cura dall’architetto Pietro Laureano, qui ritratto al tavolo di lavoro nello studio ricavato in ambiente dove hanno vissuto gli antichi abitanti della cittadina lucana, oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO. A sinistra: la corte.

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causa delle abitazioni nelle grotte e della mancanza di servizi igienici moderni furono considerati una “vergogna” per l’Italia intera. I Sassi divengono così un centro storico completamente abbandonato. Lo stesso neo ministro per i Beni Culturali e Ambientali, come ci racconta il professor Cosimo Ceccuti nel riquadro, intervenne con un primo, importante aiuto, dopo una visita a Matera. Contemporaneamente all’inserimento dei Sassi nella World Heritage List dell’UNESCO, viene avviato un importante programma di restauro e rivitalizzazione. In quel momento la proposta non era scontata perché allora i siti italiani inseriti nella lista erano solo quattro: Venezia, Firenze, Pisa, Roma più i graffiti rupestri della Val Canonica e la chiesa di S. Maria delle Grazie con

l’Ultima Cena di Leonardo a Milano. A sud di Roma non c’era nessun sito. Erano assenti del tutto i beni non aulici di tradizione popolare e i paesaggi culturali problematiche che l’Icomos e l’UNESCO andavano portando avanti come fondamentali per fare della lista non l’insieme dei gioielli del mondo, dei monumenti isolati, ma un elenco rappresentativo del patrimonio storico e paesaggistico delle culture umane in tutte le loro varietà e manifestazioni, anche le più apparentemente povere e meno preziose. La candidatura dei Sassi di Matera si inseriva in questa problematica innovativa e forse provocatoria. Oggi, grazie anche al processo di emulazione scatenato dall’inserimento dei Sassi, i beni italiani iscritti nella lista sono i più numerosi al mondo. Altri ne seguiranno -

Il recupero dei Sassi di Matera con Spadolini non fu più un’utopia

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renta dicembre 1981: Giovanni Spadolini, presidente del consiglio dei Ministri, è a Matera, per ufficializzare con la sua presenza l’inizio dei lavori di recupero e restauro “dei rioni e sassi”, come recita la lapide collocata a futura memoria e riportata in queste pagine. Partecipazione, più che presenza: come mi ricordava Salvatore Adduce, sindaco di Matera, poco tempo fa, era stato proprio Spadolini recatosi alcuni anni prima come Ministro dei beni culturali nella cittadina lucana, colpito insieme dalle bellezze del patrimonio di una identità locale davvero unica, e nel contempo da uno stato di abbandono e di macerie, a spronare le autorità locali a mettere insieme tutte le energie possibili, pubbliche e private, per recuperare quello straordinario “patrimonio dell’Umanità”, come avrebbe riconosciuto l’UNESCO nel 1993, inserendo quei luoghi nell’ambita lista. Il Ministro stanziò un contributo iniziale, modesto, ma punto di partenza per chiamare a raccolta risorse ed energie, convinto che solo con la collaborazione e l’impegno di tutti, si possano vincere le grandi sfide, far diventare realtà le utopie. L’impresa è riuscita. Oggi Matera, modello al centro dell’attenzione dell’UNESCO, aspira legittimamente ad essere capitale europea della cultura nel 2019. Cosimo Ceccuti

come promette Pietro Laureano. A 20 anni di distanza da quella iscrizione, Matera si ripropone al mondo con un convegno dalle tematiche attuali e innovative. Il convegno, a partire dal rovesciamento del paradigma della storia come progresso costante e lineare con direzione univoca e dalla presentazione delle realtà delle grotte simili alle culture materane (dalle caverne paleolitiche,

Il progetto potrebbe essere condiviso anche dalle città che saranno escluse. Un messaggio collettivo unito da una “simbolica catena di luoghi” per il rilancio della cultura in Italia

ai villaggi con fossati,agli ipogei e le chiese rupestri fino alle città scavate nella pietra), intende affrontare il tema del paesaggio come percezione mentale e territorio (a basso spreco di risorse, integrato con la natura, nomade, slow labirintico, di società a piccola scala), fonte di suggestioni per direzioni differenti rispetto a quelle intraprese dalla modernità.

La “Città dei Sassi”, la cui candidatura, contenuta in un dossier di circa 100 pagine, appare estremamente interessante, proporrà di evitare una “competizione” tra le città incluse nella lista di pre-selezione, invitando il Ministro Massimo Bray a non escludere a priori la partecipazione di tutte le Città che si sono pre-candidate, al fine di far conoscere al mondo intero un messaggio condiviso di rinascita culturale del nostro Paese .

Matera candidata a capitale europea della cultura 2019

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li organizzatori del Convegno di Matera “The Landaspapeof the Caves” hanno aperto una serie di finestre di dialogo con organismi internazionali intergovernativi, associazioni nazionali e non governative, università e amministratori locali. Tutti insieme vogliono procedere nella stessa direzione, fornendo un aiuto determinante per la costruzione del proprio ambiente e del proprio paesaggio, nell’armonia e nel benessere. Insieme vogliono giocare un ruolo prezioso nelle scelte future indicate nella “Dichiarazione UNESCO di Firenze sul Paesaggio”. Arriva giusto in tempo, in una fase delicata della candidatura della cittadina lucana a Capitale europea della cultura, per dare nuova linfa al progetto. Una finestra, in particolare, sarà aperta sull’iniziativa avviata nel momento in cui venne annunciato che nel 2019 erano stati designati dall’Unione Europea l’Italia e la Bulgaria, per esprimere per la quarta volta un ECoC (European Capital of Culture), dopo Firenze nel 1986, Bologna nel 2000, Genova nel 2004, Paesi che avranno la possibilità di manifestare la loro vita ed il proprio sviluppo culturale. Un progetto che potrà servire per dare

un’ulteriore spinta anche alle problematiche di difesa del Paesaggio promosse dall’UNESCO. Approfittando di questo evento internazionale, il sindaco di Matera Salvatore Adduce ha chiesto a Massimo Bray, ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, invitato al convegno UNESCO, di valutare la possibilità di allargare la partecipazione delle città candidate a Capitale europea della cultura. Lo scopo è di evitare una “competizione” fratricida tra le città incluse nella lista di pre-selezione, le quali saranno invitate a presentare una domanda di candidatura maggiormente elaborata e dettagliata per la procedura di selezione vera e propria. La “Città dei Sassi”, la cui candidatura, contenuta in un dossier di circa 100 pagine, appare estremamente interessante, proporrà al ministro di non escludere a priori la partecipazione di tutte le Città che si sono pre-candidate, adoperandosi nell’allestire un ciclo di lavoro, preparare dossier, sviluppare progetti, evitando in questo modo una forzata divisione tra città la cui situazione è più incerta e città la cui preparazione è invece più solida e in stato avanzato. L’Unione Europea e il mondo intero, si trovereb-

bero così di fronte al messaggio condiviso da una “simbolica catena di luoghi” per il rilancio della cultura in Italia. “Per quanto ci riguarda - dice il sindaco Adduce, presidente del Comitato Matera 2019 - la candidatura ha comunque messo in moto un processo inarrestabile: a Matera si respira uno straordinario clima di mobilitazione sociale a dimostrazione che con la cultura è possibile cambiare molte cose”. Il Mibac, dal canto suo, ha reso noto che a metà novembre saranno presentate le ventuno pretendenti all’ECoC (European Capital of Culture): Aosta, Bergamo, Cagliari, Caserta, Città diffusa Vallo di Diano e Cilento con la Regione Campania e il Mezzogiorno d’Italia, Erice, Grosseto e la Maremma, L’Aquila, Lecce, Mantova, Matera, Palermo, Perugia con i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria, Pisa, Ravenna, Reggio di Calabria, Siena, Siracusa ed il Sud Est, Taranto, Urbino, Venezia con il Nordest che hanno presentato la documentazione entro la data di scadenza fissata al 20 settembre 2013. Nella stessa occasione sarà presentata la giuria composta da autorevoli esponenti internazionali.

PRIMO PIANO

PRIMO PIANO

I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea

A cura della redazione di Energeo Magazine

Il Sindaco di Matera Salvatore Adduce, insieme all’ex ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, ha chiesto a Massimo Bray, ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, invitato al convegno UNESCO, di valutare la possibilità di allargare la partecipazione delle città candidate a Capitale europea della cultura.

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Da Matera comincerà il viaggio “Alla ricerca del Paesaggio perduto”, una delle quattro iniziative speciali inserite nel programma del premio Eco and the City Giovanni Spadolini, che si ispira alla Dichiarazione UNESCO sul paesaggio

Un patrimonio inestimabile da tutelare e valorizzare

Alla vigilia della ricorrenza dei primi quarant’anni del dicastero fondato da Giovanni Spadolini, il Premio Eco and the City, a lui dedicato, ha presentato alcune iniziative speciali, un pacchetto di progetti che coinvolgeranno le forze vive della cultura e della società per valorizzare l’immenso patrimonio ambientale, culturale, archeologico, storico, urbanistico, architettonico italiano. La leva con cui risollevare il Paese.

LA SFIDA

presentato dal paleontologo Renato Coppola il più antico cerimoniale di sepoltura del corpo della donna e del suo bambino, scoperto in una grotta della Puglia, dove sono stati rinvenuti altri ritrovamenti di grande rilievo scientifico internazionale. Queste iniziative rientrano tra gli esempi eccellenti che fanno considerare il “Paesaggio delle Caverne” un tema di approfondimento, utile per integrare e rinforzare azioni condivise per il paesaggio anche attraverso realtà insolite, come lo spazio ricavato nelle Gallerie di Piedicastello a Trento, definito “ il luogo della memoria” della prima guerra mondiale, dove si raccontano le vicende storiche del

vata nella roccia con templi, ponti levatoi e corridoi labirintici, abitata da una comunità esoterica-spirituale di 600 abitanti, riconosciuta come modello di società sostenibile dal Global Human Settlements Forum delle nazioni Unite (ONU). La Comunità, situata a nord del Piemonte, tra Torino e Aosta, in un raggio di 15 chilometri che comprende al centro la Valchiusella, una valle ancora verde e pulita, rappresenta una società multilingue, aperta agli scambi con il mondo e le diverse culture dei popoli. Comincia così, con una concreta alleanza fatta anche con altre realtà, la “ricerca del paesaggio perduto” che sarà coordinata dall’Osservatorio Europeo del Paesaggio e da Energeo, mirata ad aggregare tante iniziative avviate sul territorio.

Tanti motivi per difendere il territorio

nation del capoluogo lucano come Capitale Europea della Cultura 2019. Nella città lucana comincerà il viaggio “Alla ricerca del Paesaggio perduto”, una delle quattro iniziative speciali inserite nel programma del premio Eco and the City Giovanni Spadolini, promosso dalla Fondazione che porta il nome del grande statista, che si ispira alla Dichiarazione UNESCO sul paesaggio, lo strumento solenne e formale enunciato a Firenze, il 21 settembre

2012, in occasione del “The International Protection of Landscapes”, organizzato sempre da ITKI UNESCO. Partecipano al convegno oltre 30 esperti di ogni paese, e i rappresentanti delle Agenzie delle Nazioni Unite (UNESCO, FAO, UNCCD, UNEP) organismi internazionali intergovernativi, centri e associazioni (ICCROM, EUI, UNU, ICOMOS, IFLA, ICQHS, ITKI, IPSI, EHP), insieme con organizzazioni nazionali e non governative, università

Nella foto grande: le gallerie in disuso a Piedicastello a Trento, riconvertite in Museo della Memoria della Prima Guerra Mondiale. Nella foto piccola: l’allestimento di una mostra.

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Alla ricerca del paesaggio perduto A Matera saranno presentate nuove

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’è un filo conduttore tra quello che accadrà a Matera il prossimo 21 novembre, nel corso del Convegno internazionale “THE LANDSCAPE OF THE CAVES - The Cut Rock Cities Traditional Knowledge For The Proper Management of Ecosystems” - organizzato da ITKI UNESCO, insieme ad Ipogea (società nata nel capoluogo lucano nel 2003, unitamente all’iniziativa per l’inserimento dei Sassi di Matera nella Lista dell’UNESCO) - e le iniziative speciali avviate a Roma, il 9 ottobre scorso, nella sede dell’ANCI, quando è iniziato il conto alla rovescia per la cerimonia conclusiva del Premio dedicato a Spadolini. L’ITKI, che avrà il compito unico al mondo di inventariare e promuovere le conoscenze tradizionali e il loro uso innovativo, raccogliendole on line in una banca mondiale delle conoscenze (la Traditional Knowledge World Bank, www. tkwb.org), insieme alla società partner, ha allestito un “parterre” di esperti internazionali d’eccezione provenienti da tutte le parti del mondo, per meglio celebrare il 20° anniversario dell’iscrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List UNESCO e per la nomi-

e amministratori locali. Sostiene questa iniziativa anche Sua Altezza Reale, il principe di Galles Carlo d’Inghilterra sempre molto attento alla protezione internazionale dei paesaggi. Oggi l’istituto diretto da Pietro Laureano, (consulente UNESCO per le zone aride), la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo, quest’anno, dopo Firenze, replica con una medesima iniziativa che presuppone importanti novità e riscoperte esclusive, che esalteranno i valori della ricerca e della tradizione.

conoscenze sull’alimentazione degli uomini delle caverne e delle popolazioni troglodite, a partire dalla qualità dei grani duri, tanto pregiata da diventare un punto di riferimento della coltivazione di graminacea, storica ricchezza produttiva e culturale della Lucania. Nel corso della manifestazione saranno resi noti processi antichi in uso nella vita delle caverne, compresa la mummificazione, pratiche molto diffuse anche tra gli Egizi. In esclusiva sarà

conflitto che coinvolse quasi tutte le potenze mondiali, combattuto dal 1914 al 1918 (il prossimo anno si celebrerà il Centenario) e il sentiero delle 52 gallerie, costruite durante la prima guerra mondiale, ma anche lo spazio che ospita, sempre in galleria, una mostra introduttiva “sull’invenzione del territorio” in Trentino, dove tutto rappresenta l’eccellenza, dall’identità culturale, alla banda larga. Ed ancora la città sotterranea di Damanhur, sca-

La Consulta nazionale della proprietà collettiva, presieduta da Michele Filippini, intende far conoscere il variegato mondo di questa antica concezione della appartenenza: il fenomeno dei beni collettivi, inteso come modello di una nuova economia partecipata e solidaristica, rispettosa dei territori e dell’ambiente, radicata nel sentire comune e nelle popolazioni. La Consulta si propone di riscoprire questi luoghi per fare un tuffo nella natura con l’obiettivo di promuovere iniziative di valorizzazione delle aree e dei patrimoni immateriali (conoscenze, tradizioni, storia, ecc.) che fanno parte della proprietà collettiva, recuperando una nozione di patrimonio che, in questi ultimi anni, si è offuscata, ma che può ancora rappresentare un’idea di economia a misura d’uomo. Il progetto “Alla ricerca del paesaggio perduto” ha rispolverato un rinnovato interesse dei territori inseriti nel programma MAB

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Alcune foto della città sotterranea di Damanhur scavata nella roccia, con templi, ponti levatoi e corrodi labirintici, abitata da una comunità esoterica-spirituale di 600 abitanti.

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Un patrimonio inestimabile da tutelare e valorizzare

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UNESCO “Man and Biosphere Programme” (MAB, 1974), perfettamente allineato con le politiche unescane (tantissime realtà locali desiderano avviare la complessa istruttoria relativa alla candidatura). Coinvolgerà le comunità e le parti interessate ad una visione comune per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come una piattaforma per il dialogo e la partecipazione. In altre parole si tratta di dare armonia ad una serie di iniziative individuate sul territorio, alla vigilia di una ricorrenza così significativa, con progettualità e concretezza, passione ed impegno costante. Stesso interesse per i geoparchi italiani che hanno visto, lo scorso settembre, allungare la lista dell’UNESCO con l’ingresso ufficiale del SESIAVal Grande Geopark, denominato supervulcano. Talmente particolare

che, a potersene vantare, sono soltanto 100 aree protette in tutto il mondo. Di cui, con le nuove elezioni, nove italiane, numero con cui il Paese, adesso, primeggia in Europa. L’iniziativa allargherà il suo raggio d’azione attraverso i corsi collettivi di lezioni, sull’esempio del Piemonte e del Veneto, su come “Osservare il Paesaggio”, organizzati dal Coordinamento degli Osservatori del Paesaggio Europei (in Italia sono una ventina) i quali, recentemente, hanno espresso il pieno convincimento sull’importanza degli Osservatori del Paesaggio per una piena applicazione della Convenzione Europea del Paesaggio, dando anche spazio alle passeggiate lungo i sentieri della spiritualità dedicati dal CAI a Pier Giorgio Frassati, figlio di Alfredo, fondatore della Stampa, il beato piemontese amante della mon-

tagna, scomparso nel 1925 a soli 24 anni. Il progetto apre le porte a tutte le proposte che potranno dare ulteriore forza all’iniziativa della Fondazione Spadolini, condivisa dalla Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari e dalla Fondazione Guglielmo Marconi. Ritorniamo all’iniziativa “Progetti e luoghi da riscoprire”, peraltro già annunciata nel precedente numero di Energeo.

