ENERGEO MAGAZINE Anno VII Gennaio - Febbraio 2014

Page 1

Anno VII - GENNAIO - FEBBRAIO 2014 Prezzo di copertina 6,50 euro

Edipress Communications - Orbassano (To) - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (GENNAIO 2014) - N. 1 - Abbonamento 10 numeri 50,00 euro.

Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali-ITKI UNESCO; Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali-TKWB; Premio Eco and the City Giovanni Spadolini; Osservatori del paesaggio; Organo ufficiale della Community Network Guglielmo Marconi

IL LEGNO DELLE COMUNALIE PARMENSI SCALDA LO SPIRITO DELLA SOLIDARIETA’

Dario Franceschini ai Beni Culturali il neo ministro rende omaggio a Giovanni Spadolini

Tempo di rinascita per l’archeologia alla scoperta del patrimonio storico da tutelare

I tesori ritrovati dai carabinieri in mostra al Palazzo del Quirinale

Programma Italia 2019 non una ma ventuno Capitali della Cultura




CI SALVERÀ L’ECOMIMETICA Una recente disciplina si propone di individuare materiali innovativi studiando meticolosamente e copiando le piante del deserto o le ali delle farfalle o di elaborare nuove forme di locomozione imparando dai movimenti dei gechi, dei pesci e dei rettili.

E’

ufficiale: l’osservazione, l’inventario, lo studio delle conoscenze tradizionali e locali può fondarsi su l’ecomimetica, grazie all’intuizione dell’architetto Pietro Laureano, consulente UNESCO per gli Ecosistemi in pericolo, che ci consente di capire come evitare lo sfascio del pianeta e il susseguirsi delle catastrofi naturali. La soluzione sta nell’arte di imparare dal grandioso patrimonio costituito dall’esperienza accumulata dall’umanità nell’edificare i propri paesaggi. L’annuncio è stato dato ai primi di febbraio, a Barcellona, alla Scuola Tecnica di Architettura della Catalogna, in occasione della Conferenza dal titolo “Ecomimetica, l’architettura della fusione: progettare con le conoscenze tradizionali”. Lo studioso lucano ha lasciato ad Energeo il suo discorso, ripreso dalla stampa internazionale. Sono noti i suoi studi e progetti sulle oasi del Sahara, i Sassi di Matera, il suo impegno e gli appelli per l’acqua e la salvaguardia degli ecosistemi e il paesaggio. Recenti e continui sono gli allarmi. Nel mese di febbraio il Paese è stato messo in ginocchio dal maltempo che ha provocato tante situazioni critiche, anche a Roma e nell’area di Fiumicino, colpite da un violento nubifragio. Nelle altre regioni d’Italia si susseguono frane e smottamenti ovunque, anche in pianura con i campi allagati. Centinaia le famiglie evacuate, danni enormi. La natura quindi si vendica? “La natura fa semplicemente il suo corso,- scrive Laureano - non è in se benefica o distruttiva. I drammi sono il risultato dell’azione umana dissennata. Con l’aumentare della temperatura dovuta alle emissioni dei gas serra cresce l’energia in circolazione, l’evaporazione e il movimento delle masse d’aria che possono provocare sia piogge intense con tempeste invernali e inondazioni, sia siccità estreme con onde di calore estive. Questi avvenimenti si innestano su una situazione di degrado dei suoli, abbandono del territorio, occupazione dello spazio e realizzazione di opere che rendono l’ambiente incapace di equilibrare i fenomeni meteorologici e, quindi, esposto alla catastrofe. Frane, inondazioni, crisi idriche e idrogeologiche sono sempre più frequenti, con erosione dei pendii e alluvioni nelle pianure e le coste dove i corsi d’acqua sono stati cementati, contribuendo, insieme con l’urbanizzazione al consumo di suolo. Modernizzazione spinta, tecnologia invasiva, iperproduttività e industrializzazione dell’agricoltura determinano la crisi del modello tradizionale. A causa della povertà, perdita di identità e migrazioni, culture tradizionali stanno scomparendo con il loro secolare patrimonio di conoscenze adeguate. La rottura della relazione umanità-natura, determina la scomparsa dei miti, delle narrazioni e della conoscenza dei luoghi. L’idea di paesaggio scompare, insieme con la comunità che la ha generata, e l’ecosistema collassa”.

PROTAGONISTA DI UNA GRANDE BATTAGLIA Energeo, che accompagna il percorso dello scienziato lucano impegnato con l’Istituto ITKI UNESCO in questa grande battaglia, è in grado di riportare le novità che sono state presentate nel capoluogo della Catalogna. Riguardano soluzioni innovative che faranno certamente discutere per la loro particolarità. “E’ l’ultima frontiera degli interventi prima della catastrofe totale” - annuncia lo scienziato - che propone nuovi modelli di lettura del territorio e del paesaggio. Una recente disciplina, la biomimetica, si propone di individuare materiali innovativi studiando meticolosamente e copiando le piante del deserto o le ali delle farfalle o di elaborare nuove forme di locomozione imparando dai movimenti dei gechi, dei pesci e dei rettili. L’evoluzione ha, infatti, selezionato nel tempo le soluzioni più adatte e funzionali. Allo stesso modo nel rapporto tra le comunità e l’ambiente sono state elaborate soluzioni architettoniche e tecniche tradizionali in grado di rispondere alle avversità con tecniche appropriate per la raccolta e la distribuzione dell’acqua, la protezione del suolo, il riciclaggio e l’uso ottimale dell’energia. In climi e ambienti diversi, culture incredibilmente tenaci sono state in grado di utilizzare i materiali disponibili a livello locale e le risorse rinnovabili. Hanno usato l’energia solare e gli altri processi della natura: isolamento termico per la protezione dal freddo e dal caldo; idrodinamica per la raccolta e la distribuzione dell’acqua, la

02

energeo

NEL RAPPORTO TRA LE COMUNITÀ E L’AMBIENTE SONO STATE ELABORATE SOLUZIONI ARCHITETTONICHE E TECNICHE TRADIZIONALI IN GRADO DI RISPONDERE ALLE AVVERSITÀ CON TECNICHE APPROPRIATE PER LA RACCOLTA E LA DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA, LA PROTEZIONE DEL SUOLO, IL RICICLAGGIO E L’USO OTTIMALE DELL’ENERGIA. L’Ecomuseo nel deserto che produce energia ed acqua

conoscenza biologica per la creazione di humus e di terreno coltivabile. Sono riuscite a controllare la forza dei venti, ad usare la legge di gravità e a sfruttare i minimi fattori di umidità per innescare processi interattivi autocatalitici per amplificare fenomeni positivi.

Il principe Carlo d’Inghilterra con Pietro Laureano

UN INVESTIMENTO SU BENI E FUTURO In questo modo si sono creati i paesaggi risultato del rapporto tra comunità e natura. Al concetto paesaggio si arriva, pensando ad una categoria in perenne mutamento, sede delle attività produttive e della vita quotidiana, concretizzazione fisica della interazione dell’umanità con la natura. Come salvaguardare il paesaggio e gli ecosistemi? Come reagire alla crisi mondiale attraverso un nuovo modello sostenibile? Come affrontare il problema della crisi globale, dei rischi e delle catastrofi e di un nuovo approccio alla concezione del patrimonio culturale che a partire dall’idea di paesaggio metta al primo posto il sapere fare e il benessere delle popolazioni? Energeo, che puntualmente dà ampio spazio alle tematiche che riguardano il territorio e il paesaggio, grazie al prezioso contributo di Pietro Laureano, presidente ITKI, pone alcune chiavi di lettura su questi temi: in questo numero si parla di argomenti che riguardano il paesaggio dell’archeologia, nel numero già distribuito avevamo


pubblicato lo speciale sulla Risoluzione UNESCO di Matera. E’ nota la stima del primogenito di Elisabetta, il principe di Galles, fervido ecologista, per Pietro Laureano, l’uomo che recupera le oasi nei deserti Sahariani. Tra i due è nato un feeling che si fonda su una marcata affinità ed una comune sensibilità ambientale. Entrambi condividono l’obiettivo di tutelare il pianeta: ne discutono per corrispondenza, incontri, scambi di idee.

LA STRADA GIUSTA Il nuovo corso di Energeo Magazine, nella veste di “giornale che si fa progetto”, inaugura la periodicità annuale (dieci numeri) del periodico più che mai aperto al dialogo e alle proposte che riguardano questi importanti temi. Siamo convinti che questa sia la strada giusta. La collaborazione che ci offre Pietro Laureano è preziosa. Tanti i suoi progetti già realizzati, a partire dal recupero dei Sassi di Matera, dove è stato possibile ridare dignità alla comunità e valore ai luoghi. Il progetto di ecomuseo nel Marocco e la ricreazione delle oasi riportando l’acqua in aree di deserto sono stati realizzati attingendo al patrimonio di conoscenze ed esperienze dell’architettura locale. In Etiopia, riproponendo gli antichi sistemi di drenaggio e muri di terrazzamento, è stato possibile risanare antichi monumenti rupestri, proteggere una scuola dal crollo del pendio dando allo stesso tempo ai bambini giardini, frutta e ortaggi. Il metodo è quello di organizzare laboratori di progettazione sociale coinvolgendo nella progettazione tecnici e popolazione locale. Di fronte alla crisi globale nuove soluzioni sostenibili sono indispensabili nel campo dell’urbanistica, dell’abitare, della preservazione dei suoli, della produzione dell’acqua e nel riciclo. Non si può risolvere la crisi globale, che è economica, climatica e ambientale, applicando i metodi che l’hanno provocata: tecnocrazia, spreco di risorse, approccio indifferenziato per tutti i paesi, soluzioni calate dall’alto. Possiamo uscire dalla crisi solo con la conoscenza. Un vasto programma di ingegneria naturalistica e di architettura del paesaggio troverà le risorse economiche necessarie perché è un investimento su beni e futuro comuni e darà lavoro a tutti: esperti, giovani, immigrati. Conoscere i luoghi, estrarne le conoscenze, riapplicarle in modo innovativo, trasformare i nostri ambienti mediterranei i quei giardini di armonia e conoscenza, fusione tra natura e cultura che erano un tempo. T.R.


SOMMARIO

GENNAIO FEBBRAIO 2014 - ANNO VII NUMERO 1

2

6

EDITORIALE

ISTANTANEE

2 - CI SALVERÀ LA BIOMIMETICA 2 - PROTAGONISTI DI UNA GRANDE BATTAGLIA 2 - UN’INVESTIMENTO SU BENI E FUTURO 3 - LA STRADA GIUSTA

6 - MINORI MA NON TROPPO 6 - ICOMOS INTERNAZIONALE SI AFFACCIA ALLA GRANDE RIBALTA DI FIRENZE

16

20

ESPERIENZE LOCALI

TECNOLOGIE

8 - IL NUOVO C IL SEGNO DI SP

IN PRIMO PIANO IL MESSAGGIO DEL MINISTRO DARIO FRANCESCHINI IN OMAGGIO ALLO STATISTA FIORENTINO GIOVANNI SPADOLINI Il neo Ministro - fra le prime parole pronunciate alla guida dei Beni culturali - richiama con così alta sensibilità ed efficacia la figura e l’opera del fondatore del dicastero per i Beni Culturali ed Ambientali, creato nel 1974 Sono onorato di contribuire, con questo mio messaggio, ad una discussione sul pensiero del Presidente Giovanni Spadolini. Come sapete, quest’anno ricorre un duplice anniversario riguardante il senatore Spadolini: il ventennale della scomparsa e i 40 anni dalla creazione, grazie alla sua fondamentale intuizione, del Dicastero che da pochi giorni ho la responsabilità di rappresentare. Mi sia allora dato di ricordare in questa speciale occasione l’impegno appassionato e concreto che Spadolini profuse per il Ministero dei Beni Culturali. Un impegno fatto di elevatissima conoscenza e cultura - una cultura vasta come la Biblioteca che ospita l’incontro di oggi - e di capacità politica. Un amore per il patrimonio di bellezza unito alla prassi concreta, con cui il Presidente riuscì a dare al Ministero un’azione decisa, strategica, affermando come la Cultura fosse un valore capace di arricchire la Repubblica. Un impegno appassionato e fattivo, che vorrei fosse lo stesso per l’incarico che mi è stato conferito. Ritengo infatti che oggi come allora, quello della gestione del più grande patrimonio artistico, paesaggistico e turistico del mondo sia realmente il primo punto della politica di rilancio dell’Italia.La vera occasione da non perdere per affermarci come compagine centrale nel futuro europeo e internazionale. Avere un precedente e un esempio come quello di Giovanni Spadolini, della sua coerenza e sapere, nei libri come nelle relazioni internazionali, è senz’altro il migliore degli auspici. Dario Franceschini Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

04

energeo

16 - SITO ARCHEOLOGICO DI SAN LORENZO DI QUINGENTOLE, UN’ESPERIENZA DI VALORIZZAZIONE LOCALE 16 - IL RECUPERO DEL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA 17 - UN PERCORSO DI VALORIZZAZIONE CONDIVISO 18 - LA RETE DI IMPRESE “GONZAGA HERITAGE”, UN ESEMPIO PER LO SVILUPPO DI UN MESTIERE ANTICO

20 - ARCHEOJOBS, L’IDEA VINCENTE DI UN GIOVANE STUDENTE 21 - UN LUOGO DI INCONTRO PER TANTE ATTIVITÀ CULTURALI

22 - UNA PASS SITO COSTRUIT

28

30

MODELLI DI TERRITORIO

TERRITORI MUTEVOLI

28 - ARCHELOGIA SOTTO I RIFLETTORI IN FRIULI VENEZIA GIULIA 29 - UN MODO DI FARE CULTURA SU SPAZI ITINERANTI 29 - UN MODELLO DI DIVULGAZIONE DELL’ARCHEOLOGIA

30 - PAESAGGIO: L’ARCHEOLOGIA DEL PRESENTE 30 - IL RITMO LENTO DI UNA PELLICOLA CHE SI SROTOLA 31 - IL PAESAGGIO STORICO SCOMPARSO 31 - QUANDO SI SFREGIA NEL SEGNO DEL PROGRESSO

36

38

ARCHEOLOGIA & INNOVAZIONE

ResTipica & DINTORNI

36 - GLI ETRUSCHI FURONO I PRIMI A COMPRENDERE LE POTENZIALITÀ DEI VAPORI CHE FUORIESCONO DAL TERRENO 37 - UNA CONVIVENZA POSSIBILE 37 - UN’AREA CHE SI COLLOCA COME “LUOGO DI CONFINE” 37 - SULLE TRACCE DEGLI ANTICHI ETRUSCHI

38 - IL CASTAGNO, L’ALBERO DEL PANE CHE VALORIZZA IL PAESAGGIO 38 - L’IMPEGNO PER TUTELARE IL CASTAGNO E I SUOI FRUTTI 39 - UN PARASSITA MOLTO INSIDIOSO HA MESSO A RISCHIO I CASTAGNETI 40 - L’ITALICO ALBERO DEL PANE

32 - VIAGGIO N DELLA SICILIA 33 - UN TERRIT

42 - IL LEGNO D SCALDA LO SPI 42 - UNA STOR 43 - ENERGIE R 43 - L’USO PLU 44 - FUNGO DI DEL TERRITOR 45 - IL FUNGO 45 - LE TESTIM 45 -FUNGHI IN


8 ATTUALITÀ

CORSO DEL MIBAC SOTTO PADOLINI

22 STORIE DI VITA

SIONE INIZIATA IN UN ANTICO TO DAI SABINI

32 ITINERARI

NELLA PROVINCIA PIÙ VERDE A TORIO DA SCOPRIRE

42 PROPRIETÀ COLLETTIVE

DELLE COMUNALIE PARMENSI IRITO DELLA SOLIDARIETÀ RIA LUNGA MILLENNI RINNOVABILI URIMO DEI BENI COLLETTIVI I BORGOTARO IGP, IL GUSTO RIO E LA CURA DEI BOSCHI MONIANZE IN ETÀ ROMANA N CUCINA

IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

10

10 - TEMPO DI RINASCITA, ALLA SCOPERTA DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO 10 - IL CASO DEL VILLAGGIO PREISTORICO DI NOLA 11 - LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO 11 - I FUNZIONARI CHE NON FUNZIONANO 12 - NON LASCIAMO MORIRE LA NOSTRA CIVILTÀ 13 - UNO SCRIGNO DI REPERTI DI VALORE INESTIMABILE 14 - L’EMOZIONE DI UNA SCOPERTA DI UN BENE ANTICO 15 - LE SENTINELLE DELL’IDENTITÀ STORICA DEL PAESE 15 - AZIONI CONCRETE SU “CAMPO” 15 - IL RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE DELL’ARCHEOLOGO

24 PERSONAGGI

24 - LA MAGNIFICA INTUIZIONE 24 - UN LUOGO DI INCONTRO PER TANTE ATTIVITÀ CULTURALI 25 - INFINITE DISCUSSIONI CON LA SOPRINTENDENZA ACCOMPAGNARONO GLI SCAVI 26 - UN PROTAGONISTA DEL DIALOGO INTERCULTURALE

34 PATRIMONIO RECUPERATO

34 - UNA CRIMINALITÀ SEMPRE PIÙ ATTREZZATA SACCHEGGIA I BENI ARCHEOLOGICI 35 - UN MERCATO NERO MOLTO REDDITIZIO 35 - GLI ANGELI CUSTODI DEL PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE

46 CAPITALI DELLA CULTURA 2019 46 - PROGRAMMA ITALIA 2019, NON UNA MA VENTUNO CAPITALI DELLA CULTURA 46 - L’OBIETTIVO È FARE SQUADRA 47 - UNA ROAD MAP ACCOMPAGNERÀ LE CELEBRAZIONI DEL 40° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL MIBAC 47 - DUE FUORICLASSE IN CABINA DI REGIA 47 - LA CITTÀ DEI SASSI HA ISPIRATO IL PROGETTO PER IL RILANCIO DELLA CULTURA 48 - IL RUOLODELL’ASSOCIAZIONE DELLE CITTÀ D’ARTE E CULTURA 48 - UNA RETE DI CITTÀ RINNOVATE NEL VENTAGLIO DI UNA CULTURA EUROPEA

Direttore responsabile: Taty Rosa energeodirettore@hotmail.com Redazione: Pierpaolo Bo edipress@hotmail.com Marketing: Luigi Letteriello luigi.letteriello@energeomagazine.com 334.120.71.85 Progetti speciali e Pubblicità: Promedia Srl marketing@energeomagazine.com Approfondimento tematiche e sviluppo azioni relative alla nuova convenzione UNESCO sul paesaggio e alle seguenti iniziative : • Alla ricerca del paesaggio perduto • Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio di Firenze • Risoluzione UNESCO di Matera • Sistemi di Scienze locali • Tecniche e Conoscenze Tradizionali • Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) – TKWB. In collaborazione con l’ITKI, International Traditional Knowledge Institute. Segreteria di Redazione: Lucrezia Locatelli Webmaster e curatore grafico: Michele Trivisano Comitato Scientifico: • Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini. • Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM. • Giuseppe Falciasecca, professore di ruolo di elettromagnetismo presso ALMA MATER Studiorum Università di Bologna. Presidente Fondazione Guglielmo Marconi. • Giuseppe Blasi, già responsabile della sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo. • Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Alberto Chini, Presidente Associazione Culturale Padre Eusebio F. Chini. Precursore della Sostenibilità. • Marco De Vecchi, Professore associato Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino. • Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti. • Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI. • Pietro Nervi, Professore di Economia e Politica montana e forestale. Presidente del Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive dell’Università di Trento. • Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno. • Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio. • Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza. • Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food. • Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. Consulente tematiche e sviluppo azioni: • ripristino centri storici • restauro conservativo • edilizia sostenibile Marcello Nebl - Tassullo Materiali Spa Collaboratori: Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Paolo Bonagura, Luisa Brusa, Daniela Castagna, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Francesca Corsi Vianchinotti, Lorenza De Marco, Filippo Delogu, Marco De Vecchi, Lello Gaudiosi, Marco Hagge, Alessandro Mandolini, Alberto Manicardi, Ennio Nonni,Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Paolo Rognini, Alessandro Sbrana, Stefano Sioli, Fausta Slanzi, Marzia Spera, Francesca Vassallo, Chiara Veronesi, Valeria Zangrandi.

Le fotografie di questo numero • COPERTINA: Consorzio per la Tutela IGP “Fungo di Borgotaro”; Associazione Meridies. • EDITORIALE: ITKI UNESCO-Ipogea. • ISTANTANEE: Università di Torino( prof. Marco Devecchi); Associazione Culturale Arkaios. • ATTUALITÀ: Archivio fotografico - Senato della Repubblica 2014 Fondazione Zetema Matera. • PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA: Associazione Meridies; SAP; Società Archeologica Mantova; immagini di repertorio. • ESPERIENZE LOCALI: SAP; Chiara Coppini; Società Archeologica Mantova; Rete di Imprese “Gonzaga Heritage”. • INIZIATIVE DI SUCCESSO: Archeojobs. • PERSONAGGI: Archivio fotografico Museo Diocesano Tridentino. • MODELLI DI TERRITORIO: Associazione Culturale Pas de Tor. • TERRITORI MUTEVOLI: Immagini di repertorio. • ALIMENTAZIONE E TERRITORIO : Luisa Bruga. • LOTTA ALLA CRIMINALITÀ: Immagini di repertorio dell’Arma dei Carabinieri. • ARCHEOLOGIA E INNOVAZIONE: Ufficio Stampa Co.Svi.G. • RES TIPICA & DINTORNI: Associazione Nazionale Città del Castagno. • PROPRIETA’ COLLETTIVE: Consorzio per la Tutela IGP “Fungo di Borgotaro”; Consorzio Comunalie Parmensi; Tambini. • CAPITALI DELLA CULTURA 2019: ITKI UNESCO; MUV Matera; Comitato Matera Basilicata 2019. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine. Tutela della Privacy: Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96. Prezzo di copertina: Euro 6.50 Abbonamento a 10 numeri Euro 50,00 Diffusione on line: www.alicomunimolisani.it www.regione.molise.it www.distrettoenergierinnovabili.it www.ecoandthecity.it www.energeomagazine.com www.ipogea.org www.osservatoriopaesaggio.eu www.restipica.net Direzione, Redazione, Abbonamenti: Edipress Communications Sas 334.120.71.85 – 335 60.60.490 www.energeomagazine.com abbonamenti@energeomagazine.com Uffici di Corrispondenza: • Distretto Energie Rinnovabili Via Bellini, 58 50144 Firenze • ITKI UNESCO-Ipogea Via Roma 595 50012 Bagno a Ripoli (Firenze) • Osservatorio Europeo del Paesaggio Certosa di San Lorenzo 84034 Padula (Patrimonio UNESCO) (+39)366.980.14.55 - Fax 0974.95.38.14 Stampa: Società Tipografica Ianni Srl Strada Circonvallazione, 180 - Santena Tel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990 Copyright Energeo Magazine Edipress Communications Sas Strada Torino 43, 10043 Orbassano Periodico bimestrale Poste Italiane Spa Spedizione Postale Dl 353/2003 (conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1,CB/ Torino Anno VI - N° 6 - Novembre/Dicembre 2013 Il periodico Energeo Magazine è iscritto nel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843 Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

energeo

05


ISTANTANEE

MINORI MA NON TROPPO

L’

Associazione Culturale Arkaios ha aperto la discussione sulla valorizzazione e fruizione dei siti archeologici minori, inseriti nel contesto esclusivo dei Paesaggi dell’Archeologia, per porre l’attenzione sui beni archeologici del territorio siracusano, ritenuti “minori”, forse solo per il volume di visitatori, modesto o nullo, ma non di certo per la loro importanza. L’iniziativa è stata avviata dalla giovane archeologa Enrica De Melio, che si è posta l’obiettivo di contribuire con un gruppo di appassionati alla conoscenza, promozione e valorizzazione dell’immenso e troppo spesso dimenticato patrimonio culturale e paesaggistico del territorio, che invece potrebbe trovare, nei beni culturali e nelle bellezze paesaggistiche, un solido volano di sviluppo, in grado di rilanciare l’immagine della città di Archimede. La discussione rientra in pieno sul tema di questo numero di Energeo, che vuole dar voce alla disciplina dei Paesaggi dell’Archeologia che tenta di ricostruire, utilizzando fonti, metodologie e procedure diverse, i paesaggi del passato e il loro stratificarsi nei diversi ambiti o comprensori geografici e a seconda del periodo storico. L’Associazione Culturale Arkaios, attiva da più di un anno, vuole proporsi come luogo di aggregazione e incontro nel nome di interessi culturali, storici, archeologici, naturalistici e ambientali, assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l’ideale dell’educazione al territorio e all’inseparabile contesto storico. I giovani di Agrigento trovano il sostegno della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, la quale, attraverso il Premio Eco and City (www.ecoandthecity.it), porta avanti queste importanti tematiche per ricordare il 40°Anniversario di fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, creato da Giovanni Spadolini, nonchè il ventesimo anniversario della morte del grande statista fiorentino.

