TEME 3-4/2024

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STEFANO CASSAMAGNAGHI

IL RICORSO AL MEPA

DOPO L’ENTRATA IN VIGORE

DEL NUOVO CODICE APPALTI

ANDREA CRISMANI

LEASING PUBBLICO:

VANTAGGI DA ESPLORARE

O ILLUSIONI?

ROBERTO BONATTI

LA DETERMINAZIONE DEL CCNL

APPLICABILE ALL’APPALTO:

ALCUNE QUESTIONI OPERATIVE

MICHELE LO SQUADRO

L’AFFIDAMENTO DIRETTO:

PECULIARITÀ E FORMA DI UN

AFFIDAMENTO SENZA GARA

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editoriale

6

3 Digitalizzazione: qualche luce e tante ombre articoli

digitalizzazione

4 Il ricorso al MePA dopo l’entrata in vigore del Nuovo Codice Appalti leasing pubblico

6 Leasing pubblico: vantaggi da esplorare o illusioni? normazione

14 La determinazione del CCNL applicabile all’appalto: alcune questioni operative project manager

18 Il nuovo RUP del Codice dei Contratti Pubblici: applicazione del Project Management alla progettazione delle acquisizioni nelle Aziende Sanitarie l’affidamento diretto

22 L’affidamento diretto: peculiarità e forma di un affidamento senza gara responsabile unico di progetto (RUP)

25 La validazione nel nuovo Codice dei contratti pubblici, tra conferme ed innovazioni normazione

29 L’affidamento diretto nell’era del PNRR appalti pubblici

35 I Requisiti di Ordine Speciale negli Appalti Pubblici alla luce del Nuovo Codice dei Contratti (d. lgs. n. 36/2023) IX Corso di formazione FARE

37 IX Corso di Alta Formazione 2022/23 per Funzionari e Dirigenti in Sanità gli esperti rispondono

Roberto D’Astola Perroni, imprenditore romano nel campo dell’informatica da più di 20 anni presso Net Key, società di servizi IT, con la passione per la fotografia e le riprese aree fatte da droni, ci accompagnerà nel nostro percorso con paesaggi meravigliosi dell'Oman 25

48 focus

del caso Medtronic

Tecnica e metodologia economale

Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità.

ISSN 1723-9338

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sommario
41 Sulla preminenza delle convenzioni delle Centrali regionali rispetto a Consip aziende informano 42 Nutrire è cura 44 Esperienze in Italia di accordi outcome based su dispositivi medici. Analisi
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Il ricorso al MePA dopo l’entrata in vigore del Nuovo Codice Appalti

La transizione digitale dell’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione costituisce uno dei pilastri del D.Lgs. n. 36/2023, a cui è dedicata la parte

II del Libro I del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici. L’intero ciclo di vita dei contratti pubblici (programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione) deve svolgersi interamente in modo digitale ossia all’interno di un “ecosistema” digitale costituito da piattaforme di e-procurement capaci di dialogare, principalmente, con la Banca dati nazionale dei Contratti Pubblici (art. 23 D. Lgs. 36/2023) e il Fascicolo Virtuale dell’Operatore economico (art. 24 D. Lgs. 36/2023), da cui attingere le informazioni rilevanti ai fini dell’espletamento di siffatte funzioni, assicurandone la trasparenza. La digitalizzazione diviene un presidio volto ad assicurare il rispetto della legalità ed evitare fenomeni corruttivi, garantendo la trasparenza, la tracciabilità, la partecipazione e il controllo di tutti procedimenti. Il Nuovo Codice è volto, quindi, a realizzare un sistema interamente digitale capace di governare e gestire tutte le cinque fasi dei contratti pubblici (c.d. ciclo di vita) attraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale (art. 25 D. Lgs. 36/2023). Dal 1° gennaio 2024, per svolgere tutte le procedure di affidamento dei contratti pubblici le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono ricorrere alle piattaforme di approvvigionamento digitale, che devono essere conformi alle regole tecniche di cui all’articolo 26 D. Lgs. 36/2023. Alla luce della suddetta normativa si è posta la questione della possibilità di ricorrere al Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA) anche

dopo l’entrata in vigore delle disposizioni relative alla transizione digitale dell’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione. In particolare, ci si è chiesto se il MePA possa essere considerato o meno una sorta di piattaforma di approvvigionamento digitale o se, comunque, il Legislatore ne abbia garantito la “sopravvivenza” anche dopo la riforma sulla digitalizzazione della contrattualistica pubblica. La questione è dibattuta.

Occorre rilevare che l’art. 1, comma 450, L.296/2006 –che ha istituito il MePA - non è stato abrogato per effetto del D. Lgs. n. 36/2023, e che l’art. 48 del D. Lgs. 36/2023 prevede anzi che: “Restano fermi gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della

spesa…”

Come noto, l’art. 1, comma 450, della Legge 296/2006 prevede che taluni soggetti pubblici sono sottoposti all’obbligo di ricorrere al MePA per acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 Euro e al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria. In particolare, l’art. 1, comma 450, cit.  stabilisce che: “… le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, nonché gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici e le agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.”. Il MePA, gestito da Consip per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è un “luogo virtuale” per gli acquisti in rete ove la domanda della Pubblica Amministrazione e l’offerta delle imprese si incontrano. Trattasi, come noto, di uno strumento digitale attraverso il quale le Amministrazioni possono

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digitalizzazione

acquistare beni e servizi offerti da fornitori abilitati: una sorta di e-commerce su misura dell’Amministrazione, che persegue la finalità di garantire il risparmio della spesa pubblica. Orbene, taluni commentatori dubitano della possibilità di ricorre al MePA dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 36/2023 in quanto ritengono che tale strumento non possa essere ricondotto nell’alveo delle piattaforme di approvvigionamento digitale (artt. 25 e 26 D. Lgs. n. 36/2023). Secondo tale orientamento, l’utilizzo delle piattaforme digitali di cui all’art. 25 del D. Lgs. 36/2023 – ormai obbligatorio - sembrerebbe essere “qualcosa di diverso” dai mercati elettronici. In particolare, a differenza del MePA, le Piattaforme di approvvigionamento digitale possono essere utilizzate non solo per lo svolgimento della procedura di gara, ma anche per adempiere agli obblighi di trasparenza e pubblicità legale; il MEPA, inoltre, non risponderebbe alle specifiche tecniche richieste dall’art. 26 D.Lgs. n. 36/2023. Un altro indirizzo afferma, invece, che sebbene il MePA non abbia tutte le caratteristiche e non svolga tutte le funzioni della piattaforma di approvvigionamento digitale prevista dal D. Lgs. n. 36/2023, possa comunque rientrare in tale genus in quanto sarebbe idoneo ad assicurare che l’approvvigionamento avvenga attraverso una piattaforma digitale e nel rispetto delle regole di trasparenza e semplificazione delle procedure, di parità di trattamento, e pertanto sarebbe idoneo a garantire il rispetto delle principali finalità che gli art. 25 e ss D.Lgs. 36/2023 intendono perseguire.