Il ruolo di Res tipica ANCI Nella Sala conferenze dell’ANCI è stato ribadito il ruolo di RES Tipica, l’Associazione di Identità creata dall’ANCI nel 2003 per promuovere in Italia e nel mondo le identità territoriali. “Ci è sembrata doverosa questa collaborazione che si inserisce a pieno titolo nel programma del nostro Manifesto dei valori - spiega Fabrizio Montepara, Presidente di RES Tipica ANCI - Per

Nella foto grande: l’incontro stampa che si è svolto nella Sala Conferenze della sede dell’ANCI, in via dei Prefetti, a Roma, per annunciare l’inizio delle celebrazioni del 40° Anniversario di fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, creato da Giovanni Spadolini. Pietro Laureano insieme al vice Direttore generale UNESCO Francesco Bandarin, Sra Elizabeth Nobrega de Araujo Tsakiroglou e Michael Carrington, rispettivamente Presidente e Direttore Generale della The Maria Nobrega Foundation, progetto sostenuto dal Principe di Galles.

raggiungere questi nuovi obiettivi dobbiamo garantire una certa possibilità di comunicazione unitaria al progetto da parte di tutte le Associazioni aderenti a RES tipica”. L’Associazione oggi riunisce 27 Associazioni di Identità, 1.885 Comuni, 8 Unioni di Comuni, 38 Province, 2 Regioni, 37 Comunità Montane, 8 Enti Parco, 9 Strade del Vino, 14 Camere di Commercio, per un totale di oltre 2000 Enti locali. Rientra in questo progetto l’azione già avviata dai “Borghi Autentici d’Italia”, appartenenti alla Rete RES TIPICA, impegnati da tempo in un percorso di qualità che punta alla valorizzazione dei borghi italiani, Il tema del recupero dei centri

strategico, per attuare azioni di recupero finalizzate anche alla rivitalizzazione dei centri storici, riportando le attività commerciali, i servizi e soprattutto le persone a vivere tali luoghi. Sul sito www.ecoandthecity.it, si trovano informazioni ed approfondimenti sul tema, inoltre vengono illustrate le iniziative avviate dalla “Community Network Guglielmo Marconi” e dalla costituenda Associazione “Terre dal cuore caldo”, ampiamente descritte in altre occasioni. Piena la soddisfazione del Professor Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, il quale ricorda come nel 2014 si commemorerà anche il vente-

suoi meriti fu certo quello di aver coinvolto l’opinione pubblica facendo dei Beni culturali un grande tema di discussione. Nel governo bicolore Moro-La Malfa, in carica dal dicembre 1974 al gennaio 1976, a Giovanni Spadolini fu affidato un compito tanto originale quanto necessario: quello di tenere a battesimo un nuovo ministero, nato addirittura per decreto, tale la condizione di “necessità e urgenza” prevista dalla Costituzione per il ricorso a questo strumento legislativo: il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, un’amministrazione autonoma, responsabile unica di fronte al Parlamento, unica interlocutrice per un nuovo indirizzo

storici è uno dei principali. Tant’è che L’Associazione offre ai propri associati uno strumento denominato “Rinascimento Urbano”, il cui obiettivo è il recupero di edifici situati nei centri storici portando avanti ristrutturazioni coerenti con i canoni architettonici caratteristici del borgo, con un’attenzione speciale ad interventi per migliorarne l’efficienza energetica. “Tale azione, tuttavia, non può essere promossa in maniera “isolata”- precisa il Presidente Ivan Stomeo - il punto di forza di Borghi Autentici è che un progetto come “Rinascimento Urbano” viene pianificato strategicamente per interconnettersi agli altri progetti dell’Associazione, i quali vertono sulla valorizzazione turistica, sulle energie rinnovabili, sulla messa in qualità del borgo a 360 gradi. Solo così è possibile dare ai Comuni concrete possibilità di sviluppo per migliorare la qualità della vita dei residenti permanenti e di quelli temporanei, cioè i turisti”. I borghi italiani posseggono patrimoni architettonici ed immobiliari che sovente sono a rischio di degrado totale: serve partire da tali patrimoni, avendo in mente un preciso piano

simo anniversario della morte di Giovanni Spadolini.

globale di protezione per l’area dei beni culturali e per la necessaria rifondazione delle leggi di tutela. La Malfa, in ottemperanza ai poteri previsti per il Presidente del Consiglio, aveva lasciato ad Aldo Moro la libertà di scelta fra i suoi uomini nella fase di composizione del governo: e Moro aveva scelto l’uomo giusto al posto giusto, quasi a scandire quell’unità di intenti fra mondo della cultura e pubblica amministrazione che altre volte non era stato possibile realizzare.

Una scelta fatta con necessità e urgenza La creazione dell’allora ministero per i Beni Culturali e Ambientali, quarant’anni fa, affidato allo statista fiorentino, aveva l’aspirazione di “realizzare una compenetrazione tra mondo politico e mondo della cultura, che non possono, l’uno e l’altro, essere veri senza una profonda interazione”. Parole nelle quali Spadolini si riconosceva, tanto che uno dei

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L.L.

Il Principe di Galles, nel 2004, è intervenuto al Salone del Gusto di Torino e Terra Madre, la rete che riunisce tutti coloro che fanno parte della filiera alimentare e vogliono difendere l’agricoltura, la pesca e l’allevamento sostenibili, per preservare il gusto e la biodiversità del cibo.

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L’edizione del 2014 che presenterà la novità delle semifinali regionali accorperà, in futuro, il concorso in tre categorie principali: identità culturale, innovazione territoriale e tutela del paesaggio e del territorio

Un premio vicino alla gente e ai territori

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l Premio Eco and the City Giovanni Spadolini 2013 (www.ecoandthecity.it), dedicato allo statista fiorentino, fondatore del Ministero per i beni Culturali e Ambientali, giunto al terzo anno, si ricorderà come l’edizione della svolta. Il 9 ottobre, giorno della cerimonia del count down, svoltasi a Roma si è riflettuto su come dovranno essere le prossime edizioni. Una cosa è certa il Premio, la cui cerimonia di conferimento della Medaglia Spadolini avverrà

il 9 novembre 2013, in concomitanza con la Settimana DESS UNESCO di cui è partner, dopo aver avviato una sinergia con la Fondazione Guglielmo Marconi e la Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, ha trovato casa in un luogo prestigioso a Modena, facilmente raggiungibile da tutt’Italia, nello spazio polivalente del Museo Enzo Ferrari (www.museocasaenzoferrari.it), privo di barriere architettoniche, luogo magico, esclusivo, avvolgente, avveniristico, pieno di identità, e al tempo stesso innovativo. In questo luogo, dalla forma di “contenitore”, di scocca dinamica e protettiva che avvolge “un’anima“ articolata e complessa, il motore, che ricorda il mitico costruttore di automobili, fulgido esempio della genialità italiana, famoso in tutto il mondo, si esamineranno, da qui in poi, le candidature che costituiscono encomiabili esempi di strategia locale, tesi alla valorizzazione delle risorse locali e all’evoluzione del territorio, trasformando il museo in un luogo di dibattito e di confronto sui temi ambientali. In attesa delle nominations (la com-

Il Professor Augusto Marinelli, Presidente della Commissione Giudicatrice.

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missione giudicatrice guidata dal professor Augusto Marinelli è già al lavoro), fervono i preparativi della Cerimonia conclusiva con un’edizione in grande spolvero (è stata invitata come madrina la Principessa Maria Elettra Marconi), ma già si pensa come organizzare le prossime edizioni. E’ apparso evidente che il progetto promosso dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, ideato da Energeo Magazine, in sinergia con la Commissione nazionale UNESCO e con il patrocinio delle più importanti istituzioni, dovrà tener conto delle iniziative speciali avviate dallo stesso Premio per ricordare il 40°Anniversario dell’allora Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (servizio a pag. 14), accorpando, in futuro, il concorso in tre categorie principali: identità culturale, innovazione territoriale e tutela del paesaggio e del territorio. Una sfida che, visto il gran numero di partecipanti, avvierà nel 2014 le selezioni regionali che dovranno prevedere le semifinali per le nomination. In tal senso gli organizzatori intendono muoversi insieme a Res Tipica negli anni

futuri con la consapevolezza che i tempi sono ormai maturi per lanciare definitivamente in grande stile questa iniziativa in vista di Milano Expo 2015.

Un concorso per riqualificare i territori Il progetto, inserito nel programma ufficiale delle Celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità, venne avviato nel 2011. Poi vista la sua natura originariamente itinerante, ha continuato il suo percorso con l’edizione svoltasi a Trento nel 2012 che aveva per focus il 40° Anniversario della World Heritage List UNESCO. Occorreva nella prima fase tastare il polso al territorio, fornendo le linee guida della manifestazione che era riuscita, in pochissimo tempo ad aggregare tantissime realtà e associazioni, nonché suscitare in maniera rilevante l’interesse dei media. Tant’è che vennero proposte quattro categorie tradizionali dedicate alle amministrazioni locali responsabili di politiche territoriali integrate e soste-

nibili, ai progetti di valorizzazione dei patrimoni paesaggistici e culturali e di riqualificazione dei territori agricoli, al settore privato e imprese virtuose e innovative, ed alcune sezioni speciali legate a temi di attualità come, nella prima edizione, quella che interessò i Comuni legati all’epopea garibaldina (la Medaglia Spadolini venne assegnata alla città di Marsala). Un primo segnale importante viene proprio da questa edizione organizzata a Modena, in Emilia a un anno di distanza dal devastante terremoto che il 20 maggio 2012 ha colpito le province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia e in parte la provincia di Bologna e la confinante bassa mantovana, per tastare il polso alla ricostruzione. Una sezione del Premio, infatti, è dedicata alla ricostruzione solidale, un tema di grande attualità. “Abbiamo voluto cogliere questa coincidenza - spiega il professor Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia - in quanto già nella passata edizione svoltasi a

Trento, abbiamo potuto constatare l’alto senso di responsabilità dei sindaci dei Comuni del cratere sismico che rappresentano un esempio sostanziale perché hanno tenuto una condotta esemplare, sapendo trasformare l’emergenza in una grande occasione per ripensare il rapporto con il territorio ferito: l’uso e la tutela del paesaggio, l’attenzione al consumo di suolo, la necessità di investimenti per la messa in sicurezza e la prevenzione dei rischi, la ricostruzione in chiave di sostenibilità”. La ricostruzione nelle zone colpite da calamità naturali (terremoti, alluvioni, catastrofi naturali) si profila, infatti, come un’opportunità ed un rischio al tempo stesso: opportunità di fare meglio di prima, rischio di arrecare ulteriori danni al territorio.

COUNTDOWN

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Ad un anno e mezzo dal devastante terremoto che ha colpito l’Emilia il Premio Eco and the City che ha ottenuto anche in questa edizione tantissime candidature, punta i riflettori sui momenti più significativi del ripristino di opere pubbliche e private, beni della comunità danneggiati dal sisma. La Cerimonia di conferimento della prestigiosa Medaglia Spadolini si svolgerà a Modena nell’avveniristica location del Museo Casa Enzo Ferrari. La Medaglia Spadolini fuori concorso sarà conferita alle popolazioni di Longarone per l’impegno profuso nella ricostruzione dopo l’immane disastro del cedimento della diga del Vajont abbattutosi sul territorio cinquant’anni fa. Altri due riconoscimenti saranno assegnati al MUSE, Museo delle Scienze di Trento e al territorio dell’Etna e al vulcano, riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.

La casa natale di Enzo Ferrari baricentro della manifestazione Il Premio Eco and the City, legato al ricordo vivo di Giovanni Spadolini, del

La storia di Enzo Ferrari, figlio di Adalgisa Bisbini, originaria di Forlì, e di Alfredo, meccanico modenese, prese avvio dalla Casa-officina situata nei pressi della Stazione ferroviaria, oggi trasformata in un importantissimo Complesso Museale. In futuro questo luogo magico è destinato a diventare baricentro delle iniziative avviate sul territorio del nostro Paese per promuovere sul territorio, attraverso il Premio, “le officine del fare…”. In alto: il compianto Ezio Trussoni.

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Un premio vicino alla gente e ai territori

suo impegno culturale, politico, civile in una dimensione italiana ed europea, è riuscito a far dialogare i territori riconosciuti come autentiche “officine del fare” e, raccogliendo l’eredità della recente esperienza fatta in Trentino, ha saputo esprimere, ancora una volta, il concetto di continuità e di legame con i luoghi dove mette le radici. “Abbiamo accolto con grande entusiasmo questa proposta - dice Mauro Tedeschini, Presidente della Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari - perché ci consente di rimarcare la grande figura di Enzo Ferrari, a cui è dedicato il focus del Premio ed ai suoi luoghi d’origine, così gravemente colpiti dal terremoto, che si è abbattuto non solo sugli edifici ma anche sulla vita economica, sociale e culturale del territorio. L’iniziativa intende ricordare l’uomo che, con una straordinaria intuizione, è entrato nella storia dei grandi del nostro tempo, creando il mito delle “rosse”. Enzo Ferrari è stato un precursore dell’innovazione, un uomo legato alla propria terra, agli antichi valori, alle buone abitudini, alla cucina tradizionale e ai vini tipici, al dialetto modenese. La manifestazione vuole, altresì, stimolare tutte le iniziative mirate al ripristino e alla salvaguardia del tessuto urbano e umano di questi luoghi, fatto di storia, cultura, partecipazione, commercio e servizi che ha da sempre contraddistinto la comunità. Identità culturali, ricostruzione solidale e innovazione, sono i valori che il Premio vuole esprimere ed ai quali si ispira l’edizione del 2013,e con l’obiettivo di valorizzare la cultura delle persone, la tutela dell’ambiente e del territorio, il turismo accessibile, l’identità culturale, la ricostruzione solidale, favorendo l’organizzazione della loro cooperazione

come vero tessuto di un Paese da ricostruire. Le tre prestigiose istituzioni che oggi, insieme, promuovono il progetto, coinvolgendo gli stessi Comuni associati alle città d’Identità aderenti a Res Tipica, hanno stretto una preziosa alleanza per promuovere, attraverso il Premio, il progetto “officine del fare“, partendo dalla casa-officina dove nacque Ferrari, oggi trasformata in un avveniristico museo, destinata a diventare baricentro delle attività di iniziative locali e di attività propedeutiche e di sostegno alle iniziative che affrontano problemi di carattere e interesse collettivo, come l’ambiente, la salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio e la tutela del territorio, quale realtà composita di un valore collettivo. Il territorio rappresenta il filo conduttore dell’iniziativa della Fondazione Spadolini Nuova Antologia che si avvale dell’Alto Patronato Permanente del Capo dello Stato, destinata ad imbarcare un nutrito sodalizio di enti locali, consorzi di municipalità, aziende agricole e vitivinicole, imprese virtuose, start up e progetti di ricerca innovativi del nostro Paese, autentici ambasciatori della nostra collettività impegnata nelle buone pratiche e nel rispetto dell’ambiente e della tutela del paesaggio. Lo statista fiorentino affrontò per primo il programma di tutela del patrimonio culturale e naturale in Italia, avviando un confronto concreto sui grandi temi del nostro tempo.

capillare della Rai sul territorio è elemento distintivo importante del servizio pubblico radiotelevisivo. Il Concorso è riservato ai giornalisti, precari e/o praticanti della Rai TGR (Sedi Regionali), autentico trampolino di lancio per tanti volti noti dei tg nazionali che hanno realizzato servizi, reportage e inchieste televisive su temi attinenti alle tematiche del Premio, rilevanti per la vita sociale della regione di competenza e che, sovente, vengono utilizzate anche da tg e/o rubriche Rai di carattere nazionale. L’obiettivo è favorire la crescita di una cultura dell’informazione più attenta alle problematiche del territorio e, allo stesso tempo, di far crescere l’attenzione dei media verso questi temi.

I riconoscimenti speciali D’intesa con la Commissione giudicatrice, le tre istituzioni hanno deciso di conferire la Medaglia Spadolini a tre diverse realtà. “Questa ulteriore iniziativa - spiega il Professor Augusto Marinelli, che guida la giuria - lascia vedere come il Premio rappresenta un attento

scenza, la scienza, la natura, la società. Un secondo riconoscimento sarà assegnato alla popolazione di Longarone (interverrà il Sindaco Roberto Padrin) che quest’anno ha commemorato il cinquantesimo anniversario del disastro del Vajont, provocato dall’immane ondata che si elevò nella vallata circostante, seminando ovunque morte e desolazione. La Diga del Vajont è stata, purtroppo, teatro della tragedia procurata dalla frana del monte Toc nel lago artificiale della diga (oggi in disuso). che provocò morte e desolazione nella valle sottostante. Era il 9 ottobre 1963. A memoria della tragedia è stato allestito il museo del

La zona inserita nella World Heritage List fa parte del Parco dell’Etna creato nel 1987, lo stesso vulcano, e dell’ecosistema che lo circonda per l’importanza geologica, scientifica e culturale e per la sua millenaria storia eruttiva (senza dimenticare l’impatto che la montagna ha avuto nella mitologia dei popoli di tutto il bacino del Mediterraneo). Le medaglie saranno conferite al sindaco di Catania Enzo Bianco, alla presidente del Parco dell’Etna Marisa Mazzaglia e al giornalista della Rai Giovanni Tomarchio, il quale da molti anni, come cineoperatore, segue costantemente le varie attività dell’Etna regalando a milioni di telespettatori di

Vajont visitabile presso il Centro Visite del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane di Erto e Casso e dal 2007 è stato aperto al pubblico. La stima più attendibile è, a tutt’oggi, di 1910 vittime. Infine la Medaglia Spadolini sarà conferita agli artefici del riconoscimento UNESCO, dell’Etna nel patrimonio mondiale dell’umanità definendolo come uno dei vulcani “più emblematici e attivi del mondo”.

tutto il mondo le immagini esclusive sull’attività del cratere. Futuro, innovazione, natura, partecipazione, responsabilità, conoscenza, collaborazione, sostenibilità, territorio, questo in sostanza è il Premio. Il Paese che vuole rinascere ha trovato il suo punto di riferimento. L.L.

Una Medaglia dedicata ad Ezio Trussoni A tale proposito è stata istituita una sezione speciale del Premio dedicata al compianto Ezio Trussoni, capo redattore centrale della sede Rai di Milano, che aveva ben capito come la presenza

Roberto Padrin, Sindaco di Longarone. Giovanni Tomarchio ha ereditato da suo padre la passione per la fotografia. Giornalista e operatore della RAI, è considerato il più grande testimone dell’attività dell’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa, riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità.

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punto di osservazione del territorio, conferendo la Medaglia Spadolini, ai luoghi e alle persone ed anche ai media, motiva le circostanze più significative a quanti, con interpretazioni diverse rappresentano il territorio come un grande momento di condivisione e di esempio per le nuove generazioni”. Saranno premiati: il MUSE, il Museo delle Scienze di Trento progettato dal neo senatore Renzo Piano. La struttura, inaugurata nei mesi scorsi, rappresenta un nuovo luogo d’incontro, vitale e pulsante, un laboratorio della creatività, dove è possibile divertirsi imparando, disegnato da una delle più importanti firme dell’architettura internazionale contemporanea. E’ un centro innovativo di diffusione della cultura scientifica, basato su un concetto di crescita intelligente e sostenibile, con un programma culturale al servizio della società, attento ai temi della natura (in particolare dell’ambiente alpino comprese le Dolomiti, patrimonio UNESCO), della scienza e dell’innovazione. Il MUSE vuole raccontare e rendere omaggio alla passione per la cono-

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Anno VI - settembre/ottobre 2013

Il direttore Michele Lanzinger (nella foto a destra), una vita passata a svolgere attività di ricerca multidisciplinare nel settore delle scienze naturali, aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle strutture museali tradizionali, realizzato grazie ad una giusta sinergia di talenti creativi.

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UNESCO: un Patto per le popolazioni colpite dal sisma

Insieme all’UNESCO per non dimenticare

INIZIATIVE

Il terremoto in Emilia ha lasciato il segno, una ferita non facile da rimarginare. Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, in perfetta sintonia con l’UNESCO, vuole riflettere assieme ai Sindaci del cratere per cogliere gli elementi principali che emergono dalla vicenda del terremoto emiliano. Una catastrofe che soltanto in parte ha stabilito compiti e modalità di intervento.