06

energeo

ICOMOS INTERNAZIONALE SI AFFACCIA ALLA GRANDE RIBALTA DI FIRENZE Nel 2014 daremo una chiave di lettura, facendo utili anticipazioni sugli argomenti individuati per la XVIII Assemblea Generale ICOMOS Internazionale, che si svolgerà quest’anno a Firenze, dal 7 al 15 novembre. Il tema scelto è ‘’Patrimonio e paesaggio come motore dei diritti umani’’; si svilupperà attraverso 5 sezioni di lavoro: Paesaggio storico urbano come driver di sviluppo umano; Patrimonio culturale nell’ambito di sviluppo del dialogo tra culture: il viaggio e l’ospitalità; ‘’criteria’’; i primi 50 anni della Carta di Venezia tra universalità e specificità’ all’interno del dibattito sul ‘’Paradigm Shift’’; I temi della prosperità delle città e dei loro

centri storici: equilibrio, equità e valore culturale. In questo contesto ricaviamo preziose chiavi di lettura dall’intervento di Maurizio Di Stefano, presidente dell’ICOMOS Italia, l’organizzazione internazionale non governativa di professionisti, fondata nel 1965, con segreteria internazionale a Parigi, rivolta alla conservazione dei monumenti e dei siti storici mondiali, sul tema: “Il ruolo dell’ICOMOS nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio”. Lo studioso, incontrando i giovani del corso di laurea Magistrale Interateneo (il Politecnico di Torino e le Università di Genova, Torino e Milano) in progettazione delle Aree verdi e del Paesaggio, nell’ambito degli “Incontri con il paesaggio”, nella Sala della caccia del Castello del Valentino (Torino), ha messo in luce come “lo sviluppo di un territorio sia strettamente


ISTANTANEE Gli scavi di Pompei

Scavo di un sito archeologico in nord Italia

legato al coinvolgimento diretto e operativo di chi il territorio lo vive”. Facendo riferimento esplicito agli scavi di Pompei, Ercolano e Stabia, patrimonio riconosciuto dall’UNESCO, il prof. Maurizio Di Stefano, accademico di lungo corso, ha ricordato come sia necessario intervenire in un contesto più ampio che tenga conto di un programma unitario mirato ad avviare un’azione congiunta tra le istituzioni pubbliche e private per rilanciare l’area vesuviana con un piano organico di progetti innovativi di rilancio turistico. La ricetta sarebbe di allargare la “buffer zone” che va oltre i confini dei siti archeologici, interessando i comuni di Pompei, Ercolano, Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Boscoreale, Boscotrecase, Trecase e Torre Annunziata, per un’estensione di circa 7.500 ettari. Coerente con questa iniziativa, il presidente ICOMOS Italia, si è fatto promotore dell’istituzione del Club UNESCO Pompei, tra le cui priorità è indicata l’attività di diffusione culturale per la conoscenza della storia di Pompei partendo dalle scuole, al fine di insinuare nelle giovani generazioni un senso di appartenenza alle proprie origini unito alla comprensione della propria storia. La stretta sinergia tra gli enti territoriali, il mondo associazionistico e le realtà produttive dell’area daranno linfa alle iniziative che verranno messe in campo, in linea con gli ideali d’azione indicati dall’UNESCO. L’ipotesi tracciata per la risoluzione dei cronici problemi degli scavi di Pompei potrebbe essere valida anche per rilanciare i siti archeologici minori, autentico giacimento culturale e d’identità del nostro Paese. T.R. Maurizio Di Stefano, presidente di ICOMOS Italia

energeo

07


ATTUALITÀ

IL NEO MINISTRO, - FRA LE PRIME PAROLE PRONUNCIATE ALLA GUIDA DEI BENI CULTURALI - RICHIAMA CON COSÌ ALTA SENSIBILITÀ ED EFFICACIA LA FIGURA E L’OPERA DEL FONDATORE DEL SUO MINISTERO

Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

NEL CORSO DELLA PRESENTAZIONE DEL VOLUME DI VALENTINO BALDACCI, “GIOVANNI SPADOLINI, LA QUESTIONE EBRAICA E LO STATO D’ISRAELE” EDITO DA POLISTAMPA (FIRENZE), PROMOSSA DALLA FONDAZIONE SPADOLINI NUOVA ANTOLOGIA, CHE HA AVUTO LUOGO NELLA BIBLIOTECA DEL SENATO CHE PORTA IL NOME DELLO STATISTA FIORENTINO, È STATO DATO LETTURA DEL MESSAGGIO INVIATO DA DARIO FRANCESCHINI PER RICORDARE IL 40° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, CREATO NEL 1974

E’

stato il Presidente del Senato Pietro Grasso a prendere per primo la parola in occasione della presentazione del volume di Valentino Baldacci, “Giovanni Spadolini, la questione ebraica e lo Stato d’Israele” edito da Polistampa (Firenze), promossa dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, che ha avuto luogo a Roma martedì 25 febbraio nella Biblioteca che porta il nome dello statista fiorentino. Sono intervenuti Renzo Gattegna, Luigi Compagna, Stefano Folli e Antonio Patuelli. Ha portato il saluto dell’Ambasciatore di Israele Naor Gilon il Consigliere Amit Zarouk. “La posizione di Spadolini nei riguardi del sionismo e della questione ebraica – ha detto fra l’altro il Presidente del Senato - era frutto di un approccio culturale maturato negli anni. Il suo pensiero assunse diverse sfumature, articolandosi su più dimensioni: storica, etica e di politica internazionale”. La sua fine sensibilità di storico lo indusse a individuare un parallelismo tra il Risorgimento italiano e quello ebraico, sot-

08

energeo

IL NUOVO CORSO DEL MIBAC SOTTO IL SEGNO DI SPADOLINI Il Presidente del Consiglio, On. Giovanni Spadolini, presenziò alla cerimonia di inaugurazione dei lavori di risanamento dei rioni Sassi avvenuta il 30 dicembre 1981 alla presenza del Ministro Emilio Colombo e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sen. Francesco Compagna. Lo statista fiorentino, all’epoca Ministro per i Beni Culturali e Ambientali, stanziò un contributo iniziale, modesto, ma punto di partenza per chiamare a raccolta risorse ed energie, convinto che solo con la collaborazione e l’impegno di tutti, si possano vincere le grandi sfide. Oggi Matera, modello al centro dell’attenzione dell’UNESCO, aspira legittimamente ad essere capitale europea della cultura nel 2019

tolineando le affinità che legavano i nostri “padri della patria”, Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo, e il “padre di Israele”, Theodor Herzl. Egli vedeva nella formazione dello Stato d’Israele l’incarnazione di principi etici che devono guidare l’azione politica, quali lo spirito di libertà e di tolleranza universali. “Mi piace ricordare – ha poi concluso il Presidente Grasso – che una parte rilevante dello straordinario percorso politico e istituzionale di Spadolini si è svolta proprio qui, fra Palazzo Giustiniani e Palazzo Madama. Come Presidente del Senato, dal 1987 al 1994, si fece portavoce di una visione più ampia, riflettendo sui problemi dell’ebraismo e dell’antisemitismo in generale come nella sua prefazione al volume edito dal Senato della Repubblica nel 1998 “L’abrogazione delle leggi razziali in Italia”. Voglio chiudere ricordando il discorso che pronunciò ad Auschwitz il 27 gennaio del 1994 pochi mesi prima della sua scomparsa, un vero testamento spirituale, un invito a coltivare la memoria del passato ed assumere il dovere del futuro. Il libro che presentiamo ha il grande merito di mostrare il lascito di Giovanni

Spadolini: l’ampiezza del suo orizzonte culturale, l’onestà intellettuale e la coerenza. Alla sua vita e alla sua opera guardiamo con ammirazione”. Nel corso della presentazione Raffaella Mortara, che coordinava i lavori, ha dato lettura del messaggio inviato dal neo-Ministro per i beni culturali, ambientali e del turismo, Dario Franceschini, impossibilitato ad intervenire per il contemporaneo dibattito alla Camera dei Deputati sul voto di fiducia al governo presieduto da Matteo Renzi. Con l’augurio di buon lavoro, riportiamo integralmente le parole del Ministro Franceschini, - fra le prime pronunciate alla guida dei Beni culturali - che richiama con così alta sensibilità ed efficacia la figura e l’opera del fondatore del Suo ministero. Prof. Cosimo Ceccuti, Presidente Fondazione Spadolini Nuova Antologia


ATTUALITÀ

MESSAGGIO DEL MINISTRO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO ROMA. 25/2/2014 Presidente Ceccuti, Autorità, Illustri relatori e gentile pubblico, Sono dispiaciuto di non poter portare personalmente il mio saluto alla presentazione dell’importante studio di Valentino Baldacci “Giovanni Spadolini, la questione ebraica e lo Stato di Israele. Una lunga coerenza”, e l’apprezzamento all’autore e alle personalità- tutte di prezioso rilievo- ospiti oggi della Biblioteca del Senato. Insieme a un particolare ricordo alla persona e alla figura di Amedeo Mortara, a cui il libro è dedicato, attraverso la memoria di alcune pagine scritte dalla figlia Raffaella. Sono tuttavia onorato di contribuire, con questo mio messaggio, ad una discussione sul pensiero del Presidente Giovanni Spadolini. Come sapete, quest’anno ricorre un duplice anniversario riguardante il senatore Spadolini: il ventennale della scomparsa e i 40 anni dalla creazione, grazie alla sua fondamentale intuizione, del Dicastero che da pochi giorni ho la responsabilità di rappresentare. Mi sia allora dato di ricordare in questa speciale occasione l’impegno appassionato e concreto che Spadolini profuse per il Ministero dei Beni Culturali. Un impegno fatto di elevatissima conoscenza e cultura – una cultura vasta come la Biblioteca che ospita l’incontro di oggi- e di capacità politica. Un amore per il patrimonio di bellezza unito alla prassi concreta, con cui il Presidente riuscì a dare al Ministero un’azione decisa, strategica, affermando come la Cultura fosse un valore capace di arricchire la Repubblica. Un impegno appassionato e fattivo, che vorrei fosse lo stesso per l’incarico che mi è stato conferito. Ritengo infatti che oggi come allora, quello della gestione del più grande patrimonio artistico, paesaggistico e turistico del mondo sia realmente il primo punto della politica di rilancio dell’Italia. La vera occasione da non perdere per affermarci come compagine centrale nel futuro europeo e internazionale. Avere un precedente e un esempio come quello di Giovanni Spadolini, della sua coerenza e sapere, nei libri come nelle relazioni internazionali, è senz’altro il migliore degli auspici. Grazie Dario Franceschini Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

Il Presidente del Senato Pietro Grasso ha presenziato alla presentazione del volume di Valentino Baldacci. Sono intervenuti Antonio Patuelli, Luigi Compagna, Stefano Folli, Renzo Gattegna

energeo

09


IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

L’ARCHEOLOGIA, SOLTANTO 30 ANNI FA, ERA REGOLAMENTATA DA UNA LEGGE REGIA DEL 1939, OGGI SOSTANZIALMENTE MODIFICATA, SOPRATTUTTO PER QUANTO CONCERNE LA COSIDDETTA ARCHEOLOGIA PREVENTIVA, CHE MIRA AD UNA NUOVA E VIRTUOSA DEFINIZIONE DELLE PRIORITÀ DI UNA COMUNITÀ. CHI VIVE IN UN TERRITORIO RICCO DI RISORSE STORICHE E ARCHEOLOGICHE, LA CUI NOTORIETÀ È MOLTO SCARSA, SA BENE CHE QUESTO PATRIMONIO, UN’AUTENTICO LIBRO DI SCUOLA A CIELO APERTO, È IRRIMEDIABILMENTE A RISCHIO. L’IMPOSSIBILITÀ DI TUTELA COMPORTA LA PERDITA DI CIRCA 1 PUNTO PERCENTUALE DEL PIL, CONSIDERANDO IL SOLO VALORE ECONOMICO E NON QUELLO CULTURALE, CHE È INCALCOLABILE. STANDO ALLE STATISTICHE, GLI ESPERTI VALUTANO CHE LA CONOSCENZA VARIA TRA IL 5% ED IL 20% DI CIÒ CHE REALMENTE ESISTE E QUELLO NOTO AGLI SPECIALISTI Scavi archeologici a Nora, nel comune di Pula

IL PRIMO CITTADINO DI QUINGENTOLE ALBERTO MANICARDI, NONCHÉ PRESIDENTE DEL CONSORZIO OLTREPÒ MANTOVANO, DI PROFESSIONE ARCHEOLOGO, CI ACCOMPAGNA IN QUESTO VIAGGIO DELLA CONOSCENZA, PER AIUTARCI A MUOVERCI NEL GROVIGLIO DI REGOLAMENTI, NON SEMPRE FACILMENTE COMPRENSIBILI. CI SEGNALA ESEMPI VIRTUOSI IN CUI LA COMPETENZA TECNICA E IL BUON SENSO RENDONO GIUSTIZIA ALLE NORME SULL’ARCHEOLOGIA, FAVORENDO SINERGIE STRAORDINARIE CON LE AMMINISTRAZIONI LOCALI, ED ALTRI CASI IN CUI I FUNZIONARI DELLA SOPRINTENDENZA, TROPPO SPESSO, PARALIZZANO,SENZA GIUSTIFICATO MOTIVO, I LAVORI IN CORSO

E

nergeo Magazine, in questo numero affronta il tema del paesaggio dell’archeologia sotto la particolare lente di ingrandimento di chi vive il territorio da vicino, ne sente pulsare il cuore e per tutelarlo mette, nel quotidiano, tanta passione. Oggi, i sindaci, sentinelle del territorio, lasciati con poche risorse da una politica che spesso non li ascolta o non ha la possibilità di accontentare nemmeno la metà delle richieste, chiedono regole certe per approfondire il tema specifico delle azioni rivolte alla conoscenza e tutela delle evidenze archeologiche, architettoniche e paesaggistiche. Queste ed altre “emergenze” saranno evidenziate, in ogni numero di Energeo, con il consueto metodo di lasciare spazio alle Comunità

TEMPO DI RINASCITA, ALLA SCOPERTA DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO per la discussione. Facciamo in questo caso fronte comune, affiancando le amministrazioni comunali chiamate da quanti sono preposti a tracciare le linee guida (enti di ricerca, soprintendenze, specialisti ed esperti, molto spesso impacchettati in una rigida burocrazia), ad approfondire il tema specifico delle azioni da svolgere per tutelare il territorio. Il primo cittadino di Quingentole Alberto Manicardi, nonché presidente del Consorzio Oltrepò Mantovano, sindaco di un tranquillo paese, ma archeologo di professione, ci accompagna in questo viaggio della conoscenza, per farci capire come muoversi nel groviglio di regolamenti e adempimenti, non sempre di facile lettura. Manicardi si limita a ricordare che soltanto 30 anni fa, quando

iniziò la sua attività professionale, l’archeologia era regolamentata da una legge regia del 1939, oggi sostanzialmente modificata, soprattutto per quanto concerne la cosiddetta Archeologia Preventiva, che mira ad una nuova e virtuosa definizione delle priorità di una comunità. Chi vive in un territorio ricco di risorse storiche e archeologiche, la cui notorietà è molto scarsa, sa bene che questo patrimonio, un’autentico libro di scuola a cielo aperto, è irrimediabilmente a rischio.

IL CASO DEL VILLAGGIO PREISTORICO DI NOLA Eppure capita che a Nola (com’è evidenziato a pag.13), alle falde del Vesuvio, una falda acquifera non dà tregua al Villaggio Preistorico (la cosiddetta Pompei della Preistoria), importantissimo sito dell’Età del Bronzo Antico. Il tempo ha lentamente ricoperto tutta l’area dello scavo. Il sito, che venne fuori nel 2001 durante i lavori di scavo per la costruzione di un supermercato, dopo una lunga serie di vicissitudini, deve essere interrato per garantirne la conservazione. L’Impossibilità di tutela comporta la perdita di circa 1 punto percentuale del PIL, considerando il solo valore economico e non quello culturale, che è incalcolabile. Stando alle statistiche, gli esperti valutano che la conoscenza varia tra il 5% ed il 20% di ciò che realmente esiste e quello noto agli

10 08

energeo

specialisti. Nel secolo precedente, subito dopo l’Unità d’Italia, si prese coscienza che l’intera penisola aveva un giacimento nascosto di beni archeologici diffuso su tutto il territorio nazionale. L’idea di una Carta Archeologica d’Italia venne formulata nel 1885, in occasione della prima riunione della Direzione di Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, quattordici anni dopo il trasferimento della Capitale da Firenze a Roma, quando la fase di assestamento delle attività diplomatiche e dell’organizzazione della macchina dello Stato, era nella città eterna. Era un progetto avveniristico per l’epoca. Oggi, con l’Archeologia Preventiva, codificata concretamente dal 2004 (D.Lgs. 42, artt. 12 e 13 e D.Lgs. 163/2006 - Codice dei contratti art.

Alberto Manicardi


IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

96. Procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico - art. 95. Verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare), si ha a disposizione uno strumento fondamentale per la tutela dei beni archeologici che in questi anni, non senza resistenze, sta entrando sistematicamente nella pianificazione urbanistica, permettendo alla pubblica amministrazione, ma non solo, di poter progettare con maggiore consapevolezza e sostenibilità. “Trovandomi a fare il sindaco oltre che l’archeologo spiega Manicardi- ho potuto osservare gli sviluppi dell’ Archeologia Preventiva da due punti di vista differenti, ma antitetici solamente nel momento in cui gli attori pubblici e privati venivano meno a principi di buon senso, onestà intellettuale e tutela del pubblico inte-

resse”. Purtroppo tale importante strumento non sempre è visto positivamente. Si esplicita in una mappatura del rischio archeologico, attraverso l’utilizzo di una Banca Dati creata appositamente ed in continuo incremento e di un GIS con cartografie collegate e interrogabili, che ogni anno, grazie al costante accumulo di informazioni, sta coprendo il territorio nazionale.

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO “Trovarsi inaspettatamente un vincolo archeologico, su un terreno potenzialmente edificabile o su cui deve passare un’infrastruttura, è sicuramente un guaio, spiega il sindaco-archeologo Manicardi- soprattutto quando le risorse per realizzare un’opera sono risicate. I costi per una variante progettuale o per la bonifica archeologica spesso sono pesanti se non insostenibili; proprio per questo una valutazione preventiva generalmente in fase di studio di fattibilità o progettazione preliminare rappresenta un’efficace strategia per evitare la sospensione, se non il blocco lavori, che nei decenni scorsi erano drammaticamente frequenti, con conseguenti lievitazioni dei costi spesso insostenibili”. L’introduzione della Valutazione del Rischio Archeologico per le opere pubbliche e la realizzazione delle carte del Rischio Archeologico nei piani di governo del territorio spesso è stata vista dalle amministrazioni come un incomprensibile fardello, ma alla stregua delle carte del rischio idro-geologico, questi strumenti rappresentano un percorso virtuoso che, se ben utilizzato, permetteranno di migliorare il nostro sistema-paese, scoraggiando la speculazione e ottimizzando il rapporto tra comunità e territorio. “Nel caso del comune che rappresento, - sottolinea Manicardi - quando ancora l’archeologia preventiva non era obbligo di legge, chi mi ha preceduto aveva inserito nel piano regolatore comunale le “zone a rischio archeologico” inserendo nelle norme tecniche di attuazione la prescrizione della verifica preventiva. Questa possibilità, essendo discrezionale, spesso era disattesa da parte di molti comuni perché vista come limitante per un processo di sviluppo, preferendo pertanto di lasciare i vari soggetti interessati alla mercé di eventuali controlli archeologici in fase d’opera, con il rischio di trovarsi bloccato l’intervento a cantiere iniziato o paradossalmente favorire la distruzione del deposito archeologico dove i funzionari della Soprintendenza o gli ispettori locali non garantivano una presenza in loco”. Ed aggiunge: “Non credo di dire un’astrusità affermando che innumerevoli sono stati i siti distrutti da questo sistema alla fine del secolo scorso, anche quando la sensibilità culturale era molto più evoluta rispetto agli anni del dopoguerra o del boom economico”. Il sindaco-archeologo è determinato quando affronta il lato

debole dell’archeologia preventiva: “Spesso,- dice ma non sempre, il funzionario della Soprintendenza, quando non aggiornato, distratto rispetto alle dinamiche territoriali, se non incompetente dal punto di vista tecnico (per fare un esempio, “cosa ci azzecca” un esperto di epigrafia o statuaria romana che si deve occupare di stratigrafia o contesti geomorfologici di un sito medievale), può provocare guai che paradossalmente sfociano in sottovalutazioni o sopravvalutazioni che danneggiano il sito archeologico o l’opera da realizzare”.