La prima delle due interpretazioni pone a sostegno della propria tesi un recente parere del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, n. 2196 del 27/07/2023, da cui emergerebbe la sussistenza, ai sensi degli art. 25 e ss del D. Lgs. 36/2023, dell’obbligo di ricorrere solo alle piattaforme di approvvigionamento digitale, escludendo invece l’utilizzo del MePA. Il parere fornito dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIMS) non pare, tuttavia, dirimente in quanto né i quesiti posti affrontavano direttamente la tematica in questione, né le risposte fornite dal Ministero sembrano in grado di eliminare i dubbi interpretativi sorti sul punto. Il caso di specie esaminato dal parere n. 2196 del 27/07/2023 cit. atteneva, invero, all’affidamento diretto di un appalto, d’importo inferiore a 5.000 Euro, ad un soggetto non iscritto al MePa o alle piattaforme regionali d’acquisto, per cui l’Amministrazione si chiedeva se fosse necessario ricorrere al MePa, oppure se fosse sufficiente comunicare a mezzo p.e.c. con il fornitore ai fini dell’affidamento dell’appalto stesso. Il parere del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti sembra focalizzato sulla problematica della necessità di ricorrere alle piattaforme digitali anche per affidamenti diretti aventi un importo inferiore ai 5.000 euro, a cui ha chiaramente fornito una risposta positiva, ritendo non sufficiente per l’affidamento dell’appalto in questione il mero scambio di

comunicazioni a mezzo p.e.c., essendo necessario il ricorso alle piattaforme di approvvigionamento digitale. In ogni caso, proprio alla luce del detto parere n. 2196 del 27/07/2023, il MePA “sopravviverebbe” solo per quegli appalti di servizi e forniture che rientrano in una fascia specifica, ossia per gli appalti sotto soglia ma di valore almeno pari o superiore a 5.000 euro, mentre per tutti gli altri appalti, ossia quelli che hanno un valore al di sopra la soglia comunitaria nonché quelli con valore al di sotto dell’importo di 5.000 euro, il ricorso alle piattaforme di approvvigionamento digitale sembra obbligatorio. Sotto altro profilo, occorre rilevare che l’art. 1, comma 450, L.296/2006 – che ha istituito il MePA - non è stato abrogato per effetto del D. Lgs. n. 36/2023, e che l’art. 48 del D. Lgs. 36/2023 prevede anzi che: “Restano fermi gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa…” (tra cui rientra appunto il MePA); inoltre l’art. 62 D. Lgs. 36/2023, in materia di aggregazioni e centralizzazione delle committenze, stabilisce che: “Tutte le stazioni appaltanti, fermi restando gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, possono procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione di forniture e servizi di importo non superiore alle soglie previste per gli affidamenti diretti, e all’affidamento di lavori d’importo pari o inferiore a 500.000 euro, nonché attraverso l’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate e dai soggetti aggregatori”. Si potrebbe allora sostenere che la permanenza dell’obbligo di ricorrere al MePA risulterebbe non solo dalla mancata abrogazione dell’art. 1, comma 450, Legge 296/2006, ma anche in base agli artt. 48 e 68 D.Lgs. 36/2023 che preserverebbero il ricorso al MePa non tanto (o forse non solo) in quanto rientrante nel novero delle Piattaforme di approvvigionamento digitale, ma poiché il MePa è finalizzato a soddisfare la perdurante esigenza dell’Amministrazione di garantire il contenimento della spesa pubblica. Dall’altro lato, si potrebbe obiettare che la permanenza del ricorso al MePa potrebbe indebolire lo sviluppo e l’efficacia dell’ecosistema digitale a cui il D. Lgs. n. 36/2023 ambisce e di cui le piattaforme di approvvigionamento digitale costituiscono elemento indispensabile e imprescindibile, anche per le peculiari funzioni di pubblicità e di trasparenza a cui sono preposte.

In conclusione, appare evidente la necessità di un intervento chiarificatore, capace di dissipare i dubbi interpretativi in merito alla possibile coesistenza tra “vecchie” e nuove procedure di digitalizzazione, individuando una disciplina che possa raccordare disposizioni di legge, tutte vigenti e gerarchicamente equiordinate nel sistema delle fonti, ma attualmente non coordinate.

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digitalizzazione

Leasing pubblico: vantaggi da esplorare o illusioni?

Il leasing è uno strumento finanziario che ha avuto origine negli Stati Uniti negli anni Sessanta del secolo scorso, ma vi sono tracce applicative già nel diritto romano, in particolare, nelle Institutiones di Gaio, con la pratica della traditio gladiatorum1. L’operazione si riferiva all’accordo tra l’allevatore di gladiatori e il lanista in virtù del quale, per ogni gladiatore restituito integro dopo il combattimento, il lanista pagava venti denari, mentre per i gladiatori uccisi o debilitati, cioè resi permanentemente incapaci di avere le forze occorrenti a loro mestiere, i denari da pagare dovevano essere mille per ciascun gladiatore. Attorno a questa intesa si era sviluppato il dibattito se tale tipo di operazione dovesse considerarsi locazione o vendita. Gaio nel propendere per la locazione ritiene quasi che la vendita o la locazione di ciascun gladiatore sia stata fatta sotto condizione, e quindi anticipa una figura mista di contratto. Ai tempi nostri il leasing come tecnica innovativa ideata viene introdotto da imprese bancarie e successivamente anche da piccole e medie imprese associate a gruppi finanziari e industriali, spesso a livello locale. Inizialmente, il leasing era utilizzato principalmente da produttori e commercianti di beni, specialmente di veicoli. Col passare del tempo, sono stati sviluppati diversi schemi di leasing, ognuno dei quali si adatta a specifici settori economici (leasing privato, pubblico, internazionale), tipi di beni finanziati (leasing di beni mobili e immobili, agricoli e

per uso personale), tempi di finanziamento (finanziamento simultaneo e cessione in leasing di beni già di proprietà: sale and lease back), e modalità principali dell’operazione (opzione di acquisto e/o facoltà di proroga della durata del contratto per l’utilizzatore; riscatto del bene; leasing agevolato, convenzionato, addossé, diretto e internazionale, nonché “di ritorno” o lease-back)2. La natura contrattuale del leasing è stata oggetto di un processo di tipizzazione socio-giurisprudenziale nel corso del tempo.

In sintesi, il leasing può rappresentare una soluzione vantaggiosa non solo per finanziare investimenti pubblici in carenza di immediate risorse, ma perché semplifica la gestione, garantendo il controllo dei costi e riducendo i rischi finanziari per l’amministrazione

In generale, la locazione finanziaria o leasing è quel contratto che consente ad un soggetto, pubblico o privato, persona fisica o giuridica, di avere la disponibilità di un bene mobile o immobile in cambio del pagamento di un canone periodico e (generalmente) con la possibilità di riscattarlo una volta che sia scaduto il termine previsto dal contratto3. Le sue ambiguità non sono poche già a cominciare dal termine. La traduzione giuridica dei termini anglosassoni associati alle operazioni di leasing finanziario ha, infatti, suscitato un dibattito nel campo giuridico civile, e le opinioni al riguardo sono state divergenti. Il legislatore italiano non ha fornito indicazioni chiare in merito, optando piuttosto per l’uso sia dell’espressione italiana “locazione finanziaria” che dell’espressione anglosassone “leasing” finanziario in diverse disposizioni normative. Questa scelta ambivalente ha generato un certo grado di confusione terminologica4. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023, all’art. 196, comma

1 A. Guarino, Il leasing dei gladiatori, in Index, 13, 1985, 461 ss che analizza e commenta le Institutiones di Gaio, 3.146 e individua nella figura contrattuale della traditio gladiatorum un esempio ante litteram di leasing

2 M. Imbrenda, Gravità dell’inadempimento e leasing tra disciplina legale, diritto vivente e prassi, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, 16 bis, junio 2022, 2126-2153.