L

e scosse che hanno interessato l’Emilia e parte dell’Oltrepò mantovano erano appena all’inizio quando l’UNESCO ha fatto sentire la sua autorevole voce, invitando a sottoscrivere un “Patto per le popolazioni colpite dal sisma”. La data scelta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, attraverso l’International traditional knowledge institute (Itki), coincide con la Cerimonia di conferimento della Medaglia Spadolini che quest’anno avverrà il 9 novembre prossimo, proprio in Emilia, a Modena, nel Museo casa natale Enzo Ferrari. “L’occasione servirà per insistere affinché la ricostruzione avvenga con una risposta adattiva e partecipata ai rischi e alle catastrofiindica per l’UNESCO l’architetto Pietro Laureano, esperto UNESCO per le zone aride, presidente dell’ITKI UNESCO nonché membro del comitato scientifico di questo giornale, ben sapendo che il terremoto in Emilia ha lasciato il segno, una ferita non facile da rimar-

ginare”. Un’emergenza che è durata alcuni mesi. I Comuni più colpiti sono stati San Felice sul Panaro, Mirandola, Finale Emilia, Cavezzo e Novi. Sono state allestite dalla Protezione civile ventotto aree per la prima sistemazione dei circa 15 mila sfollati, gestite dalle forze del volontariato. In Emilia al 25 settembre sono state 4.412 le persone assistite. Tra questi, 2.897 sono stati ospitati nelle aree di accoglienza, 88 nelle strutture al coperto e 1.427 in strutture alberghiere. Altri dati ricordano che la situazione degli edifici pubblici ha rappresentato sin da subito un punto critico; per quanto riguarda, ad esempio le scuole, 471 edifici avevano subito danni e circa 70 mila studenti hanno dovuto ricominciare in situazioni provvisorie, in tensostrutture o in strutture prefabbricate, altre volte raggiungendo plessi scolastici di zone

vicine o altre ancora ospitati in alberghi, palestre e altri spazi adattati alle necessità. Il Premio Eco and the City, dedicato alla memoria di Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, non poteva esimersi anche quest’anno dalla solidarietà ai Comuni terremotati. Nella passata edizione svoltasi a Trento i sindaci dei Comuni del cratere sismico furono isigniti della Medaglia Spadolini per aver tenuto una condotta esemplare nelle tragiche ore dell’emergenza, trasformando la catastrofe in una grande occasione per ripensare il rapporto con il territorio ferito: l’uso e la tutela del paesaggio, l’attenzione al consumo di suolo, la necessità di investimenti per la messa in sicurezza e la prevenzione dei rischi, la ricostruzione in chiave di sostenibilità. “Questo vuole ricordare l’UNESCO e lo farà con i suoi vertici mondiali, - conferma Pietro Laureano - in teleconferenza interverrà Irina Bokova, direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura”. La manifestazione vuole, altresì, stimolare tutte le iniziative mirate al ripristino e alla salvaguardia del tessuto urbano e umano di questi luoghi, fatto di storia, cultura, partecipazione, commercio e servizi.

Uniti per la “ricostruzione solidale” La ricostruzione nelle zone colpite da calamità naturali (terremoti, alluvioni,

In alto a destra: Irina Bokova, direttore generale UNESCO, che interverrà in teleconferenza alla cerimonia di conferimento della Medaglia Spadolini. Sotto: Francesco Bandarin, vice direttore generale UNESCO per la Cultura.

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catastrofi naturali) si profila, infatti, come un’opportunità ed un rischio al tempo stesso: opportunità di fare meglio di prima, rischio di arrecare ulteriori danni al territorio. La Sezione Speciale che vuole assegnare “Una Medaglia per la ricostruzione solidale”, prende spunto dall’appello lanciato da Francesco Bandarin, vice direttore Generale UNESCO, per non ripetere in Emilia l’esperienza dell’Abruzzo, indicando il cambio di rotta epocale dell’UNESCO. C’è attesa, quindi, per la cerimonia di conferimento della Medaglia Spadolini 2013, il 9 novembre prossimo, in un luogo prestigioso ed unico: lo spazio polivalente del Museo Casa natale Enzo Ferrari di Modena, dove sarà organizzato un evento di grande impatto mediatico. In tale contesto saranno invitati tutti i sindaci del cratere, i quali si uniranno in un simbolico gemellaggio con i sindaci dei vari luoghi d’Italia, coinvolti in eventi sismici, anche catastrofici, sotto i riflettori della televisione. L’evento sarà trasmesso in diretta sul canale digitale di Lepida TV, in diretta streaming sul sito del Premio www. ecoandthecity.it, mentre sono in corso contatti con altri canali televisivi. I sindaci del cratere del terremoto che ha colpito l’Emilia e il basso mantovano dovranno essere i protagonisti di una giornata memorabile, in un luogo d’eccezione, tra fiammanti monoposto che hanno preso parte alle gare della formula 1, entrate nella leggenda dell’automobilismo sportivo. Questo terremoto che sarà consegnato al ricco elenco di disastri che hanno tormentato l’Italia come “il terremoto degli operai” e dei capannoni crollati, così come il terremoto di San Giuliano di Puglia e del Molise, che sta per compiere undici anni (31 ottobre 2002) è quello dei bambini morti nel crollo

della scuola, così come il terremoto dell’Aquila ha assunto come simbolico apice di sventura il crollo della Casa dello Studente di via XX settembre. Ognuno di questi disastri ha trovato risposte diverse non tanto nell’organizzazione e nella prontezza dei soccorsi, quanto nell’architettura istituzionale e di governo della gestione dell’ emergenza e ancor di più nell’avvio della fase di ricostruzione. In 15 anni, dal terremoto dell’Umbria e delle Marche ad oggi, tutti gli eventi principali hanno avuto storia a sé, sono stati caratterizzati da filosofie di intervento proprie, da un equilibrio di volta in volta diverso tra le principali forze in campo, cioè comunità e istituzioni locali, Regioni, Protezione Civile e Governi nazionali. Nel primo caso (Umbria e Marche 1997) il Governo diede ben presto alla Regione l’incarico di coordinare gli interventi dei comuni; in Molise, quando la gestione commissariale passò alla Regione, il governatore Iorio allargò a dismisura le fasce di danno dirottando le risorse su opere e provvedimenti non collegati alla ricostruzione. L’Aquila ha rappresentato il

ritorno a una gestione fortemente centralizzata da parte del Governo e della Protezione civile, che ha privato quasi del tutto i sindaci e le popolazioni locali della possibilità di intervenire. Far trascorrere un po’ di tempo tra lo svolgimento dei fatti e lo studio dei singoli casi aiuterà a capire se questa lettura, qui forzatamente semplificata, sia corretta o meno. Non sono chiari ancora i tempi della ricostruzione anche se la terra continua a tremare. Lo scorso 6 settembre un terremoto è stato registrato alle 3.45, in provincia di Modena, con epicentro localizzato a Finale Emilia. L’altra questione riguarda le aziende e l’apparato produttivo, che in quest’area trova un concentramento di importanti realtà, ad esempio nel settore biomedicale e nella produzione alimentare. Sono questi i temi sui quali il Premio intende riflettere insieme ai Sindaci, al fine di sensibilizzare i media e stimolare le Istituzioni alla ricostruzione ed al ripristino del tessuto urbano e umano di questi luoghi, fatto di storia, cultura, partecipazione, laboriosità.

INIZIATIVE

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Stefano Ventura

L’ampia area espositiva nella quale saranno accolti i sindaci del cratere impegnati nella ricostruzione solidale.

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Ambiente, rischio sismico e prevenzione nella storia italiana. Il disastro del Vajont 50 anni dopo

La luna piena in una sera d’ottobre

TERRITORI FRAGILI

Il 9 ottobre è una stupenda giornata di sole. Di questa stagione la montagna è splendida, rifulge di caldi colori autunnali”. E’ Clementina Merlin detta Tina, giornalista e scrittrice italiana, scomparsa nel 1991, a scrivere questa descrizione climatica di una giornata che sarà ricordata per il suo tragico epilogo. La scrittrice, che viene ricordata per avere aiutato, con caparbietà e ostinazione, a mettere in luce la verità sulla costruzione della diga del Vajont, dando voce alle denunce degli abitanti di Erto e Casso, riuscì a denunciare i pericoli che avrebbero corso i

due paesi se la diga fosse stata effettivamente messa in funzione. Inascoltata dalle istituzioni, la giornalista fu denunciata per “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”, processata e assolta dal Tribunale di Milano. Altri racconti parlano della luna piena che quella sera illuminava il cielo. Per chi visse in prima persona il terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, queste descrizioni sono stranamente familiari: stessa luna piena, stesso caldo anomalo. C’era poi una partita di calcio: Glasgow - Real Madrid di Coppa

dei Campioni per il Vajont, JuventusInter per l’Irpinia; molte vittime erano nei bar per guardare la partita in tv. Decido di andare a Longarone, Erto e Casso per una sorta di obbligo morale; avevo preso confidenza con questa storia attraverso carte, fotografie, testimonianze e libri. Non so bene cosa cercare e cosa aspettarmi, perché so che anche la memoria di questo disastro è stata scandita da tappe controverse e dolorose. Alle 22 e 39 del 9 ottobre 1963, si staccarono 260 milioni di metri cubi di roccia dal Monte Toc. La massa di materiale rovinò nella diga

Alcune immagini storiche di Longarone, in provincia di Belluno com’era prima e subito dopo il disastro del Vajont. In alto: la ricerca dei sopravvissuti.

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che da tre anni era stata costruita nella valle del fiume Vajont, producendo un’enorme onda di circa 50 milioni di metri cubi di acqua. Il turbine di acqua e detriti provocò la morte di 1910 persone tra Longarone, Castellavazzo, Codissago, Erto, Casso, San Martino. Un terzo della popolazione di Longarone fu cancellato dal disastro. E’ sempre Tina Merlin ad affermare che la diga “resterà un monumento a vergogna perenne della scienza e della politica”. Nella piazza del paese, che guarda dritto in faccia alla gola nella quale si scorge la diga, si affaccia un edificio che ospita il museo “Longarone-Vajont, attimi di storia”, gestito dalla Pro Loco di Longarone. C’è una scritta sulla parete delle scale che conducono al primo piano, dove è ospitata la mostra; è inequivocabile: “Leggerezze imperdonabili, arroganza dei poteri, silenzi della stampa, assenza di controlli, gravissime omissioni”. Il museo è ordinato ed efficace, ci sono tutti gli elementi per conoscere bene cosa è accaduto; sento nei miei accompagnatori lo stesso magone misto a indignazione che provo io. Le testimonianze dei superstiti sono

vivide e toccanti e parlano nella lingua semplice ma diretta della gente di montagna. Ho scoperto, prendendo confidenza con la storia del Vajont, che il trauma di chi è rimasto ha tracciato un solco che ha diviso persino i “sopravvissuti” dai “superstiti”, una diversa tonalità di dolore e quindi di recriminazione verso lo Stato, la SADE o Enel o le autorità locali e nazionali. “Parlare del dolore non è facile, il dolore si vive”, c’è scritto sul muro della sala che accompagna all’uscita. E’ proprio così; mancano sempre termini al vocabolario che tenta di narrare la sofferenza.

Gli informatori della memoria Per la visita guidata alla diga ci affidano a un “informatore della memoria”, un ragazzo del posto, che ci racconta tappe e cronache della costruzione di un sogno ingegneristico costruito nonostante la diffidenza dei locali verso il gigante, il Monte Toc, che in friulano prende in nome da “patoc”, “marcio”. Non c’era tempo da perdere, l’industria nazionale aveva bisogno di elettricità e costruire una diga sul corso del fiume Vajont poteva fornirne tanta.

Il sogno inizia nel 1925, con Mussolini e con il conte Giuseppe Volpi di Misurata, creatore della SADE (Società adriatica di elettricità) e presidente di Confindustria negli anni del regime. Nell’ottobre 1943, in piena guerra, in un corridoio ministeriale romano, viene firmata la prima autorizzazione al progetto, realizzato dall’ingegnere Carlo Semenza. Tra il 1957 e il 1959 si lavora alla diga; nel 1960 si stacca una prima frana, ma siccome non si registrano morti, la SADE non ritiene di desistere dal continuare a tenere attiva la diga e a mantenere acqua nell’invaso; la società risponde abbassando la quantità di metri cubi quando la gente della valle protesta e alzandola quando tutto si sopisce. Ma la montagna inizia a cedere, gli allarmi sono più che fondati e anche i geologi di parte lo sanno; Tina Merlin scrive su “l’Unita” documentando tutto, ma viene portata in tribunale per disturbo della quiete. “Magari l’avessi disturbata davvero, la quiete”, dirà poi. La vertigine che si prova attraversando la diga è unita alla consapevolezza degli effetti tragici di quel disegno scellerato di oltraggio alla natura. La faglia a forma di M domina

TERRITORI FRAGILI

Stefano Ventura, ci racconta un aspetto molto particolare che ha caratterizzato due immani catastrofi: il Vajont e il terremoto dell’Irpinia, entrambi accaduti in una notte di luna piena. E ci accompagna in un viaggio toccante in luoghi devastati dalle calamità per porre l’orecchio a quel dolore che vive, anche cinquant’anni dopo.

Longarone com’è oggi. A destra: il Presidente del Consiglio Enrico Letta depone una corona nel cimitero di Fortogna durante la sua visita nei paesini alla diga del Vajont, in occasione del 50esimo anniversario della tragedia che ha colpito i piccoli paesi della vallata alpina. A sinistra: il Sindaco Roberto Padrin.

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La luna piena in una sera d’ottobre

come una cicatrice sul fianco del Monte Toc. Tra i dati indicativi annoto il numero di visitatori che ogni anno sale sulla diga: 220 mila, un numero molto alto, che testimonia un omaggio silenzioso a questo luogo oltraggiato e ferito a morte. Erto, il paese di Mauro Corona, ha conservato molte caratteristiche di un borgo di montagna, a differenza di Longarone, che ha sviluppato una struttura urbanistica anonima, così come in tante altre ricostruzioni da postdisastro in Belice, Irpinia e così via. A Fortogna c’è il cimitero monumentale che ospita i morti del Vajont; assomiglia a un sacrario di guerra, con i cippi allineati sui quali sono segnati i nomi. E’ un compendio agli altri luoghi visitati in questa visita, il conteggio visibile delle vittime di quella tragedia annunciata. La sensazione è che, nonostante le divisioni, qui si abbia ben presente che si può intervenire per commemorare in maniera equilibrata, senza abbagliare né trascurare. Dallo spettacolo di Paolini in poi la tragedia del Vajont ha vissuto una rielaborazione del lutto sia per gli abitanti di questi posti sia per l’Italia e le sue istituzioni.

E’ nata una fondazione nel 2003, la Fondazione Vajont, che ora sta costruendo le attività in vista del cinquantesimo anniversario. I posti bagnati da sangue innocente diventano sacri, dice un adagio della cultura ebraica. Oltre a guerre e violenze, l’oltraggio si compie anche inseguendo la divinità del progresso inarrestabile, violando leggi millenarie della natura con superficialità e omissione colpevole di norme e tecniche

di costruzione. Visitare luoghi come Longarone, come l’Aquila, San Giuliano di Puglia, Gibellina (nel Belice) e Laviano, Sant’Angelo dei Lombardi, Teora (in Irpinia) significa porre l’orecchio a quel dolore che vive, anche cinquant’anni dopo. Un ammonimento che vale anche per le genti dell’Emilia e dell’oltrepò mantovano colpite dal sisma. Quel dolore che vive per non dimenticare.

La valle del Vajont dopo la frana del monte Toc che causò il disastro del Vajont. La conseguente tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso, provocò l’inondazione e la morte di 1.910 persone.

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A sostegno della candidatura all’UNESCO, l’Associazione Nazionale Città del Tartufo promuoverà una serie di iniziative, in altrettante città rappresentative e legate al pregiato tubero, frutto della terra conosciuto ed apprezzato fin dai tempi più antichi

Il tartufo, protagonista d’eccellenza lungo i sentieri degli aromi e del gusto

RES TIPICA & DINTORNI

www.restipica.it

L’UNESCO dovrà valutare la candidatura per il riconoscimento della cultura del tartufo quale bene immateriale patrimonio dell’umanità, presentata dall’Associazione nazionale Città del Tartufo, aderente a Res Tipica ANCI. Il progetto prevede l’impegno di undici regioni italiane per mettere a punto azioni di tutela del tartufo, preservandolo in natura, ponendo attenzione ai luoghi in cui cresce e sperimentando tutte le tecnologie per fare del tartufo una risorsa rinnovabile. Per questo vengono promosse e sostenute azioni che permettano di arrivare a tracciabilità, riconoscibilità e certezza del prodotto e ci si aspetta che venga fatto di più a livello normativo, oggi regolato dalle Regioni, come già richiesto al Parlamento Italiano.

località del Piemonte e lungo l’Appennino dove sono stati individuati almeno 50 territori, in undici regioni, con queste caratteristiche, e non è solo un moto di giustificato orgoglio a far sostenere questa tesi, ma anche la constatazione che i commercianti che ritirano il prodotto dai tartufai sono sempre più strettamente collegati ad Alba ed ai suoi principali buyers, vuoi perché ad Alba esiste la maggior richiesta, vuoi perché si spuntano i prezzi migliori. Il capoluogo delle Langhe viene, infatti, considerata la Capitale del tartufo Bianco, il Tuber magnatum Pico, il più pregiato, che in certe annate di particolare scarsità arriva a costare cifre molto elevate, talvolta proibitive. Giacomo Morra, albergatore e ristoratore di Alba, è considerato una pietra miliare nella storia del tartufo. Egli intuì la possibilità di rendere il tartufo un oggetto di culto a livello internazionale, dandogli il nome Tartufo d’Alba e collegandolo ad un evento di richiamo turistico ed enogastronomico. Come non dar ragione ai raccoglitori

luoghi, c’è la confusione che si è manifestata negli ultimi anni, provocata da un effimero turistificio, come si paventa in alcune città d’arte (Venezia, Firenze). Lo stravolgimento di questo territorio è sotto gli occhi di tutti, vista come si è trasformata quella che era la vera identità delle Langhe e del Roero d’antan, terre ricche di fascino, atmosfera, magie e suggestioni. In autunno, in particolare, il territorio si trasforma in una sorta di Disneyland, in grado di attrarre turisti danarosi da tutto il mondo, si organizzano mercati affollati e un ricco calendario di eventi, organizzati dall’Ente Fiera Internazionale ed un’asta mondiale al castello di Grinzane Cavour dove si radunano vip, magnificenti locali ed autorità, sotto i riflettori della televisione. Non è quello che vuole l’UNESCO, che tra l’altro sta riesaminando (è il secondo tentativo) la candidatura “I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” (il sito costituisce, infatti, una

testimonianza unica di una tradizione culturale viva, e un esempio eccezionale di rapporto tra l’uomo e la natura per più di due millenni), prima di considerare questo comprensorio, per quanto riguarda il tartufo, rappresentativo del patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. Insomma la tutela dell’UNESCO è un’altra storia, non sovrapponibile con le leggi del business, tra l’altro, quest’ultimo favorito da alcune normative che costituiscono, a detta dell’Associazione Città del Tartufo, un’autentica aberrazione per la mancanza di alcuna tracciabilità del tartufo venduto nei mercati, in particolare i più noti. L’Organizzazione delle Nazione Unite per l’Educazione, la scienza e la Cultura, ha messo dei solidi paletti nell’individuare i luoghi da tutelare. Nel caso del tartufo, quello di Alba appare come un’isolata campagna di marketing, a volte troppo spregiudicata, lontana anni luce dalle politiche unescane.

di tartufo di mezz’Italia, che rivendicano il ruolo di autentico presidio della tradizione italiana nella ricerca dei tartufi bianchi o neri che siano: un’attività regolata da leggi regionali.