I FUNZIONARI CHE NON FUNZIONANO Manicardi, infine, ci segnala che per fortuna i funzionari “in gamba” aumentano, alcune province (ad esempio come quella di Verona) sono esempi virtuosi in cui la competenza tecnica e il buon senso rendono giustizia alle norme sull’Archeologia, favorendo sinergie straordinarie con le Amministrazioni Locali, che adottano sempre più di buon grado strategie preventive. “In conclusione - precisa - quello che serve al nostro sistema non è tanto l’abolizione delle Soprintendenze, ma dei funzionari “non funzionari” (ad esempio nella provincia autonoma di Trento i beni archeologici sono tutelati dalla Provincia direttamente, senza modificare sostanzialmente l’assioma buon funzionario-efficienza); a ciò vanno aggiunte la sburocratizzazione delle procedure, l’adozione di nuove tecnologie e sistemi informatici che snelliscano e facilitino le procedure funzionali alla progettazione e realizzazione delle opere e, in qualche caso, aggiungo, un atteggiamento un po’ più umile e rispettoso da parte dei funzionari pubblici nei confronti dei professionisti privati, poiché nessuno è detentore di un sapere assoluto, soprattutto in un ambito opinabile come l’archeologia”. L.L. Necropoli etrusca a Tarquinia

energeo

11 09


IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

NON LASCIAMO MORIRE LA NOSTRA CIVILTA’

A

nno 2001, il nuovo millennio era appena iniziato e, a detta degli storici, avrebbe potuto essere denominato “l’era della tecnologia, con l’affermazione della tecnologia avanzata, pronta a realizzare grandi opere, scavare le montagne, costruire campate dall’ardita struttura. Alle falde del Vesuvio, per una casualità, - ma c’è chi ha pensato ad un dispetto della storia - viene ritrovato un importantissimo sito dell’Età del Bronzo Antico, il Villaggio Preistorico di Nola (la cosiddetta Pompei della Preistoria), in località Croce del Papa, al confine tra i comuni di Nola e Saviano, sepolto dall’eruzione del Vesuvio detta delle Pomici di Avellino (1860-1680 a.C.)”. L’eccezionalità del ritrovamento è dovuto proprio alle condizioni del seppellimento che hanno garantito la conservazione delle capanne attraverso il loro calco nel fango e nella cenere che le ha inglobate, sigillando anche tutte le suppellettili che si trovavano al loro interno al momento del disastroso evento. Le strutture abitative, con pianta a forma di ferro di cavallo, erano del tipo a due navate e internamente divise da tramezzi di legno in due o tre ambienti comunicanti. La zona absidale di fondo veniva utilizzata come dispensa in cui erano disposti i grandi vasi

pieni di derrate, mentre gli ambienti centrali, con il pavimento in battuto in cui era inserito il focolare, il forno e delle fosse (per la raccolta dei rifiuti) erano usati come luoghi di soggiorno. L’eccezionalità della scoperta sta anche nel fatto che, dopo la caduta di pomici dovuta all’eruzione, l’area venne seppellita da uno strato di fanghiglia cineritica che consolidò le strutture delle capanne, conservandole in maniera eccezionale fino ad oggi. In questo modo è stato possibile scavare per la prima volta delle capanne quasi integre verificando anche l’organizzazione degli spazi sociali del villaggio. Un risultato insomma molto simile a quello di Ercolano e Pompei, sebbene diversa sia stata la modalità di seppellimento. Un caso unico, insomma, che fa del villaggio di Nola una struttura senza eguali. Gli scavi avrebbero potuto fornire ancora interessanti dati. Al di sotto delle capanne, una ricerca effettuata ha mostrato la presenza del pavimento di una struttura preesistente, rasa al suolo per costruire le nuove capanne. E poco lontano da questo scavo, in località Masseria Rossa, è stato individuato un altro abitato successivo a questo, probabilmente il risultato del ritorno degli indigeni in queste zone dopo l’eruzione.

L’innalzamento dell’acqua di falda e una frana hanno provocato lo spostamento delle tettoie di copertura del sito archeologico

Le pompe idrovore sono risultate di scarsa e inadeguata capacità per il drenaggio dell’acqua

12 08

energeo


IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

UNO SCRIGNO DI REPERTI DI VALORE INESTIMABILE Corsi e ricorsi storici. Ancora un nesso di casualità. Mentre l’era della tecnologia stava subendo un rallentamento, e lo scenario macroeconomico di una crisi sistemica si stava affacciando, nel mese di novembre del 2005 ci fu un primo allagamento del Villaggio Preistorico, a fronte del quale la Soprintendenza fece installare una pompa idrovora di scarsa e inadeguata capacità. Cominciò così l’odissea del sito archeologico che venne successivamente, a più riprese, chiuso al pubblico. Anni difficili seguirono per il Villaggio Preistorico di Nola: la falda acquifera al di sotto del calpestio dell’area metteva a grave rischio l’altra Pompei. Interrogazioni parlamentari, Consigli comunali aperti, Conferenza di Servizi con la Regione e la Soprintendenza, piani strategici di valorizzazione dei beni culturali dell’area nolana, tavoli tecnici, nuovi finanziamenti, riaperture e chiusure dell’area archeologica che si susseguirono, non servirono a nulla. Settembre 2013. Colpo di grazia definitivo. Viene allestito il cantiere per l’interramento di un patrimonio inestimabile, con tanta malinconia dei volontari di Meridies che in questi anni si sono prodigati con pochissimi mezzi per salvare il bene archeologico. Nelle settimane scorse è stato chiesto l’intervento del Nucleo Tecnico per l’archeologia su-

bacquea che dovranno ancora valutare come salvare il sito inghiottito dalla falda acquifera. Forse si farà ancora in tempo prima che arrivino le ruspe, a delineare un quadro di riferimento per la gestione responsabile del patrimonio culturale sommerso alle falde del Vesuvio, fornendo uno schema operativo direttamente applicabile alle diverse azioni di tutela rivolte al Villaggio Preistorico nell’interesse dell’umanità. Intanto qualcuno ha lanciato una manciata di terra nell’alveo per scaramanzia accompagnando questo gesto, che si rinnova quando è in corso una sepoltura, con un grido di dolore quasi per scongiurare un presagio beffardo, dove ancora affiora l’antico villaggio. Un’azione irriverente nei confronti della storia che ha restituito un patrimonio archeologico straordinario, soltanto alcuni anni fa. Ora si punta il dito contro chi non ha saputo drenare l’acqua in questi lunghi anni. Eppure sembrava un gioco da ragazzi salvaguardare quest’area archeologica.Questo patrimonio inestimabile rischia oggi veramente di entrare nell’oblio.

Il Nucleo Tecnico per l’archeologia subacquea potrà tutelare d’ora in poi il sito

La ricostruzione didattica del Villaggio Preistorico con i pezzi originali di una capanna

energeo

13 09


IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

ENERGEO INIZIA UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELL’AFFASCINANTE MONDO DELL’ARCHEOLOGIA

L’EMOZIONE DELLA SCOPERTA DI UN BENE ANTICO L’ARCHEOLOGIA È UN MONDO CHE AFFASCINA GLI STUDENTI PER LA POSSIBILITÀ DI SCOPRIRE IL PASSATO E DI TROVARE TESORI NASCOSTI NELLE PROFONDITÀ DELLA TERRA. UNA DISCIPLINA SCIENTIFICA CHE OFFRE AGLI STUDENTI LA POSSIBILITÀ DI ACQUISIRE DELLE CONOSCENZE, MEDIANTE LO SCAVO SUL TERRENO, LA RICOGNIZIONE DI SUPERFICIE, LA LETTURA DEI RESTI MONUMENTALI RESIDUI. L’INTERAZIONE CON LE SCIENZE CHIMICHE E FISICHE HA CONSENTITO DI AMPLIARE LA GAMMA DELLE POSSIBILITÀ CONOSCITIVE, GRAZIE SOPRATTUTTO ALLE INDAGINI DIAGNOSTICHE

L’

attività professionale dell’archeologo consiste principalmente nello studio, nel recupero, nella conservazione e nella valorizzazione delle testimonianze materiali del passato e può essere svolta in Italia subordinatamente alle competenti Soprintendenze per i Beni Archeologici afferenti al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel senso che la normativa in materia esclude sostanzialmente la possibilità di iniziative archeologiche senza una specifica autorizzazione istituzionale a monte. Peculiarità principale del mestiere

14

energeo

dell’archeologo è il metodo di acquisizione delle conoscenze, mediante cioè lo scavo sul terreno, la ricognizione di superficie, la lettura dei resti monumentali residui. L’interazione con le scienze chimiche e fisiche ha consentito di ampliare la gamma delle possibilità conoscitive, grazie soprattutto alle indagini diagnostiche. L’attività archeologica inoltre è strettamente connessa con la necessità di conservazione e di restauro delle emergenze indagate, per limitare la perdita dei dati e per preservare quanto più possibile le testimonianze del passato, in un’ottica di valorizzazione e di co-

noscenza che vedono i beni archeologici studiati e interconnessi con il territorio cui appartengono, che li ha prodotti e in cui sono inseriti. Il mestiere dell’archeologo è organizzato sempre più in contesti multidisciplinari e secondo progetti principalmente connessi all’ambito locale delle emergenze e dei manufatti rinvenuti. Oggi gli ambiti operativi principali sono costituiti dalle Soprintendenze (gli archeologi “pubblici”), dalle Università (professori, assegnisti, ricercatori e studenti), dalle società private e liberi professionisti, dalle associazioni .


AZIONI CONCRETE SU “CAMPO”

Le principali aree di attività dell’archeologia sono: lo scavo, che riguarda i depositi e i manufatti culturali, anche subacquei; la catalogazione, l’inventariazione, la schedatura e l’ordinamento dei reperti; la valorizzazione e la promozione di materiale archeologico, attraverso percorsi museali e la realizzazione di cataloghi o altri prodotti a carattere didattico e scientifico (testi, video ecc.); la ricerca e lo studio, che possono riguardare l’accertamento e la definizione dell’identità culturale dei beni, gli strumenti di programmazione, l’organizzazione e la tutela; in particolare negli ultimi anni, grazie a nuove specifiche normative, si è sviluppata la cosiddetta Archeologia preventiva (realizzazione di carte archeologiche e del rischio). Gli archeologi si occupano anche di visite guidate, attività scolastiche, programmazione e progettazione d’eventi; organizzazione e realizzazione di allestimenti museali e apparati didattici, mostre temporanee e permanenti con redazione e realizzazione dei relativi cataloghi. Per esercitare la professione dell’archeologo dovrebbe essere necessario dopo avere ottenuto la laurea triennale della classe L-01 (lauree in Beni Culturali) e biennale della classe LM-02 (lauree magistrali in Archeologia), frequentare una Scuola di specializzazione oppure cercare di ottenere un dottorato di ricerca, tuttavia, oggi, molti archeologi lavorano con grande professionalità senza possedere titoli specifici e spesso con competenze multidisciplinari e non solo in studi propriamente umanistici, ma anche tecnici (dalla paleontologia alla geologia, dal rilievo alla topografia antica, dalla museologia all’archeometria, dalla metodologia della ricerca archeologica alla cartografia computerizzata). L’archeologo libero professionista oggi non gode di nessuna forma di tutela lavorativa equivalente ad altre categorie professionali (architetti, ingegneri, geometri, geologi ecc.) e non ha ancora il riconoscimento della sua identità professionale.

Secondo le fonti governative, in Italia attualmente il Ministero per i Beni e le Attività Culturali impiega circa 350 tra dirigenti e funzionari per un territorio nazionale di circa 300.000 kmq, con una media di oltre 1.000 kmq per ogni archeologo; pertanto i funzionari ministeriali, dato il loro esiguo numero, assolverebbero prevalentemente a un compito esclusivamente direttivo degli interventi di tutela del patrimonio archeologico, mentre ad attuarne quotidianamente “sul campo” le prescrizioni ed a tradurle in azioni concrete sono proprio le società o gli archeologi privati in qualità di collaboratori esterni. Oggi operano in Italia circa 7.000 archeologi in possesso di laurea e specializzazione o dottorato in archeologia e circa 10.000 archeologi laureati nel settore; appare evidente come lo Stato non sarà in grado mai di prospettare un generalizzato assorbimento come dipendenti pubblici a tempo indeterminato. Ecco perché una delle questioni che oggi si pone al nostro Governo, ancora più urgente che in passato, è quella di riconoscere come archeologi di fatto anche questi collaboratori esterni e regolamentarne al più presto la professione; è in discussione in questi giorni la proposta di legge Madia, Ghizzoni, Orfini, Bossa, Narduolo che intende intervenire nel settore delle professionalità degli operatori privati impegnati nelle attività di intervento, tutela, vigilanza e ispezione, protezione e conservazione dei beni culturali, nonché in quelle relative alla loro fruizione. Alberto Manicardi - Archeologo

Archeologi al lavoro in un sito del Veneto

IL RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE DELL’ARCHEOLOGO

IL PAESE CON IL MAGGIOR PATRIMONIO ARTISTICO HA IGNORATO GLI ESPERTI CHE DA ANNI CHIEDONO IL RICONOSCIMENTO UFFICIALE ANCHE ATTRAVERSO L’ISTITUZIONE DI UN ALBO I professionisti dei Beni culturali, tra cui gli archeologi, chiamati a valutare se il tesoro nascosto del nostro Paese meriti di essere portato alla luce grazie a scavi archelogici, avranno presto una legge che li tutela. La proposta di legge, votata all’unanimità alla Camera dei Deputati, lo scorso 22 gennaio, passa ora al Senato, che dovrebbe esprimersi favorevolmente. La tutela dei beni culturali è prevista dal dettato costituzionale e dalle leggi vigenti. Essi sono testimonianza di bellezza, identità e strumento per la formazione e la trasmissione di conoscenza. Ma sono anche un’importante fonte di lavoro per migliaia di professionisti. Con questa iniziativa parlamentare si intende intervenire nel delicato e complesso settore delle professionalità degli operatori pri-

vati impegnati nelle attività di intervento, tutela, vigilanza e ispezione, protezione e conservazione dei beni culturali, nonché in quelle relative alla loro fruizione. La proposta di legge prevede un primo intervento, in coerenza con le disposizioni europee in materia di liberalizzazione delle professioni e circolazione dei cittadini, per identificazione di un sistema di garanzie della qualificazione professionale degli operatori dei beni culturali. A.C.

energeo

15

IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA

LE SENTINELLE DELL’IDENTITÀ STORICA DEL PAESE


ESPERIENZE LOCALI

“Si può ancora lavorare nel recupero dei siti archeologici minori?”

SITO ARCHEOLOGICO DI SAN LORENZO DI QUINGENTOLE, UN’ESPERIENZA DI VALORIZZAZIONE LOCALE

N

L’area archeologica di San Lorenzo di Quingentole durante la ricostruzione delle planimetrie delle chiese medievali

el mantovano, a Quingentole una piccola comunità di 1200 abitanti che conserva una sorprendente ricchezza naturalistica, dove il Po ha conformato i caratteri ambientali, paesaggistici e insediativi, in un’area geografica che si connota come “luogo di confine”, spazio della contaminazione tra usi e tradizioni della cultura lombarda ed emiliano-veneta - è stato riscoperto il sito d’interesse storico di San Lorenzo. Il complesso storico-archeologico è stato oggetto di un’importante campagna di scavo archeologico durata tre anni alla fine degli anni novanta, che ha permesso di scoprire importanti strutture romane e medievali, perfettamente inserite tra paesaggi, inquadrature, manufatti e insediamenti rurali e industriali tipici del primo Novecento. Nel 1997 il Comune di Quingentole ha ottenuto con Decreto Ministeriale il riconoscimento dell’area di San Lorenzo come Bene di particolare interesse storico archeologico. Si tratta di un luogo simbolico in cui vivere l’esperienza di una cultura legata alla valorizzazione di questo tipico paesaggio dell’archeologia, dove sono stati ricostruiti, utilizzando fonti, metodologie e procedure diverse, i paesaggi del passato e il loro stratificarsi nei diversi ambiti o comprensori geo-

16

energeo

grafici e a seconda del periodo storico. L’area posta in fregio alla Strada Provinciale 43 è ubicata circa 1 Km a Sud-Est dell’attuale centro abitato ed 1 Km a Sud del fiume Po, sopra un dosso creato da un’antica sponda fluviale. La località è sede dell’oratorio settecentesco di San Lorenzo, da cui prende il suo nome, e di un’ex corte agricola costituita da casa padronale, stalla-fienile, concimaia e magazzino, che è stata adibita, nel 2009, grazie a un finanziamento di Regione Lombardia (Legge Regionale 39) da SAP srl, una società archeologica con sede a Mantova, a laboratorio, uffici e sede del C.F.P.A. (Centro per la Fruizione del Patrimonio Archeologico dell’Oltrepò Mantovano). Il sito dista circa 30 Km dal capoluogo mantovano, 60 Km da Modena e altrettanto da Reggio Emilia e Verona; questa posizione periferica fin dall’epoca romana viene equilibrata dalla presenza del fiume Po, principale via di commercio, conferendo un ruolo importante per l’economia dei centri cittadini. L’attuale tratto viario rappresentato dalla strada provinciale 43, rettificata tra il 1984 e il 1987, insiste su una direttrice di origine romana parallela al corso del Po che persiste fin dal Medioevo.

IL COMPLESSO STORICO-ARCHEOLOGICO È STATO OGGETTO DI UN’IMPORTANTE CAMPAGNA DI SCAVO ARCHEOLOGICO DURATA TRE ANNI ALLA FINE DEGLI ANNI NOVANTA, CHE HA PERMESSO DI SCOPRIRE IMPORTANTI STRUTTURE ROMANE E MEDIEVALI

Pannello illustrativo della fase matildica

IL RECUPERO DEL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA Sono stati proprio i lavori di rettifica della strada provinciale a confermare la presenza di una direttrice viaria e di un popolamento sparso, distribuito prevalentemente lungo di essa: l’intervallarsi di spazi incolti, occupati da boschi e paludi, e nuclei insediativi era la caratteristica principale del territorio circostante. Lo stesso contesto ambientale è stato determinante, nel corso degli anni, nel definire una delle peculiarità edilizie riscontrate archeologicamente: l’uso rilevante del legno per costruzioni associato al reimpiego dei materiali laterizi, utilizzo strettamente funzionale alle risorse del territorio, connotato da boschi di querce, olmi, ontani ed altre essenze adatte alla costruzione. Al progetto di recupero dell’assetto architettonico della corte agricola, si è affiancato un ulteriore intervento di recupero del paesaggio, altrettanto importante, mediante la realizzazione di un percorso ciclabile, che collega il complesso storico-archeologico di San Lorenzo, il centro storico del Comune di Quingentole, l’attracco fluviale comunale e l’innesto con la ciclabile Eurovelo. In questo modo si è tentato di recuperare l’antico assetto di collegamento tra i diversi nuclei sparsi (centro abitato e corti agricole con la via fluviale).


All’interno del complesso architettonico di San Lorenzo, il Comune di Quingentole, grazie a un finanziamento del GAL Oltrepò Mantovano, disponendo di una superficie di circa 250 mq, ha la possibilità di realizzare una struttura ricettiva attrezzata, da mettere a disposizione, mediante bando, delle aziende agricole e degli agriturismi locali per la vendita dei prodotti tipici, in un’ottica di promozione commerciale e turistica “diversificata” (sia veloce ossia automobilistica o meccanizzata, sia lenta ossia ciclo-pedonale, attenta alla salvaguardia dell’ambiente e dei suoi tempi), non solo a livello locale. Il fabbricato (progettato in bioedilizia: leggera, facilmente smontabile e completamente reversibile) avrà come destinazione la vendita di prodotti orto-frutticoli e sarà un info point turistico culturale in cui reperire materiale informativo e promozionale. Lo spazio interno verrà suddiviso in diversi ambienti da destinare alla vendita al dettaglio e degustazione dei prodotti dell’azienda agricola concessionaria e del territorio, con adiacenti una serie di locali di servizio. Si pensi, ad esempio, al piacere, tutto da riscoprire e rivalutare, della degustazione nei mesi estivi di angurie e meloni o di altra frutta locale di stagione riparati dai raggi del sole sotto il porticato, immersi nel paesaggio agrario della campagna dell’Oltrepò Mantovano con vista sull’area archeologica e sull’oratorio di San Lorenzo. L’obiettivo principale del progetto è di mettere nelle condizioni ottimali le aziende agricole e/o gli agriturismi locali, che potranno disporre di una struttura funzionale alla valorizzazione e promozione del patrimonio agro-alimentare, mediante la commercializzazione dei prodotti agricoli locali, salvaguardandone così l’identità e favorendo un’iniziativa di interazione col settore del turismo rurale, culturale e ambientale. Tale progetto nasce da un’idea condivisa con le realtà agrituristiche locali e dalla volontà delle stesse di poter disporre di uno spazio visibile e strategicamente funzionale, rispetto a posizioni difficilmente raggiungibili e ad aziende agricole non attrezzate per una adeguata ricettività. Pertanto la scelta del partner ricadrà tra le aziende agricole locali che, facendo apposita domanda all’Ente Comunale, potranno beneficiare, mediante bando pubblico, della struttura di progetto.

Impianto di bonifica nell’Oltrepò Mantovano

UN PERCORSO DI VALORIZZAZIONE CONDIVISO L’esempio di San Lorenzo di Quingentole scaturisce dalla ferma convinzione che per potere rendere sostenibile un percorso di valorizzazione di un sito serva non solo una reale sinergia tra pubblico e privato, ma anche la ferma convinzione che il patrimonio culturale, anche se di entità “minore”, possa costituire una risorsa strategica per iniziative imprenditoriali, che difficilmente decollerebbero, soprattutto in aree periferiche come quella dell’Oltrepò mantovano, lontane dalle grandi mete turistiche. Il connubio tra cultura materiale, patrimonio eno-gastronomico e paesaggio rurale e fluviale (ancora felicemente preservato rispetto alle devastazioni che hanno colpito molte aree della pianura padana) rappresenta la giusta miscela senza la quale queste componenti, se prese a sè stanti, non avrebbero la capacità di ottenere un’adeguata considerazione. Molto spesso le scoperte di siti archeologici si concludono con il rinterro e l’oblio, confinati agli ambienti accademici. Anche in quei casi dove fosse possibile la realizzazione di un progetto di musealizzazione, le difficoltà manutentive e gestionali rappresentano l’ostacolo maggiore, difficilmente superabile se non grazie ad azioni sinergiche frutto di interessi convergenti che permettano di mettere in campo piccole risorse che, se sommate, diventano sufficienti per sostenere iniziative di valorizzazione e promuovere nuove filiere economiche. Inchieste di Alberto Manicardi - Archeologo

Veduta aerea dell’area archeologica di San Lorenzo di Quingentole e del CFPA dell’Oltrepò Mantovano

energeo

17

ESPERIENZE LOCALI

UN ESEMPIO “VIRTUOSO” DI RECUPERO


ESPERIENZE LOCALI

NELLA STRUTTURA SONO COMPRESE LE PROFESSIONALITÀ UTILI PER EVENTUALI ALLESTIMENTI MUSEALI, OPERE EDITORIALI A CARATTERE SCIENTIFICO O DIVULGATIVO, CON LA POSSIBILITÀ DI PRODURRE VOLUMI E AUDIOVISIVI ALL’INTERNO DI COLLANE SPECIALIZZATE NEL SETTORE

La Rete di Imprese “Gonzaga Heritage”, un esempio per lo sviluppo di un mestiere antico LA COSTITUZIONE DELLA RETE DI IMPRESE “GONZAGA HERITAGE”, NATA IN SENO AL DISTRETTO CULTURALE LE REGGE DEI GONZAGA, ATTUA I PRESUPPOSTI DEL CENTRO DI CONSERVAZIONE PREVENTIVA E PROGRAMMATA PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE ED OPERA CON IL SUPPORTO DEL POLO TERRITORIALE DI MANTOVA DEL POLITECNICO DI MILANO, AL QUALE È ATTRIBUITO IL PROCESSO DEL CENTRO DI CONSERVAZIONE. LA STRUTTURA SI PROPONE COME INTERLOCUTORE UNICO, CAPACE DI OFFRIRE UN SERVIZIO CHIAVI IN MANO, CHE COMPRENDE TUTTO IL PERCORSO DEL RECUPERO DEI BENI ARCHITETTONICI, DALLE INDAGINI PRELIMINARI ALLA FRUIBILITÀ FINALE DEL BENE RESTAURATO

Q

uando si dice fare RETE. Anche in un settore come l’archeologia. Un caso esemplare è la Rete di imprese Gonzaga Heritage (www.gonzagaheritage.it), che riunisce otto aziende mantovane di provata esperienza nel settore della conservazione, del recupero e del restauro, giovandosi delle specializzazioni multidisciplinari delle sue aziende e del valore aggiunto espresso dalla filiera, costituita, con atto notarile, nel 2012. Otto le imprese mantovane firmatarie, tutte specializzate e già operanti da anni nel settore della Conservazione: Coghi Spa di Roverbella, Azichem srl di Goito, Bottoli Costruzioni srl di Mantova, Fornace Brioni srl di Gonzaga, SAP Società Archeologica srl di Mantova, Garutti Patrizia di Ostiglia, Maria Giovanna Romano di Porto Mantovano e Matteo Brioni srl di Gonzaga.