3 V. Caianiello - M. Eroli, (voce) Leasing pubblico, in Enc. Dir., Agg. II, 489 ss.; V. Viti, La locazione finanziaria tra tipicità legale e sottotipi, Roma, 2018, 19.

4 Per un’analisi sull’utilizzo e sul significato del termine si v. A. Gilioli, Anglicismi nel linguaggio giuridico italiano: il caso leasing, in Italogramma, 7,

6 leasing pubblico
Andrea Crismani - Professore Ordinario di Diritto amministrativo - Università degli Studi di Trieste

1, struttura la frase in modo da indicare il termine principale “contratti di locazione finanziaria” seguito dalla parentesi “(leasing)” che fornisce una spiegazione o un sinonimo del termine principale. La ratio di tale istituto è far conseguire all’utilizzatore la disponibilità di uno o più beni funzionali allo svolgimento della propria attività senza doverne pagare il prezzo in un’unica soluzione e senza dover assumere i rischi conseguenti all’acquisto della proprietà.L’esperienza applicativa ha consentito di isolare due diverse tipologie di leasing il leasing operativo, caratterizzato dal fatto che il locatore è anche il produttore del bene e il leasing finanziario dove, invece, un finanziatore acquista (o fa costruire) il bene per conto dell’utilizzatore al quale lo trasmette in godimento verso il pagamento di un canone. Il leasing, inoltre, può essere classificato come leasing di godimento o leasing traslativo. Nel primo l’interesse dell’utilizzatore solitamente si esaurisce alla fine del periodo contrattualmente stabilito per il godimento, mentre nel secondo permane il suo interesse all’utilizzo del bene anche dopo la scadenza del contratto e a tal fine è prevista a suo favore la facoltà di riscattare la proprietà del bene pagando un prezzo prestabilito. Il contratto di leasing pubblico e i vantaggi reali o solo immaginati

Nel settore pubblico, soprattutto a causa della difficoltà nel reperire fondi per l’acquisto dei beni, si è manifestata l’esigenza di adottare diverse forme contrattuali, tra cui il leasing. Se in passato, la discussione si concentrava principalmente sulla scarsità delle risorse, sui vincoli di bilancio e sulle sfide legate alla disponibilità di finanziamenti per soddisfare i bisogni pubblici, oggi la situazione è quasi paradossale, in considerazione dell’ingente stock di denaro a disposizione per effetto dei fondi europei di Next Generation EU nei quai si inserisce il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e il Piano nazionale complementare (PNC). Anche in situazioni di eccesso di finanziamento lo strumento del leasing si potrebbe rivelare utile in particolare come forma di anticipazione della provvista ma anche come strumento alternativo all’appalto sia per una maggiore velocità di affidamento sia per ragioni contabili. Nel contesto del PNRR, i settori in cui il leasing potrebbe essere attuato includono il rinnovo delle flotte di autobus e treni ecologici, l’implementazione di soluzioni per l’efficienza energetica negli interventi di riqualificazione edilizia, la costruzione di nuove strutture per asili nido e studentati, l’ammodernamento degli edifici scolastici, l’upgrade degli impianti sportivi, nonché il potenziamento del parco tecnologico e digitale negli ospedali. La locazione finanziaria, si presta in particolare alla realizzazione

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2014, 3. G. De Nova, voce Leasing, in Digesto Disc. Priv., X, Torino, 1993, 462.
leasing pubblico

delle c.d. “opere fredde” - improduttive, destinate all’utilizzazione diretta da parte della pubblica amministrazione, specie quando risulti assente o marginale l’aspetto gestionale o quando sia più complesso prevedere l’erogazione dei servizi a carico del privato (quali, ad esempio, scuole, uffici, carceri, ospedali). In teoria si potrebbe utilizzarlo anche per le opere calde tuttavia resterebbero in carico dell’amministrazione tutte le incombenze relative alla gestione (che spesso non rientra tra le finalità o capacità immediate dell’amministrazione stessa). Per le opere calde si predilige lo strumento del project financing. Quest’ultimo, invece, se applicato alle opere fredde a prescindere dal dato nominale attribuito dalle parti, sarà di fatto un mero contratto di leasing. Tenendo conto di tali caratteristiche il leasing permette all’amministrazione di mantenere il controllo sulla gestione delle opere. Inoltre, l’opera va consegnata “chiavi in mano”, pronta all’uso e completa in ogni sua parte, compresi impianti, allacciamenti e autorizzazioni. La manutenzione, oggi prevista per legge (comma 7, art. 196) deve essere inclusa per tutta la durata del contratto.

Il leasing dovrebbe eliminare anche i rischi finanziari legati alla progettazione, costruzione, perizie, revisioni dei prezzi e caratteristiche tecniche dell’opera. Inoltre, esso semplifica il processo grazie a un iter procedurale unificato per la ricerca del finanziatore e del costruttore. Il costo dell’opera è definito sin dall’aggiudicazione del contratto di leasing, e il canone comprende eventuali servizi accessori come l’assistenza tecnica e le coperture assicurative.

La società finanziatrice inizia a incassare i canoni solo dopo il collaudo dell’opera, garantendo così la consegna nei tempi stabiliti. L’uso del leasing offre anche flessibilità nell’impatto sul bilancio pubblico e la possibilità di trasferire alcuni rischi alla società finanziatrice.

In sintesi, il leasing può rappresentare una soluzione vantaggiosa non solo per finanziare investimenti pubblici in carenza di immediate risorse, ma perché semplifica la gestione, garantendo il controllo dei costi e riducendo i rischi finanziari per l’amministrazione5

Leasing immobiliare in costruendo e leasing immobiliare costruito

Per le pubbliche amministrazioni la disciplina del leasing non era tipizzata fino alla sua espressa previsione nel 2007. Fino a quel momento sorgeva la domanda se fosse ammissi-

bile il leasing nel settore pubblico6. Dopo un ampio dibattito e confronto dottrinale e giurisprudenziale la Corte dei conti ha riconosciuto la piena autonomia contrattuale degli enti pubblici territoriali e la loro legittimazione a stipulare contratti di locazione finanziaria nel rispetto della finalizzazione al perseguimento dei fini istituzionali. Perciò il limite non risiedeva nello strumento contrattuale utilizzabile, bensì nel fine da perseguire. L’introduzione della locazione finanziaria nei contratti pubblici è stata avviata con l’art. 1, commi 907 ss. della legge finanziaria per il 2007. Successivamente, il d.lgs. n. 113/2007 ha inserito la locazione finanziaria nell’art. 160bis del Codice dei contratti pubblici del 2006, consolidandola come figura tipica. Il d.lgs. n. 152/2008 ha ulteriormente qualificato la locazione finanziaria come appalto pubblico di lavori, escluse le situazioni in cui tali lavori siano di carattere accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto. Infine, i contenuti dell’art. 160bis del Codice del 2006 sono stati ripresi dall’art. 187 del Codice del 2016, e successivamente nel nuovo Codice del 2023 nell’art. 196, con alcune differenze e precisazioni rispetto alle “versioni” precedenti in particolare sulla natura, sulla contabilizzazione, sul riscatto, sulla destinazione degli immobili, sulle modalità di gara. L’articolo 196 del nuovo Codice ha ad oggetto solamente la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità (leasing immobiliare) mentre non si occupa degli altri possibili utilizzi di questa tipologia contrattuale, quali l’acquisizione della disponibilità di beni mobili (leasing mobiliare).