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L’atmosfera che non c’è più

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l tartufo aspira a diventare patrimonio immateriale riconosciuto dall’UNESCO. La domanda è stata presentata lo scorso gennaio dall’Associazione Città del tartufo aderente a Res Tipica ANCI. Si tratta di territori sempre più minacciati dall’antropizzazione e dal progressivo abbandono delle aree marginali. Sono i luoghi dei profumi e dei sapori. Senza dimenticare le identità e conoscenze tradizionali dei territori, considerati a pieno titolo

paesaggi culturali. In poche altre realtà tradizionali leggenda e realtà vanno a braccetto come nel mondo del tartufo, e di tutto quel che gravita intorno ad esso: i cani, i mitici tabui dall’olfatto fino, gli alberi che producono i frutti più pregiati, le ore migliori per la raccolta, il metodo per riconoscere i tartufi migliori e tant’altro ancora. Innanzi tutto il problema principale del tartufo - salvaguardato dal Centro Nazionale Studi Tartufo che dal 1996 promuove attività

di ricerca e tutela dell’ambiente a vocazione tartufigena - è quello della qualità che è, almeno in gran parte, legata alla sua provenienza, come svelano esperti tartufai, aprendo un’antica diatriba: “Non è vero che i tartufi migliori siano quelli di Alba, visto che Alba è soprattutto il principale mercato che attira il prodotto da tutta Italia e anche oltre”. Anzi, secondo il parere degli esperti, i tartufi migliori in commercio sarebbero proprio quelli che nascono in altre

L’atto conclusivo è l’escavazione dell’ambito Tuber, dietro però si nasconde la passione sconfinata del trifulao per la natura e soprattutto per i cani che lo accompagnano silenziosi e fedeli in questo magnifico hobby.

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L’atmosfera di queste terre del basso Piemonte, oggi conosciuta dal turista eno-gastronomico, non è più quella di una volta. In quel mare di basse alture che si inseguono tra Cuneo e Savona sono nati e hanno ambientato le loro storie grandi scrittori come Cesare Pavese, Beppe Fenoglio e Giovanni Arpino. Scrittori che alle Langhe hanno affidato le radici di una vita, individuandone il nocciolo duro dell’identità contadina, l’orgoglio testardo del lavorare la terra. In poche parole, in questi Il pittore Ambrogio Lorenzetti (1290- 1348), uno dei maestri della scuola senese del Trecento, in questo dipinto celebrò la figura dei cercatori di tartufi con il cosiddetto “maiale da tartufo”; tale metodo è stato abbandonato perché questo animale è ghiotto del fungo ipogeo che cresce spontaneamente nel terreno accanto alle radici di alcuni alberi o arbusti, in particolare querce e lecci.

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I cantieri della memoria che sopravvivono al business Per fortuna, c’è chi prova a conservare l’identità culturale del territorio, come un gruppo di volontari del Roero che hanno aperto alcuni “cantieri della memoria” dove si è ripreso a raccontare la storia, i personaggi, le vicende del territorio attraverso fotografie, testimonianze, rigorose ricostruzioni storiche, costituendo un vero e proprio presidio. Il Piemonte non è soltanto Alba. I tartufi si trovano abbondanti nella provincia di Asti, nel Monferrato e una parte della provincia di Torino. Una ricerca svolta da Raoul Molinari e Giordano Berti su cronache medievali e rinascimentali, testi corografici del Regno sabaudo, lettere di cronisti e viaggiatori sette e ottocenteschi, ha portato alla luce una straordinaria quantità di notizie che esaltano l’intero Monferrato (area che storicamente comprende il Casalese, l’Alessandrino occidentale, l’Acquese, l’Astigiano, le Langhe e il Roero) come luogo di produzione dei più eccellenti e profumati tartufi, superiori per qualità a quelli francesi. Tra i luoghi che fin dal Medioevo sono rinomati per la ricerca ed il commercio dei tartufi emergono in particolare due città: Casale Monferrato i cui tartufi, prima dell’annessione al Regno del Piemonte, erano destinati alla corte mantovana dei Gonzaga; Tortona, centro di rifornimento per i Visconti-Sforza di Milano. Una manifestazione autunnale, di sicuro effetto, che rappresenta un’antica tradizione contadina dove spesso non c’è una codificazione “scritta”, ma tramandata oralmente nel corso delle generazioni, viene organizzata nel piccolo paese di Moncalvo, dalla Commissione Fiera del tartufo, una terra antica, prima

capitale storica del Monferrato dalle nobili tradizioni: la città partecipa al Palio d’Asti, una festa che affonda le radici nel medioevo. La rassegna, giunta alla 59°ma edizione, dedicata al tartufo bianco, una tra le più importanti fiere del Piemonte, è prevista le ultime due domeniche di Ottobre; si tratta di una tra le più importanti fiere del Piemonte che propone esposizioni, degustazioni di prodotti tipici, la premiazione del miglior tartufo dell’anno, mostre, concerti ed iniziative collaterali. Si radunano tra le nebbie di queste colline i veri protagonisti della festa: i trifolao, i cercatori di trifole, che con berretto o cappellaccio, zappetto e bastone, stivali infangati e lanternino, hanno percorso i loro misteriosi sentieri tra querce, pioppi e tigli alla ricerca dei profumatissimi tuberi. Immancabilmente accompagnati dal tabui, il fedele segugio. Durante la festa, sotto i portici di Piazza Carlo Alberto, si può visitare il mercatino dei tartufi, gli stands dei prodotti tipici e dell’artigianato locale

o partecipare alle degustazioni enogastronomiche.

Un rapporto molto speciale Cane, tartufo. Tartufo, cane. Cosa c’è di immateriale? Proviamo a raccontarlo. Giancarlo Picchiarelli, Presidente dell’Associazione Città del Tartufo, snocciola alcuni aspetti: “La tutela e la valorizzazione del tartufo e dei suoi territori, confermati quali cardini principali dell’attività messa in campo dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo, trovano oggi nuovo impulso e contenuto nell’intenzione di formalizzare la proposta all’UNESCO perché la “cultura del Tartufo” sia inserita nel registro dei beni immateriali patrimonio dell’umanità”. E precisa: “la proposta per la tutela del tartufo e dei territori tartufigeni come patrimonio immateriale dell’umanità coinvolge tutti quei luoghi del nostro Paese che rappresentano una realtà da difendere e promuovere, non solo per la qualità enogastronomica del

Ancora un dipinto del compianto pittore Mario Pavese della cerca del tartufo e cercatori al lavoro (tantissime sono le donne) lungo i sentieri in autunno. Qualche cercatore insiste con il “maiale da tartufo”.

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prodotto, ma anche per la ricchezza culturale dell’esistenza umana, della storia e delle tradizioni che rappresentano”. Picchiarelli, da tanti anni alla guida dell’Associazione, nonché sindaco di Valtopina, con la passione che lo contraddistingue, aggiunge: “Prima ancora che il marketing territoriale si imponesse quale metodo e strumento di promozione e comunicazione per lo sviluppo di aree vaste attraverso la valorizzazione delle peculiarità ambientali, storiche, architettoniche, culturali ed enogastronomiche, le Città del Tartufo erano già associate per raggiungere questo obiettivo rinnovandolo di

anno in anno con azioni conseguenti”. Infatti, l’Associazione Nazionale Città del Tartufo, nata nel 1990 dalla volontà di condivisione progettuale e di sviluppo di oltre 50 territori italiani, individuati in undici regioni, ha da poco celebrato il suo ventennale annoverando un patrimonio collettivo di storia, tradizioni e cultura, raggiungendo i 50 iscritti. Nella sede operativa dell’Associazione, situata negli uffici di Valtopina, sul Monte Subiaco, lungo l’Appennino umbro-marchigiano, in provincia di Perugia, il direttore Antonella Brancadoro che sta seguendo molto da vicino, l’evolversi della candidatura UNESCO, ricorda: “L’Associazione Nazionale Città del Tartufo ha presentato, mercoledì 9 gennaio, alla Commissione nazionale per l’UNESCO tutta la documentazione necessaria per il riconoscimento della cultura tartufigena come patrimonio immateriale dell’umanità. Azione che conclude un iter in cui sono stati coinvolti non solo la presidenza e la direzione dell’associazione, ma anche i soci e i territori ad essi legati, a testimonianza dell’importanza attribuita a questa iniziativa, sostenuta anche dal Ministero dell’Agricoltura”.

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Il tartufo, protagonista d’eccellenza lungo i sentieri degli aromi e del gusto

Una ricevuta di pagamento risalente a cinque secoli fa emessa dall’Ordine dei Consoli della Comunità di Moncalvo, Giovanni Bernardino Clericis e Giovanni Alfidio Frente, al tesoriere Flaminio Gaspardone, di 4 fiorini e 6 grossi a messer Biaggio per aver condotto a Casale sopra il suo cavallo un gallone, un agnello, una lonza e 8 libbre di trifole “con seracii”.

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Anno VI - settembre/ottobre 2013

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Il tartufo, protagonista d’eccellenza lungo i sentieri degli aromi e del gusto

Quelle cose che nascono ma non si possono seminare A sostegno della candidatura all’UNESCO, l’associazione promuoverà una serie di iniziative, in altrettante città rappresentative e legate al pregiato fungo, frutto della terra conosciuto dai tempi più antichi. Plinio, nella sua veste di naturalista, aveva rilevato che il tartufo “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”. Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei sumeri ed al tempo

ciali promosse da Res Tipica e dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, in occasione delle celebrazioni del 40° Anniversario della Fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, promuoverà - come è stato annunciato il 9 ottobre scorso, e come si evince nella sezione “ Alla ricerca del paesaggio perduto”, curata da ITKI UNESCO - una serie di iniziative dirette in particolare ai giovani (www.ecoandthecity. it). L’obiettivo è quello di approfondire le tematiche legate al tartufo, trovando

diale vengono, infatti, riconosciuti Scuole UNESCO”. L’associazione si dedicherà, e in questo senso allarga la proposta a tutti i suoi

del patriarca Giacobbe intorno al 17001600 a.C. I greci lo chiamavano Hydnon (da cui deriva il termine “idnologia” la scienza che si occupa dei tartufi) oppure Idra; i latini lo denominavano Tuber, dal verbo tumere (gonfiare); gli arabi Ramech Alchamech Tufus oppure Tomer e Kemas; gli spagnoli Turma de tierra o Cadilla de tierra; i francesi Truffe (derivante dal significato di frode collegato alla rappresentazione teatrale di Molière “Tartufe” del 1664; gli inglesi Truffle; infine i tedeschi Hirstbrunst, oppure Truffel. L’associazione Città del Tartufo, nell’ambito delle iniziative spe-

spunti di confronto e favorendo la formazione di una massa critica di supporto all’iter avviato, che comprenda il mondo istituzionale, scientifico e civile e il mondo scolastico. “In attesa della valutazione della documentazione, l’Associazione Nazionale Città del Tartufo - precisa il direttore Antonella Brancadoro - proseguirà la programmazione delle manifestazioni a sostegno della richiesta con iniziative rivolte all’educazione e alla scuola, perché tutti gli istituti che realizzano o hanno realizzato progetti in linea con le tematiche dell’organizzazione mon-

zione con gli istituti scolastici, per poterlo complessivamente organizzare e aggiornare”.

una risorsa rinnovabile. Per questo vengono promosse e sostenute azioni che permettano di arrivare a tracciabilità, riconoscibilità e certezza del prodotto e ci si aspetta che venga fatto di più a livello normativo come già richiesto al Parlamento Italiano. A questo si aggiunge un’azione di informazione e tutela del consumatore che passa attraverso la promozione di una corretta trasformazione del prodotto affinché sulle tavole possa arrivare comunque un risultato di qualità esaltato da fedeli tradizioni gastronomiche territoriali. Per questo l’Asso-

Al tartufo, protagonista d’eccellenza ma non unico delle Città del Tartufo, è oggi dedicata una via che unisce il Piemonte alla Campania con la concreta possibilità di spingersi anche più a sud. Questa strada si sovrappone ad antichi tracciati commerciali lungo i quali, per facilitare scambi e passaggi di merci preziose, si costituirono comunità di accoglienza, di ristoro e di ospitalità organizzate in borghi e insediamenti abitativi, che valorizzarono il territorio preservandone le ricchezze. Oggi il turista rimane colpito dalla cura di questo paesaggio, dalle molteplici

Nel considerare come, se anche l’appellativo “pregiato” spetta al Bianco d’Alba e al Nero di Norcia, ci siano altri tartufi che meritano grande apprezzamento, le Città parlano “plurale e italiano” affrontando tematiche che vanno dalla tutela dell’ambiente tartufigeno alla difesa del prodotto nazionale dalle sofisticazioni e frodi. Le Città del Tartufo sono da sempre impegnate nella tutela del pregiato tubero perché sia preservato in natura, sia prestata attenzione ai luoghi in cui cresce e siano ricercate e sperimentate tutte le tecnologie per fare del tartufo

ciazione ha promosso anche l’istituzione di un marchio, “Ristorante amico del tartufo”, assegnato, secondo disciplinare, alle attività della ristorazione che utilizzano esclusivamente tartufo fresco o trasformato con l’esclusione dell’utilizzo di prodotti chimici.

valenze ambientali, dal piacere che riceve dall’uso della natura, piacere aggiornato dalla riscoperta di antiche tradizioni, arti e mestieri che ancora caratterizzano i centri storici e borghi medievali.

Un itinerario di buone pratiche lungo lo stivale

È ancora il pregiato tubero, bianco e nero, ad essere protagonista indiscusso di questo autunno. Le più importanti zone di produzione di tartufo bianco sono, per via della loro conformazione geografica, il Piemonte (in particolare le Langhe e il Roero, la provincia di Asti

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soci, a sollecitare le scuole dei territori del tartufo ad impegnarsi su questa linea. “Sarebbe opportuno, inoltre aggiunge il direttore dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, Antonella Brancadoro -, farci pervenire il materiale relativo alle iniziative in materia di tartuficoltura che le Città del Tartufo hanno attivato negli anni passati in collabora-

tra Città diverse che, alla data odierna, impone un calendario di nuovi obiettivi da conseguire nel medio termine. L’idea è quella di concentrare l’azione principale sul tartufo bianco, che ha tutta una sua particolarità nella storia del sistema di raccolta, che non è supportata da moderne tecniche agricole come avviene per il tartufo nero, ma è una grande sfida tra l’uomo, il cane e tutti gli altri cercatori. È un mondo che affascina coloro che visitano i territori del tartufo, ed è un forte valore aggiunto, da tutelare sempre di più.

L’Italia del tartufo Ciò evidenzia, oggi, come le Città del Tartufo siano riuscite a sintetizzare quelle che inizialmente erano tre vocazioni differenziate: produzione del tartufo, commercializzazione e vocazione turistica ad esso collegata, rendendo solidale e sinergico lo sviluppo di un intero territorio e consolidando un rapporto di qualità con il consumatore. Un esempio di contaminazione positiva

Immagini sbiadite di Moncalvo, nell’astigiano, dove secondo un’antica tradizione contadina, viene organizzata ogni anno una fiera dedicata al tartufo bianco. Si tratta di una tra le più importanti fiere del Piemonte, con esposizioni, degustazioni di prodotti tipici, che culmina con la premiazione del miglior tartufo dell’anno.

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Si conclude così, per rinnovarsi ogni volta, un circolo virtuoso di buone pratiche che vanno, come recita un famoso slogan,” …dal bosco alla tavola”, itinerario di buone pratiche.

Un autunno da protagonista

Cane, tartufo. Tartufo, cane. Cosa c’è di immateriale? Giancarlo Picchiarelli, Presidente dell’Associazione Città del Tartufo, snocciola alcuni aspetti poco conosciuti utili per arricchire la candidatura del tuber a patrimonio dell’Umanità.

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e una parte della provincia di Torino), l’Emilia-Romagna (tutta la fascia appenninica a partire da Piacenza, ed in particolare i Colli bolognesi e forlivesi), la Toscana (specialmente i comuni di San Miniato e San Giovanni d’Asso), le Marche (con in testa Acqualagna e Sant’Angelo in Vado), l’Umbria in generale e il paese abruzzese di Ateleta in provincia dell’Aquila. Anche il piccolo Molise è considerato una delle prime regioni europee per la crescita di tartufo bianco pregiato. Le zone molisane di maggiore raccolta sono quelle ricadenti nei comuni di Frosolone, Spinete, Larino e San Pietro Avellana. Molto più comune invece il tartufo nero, che vede in Umbria e in Molise alcune delle zone più vocate alla sua produzione, sia della varietà estiva (il cosiddetto “scorzone”), sia della più pregiata varietà invernale (Tuber melanosporum). Altre produzioni, di recente scoperta, in Campania (specie nel Sannio, in Irpinia), Calabria, Basilicata e Sicilia, dove i tartufi hanno iniziato ad essere valorizzati solo in tempi recentissimi. L’Italia è uno dei maggiori produttori mondiali ed esportatori di tartufi. Nell’intera Penisola è possibile raccogliere tutte le specie di tartufo impiegate in gastronomia. Il tartufo ha avuto un posto d’eccellenza fin dall’antichità. Rappresentava una pietanza ricercata e pagata a peso d’oro da ricchi e nobili.

nell’insalata con radicchio, olio d’oliva, senape, limone, sale e pepe. Giuseppe Verdi, invece, lo mangiava a fettine nel timballo di pasta sfoglia, petti di pollo e purè di fegato profumato al Madera. Con il ‘900 il tartufo entrò diffusamente nella cucina borghese, diventando un piatto di mezzo: servito crudo, scaldato o nello champagne. Oggi la passione gastronomica dei buongustai viene esaltata quando può immergersi nel profumo intenso del tartufo, al quale si dà volentieri un taglio su antipasti, primi, secondi e contorni. Il tartufo in cucina, in autunno, è un mito, avvolto com’è da un alone di mistero che lo rende ancora più prezioso. A Borgofranco sul Po in provincia di Mantova e a San Giovanni d’Asso in provincia di Siena esistono i Musei del tartufo. Mentre si fa l’occhiolino all’UNESCO, ci si prepara a partecipare all’Expo 2015, l’esposizione universale che sarà ospitata a Milano e che darà

Il Mozart dei funghi Tante le definizioni nella storia. Ricordiamone alcune: Brillat Savarin lo riteneva il “diamante della cucina”, Gioacchino Rossini, “il Mozart dei funghi”, Auguste Escoffier “perla della cucina”, Pellegrino Artusi “simbolo del buon mangiare”. Proprio Rossini lo apprezzava nei tuornedos, oppure In una foto del 1968, Mario Soldati, regista, scrittore e sceneggiatore, (il secondo da sinistra), annusa un tartufo gigante a Moncavo d’Asti, a fianco il sindaco e le autorità locali. Già allora il piccolo comune del Piemonte era conosciuto per il Tuber bianco.

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visibilità a tradizione, creatività e innovazione nel settore dell’alimentazione e in cui il tartufo sarà presentato come una delle eccellenze gastronomiche del made in Italy. Nell’ottica di una promozione integrata del “sistema Italia” nel settore enogastronomico si inserisce la collaborazione con Res Tipica, associazione istituita dall’Anci e dalle Associazioni Nazionali delle Città di Identità per dare vita ad un progetto di promozione dei territori che salvaguardi ed esporti, in Italia e nel mondo, la ricchezza di tradizioni, paesaggi e sapori. “Faremo squadra con altre tipicità - ribadisce Giancarlo Picchiarelli Presidente delle Città del Tartufo - puntando sulla comunicazione e sull’ecommerce come nuovi strumenti per una promozione integrata del “made in Italy”: a tavola si misura la qualità e la cultura dei luoghi e di un popolo”. P.B.