La costituzione della Rete di Imprese “Gonzaga Heritage”, nata in seno al Distretto Culturale le Regge dei Gonzaga, attua i presupposti del Centro di Conservazione Preventiva e Programmata per la Valorizzazione del Patrimonio culturale ed opera con il supporto del Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, al quale è attribuito il processo del Centro di Conservazione. Gonzaga Heritage si propone come interlocutore unico, capace di offrire un servizio chiavi in mano che comprende tutto il percorso del recupero dei beni architettonici, dalle indagini preliminari alla fruibilità finale del bene restaurato. Al suo interno sono infatti presenti le competenze per indagini archeologiche preliminari su aree e fabbricati, sviluppo di preventivi e redazione computi metrici, progettazione preliminare e definitiva, progetti esecutivi per la realizzazione delle opere approvate, analisi stratigrafica su alzati e apparati decorativi, con datazione delle opere; verifiche strutturali delle murature, fornitura di prodotti naturali bio-compatibili per rivestimento e consolidamento murature, produzione diretta di manufatti in cotto a disegno del committente, redazione del piano di conservazione programmata delle opere, garantendo in tutte le fasi operative un rapporto diretto con le competenti Soprintendenze. Sono inoltre comprese nella struttura le professionalità utili per eventuali allestimenti museali, opere editoriali a carattere scientifico o divulgativo, con la possibilità di produrre volumi e audiovisivi all’interno di

collane specializzate nel settore. A seguito degli effetti devastanti del sisma che ha colpito la provincia di Mantova nel maggio 2012, Gonzaga Heritage ha messo a disposizione dei comuni colpiti un team di esperti che, del tutto gratuitamente, hanno svolto sopralluoghi, compilato schede per la rilevazione dei danni relativi ai beni architettonici colpiti e predisposto stime dei danni. Il team, formato da un esperto strutturista, un restauratore e un computatore, ha operato nei Comuni Soci del Distretto di Revere, Commessaggio e San Martino dall’Argine, rilevando sia lo stato delle strutture che degli apparati decorativi danneggiati. La Rete ha al suo attivo la partecipazione al Made Expo 2012 in Milano e alla XX° edizione del Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni culturali a Ferrara nel marzo 2013. Infine Gonzaga Heritage ha già sperimentato il management delle attività di cooperazione internazionale per la cultura, con l’ideazione ed il lancio di una campagna di crowdfunding “Do not forget the frescoes of Palazzo Ducale” sulla piattaforma americana indiegogo; i fondi raccolti sono già stati utilizzati dalla Rete stessa per eseguire i lavori proposti (aprile 2013). La Rete di imprese Gonzaga Heritage ha partecipato al Bando Ergon, Misura 1, di Regione Lombardia con un progetto dedicato a un intervento di restauro e recupero di un bene architettonico di forte valenza culturale nel territorio mantovano, classificandosi tra i soggetti ammessi in graduatoria per l’ottenimento di un contributo.

Daniela Castagna - SAP Società Archeologica - Gonzaga Heritage 18

energeo



TECNOLOGIE

QUANDO I GIOVANI NON SONO TROPPO ‘CHOOSY ’

APPASSIONATO DI STORIA E ARCHEOLOGIA, STEFANO SIOLI, 29 ANNI, HA IDEATO UN SISTEMA CHE COSTITUISCE IL PRIMO E UNICO PUNTO DI RIFERIMENTO NAZIONALE PER TUTTE LE DISCIPLINE E LE REALTÀ CHE OPERANO NEI BENI CULTURALI. IL PROGETTO, CHE NEL 2012 HA VINTO UN CONCORSO DI STARTUP PER GIOVANI IMPRENDITORI ORGANIZZATO DA REGIONE LOMBARDIA E CAMERE DI COMMERCIO LOMBARDE, PUNTA ORA ALLO SVILUPPO DI NUOVE AREE, DEDICATE SPECIFICATAMENTE A FORMAZIONE, LAVORO, VOLONTARIATO NEL SETTORE BENI CULTURALI. QUESTA “COMMUNITY” CHE RIUNISCE DA UN LATO STUDENTI, PROFESSIONISTI E VOLONTARI, E DALL’ALTRO IMPRESE, UNIVERSITÀ, ACCADEMIE, ASSOCIAZIONI ECC., RAPPRESENTA L’INTERFACCIA IDEALE TRA DOMANDA E OFFERTA DEL MERCATO DI LAVORO NEL CAMPO DEI BENI CULTURALI

N

ella sua casa ci sono ancora i castelli e monumenti costruiti da piccolo con i lego. Stefano Sioli, 29 anni, animato da una grande passione per la storia e l’archeologia, fornito d’ingegno fin da giovane età, dopo aver completato gli studi universitari (Storia ad indirizzo Antico e Medievale), ha ideato un sistema che costituisce il primo e unico punto di riferimento nazionale per tutte le discipline e le realtà che operano nei Beni Culturali. L’obiettivo è creare un collettore unico, finora assente, che viene utilizzato come strumento per facilitare e incentivare formazione, lavoro, volontariato, promozione e nuove opportunità di business nel settore Beni Culturali. Il progetto, chiamato ArcheoJobs, messo a punto due anni fa, è risultato subito molto efficace. Nella fase iniziale vince un concorso di StartUp per giovani imprenditori organizzato da Regione Lombardia e

20

energeo

operatori archeologici

ARCHEOJOBS, L’IDEA VINCENTE DI UN GIOVANE STUDENTE Camere di Commercio lombarde. Soltanto a questo punto debutta come portale web (www.archeojobs.com) dove vengono offerte funzioni utili in diversi ambiti. Qual è lo scopo? Stefano Sioli, il giovane che ha avviato questa significativa esperienza, ne parla con entusiasmo. Racconta come gli è venuta questa idea: “Ero ancora al Liceo Classico, in quegli anni avevo già deciso di studiare Storia all’Università: dal punto di vista occupazionale era una delle peggiori scelte possibili, ma sono riuscito ad aggravare la cosa optando per l’indirizzo Antico e Medioevale. Questo offre ancora meno collegamenti con il mondo del lavoro attuale, eppure è qui che ho incontrato per la prima volta l’archeologia: il mio piano di studi prevedeva diversi esami in questo settore così, partendo da quelli più generali, mi sono trovato a studiare alcune discipline molto specifiche come numismatica antica, ovvero la storia delle monete e dei sigilli del mondo antico. Mi sono accorto che mancava qualcosa sul web per saperne di più”. L’intraprendente appassionato di storia, spiega perché questa iniziativa ha raccolto un inaspettato

successo: “ArcheoJobs è una semplice vetrina promozionale che riunisce tutte le realtà operanti nel settore, grazie al primo catalogo nazionale dedicato: ciascun soggetto può acquistare la propria scheda personalizzata dove inserire logo, contatti, profilo e descrizione attività. A questa scheda è correlata la possibilità di inserire annunci per promuovere ulteriormente attività, servizi, prodotti e iniziative. Questo spazio promozionale costituisce un punto di riferimento unico, a livello nazionale, consultato da un’utenza già specializzata e interessata al settore. Questo permette di ottimizzare il marketing e massimizzare promozione e visibilità, garantendo l’accesso ad un bacino d’utenza già selezionato”. Oltre a queste funzioni ArcheoJobs sta lavorando anche allo sviluppo di nuove aree, infatti è stata da poco lanciata la prima community nazionale dedicata specificatamente a Formazione, Lavoro, Volontariato nel settore Beni Culturali. Questa community riunisce da un lato studenti, professionisti e volontari, e dall’altro Imprese, Università, Accademie, Associazioni ecc.


Nella community gli utenti singoli possono interagire, scambiarsi informazioni, rivolgere domande, discutere questioni riguardanti il settore mentre Imprese, Associazioni ecc. possono promuovere ulteriormente immagine, corsi e attività. Dopo circa un anno di lavoro il progetto ha raggiunto risultati importanti, infatti ArcheoJobs registra 6.000 visitatori al mese, oltre 1.200 “like” sulla pagina Facebook e più di 400 utenti registrati. Molto importante il fatto che visite e utenti provengano uniformemente da tutte le regioni d’Italia. “Questi risultati sono stati ottenuti senza investire nulla in pubblicità, - spiega Stefano Sioli - infatti al team di ArcheoJobs piace pensare che le persone ci apprezzino per quello che offriamo loro e non per il numero di spot pubblicitari che possiamo pagare”. Da ultimo ArcheoJobs ha stretto diversi accordi di collaborazione, tra cui un’importante partnership con la “Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici” dell’Università di Trieste, Udine, Venezia. In tal senso uno dei prossimi obiettivi di ArcheoJobs è la ricerca di nuovi partner e collaborazioni per ampliare il network. Gli obiettivi sono comunque lungimiranti, tra le pieghe del progetto che conserva nel nome uno degli obiettivi fondamentali, si spiega anche chi è oggi l’archeologo impegnato come professionista nel recupero, nella conservazione e nella valorizzazione dei siti e dei reperti storici e artistici. Le sue principali aree di attività sono: lo scavo, che riguarda i giacimenti e i manufatti culturali, anche subacquei; la catalogazione, l’inventariazione, la schedatura e l’ordinamento dei reperti; la valorizzazione e la promozione di materiale archeologico, attraverso percorsi museali e la realizzazione di cataloghi o altri testi a carattere didattico e scientifico; la ricerca e lo studio, che possono riguardare l’accertamento e la definizione dell’identità culturale dei beni, gli strumenti di programmazione, l’organizzazione e la tutela. Una delle novità proposta da ArcheoJobs è l’offrire uno strumento dove consultare annunci di lavoro dedicati all’archeologia. FORMAZIONE Una volta terminata la scuola secondaria, gli studenti che intendono proseguire gli studi hanno la necessità di orientarsi e individuare i percorsi universitari più adatti alle proprie esigenze. Lo stesso problema si pone agli studenti universitari che, terminato il primo ciclo di studi (laurea triennale), intendono specializzarsi con una laurea magistrale. Nel campo dei Beni Culturali l’offerta formativa è molto ampia e diversificata quindi ArcheoJobs vuole facilitare l’orientamento dei giovani offrendo una panoramica di tutte le opportunità formative, presenti in Italia a livello universitario, nel settore Beni Culturali: 270 corsi di laurea sono stati classificati e descritti in un database di semplice utilizzo dove individuare il miglior percorso formativo. Gli studenti possono liberamente accedervi e individuare al suo interno tutte le indicazioni necessarie per delineare il proprio percorso formativo. LAVORO Nel settore Beni Culturali la ricerca di lavoro costituisce un fattore critico: nonostante la crisi economica, il settore presenta un certo numero di offerte lavorative, ma è difficile individuare le opportunità esistenti. Attualmente, infatti, non esiste un portale unico a livello nazionale dove convogliare tutte le offerte di lavoro qualificate e specifiche per il settore. Queste opportunità sono di norma escluse dai grandi motori di ricerca lavoro e compaiono singolarmente su pochi siti web, confuse tra annunci riferiti ad altri ambiti lavorativi. ArcheoJobs offre quindi un collettore unico a livello nazionale dove si incontrano domanda/offerta di lavoro nel settore Beni Culturali. I soggetti che propongono offerte di lavoro, stage o collaborazione possono pubblicare direttamente gli annunci che verranno consultati in modo semplice e rapido da chi è alla ricerca di opportunità. Nasce così un punto di riferimento nazionale dove individuare annunci qualificati e specifici per il settore. VETRINA PROMOZIONALE Nel settore Beni Culturali operano molte Imprese, Cooperative, Associazioni, Fondazioni, Scuole private ecc. che, pur costituendo una massa critica rilevante, hanno una visibilità estremamente ridotta. Tutti questi soggetti hanno la necessità di promuoversi perché questo garantisce loro notevoli vantaggi: per citare qualche esempio, le Imprese possono migliorare la propria immagine e acquisire nuovi clienti, le associazioni possono attrarre nuovi volontari, le fondazioni pubblicizzare le proprie iniziative. Attualmente in Italia non esiste un catalogo nazionale e una vetrina promozionale unica per tutti i soggetti, pubblici e privati, che operano nei Beni Culturali. Promozione e visibilità sono affidati ai siti web delle singole Imprese, associazioni ecc. che di norma hanno un’indicizzazione e una visibilità molto limitata.

UNA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER FORMARE VERI ARCHEOLOGI Le Scuole di Specializzazione in Beni Archeologici sono strutture didattiche istituite dai principali atenei italiani per approfondire e ampliare le nozioni acquisite durante il percorso universitario, così da formare veri archeologi. L’obiettivo è formare degli specialisti con un profilo professionale specifico nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio archeologico.Per poter accedere alle Scuole è necessario aver conseguito una laurea magistrale in Archeologia e superare un concorso pubblico molto selettivo dove viene valutato anche il Curriculum con eventuali esperienze di lavoro e pubblicazioni pregresse. Le Scuole sono state profondamente riorganizzate nel 2006 dal Ministero dell’Istruzione e attualmente il percorso formativo ha durata biennale e prevede l’acquisizione di 120 crediti formativi. In Italia ci sono 15 Scuole di Specializzazione in Beni Archeologici a cui si aggiunge la Scuola Archeologica Italiana di Atene.

energeo

21

TECNOLOGIE

UN LUOGO DI INCONTRO PER TANTE ATTIVITÀ CULTURALI


STORIE DI VITA

L’EMOZIONE DEL PRIMO SCAVO ARCHEOLOGICO

UNA PASSIONE INIZIATA IN UN ANTICO SITO COSTRUITO DAI SABINI

Stefano Sioli, 29 anni, inventore del sistema ArcheoJobs

IL RICORDO DEL PRIMO PEZZO DI COCCIO ANTICO TROVATO NEL TERRENO: ERA UN FRAMMENTO DI VASELLAME SENZA NESSUNA IMPORTANZA DAL PUNTO DI VISTA ARCHEOLOGICO, EPPURE ERA STATA SPOSTATA CON GRANDE CURA LA TERRA INTORNO A QUESTO PEZZO PER POI RIMUOVERLO DELICATAMENTE, COME SE FOSSE UN TESORO PREZIOSO

I

l primo contatto con gli attrezzi di lavoro, immerso in campo dove venivano effettuati gli scavi, Stefano Sioli lo ha avuto a soli 22 anni. “Ricordo ancora le lezioni all’Università in pieno inverno, - dice - mentre con le mani gelide e timorose avevo per la prima volta l’opportunità di toccare monete greche e romane (originali!) decifrando le scritte incise tanti secoli prima. In questo periodo ho anche scoperto che durante l’estate era possibile partecipare sul campo a scavi archeologici: alcuni scavi cercano volontari senza specifica preparazione mentre altri, di solito organizzati dalle Università, cercano studenti che si stanno formando in questo settore. Appena scoperta l’opportunità ho immediatamente presentato domanda così nell’estate del 2006, sono partito per il mio primo scavo in Lazio”. Come è andata? “Mi trovai in provincia di Rieti, in un piccolo borgo medioevale disperso nella campagna, con un precario alloggio nell’unica scuola del paese, in quel periodo chiusa per le vacanze estive. Dormivo nel sacco a pelo su una vecchia brandina, mentre il comodino era un banco di scuola elementare. Due bagni in comune per 25 persone, una sola doccia con acqua calda per massimo tre persone”. Ricorda: “L’alloggio mi sembrava scomodo, ma negli anni seguenti ho imparato che può capitare di molto peggio, ad esempio tende in mezzo al nulla con acqua gelida di fiume per lavarsi”. Rammenta: “Il

22

energeo

primo giorno di lavoro ero entusiasta e perplesso insieme, infatti avevo studiato molto sui libri, ma nella pratica non avevo quasi idea di cosa avrei dovuto fare. La realtà si rivelò piuttosto prosaica, infatti ho trascorso tutta la giornata con un altro ragazzo a picconare il terreno rimuovendo la terra smossa con pala e carriola. Lo scavo infatti era piuttosto ampio e si componeva di diversi settori: alcuni erano già stati scavati a fondo, tanto che erano profondi quasi due metri, mentre altri erano ancora in fase preliminare. Il mio primo compito è stato quindi rimuovere lo strato di accumulo, ovvero tutta quella terra “vuota”, cioè priva di interesse e reperti, che si è accumulata sopra agli strati antichi dove si trovava il sito. Alla fine della giornata ero fisicamente distrutto, coperto di polvere e terra da capo a piedi e soprattutto iniziavo a rendermi conto che l’archeologia è una disciplina meno avventurosa di come può sembrare da altre testimonianze”. Il racconto continua: “Nei giorni seguenti il lavoro è stato altrettanto duro, eppure a furia di scavare siamo arrivati agli strati più interessanti, ovvero quelli dove si nascondeva l’antico sito costruito dai Sabini e poi utilizzato anche dai Romani. Da questo momento la situazione cambiò molto infatti, deposti pala e piccone, ho iniziato a lavorare con trowel, spazzola e paletta, infatti sono apparse le prime pietre che lentamente si sono tra-

sformate in un muro: era la struttura perimetrale di un antico edificio romano”. Alla fine così conclude: “Approfondendo lo scavo, sono finalmente emersi anche i reperti. Ricordo con precisione il primo pezzo di coccio antico che ho trovato: era un frammento di vasellame senza nessuna importanza dal punto di vista archeologico, infatti negli scavi greco-romani solitamente si trovano quantità industriali di ceramica, eppure ho spostato con grande cura la terra intorno a questo pezzo per poi rimuoverlo delicatamente, come se fosse un tesoro prezioso. Ho vissuto l’emozione di trovare e toccare qualcosa che era rimasto sepolto per circa 2.000 anni, qualcosa che era stato utilizzato nella vita quotidiana da una persona ormai dimenticata, ma di cui rimaneva una piccola testimonianza grazie a quel frammento. Stringevo il mio primo reperto, e per me quel momento è stato davvero intenso”. Negli anni seguenti Stefano Sioli ha lavorato in altre campagne di scavo, partecipando anche ad una Missione Archeologica Italiana in Albania, e con il tempo anche il trovare i reperti è divenuta un’attività più “ordinaria”, eppure non ha mai dimenticato quel primo scavo e soprattutto quel piccolo frammento di ceramica, che ora prosegue il suo viaggio nel tempo archiviato in qualche magazzino ministeriale.



PERSONAGGI

Quello di Rogger era uno sguardo che sapeva vedere e la sua statura scientifica e umana era animata da una vera e propria “sapienza del cuore”

LA MAGNIFICA INTUIZIONE

L’area ar

MONSIGNOR IGINIO ROGGER, UOMO DAL PROFILO UMANO E SCIENTIFICO DI DIFFICILE DEFINIZIONE PERCHÉ TROPPO VASTO E RICCO, ARRIVÒ AD IPOTIZZARE CHE LA BASILICA DEL SANTO EVANGELIZZATORE DELLE GENTI TRENTINE (DOPO LA SECONDA METÀ DEL TRECENTO), DOVEVA ESSERE SOTTO L’ATTUALE CATTEDRALE: IL DUOMO DI TRENTO. SI ARRIVÒ COSÌ ALLA MAGNIFICA SCOPERTA SIA DELLA CRIPTA, SIA DELL’AULA DELL’ANTICO EDIFICIO SACRO, RESTITUENDO AI TRENTINI PARTE DELLA LORO IDENTITÀ

L

a sua attitudine a guardare al tempo - antico o moderno che fosse - fu la chiave di volta per riportare alla luce l’antica basilica di San Vigilio. La sapienza del saper guardare e, dunque, vedere, la sua meticolosità scientifica e l’abitudine a scavare nel profondo ponendo a confronto tesi diverse, testimonianze documentali differenti, fecero il resto. Fu così che Monsignor Iginio Rogger, uomo dal profilo umano e scientifico di difficile definizione perché troppo vasto e ricco, arrivò ad ipotizzare che la basilica del Santo evangelizzatore delle genti trentine (dopo la seconda metà del Trecento), doveva essere sotto l’attuale cattedrale: il duomo di Trento. Ipotesi che ha portato alla magnifica scoperta sia della cripta, sia dell’aula dell’antico edificio sacro, restituendo ai Trentini parte della loro identità che la stessa documentazione storica aveva trasmesso solo parzialmente. Quello di 24

energeo

Rogger era uno sguardo che sapeva vedere, cosa assai rara di questi tempi, e la sua statura scientifica e umana era animata da quella “sapienza del cuore” che gli permetteva di vedere meglio dentro di sé e dentro la storia. Le prime riflessioni riguardo all’ipotetico luogo di deposizione di San Vigilio che - analogamente a quanto si riscontra nelle basiliche cimiteriali romane dovrebbe comprendere la tomba (locus), la cella (sacello) e la basilica (VI° secolo) - Monsignor Rogger le maturò nel primo periodo d’insegnamento di Storia Ecclesiastica a Trento (1951-1963). Due gli elementi su cui basò le sue tesi: la limitata credibilità della Passio di San Vigilio, “testo che fa fede solo per via indiretta dei fatti e delle circostanze narrate, come testimonianza delle convinzioni del VI° secolo”; il fatto che, verosimilmente, la strada romana in uscita da Porta Veronensis (del 1947 la ricerca archeologica con annesso rapporto scientifico) doveva procedere in linea retta e senza “anse notevoli almeno per un centinaio di metri”. Ipotesi, questa, che scartava definitivamente la presenza di strutture paleocristiane sotto quello che si chiama Castelletto (antica dimora dei Principi vescovi addossata alle mura dell’attuale cattedrale), costruito in corrispondenza della linea retta partendo dalla porta gemina Veronensis.