Il leasing immobiliare previsto nel Codice si suddivide nel leasing immobiliare in costruendo, quando è finalizzato alla realizzazione o al completamento dei beni oggetto di intervento e nel leasing immobiliare costruito, laddove sia diretto alla sola acquisizione di opere pubbliche.

Entrambe le tipologie citate di leasing immobiliare generano un rapporto trilaterale che vede coinvolti: il lesee (utilizzatore) che è la pubblica amministrazione interessata al godimento di un bene, il lessor (concedente) che è il soggetto costruttore o il quello che aliena il bene e la società di leasing (finanziatore) che acquista il bene e ne mantiene la proprietà fino al momento del riscatto da parte dell’utilizzatore. Il leasing immobiliare in costruendo è l’operazione contrattuale mediante la quale un ente pubblico demanda ad un soggetto terzo la costruzione o il completamento di un’opera pubblica e, contestualmente, procede alla sua locazione finanziaria per

5 In tal senso, anche Unità Tecnica Finanza di Progetto (UTFP ), La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità e il partenariato pubblico privato, Roma, Maggio 2008. L’Unità Tecnica Finanza di Progetto (UTFP ha operato fino all’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) che, all’art. 1, comma 589, ha soppresso l’UTFP e trasferito al DIPE le relative funzioni in tema di Partenariato Pubblico Privato (PPP) e Finanza di Progetto. Si v. anche Corte conti, Sez. reg. contr., Lombardia, 1° marzo 2017 n. 36 ed E. Campagnano, Le nuove forme del partenariato pubblico privato. Servizi pubblici e infrastrutture, Padova, 2020.

6 Per una ricostruzione si v. R. Clarizia, I contratti di finanziamento. Leasing e factoring, Torino, 1989, 91; V Buonocore, La locazione finanziaria nell’ordinamento italiano, in Aa.Vv., Il leasing profili civilistici e tributari, Milano, 1975, 3 e ss.; S. Buscema - A. Buscema, I contratti della pubblica amministrazione, Padova, 2008, 17 ss. G. De Nova, Il contratto di leasing, 3 ed., Milano, 1995, 19; Id., Nuovi contratti, Torino, 1990, 193; G. Mor, Il Leasing e la pubblica amministrazione, in Il leasing pubblico, 89 ss; F. Cintioli, Locazione finanziaria, in M.A. Sandulli - R. De Nictolis, Trattato sui contratti pubblici, V, Concessioni di lavori e servizi, Partenariati, Precontenzioso e Contenzioso, Milano, 2019, 280-290; A Crismani, Il leasing pubblico, in Contratti dello Stato e degli Enti pubblici, 4, 1996, 305-315; Id. Strumenti finanziari per l’edilizia pubblica: il leasing, in Rivista giuridica dell’edilizia, 6, 2023.

8 leasing pubblico

un determinato periodo ad un canone prefissato, riservandosi alla scadenza l’opzione di acquisto definitivo del bene, ad un prezzo prestabilito. Il leasing in costruendo presenta un oggetto composito dato che esso ricomprende sempre al suo interno sia un appalto di lavori, che una fornitura di servizi finanziari, ma può prevedere anche ulteriori servizi aggiuntivi come espressamente ammissibili alla luce dell’art. 196, comma 2. Quindi, nell’ambito del bando, sarà onere dell’amministrazione appaltante definire con chiarezza se il contratto ha per oggetto solamente il finanziamento e la realizzazione dell’opera o se sono previsti pure altri servizi quali, per esempio, la manutenzione o la gestione dell’opera. Nel leasing immobiliare costruito l’amministrazione non stipula due distinti contratti (la compravendita e il contratto di finanziamento), ma un unico contratto atipico il quale, al contempo, realizza di fatto l’acquisizione della disponibilità di un immobile da parte dell’amministrazione (senza determinare nei suoi confronti la compravendita) e il finanziamento della stessa da parte della società di leasing (che acquista l’immobile e lo concede in godimento all’amministrazione).

Il contratto di leasing tra partenariato pubblico-privato e appalto: On – Off balance

Nell’attuale Codice il leasing è espressamente ricompreso tra i contratti con i quali può essere realizzata un’operazione di partenariato pubblico-privato (art. 174, comma 3). Inoltre il leasing per effetto dell’art. 198, comma 1, può costituire oggetto di partenariato pubblico-privato ad iniziativa privata. Tuttavia, la qualificazione precisa di un contratto di locazione finanziaria rispettivamente come partenariato pubblico-privato o appalto pubblico di lavori, dipende dalle condizioni specifiche, in particolare, dal trasferimento del rischio operativo. Per quanto riguarda la qualificazione del leasing finanziario come contratto di partenariato pubblico-privato o piuttosto come appalto di lavori interviene il comma 3 dell’art. 196. Quest’ultimo dispone che: “Se lo schema di contratto prevede il trasferimento del rischio operativo, ai sensi dell’art. 177, si applicano, per quanto non previsto dal presente articolo, le norme sulle concessioni e sugli altri contratti di partenariato pubblico-privato. In caso contrario si applicano le disposizioni in materia di appalto pubblico di lavori”. Del pari l’art. 177 al comma 6 nel secondo periodo prevede che: “Non si applicano le disposizioni sulla concessione, ma quelle sugli appalti, se l’ente concedente attraverso clausole contrattuali o altri atti di regolazione settoriale sollevi l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale, garantendogli un ricavo minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto”. L’art. 196 fa, dunque, dipendere la qualificazione del con-

tratto (e la disciplina applicabile) dall’allocazione del rischio. Questa doppia valenza del contratto inoltre si riflette sulla contabilizzazione delle spese generate e l’art. 196 opera l’auspicata armonizzazione tra la disciplina sostanziale del Codice e quella finanziario-contabile. La questione relativa al trattamento contabile della spesa sostenuta dall’amministrazione per i canoni di locazione finanziaria è un tema di notevole rilevanza ed è stato oggetto di varie pronunce del Giudice contabile in sede consultiva per le materie contabilità pubblica e in sede di controllo. Questo aspetto assume una particolare importanza poiché determina come tali pagamenti debbano essere registrati nei bilanci pubblici e, di conseguenza, influisce sulla percezione dell’indebitamento dell’ente pubblico e sulla sua gestione finanziaria complessiva.In dettaglio il Giudice contabile ha ritenuto che la spesa inerente la costruzione di opere pubbliche non grava sul bilancio dell’ente a condizione che il rischio concernente la costruzione dell’opera ricada sul soggetto realizzatore e che a quest’ultimo venga addossato anche un rischio ulteriore consistente, alternativamente, in quello riferito alla domanda, vale a dire all’utilizzo da parte degli utenti finali ovvero nella disponibilità del servizio connesso alla realizzazione dell’opera. Ove l’operazione non rispetta i criteri indicati sopra, non può essere considerata quale partenariato pubblico-privato e quindi va inserita nel calcolo del disavanzo e del debito nazionale, analogamente va qualificata come operazione di indebitamento dell’ente territoriale. Non è sufficiente, insomma, che un contratto venga nominalmente qualificato come contratto di partenariato pubblico privato, né che vi siano clausole di mero stile ma prive di chiaro contenuto esplicativo dei rischi e della loro allocazione tra le parti per escluderne l’annoverazione tra le fonti di indebitamento. La “mappatura dei rischi” e la loro ripartizione tra soggetto pubblico ed operatore privato costituisce, quindi, il presupposto essenziale per considerare on-balance ovvero off-balance anche il contratto di leasing finanziario. Su questi aspetti maggiormente nel dettaglio il principio contabile 4/2 punto 3.25 allegato al d.lgs. n. 118/2011 e l’art. 3, comma 17, della l. n. 350/2003, in particolare, come modificato a seguito dei correttivi introdotti dal d.lgs. n. 124/2014 al d.lgs. n. 118/2001 che introduce la definizione delle fonti di indebitamento per gli enti pubblici e il rinvio ai soli fini di contabilità pubblica alle decisioni Eurostat come da art. 177, comma 7 del Codice7.