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Laddove oggi ci sono colli, montagne e declivi nei tempi geologici c’era il mare

Parco dei Castelli Romani: i colli dai quali nacque il mito

SPAZIO GEO

Ben pochi, tra quelli che frequentano i paesi dei Colli Albani, a breve distanza da Roma, sanno quali tremende vicissitudini naturali hanno dato vita e forma a queste alture, e quale energia si cela ancora sotto i ridenti fianchi boscosi. Il profilo del rilievo che si staglia all’orizzonte della Campagna Romana, tanto caro ai pittori del XIX secolo, così come la forma ellittica dei bacini lacustri di Nemi e Albano, ne tradiscono l’origine vulcanica. Il territorio fa parte del Parco dei Castelli Romani, dove salvaguardia ambientale e programmazione territoriale formano un felice connubio.

A

sud della piana del Tevere si innalzano maestosi i rilievi dei Colli Albani che tanta parte hanno avuto nella storia di Roma. Il territorio fa parte del Parco dei Castelli Romani, dove salvaguardia ambientale e programmazione territoriale formano un felice connubio. Questi capisaldi caratterizzano il lavoro dell’Ente Parco, che da un lato assolve ai compiti istituzionali di tutela e protezione della biodiversità e dall’altro deve rafforzare il proprio ruolo di Ente di riferimento per il territorio, per l’economia locale, per l’indotto legato al

turismo, alla cultura, alle innumerevoli ricchezze che fanno dei Castelli Romani un territorio dalle mille opportunità. Già nel nome rievocano l’antichissima città di Alba Longa, fondata, secondo la leggenda, dal figlio di Enea, Ascanio. Alla stirpe reale di Alba Longa apparteneva Romolo, e la stessa Roma sarebbe stata fondata da coloni albani. Fu capitale della Confederazione delle città latine fino alla sconfitta da parte di Roma che ne assunse la funzione. Nel Medioevo iniziò sui Colli l’incastellamento dei centri abitati (si costruisce cioè in forma fortificata, arroccata, allo

scopo di difesa) da cui prenderà origine la locuzione “Castelli Romani”. Conosceremo questo territorio chiamato a formare l’associazione delle Terre dal cuore caldo, grazie al racconto attento della geologa Cinzia Barbante, coordinatore del Servizio Guardiaparco che si prende cura dell’area sottoposta a vincolo amministrata dall’Ente regionale, che ci accompagna nel viaggio lungo i più affascinanti itinerari alle pendici del cratere. Laddove oggi ci sono colli, montagne e declivi nei tempi geologici c’era il mare, da cui svettavano solo le parti

Sebbene il parco abbia risentito fortemente delle trasformazioni ambientali operate dall’uomo, persiste una fauna variegata; cinghiali, donnole, volpi, istrici, uccelli acquatici e rapaci diurni e notturni vengono regolarmente censiti e sorvegliati dai guardiaparco. A destra: la femmina di un falco pellegrino. Sotto: una poiana pronta a riprendere il volo.

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terminali dei Monti Ernici, Prenestini e Simbruini.

Una storia affascinante Ubicati in posizione dominante rispetto alla pianura circostante, prossimi alla linea di costa tirrenica e protetti dai rilievi appenninici, i Colli Albani rappresentano da sempre una delle più suggestive e amene località del Lazio, con vaste estensioni di boschi, vigneti, aria salubre e tradizioni culturali che attirano turisti da ogni parte del mondo. Un sottile equilibrio messo in pericolo dalla continua espansione della capitale. Per tutelare l’integrità delle caratteristiche naturali e culturali del territorio, nel 1984, su proposta di legge d’iniziativa popolare, venne istituito il Parco Regionale dei Castelli Romani. Ad oggi l’area protetta comprende una superficie di 15.000 ettari, distribuita tra i 15 comuni presenti sul suo territorio. Ben pochi, però, tra quelli che li frequentano o li conoscono, sanno quali tremende vicissitudini naturali hanno dato vita e forma a queste alture, e quale energia si cela ancora sotto i ridenti fianchi boscosi. Il profilo del rilievo che si staglia all’orizzonte della Campagna Romana, tanto caro ai pittori del XIX secolo, così come la forma ellittica dei bacini lacustri di Nemi e Albano, ne tradiscono l’origine vulcanica. Infatti, l’attuale paesaggio è il risultato dell’attività di un imponente complesso vulcanico conosciuto in letteratura con il nome di Vulcano dei Colli Albani, parte di un più vasto allineamento che si estende dalla Toscana Meridionale con il Monte Amiata fino al Golfo di Napoli con il Monte SommaVesuvio secondo una direttrice NW-SE. Per i quantitativi di materiali emessi viene descritto come il vulcano più grande dell’Italia centrale. Si tratta di una struttura complessa,

dovuta a successive sovrapposizioni di edifici vulcanici diversi sia nello stile eruttivo, prevalentemente esplosivo e in minor parte effusivo, che nei volumi di prodotti emessi, connessi ai mutamenti delle condizioni della camera magmatica. L’intera struttura occupa un’area di circa 1500 Kmq e le sue cime più elevate sfiorano i mille metri. Presenta un’ampia depressione calderica a ferro di cavallo, con un diametro di circa 10 Km tra i monti Tuscolani e il monte Artemisio. All’interno della caldera si erge l’edificio vulcanico delle Faete con il cratere dei Campi d’Annibale, mentre ad occidente, verso il Mar Tirreno, la caldera risulta interrotta da una successione di crateri, alcuni dei quali occupati dai Laghi di Nemi e Albano. La forma generale è quella di un vasto edificio a versanti poco acclivi ed incisi da numerose valli le cui caratteristiche morfologiche possono variare da luogo a luogo condizionate dall’affioramento di livelli piroclastici alternati a colate di lava.

Un cratere che affonda nella notte dei tempi L’inizio dell’attività vulcanica dell’intero complesso viene fatta risalire a circa 600.000 anni fa e si riteneva conclusa circa 29.000 anni fa con la deposizione del Peperino di Albano. Tuttavia, recenti studi, effettuati su sezioni stratigrafiche per scavi archeologici, hanno messo in evidenza periodi di attività riferibili ad almeno 5.000 anni fa, con la messa in posto di colate di fango provenienti dal cratere di Albano e distribuiti sulla Piana di Ciampino. Le analisi morfologiche, le datazioni radiometriche, la distribuzione dei primi insediamenti umani nell’area e la revisione della storia antica e dei miti di Roma concordano nell’indicare un’attività vulcanica molto più recente di quanto fosse ritenuto in passato. Fino a circa il IV secolo a.C. si sono verificati fenomeni catastrofici con esondazioni delle acque del Lago Albano a cui i Romani posero rimedio con l’escavazione di una galleria drenante con funzione di emissario artificiale, tuttora visibile e funzionante.

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In alto a destra: il lago di Nemi, ubicato nei Colli Albani, apparato vulcanico estinto circa 30.000 anni or sono, è privo di emissari naturali - è un lago endoreico ed è alimentato da sorgenti presenti lungo i versanti (nella foto a destra) e, naturalmente, dalle piogge. A sinistra: il teatro di Tuscolo. Sotto a sinistra: il bosco del Cerquone. A destra: la Via Sacra a Rocca di Papa.

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Parco dei Castelli Romani: i colli dai quali nacque il mito

Spulciando nella storia

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osì scriveva Dionigi d’Alicarnasso, Antiquitates Romanae, XII, 10-12: Al tempo in cui i Romani assediavano i Veienti (nei giorni in cui stava sorgendo la stella Sirio), nella stagione in cui i laghi si abbassano, così come tutti i fiumi ad eccezione del Nilo, in un’epoca in cui non si erano avute piogge, tormente o altre cause percepibili agli esseri umani, un lago distante da Roma non più di 120 stadi, situato nei Monti Albani laddove si trovava la città madre di Roma, ebbe una tale crescita delle acque da inondare una vasta porzione della regione circostante, distrusse molte fattorie e incise la montagna riversando un grande fiume nelle piane sottostanti. Saputo ciò i Romani dapprima, credendo che un dio fosse montato in collera, votarono per propiziarsi gli dei e le divinità minori della regione, e chiesero agli indovini cosa vedessero in ciò, ma poiché essi non avevano alcunché a dire, né il lago riprendeva il suo aspetto solito, risolsero di consultare l’oracolo di Delfi. Nel frattempo, i Romani che assediavano Veio seppero dagli indovini Etruschi che secondo le antiche profezie Veio non sarebbe mai stata conquistata “fino a quando le acque che fluivano nel Lago Albano avessero continuato a riversarsi in mare”. Dopo poco tempo, il messaggero di Delfi tornò con uguale responso, cosicché il senato decise di far scavare canali che indirizzassero le acque calde tracimanti in una direzione tale da non mescolarsi più con il mare.

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osì scriveva Tito Livio negli “Ab Urbe condita libris”: Sconfitti i Sabini, mentre il Regno di Tullio e tutto lo Stato Romano si trovavano in grande gloria e in grande potenza, fu annunciato al re e al senato che sul Monte Albano erano piovute pietre. E poiché a stento si poteva credere a ciò, furono mandate delle persone ad osservare quel prodigio e alla loro presenza caddero dal cielo molte pietre come quando i venti portano una fitta grandine sulla terra. Sembrò poi anche di udire una possente voce proveniente dal sacro bosco sulla sommità del monte, che ammoniva gli Albani a effettuare le cerimonie sacre secondo il rito patrio, invero lasciate nel dimenticatoio, quasi abbandonando gli dei e la patria, e assunti riti romani, come avevano trascurato il culto degli dei, adirati contro la sorte. Anche dai Romani in seguito a quel medesimo prodigio fu iniziato pubblicamente un sacro rito novendiale per voce celeste giunta dal monte Albano e rimase di certo la consuetudine che ogni volta che si annunciasse lo stesso prodigio, si celebrassero per nove giorni tali festività.

La lupa capitolina che allatta Romolo e Remo. Monete d’epoca romana.

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Altri fenomeni prodigiosi, così come riportati nelle cronache storiche degli autori, raccontano di venute di gas in aria presso Lanuvio nel 585 a.C., lanci di pietre dal cratere di Ariccia nel 600 a.C., manifestazioni di gas al Monte Albano nel 639 a.C., sublimati colorati che si posarono sui rivestimenti del tempio di Giunone a Lanuvio successivamente a un evento sismico nel 653 a.C., lanci di pietre e terremoti sul Monte Albano. Per tali eventi quest’ultima località fu centro religioso con il culto di Giove Laziale conosciuto anche con l’appellativo di “Tonante”. In realtà il tempio sorto sulla vetta del Mons Albanus (odierno Monte Cavo), trovandosi in posizione centrale, favoriva l’adunata concentrica delle popolazioni del Lazio (Romani, Latini, Ernici e Volsci). Attualmente i fenomeni riconducibili all’attività vulcanica sono essenzialmente legati a risalita di fluidi perimagmatici con sciami simici a bassa magnitudo, forti emissioni di gas (CO2, H2S, N2 e CH4), aumento della temperatura delle acque di pozzi e sorgenti e sollevamenti del suolo. Pertanto, a pieno titolo, i Colli Albani si configurano oggi come un apparato vulcanico quiescente. La loro storia geologica ha però fortemente condizionato la morfologia dei rilievi ed il clima locale che hanno favorito lo sviluppo di habitat differenziati in porzioni di territorio relativamente ristrette. Fasce montane con boschi prevalentemente di castagni lasciano spazio a dolci declivi con vigneti e terreni coltivati favoriti dalla fertilità dei suoli vulcanici. Cinzia Barbante


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INTERVISTA

Il neo Commissario dell’Ente ritiene importante avviare politiche di area vasta e confida nel ruolo della comunità dei Sindaci che, attraverso il programma di sviluppo socio-economico, potranno elaborare programmi di azione di portata sovra comunale a beneficio dell’intero comprensorio.

Insieme per il parco dei castelli

anniversario della costituzione dell’Ente, rimane quello di dotare finalmente il Parco del Piano di Assetto, lo strumento principe per dare certezza all’opera svolta dal Parco e a tutta la Comunità dei Castelli Romani. Su questo punto Caracci confida nel ruolo dei Sindaci. È sotto gli occhi di tutti, infatti, che la mancata visione d’insieme fra ambiti locali rende il territorio dei Castelli Romani fragile in relazione alla presenza di una Capitale sempre più invasiva dal punto di vista urbanistico. Roma, nel corso degli ultimi decenni, per i Castelli si sta trasformando da madre, occasione di lavoro e benessere, in matrigna e rischia, se

cedere ad un lavoro condiviso di analisi delle problematiche comuni e di sintesi, secondo Caracci, possa essere costituita dal Parco dei Castelli, ovvero dalla Comunità dei Sindaci che, attraverso il programma di sviluppo socio-economico, può avviare quelle politiche di area vasta di cui il territorio ha bisogno. E’ in quest’ ambito che potrebbero venire elaborati programmi di azione di portata sovra comunale a beneficio dell’intero comprensorio. “In tal modo - conclude Caracci - il Parco potrebbe rispondere più compiutamente alla sua vocazione di ente di gestione territoriale già sancita con la legge regionale 29/1997, coniugando gli obiettivi di

nuovo impegno organizzativo che va ad aggiungersi ai compiti tradizionali cui l’Ente risponde con le risorse disponibili in termini di uomini e di mezzi. Ma l’obiettivo di fondo, in vista del 30°

non si mettono in atto politiche di sistema, di fagocitare i Castelli Romani in un indistinto agglomerato che rischia di appiattirne le peculiarità. Ecco, allora, come la sede istituzionale in cui pro-

tutela ambientale, di didattica e di promozione del territorio, a quelli di sviluppo sostenibile che gli sono propri”.

Sandro Caracci, tornato al timone del Parco naturale regionale Castelli Romani, annuncia per il territorio un nuovo impegno organizzativo che va ad aggiungersi ai compiti tradizionali cui l’Ente risponde con le risorse disponibili in termini di uomini e di mezzi. Dice: “Il Parco potrebbe rispondere più compiutamente alla sua vocazione di ente di gestione territoriale, coniugando gli obiettivi di tutela ambientale, di didattica e di promozione del territorio, a quelli di sviluppo sostenibile che gli sono propri”.

A volte ritornano”, non è una delle storie brevi descritte da Stephen King, ma la bella storia di Sandro Caracci che racconta nel suo blog com’ è tornato al timone dell’Ente Parco naturale regionale Castelli Romani. “Vi sono strane coincidenze nel corso della vita che s’ intrecciano nella storia di ognuno di noi - scrive Caracci. Quella della mia nomina a Commissario straordinario del Parco vale la pena di raccontarla, dal momento che è accaduta in maniera tanto improvvisa quanto inaspettata proprio il 2 agosto 2013. Lo stesso mese di undici

anni or sono dal Commissariamento disposto dall’ex Governatore del Lazio Francesco Storace. Ancor prima che il Decreto del Presidente Nicola Zingaretti mi venisse notificato, la notizia si è diffusa così rapidamente sui media e la rete, lasciando stupiti il sottoscritto e quanti mi conoscono. Lo ammetto: in quel momento ho provato un mix di soddisfazione e di gratitudine. Forse perché questo atto riabilita la memoria storica e con essa l’intenso lavoro svolto all’epoca”. “Dopo anni di battaglie e di carenza progettuale, - ricorda Caracci - il Parco cominciava ad eser-

citare sul territorio una presenza visibile e sempre di più autorevole, svincolata dai lacci e lacciuoli che per anni ne avevano confinato il ruolo a mero Ente vincolistico…”. Ecco perché la voglia di fare del neo Commissario è tanta: “Metterò in campo energie e progettualità per contribuire alla affermazione definitiva di una delle aree naturali protette più belle ed interessanti della nostra Regione”- dice. Sandro Caracci, originario di Marino, dove è nato 61 anni fa, con una lunga esperienza come amministratore e funzionario pubblico, ha una cono-

I monti dell’Artemisio furono abitati dall’uomo fin dalle epoche più remote. L’altura è conosciuta come Maschio d’Ariano. Panorama di Rocca di Papa. Sotto: il commissario del Parco Sandro Caracci.

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scenza approfondita del territorio e delle problematiche del Parco: l’Ente infatti gli era già stato affidato una prima volta e per ben sette anni, dal 1995 al 2002. Quanto seminato in quei sette anni deve aver dato i suoi buoni frutti se è giunto l’invito a riprendere in mano il Parco, in una fase che però si annuncia particolarmente delicata vista la necessità di procedere all’ adeguamento alle mutate condizioni socioeconomiche della legge quadro sulle aree protette risalente al 1991 e quindi anche in previsione del varo di una nuova legge regionale chiamata a sostituire quella vigente risalente al 1997. Si annuncia dunque per il Parco un

INTERVISTA

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A partire da sinistra: le Faete, il Lago di Nemi, ruderi del Lago Albano. Sotto in ordine: il Vivaro, il Tuscolo, il lago Albano.

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Nuovi geo-laboratori consentono di raccontare la storia del nostro pianeta e di scoprire quello che succedeva nella crosta terrestre milioni di anni fa

Dal supervulcano del Sesia al Sesia-Val-Grande geopark

FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

L’UNESCO ha inserito nella lista dei Geoparchi la vasta area tra la Valsesia e Valsessera a nord del Piemonte. In tutto il mondo ci sono soltanto 100 Geoparchi, di cui, con i nuovi inserimenti, nove appartengono al nostro Paese. Numero con cui l’Italia, adesso, primeggia in Europa. La scoperta del supervulcano del Sesia è dovuta al petrografo Silvano Sinigoi dell’Università di Trieste e al geologo James Quick della Southern Methodist University di Dallas, che da oltre trent’anni studiano la geologia di questo territorio.

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el cuore delle Alpi occidentali, tra Valsesia e Valsessera, si trova il fossile di un supervulcano, il cui territorio è stato inserito nella lista dei geoparchi dell’UNESCO. La nomina è arrivata giovedì 5 settembre durante la 12esima conferenza mondiale dei geoparchi (Eng Conference), svoltasi ad Ascea, nel Cilento e a Jeju nella Repubblica della Korea. Oltre alle bellezze nostrane del monte Rosa, altri tre parchi europei hanno

superato l’esame per diventare geoparco: l’Indrija Geopark in Slovenia, l’Hondsrug in Olanda e il Kula Geopark in Turchia. Per avere denominazione di geoparco servono caratteristiche morfologiche e una geodiversità molto complessa. Talmente particolare che, a potersene vantare, sono soltanto 100 aree protette in tutto il mondo. Di cui, con le nuove elezioni, nove italiane. Numero con cui il Paese, adesso, primeggia in Europa. Senza dover più

dividere il primato con la Spagna, superata proprio grazie all’ingresso nella rete della Val Sesia. Il lavoro svolto per arrivare a questo riconoscimento è stato davvero intenso: realizzazione di una rete escursionistica sui luoghi di affioramento; segnaletica nei luoghi principali di visita; didattica; formazione; diffusione editoriale;realizzazione di info-point, science center e geo-laboratori; pubblicazione in italiano e inglese del volumetto scritto dallo scopritore

Prato Sesia: area della caldera del Supervulcano. Nella foto piccola: la consegna del certificato di riconoscimento nella lista dei geoparchi UNESCO avvenuta, lo scorso settembre, ad Ascea.