UN LUOGO DI INCONTRO PER TANTE ATTIVITÀ CULTURALI La supposizione era asserita da vasta tradizione letteraria ma smentita, di fatto, dalla totale mancanza di reperti (anche minimi) che sarebbero potuti emergere dalla ricerca archeologica di Giuseppe Gerola degli anni Trenta. Divenne spontaneo, per Rogger, osservare che l’abside attuale del duomo si pone in posizione non affiancata al Castelletto ma decisamente arretrata verso ovest e, dunque, la ricerca dell’antica basilica di San Vigilio doveva essere effettuata nel sottosuolo del duomo e non, come ipotizzato da tanti studiosi che l’avevano


L’area archeologica vista da est, 1975

rcheologica e l’interno della Cattedrale viste da ovest con mons. Iginio Rogger, 1975

Mons. Iginio Rogger nel cantiere di scavo di San Vigilio, 1975

Veduta dello spazio archeologico della basilica paleocristiana di San Vigilio

L’area archeologica vista da ovest, 1975

preceduto o, anche, da alcuni contemporanei, nei sotterranei del Castelletto. Così fu, ma lo scavo dell’area del duomo - principale chiesa della città e della diocesi - era un’impresa complessa, bisognava, fra l’altro, salvaguardare la continuità del culto festivo e feriale del vescovo e dei canonici e andava rispettata la continuità parrocchiale. Rogger riuscì - con arguta lungimiranza - a “combinare” tre fattori determinanti affinchè lo scavo potesse iniziare: la disponibilità dell’arcivescovo (siamo nel 1964 e sullo scranno vescovile è seduto Alessandro Maria Gottardi fautore, fra l’altro, di una vasta opera di riabilitazione artistica del duomo), l’approvazione dell’autorità statale che spettava alla Soprintendenza archeologica di Padova (la competenza primaria nel settore archeologico

passò alla Provincia autonoma di Trento solo dal 1973) e la disponibilità di uno studioso ad assumersi la responsabilità per l’assistenza diretta dei lavori. A questo proposito l’arcivescovo Alessandro Maria Gottardi non ebbe dubbi e volle Rogger quale rappresentante e fiduciario nella complessa impresa dei lavori del duomo (tanto più dopo che Monsignore - nel 1963 - aveva “condotto in porto” la ricostruzione del Museo Diocesano Tridentino nell’appena restaurato Palazzo Pretorio). Un’opera in due volumi, curata dallo stesso Monsignor Rogger e dall’archeologo Enrico Cavada edita dal museo Diocesano Tridentino, illustra con dovizia di particolari e sapienza di ragionamenti, questa straordinaria e mirabile scoperta.

I lavori iniziarono nell’estate del 1964 con lo scavo sotto il pavimento della chiesa attuale, tutto senza mai interrompere la vita liturgica. La prima area interessata fu quella corrispondente al coro dell’attuale cattedrale: lì si scoprì la cripta più antica che fa parte della chiesa precedente. L’anno successivo i lavori proseguirono intorno all’attuale altare maggiore (levando il pavimento) e scendendo fino alla quota paleocristiana. In quel punto si scoprirono i primi spezzoni di mosaici pavimentali che documentarono di essere arrivati alla quota paleocristiana. Nel 1966 si è scavato sotto il transetto settentrionale del duomo recuperando la struttura di quello che oggi chiamiamo il sacello nord, una singolare costruzione laterale. Dopo quell’anno e dopo una serie di infinite discussioni , lo scavo, si interruppe. Era il 1966 e, fin qui, la ricerca comprovava l’esistenza di un edificio paleocristiano di considerevole mole, completamente sconosciuto alla bibliografia tradizionale. Nell’interstizio di tempo che va dal 1967 al 1973 - dopo la risoluta posizione di rifiuto verso lo scavo del duomo dell’allora Soprintendente Nicolò Rasmo - Rogger non perse tempo e diede avvio ad “una serie di ricerche e sondaggi in quel groviglio di strutture e muri che riempivano la zona scavata per discernere ciò che apparteneva a strutture avventizie, poco importanti da quelle che invece attestavano la presenza di un edificio più antico e notevole”. I lavori ripresero nel 1973 con lo scavo sotto il transetto meridionale. Per l’interpretazione di quanto rinvenuto dal 1964 divenne decisivo l’intervento dell’estate del 1975, quando venne tolto il pavimento di quasi tutta la navata centrale dell’attuale duomo. Lo scavo si sviluppò in profondità per quasi tre metri e mise in luce il corpo dell’aula in cui la chiesa si sviluppava verso occidente affiancata dal suo atrio antistante. Con l’umiltà che contraddistingue i grandi uomini di cultura Monsignor Rogger, in un bel documento video che illustra i lavori nel percorso dell’attiguo Museo Diocesano, dichiara che “le operazioni di scavo hanno richiesto uno sviluppo di studi e di interventi con correzioni di interpretazioni ipotetiche”. Da aggiungere che una serie di interventi coinvolsero la ripavimentazione del duomo che non si reggeva più sul terrapieno precedente allo scavo. Nel 1977, dopo che nel corso dell’anno precedente e nei primi mesi di quello corrente, erano state ripulite tutte le parti esterne visibili, per la festa di San Vigilio (26 giugno), gli ambienti riconosciuti come basilica cimiteriale di San Vigilio furono solennemente inaugurati. Fausta Slanzi

energeo

25

PERSONAGGI

INFINITE DISCUSSIONI CON LA SOPRINTENDENZA ACCOMPAGNARONO GLI SCAVI


PERSONAGGI

UN ITALIANO DI CUI ANDARE FIERI, UNA VITA DEDICATA AGLI STUDI, ALL’ ARCHEOLOGIA, ALLA RICERCA DELLA COMPRENSIONE E DELL’INTESA FRA I POPOLI

UN PROTAGONISTA DEL DIALOGO INTERCULTURALE NATO NEL 1919, IGINIO ROGGER, RECENTEMENTE SCOMPARSO, AVEVA STUDIATO FILOSOFIA E TEOLOGIA ALL’UNIVERSITÀ GREGORIANA DI ROMA; ORDINATO SACERDOTE NEL 1954, FU IN SEGUITO CONSULTORE PER IL CONCILIO VATICANO II, INCARNANDONE PIENAMENTE LO SPIRITO RIFORMATORE. PROFONDO CONOSCITORE DEL MONDO TEDESCO, IL SUO CONTRIBUTO DI STUDIOSO È STATO FONDAMENTALE PER L’AMPLIAMENTO DELLE CONOSCENZE DELLA STORIA DEL TRENTINO. ROGGER È STATO UN PERSONAGGIO DI INSOSPETTABILE MODERNITÀ. UN GRANDE LAICO CHE HA SAPUTO EVANGELIZZARE LA CULTURA

C Mons. Iginio Rogger

26

energeo

i sono italiani con i piedi saldamente piantati nella terra in cui sono cresciuti ma che sanno al tempo stesso coltivare uno sguardo ampio e profondo, capace di scavalcare i confini e di penetrare negli abissi del passato, portandovi un po’ di luce. Uno di essi è stato il trentino Iginio Rogger, recentemente scomparso, una vita dedicata agli studi, all’archeologia, e al dialogo. Si, perché questo spicchio di territorio alpino, un tempo parte del grande Impero austroungarico, è stato teatro di conflitti e di tensioni insospettate da quanti oggi lo eleggono a meta turistica per eccellenza, attratti

dalle sue piste da sci o dal fascino delle Dolomiti patrimonio dell’umanità UNESCO. Nato nel 1919, Rogger, aveva studiato filosofia e teologia all’Università gregoriana di Roma; ordinato sacerdote nel 1954, fu in seguito consultore per il Concilio Vaticano II, incarnandone pienamente lo spirito riformatore. Profondo conoscitore del mondo tedesco, il suo contributo di studioso è stato fondamentale per l’ampliamento delle conoscenze della storia del Trentino, a partire da quella del patrono di Trento Vigilio, di cui ridimensionò la “credenza” del martirio in val Rendena. Ma perché una figura come questa, confinata perlopiù entro i recinti di una


PERSONAGGI Piazza del Duomo a Trento. A destra il Museo Diocesano Tridentino e la Cattedrale di San Vigilio

piccola terra di confine, può assumere una qualche importanza anche per il resto dell’Italia, e persino al di fuori dei confini del nostro Paese? Perché, certamente al pari di altre, essa testimonia dell’impatto che gli uomini di buona volontà, dediti allo studio, lontani dalle facili lusinghe mediatiche, possono avere in campi come la lotta all’antisemitismo o il dialogo interculturale. Riuscendo a cambiare le cose in meglio. Parliamo qui di due vicende, quella del Simonino e quella della vertenza sudtirolese negli anni ‘50, forse poco note (la prima certamente poco nota lo è), ma emblematiche delle tensioni che attraversarono l’Europa - e non solo l’Italia - in due momenti distinti della sua storia. Vediamo quella del Simonino: nel 1475 un bambino di nome Simone venne ritrovato morto in una roggia vicina alla sinagoga di Trento. Erano i giorni di Pasqua: la locale comunità ebraica venne pertanto accusata di avere commesso un “omicidio” rituale. Ne seguì un processo, orchestrato dalla curia locale, che culminò nella condanna a morte dei presunti colpevoli e nel bando degli ebrei dalla città (che venne a sua volta colpita da un interdetto rabbinico e rimase pertanto “maledetta” dal popolo ebraico fino al 1992). Nel 1588 papa Sisto V autorizzò il culto del piccolo Simone, che nel corso dei secoli contribuì a rafforzare le posizioni antisemite - e

più genericamente reazionarie - di una parte del mondo cattolico. Ci vollero cinque secoli prima che questo culto venisse abolito, nel 1965, da parte del vescovo Alessandro Maria Gottardi e di una nuova indagine storica, condotta con metodi moderni, attentamente orchestrata da monsignor Rogger, e nonostante la ferma opposizione di una parte dell’opinione pubblica e dello stesso clero. Di diverso respiro la vicenda del primo Statuto di Autonomia concesso nel 1948 al Trentino Alto Adige in seguito alla firma dell’accordo De Gasperi-Gruber fra Italia e Austria alla fine della Seconda guerra mondiale.

UNA LETTURA CORAGGIOSA DELLA STORIA L’applicazione di quello Statuto, che non soddisfaceva le richieste della popolazione sudtirolese di lingua tedesca, fu all’origine del famoso “Los von Trient” (via da Trento) pronunciato dal leader sudtirolese Silvius Magnago a Castel Firmiano in uno storico raduno politico nel 1957, e della successiva stagione del terrorismo, che lacerò la regione fino ai primi anni ‘70 e alla concessione del Secondo

Alcuni studenti in visita alla Basilica paleocristiana di San Vigilio

Statuto. Rogger, nella sua posizione di storico, seppe dare una lettura coraggiosa e non conformista di quegli eventi, riconoscendo la buona fede e la lungimiranza di Alcide De Gasperi, che nella fase delle trattative era riuscito ad ottenere anche per il Trentino, oltre che per l’Alto Adige, l’Autonomia speciale (che è alla base degli amplissimi poteri di autogoverno di cui godono oggi le Provincie autonome di Trento e Bolzano), sforzandosi nello stesso tempo di capire anche le posizioni dei sudtirolesi, in particolare il senso di frustrazione coltivato negli anni successivi alla fine della guerra dalla popolazione di lingua tedesca, che già era stata tanto vessata durante gli anni del fascismo. Uomini come Rogger rappresentano un pezzo di storia d’Italia che è ad un tempo locale e globale. Una storia di cui non sarebbe male andare un po’ più orgogliosi, contravvenendo, almeno di tanto in tanto, all’italico vezzo dell’autoflagellazione. Marco Pontoni

energeo

27


MODELLI DI TERRITORIO

ARCHEOLOGIA SOTTO I RIFLETTORI IN FRIULI VENEZIA GIULIA

IL PROGETTO MIRA A REALIZZARE ATTIVITÀ PERMANENTI, PUNTI INFORMATIVI, LABORATORI DI ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE E VISITE GUIDATE, UTILIZZANDO MAPPATURE ED INDICATORI SUI SITI ARCHEOLOGICI

Fuori e dentro i Musei per scoprire le tracce della storia friulana

SI È CONCRETIZZATO, DOPO UN LUNGO PERCORSO FATTO DI PROGETTI, INIZIATIVE E SINERGIE CON IL TERRITORIO, “IL POLO PERMANENTE DEI SITI ARCHEOLOGICI MINORI IN FRIULI VENEZIA GIULIA”, IDEATO DALL’ASSOCIAZIONE PAS DE TOR. QUESTA NUOVA REALTÀ AFFONDA LE SUE RADICI NON SOLO IN UN PATRIMONIO LOCALE SPESSO MISCONOSCIUTO, MA ANCHE NELLE TANTE AZIONI CHE SI LEGANO AL FESTIVAL “LE GIORNATE DELL’ARCHEOLOGIA IN FRIULI VENEZIA GIULIA”, PROMOSSO CON CADENZA ANNUALE DALLA STESSA ASSOCIAZIONE. IL MODELLO SARÀ DIVULGATO SU SCALA NAZIONALE

I

l progetto è ambizioso. Creare un polo permanente dei siti archeologici minori in Friuli Venezia Giulia, terra che vanta un patrimonio locale ricco e variegato, pubblicizzandolo con il festival itinerante “Le Giornate dell’Archeologia in Friuli Venezia Giulia”, nato per far conoscere la storia di questa regione di frontiera. L’iniziativa è subito piaciuta, perché avviata con una kermesse, divenuta vetrina internazionale dell’Archeologia e Beni Culturali del territorio friulano. Si tratta di un progetto quasi spontaneo che ha trovato subito riscontro tra i giovanissimi, curiosi di prendere coscienza del passato, quasi fosse un gioco continuo, in cui sono stati coinvolti anche gli adulti. In questo contesto la ricerca del passato si pone come strumento per favorire lo scambio di conoscenze, di dati, di progettualità tra le realtà locali nella logica di avviare un percorso mirato a favorire l’inserimento lavorativo dei giovani e che si inserisce in quel settore economico, con azioni comuni di promozione e di tutela del patrimonio, in quel settore economico che si chiama Turismo Culturale sostenibile. Il “Passato” come ricerca di attualità, dove l’approfondimento della conoscenza diventa, in ogni luogo, quasi una “festa” popolare, come quella che si è svolta nel piccolo borgo di Nogaredo al Torre. A Villa Gorgo, storica dimora veneta del comune di San Vito, piccolo centro nei pressi di Palmanova, città stellata, fortezza veneziana della Serenissima, si stanno, infatti, concentrando progetti condivisi per il rilancio del territorio su scala internazionale. Il progetto, segnalato con la nomination al Premio Eco and the City, è stato promosso da Lorella De Marco, autentico vulcano di idee e di invenzioni, che ha fondato l’Associazione Pas de Tor, da sempre impegnata nella ricerca, promozione e valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e culturale principalmente del territorio dove risiede e al quale deve il nome originariamente utilizzato dalla gente del luogo (Nogaredo al Torre) per identificare l’antico guado romano sul Torrente Torre.

28

energeo

Lorella M.T. de Marco

LA MEMORIA STORICA RITROVATA Ricerca e Progettazione Sinergica saranno compresi nel programma di lavoro e dovranno servire per incentivare diversi progetti in Europa, con ricaduta economica nella regione. Il territorio friulano vuole così ritrovare la memoria storica lasciata da numerose tracce di molte popolazioni che si sono succedute, portando i contributi culturali e materiali del loro passaggio. Queste tracce in Friuli si concentrano in alcune zone molto conosciute e turisticamente sfruttate, prima fra tutte Aquileia. Per quanto riguarda le tracce lasciate dai Romani, ad esempio, non si possono dimenticare le vestigia presenti a Trieste o quelle di Zuglio. Accanto a queste zone dotate di un’innegabile ricchezza di reperti, esiste una fitta trama di altre realtà che, sul territorio dell’intera regione, presentano altrettante situazioni interessanti. Luoghi di transito, strade, ville, borghi che testimoniano come l’intera regione fosse popolata ancor prima dell’arrivo dei romani. “Ogni singolo comune custodisce un piccolo, inestimabile tesoro - dice Lorella De Marco, presidente dell’associazione Pas de Tor - La sua maggiore difficoltà è quella di valorizzare questo patrimonio, rendendolo apprezzabile pur nella sua singolarità”.


MODELLI DI TERRITORIO

UN MODO DI FARE CULTURA SU SPAZI ITINERANTI Per realizzare tale obiettivo il Polo, attuandosi in uno spazio itinerante che si è sempre mosso fuori e dentro i musei, i siti archeologici e le scuole di vari paesi minori della Bassa friulana, lavorerà su più fronti. Verrà innanzitutto incentivata la progettazione di iniziative con i giovani e l’Università, mirata a realizzare attività permanenti quali ad esempio punti informativi, laboratori di archeologia sperimentale e visite guidate, (anche con l’utilizzo dei percorsi ciclabili), utilizzando mappature ed indicatori sui siti archeologici. L’avvio di questo progetto darà un contributo indiretto alla vita complessiva delle comunità e dei territori interessati, spingendo la popolazione a nuove iniziative culturali e sociali: festival, mostre, esposizioni, produzione di documentari, scavi archeologici, ricerca, creazione del Polo per ricerca, progettazione e formazione. E’ prevista anche la creazione di un’aula in tre D per i laboratori di archeologia sperimentale. In questo contesto si vuole favorire la valorizzazione turistica delle risorse ambientali, naturali, archeologiche del territorio per contribuire alla creazione di un prodotto turistico locale integrato e sostenibile con positive ricadute occupazionali che conducano nella direzione di un miglioramento delle condizioni socio-economiche dell’area. Tutte queste iniziative, che dovranno stimolare nuova imprenditorialità inserendo i giovani, dovranno essere integrate con investimenti turistici effettuati da privati attraverso un protocollo d’intesa con l’Ente pubblico, al fine di aumentare il flusso dei visitatori.

Sito archeologico di Aquileia

UN MODELLO DI DIVULGAZIONE DELL’ARCHEOLOGIA “Il progetto presenta diversi punti di forza - spiega Lorella De Marco innanzitutto il censimento e messa in rete del patrimonio archeologico della regione Friuli Venezia Giulia e la valorizzazione a più livelli del patrimonio archeologico”. Il modello si presta, per tutte le sue caratteristiche, ad essere calato su diversi siti archeologici minori, presenti nelle altre regioni italiane, attraverso dei protocolli d’intesa da sottoscrivere con l’Associazione PAS DE TOR, che ricopre il ruolo di capofila, con il compito di fissare le linee guida. L’iniziativa dovrebbe servire come stimolo, anche attraverso la partecipazione fattiva dell’UNESCO, al consolidamento dell’immagine turistica del territorio. Tra le altre azioni progettuali, emergono le iniziative mirate a non compromettere gli equilibri ambientali, economici, culturali e sociali. E’ prevista la realizzazione della filiera produttiva, costituita non solo dagli elementi della ristorazione, accoglienza, viabilità, ma anche dall’identità del territorio (di cui i mestieri tradizionali sono parte) e dall’attività formativa. Senza trascurare l’integrazione fra i settori economici che dovrà tener conto di una linea strategica coerente con il protocollo per la costruzione di un sistema locale di offerta turistica per mettere in rete i molteplici fattori di attrattiva che il territorio presenta e creare un prodotto completo di tutti i servizi richiesti dalla domanda turistica, culturale, paesaggistica, educativa. Francesca Vassallo

energeo

29


TERRITORI MUTEVOLI

GLI EROI DEI MURETTI A SECCO: LA LOTTA PER DIFENDERE I CARATTERI DI UN TERRITORIO CONTRO L’EUTANASIA DELL’INDIFFERENZA

L’ARCHEOLOGIA È LA RICOSTRUZIONE DEL PASSATO: È PER QUESTO CHE STUDIAMO LA STORIA DEL PAESAGGIO, CERCANDO DI CAPIRE COME E PERCHÉ SI È TRASFORMATO UN TERRITORIO. LE TRASFORMAZIONI DI OGGI DIVENTERANNO QUINDI L’OGGETTO DELL’ARCHEOLOGIA DI DOMANI. CERCHIAMO QUINDI DI NON LASCIARE AI FUTURI STUDIOSI DEI NOSTRI PAESAGGI UN CUMULO DI MACERIE. SONO PROPRIO I SEGNI PIÙ DELICATI AD ESSERE IN PERICOLO, ANCHE IN UN TERRITORIO PREGIATO COME IL CHIANTI

PAESAGGIO: L’ARCHEOLOGIA DEL PRESENTE

L’ Marco Hagge – Coordinatore – Conduttore Bellitalia

Vigneti e cantine del Chianti

archeologia del paesaggio ha il merito di ricordarci che i panorami (rurali o urbani fa poca differenza), a cominciare da quelli che abbiamo sotto gli occhi, sono qualcosa di molto più provvisorio rispetto a quanto si riesca ad immaginare. Da questo punto di vista, la videografica rappresenta forse lo strumento più efficace per parlare alla memoria di noi abitanti dell’era digitale, tanto curiosi di conoscere quel che succede in giro per il mondo, quanto distratti rispetto a ciò che succede davanti ai nostri occhi. Penso ad esempio alle elaborazioni virtuali che, sulla base di tutta la documentazione disponibile (dalla geologia alla storia dell’arte), sono riuscite a ricostruire l’ambiente naturale dei sette colli sui quali si sarebbe poi sviluppata Roma. Oppure a quelle che, raccontando per immagini le vicende degli ambienti urbani in cui viviamo, ci fanno vedere, a ritroso, gli edifici attuali lasciare il posto a quelli che li hanno preceduti, i vuoti prendere il posto dei pieni e viceversa, con lo stupore di una lanterna magica, mentre ogni fotogramma traduce visivamente il combinato delle cause più diverse, dai disastri naturali alle politiche urbanistiche e culturali.

IL RITMO LENTO DI UNA PELLICOLA CHE SI SROTOLA A volte non è necessario andare così indietro nel tempo: in particolare, molte delle trasformazioni paesaggistiche degli ultimi centocinquant’anni (quelle urbane in primis) sono documentate con precisione dalla fotografia e dal cinema. Un film degli anni Cinquanta o Sessanta, che magari non ci interessa dal punto di vista dello spettacolo, può riuscire avvincente come documento della storia sociale e del costume. Niente è più efficace per capire com’è cambiata Roma, ad esempio, delle pellicole realizzate dai registi della “commedia all’italiana”. Le scene ambientate in una Piazza del Popolo adibita a parcheggio, o in una Piazza Navona con gli intonaci ancora rossi che nascondono il candido “marmorino” barocco, e le auto che sfrecciano fra Sant’Agnese in Agone e la Fontana dei Fiumi, raccontano in maniera davvero icastica com’è cambiata (in questo caso in meglio) la città. Documenti molto efficaci sono anche le foto d’epoca, soprattutto quelle dei ricchissimi archivi Alinari, ma anche le cartoline illustrate con i panorami di centri storici non ancora assediati da periferie informi, e, come testimonianze in questo caso positive, quelle che raffigurano angoli incantati delle Dolomiti o della Costiera Amalfitana rimasti immutati negli anni. Può capitare però che la prospettiva dalla quale guardiamo alla trasformazione del paesaggio nel passato più o meno lontano rischi di farci perdere di vista le metamorfosi che stanno avvenendo in diretta (anche se magari al rallentatore), se non davanti alle finestre di casa nostra, almeno nei luoghi che fanno parte della nostra scenografia più o meno quotidiana. L’effetto-ralenti contribuisce poi a dirottare l’attenzione dal fatto che, spesso, anche i casi di conservazione (o di ripristino) meglio riusciti sono diversi, e talvolta anche molto, rispetto alle varie fasi che si sono succedute attraverso la storia, compresa quella recente.