I proponenti: avvalimento e raggruppamento temporaneo di imprese “atipici”

In base al nuovo Codice (comma 5, art. 196) i soggetti ammessi a presentare le offerte nella locazione finanziaria possono essere il solo il soggetto finanziatore o un raggruppamento temporaneo di imprese, composto da finanziatori

7 Sul punto si v. A. Crismani, Strumenti finanziari per l’edilizia pubblica: il leasing, in Rivista giuridica dell’edilizia, 6, 2023.

9 leasing pubblico

e realizzatori. In questa disciplina vi sono due peculiarità. La prima è data dalla espressa previsione della possibilità di presentare “singolarmente” l’offerta da parte del soggetto finanziatore che ricorre all’avvalimento del soggetto realizzatore. L’avvalimento, a differenza dalla disciplina generale, assume una forma atipica poiché coinvolge prestazioni (costruzione e finanziamento) che sono molto distanti tra loro, e quindi il principio di solidarietà non può applicarsi. La seconda peculiarità riguarda il raggruppamento temporaneo di imprese, composto da finanziatori e realizzatori dove, in deroga alla regola generale della responsabilità solidale ciascuno dei membri è responsabile in relazione alla specifica obbligazione assunta nel contratto8. Nonostante queste eccezioni l’art. 196 depone a favore di una ricostruzione in termini unitari del leasing pubblico sia sotto il profilo della tipicità della disciplina sia sotto il profilo della procedura da utilizzare. Il Codice prefigura l’esperimento di una gara unica e la stipula di un unico contratto. In effetti, a fronte di una gara unica la stipulazione di due contratti diversi creerebbe inevitabili difficoltà gestionali di rapporti tra l’ente pubblico e i contraenti, nonché indebolirebbe la cointeressenza dei medesimi sul risultato finale, determinando una parcellizzazione delle situazioni giuridiche e, di conseguenza, degli interessi in gioco9

La procedura di affidamento. Storture sullo studio di fattibilità

Per quanto riguarda i contenuti del bando di gara e la tipologia del progetto su cui basare la gara, è importante evidenziare un aspetto che potenzialmente potrebbe causare problemi interpretativi. L’art. 23 del precedente Codice del 2016 prevedeva che la progettazione in materia di lavori pubblici si articola(va), secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. L’art. 41 del nuovo Codice e il coordinato allegato I.7 prevede che la progettazione in materia di lavori pubblici, si articola in due livelli di successivi approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Il comma 4 dell’attuale art. 196 sul leasing invece prevede che l’ente concedente pone a base di gara almeno un progetto di fattibilità, comprensivo del piano finanziario. L’aggiudicatario predispone i successivi livelli progettuali ed esegue l’opera. La norma non appare, quindi, coordi-

8 T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 5 maggio 2010, n. 1675.

nata con la riduzione da tre a due dei livelli progettuali. L’ulteriore difficoltà si riscontra nel fatto che in alcuna parte del nuovo Codice viene definito il “progetto di fattibilità”. Vi sono alcune disposizioni in cui “progetto di fattibilità” sembra essere utilizzato con lo stesso significato di “progetto di fattibilità tecnico-economica”, quindi con conseguente rimanenza a carico dell’operatore economico di un solo livello progettuale, quello esecutivo10. Un’interpretazione in tal senso potrebbe rispondere all’esigenza di privilegiare la predisposizione della gara con un livello di progettazione più elevato al fine di innalzare il livello di concretezza e veridicità sui costi delle offerte, abbattendo il loro rischio di oscillazione e predisponendo il mondo creditizio a finanziare le operazioni11. Tuttavia, tale assunto, per altro condivisibile, potrebbe male adattarsi all’ipotesi specifica e non remota di un di partenariato pubblico-privato a iniziativa privata di leasing in virtù del combinato dell’art. 193 e art. 198 dove il proponente (istituto finanziario e impresa) incorrerebbe in un’alea di costi di progettazione troppo alta e non del tutto rimborsabili in caso di aggiudicazione ad altri concorrenti e al mancato esercizio della prelazione12.

Il regime dei beni e l’obbligo di riscatto

Caratteristica essenziale del contratto di leasing finanziario è che il soggetto privato che concede il bene in leasing ne è il proprietario fino a quando non viene esercitato il diritto di riscatto da parte del locatario. In caso di mancato riscatto, il soggetto privato mantiene la proprietà del bene e ne può disporre liberamente. Il comma 2 specifica la modalità operativa dell’istituto e riconosce la sua applicabilità anche in caso di beni già esistenti. Questo viene affermato chiaramente con la frase: “La società di locazione finanziaria acquista da un operatore economico un bene esistente o da realizzare e lo cede in godimento, per un determinato periodo di tempo, alla pubblica amministrazione a fronte del pagamento di un canone periodico fisso e comprensivo di eventuali servizi accessori”. In passato si erano poste una serie di questioni riferite alla natura dei beni in considerazione, ad esempio, del fatto che ai sensi del punto 3.25 del “Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria” di cui all’Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, non possono formare oggetto del leasing, proprio per l’incompatibilità giuridica e/o naturale i beni demaniali di cui all’art. 822 c.c., comma 1 e i beni del patrimonio indisponibile ex art. 826 c.c.13. Su

9 AVCp, det., 22 maggio 2013, n. 4, Linee guida sulle operazioni di leasing finanziario e sul contratto di disponibilità

10 Cons. Stato, Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, III, Relazione agli articoli e agli allegati, 7 dicembre 2022, 236.

11 M. Ricchi, L’architettura dei contratti di concessione di partenariato pubblico privato nel nuovo Codice dei contratti pubblici d.lgs. 50/2016, in Riv. Giur. del mezzogiorno, 3, 2016, pp. 811-828.

12 A. Crismani, Strumenti finanziari per l’edilizia pubblica: il leasing, cit

13 Il punto 3.25 del “Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria” (Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011) dispone che “il bene concesso in locazione finanziaria all’amministrazione pubblica deve essere suscettibile di formare oggetto di proprietà privata, poiché il locatore è proprietario del bene sino all’eventuale opzione di riscatto da parte dell’Amministrazione pubblica. Infatti, il locatore, in caso di mancato riscatto, conserva, anche dopo il periodo di locazione, la proprietà del bene; conseguentemente, non possono costituire oggetto del

10 leasing pubblico

la spesa per l’esercizio del riscatto è registrata tra le spese di investimento”. Un’importante differenza tra la disciplina corrente, quella precedente e i principi contabili si individua nell’obbligatorietà dell’opzione di riscatto oggi prevista dal comma 8 e ripresa dal comma 9.