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Silvano Sinigoi, e dedicato a “L’incredibile storia del supervulcano del Sesia”; una mostra permanente sulla geologia della media e bassa Valsesia collocata nel Museo archeologico e paleontologico “Carlo Conti” di Borgosesia. Il merito della scoperta va anche al Professor James Quick della Southern Methodist University di Dallas, che da oltre trent’anni studia, insieme a Sinigoi, la geologia di parte della Valsesia e della Valsessera. Tra i progetti c’è anche quello di sostenere la ricerca fatta dall’Università di Trieste per tentare di trovare sul campo altri punti di interesse con presenze del supervulcano e luoghi dove mostrare

nico, è avvenuta la catastrofe: il vulcano è collassato formando una voragine di almeno 15 chilometri di diametro. In poco tempo sono stati sparati in aria più di 500 chilometri cubi di materiale piroclastico, nubi ardenti e ceneri, che devono aver oscurato il cielo per anni. Circa 100 milioni di anni fa l’Africa, staccatasi dal Sudamerica iniziò la sua deriva, andando successivamente a collidere con l’Europa ed originare così le nostre montagne (orogenesi alpina). In tempi molto più recenti, circa 30 milioni di anni di anni fa, nell’area che comprende la Valsesia la spinta dell’Africa causò il ripiegamento dell’intera crosta terrestre, spingendola verso

al vulcano fino alla profondità di circa 25 chilometri: lo si vede percorrendo la valle, lungo il fiume Sesia, da Balmuccia (la parte più profonda del vulcano, ora in superficie) fino a Prato Sesia. “È una situazione unica al mondo e continuare a studiarla consentirà di migliorare la comprensione dei sistemi magmatici con evidenti benefici per il monitoraggio dei vulcani attivi”, spiegano i professori Sinigoi e Quick. La scoperta del “supervulcano fossile” nel 2009 ha dato l’avvio in Valsesia e Valsessera ad una fase che è quella della divulgazione e della conoscenza. Iniziatori della fase operativa-turistico/ didattica sono stati i rappresentanti di

ai turisti le rocce vulcaniche. La storia ha inizio circa 290 milioni di anni fa quando sulla Terra esisteva un unico ed enorme continente, la Pangea, che comprendeva tutti i continenti come li conosciamo oggi. La zona della futura Africa, ancora attaccata al Sudamerica, era teatro di eruzioni vulcaniche disastrose, spesso esplosive. Qui, circa 280 milioni di anni fa, dopo quasi dieci milioni di anni di eruzioni, dove si era formato un grosso complesso vulca-

l’alto e facendo risalire le sue parti più profonde (in corrispondenza della Linea Insubrica) con tutto il sistema di alimentazione del supervulcano.

enti e associazioni locali che, da subito, si sono interessati promuovendo la più ampia conoscenza del fenomeno del “supervulcano” presso tutte le fasce del pubblico e alimentando l’offerta di turismo culturale. Il “Progetto Supervulcano” ha collegato all’inizio le Comunità Montane della Valsesia e Valsessera, il Comune di Borgosesia, il CAI sezione di Varallo, la Confraternita degli ex-allievi del Liceo Scientifico “G. Ferrari” di Borgosesia

Il racconto della storia del nostro pianeta Così, grazie a questo processo, come in un libro di testo che racconta la storia del nostro pianeta, oggi possiamo osservare direttamente quello che succedeva nella crosta terrestre sotto

FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

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A sinistra: Agnona di Borgosesia rocce dioritiche e granitiche nei pressi del ponte settecentesco in Valsesia. A destra: Rocce vulcaniche a Prato Sesia.

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FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

Dal supervulcano del Sesia al Sesia-Val Grande geopark

e la Società Valsesiana di Cultura, oltre all’Università di Trieste e alla SMU di Dallas. A partire dal 2011 è iniziata l’attività di didattica, conferenze ed escursioni ai principali siti di affioramento del supervulcano, coinvolgendo studenti delle varie classi e di ogni ordine e grado. A fine 2011 prende vita l’Associazione geoturistica “Supervulcano Valsesia” Onlus, con lo scopo di realizzare e gestire un geoparco esteso nei territori della Valsesia, della Valsessera, delle Prealpi Biellesi, della Val Strona, delle Alte Colline Novaresi, in corrispondenza dell’area occupata dal supervulcano fossile, ricercando anche il riconoscimento dell’UNESCO per entrare nella rete dei Geoparchi. Dopo circa un anno di attività dal Coordinamento nazionale dei Geoparchi italiani viene l’input per una candidatura unica con il vicino Parco nazionale della Val Grande per un Geoparco denominato “Sesia - Val Grande Geopark”. Il Geoparco è un parco con una connotazione diversa rispetto ai parchi nazionali e regionali perché, oltre alla presenza di un patrimonio geologico di rilievo e valore, occorre che sia presente un progetto di sviluppo credibile legato a tutte le sue risorse a carattere culturale, turistico e naturalistico. È l’aspetto nuovo che lo differenzia dai parchi già esistenti e che deve rassicurare, soprattutto gli amministratori, sul fatto che la realtà esistente non viene sovvertita ma riconosciuta e valorizzata. Il riconoscimento dell’UNESCO costituisce infine il segno di un’eccellenza, sinonimo di protezione ambientale e di sviluppo.

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campo e l’attività didattico-divulgativa che è già in corso presso scuole, enti, università e altre associazioni al fine di incrementare lo sviluppo scientifico nell’area del Geoparco. A oggi, anche grazie all’importante apporto del Parco nazionale della Val Grande, sono ben otto le collaborazioni strette con università italiane, svizzere e americane. La nuova realtà del Geoparco, che si appresta ad entrare nella costituenda associazione “Terre dal cuore caldo”, sarà di stimolo per la conservazione del territorio da parte dei ben 85 comuni che ne fanno parte, ma soprattutto per la diffusione della sua conoscenza presso turisti che non siano solo esperti nel settore geologico ma persone desiderose di conoscere gli importanti aspetti culturali, artistici,

sportivi ed enogastronomici di questo angolo del Piemonte. A fare da cornice all’ingresso dei nuovi geoparchi europei, sono giunti ad Ascea, nel Parco nazionale del Cilento, ad animare la 12ma conferenza europea dei geoparchi, 259 delegazioni straniere, oltre a 75 italiane. Per un totale di 40 nazioni coinvolte. Non solo per vagliare le candidature e decidere la sorte dei papabili geoparchi, ma anche per par-

lare di terremoti, cambiamenti climatici e geoconservazione. Sul sito dell’Associazione www.supervulcano.it e del Parco nazionale della Val Grande www.parcovalgrande.it è possibile trovare ogni informazione sulle attività dell’associazione, del Parco e del Geoparco, sulla storia delle ricerche, sulle escursioni, sulle presenze e luoghi da visitare, sul turismo sportivo. Alice Freschi

FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO

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Un itinerario nella natura L’Associazione è interessata a chiedere sostegno per l’attività di ricerca sul Foto grande: a Scopa, piccolo Comune della Valsesia, in località Dinelli si intravedono le rocce della Linea Insubrica (confine tra l’Europa e l’Africa). Sotto: il board del nuovo geoparco.

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Varallo, località Aniceti: rocce di origine magmatica. Nella prima metà dell’800 in tutto l’alto Piemonte erano circa 40.000 gli ettari coltivati a vigneto, oggi ne sono rimasti solo 700, e 30 sono quelli del Boca, 389 mt s.l.m. in provincia di Novara, sulle rocce del supervulcano. Silvano Sinigoi, scopritore del supervulcano, ed il Professor James Quick della Southern Methodist University di Dallas, che da oltre trent’anni studiano la geologia di parte della Valsesia e della Valsessera.

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Comincia nel 1806, ad opera di Benjamin Ingham, la modernizzazione della produzione del famosissimo vino Marsala, consacrato a livello mondiale proprio grazie agli inglesi

ALIMENTAZIONE & TERRITORIO

Il pane cunzato (condito) che piacque anche ai Mille

La presenza ingombrante di Garibaldi

Il territorio di Marsala, ricco di storia ma anche di cultura dell’alimentazione, fa da apripista ad una nuova rubrica di Energeo che, come organo ufficiale del Centro studi internazionale della Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo”, riconosciuta dall’ UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, si propone di valorizzare la cultura e le tradizioni enogastronomiche dei luoghi, trasmettendo un’autentica conoscenza dei modi di produzione e trattamento dei prodotti agroalimentari sia in chiave storica che in chiave attuale.

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l 12 novembre 2011 questo giornale ideò, insieme alla Fondazione Spadolini Nuova Antologia ed alla Commissione Nazionale italiana per l’UNESCO, il premio Eco and the City Giovanni Spadolini, iniziativa avviata in occasione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. In quell’occasione il comune di Marsala si classificò al primo posto nella speciale classifica legata ai territori coinvolti nell’epopea garibaldina. La commissione giudicatrice volle sapere com’è oggi la località che vide un momento culminante della storia che portò all’Unità d’Italia. Il territorio del comune marsalese, nei suoi 241 km² di estensione, ha un ricco patrimonio culturale e paesaggistico; comprende la riserva naturale regionale delle Isole dello Stagnone di Marsala, tra cui l’isola di Mozia, antica città fenicia. Il comune di Marsala fino alla fine degli anni ‘70, contava all’interno del suo territorio anche la frazione di Petrosino (che poi con un referendum della popolazione deciderà di diventare un comune autonomo) raggiungendo quasi 86.000 abitanti. Queste terre ricche di storia ma anche di cultura dell’alimentazione,

fanno da apripista ad una nuova rubrica di Energeo che, come organo ufficiale del Centro studi internazionale della Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo”, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’uma-

nità, si propone di valorizzare la cultura e le tradizioni enogastronomiche dei luoghi, trasmettendo un’autentica conoscenza dei modi di produzione e di trattamento del cibo, dei prodotti agroalimentari sia in chiave storica che in

L’Enoteca della Strada del Vino di Marsala è stata inaugurata in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia: è la sede di rappresentanza della ricchissima produzione enologica del territorio isolano. Piatti e dolci tipici.

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chiave attuale, facendo acquisire competenze specifiche nei settori della comunicazione e del marketing orientato al territorio.

Marsala: per molti è sinonimo di sbarco dei Mille in Sicilia. In effetti si respira un po’ dovunque, nella bella cittadina della Sicilia occidentale, la presenza di Giuseppe Garibaldi, a partire dalla sezione risorgimentale-garibaldina del Museo civico ospitato nel cinquecentesco complesso monumentale di San Pietro, ex Monastero delle suore Benedettine (www.comune.marsala.tp.it). Questo, perfettamente restaurato, è oggi un centro multifunzionale che accoglie anche la biblioteca comunale oltre a una modernissima sala conferenze ed alcune strutture per il tempo libero: fonoteca, videoteca, ludoteca e una zona ristoro ricavata dalle antiche cucine del Monastero. Comunque, ogni anno, l’11 maggio, Marsala rievoca lo sbarco dei Mille, l’episodio più significativo della sua storia recente. Antichissima è peraltro l’origine di Marsala, nata nel 397 a.C. a seguito della distruzione della vicina colonia feniciopunica di Mozia ad opera dei Siracusani. Ed è l’isola di Mozia uno dei motivi dell’incanto esercitato da questo estremo lembo di Sicilia, punteggiato da saline storiche, oggi in gran parte riattate e visitabili (www.salineettoreinfersa.com), disperse nella laguna salmastra dello Stagnone. E’ da queste saline che si estrae buona parte delle 100 mila tonnellate annue del sale marino di Trapani, prodotto che ha da poche settimane ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta. Dopo una breve traversata in barca, andare a zonzo per Mozia tra i vigneti dei vitigni Grillo e Catarratto ed i suggestivi resti arche-

ologici, è un assaggio del meglio che il Mare Nostrum ci offre, ma non è che l’antipasto rispetto a quello che ci attende nel piccolo museo della Fondazione Whitaker (www.fondazionewhitaker.it), che gestisce tutta l’isola. Qui, tra cimeli preistorici, fenici, punici e greci, ci aspetta infatti il magnifico Giovanetto di Mozia, monumentale statua in marmo di tipo greco, risalente alla seconda metà del V secolo a.C. e ritrovata una trentina di anni fa nell’isola stessa. La Fondazione Whitaker gestisce l’eredità di Joseph Whitaker, imprenditore britannico che alla fine dell’Ottocento acquistò l’intera isola di Mozia e per primo ne intuì l’importanza

sala, consacrato a livello mondiale proprio grazie agli inglesi. Degustare questo dolce vino in uno dei bagli (una sorta di masserie) ancora sparsi nel territorio marsalese è un’esperienza da non perdere. Così come bisogna assolutamente provare qualcuno dei piatti tipici di questo affascinante territorio: i nutrizionisti non possono che approvare ed apprezzare le tante preparazioni a base di pesce, pur arrendendosi di fronte ai meravigliosi dolci siciliani, dalla cassata ai cannoli, fino alle sculturine in pasta di mandorle battezzate “frutta martorana”. Per poi tornare a sorridere di fronte a preparazioni semplicissime e leggere come il pane cunzato (condito),

archeologica. La famiglia Whitaker riveste un ruolo importantissimo in queste terre, anche per un altro motivo: fu uno zio di Joseph, tal Benjamin Ingham, che nel 1806 avviò la modernizzazione della produzione del famosissimo vino Mar-

delizioso spuntino a base di una pagnotta appena sfornata, divisa a metà, condita con olio extravergine di oliva, sale e pepe, pomodorini freschi sfregati sul pane stesso, acciughe e origano.

ALIMENTAZIONE & TERRITORIO

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Luisa Bruga

Il museo del sale, in contrada Nubia, è posto lungo l’itinerario denominato la Via del Sale, un progetto turistico-culturale nato con l’intento di valorizzare quel particolare ambiente umido che caratterizza con le saline e i mulini la zona costiera della Sicilia occidentale.

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Anno VI - settembre/ottobre 2013

Viaggio di Energeo tra le tante realtà che fanno parte della Consulta nazionale della proprietà collettiva, associazione che si propone di conservare, sviluppare e approfondire le peculiarità storiche, culturali, istituzionali, giuridiche ed economiche dei Dominii Collettivi

secoli proprietà collettiva della comunità originaria. La proprietà e l’uso collettivo delle risorse forestali e pascolive rappresentò per lunghi secoli la fonte essenziale dei mezzi di sopravvivenza per la popolazione ampezzana, regolamentò, inoltre, il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, permise un uso sostenibile del territorio naturale della valle. Quest’ ordinamento, definito Regole,

naturale della valle. “Questo ordina-

L’origine delle Regole di Cortina d’Ampezzo è da ricercare nella necessità dei primi abitanti stabili della conca di organizzare un utilizzo comune di boschi e pascoli. Le difficoltà di sopravvivenza legate all’ambiente montano favorirono un utilizzo collettivo e indiviso del territorio. Tra le finalità vi sono la conservazione e la promozione della lingua, della cultura e delle tradizioni ampezzane.

dalle origini antiche, stabilisce diritti collettivi di godere e di gestire il territorio. Le terre non possono essere vendute, né sono soggette a mutamenti di destinazione: si tratta di un patrimonio naturale, culturale ed economico. Lo sanno bene gli ampezzani per i quali la proprietà e l’uso collettivo delle risorse forestali e pascolive rappresentò per lunghi secoli la fonte

La natura viene tutelata con “Regole” antiche

BENI COLLETTIVI

BENI COLLETTIVI

L’esclusivo modo di convivere degli ampezzani

mento dalle origini antiche, stabilisce diritti collettivi di godere e di gestire il territorio - dice il segretario generale Stefano Lorenzi - Le terre non possono essere vendute, né sono soggette a mutamenti di destinazione permanenti: è un patrimonio naturale, culturale ed economico. Un patrimonio in comproprietà, da trasmettere ai figli dove uso conservativo e produttivo coincidono”.

discendenti dall’antico ceppo ampezzano, che amministrano il patrimonio comunitario secondo i Laudi, le antiche leggi approvate dall’assemblea costituita dai capifamiglia. Ad esempio ciascun regoliere può disporre di legna da ardere per il riscaldamento domestico: nella valle d’Ampezzo è d’uso sia la cucina economica (“sporer”) per cucinare, sia la stufa in maiolica (“fornel”) per il riscaldamento.

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ndro Montanelli, che a Cortina d’Ampezzo passò una parte consistente della sua vita, soprattutto d’estate, così descrive gli abitanti della “Perla delle dolomiti” che gli hanno dedicato, dietro il Col Drusciè, sotto la Tofana, la “passeggiata Montanelli”. “Il loro modo di vivere e convivere, cioè l’intendere e praticare i propri

rapporti politici, economici e sociali, gli ampezzani se lo sono costruito in secoli di esperienza. E l’esperienza purtroppo è un bene che non si può trasferire e nemmeno riprodurre sinteticamente”. E’ sufficiente questa introduzione del grande giornalista per comprendere cosa sono le Regole d’Ampezzo. Inizia così il viaggio di Energeo tra le tante

realtà che fanno parte della Consulta nazionale della proprietà collettiva, associazione senza scopo di lucro fondata nel 2006 che si propone di conservare, sviluppare ed approfondire le peculiarità storiche, culturali, istituzionali, giuridiche ed economiche dei Dominii Collettivi. A Cortina boschi e pascoli sono da

Panorama sulla Valle d’Ampezzo con i monti Faloria e Sorapis. In alto: Stefano Lorenzi, Segretario delle Regole d’Ampezzo.

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essenziale dei mezzi di sopravvivenza. Le Regole, inoltre, migliorarono il rapporto fra l’uomo e l’ambiente e permisero un uso sostenibile del territorio

L’origine delle Regole d’Ampezzo è da ricercare nella necessità dei primi abitanti stabili della conca di organizzare un utilizzo comune di boschi e pascoli. Le difficoltà di sopravvivenza legate all’ambiente montano favorirono un utilizzo collettivo e indiviso del territorio. Inizialmente le Regole erano due, Ambrizola - Falzarego e Larieto, poi aumentarono: oggi sono undici e, da circa vent’anni, sono unite in comunanza. I Regolieri sono i capifamiglia

Ogni regoliere può contare su 7 metri steri (mst.) di legna per ogni capo famiglia, più 1 mst. per ogni suo componente. Può inoltre disporre di legname da costruzione, il migliore disponibile, ma solo per uso proprio, escludendo la possibilità di farne commercio. Le Regole gestiscono oggi circa 16.000 ettari di bosco, con taglio e vendita del legname e selvicoltura naturalistica del patrimonio forestale. Si tratta per lo più di conifere e le essenze più diffuse sono abete rosso, larice, abete bianco, pino cembro (cir-

Alcuni Regolieri volontari puliscono il bosco in località Larieto.