30

energeo

La fabbrica del latte- Parco sculture del Chianti


TERRITORI MUTEVOLI Pendii della Toscana

IL PAESAGGIO STORICO SCOMPARSO

Evidenze archeologiche

A questo proposito, posso raccontare una mia esperienza personale. Mi è capitato di vedere, ripreso in un film tedesco girato nel Chianti, praticamente intorno a casa mia, alla fine degli anni Cinquanta, dei luoghi che non riuscivo a identificare, e che poi, grazie all’aiuto di spettatori più anziani, ho riconosciuto con quella sorpresa mista allo sconcerto con cui si riconosce una persona che si presenta dopo anni di assenza con un look completamente cambiato. Il paesaggio agricolo, in particolare, era molto diverso da quello attuale. Poco bosco, poco vigneto (e tutto a coltura mista), molti olivi, e soprattutto molto grano. Le trasformazioni agricole dipendono ovviamente dal mercato, e in questo caso il fatto che in Chianti, insieme ai prodotti di pregio, si “venda” anche l’immagine del territorio, ha preservato comunque un paesaggio affascinante, dove anche le case coloniche, che rischiavano l’abbandono come in tante parti della Pianura Padana (dove l’autostrada scorre fra relitti e ruderi di edifici rurali in sfacelo), sono state tutte mantenute in vita. Questo non significa però che il Chianti di oggi sia come quello di ieri: il dilagare della viticoltura specializzata ha portato per esempio all’abbandono dell’elemento in assoluto più distintivo del Chianti: i terrazzamenti. Per fortuna ci sono imprenditori particolarmente illuminati e sensibili da rendersi conto che il vino si vende appunto insieme al territorio in cui nasce: anche a voler tralasciare i vantaggi di natura idrogeologica (ma anche economica, e perfino produttiva) dei muretti a secco, il mantenimento del profilo storico nel paesaggio si rivela un investimento necessario alla valorizzazione del prodotto, né più né meno come la collaborazione degli enologi più capaci.

QUANDO SI SFREGIA NEL SEGNO DEL PROGRESSO Fra gli esempi da citare, ricordo quello di un produttore che a Lamole, nel Comune di Greve in Chianti, ha riterrazzato un’intera collina grazie all’utilizzazione intelligente degli operai agricoli di origine albanese, particolarmente abili nella tecnica costruttiva dei muri a secco. Si è trattato di una vera e propria operazione di ripristino paesaggistico, condotta con una sensibilità culturale che è arrivata addirittura a predisporre le canalette sotterranee per il passaggio di eventuali cavi elettrici e/o telefonici. Ci possiamo quindi immaginare la sua delusione quando, tornando da un viaggio, ha visto impiantati, sui terrazzamenti così faticosamente recuperati, una batteria di pali metallici (con relativi cavi) che deturpano il paesaggio ritrovato: come se un artista lasciasse i ponteggi davanti all’affresco appena dipinto. Com’è potuto accadere? Semplice: grazie al sistema dei lavori appaltati (e subappaltati) a ditte esterne. Purtroppo, le società che si occupano di servizi a rete si sentono autorizzate (e probabilmente lo sono, se non altro dall’indifferenza generale, a cominciare da quella dello Stato che, nelle sue varie articolazioni amministrative e territoriali, è il titolare della tutela paesaggistica) a trascurare ogni interesse che non sia quello prettamente (e, credo si possa dire, grettamente) monetario. In effetti, la lotta contro i giganti dei servizi a rete è impari. Conosco amministratori che meriterebbero un encomio pubblico solo per la caparbietà (di solito destinata ad avere solo un effetto di testimonianza) con cui affrontano muri di gomma rispetto ai quali la Grande Muraglia Cinese è roba da dilettanti. E’ proprio l’indifferenza il nemico numero uno del paesaggio. Ho visto con i miei occhi, attraverso gli anni, dopo ogni pioggia eccezionale che ha provocato danni ai muretti a secco lungo molte strade di collina, le modalità di intervento degli enti locali, che, invece di inviare operai a reintegrare le pietre cadute, hanno preferito risolvere il problema alla radice eliminando anche tutte quelle rimaste al loro posto. Insomma: mi pare che gli archeologi del paesaggio dovrebbero cominciare ad occuparsi anche (e forse soprattutto) del presente: nelle realtà più periferiche e meno tutelate, rischiano, alla lunga, di rimanere disoccupati, per la scomparsa dell’oggetto stesso dei loro studi. Marco Hagge – Coordinatore – Conduttore Bellitalia Colline e cipressi

energeo

31


ITINERARI

LA PROVINCIA DI ENNA, NEL CUORE DELLA SICILIA, PER L’ABBONDANZA DI ACQUE E DI VERDE, ASSOMIGLIA PIÙ ALLA SVIZZERA CHE ALL’ASSOLATA ISOLA MEDITERRANEA CHE LA CIRCONDA

VIAGGIO NELLA PROVINCIA PIÙ VERDE DELLA SICILIA Piazza Armerina

DALLE DELIZIOSE “SIGNORINE IN BIKINI” DI PIAZZA ARMERINA, ALLE CHIESE BAROCCHE DEL CENTRO STORICO. UN TERRITORIO, QUELLO DELL’ENNESE, RICCO DI ASPETTI INTERESSANTI SUL PIANO ARCHEOLOGICO, NATURALISTICO, ARTISTICO E GASTRONOMICO

N

el cuore della Sicilia, regione nella quale tentano di ottenere nel 2015 la tutela UNESCO per la Palermo bizantina e arabo-normanna e per le cattedrali di Monreale e Cefalù, c’è una zona che l’ iscrizione nel registro dei siti Patrimonio dell’umanità l’ha ottenuta quasi vent’anni fa, nel 1997: si tratta della Villa del Casale di Piazza Armerina, al centro peraltro di una zona come l’Ennese che, per l’abbondanza di acque e di verde, assomiglia più alla Svizzera che all’assolata isola mediterranea che la circonda. Un territorio da visitare e da assaporare, ricco di aspetti interessanti sul piano archeologico, naturalistico, artistico e gastronomico. Cominciamo dal SIMPA, acronimo che sta per “Sistema Museale di Piazza Armerina”: un modo efficace per far sapere ai tantissimi turisti che da tutto il mondo si recano nella cittadina in provincia di Enna per ammirare gli affreschi imperiali della Villa del Casale, che c’è anche altro da vedere, per esempio il centro storico disseminato di chiese barocche… L’obiettivo, insomma, è di attirare il visitatore per qualcosa in più delle due

32

energeo

Lago di Pergusa


UN TERRITORIO DA SCOPRIRE Le signore si allenano, gareggiano e una di loro riceve anche il premio per la vittoria. Il tutto, per comodità, proprio con un “due pezzi” degno della Pellegrini! Ebbene, se avete visitato la villa qualche anno fa, forse è ora di tornarci, perché il nuovo allestimento è migliore del precedente. Se siete fortunati, potreste anche approfittare di qualche apertura notturna del sito, grazie al programma estivo di spettacoli e mostre particolarmente suggestivi. Poi, un salto nel centro storico di Piazza Armerina, a cinque chilometri di distanza: su tutto svetta la bellissima Cattedrale seicentesca. Gli altri edifici della piazza antistante non sono da meno. Passeggiando in discesa, ogni venti metri troverete la facciata barocca di qualche chiesa. Da non perdere, l’interessante Pinacoteca Comunale (www.comunepiazzaarmerina.it). Un motivo in più per andare o per scegliere date diverse, se non amate il sovraffollamento, è il Palio dei Normanni con la

ITINERARI

ore necessarie per una veloce visita ai mosaici: l’unico modo per riuscirci è “fare sistema” (come troppo spesso si dice, senza peraltro farlo). Vale la pena di godersi la provincia più verde della Sicilia e fermarsi non solo a Enna, ma anche sul lago di Pergusa e, appunto, nel centro storico di Piazza Armerina e nella vicina Aidone, new entry della mappa artistico-archeologica italiana grazie a un paio di attrazioni imperdibili. Ma andiamo con ordine: dei mosaici si è detto, e certamente avrete visto gli originali (magari nella vecchia sistemazione) o qualche riproduzione, come quella famosissima delle signorine in bikini … Si tratta, per inciso, non di costumi da bagno, quanto piuttosto di abbigliamento sportivo ante litteram, di sportswear come si dice oggi.

famosa Giostra del Saraceno, che si svolge dal 12 al 14 agosto. Un’altra manciata di chilometri ed eccoci ad Aidone (www.aidone-morgantina. it), dove da un paio d’anni fa bella mostra di sé (ai non molti visitatori che la cercano fin lì) la Dea di Morgantina (www.deadimorgantina.it), spettacolare statua marmorea recuperata dopo oltre venti anni di polemiche, grazie alla decisione del Museo Getty di Los Angeles, sotto accusa per averla acquisita incautamente dopo la razzia

dei tombaroli. Stesso tragitto Sicilia-Usa e ritorno per gli argenti del “Tesoro di Morgantina”: in questo caso, però, il Metropolitan di New York ha preteso – in cambio della restituzione - il periodico ritorno degli oggetti, per cui conviene sbrigarsi, prima di essere costretti ad andare fin lì per ammirarli. Ma tutto il museo è una sorpresa: bello il contenitore e bellissimo il contenuto, dagli “acroliti” alla vasca da bagno di epoca romana, dal design quanto mai attuale. Dopo aver provato il gelato all’olio d’oliva e i biscotti alla farina di cicerchia serviti dal bar proprio di fronte al museo, un’ultima tappa all’antica Morgantina, importante centro siculo e greco: gli scavi, iniziati quasi sessant’anni fa dagli archeologi dell’università di Princeton, sono vasti e in posizione panoramica, con resti ottimamente conservati del teatro e dell’agorà (la piazza per le assemblee), della grande fornace e dell’impianto idrico. Prima di partire, assaggiate i prodotti eccezionali di questa zona della Sicilia: dalle pesche tardive di Leonforte al formaggio Piacentinu ennese (unico al mondo, con lo zafferano e i grani di pepe nero!), dalle fave larghe alle lenticchie nere, fino ai pani (artistici e non, comunque buonissimi! ) di Valguarnera. Luisa Bruga

La Dea di Morgantina

Il mosaico più celebre della villa del Casale raffigura dieci ragazze in bikini impegnate in uno spettacolo in onore della dea Teti

energeo

33


PATRIMONIO RECUPERATO

Tutela del Patrimonio Culturale e Archeologico IL COMANDO CARABINIERI TUTELA PATRIMONIO CULTURALE, GUIDATO DAL GENERALE MARIANO MOSSA, È IL PIÙ ANTICO REPARTO AL MONDO SPECIALIZZATO NELL’ACQUISIZIONE DI BENI ILLECITAMENTE ESPORTATI E NEL RECUPERO DI QUELLI TRAFUGATI. IL REPARTO DELL’ARMA, CHE DAL 1969 VIGILA SUI BENI CULTURALI DEL NOSTRO PAESE, È ARTICOLATO NELLE SEZIONI ARCHEOLOGIA, ANTIQUARIATO, FALSIFICAZIONE ED ARTE CONTEMPORANEA. PUÒ CONTARE SU UNA RICCHISSIMA BANCA DATI, UNICA AL MONDO, CHE RAPPRESENTA “UNO STRAORDINARIO STRUMENTO INVESTIGATIVO”. AL QUIRINALE SONO IN MOSTRA I TESORI DELL’ARTE ITALIANA ILLECITAMENTE SOTTRATTI

UNA CRIMINALITÀ SEMPRE PIÙ ATTREZZATA SACCHEGGIA I BENI ARCHEOLOGICI

Q

La mostra dei capolavori recuperati dai carabinieri è stata inaugurata da Giorgio Napolitano

uadri, anfore, capolavori dell’oreficeria, sepolcri etruschi, capolavori inestimabili, sottratti all’ammirazione del pubblico da scavi clandestini e furti vari in chiese e musei. Tesori dell’arte italiana illecitamente sottratti, grazie al lavoro dei Carabinieri, queste meraviglie possono essere ammirate nell’ala occidentale del Palazzo del Quirinale: la mostra è aperta fino al prossimo 6 marzo. La rassegna, che si intitola “La memoria ritrovata”, promossa dalla Presidenza della Repubblica, in collaborazione con il Ministero delle Attività culturali, con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, offre spunti di riflessione su una condotta criminosa atta ad impossessarsi di un bene di interesse archeologico e storico, che mette a rischio un patrimonio immenso, disseminato fra 100 mila chiese, 20 mila centri storici, 45 mila castelli e giardini, 35 mila dimore storiche, 3.500 musei pubblici e privati. Il possesso di oggetti di interesse artistico, storico o archeologico si deve ritenere illegittimo a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati. Tali oggetti, invero, sono di proprietà dello Stato sin dalla loro scoperta e il loro impossessamento, sia che provenga da scavo che da rinvenimento fortuito, viene punito con la stessa pena comminata per il furto. Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, guidato dal generale Mariano Mossa, dal 1969 vigila sui beni culturali del nostro Paese. Si tratta del più antico reparto al mondo specializzato nell’acquisizione di beni illecitamente esportati e nel recupero di quelli trafugati. Il reparto dell’Arma, che oggi è articolato nelle Sezioni Archeologia, Antiquariato, Falsificazione ed Arte Contemporanea, può contare su una ricchissima banca dati, unica al mondo, che per il comandante Mossa rappresenta “uno straordinario strumento investigativo”. Quello che emerge è un quadro dove al forte e meritorio impegno dell’Arma nel settore della tutela dei Beni Culturali, e ai successi ottenuti ( meno furti d’arte ma più falsi sul mercato) nel recupero di importanti opere corrisponde una criminalità sempre più attrezzata.

34

energeo


In Italia i beni culturali, soprattutto artistici e archeologici, costituiscono un vero e proprio business illegale: esiste infatti un mercato nero molto ampio e redditizio dove vendere opere d’arte e reperti antichi rubati o sottratti clandestinamente da aree archeologiche scarsamente custodite. Purtroppo il saccheggio del patrimonio culturale promette lauti guadagni, infatti il valore di manufatti rari e ben conservati può raggiungere cifre con diversi zeri. Per contrastare questo fenomeno le forze dell’ordine hanno istituito nuclei specifici che si occupano della tutela dei beni culturali. Si tratta di reparti che svolgono diversi compiti: innanzitutto reprimere il furto di opere d’arte e il saccheggio delle aree archeologiche, a cui si aggiunge l’arresto dei ricettatori che acquistano e rivendono illegalmente i reperti. Spesso occorrono lunghe indagini all’interno dei circuiti clandestini per individuare la provenienza delle opere, scoprire chi effettua scavi abusivi e dove vengono venduti i reperti sottratti. Le indagini hanno come obiettivo anche il recupero dei beni sottratti: una volta individuati i responsabili, si procede al sequestro dei beni che poi vengono restituiti ai legittimi proprietari o affidati alle Soprintendenze competenti. Spesso le indagini devono coordinarsi con le polizie di altri Paesi al fine di recuperare beni rivenduti illegalmente all’estero: il mercato nero opera su scala internazionale con una rete di collezionisti privati, musei ecc. disponibili ad acquistare da un continente all’altro. A questo proposito è divenuto famoso il caso del Museo Archeologico di Baghdad che, dopo il conflitto del 2003, è stato saccheggiato e le sue collezioni disperse in tutto il mondo: alcuni pezzi sono stati venduti persino su popolari siti di e-commerce.Da ultimo i nuclei per la tutela dei beni culturali contrastano la falsificazione di opere d’arte e oggetti antichi: si tratta di un fenomeno ampiamente praticato in passato ma vivo ancora oggi, con reperti falsificati e venduti come autentici. Per individuare le contraffazioni vengono eseguiti controlli presso antiquari e rigattieri, ma anche in occasione di fiere ed aste del settore.

GLI ANGELI CUSTODI DEL PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Come arruolarsi in questi nuclei speciali? In Italia la via principale passa per l’Arma dei Carabinieri con il “Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale”. Questo ha sede a Roma e si articola su tutto il territorio nazionale con 13 distaccamenti che operano in stretta collaborazione con il Ministero Beni Culturali, da cui dipendono a livello funzionale. Molti laureati in Beni Culturali o Archeologia vorrebbero arruolarsi in questo reparto, ma purtroppo non è possibile accedervi direttamente. Prima è necessario superare un concorso pubblico per arruolarsi in modo generico nell’Arma come ufficiale, sottufficiale o carabiniere; successivamente si attende che ci siano delle posizioni libere all’intero del Comando Tutela Patrimonio Culturale e si partecipa ad una selezione interna (riservata a chi è già arruolato). Da ultimo, superata la selezione, occorre frequentare un corso di formazione tenuto da funzionari del Ministero Beni Culturali, dove si approfondisce la conoscenza dell’arte e soprattutto della legislazione in merito. Non è un percorso semplice e neppure breve, anche perché per lavorare nella tutela dei beni culturali sono richiesti alcuni anni di esperienza in ambito investigativo effettuata presso altri reparti. Cosa importante, in nessun caso è richiesta una laurea in Beni Culturali o simili: una formazione universitaria nel settore aiuta ad essere selezionati, ma non è requisito indispensabile. Un chiaro esempio è fornito dall’organico dei nuclei: questo è formato non solo da ufficiali ma anche da sottufficiali e graduati, dunque da personale di norma non laureato. Infine esiste anche un’altra possibilità, ovvero l’arruolamento nella Guardia di Finanza con il “Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico”. Anche in questo caso non è possibile arruolarsi direttamente, ma è necessario seguire un iter simile a quello dell’Arma dei Carabinieri, con la differenza che le possibilità sono ancora più limitate perché questo Gruppo ha sede soltanto a Roma con un organico inferiore rispetto ai Carabinieri. Stefano Sioli - blog ArcheoJobs

Reperti dell’archeologia ritrovati e urne funerarie trafugate in mostra al Quirinale

energeo

35

PATRIMONIO RECUPERATO

UN MERCATO NERO MOLTO REDDITIZIO


ARCHEOLOGIA & INNOVAZIONE

Fra archeologia e futuro, memorie del passato che si trasformano in nuove occasioni di sviluppo, turismo, attività economiche

GLI ETRUSCHI FURONO I PRIMI A COMPRENDERE LE POTENZIALITÀ DEI VAPORI CHE FUORIESCONO DAL TERRENO Immagini suggestive del comprensorio geotermico della Toscana

ENERGEO ESPLORA UN TERRITORIO IN CUI SI VIVE L’ESPERIENZA DI UNA CULTURA LEGATA ALLA VALORIZZAZIONE DI QUESTO TIPICO PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA, CHE RICORDA LE MEMORIE DEL PASSATO (ETRUSCHI E ROMANI), APPARENTEMENTE IN CONTRASTO CON IL PAESAGGIO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE CHE, IN EPOCHE RECENTI, HA TRASFORMATO IL TERRITORIO. IN QUESTI LUOGHI ARCHEOLOGIA, NATURA E HI-TECH SI INTERSECANO E SONO CHIAMATE AD INTERAGIRE

A

d occhio sono almeno una ventina i borghi, con le frazioni sparse qua e là, nel comprensorio geotermico della Toscana, in un territorio ricco di sorgenti naturali calde, lagoni, putizze, soffioni. Muri, tetti e vicoli, tra fortificazioni medievali e palazzotti rimaneggiati, sono composti in un panorama suggestivo che sicuramente è reso unico dalla risorsa geotermica. Viene voglia di curiosare tra questi scorci e le diroccate cinte murarie di castelli e torri, nelle stradine piene di luce, in un ambiente naturale ricco di storia e di grande fascino. Ci sono tutte le premesse per esplorare un territorio in cui vivere l’esperienza di una cultura legata alla valorizzazione di questo tipico paesaggio dell’archeologia, che ricorda le antiche memorie del passato (Etruschi e Romani), apparentemente in contrasto con il paesaggio dell’archeologia industriale che, in epoche recenti, ha trasformato il territorio, in continua evoluzione, con le torri degli impianti geotermici, ora straordinari reperti, destinati a diventare veri e propri monumenti architettonici. Una vera e propria industria della memoria, di fronte ad uno spettacolo di rara bellezza alla scoperta di un percorso turistico per ricercare monumenti sicuramente insoliti e affascinanti: serbatoi, vapordotti, pozzi di produzione e di reiniezione, turbine, centrali alimentate con il fluido geotermico, scambiatori di calore. Oggi questo mix di territorio rappresenta un classico esempio di paesaggio mutevole che oltrepassa la soglia della rappresentazione del paesaggio tout court.

TESTO Testo Testo Testo

L’eccezionale complesso di Sasso Pisano che costituisce l’unico esempio di stabilimento termale etrusco di epoca tardo-ellenistica

36

energeo


ARCHEOLOGIA & INNOVAZIONE

UNA CONVIVENZA POSSIBILE Si entra fisicamente dentro ambienti naturali per scoprire e valorizzarne le varietà e diversità degli elementi compositivi, tra questi emergono le radici di appartenenza dei suoi abitanti che sanno convivere con i vapori, fluidi utilizzati all’interno del processo produttivo, in maniera da assicurare un risultato economico, dall’utilizzo in agricoltura, attraverso conoscenze tradizionali, ai processi industriali e al teleriscaldamento. Tant’è che 12 soci produttori hanno costituito, nel 2009, una Comunità del Cibo per realizzare una vasta gamma di prodotti (formaggio, basilico, olio extravergine di oliva, vini Doc, salumi di cinta senese, pane tradizionale, dolci di castagne, pasta, marmellate, ortaggi), tutti ottenuti facendo ricorso ad energie rinnovabili, nel rispetto dell’ambiente e della filosofia di Slow Food “Buono, Pulito e Giusto”. Ma questa è un’altra storia.

UN’AREA CHE SI COLLOCA COME “LUOGO DI CONFINE” Una storia che viaggia di pari passo con la nuova chiave di lettura dell’UNESCO sul paesaggio, un processo in costante evoluzione, che potrebbe connotare quest’area geografica come “luogo di confine”: un unico spazio della contaminazione tra usi e tradizioni della cultura che affonda le radici ai tempi degli Etruschi prima, dei Romani poi, e, in seguito con le grandi dinastie che governarono nei secoli successivi, per finire a Napoleone Bonaparte. Luoghi che divennero il terreno di tumultuose vicende storiche, aspre battaglie per contendersi questo territorio atipico: un vero giacimento di minerali e di energia che ancora oggi possiamo ammirare. Un paesaggio già riconosciuto dall’UNESCO nel 2012 come Geopark: si tratta di un risultato importante per valorizzare, dopo la dismissione delle miniere verso la fine del secolo scorso, l’intero territorio delle Colline Metallifere (economia, occupazione, rapporti sociali, immigrazione, espansioni urbane e villaggi minerari, paesaggio, rapporti città-campagna, cave). Qui la terra fuma da sempre e naturalmente, poi cominciano le biancane, con il fuoco del profondo che sbuffa e freme. Le fumarole e i getti di vapore, considerati come segni dell’esistenza di divinità sotterranee (alcune delle quali benevoli, altre malvagie e pericolose) erano conosciute pure nel Paleolitico. Ma sì! Archeologia, natura e hi-tech, tre realtà apparentemente in contrasto, qui sono invece chiamate ad interagire. Memorie del passato che si trasformano in nuove occasioni di sviluppo, di turismo, di attività economiche.