Le prestazioni della pubblica amministrazione: il canone La pubblica amministrazione è tenuta a pagare un canone periodico fisso a fronte di una diversità nelle controprestazioni in considerazione della eterogeneità dei soggetti le cui attività comprendono sia la costruzione che il finanziamento. Questa eterogeneità di soggetti e prestazioni si riflette nelle varie componenti del canone. Il canone di leasing include una quota per il rimborso del capitale, una quota di interessi e un’altra quota per i servizi forniti per garantire la manutenzione e l’erogazione dei servizi correlati all’opera. Le prime due componenti del canone (capitale e interessi) rappresentano il compenso per il finanziamento fornito dal soggetto finanziatore. La terza componente rappresenta il compenso per le attività svolte dal soggetto responsabile della manutenzione e del corretto funzionamento dell’opera15. Sempre in base all’art. 196, comma 2, è previsto, infatti, che il canone possa essere “comprensivo di eventuali servizi accessori”. Detta previsione nel canone presuppone che il contratto di leasing possa comprendere non solo il semplice utilizzo del bene, ma anche servizi aggiuntivi o correlati, come manutenzione, assicurazione o altri servizi specifici legati al bene. Nel caso di leasing in costruendo il pagamento di un canone non è il corrispettivo per la locazione del bene, quanto una modalità pattizia per la restituzione di un finanziamento che si presuppone avvenuto per una somma corrispondente al valore dell’operazione economica posta in essere, il quale è la risultante del costo del bene comprensivo dell’ammortamento, dell’interesse sul capitale investito, dell’utile e delle spese sostenute. Nello schema del leasing in costruendo il soggetto pubblico committente darà inizio al pagamento del canone solo dopo il collaudo e la consegna dell’opera. Nel frattempo, la società di leasing ha anticipato pagamenti all’impresa costruttrice per gli stati di avanzamento dei lavori, e pertanto ha diritto agli interessi sulle somme anticipate secondo quanto concordato contrattualmente16. Quindi, al fine di garantire l’efficienza complessiva dell’operazione, è necessario che il soggetto pubblico committente predisponga adeguati meccanismi di controllo relativi all’intero ciclo di realizzazione dell’opera. È possibile altresì che, in corso di

questi aspetti critici, e su altri, la disciplina è stata implementata ai commi 8 e 9 dell’art. 196 i quali aggiungono una serie di precisazioni e vincoli che mancavano nelle precedenti versioni dei Codici. La versione corrente del Codice è frutto principalmente dell’adeguamento alle previsioni della Corte dei conti (in sede consultiva) e ai principi contabili che evidenziavano le perplessità ed eccessiva genericità delle richiamate disposizioni dei passati Codici. Infatti, con il corrente comma 8 dell’art. 196 alla previsione, già prevista nel precedente Codice, che: “L’opera oggetto di locazione finanziaria segue il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi” è stata aggiunta la “condizione che, nel contratto medesimo, sia stabilito che al termine del periodo di locazione il committente è obbligato al riscatto”. Nello stesso comma è stato previsto che: “L’ente concedente può concedere il diritto di superficie sull’area pubblica dove realizzare l’opera” evitando così la regola della necessaria proprietà di terzi e agevolando, sulla scorta di giurisprudenza non del tutto pacifica, il leasing su beni demaniali14. Inoltre, al comma 9 successivo, si precisa che l’opera può essere realizzata anche su un’area di proprietà dell’aggiudicatario, con l’applicazione della condizione di riscatto obbligatorio come indicato nel primo periodo del comma 8. Il comma 8 nella versione rinnovata e completa, disciplina una situazione che altrimenti sarebbe rimasta in contrasto con i principi dell’ordinamento, in quanto consentirebbe che un’opera pubblica, che implica aspetti urbanistici, edilizi e anche espropriativi, rimanga sotto il controllo di un soggetto privato una volta scaduto il contratto di leasing, soprattutto se il privato può successivamente disporne in termini di commerciabilità, specialmente quando i canoni di leasing precedentemente pagati coprono quasi completamente il valore delle opere stesse. Quindi la scelta normativa risiede nel fatto di non vanificare le aspettative pubbliche e introdurre mire speculative dei soggetti privati. La disposizione menzionata così integrata è in linea di massima in accordo con l’assunto contabile di cui al punto 3.25 del “Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria” (Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011) in base al quale “l’area sulla quale deve essere realizzata l’opera pubblica mediante leasing immobiliare o in costruendo, in linea di principio, non potrebbe essere di proprietà dell’ente pubblico ma deve essere acquisita dal locatario che è proprietario del bene a tutti gli effetti sino all’eventuale esercizio del diritto di opzione da parte dell’amministrazione. (…) Alla fine del contratto di leasing, contratto beni rientranti nel demanio pubblico necessario ovvero facenti parte del patrimonio indisponibile delle amministrazioni pubbliche, in quanto non commerciabili”.

14 Secondo un orientamento della Corte dei conti in sede di controllo viene negata la possibilità della concessione della superficie su un bene demaniale poiché essi devono rimanere sotto il controllo diretto dell’amministrazione pubblica e non sono suscettibili di diventare di proprietà privata: Corte conti, Sez. reg. contr., Marche, 29 marzo 2011, n. 14/2011/PAR; Sez. reg. contr., Lombardia, 22 settembre 2009 n. 1139/2009/PRSE. D’altra parte, la giurisprudenza civile adotta un punto di vista differente: Trib. Sassari, n. 1204/2018.

15 Cons. Stato., Sez. I, 28 aprile 2020, n. 823, secondo cui “i costi di esecuzione dei lavori, le spese di gestione ed il prezzo di erogazione del credito sono remunerati dalla corresponsione di un canone periodico a carico della pubblica Amministrazione, la quale, nel valutare gli strumenti di gestione delle proprie carenze finanziarie, è tenuta ad un puntuale esame delle opzioni di investimento alternative”.

16 Corte conti, Sez. riun. contr., 16 settembre 2011, n. 49.

11 leasing pubblico

esecuzione, il canone venga rimodulato in caso di ridotta o mancata disponibilità dell’opera o del servizio. I vantaggi economici del leasing immobiliare pubblico dipendono principalmente dall’importo del canone, che include il costo di costruzione del bene, gli interessi sul capitale investito dal privato e la remunerazione del suo utile d’impresa, oltre ad altri costi accessori come eventuali indicizzazioni della rata e penalità per ritardi di pagamento. Inoltre, la valutazione della convenienza di tali operazioni rappresenta un passaggio preliminare cruciale prima di considerare qualsiasi forma di partenariato pubblico-privato. Tuttavia, questa valutazione può essere complessa e richiede una varietà di competenze, non sempre disponibili all’interno delle amministrazioni pubbliche, soprattutto quando si tratta di contratti di leasing in costruendo con canoni indicizzati basati su tassi variabili17