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BENI COLLETTIVI

L’esclusivo modo di convivere degli ampezzani

molo). Alcune malghe sono ancora utilizzate per il pascolo del bestiame, mantenendo l’antica attività primaria che, negli ultimi decenni, ha conosciuto un notevole calo. Quanto al regime giuridico, vi è stata la tendenza a cercare di assimilare queste terre comuni a quelle di un demanio comunale, ma da parte dei regolieri c’è stata la tenace difesa dell’opposto principio che si tratti di una proprietà privata esclusiva degli abitanti originari. “Per amore delle antiche tradizioni, ricorda Stefano Lorenzi - congiuntamente agli interessi economici connessi allo sviluppo del turismo, i regolieri hanno strenuamente difeso il carattere privatistico della loro proprietà, sia pure regolata non dalle comuni regole della comunione, ma dai laudi, che introdu-

cono norme di carattere sociale”. Per lo stato italiano le Regole d’Ampezzo non sono né un ente pubblico né un soggetto privato, ma rientrano nell’ordine della proprietà collettiva. Tra le finalità delle Regole vi sono la conservazione e la promozione della lingua, della cultura e delle tradizioni ampezzane. L’istituto regoliero è riconosciuto dal diritto dello Stato italiano attraverso specifiche leggi che ne tutelano la particolare realtà. Dal 1990 le Regole gestiscono anche il Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo, nato col consenso dell’Assemblea Generale dei Regolieri. L’area protetta si estende a nord dell’abitato di Cortina d’Ampezzo fino al confine con il Trentino-Alto Adige, inserendosi nel Parco naturale Fanes - Sennes e

Braies, con il quale forma un comprensorio di caratteristiche ambientali omogenee dell’ampiezza complessiva di 37.000 ettari. Dei 112 km² del parco, circa 1/4 è costituito da riserve. Il territorio del parco comprende molti famosi gruppi dolomitici, tutti riconosciuti dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità: il Cristallo, le Tofane, la cima Fanes, il Col Bechei e la Croda Rossa d’Ampezzo, rispettivamente divisi dalla Val Travenanzes, Val di Fanes, alta Valle del Boite e Val Felizon. Le valli sono strette ed incassate verso la comune confluenza, in corrispondenza della quale è situata l’entrata principale del parco, e si aprono in vasti altopiani a pascolo verso le quote più alte.

La Ciasa de ra Regoles, sede delle Regole d’Ampezzo a Cortina. Nella foto piccola: in primavera si raccolgono i rami caduti dagli alberi per favorire il pascolamento degli animali.

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Loredana Renaudo


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Quando la banda (larga) passò!

SCHEGGE DI FUTURO

Il territorio, diventato un baricentro tra innovazione e tradizione, tra “microchip e malghe”, utilizzerà un nuovo edificio che ospiterà Trentino Network. La Provincia Autonoma, tra le più avanzate nella tecnologia digitale, intende fare di questa struttura un punto di riferimento per i cittadini e le aziende che vogliano documentarsi sulle tecnologie ed i progetti legati alla banda larga, attraverso la realizzazione di seminari e corsi, aperti a varie realtà locali, a partire dal mondo dell’istruzione e della formazione.

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l Trentino che guarda al futuro diventa più “intelligente” e con il cervello pulsante proprio nel cuore della città. La Provincia Autonoma sa di essere ai primissimi posti nella speciale classifica dell’Italia digitale. E’ quanto emerso dal convegno “Italia connessa. Trentino e innovazione, perché il digitale non resti solo in Agenda”, organizzato, in collaborazione con Telecom Italia, nella Sala Depero nel Palazzo della Provincia Autonoma. Il meeting è servito anche come prologo della Cerimonia di inaugurazione della nuova la sede che racchiude, come in uno scrigno, la tecnologia digitale applicata al territorio. L’appuntamento era quello delle grandi occasioni, in una bella giornata d’autunno, nella quale sono state indicate le prospettive e i cambiamenti che attendono il Trentino nel quadro del Sistema Italia. Una giornata, quella del 26 settembre, organizzata da Trentino Network, la società pubblica creata nel 2004 dalla Provincia Autonoma per lo sviluppo e la gestione delle infrastrutture di telecomunicazioni, che ha visto collocarsi tre momenti decisivi, tra cui In alto a destra: fibre ottiche. Nell’immagine piccola: infilaggio della fibra ottica. Sotto: gli invitati alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede di Trentino Network hanno potuto toccare con mano i tubi per condotte interrate della fibra ottica che consentiranno al Trentino di essere sempre più digitale.

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la Community italiana per l’innovazione del Paese. Nell’occasione è stato sottoscritto un protocollo d’Intesa, finalizzato ad unire competenze, conoscenze, abilità e prospettive per sviluppare infrastrutture e piattaforme tecnologiche e diffondere innovazione e sviluppo. Si tratta di individuare modelli di innovazione percorribili in Italia, ma anche di avviare iniziative concrete per portare la rivoluzione digitale nei territori e tra gli abitanti dei luoghi. Questo il senso del sodalizio che è stato formalizzato fra Trentino Network, la Fondazione Spadolini Nuova Antologia, attraverso il Premio Eco and the City, la Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, la Fondazione Guglielmo Marconi, Lepida, il Co.Svi.G. (Consorzio Sviluppo Aree Geotermiche) di Firenze ed Edipress Communications, editore del periodico Energeo Magazine. Come funzionerà? “Iniziare a fare da sé, insieme agli altri, insieme per affrontare la sfida imposta da un mondo interconnesso e senza barriere” - concretizza Alessandro Zorer, prendendo spunto dal significato dell’autonomia trentina: “Per farlo, puntiamo alle infrastrutture che consentono la diffusione della conoscenza, della creatività, della libertà e mobilità, della qualità dell’ambiente naturale e culturale. In altre parole, ddesideriamo valorizzare le migliori risorse dei territori puntando sull’innovazione, come facciamo nella nostra provincia, per metterle al servizio delle altre comunità e migliorare la qualità della vita dei cittadini”. Un concetto rimarcato dal presidente uscente della Provincia Alberto Pacher, che ha evidenziato in questa circostanza come il territorio trentino sia un baricentro tra innovazione e tradizione, tra “microchip e malghe” e che per questo il nuovo edificio di Trentino Network simboleggia lo sforzo messo

in atto dalla Provincia per dotare l’intera area di nuove vie di comunicazione in grado di dare un nuovo volto alla città e al territorio. Le parole di Sua Eccellenza Monsignor Luigi Bressan, arcivescovo di Trento, hanno riempito di suggestione la cerimonia del taglio del nastro avvenuta al cospetto di autorità, amici, e tutto il personale che dovrà occupare la nuova sede dove, a breve, verrà anche realizzato il nodo di centrale della rete di telecomunicazioni provinciale. Nello specifico, sarà proprio il piano terra ad ospitare i vari apparati di telecomunicazioni nei quali viene raccordata la fibra ottica che si dirama sul territorio, mentre gli altri tre piani rimarranno a disposizione del personale

del centro storico e sotto il simbolico Doss Trento, in un moderno edificio progettato da uno dei maggiori professionisti trentini, l’architetto Marcello Armani, diventato il cuore della trasformazione della Provincia Autonoma di Trento in una delle più avanzate aree europee. “È nostra intenzione - dice il Roberto Lazzaris - rendere questa struttura aperta in modo che diventi un punto di riferimento anche per i cittadini e le aziende per documentarsi sulle tecnologie ed i progetti legati alla banda larga, attraverso la realizzazione di seminari e corsi, aperti a varie realtà locali, per esempio a partire dal mondo dell’istruzione e della formazione”.

di Trentino Network. Nella sede - una struttura di tre piani, ordinati e lineari, perfettamente funzionali, con ampi spazi e grandi finestre che si affacciano in via Giovanni Pedrotti sulle rive dell’Adige - sono stati predisposti un auditorium, una sala formazione, diverse sale riunioni e delle ulteriori sale tecniche per la gestione dei dati. E nel ricordo del passato, il presidente di Trentino Network Roberto Lazzaris racconta come si è trasformato un cantiere fermo da tempo, alle porte

La sfida del Trentino

SCHEGGE DI FUTURO

In occasione del convegno “Italia connessa. Trentino e innovazione, perché il digitale non resti solo in Agenda”, organizzato, in collaborazione con Telecom Italia, sono state indicate le prospettive e i cambiamenti che attendono la provincia nel quadro del Sistema Italia. La diffusione del digitale sul territorio garantirà maggiore competitività su un mercato sempre più globale

Anno VI - settembre/ottobre 2013

Il Trentino, attraverso l’Agenda Digitale, ha raccolto una delle sfide più importanti che attende l’Italia come nazione in grado di offrire a cittadini ed aziende strumenti innovativi e tecnologicamente avanzati, in grado di aumentare il livello di competitività del sistema nazionale. Il check-up digitale del Trentino, condotto in accordo alla metodologia sviluppata da Telecom Italia nel rapporto “Italia Connessa”, che offre un’analisi delle realtà regionali italiane

Il Presidente della Provincia Autonoma di Trento Alberto Pacher e il Presidente di Trentino Network Roberto Lazzaris con il tradizionale taglio del nastro inaugurano la nuova sede di Trentino Network in via Pedrotti a Trento. Monsignor Luigi Bressan, arcivescovo di Trento, ha voluto benedire personalmente la nuova sede di Trentino Network, intrattenendosi a lungo con i tecnici e le maestranze.

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SCHEGGE DI FUTURO

Quando la banda (larga) passò!

in riferimento alla diffusione della Rete e ai servizi garantiti sul territorio, conferma l’ottimo posizionamento del Trentino in settori quali la pubblica amministrazione e la sanità, oltre alla diffusione della connessione in larga banda (20Mbit/sec.), garantita al 99 per cento della abitazioni. Al convegno hanno partecipato - tra gli altri - il presidente della Provincia autonoma di Trento uscente Alberto Pacher, esperti nazionali e Franco Bernabè, intervenuto nonostante Telecom Italia fosse in piena bufera. L’evento - è questa l’opinione condivisa anche dal presidente della Provincia autonoma di Trento - ha rappresentato l’opportunità di un primo consuntivo delle attività della Provincia autonoma di Trento per la diffusione delle tecnologie e dei servizi digitali. L’occasione ha offerto importanti indicazioni per rilanciare la roadmap e le sfide future che attendono il Trentino: la diffusione

Il protocollo d’intesa firmato a Trento

Nel nome di Guglielmo Marconi è nata una community per l’innovazione Promuovere il territorio mediante l’eccellenza tecnologica per garantire un ingresso più semplice al mercato, sostenere l’imprenditoria locale, le start up e le living lab, mettere le città e la loro sostenibilità al centro di ogni processo evoluto.

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lessandro Zorer, che di Trentino Network è l’amministratore delegato da 2 anni, gongola dopo questa giornata di festa. Visibilmente soddisfatto, stringe la mano e saluta con un sorriso d’intesa i tanti ospiti intervenuti alla cerimonia. Dopo aver firmato il protocollo per far decollare il progetto “Community Network Guglielmo Marconi”, co-promosso da Trentino Network dice: “La strada scelta è quella di promuovere il territorio anche a livello internazionale mediante l’eccellenza tecnologica, creare una Community di realtà impegnate sugli stessi obiettivi per garantire, attraverso l’innovazione, un ingresso più semplice al mercato, sostenere l’imprenditoria locale, le start up e le living lab, mettere le città e la loro sostenibilità al centro di ogni processo evoluto”. Ed aggiunge: “La Community italiana per l’innovazione del paese deve essere in grado di unire competenze, conoscenze, abilità e prospettive per sviluppare infrastrutture e piattaforme tecnologiche e diffondere innovazione e sviluppo”. Una Community che mira a fare cultura anche attorno allo stesso concetto di innovazione: “Guardare al futuro nel rispetto dei luoghi e delle tradizioni di un popolo” precisa Zorer. L’ambizioso progetto ha coinvolto la Fondazione Guglielmo Marconi (Villa Griffone, la casa paterna di Marconi, a Pontecchio, sarà la sede di rappresentanza); la società che gestisce lo sviluppo di servizi innovativi in Emilia e la relativa integrazione nella rete Lepida; il Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo per le Aree Geotermiche), che dovrà occuparsi della ricerca e delle tecnologie emergenti legate allo sviluppo della geotermia. Lo scopo è quello di mettere le basi per costruire contatti con la “gente di impresa”, in sinergia con le altre strutture del Trentino, dell‘Emilia e della Toscana che hanno nel DNA la ricerca e l’innovazione. Il progetto nasce dall’alleanza tra la Fondazione Guglielmo Marconi, costituita per tenere viva la memoria del grande scienziato bolognese, la Fondazione Spadolini Nuova Antologia e la Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, tre grandi protagonisti del nostro tempo, la cui concretezza, lucida ed essenziale, rappresenta l’autentica espressione di quella parte operosa del paese cui guarda il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, partner del progetto.

Una panoramica della nuova sede. I promotori della Community Network Guglielmo Marconi firmano il protocollo d’intesa.

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del digitale sul territorio garantirà al sistema Trentino maggiore competitività su un mercato sempre più globale. “Telecom Italia - ha dichiarato Franco Bernabè, all’epoca ancora Presidente di Telecom Italia - vuole contribuire in modo concreto ad accelerare il processo di digitalizzazione del Paese, coerentemente con gli obiettivi indicati dall’Agenda Digitale. Siamo convinti che ciascuna Regione debba costruire la propria Agenda Digitale partendo dalla piena consapevolezza delle eccellenze e dei ritardi nel territorio. Per questo motivo, attraverso l’iniziativa Italia Connessa e il “check-up digitale”, intendiamo affiancare le Amministrazioni centrali e locali nelle riflessioni e nelle scelte di innovazione digitale per il miglioramento della competitività e dell’attrattività dei loro territori”.

L’analisi degli indicatori mostrano, anche nel confronto con le altre regioni italiane, l’ottimo posizionamento del Trentino nei servizi digitali messi a disposizione della Pubblica amministrazione, in particolare, la sanità. Margini di miglioramento sono registrabili nel mondo delle aziende, dove si evidenzia la scarsa penetrazione dell’e-commerce nelle imprese. In altri casi, il parziale ritardo è compensato dalle azioni attuate dalla Provincia autonoma di Trento che permettono di migliorare sensibilmente il posizionamento del Trentino. Ad esempio, grazie al progetto ADSL2+, il Trentino sarà, entro l’anno, l’unica regione italiana ad avere oltre il 99% delle abitazioni coperte da una connessione fino a 20Mbit/sec. Altri interventi hanno consentito in particolare la fornitura di

servizi di connettività al sistema pubblico attraverso infrastrutture di rete fissa (su fibra propria e su rame) e wireless (su tecnologie Wi-Fi e Hiperlan), che in modo capillare coprono tutte le municipalità della provincia, così come i servizi di comunicazione integrata (VoIP, VideoConferenza, IPTV) negli uffici della pubblica amministrazione ed il servizio TETRANET per il coordinamento degli interventi e delle attività della protezione civile sul territorio provinciale. “La copertura wireless - precisa Paolo Simonetti, Direttore delle Infrastrutture di Trentino Network - permette oggi di collegarsi da casa in tutte le zone del Trentino, anche quelle non raggiunte dai servizi ADSL tradizionali forniti dagli operatori TLC, tramite gli operatori accreditati. Inoltre, già oggi i cittadini

Immagini del convegno Italia Connessa, Trentino e Innovazione perché il digitale non resti solo in agenda. In alto a sinistra: Sergio Bettotti, dirigente generale del Dipartimento Innovazione e ICT della Provincia di Trento. A destra: l’intervento del Presidente della Provincia Autonoma di Trento Alberto Pacher; a fianco: Franco Bernabè, Presidente di Telecom Italia, dimessosi recentemente. In basso a sinistra: alcuni partecipanti al Convegno che è servito da prologo alla manifestazione. In basso a destra: Franco Bernabè risponde alle domande dei giornalisti.

SCHEGGE DI FUTURO

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Anno VI - settembre/ottobre 2013

Quando la banda (larga) passò!

trentini ed i turisti possono navigare in internet nelle piazze in più di 500 luoghi pubblici, così come in 55 rifugi dell’arco alpino e sulle più importanti catene montuose trentine”.

SCHEGGE DI FUTURO

La macchina digitale del Trentino Nei mesi scorsi il gruppo di lavoro ha effettuato una mappatura di circa 100 progetti di utilizzo delle ICT in Trentino, analizzando il loro contributo alla copertura delle aree tematiche dell’Agenda Digitale Italiana e al raggiungimento dei suoi obiettivi. In diversi ambiti, questa mappatura ha mostrato un’ottima copertura delle aree tematiche da parte della Provincia autonoma di Trento, che in alcuni casi si è mostrata capace di attuare in modo operativamente tempestivo soluzioni avanzate nello scenario nazionale. In Trentino sono attivi da tempo servizi innovativi basati sulle nuove tecnologie digitali: il portale dei servizi online, punto unico di accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione trentina; l’estensione a tutti i settori economici della possibilità di presentare le domande di incentivo in modalità telematica; il protocollo interoperabile tra gli enti pubblici del Trentino (PiTre); il Centro Servizi Territoriale - disegnato sul concetto del community cloud - che facilita l’accesso a servizi innovativi da parte di qualsiasi attore del sistema pubblico trentino. I cittadini trentini utilizzano già in via sperimentale la prescrizione farmaceutica digitale, e accedono direttamente alla gestione del catasto ed a servizi di mobilità integrata. Questo ecosistema digitale pervade già oggi la quotidianità ed è stato realizzato attraverso due società pubbliche: Informatica Trentina e Trentino Network. L’analisi del check-

up digitale è stata estesa al di fuori della Pubblica amministrazione, approfondendo alcuni settori produttivi (agricoltura, commercio, turismo) e servizi al cittadino (sanità e istruzione), attraverso 6 workshop tematici. Questi ultimi hanno consentito di rappresentare, in modo anche quantitativo, gli investimenti a sostegno dell’introduzione e della diffusione del digitale nelle “filiere” di attività in Trentino. Nel settore dell’Istruzione, sono state distribuite oltre 2 mila lavagne interattive multimediali nelle scuole e in circa 3.000 aule, con un bacino di oltre 60 mila studenti. Nel corso del biennio 2012/2013 sono stati formati oltre 1500 docenti su temi connessi alle ICT. In ambito sanitario, in Trentino sono 16,4 milioni di referti digitalizzati, con 8 milioni di accessi annui agli stessi, grazie ad una rete digitale che raccoglie tutti i medici di medicina generale. Un altro settore in cui la digitalizzazione ha segnato importanti passi in avanti è il turismo, quasi gran parte delle prenotazioni avviene online: Visittrentino è tra i primi siti turistici in Italia con

6 milioni di accessi annui, mentre la pagina Facebook ha raccolto oltre 70 mila fans. In agricoltura, ben 2 mila delle 15 mila aziende agricole sono passate in 2 anni alla gestione informatizzata del “quaderno di campagna”, strumento di certificazione della qualità del prodotto, così come le comunicazioni tra Consorzi e Produttori si svolgono di fatto in maniera informatizzata. Infine, la Provincia Autonoma di Trento è al terzo posto in Italia per numero di set di dati pubblici resi disponibili secondo il paradigma degli Open Data, ed ha lanciato nell’ultimo anno un’importante iniziativa per lo sviluppo di start-up innovative. Il check-up digitale ha rappresentato l’occasione per una riflessione complessiva sulla diffusione della conoscenza e dell’uso del digitale che rappresenta la scelta strategica fondamentale per il futuro del Trentino.