Particolare del sito archeologico delle terme Etrusche

Castelnuovo Val di Cecina

SULLE TRACCE DEGLI ANTICHI ETRUSCHI C’è la consapevolezza che l’ampio comprensorio potrebbe essere utilizzato per un viaggio didattico che ricorda percorsi surreali, metafisici, da fantascienza. I paesaggi della Valle del Diavolo, ricordano l’inferno dantesco. In questi luoghi, la natura, impressionante e potente, ha incontrato l’uomo, forte e testardo, che ha saputo dominarla e utilizzarla. Senza però far perdere le antiche tracce degli Etruschi e dei Romani sul dorso del Colle di Casole d’Elsa; a Radicondoli le tracce archeologiche, che risalgono al paleolitico superiore, passando per il periodo etrusco e l’età romana, sono state cancellate per lo sviluppo del borgo in epoca medievale. Il viaggio della conoscenza potrebbe continuare a Chiusdino posto sul cucuzzolo del versante sud-orientale delle colline ( il nome deriva dal latino Clausum o clusum che significa chiuso, con probabile riferimento ad una chiusa presente in Val Merse) e a Montieri, dove gli Etruschi si insediarono, praticando l’estrazione del rame, attività che venne continuata successivamente dai Romani e che vide la sua massima espansione nel medioevo. Non ci sono tracce di antichi insediamenti a Monterotondo Marittimo, mentre la posizione di “cerniera” tra nord e sud ha reso questa zona strategicamente importante fin dal tempo degli Etruschi, come luogo di transito facile per le merci che da Populonia (e dalle miniere di ferro dell’Elba) venivano trasportate a Volterra, Siena, Firenze. Pomarance ha nel toponimo le antiche tracce: il primo elemento del nome è il latino ripa (“riva”), il secondo è più incerto e potrebbe derivare da un nome di persona romano Arranciae (forse di origine etrusca). Nel territorio di Montecatini Val di Cecina sono stati rinvenuti numerosi reperti archeologici di epoca romana che fanno pensare ad insediamenti databili a tale epoca. Il territorio, dominato dai Romani, fu teatro di una battaglia contro la città etrusca di Volterra. Nei pressi di Castelnuovo Val di Cecina, è stato di recente recuperato l’eccezionale complesso di Sasso Pisano che costituisce l’unico esempio di terme etrusche di epoca tardo-ellenistica pervenutoci fino ad oggi. Gli Etruschi si insediarono nella Valle del Diavolo molto prima che Roma, la città eterna, diventasse la grande potenza economica e militare che fu, poi, il terrore del popolo etrusco. Il sito archeologico, che risale al III secolo a.C., si trova in un ambiente naturale di grande suggestione, caratterizzato ancora oggi da un’intensa attività geotermica, in cui ben si spiega la presenza di un complesso architettonico-sacro-termale legato a divinità. Il complesso archeologico ha corso il rischio di venire cancellato dall’opera del tempo e degli uomini. Pierpaolo Bo

energeo

37


ResTipica & DINTORNI

I LONGOBARDI VIETAVANO LA RACCOLTA ABUSIVA DELLE CASTAGNE: OGNI VIOLAZIONE VENIVA PUNITA SEVERAMENTE, COME TESTIMONIANO DOCUMENTI CHE PARLANO DI MULTE E PUNIZIONI CHE POTEVANO ARRIVARE PERFINO ALLA MUTILAZIONE DELLE MANI

IL CASTAGNO , L’ALBERO DEL PANE CHE VALORIZZA IL PAESAGGIO L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE CITTÀ DEL CASTAGNO, COSTITUITA QUINDICI ANNI FA, VUOLE CONTRIBUIRE ALLA VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEL SETTORE CASTANICOLO ITALIANO, QUALE “MOTORE” DI SVILUPPO DELLA MONTAGNA. NELLE VARIE REGIONI È ANCORA IN ATTO LA LOTTA AL CINIPIDE GALLIGENO, UN PERICOLOSO PARASSITA CHE DAL 2002 STA DANNEGGIANDO FORTEMENTE I CASTAGNETI

A

i tempi dei Longobardi la raccolta delle castagne era consentita soltanto al proprietario del fondo: ogni violazione veniva punita severamente, come testimoniano documenti che parlano di multe e punizioni che potevano arrivare perfino alla mutilazione delle mani. Nel libro giudiziario di Castelbello, in Val Venosta, si trova una registrazione risalente al 1532, della condanna al carcere di quattro donne per la raccolta abusiva di castagne; soltanto dopo la festa di Ognissanti era ammessa la raccolta libera del frutto ancora chiuso nel guscio spinoso. Il valore di questo frutto era tale che quando un giovane contadino ereditava un maso, spesso faceva inserire una clausula che assicurava l’usufrutto del bosco di castagni alla madre a titolo di pensione. I romani conoscevano benissimo le castagne, che disseccate, facevano parte delle salmerie dei legionari. Essi portarono quest’albero amante della luce solare, originario delle regioni mediterranee (cresce bene sui terreni acidi), dove forma boschi puri, i castagneti, o misti, come quelli di

38

energeo

Un castagno secolare

faggio e castagno, anche a nord delle Alpi: si trova, per esempio, in Germania meridionale. Le azioni di tutela di questo frutto (castagna o marrone) sono estese in diverse regioni da marchi di qualità (igp, dop) e molte certificazioni, a dimostrazione del valore di questi prodotti e del grosso contributo che possono dare alla valorizzazione dei territori.

L’IMPEGNO PER TUTELARE IL CASTAGNO E I SUOI FRUTTI L’Associazione Nazionale Città del Castagno è stata costituita quindici anni fa, con l’intento di contribuire alla valorizzazione e promozione del settore castanicolo italiano, quale “motore” di sviluppo della montagna. L’impegno dell’Associazione, che raggruppa oltre 100 Enti Locali (Comunità Montane e Comuni montani), distribuiti lungo tutto

l’arco del territorio nazionale, va proprio in questa direzione: valorizzare i territori attraverso la tutela e la promozione dei prodotti di qualità, dando grande visibilità anche ai territori e agli aspetti paesaggistici, elementi fondamentali per lo sviluppo turistico. “Gli anni passati sono stati molto impegnativi per l’associazione - spiega il presidente Ivo Poli - abbiamo dovuto raccogliere la grande preoccupazione delle Amministrazioni locali e dei castanicoltori per organizzare, in modo coordinato, la lotta al cinipide galligeno, un pericoloso parassita che dal 2002 sta danneggiando fortemente i castagneti”. Un convegno è stato organizzato a Firenze, cui hanno fatto seguito azioni tempestive per salvaguardare i bellissimi castagneti in molte regioni italiane, attraverso un “Tavolo tecnico ministeriale” sul castagno, il Piano castanicolo nazionale e un protocollo per la lotta biologica generalizzata al Cinipide. Anche in questi passaggi l’Associazione ha avuto un ruolo da


ResTipica & DINTORNI Ivo Poli, Presidente Città del Castagno

Il castagneto, caratteristico ed armonioso, è uno delle risorse del paesaggio culturale

La castagna ancora chiusa nel riccio

protagonista e per dare una risposta concreta ai bisogni dei territori ha costituito un’Associazione temporanea di scopo assieme a Castanea-Rete europea del castagno e al Centro Studio e Divulgazione sul Castagno, attraverso la quale sta garantendo il trasporto degli insetti antagonisti del Cinipide in tutta Italia e fornisce un servizio capillare di informazione e divulgazione di buone pratiche in castanicoltura.

UN PARASSITA MOLTO INSIDIOSO HA MESSO A RISCHIO I CASTAGNETI “Il percorso da fare è ancora lungo – spiega il tecnico Luigi Vezzalini - ma l’interesse per il castagno e soprattutto per il suo valore ambientale e paesaggistico è molto cresciuto e, mentre stiamo assistendo ai primi segnali di sconfitta del paras-

sita Cinipide, siamo fiduciosi che una tale iniziativa possa rappresentare veramente un valido strumento per coordinare le molteplici e specifiche esperienze in atto nelle singole realtà locali”. La castagna, una volta chiusa l’età romana, pare sia sopravvissuta allo stato selvatico, almeno fino a quando, sotto l’influsso dei vicini longobardi, le popolazioni alpine fecero trapianti ed innesti. Una cosa è certa: le castagne hanno sfamato la gente di montagna, era la “carne“ dei poveri in tutte le regioni d’Italia. Il castagno, insieme all’olivo e alla quercia, è una delle forme arboree più caratteristiche e note del paesaggio italiano. Si tratta di una delle piante più longeve al mondo. Ogni regione nasconde e tutela gli esemplari monumentali, che non hanno niente da invidiare ai monumenti creati dall’uomo. L’Associazione ha sostenuto diverse iniziative per far conoscere ed apprezzare questi “monumenti natu-

Luigi Vezzalini, Coordinatore Città del Castagno

La lotta al parassita Cinipide

rali” e per diffondere l’interesse per il castagno presso le scuole. Una su tutte la partecipazione attiva al conferimento del titolo UNESCO “Monumento Messaggero di Pace”. Originario dell’area mediterranea, il castagno è un maestoso albero della famiglia delle Fagacee che vive a medie altitudini dove forma boschi puri o misti. Il suo frutto nutriente, il legno lavorabile e la bellezza del portamento ne fanno un componente essenziale del nostro paesaggio. Diffuso in tutto il territorio, tra i 200 e i 300 m e oltre gli 800 fino ai 900 m, è stato a lungo al centro di un’ ormai superata economia rurale.

energeo

39


ResTipica & DINTORNI

L’ITALICO ALBERO DEL PANE Quello che il poeta Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane” veniva coltivato con attenzione, potato, curato se si ammalava, perché il suo frutto, la castagna, detta il pane di montagna, era alla base dell’alimentazione di gran parte della popolazione contadina del nostro paese. La castagna secca, un alimento nutriente quasi quanto il frumento, contiene il 59% di amido, il 4,7% di proteine , il 3% di grassi, vitamina PP ed elementi minerali tra cui calcio, ferro e potassio. Piccole o grosse, più o meno dolci, chiare, arrostite o bollite, trasformate in zuppe o in ripieno per dolci, le castagne sono strettamente legate alla storia ed alla vita quotidiana, meglio ancora alla cultura contadina. Da una parte come alimento base estremamente nutriente, dall’altra come fornitore di verghe per legare le viti ai pergolati, ed ancora di legno per le botti e per i vigneti. Perfino i ricci ed il fogliame venivano utilizzati, i primi come combustibile e lettiera per i frutti raccolti, il secondo come concime. Il frutto occupa un posto di primo piano nelle feste tradizionali, come l’anno nuovo, Natale o i matrimoni. Oggi la sfida è la riscoperta del castagno con i suoi valori paesaggistici e la sua multifunzionalità per valorizzare la montagna italiana. “Il castagneto in Italia ha tradizioni antichissime - commenta il presidente dell’associazione Ivo Poli - ma ancora oggi può rappresentare una grande opportunità di sviluppo per molte aree collinari e montane, benché la maggior parte dei castagneti siano stati abbandonati o siano sottoutilizzati”. Il suo grande valore deriva non solo dalle potenzialità produttive (frutti, legno, biomassa) ma anche dalle funzioni che svolge per la protezione idrogeologica del territorio, per la biodiversità e per la bellezza dei “paesaggi del castagno”. Pierpaolo Bo

40

energeo


IL TUO 5 PER MILLE PER AIUTARLI A CRESCERE

La Scuola dell’Infanzia San Mamante si trova a Medicina (BO) e accoglie i bambini dai 3 ai 6 anni nelle sue tre strutture. Concorre ad educare il bambino nello sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale e religioso, sociale. Ne accompagna con attenzione la crescita promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività ed apprendimento. Indica sul tuo 730/2014 o sul tuo Modello Unico 2014, nella parte riservata alla “Scelta per la destinazione del cinque per mille dell’IRPEF”, sotto la casella “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, …….”, il codice fiscale della Cooperativa 00308140375 ed apponi la tua firma. Consegna questo volantino al tuo commercialista o all’impiegato del CAF che ti assiste nella predisposizione della dichiarazione dei redditi, ti dirà lui cosa fare. Contribuirai, senza spendere nulla, a sostenere l’attività delle scuole dell’infanzia San Mamante e SS. Angeli Custodi. Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito finora, invitandoli a continuare anche per il 2014.

SOSTIENICI ANCHE QUEST’ANNO CON IL TUO 5 PER MILLE

Si può inoltre contribuire con la donazione diretta, effettuabile a mezzo bonifico bancario sul conto corrente della Banca di Credito Cooperativo Ravennate & Imolese - filiale di Medicina - codice IBAN IT84O0854236900057000140578, tenendo presente che i contributi alle ONLUS, come la Cooperativa Sociale Lavoratori Cristiani, sono deducibili per le persone fisiche (IRPEF) fino al 10 per cento e per le persone giuridiche (IRES) fino al 2 per cento del reddito dichiarato IL PRESIDENTE Fabrizio Testi

energeo


PROPRIETÀ COLLETTIVE

IL PATRIMONIO DELLE COMUNALIE NON PUÒ ESSERE IN ALCUN MODO DISPERSO, MA PUÒ SOLO INCREMENTARE E MIGLIORARE. QUESTE PICCOLISSIME COMUNITÀ MONTANARE SI SONO SVILUPPATE PROMUOVENDO L’USO PLURIMO DEI BENI COLLETTIVI, NONCHÉ LA LORO TUTELA E VALORIZZAZIONE LA COMUNALIA È LA FORMA DI PROPRIETÀ COLLETTIVA PIÙ DIFFUSA E IMPORTANTE DEL PARMENSE. LO SCOPO PRINCIPALE DI QUESTA ISTITUZIONE È QUELLO DI PRESERVARE E MIGLIORARE IL PATRIMONIO COLLETTIVO PER LE GENERAZIONI FUTURE; I BENI PRINCIPALI SONO COSTITUITI DA BOSCHI DI FAGGIO NELLE PARTI PIÙ ALTE E DA BOSCHI DI CASTAGNO E CERRO IN QUELLE PIÙ A VALLE. LA GESTIONE SOSTENIBILE DEL BOSCO RAPPRESENTA UN VALORE AGGIUNTO PER L’ECONOMIA LOCALE ED UN IMPORTANTE CONTRIBUTO ALLA MITIGAZIONE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

D

a spazio consumato nel tempo a luoghi ritrovati come all’origine. Il viaggio di Energeo alla ricerca delle proprietà collettive arriva nelle valli dell’Enza, del Taro e del Ceno in provincia di Parma, sulle pendici degli Appennini, dove da epoche remote l’organizzazione del territorio esprime con successo, ieri come oggi, il paradigma della sostenibilità ambientale. Questi common si arrampicano fino al crinale tosco-emiliano che segna il confine con le province limitrofe di Piacenza, Genova e Massa Carrara. È il territorio delle Comunalie parmensi, una trentina di proprietà collettive che si estende per oltre 9.000 ettari. La Comunalia è la forma di proprietà collettiva più diffusa e importante del parmense. Lo scopo principale di questa istituzione è quello di preservare e migliorare il patrimonio collettivo per le generazioni future; i beni principali sono costituiti da boschi di faggio nelle parti più alte e da boschi di castagno e cerro in quelle più a valle.

UNA STORIA LUNGA MILLENNI L’origine delle Comunalie risale all’epoca preromana, allorquando la popolazione dei Liguri si stanziò in Alta Val Taro; era infatti usanza (o forse necessità) del popolo seminomade godere in comune delle terre che venivano quindi fruite e sfruttate per poi essere abbandonate. Con non poca difficoltà, nel 157 a.C. i Liguri vennero sconfitti dai Romani che, nonostante fossero fautori della proprietà individuale, mantennero l’utilizzo in comune delle terre più distanti dai villaggi, ovvero quelle situate sulla cresta appenninica. L’istituzione venne consolidata anche durante il dominio dei Longobardi: giunta in Italia nel VI secolo, la popolazione tedesca fu una fervida as-

42

energeo

IL LEGNO DELLE COMUNALIE PARMENSI SCALDA LO SPIRITO DELLA SOLIDARIETA’ Una fustaia di faggio secolare evidenzia il legame tra la gestione forestale sostenibile e il territorio

sertrice del suolo come proprietà della tribù; agli individui spettava solo il godimento della terra ma non il possesso. Le Comunalie attraversano indenni tutto il Medioevo, sopravvivono all’Impero di Federico II, a Napoleone, all’Unità d’Italia, alle due Guerre mondiali, al Fascismo, all’Industrializzazione. Verso la metà del Novecento le Comunalie si costituiscono in Consorzio (www.comunalie. com): da questo momento i common del parmense trovano stabilità e sviluppo. Per questa attività l’Ente ha ottenuto nel 2012 la nomination per il conferimento della Medaglia Spadolini. Il patrimonio delle Comunalie non può essere in alcun modo disperso o corroso, ma può solo incrementare e migliorare. Nell’atavico principio di questa istituzione valtarese si ritrova lo spirito autentico dello sviluppo sostenibile che in questi ultimi anni è stato così ampiamente dibattuto a livello globale. Queste piccolissime comunità montanare si sono sviluppate senza mai dimenticare che la proprietà di cui godono non appartiene a loro, ma anche alle generazioni future. “Da più di mezzo

secolo il Consorzio Comunalie Parmensi - spiega il presidente del Consorzio Pier Luigi Ferrari - realizza progetti proprio in funzione di questo nobile principio: opere di miglioramento boschivo, viabilità, acquedottistica, sentieristica, impianti di energia rinnovabile. La Comunalia svolge anche una funzione fondamentale: si prende carico di chi non riesce a soddisfare i propri bisogni primari, cioè quelle necessità indispensabili per la sopravvivenza dell’individuo. A questo proposito, si può affermare che storicamente la Comunalia ha spesso sopperito alle mancanze dell’istituzione pubblica, garantendo ai propri utenti acqua, cibo e abitazioni, istruzione, riscaldamento ed energia elettrica”. Oggi come in passato il più importante bene primario che alcune Comunalie garantiscono ai propri utenti è la fornitura gratuita di acqua potabile. All’inizio del Novecento vengono costruiti i primi acquedotti, tuttora di proprietà della Comunalia che si occupa delle riparazioni e della manutenzione. In un’epoca come la nostra in cui l’acqua ha acquisito lo status di “necessità”, fornirla gratuitamente è una decisa affermazione della sensibilità sociale delle Comunalie.


Da qualche anno il Consorzio ha cominciato ad elaborare progetti relativi alle energie rinnovabili; i motivi di questa scelta sono svariati: quello principale è certamente la sintonia con lo spirito che anima le Comunalie, ovvero preservare il patrimonio per le generazioni future; un’altra ragione è quella di essere un modello per lo sviluppo sostenibile e dell’intera zona. Sensibile a tutte le forme di energie rinnovabili, il Consorzio ha in dotazione alcune piccole centraline idroelettriche e impianti fotovoltaici su tetti in aree agricole. Da qualche anno la corretta gestione dei boschi ha come imprescindibile conseguenza, oltre al miglioramento della produzione fungina, anche la valorizzazione della legna da ardere e, in generale, delle energie a biomassa; infatti il Consorzio Comunalie Parmensi è capofila di un progetto di vallata denominato “Filiera Legno-Energia”, grazie al quale viene conferito il legname presso la piattaforma logistica di Borgo Val di Taro, trasformato in cippato e destinato al riscaldamento dell’Ospedale del capoluogo e di altre piccole caldaie alimentate con questo combustibile.