Le prestazioni e i rapporti tra gli esecutori Lo svolgimento dei lavori spetta al soggetto costruttore il quale sarà remunerato direttamente dal soggetto finanziatore sulla base dei vari avanzamenti dei lavori. Il finanziatore diventa una sorta di committente per la realizzazione del bene (pur restando la stazione appaltante il vero committente dell’intera operazione economico-finanziaria). Il costruttore deve consegnare l’immobile completo e pronto per essere utilizzato. Per quel che riguarda l’esecuzione del contratto, il comma 7, art. 196, prevede che l’adempimento delle obbligazioni dell’ente concedente (il pagamento del canone di locazione) resta in ogni caso condizionato all’esito positivo del collaudo, ovvero della verifica di conformità in ordine alla gestione funzionale dell’opera secondo le modalità stabilite. Inoltre, e ciò costituisce una novità, rispetto alla formulazione del Codice previgente, è la previsione sempre del comma 7, per cui il soggetto aggiudicatario assicura la corretta manutenzione del bene sino al momento del riscatto. Questo implica l’obbligo del soggetto aggiudicatario di mantenere l’opera in uno stato di efficienza e funzionalità durante tutto il periodo contrattuale, garantendo che sia pronta per il suo scopo previsto. Quindi se il soggetto responsabile della manutenzione e del funzionamento dell’opera non adempie in tutto o in parte, causando l’indisponibilità, il suo canone potrebbe essere ridotto o neutralizzato a compensazione delle sue prestazioni18. Inoltre, esso dovrebbe essere tenuto a risarcire la pubblica amministrazione con penali automatiche garantite da fideiussione per l’importo corrispondente a ciò che l’amministrazione è tenuta a pagare al soggetto finanziatore per l’intero periodo di indisponibilità

dell’opera. In questo modo, si cerca di mantenere un equilibrio tra il compenso corrisposto e la funzionalità effettiva dell’opera, trasferendo le responsabilità in modo proporzionato e incentivando il rispetto degli obblighi contrattuali. A ciò si collega un’ulteriore forma di controllo indiretto sulla corretta esecuzione dell’opera che è prevista dal comma 6 e che attribuisce, anche in fase di esecuzione, a ciascuno dei partecipanti al raggruppamento, la possibilità, in situazioni come liquidazione giudiziale, inadempimento o insorgenza di qualsiasi altra causa che impedisca l’adempimento degli obblighi, di sostituire l’altro col consenso del committente. Si tratta di un meccanismo di controllo che attribuisce al soggetto finanziatore e a quello esecutore un reciproco potere di vigilanza sull’altro e al concedente il potere di verifica dell’adeguatezza degli esecutori19

Conclusioni

Nell’arena complessa dei contratti pubblici, il leasing pubblico si trova in una posizione cruciale, influenzato da due sfide principali. Da un lato, vi è una serie di rigidi requisiti e normative che regolano la gestione del rischio e la contabilizzazione delle operazioni. Questi requisiti impongono un elevato grado di attenzione e trasparenza da parte delle istituzioni coinvolte, al fine di garantire la conformità e la responsabilità nella gestione finanziaria. Dall’altro lato, si aprono prospettive interessanti per semplificare il processo di esecuzione delle opere pubbliche attraverso l’utilizzo del leasing. Questo approccio offre opportunità per ridurre gli oneri burocratici e amministrativi che spesso affliggono le stazioni appaltanti, le quali possono mostrare una capacità limitata nel gestire complesse operazioni immobiliari. Il leasing pubblico, in questo contesto, rappresenta una via per ottimizzare l’efficienza complessiva del settore degli appalti pubblici, consentendo una maggiore flessibilità e rapidità nell’attuazione dei progetti. Tuttavia, è essenziale comprendere che questo approccio potrebbe celare delle complicazioni burocratiche. Pur promuovendo un’apparente semplificazione, potrebbero emergere nuovi ostacoli e complessità che possono rallentare l’effettiva realizzazione dei progetti. La burocrazia, spesso inestricabilmente legata alle procedure di appalto o partenariato pubblico, potrebbe persistere nonostante i tentativi di semplificazione e la bontà dei principi canonizzati nel nuovo codice, portando a una situazione in cui la ricerca di efficienza potrebbe trasformarsi in una mera illusione.

17 AVCp. UTFP, Analisi delle tecniche di valutazione per la scelta del modello di realizzazione dell’intervento:

il metodo del Public Sector Comparator e l’analisi del valore, 2009; Corte conti, Sez. reg. contr., Emilia Romagna, 21 gennaio 2021, n. 3; Corte conti, sez. reg. giur., Veneto, 10 maggio 2016 n. 68; Corte conti, Sez. riun. contr., 16 settembre 2011 n. 49 e ancora Corte conti, Sez. reg. contr., Marche, 29 marzo 2011, n. 14/2011/PAR: “Né la necessità di procedere alla valutazione della convenienza economica potrebbe ritenersi superata dalla circostanza che nel contratto è stato stabilito un tasso zero potendosi presumere che gli oneri finanziari dell’operazione siano stati assunti a carico della ditta fornitrice e da quest’ultima traslati sull’acquirente finale”.

18 G. La Rosa, Il leasing immobiliare in costruendo: dai profili contabili alla disciplina amministrativa, in Urbanistica e Appalti, 2018, 5, 623

19 A. Crismani - R. Fusco, Locazione finanziaria di opere pubbliche, in l’Amministrativista.it, 30 dicembre 2016.

12 leasing pubblico

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La determinazione del CCNL applicabile all’appalto: alcune questioni operative

Una delle novità più significative del nuovo codice degli appalti è rappresentata senza dubbio dall’art. 11 e dalla codificazione, tra i principi fondamentali per tutte le procedure d’appalto pubblico, della verifica del CCNL applicato ai dipendenti dell’appaltatore. Il vecchio codice conteneva solo alcune disposizioni sparse sul tema (1), che tuttavia non avevano assunto alcuna portata sistemica né tantomeno di principio.

Cercherò di esaminare alcune di queste criticità nei paragrafi seguenti.

Una prima fonte di domande trae origine dalla collocazione dell’art. 11: il tema, cioè, è se cambia qualcosa per la stazione appaltante rispetto al codice del 2016.

Nell’art. 11 comma

2 il legislatore non sembra aver ignorato il sottosoglia, limitando però espressamente l’onere di indicare il CCNL ai casi in cui, nel sottosoglia, esiste una lettera d’invito

Era anzi maturato in giurisprudenza l’assunto, poi raccolto espressamente dal nuovo codice, secondo il quale la stazione appaltante non aveva alcun obbligo di indicare un CCNL applicabile all’appalto, specialmente se in caso di appalto di forniture (2) e che, di conseguenza, anche nell’ipotesi in cui un CCNL sia indicato dalla lex specialis l’appaltatore rimane libero di utilizzare un CCNL diverso, purché offra tutele non inferiori ai lavoratori (3). L’art. 11 del nuovo codice riprende e completa queste affermazioni rinvenibili in giurisprudenza.

Vi sono però alcuni profili critici nelle nuove disposizioni, sia riconducibili all’art. 11 in sé, sia nel suo coordinamento ed interpretazione sistematica con le altre disposizioni del codice.

Se è vero che anche l’art. 30 del vecchio codice era riferito ai principi applicabili alle procedure d’appalto, nel nuovo codice la valenza dei principi generali è molto più precisa. Anche se l’art. 11 non è tra i principi che, per l’art. 4, sono destinati a guidare l’interpretazione e l’applicazione di tutte le altre norme del codice, tuttavia l’art. 11 assume la valenza di un principio generale, significativamente ora denominato dalla rubrica della norma “principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore”. La particolare valenza dei principi nel nuovo codice porta alla domanda se esso, oggi, sia vincolante per tutti i tipi di affidamenti ovvero se esso abbia una portata più limitata.