Cima Presena, antenne per la connessione dei rifugi dell’arco alpino e raccoglimento dati per servizi meteorologici (foto piccola). Ripristino del servizio in fibra ottica a Forte Buso a seguito di una frana.

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Pierpaolo Bo


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Insieme a “Cittalia Anci Ricerche” per rafforzare il ruolo delle città come motori dell’innovazione

La Community Network Guglielmo Marconi trova nuovi orizzonti La Fondazione promossa dall’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici ha intrapreso una collaborazione con la Fondazione Spadolini Nuova Antologia per meglio procedere nella stessa direzione. La struttura si pone come punto di incontro di esperienze e saperi urbani, un patrimonio di conoscenze necessarie per accompagnare i processi di innovazione locale e rafforzare il ruolo delle città come motori del cambiamento, produttori di cultura e giacimenti di identità.

CITTALIA

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a Community Network Guglielmo Marconi allarga i suoi orizzonti aprendosi ad una collaborazione con “CITTALIA ANCI RICERCHE” per avviare, insieme, un nuovo percorso sul futuro dell’innovazione. Il presidente della Fondazione “Cittalia - Centro europeo di studi e ricerche per i comuni e le città”, Leonardo Domenici, è un convinto sostenitore dell’attività della Fondazione Spadolini Nuova Antologia che da qualche anno organizza il Premio

Eco and the City e che, con qualificati

tore culturale, presidente della

partners, ha promosso la Community Network Guglielmo Marconi, due realtà con le quali oggi l’ex sindaco di Firenze, promotore della Fondazione intende collaborare. Lo ha promesso a Cosimo Ceccuti, amico di vecchia data, professore di Storia del Risorgimento e Storia del giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze, il quale per volontà testamentaria di Giovanni Spadolini, è coordina-

Fondazione Spadolini - Nuova Antologia, e direttore della rivista “Nuova Antologia”, diretta dallo stesso Spadolini per quarant’anni. “Insieme spiega Cosimo Ceccuti - possiamo aprire una finestra sulle principali opportunità di dialogo, confronto e formazione su una molteplicità di temi urbani: dall’innovazione al sociale, dalle riforme istituzionali allo sviluppo sostenibile”. La leva potrebbe essere ancora una volta il Premio, che quest’anno ha introdotto una sezione speciale dedicata all’Innovazione a cui la Community Network Guglielmo Marconi si ispira.

Lo sviluppo dei processi di innovazione

L’attività di “CITTALIA ANCI RICERCHE” è destinata agli studi e alle ricerche, nonché allo sviluppo dei processi di innovazione avviate sul territorio del nostro Paese, per contribuire a rafforzare il ruolo delle città come motori dell’innovazione. Nata nel 2008, la Fondazione si è occupata di ambiente, istituzioni e innovazione per poi focalizzarsi su welfare e società, inclusione sociale, partecipazione e gestione degli spazi pubblici In una foto d’archivio scattata a Pian de Giullari, il professor Cosimo Ceccuti incontra Leonardo Domenici, all’epoca sindaco di Firenze (al centro) e l’onorevole Enzo Bianco, (attuale sindaco di Catania), all’epoca Ministro dell’Interno. Era presente anche il parlamentare fiorentino Valdo Spini (a sinistra).

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La Community Network Guglielmo Marconi trova nuovi orizzonti

e politiche urbane. “La missione di Cittalia - spiega il direttore scientifico Paolo Testa - è accompagnare le città e i comuni italiani nell’affrontare le sfide poste dalla trasformazione della società e dell’economia con l’obiettivo di sviluppare politiche pubbliche efficaci e migliorare le loro capacità di programmazione, gestione e valutazione. Cittalia si pone come punto di incontro di esperienze e saperi urbani, un patrimonio di conoscenze necessarie per accompagnare i processi di innovazione locale e rafforzare il ruolo delle città come motori del cambiamento, produttori di cultura e giacimenti di identità”.

CITTALIA

Due percorsi paralleli Sulla stessa linea si muove il Premio, alleandosi con RES Tipica ANCI, che da tempo va alla ricerca di questi giacimenti di identità. La Sezione intende individuare le azioni di tutela dell’identità dei luoghi, troppo spesso frenate dalla mancata capacità degli enti preposti al dialogo con i cittadini, dando un senso di continuità alla conoscenza e alla memoria storica dei territori, anche attraverso il restauro, la conservazione e il riuso di siti, centri rurali fortificati, borghi antichi, medievali e monumenti. Il Premio vuole individuare e scoprire storie particolarissime per coglierne i riflessi più significativi del passato. Storie che si fondono con l’identità culturale dei luoghi dove, nel corso dei secoli, si sono avvicendate culture e popoli diversi. Territori caratterizzati da ambienti tradizionali, patrimoni naturalistici e storico-artistici particolarmente rilevanti e degni di tutela e valorizzazione del bene culturale, dove è stato individuato quell’intrec-

cio fittissimo di conoscenze e tradizioni locali, salvaguardato con soluzioni appropriate, dove è in atto il recupero delle diversità culturali. La conservazione passa attraverso l’uso del bene recuperato, anche attraverso la modificazione dell’uso originario. Molto più che nelle vicende politiche e istituzionali, l’identità italiana si è costruita entro uno spazio culturale che nel corso dei secoli ha cementato il tessuto della nazione. L’ente identitario di base è sempre il Comune, ma esso tende nel tempo a trasformarsi in un ente sempre più funzionale per la gestione dei servizi al cittadino in applicazione del principio di sussidiaretà. La scala di identità locale si sposta entro bacini di continuità più ampi, aderendo ai processi localizzativi, residenziali e di flussi reticolari già presenti. Res Tipica, per promuovere l’identità culturale, punta sull’autenticità, la bellezza e le conoscenze tradizionali dei Comuni associati, valorizzandone le peculiarità, in un’ottica globale.

Una immagine insolita di tantissimi Sindaci delle città italiane nell’emiciclo del Parlamento Europeo.

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Anche CITTALIA ANCI RICERCHE si muove nella stessa direzione. Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini vuole dare spazio alle due strutture operative sul territorio, con il quale le comunità hanno stabilito un patto di tutela del patrimonio storico e artistico, guardando insieme all’Europa. Cittalia è attiva anche in ambito europeo, fornendo alle città socie informazioni e servizi sui principali programmi di finanziamento europei e supporto alle attività di europrogettazione. “Cittalia - dice Paolo Testa - si occupa inoltre del monitoraggio delle politiche urbane europee e per conto dell’Anci fornisce assistenza alla delegazione comunale italiana presso il Comitato delle regioni. Ricopre inoltre il ruolo di National Dissemination Point per l’Italia del programma Urbact e partecipa alla comunicazione di numerosi progetti europei sui temi della sostenibilità e dell’inclusione sociale”. In questo senso si può andare avanti insieme.


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Il rilancio della ricerca potrà trovare in quest’area ulteriori sbocchi grazie a nuove relazioni con il mondo universitario e della cooperazione

La riscossa di un territorio speciale Questa è la storia di un territorio antico, conosciuto fin dai tempi degli Etruschi, trasformato in un’officina dell’innovazione e di buone pratiche. Ne ripercorriamo le varie tappe anche perché il Consorzio di Comuni, che negli ultimi anni ha contribuito in modo significativo allo sviluppo dell’area geotermica della Toscana, ha ancora tanti progetti ambiziosi nel cassetto.

TERRITORI ESCLUSIVI

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el 2006 i Comuni di Radicondoli, Monterotondo Marittimo, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Montieri, Castelnuovo Val di Cecina, Chiusdino, Monteverdi Marittimo, Casole d’Elsa - che fanno parte di un vasto comprensorio di 1200 chilometri quadrati al confine delle province di Siena, Pisa e Grosseto - diedero vita ad un progetto innovativo che rappresentò la svolta per questo comprensorio conosciuto fin dai tempi degli Etruschi per le caratteristiche del sottosuolo: il Distretto delle Energie Rinnovabili. La Regione Toscana, che finanziò il progetto con oltre 6 milioni di Euro, volle svoltare con una coraggiosa operazione di marketing territoriale per salvare e valorizzare un

patrimonio di conoscenze e competenze unico al mondo. Due anni dopo (era l’8 marzo 2008), in una giornata inclemente dal punto di vista meteorologico, nonostante l’imminente primavera (una fitta nevicata aveva bloccato numerosi partecipanti), venivano inaugurati i centri di ricerca e trasferimento tecnologico sulle energie rinnovabili (oggi EnerGea srl) che hanno consentito al Distretto di realizzare un esempio sperimentale di economia dell’innovazione e del trasferimento tecnologico, della promozione e diffusione dell’energia pulita. Attualmente sono in corso le trattative per rilanciare il laboratorio sperimentale di Sesta, una delle quattro strutture europee per la prova dei combustori a turbogas,

situata nel territorio di Radicondoli. Il laboratorio, oggi gestito dall’Enel, sarà oggetto di un ampliamento delle potenzialità ed un conseguente riposizionamento a livello internazionale che vede impegnati oltre alla Regione Toscana e Co.Svi.G., la stessa Enel, Nuovo Pignone, Ansaldo Energia, e CNR. Una scommessa che la regione ed il territorio geotermico vogliono vincere, in quanto il laboratorio di Sesta garantisce nel proprio settore operativo livelli di eccellenza e può fornire nuove occasioni di lavoro, a partire dalle competenze e dalle opportunità offerte dal territorio.

Un luogo per costruire il futuro Un luogo unico nel suo genere, un territorio abituato a guardare al futuro, dove, oltre alla geotermia, si produce e utilizza energia proveniente anche da altre fonti rinnovabili: biomasse, fotovoltaico, eolico. Qui hanno saputo superare il problema dello spopolamento maturando nuove esperienze, riuscendo ad ottenere risultati sorprendenti con programmi e progetti rispondenti al criterio dello sviluppo sostenibile, anche con collaborazioni in ambito internazionale. Lo raccontiamo perché questo processo che guarda al futuro, nato in

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La firma dell’intesa siglata nel 2007 tra Slow Food Toscana, Fondazione Slow Food per la Biodiversità e Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche), che ha l’obiettivo di dare vita nel comprensorio dell’area geotermica tradizionale toscana alla prima comunità mondiale del cibo a energia pulita e rinnovabile, individuando soluzioni appropriate per la produzione agroalimentare con sistemi e tecnologie di processo innovativi, caratterizzati dall’uso di energia prodotta con fonti rinnovabili.

sordina sulle colline metallifere sta portando molto lontano, fino a valicare i confini nazionali, affiancando importanti istituzioni, Fondazioni prestigiose, realtà innovative come il Trentino, pronto a dialogare con il MUSE, Museo della Scienza di Trento o il Mart di Rovereto. Il salto dimensionale potrà portare molto lontano, tanto da creare a tutti gli effetti un modello di territorio da replicare. Un percorso realizzato con il crescente coinvolgimento dell’Amiata, interessando i Comuni di Arcidosso, Castel del Piano, Piancastagnaio, Radicofani, Roccalbegna, San Casciano dei Bagni e Santa Fiora, che hanno colto un’opportunità unica per promuovere progetti di valorizzazione del territorio. Paesi dislocati alle pendici della magica montagna, vulcano ormai inattivo, una delle terre dal cuore caldo, posto tra le province di Grosseto e Siena. A partire dai territori geotermici toscani sono state create strutture organizzative locali come la prima Comunità mondiale del Cibo ad Energie Rinnovabili, avviata ufficialmente nel 2009 con la firma dello statuto dell’Associazione “Agricoltori Custodi della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili della Toscana”, uno dei tanti modi di operare valorizzando culture, conoscenze e risorse, al fine di sperimentare modelli replicabili a livello globale.

sione dei primi 25 anni di attività del Consorzio per lo Sviluppo delle Aree geotermiche (la conferenza stampa si è svolta nella sede dell’ANCI), di sostenere l’Associazione “Terre dal cuore caldo”, inserita nel circuito RES TIPICA. Lo scopo è quello di creare una rete per avviare e sostenere una ricerca sui luoghi di origine vulcanica, insieme ai Parchi dell’Etna, del Vesuvio, dei Castelli Romani e le numerose altre realtà territoriali (che hanno già aderito all’iniziativa) per individuare i “punti caldi” del nostro Paese nella consapevolezza che questi luoghi, apprezzati fin dai tempi dei romani e degli etruschi, autentici esploratori di queste realtà, rappresentano una preziosa peculiarità naturalistica della penisola in virtù dei paesaggi magnifici e surreali. Il Parco delle Colline Metallifere, nell’ambito della realtà geotermica toscana, nasce dalla volontà di non disperdere la storia dell’attività mineraria e della metallurgia che si sono succedute per circa tre millenni e che hanno influito alla determinazione del loro paesaggio culturale. La salvaguardia e valorizzazione dei siti industriali e minerari dismessi, integrata alle notevoli risorse naturalistiche ed a fulgidi esempi della architettura

ed arte medioevale esistenti nella zona, fanno delle Colline Metallifere un itinerario per un turismo diverso. Il tema conduttore è la riscoperta delle tracce delle miniere ed il lavoro nel sottosuolo. Inevitabilmente, nel viaggio, attraverso queste terre, fa da sfondo una natura straordinaria e si possono apprezzare testimonianze culturali di grande interesse. Il valore delle testimonianze archeologiche, la significatività del patrimonio archeo-industriale e la qualità delle risorse ambientali e paesaggistiche ne fanno un parco politematico che trova difficilmente riscontro in altre esperienze. In virtù della capacità di sviluppare un’offerta originale basata sulla tradizione del lavoro e di antichissimi saperi e su un ambiente naturale suggestivo e unico, il Parco è entrato, il 1° ottobre 2010, nella European and Global Geoparks Network sotto gli auspici dell’UNESCO con il nome di TUSCAN MINING GEOPARK, una rete mondiale di geoparchi. Questa rete è una reale opportunità di confronto con altre esperienze a livello internazionale per continuare a percorrere la strada verso un turismo sostenibile e di qualità. “In quest’area non si vive di sovvenzioni - ricorda Sergio Chiacchella,

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Un piano di rilancio del turismo Grande è l’attesa sul territorio per conoscere il futuro di queste aree in pieno rilancio anche sul piano del turismo, come indicano le azioni di marketing territoriale che si stanno avviando anche in collaborazione con altri ambiti territoriali assimilabili per particolari caratteristiche. Lo testimonia l’iniziativa recentemente avviata a Roma, in occaIl parco naturalistico delle Biancane è un’area naturale nei pressi del centro di Monterotondo Marittimo (GR), uno dei tanti siti in cui la geotermia caratterizza fortemente il paesaggio al confine fra le province di Pisa e Grosseto. Si ha infatti la presenza di diverse tipologie di manifestazioni geotermiche come soffioni, fuoriuscite di vapore dal terreno, putizze e fumarole.

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La riscossa di un territorio speciale

direttore generale del Co.Svi.G. - Da queste parti si ha ben chiaro quanto sia difficile tenere dritto il timone fra necessità di occupazione, rilancio del territorio, necessità di innovazione e sostenibilità”. Il Consorzio, dopo aver sottoscritto il Protocollo d’Intesa, è pronto ad avere un ruolo attivo anche nella Community Network Guglielmo Marconi, recentemente costituita. Il rilancio della ricerca potrà trovare ulteriori sbocchi, stabilendo nuove relazioni e intese con il mondo scientifico, nonchè con altre realtà simili convertite al green, avviando alleanze nazionali e internazionali. E si capisce benissimo il ruolo di primo piano da giocare nei prossimi anni per costruire nuove partnerships con i Paesi europei sui temi della green economy che, comunque, fa parte del DNA del territorio. In questo la Toscana, per la sua posizione geografica, si pone come piattaforma di progetti innovativi e di scambio, in quanto, si ritiene che sia il crocevia delle iniziative avviate in Italia nell’ambito del sostegno e della diffusione della cosiddetta “cultura delle rinnovabili”. Nelle “grandi visioni” dei progetti avviati si capisce che la leva strategica, valida anche per il territorio geotermico toscano, è una soltanto: costruire un sistema emergente di sviluppo territoriale che tenga conto di tutte le valenze ambientali e paesaggistiche e dello sviluppo delle energie rinnovabili. Occorre ripartire sulla scia di un progetto avviato all’inizio del secolo scorso quando in quest’area si inventò e industrializzò l’uso della geotermia per produzione di energia elettrica, sostenendo cambiamenti strutturali dell’economia locale, trasformando, già allora, il territorio in un’officina dell’innovazione. T.R.

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LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE

Giardini di Pietra I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea

Autore: Pietro Laureano Edizione: Bollati Boringhieri

Nel libro curato dall’arch. Pietro Laureano (210 pagine), edito da Bollati Boringhieri, viene narrata la storia di una sorprendente metamorfosi della “Città dei Sassi”, una delle meraviglie del mondo risorta a nuova vita. Da vergogna nazionale a patrimonio dell’umanità. Questo il percorso unico al mondo della Città di Pietra che ancora in cronache cinquecentesche era descritta come “dotata di aria salubre e abitata da uomini ingegnosi”, e che, nell’impatto distruttivo con la modernità, si è poi trasformata nel simbolo del degrado meridionale. Il fragile ecosistema delle case grotta non sembrava poter sopravvivere a miseria, fatiscenza e spopolamento, un destino di rovina sembrava ineluttabile. Ma, anche grazie alla competenza tenace e all’impegno civile di Pietro Laureano, negli anni novanta i Sassi sono tornati a nuova vita e l’iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO (1993) ha restituito ad essi lo stesso rango di altre meraviglie delle zone aride, come Petra o Sana’a. Testimonianza del mutato clima culturale che ha consentito ad un luogo desolato di rinascere a città, questo libro- presentato in una nuova edizione - racconta come architetture ipogee, cisterne preistoriche, terrazze pensili, recinti trincerati, masserie, chiese e palazzi sono riusciti, nei secoli, ad armonizzarsi con il paesaggio di tufo.

Guglielmo Marconi Un Nobel senza fili

A cura di: Mario Giorgi, Mattia Righi, Barbara Valotti Edizione: Bonomia University Press

Non poteva mancare nella Biblioteca di Energeo la pubblicazione a cura del Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario del Premio Nobel a Guglielmo Marconi, edita nel 2009, curata da Mario Giorgi, Mattia Righi, Barbara Valotti, edita da Bonomia University Press. Il volume (130 pagine) narra la storia di questo straordinario genio italico, proiettato a soli vent’anni nell’internazionalità delle applicazioni tecnico-scientifiche. Non aveva terminato gli studi, amava stare al mare, lavorare con le mani, sperimentare instabilmente di persona, seguiva l’intuito e scommetteva su di esso, sbagliando raramente. “Celebrando i cento anni del Premio Nobel - scrive nella prefazione Pier Ugo Calzolari, Presidente del Comitato - noi ricordiamo di nuovo Marconi, finalmente sotto una giusta luce, dopo che, in vita, al tripudio di riflettori era seguita una lunga penombra. Un Marconi né mago né santo né eroe ma sicuramente genio. Cento anni dopo, infatti, il suo wireless è più che mai vivo, presente, negli oggetti di uso comune, negli strumenti che esplorano lo spazio. Intrecciato - come lui sperava - alle vite degli uomini in tutti i Continenti”. Una pubblicazione tutta da leggere.



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