PROPRIETÀ COLLETTIVE

ENERGIE RINNOVABILI

L’USO PLURIMO DEI BENI COLLETTIVI Molte Comunalie sono proprietarie di edifici che hanno spesso ospitato utenti indigenti. Oltre alla casa e all’acqua, la Comunalia ha provveduto anche a donare denaro ai più bisognosi e a fornire cibo. Questa nobile funzione è stata particolarmente importante nei secoli passati, allorquando la debole economia di sussistenza della Valtaro metteva a serio rischio la sopravvivenza dei montanari: molti utenti hanno potuto vivere grazie alla raccolta di castagne, frutti del sottobosco, funghi. Un particolare metodo di sostentamento garantito agli utenti è l’uso civico di legnatico: può usufruire gratuitamente della quantità necessaria di legna ogni utente che sia in possesso di un “fuoco”, ovvero che abbia il riscaldamento alimentato dalla legna. L’utente deve bruciare il legname di uso civico in casa e non può per alcuna ragione commercializzarlo. Infine l’istruzione, che non si può certo considerare un bene secondario. Nel secolo scorso risultava spesso sconveniente dal punto di vista economico mantenere una scuola in un’area rurale montana e si cercava di convogliare i discenti a valle, dove giungevano dopo ore e ore di cammino. Le Comunalie hanno costruito o acquistato edifici che sono stati adibiti a scuola, spesso andando a compensare perfino la mancanza di denaro pubblico per il salario degli insegnanti. Questo dimostra l’attenzione che da sempre le Comunalie rivolgono alle generazioni future, a coloro che gestiranno un giorno la proprietà collettiva, il bene che deve sopravvivere agli individui. In generale, in passato come nel presente, la Comunalia è il perno della vita sociale ed economica della frazione su cui insiste, l’istituzione che assicura i beni primari a tutti i frazionisti: infatti da un lato garantisce che gli utenti godano degli usi civici, dall’altro realizza importanti opere per la collettività (acquedotti, elettrodotti, scuole, beneficenza, viabilità). La raccolta della legna valorizza il bosco e il sottobosco

Pier Luigi Ferrari, presidente del Consorzio Comunalie Parmensi

energeo

43


PROPRIETÀ COLLETTIVE

FUNGO DI BORGOTARO IGP, IL GUSTO DEL TERRITORIO Quando il bosco è una risorsa non è facile gestirlo correttamente. La gestione sostenibile delle foreste, da decenni adottata dalle Comunalie e dal loro Consorzio, prevede tagli mirati con forme e con un tasso di utilizzo che consentano di mantenerne la biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e potenzialità di adempiere, ora e nel futuro, a rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale, senza comportare danni ad altri ecosistemi. L’adozione di questo modello gestionale, che valorizza il bosco in ogni suo aspetto (dalla legna ai prodotti del sottobosco, dal turismo alla funzione ecologica) ha consentito al Consorzio delle Comunalie Parmensi di ottenere nel 2012 la nomination per il conferimento della Medaglia Spadolini. Tutto questo sta alla base di un’attenta azione di marketing territoriale: un primo passo per creare nicchie molteplici, connesse alla valorizzazione di elementi culturali ed ambientali delle Comunalie. In altre parole, dopo aver messo in moto un circuito virtuoso, sfumando i confini fra turismo e tempo libero per forme di svago che rispondono al dettato della sostenibilità, sul territorio si assiste oggi a forme alternative di fare turismo, più vicine alle istanze espresse dalla sostenibilità ambientale. Il turista, in pratica, deve avere la consapevolezza di sé e del viaggio, dimostrandosi sensibile alle offerte del territorio. Nel 1964 il Consorzio Comunalie Parmensi ebbe un’intuizione storica: per la prima volta in Italia venne istituita una riserva per la raccolta dei funghi, al fine di regolamentare gli accessi e salvaguardarne la produzione. Da quel momento i boschi delle proprietà collettive

44

energeo

Percorsi didattici e naturalistici per i più giovani

vengono delimitati con delle tabelle e per andare alla ricerca di miceti si deve pagare un tesserino. Gli introiti della vendita dei tesserini per la ricerca dei funghi vengono reinvestiti nel miglioramento dei beni di proprietà o nel campo del sociale; parte di questi fondi viene destinato alla pulizia dei boschi, con lo scopo di aumentare la produzione dei funghi e di ricavare legna da biomassa per alimentare la centrale termica dell’Ospedale di Borgo Val di Taro. La produzione fungina e la legna da ardere sono i due prodotti principali del patrimonio delle Comunalie; ma se un tempo il commercio della legna rappresentava la voce più importante nell’economia locale, ora l’indotto derivato dalla raccolta dei porcini ha assunto priorità assoluta,

coinvolgendo numerosi settori in tutto il territorio; per questo il patrimonio forestale viene gestito proprio per migliorare la produzione dei porcini, con tagli che favoriscano il microclima ideale per la fruttificazione del micete. Fin dall’Ottocento il porcino di Borgotaro è noto per le caratteristiche organolettiche, soprattutto per il gusto, il profumo e la consistenza che l’hanno reso celebre anche oltreoceano. Forte di questa notorietà, negli anni ottanta il Consorzio ha iniziato il difficoltoso iter burocratico per il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta, arrivato poi negli anni novanta. Inchiesta a cura di Francesca Corsi Bianchinotti


PROPRIETÀ COLLETTIVE

IL FUNGO E LA CURA DEI BOSCHI

Il marchio “Fungo di Borgotaro” è strettamente connesso al territorio valtarese; col riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta e con la conseguente promozione realizzata dal Consorzio per la Tutela dell’IGP “Fungo di Borgotaro” il porcino è diventato la principale attrazione turistica dell’intera vallata, il fulcro dell’economia di questo settore: ogni anno arrivano in Valle oltre cinquantamila turisti. Il canale maggiormente utilizzato per la promozione è il sito internet (www.fungodiborgotaro.com) al quale sono registrati migliaia di utenti che ricevono periodicamente notizie su eventi locali e sulla crescita dei funghi nella vallata: infatti un’email avverte tempestivamente i cercatori di funghi non appena la situazione della nascita dei miceti cambia! L’IGP Fungo di Borgotaro ha avuto il merito non solo di valorizzare il prodotto, ma anche di essere un volano turistico importantissimo per l’intera vallata, dove strutture ricettive, ristoranti, e qualsiasi altra attività (dai forni ai benzinai, dalle agenzie immobiliari ai produttori di essiccatori ecc.) traggono enorme vantaggio da questo prodotto e dalla cura dei boschi dai quali nasce. Il Fungo di Borgotaro è l’unico micete ad aver ottenuto un marchio di qualità (IGP)

LE TESTIMONIANZE IN ETÀ ROMANA

Ci sono due suggestivi documenti di epoca romana che testimoniano la presenza delle Comunalie, supportando la tesi storica secondo la quale queste videro la luce presso i Liguri: la Tavola di Polcevera e la Tabula alimentaria traianea. Rinvenuta nei pressi di Genova agli inizi del XVI secolo, la cosiddetta Tavola di Polcevera, meglio nota come “Sententia Minuciorum”, è un’iscrizione bronzea che tramanda una sentenza del Senato romano del 117 a.C. in cui si attesta che gli autoctoni liguri hanno diritto ad alcuni “usi civici”, tra i quali il pascolatico e il legnatico. Il secondo documento è la Tabula alimentaria traianea, anch’essa un’inscrizione bronzea del 112 d.C. rinvenuta nel XVIII secolo a Veleia (nel piacentino); riporta un censimento di poderi e per svariate volte nell’elenco dei fondi si legge che talune proprietà confinano con “Comuniones”: questa potrebbe essere una delle prime attestazioni documentate dell’istituzione collettiva parmense poiché il termine sembra rinviare a terreni goduti, appunto, “in comune”.

Emergenze archeologiche in Val di Taro

FUNGHI IN CUCINA Il fungo fritto è il modo migliore per consumare il fungo maturo, quello grosso e aperto, ma comunque sano, nel quale i tubuli non sono più bianchi ma sono diventati giallognoli o verdi. Esistono numerose varianti per la panatura, a seconda delle tradizioni della zona; c’è chi usa farina gialla o bianca (meglio la semola di grano duro), chi fa la pastella, chi usa l’uovo e il pan grattato. Questa che vi proponiamo è forse la ricetta classica, sicuramente la più semplice, ma che vi può mettere a dura prova perché la cottura deve rendere il fungo croccante ma non imbrunito e non unto. Tagliati i funghi a fette di circa un centimetro di spessore, si salano e si lasciano riposare su un piatto per dieci minuti circa; quindi si infarinano con farina di mais e si friggono in olio di oliva. Una volta cotte le fette vanno adagiate su carta assorbente e servite ben calde. Una variante molto nota prevede di passare le fette nell’uovo sbattuto e nel pan grattato; il fungo assume una consistenza maggiore, ma naturalmente il sapore cambia leggermente.

Un piatto di funghi fritti

energeo

45


CAPITALI DELLA CULTURA 2019

LA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO HA ANNUNCIATO UN GEMELLAGGIO SOCIO-CULTURALE CON LA BASILICATA E LA CITTÀ DI MATERA. LE DUE COMUNITÀ, CHE SONO ENTRAMBE LEGATE ALLA FIGURA DI ALCIDE DE GASPERI E CONDIVIDONO LE MEDESIME RADICI CONTADINE, POTRANNO COSÌ CELEBRARE, INSIEME, IL 14 AGOSTO DI QUEST’ANNO, IL SESSANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL GRANDE STATISTA, IL QUALE MOSTRÒ PARTICOLARE ATTENZIONE E APERTURA VERSO LE GENTI E LE POPOLAZIONI DEL MEZZOGIORNO D’ITALIA CON UNO SPIRITO DI SOLIDARIETÀ OGGI PIÙ CHE MAI ATTUALE NELLA POPOLAZIONE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

PROGRAMMA ITALIA 2019, NON UNA MA VENTUNO CAPITALI DELLA CULTURA Manifestazione in piazza di folla festante

LA CITTÀ DI MATERA, PRIMA DI OTTENERE L’INGRESSO NELLA SHORT-LIST, COME CANDIDATA A CAPITALE DELLA CULTURA 2019, HA PROPOSTO IL PROGETTO DI VALUTARE LA POSSIBILITÀ DI ALLARGARE LA PARTECIPAZIONE DELLE CITTÀ CANDIDATE A CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA. LO SCOPO ERA DI EVITARE UNA “COMPETIZIONE” FRATRICIDA TRA LE CITTÀ INCLUSE NELLA LISTA DI PRE-SELEZIONE, LE QUALI ERANO STATE INVITATE A PRESENTARE UNA DOMANDA DI CANDIDATURA MAGGIORMENTE ELABORATA E DETTAGLIATA PER LA PROCEDURA DI SELEZIONE VERA E PROPRIA. L’INIZIATIVA, CHE SUCCESSIVAMENTE È STATA RIPRESA DA CIDAC- ASSOCIAZIONE DELLE CITTÀ D’ARTE E CULTURA, È ANDATA IN PORTO CON IL SOSTEGNO DI UN NUTRITO GRUPPO DI PARLAMENTARI, AL FINE DI COSTITUIRE UNA RETE DI CITTÀ RINNOVATE, CAPACI DI RAPPRESENTARE IN AMBITO INTERNAZIONALE IL RUOLO DELL’ITALIA NEL VENTAGLIO DELLA CULTURA EUROPEA

P

rima che la Città dei Sassi scendesse in piazza, il 15 novembre scorso, per festeggiare l’ingresso nella short-list come candidata a Capitale della Cultura 2019, il sindaco di Matera Salvatore Adduce aveva chiesto al ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, di valutare la possibilità di allargare la partecipazione delle città candidate a Capitale europea della cultura. Lo scopo era di evitare una “competizione” fratricida tra le città incluse nella lista di pre-selezione, le quali erano state invitate a presentare una domanda di candidatura maggiormente elaborata e dettagliata per la procedura di selezione vera e propria. La “Città dei Sassi”, la cui candidatura, contenuta in un dossier di circa 100 pagine, è apparsa estremamente interessante, aveva proposto di non escludere a priori la partecipazione di tutte le Città che si erano pre-candidate, adoperandosi nell’allestire un ciclo di lavoro, preparare dossier, sviluppare progetti, evitando in questo modo una forzata divisione tra città la cui situazione è risultata più incerta e città la cui preparazione è stata ritenuta, dalla giuria di selezione, invece più solida e in stato avanzato. L’Unione Europea e il mondo intero, si troverebbero così di fronte al messaggio condiviso da una “simbolica catena di luoghi” per il rilancio della cultura in Italia.

L’OBIETTIVO È FARE SQUADRA L’intuizione del sindaco di Matera troverà un concreto appoggio in un’iniziativa perfettamente in linea con questi obiettivi, avviata proprio nei giorni scorsi: l’approvazione all’unanimità dal Consiglio provinciale della Provincia Autonoma di Trento di una mozione nella quale si annuncia un gemellaggio socio-culturale con la Basilicata e la Città di Matera. Le due comunità, che sono entrambe legate alla figura di Alcide De Gasperi e condividono le medesime radici contadine, potranno così celebrare, insieme, il 14 agosto di quest’anno, il sessantesimo anniversario della morte del grande statista, il quale mostrò particolare attenzione e apertura verso le genti e le popolazioni del mezzogiorno d’Italia con uno spirito di solidarietà oggi più che mai attuale nella popolazione trentina. Tra i grandi meriti nazionali di Alcide De Gasperi, oltre la visione europea, c’è senz’altro la sua politica di grande solidarietà tra le regioni italiane e gli sforzi per la ricostruzione del Meridione. In particolare si vuole ricordare l’impegno che De Gasperi ebbe in Basilicata ed in 46

energeo

particolare a Matera. Lo statista trentino, dopo la visita alla Città dei Sassi del 23 luglio 1950, pose fine a quello che ormai era da tempo definito uno scandalo nazionale. Gli abitanti allora vivevano nei Sassi che erano grotte scavate nel tufo, in maniera malsana, spesso con i loro stessi animali. Ricorda la figlia Romana di aver visto suo padre piangere alla vista delle difficilissime condizioni di vita degli abitanti. Con la legge 619/1952, elaborata insieme al lucano Emilio Colombo, lo statista fece costruire una nuova Matera, adiacente ai Sassi, in cui vennero trasferiti gli abitanti che vivevano nelle condizioni più disagiate, circa 20 mila persone. Questa nuova Matera fu una delle prime città italiane a dotarsi di un piano regolatore. Il centro storico, ormai disabitato, venne espropriato dallo Stato e fu così salvato. Un monumento, fatto erigere dalla Città di Matera, ricorda il politico trentino. L’inaugurazione fu una festa di popolo, come ricordano le cronache dell’epoca, a testimonianza del legame dei materani verso De Gasperi. Questa nuova iniziativa, che rientra tra i progetti di sussidiarietà del Trentino, è stata accolta con immensa gioia nella città materana. Il sindaco Salvatore Adduce

ha già fatto capire che il gemellaggio socio-culturale tra il Trentino e la Basilicata potrebbe fare da volano al progetto di collaborazione tra tutte le città candidate a Capitale Europea della Cultura. La fervida progettualità che è stata espressa da tutte le escluse è un patrimonio che non deve essere sprecato. Il gemellaggio socio-culturale potrebbe rappresentare una tappa di una possibile road map per ribadire ciò che è emerso lo scorso gennaio al Senato, dove un gruppo di parlamentari si è fatto promotore del progetto “Programma Italia 2019”, che segue, praticamente, la stessa linea segnata dall’originale proposta del sindaco di Matera. Tali centri cittadini, a prescindere dal singolo sito che risulterà prescelto, intendono, infatti, costituire una rete di città rinnovate, capaci di rappresentare in ambito internazionale il ruolo dell’Italia nel ventaglio della cultura europea.


Una road map accompagnerà le celebrazioni del 40° Anniversario di fondazione del Mibac Altre tappe della road map seguiranno nell’ambito delle celebrazioni del 40° Anniversario di fondazione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, creato da Giovanni Spadolini, visto che la Fondazione che porta il nome dello statista fiorentino ha dato il pieno sostegno a Matera 2019. La motivazione sta nel fatto che il 30 dicembre 1981, Giovanni Spadolini, presidente del consiglio dei Ministri, è a Matera, per ufficializzare con la sua presenza l’inizio dei lavori di recupero e restauro “dei rioni e sassi”, come recita la lapide collocata a futura memoria e riportata in queste pagine. Partecipazione, più che presenza: era stato proprio Spadolini, recatosi alcuni anni prima come Ministro dei beni culturali nella cittadina lucana, colpito dalle bellezze del patrimonio di un’ identità locale davvero unica, e nel contempo da uno stato di abbandono e di macerie, a spronare le autorità locali a mettere insieme tutte le energie possibili, pubbliche e private, per recuperare quello straordinario“patrimonio dell’Umanità”, come avrebbe riconosciuto l’UNESCO nel 1993, inserendo quei luoghi nell’ambita lista. Il Ministro stanziò un contributo iniziale, modesto, ma punto di partenza per chiamare a raccolta risorse ed energie, convinto che solo con la collaborazione e l’impegno di tutti, si possano vincere le grandi sfide, far diventare realtà le utopie. L’impresa è riuscita. Oggi Matera, modello al centro dell’attenzione dell’UNESCO, aspira legittimamente ad essere Capitale europea della cultura nel 2019 e far da traino alle altre città candidate nel progetto di “Programma Italia 2019”.

Due fuoriclasse in cabina di regia La cabina di regia è affidata a due autentici fuoriclasse, esperti internazionali, testimoni del mutato clima culturale che rafforza la rinascita della città e del territorio lucano ora che Matera con la candidatura a Capitale Europea della Cultura, pone nuove, importanti sfide a dimensione europea, sotto il segno di De Gasperi e Spadolini, lungimiranti politici di statura internazionale. Sono Paolo Verri, direttore di Matera 2019, nonché responsabile dei contenuti espositivi e del palinsesto eventi del Padiglione Italia all’Expo 2015 di Milano e Pietro Laureano, membro del Comitato Scientifico, consulente UNESCO per gli ecosistemi in pericolo, il quale grazie alla sua competenza tenace e all’impegno civile, negli anni novanta, consentì ai Sassi tornati a nuova vita, l’iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO (1993), restituendo ad essi lo stesso rango di altre meraviglie delle zone aride, come Petra o Sana’a.

La Città dei Sassi ha ispirato il progetto per il rilancio della cultura “Per quanto ci riguarda - conferma il sindaco Adduce, presidente del Comitato Matera 2019 - la candidatura ha messo in moto un processo inarrestabile: a Matera si respira uno straordinario clima di mobilitazione sociale a dimostrazione che con la cultura è possibile cambiare molte cose”. Energeo ha puntualmente registrato, in esclusiva, lo scorso ottobre, questa proposta innovativa del sindaco di Matera, subito volata di “bocca in bocca”, quasi fosse un messaggio collettivo. L’obiettivo è il rilancio della cultura in Italia, promossa da una delle città più antiche del mondo, che affonda le sue origini nella preistoria. All’epoca il Mibac, non aveva ancora presentato le ventuno pretendenti all’ECoC (European Capital of Culture): Aosta, Bergamo, Cagliari, Caserta, Città diffusa Vallo di Diano e Cilento con la Regione Campania e il Mezzogiorno d’Italia, Erice, Grosseto e la Maremma, L’Aquila, Lecce, Mantova, Matera, Palermo, Perugia con i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria, Pisa, Ravenna, Reggio di Calabria, Siena, Siracusa ed il Sud Est, Taranto, Urbino, Venezia con il Nordest, piccole e grandi città che hanno raccolto in voluminosi dossier, la documentazione presentata entro la data di scadenza fissata al 20 settembre 2013 e che ora con il progetto “Programma Italia 2019”, si ritrovano, per cosi dire, come in un campionato di calcio, ripescate. Così avremo con il “ Programma Italia 2019”, non una ma venti capitali. L’obiettivo è “fare squadra” intorno alla Capitale italiana che verrà scelta per il 2019 tra le sei della short list finale (Cagliari, Lecce, Matera, Perugia-Assisi, Ravenna e Siena), così da non disperdere lo sforzo profuso da tutte le candidate nei progetti di ammodernamento del sistema culturale, turistico e infrastrutturale presentati nei dossier e “trasformare davvero la cultura nel volano del futuro dell’Italia”, sostenendo e valorizzando “il patrimonio che il nostro paese è in grado di offrire“.

Il Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini a Matera

energeo

47

CAPITALI DELLA CULTURA 2019

Alcide De Gasperi consegna le chiavi delle prime case costruite in contrada La Martella


CAPITALI DELLA CULTURA 2019

Bottiglie di spumante stappate per festeggiare l’attesa nomination

Il ruolo dell’Associazione delle città d’arte e cultura La cronaca recente, infatti ricorda che, il 28 gennaio 2014, a Palazzo Madama, nell’ordine del giorno della 176° Seduta Pubblica del Senato della Repubblica, veniva ufficializzata da un gruppo di parlamentari la richiesta al Governo di individuare le misure a sostegno del Programma Italia 2019. Il documento è contenuto in due mozioni, di cui è prima firmataria Linda Lanzillotta, vice presidente del Senato, che ha visto un sostegno trasversale delle forze politiche: erano presenti la vice presidente della Camera Marina Sereni e i rappresentanti del Cidac-Associazione delle città d’arte e cultura, che ha assunto il compito di promuovere l’avveniristico progetto che intende valorizzare le idee e i programmi delle città candidate a Capitale Europea della Cultura già elaborati e che oggi, utilizzando con una intelligente regia i fondi europei, potrà costituire un volano per il rilancio di molte città e aree urbane.“Sulla cultura e sul turismo il Governo, fino ad oggi, non ha mostrato di avere una strategia chiara”- ha affermato Linda Lanzillotta, vice Presidente del Senato. “Il Programma Italia 2019 nasce dalla convinzione che la valorizzazione della cultura possa essere una leva per l’intera economia italiana. Questo settore, che vale quasi 80 miliardi, circa il 5,8% del Pil (Fonte: rapporto 2013 “Io sono cultura - l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”), ha bisogno del sostegno convinto da parte del Governo”.

Pietro Laureano

48

energeo

Un’iniziativa che è riuscita a coinvolgere migliaia di cittadini

Una rete di città rinnovate nel ventaglio di una cultura europea

In effetti, tutte le città candidate hanno già avviato importanti sforzi di ammodernamento e miglioramento del proprio tessuto urbanistico e infrastrutturale e le stesse hanno visto lavorare in sinergia le risorse migliori del proprio territorio e sono riuscite a coinvolgere migliaia di cittadini su tutto il territorio nazionale. Quindi, “con questo progetto ‘Italia 2019’, - conclude Lanzillotta - il governo ha la grande occasione di valorizzare pienamente la capacità, la bellezza e le spesso inespresse potenzialità del nostro Paese”. Nel 2019 l’Italia avrà di nuovo l’occasione di essere il Paese selezionato per esprimere la capitale europea della cultura. Pertanto, dopo Firenze (1986), Bologna ( 2000) e Genova ( 2004), un’altra città potrà testimoniare a livello internazionale quella cultura urbana di cui il nostro Paese ha rappresentato la culla. “Questo evento - sostiene la parlamentare - si colloca in linea di ideale continuità rispetto a Expo 2015, insieme al quale può tradursi in una straordinaria opportunità per il rilancio dell’economia e dello sviluppo dell’intero Paese”. Per questa via, il “Programma Italia 2019” potrà effettivamente decollare consentendo di realizzare nel Paese un sistema di crescita economica e civile che faccia perno su infrastrutture materiali e immateriali in grado di favorire la rinascita delle città medie italiane, lo sviluppo della produzione culturale e la valorizzazione delle industrie culturali, dando una dimensione innovativa anche alla conservazione del patrimonio culturale e risultando determinante ai fini del miglioramento del benessere dei cittadini e dello sviluppo del turismo di qualità. “In tale contesto,- dicono i promotori del progetto- la città che sarà scelta come capitale europea della cultura 2019 potrà porsi come “capofila” di una rete di città rinnovate, capaci di rappresentare in ambito internazionale il ruolo centrale dell’intero Paese nel contesto della cultura europea”. Rimane la possibilità per l’Italia, che si trova spesso a rinunciare all’uso di risorse europee, anche per mancanza o debolezza di capacità progettuali, di disporre di una banca-progetti, a un livello di definizione economico-finanziaria piuttosto avanzato. Una rilevante opportunità in vista dell’attività programmatoria dei prossimi anni.

L’ iniziativa delle capitali della cultura ha come obiettivo quello di valorizzare la ricchezza della diversità culturale e i tratti comuni, migliorare la conoscenza dei cittadini e favorire la presa di coscienza di appartenere alla stessa comunità europea. La celebrazione, ogni anno, della Capitale Europea della Cultura rappresenta un contributo significativo alla costruzione di uno spirito europeo. “Capitale europea della cultura“ è un progetto dell’Unione europea ideato nel 1985: la città viene designata capitale europea della cultura, per la durata di un anno, non in base al suo patrimonio storico-artistico o per manifestazioni e/o iniziative anche di pregio già esistenti, ma per il programma di eventi culturali che intende realizzare nel periodo di assegnazione del titolo, durante il quale è chiamata a valorizzare le proprie peculiarità e a offrire dimostrazione della propria creatività. A decorrere dal 2011, sulla base della decisione 1419/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, ogni anno vengono selezionate due città appartenenti ad altrettanti Paesi europei. L’Italia risulta prescelta, insieme con la Bulgaria, per l’anno 2019; il titolo viene assegnato dalla Commissione europea sulla base della valutazione dei progetti presentati. Dimensione Europea, la città e i cittadini sono i criteri che il programma di una città candidata deve soddisfare. Sono state esaminate ventuno candidature, valutate dalla commissione giudicatrice composta da Manfred Gaulhofer – Austria; Steve Green – Regno Unito; Jeremy Isaacs – Regno Unito; Jordi Pardo – Spagna; Elisabeth Vitouch – Austria; Anu Kivilo – Estonia; Norbert Riedl – Austria; Lorenza Bolelli – Italia;Gerardo Casale – Italia; Paolo Dalla Sega – Italia; Emma Giammattei – Italia; Alessandro Hinna – Italia;Francesco Manacorda – Italia. Dalla selezione che ne è seguita, ne sono state prescelte sei (Cagliari, Lecce, Matera, Perugia, Ravenna, Siena). L.L.

Cin cin con il sindaco Salvatore Adduce, in primo piano




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.