In altri termini, il primo profilo critico è se perduri sotto la vigenza del nuovo codice quell’orientamento giurisprudenziale che aveva chiarito che per la stazione appaltante non è strettamente indispensabile indicare quale CCNL ritiene

1 Nel codice del 2016 l’individuazione del contratto collettivo applicabile è inserita tra gli elementi necessari per la corretta determinazione del costo del lavoro durante la fase di progettazione dell’appalto (art. 23, peraltro significativamente solo all’ultimo comma, il 16); è utilizzato per determinare la regolarità del DURC nel subappalto, specialmente nel caso di appalti di lavori edili e per quelli non edili (art. 105, comma 16). Tra i principi generali, invece, v’era una norma (art. 30, commi 4 e 5) che solo apparentemente si pone quale antesignana rispetto all’art. 11 del nuovo codice: sia perché non è facilmente intellegibile, sia soprattutto perché tende a valorizzare non tanto l’individuazione in sé del CCNL applicabile all’appalto, quanto piuttosto a ricordare che il contratto collettivo applicato dall’appaltatore deve essere conforme anche a quelli territoriali in vigore nella zona e per il settore di esecuzione dell’appalto stesso. In questo ultimo senso, v. Cons. Stato, Sez. III, n. 1574 del 12 marzo 2018; T.A.R. Piemonte, Sez. I, n. 19 del 4 gennaio 2019.

2 Cons. Stato, Sez. III, n. 1406 del 25 febbraio 2020 aveva affermato, ad esempio, che non è rilevante la circostanza che nell’ambito di un appalto relativo al servizio di ricondizionamento e sterilizzazione di materiali chirurgici la lex specialis di gara non abbia compiuto uno specifico riferimento ad un determinato CCNL, poiché ciò che conta è che l’appaltatore applichi il contratto collettivo e territoriale di riferimento per la zona in cui si eseguono le prestazioni.

3 T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 120 del 28 gennaio 2021. Già Cons. Stato, Sez. V, n. 4443 del 23 luglio 2018 aveva affermato che non rientra nella discrezionalità della P.A. di obbligare l’appaltatore ad applicare un determinato CCNL, specialmente se una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare.

14 normazione
Roberto Bonatti - Avvocato, Professore aggregato dell’Università di Bologna

applicabile all’appalto. Va detto chiaramente che il tenore letterale dell’art. 11, così come la sua collocazione, non sembra lasciare molte alternative: le stazioni appaltanti indicano il CCNL. Nel vecchio codice questa frase perentoria non c’era. Con il nuovo, dunque, la conclusione è obbligata nel senso che, a differenza di quanto accadeva con il codice del 2016, oggi la P.A. è onerata di indicare espressamente il CCNL applicabile fin dagli atti di gara. Qui gli inconvenienti sono sia pratici che giuridici. Sotto il primo aspetto non è possibile non ricordare che interrogando la banca dati dei contratti collettivi presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) si ottengono oltre duemila risultati. Se è vero che solo un centinaio di essi coprono oltre il 95% dei lavoratori, tuttavia è innegabile che per il RUP potrebbe risultare difficoltoso individuare quello più adatto in ragione dell’oggetto dell’appalto. Ma anche una volta che la scelta sia stata fatta, ancor più difficoltoso potrebbe essere trarne gli elementi economici e giuridici utili ai fini della progettazione della procedura di affidamento. Lo scopo principale dell’indicazione del contratto collettivo applicabile, infatti, è quello di operare una stima attendibile dei costi del lavoro (4) e, per il tramite di questi, indicare una base d’asta realistica, il più vicina possibile al valore effettivo della prestazione richiesta. Sotto il piano giuridico, ciò che occorrerà verificare è quale sia la conseguenza di una eventuale violazione di tale obbligo. E qui ciò che è uscito dalla porta può rientrare dalla finestra: la conclusione, infatti, non può essere l’annullabilità dell’intera gara, perché ciò è impedito dal principio del risultato, inteso quale “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto” (art. 1, comma 4). Insomma, un vizio meramente formale, che non si traduca in una violazione sostanziale di garanzie e/o tutele, non può travolgere interamente la procedura. Ciò tanto più se, come in precedenza, l’amministrazione non può obbligare l’appaltatore ad applicare un determinato CCNL, che è espressamente codificato all’art. 11, comma 3.

Ne deriva che chi volesse contestare la legittimità della gara, nella quale la lex specialis non indichi un determinato CCNL dovrà dimostrare un vulnus sostanziale, come ad esempio il fatto che il contratto collettivo concretamente applicato dall’aggiudicatario preveda tutele inferiori rispetto a quelle garantite dal contratto collettivo astrattamente applicabile alla prestazione.

Seconda questione, che logicamente consegue alla prima, è se l’onere di indicare il contratto collettivo applicabile e di verificare l’equivalenza del CCNL differente eventualmente applicato emerga per tutti i tipi di affidamenti o meno. La problematica è stata recentemente affrontata in un parere del MIT (5) secondo il quale anche negli affidamenti sottosoglia, ed in particolare negli affidamenti diretti nel caso di cui all’art. 50, comma 1, lett. a) e b), troverebbe applicazione l’art. 11. Secondo il Ministero, questa conclusione è da preferire per due ragioni: la prima è che il principio di applicazione dei contratti collettivi è principio generale, come tale applicabile a tutti gli appalti; la seconda è che la disciplina speciale per gli affidamenti sottosoglia non esclude l’applicazione residuale di tutte le altre disposizioni del codice, per quanto non derogate dalla norma speciale, come dispone l’art. 48, comma 4.

Si tratta di soluzione che certamente non può essere ritenuta errata sotto il piano strettamente tecnico-interpretativo. Tuttavia, più di qualche critica di ragionevolezza appare lecita.

Da un lato, infatti, la stessa richiesta di parere evidenziava un dato incontrovertibile e cioè che l’art. 11, comma 2, fa espresso riferimento ai bandi e agli inviti, ma non anche alle richieste di preventivi. Si tratta di elemento interpretativo che non può essere trascurato né sbrigativamente liquidato con espedienti vari nel caso di affidamento diretto (6). Se il riferimento ai bandi è chiaramente riferibile al soprasoglia, è però vero che l’art. 11, comma 2, indica anche gli inviti: essi sono tipicamente l’atto iniziale di una procedura negoziata senza pubblicazione del bando, la quale certamente esiste anche nel soprasoglia, ma è tipica nel sottosoglia nei casi di cui all’art. 50, comma 1, lett. c), d) ed e).

In altri termini, nell’art. 11 comma 2 il legislatore non sembra aver ignorato il sottosoglia, limitando però espressamente l’onere di indicare il CCNL ai casi in cui, nel sottosoglia, esiste una lettera d’invito. Questa interpretazione, che mi pare non possa essere ritenuta meno esatta di quella offerta dal MIT, condurrebbe però alla soluzione opposta a quella offerta dal Ministero, perché escluderebbe proprio l’art. 48, comma 4, che il parere citato ha individuato quale fondamento giuridico della propria posizione. Se, infatti, il legislatore ha ritenuto espressamente di limitare l’applicazione dell’art. 11, comma 2, al sottosoglia nei casi di cui all’art. 50, comma 1, lett. c), d) ed e), si dovrebbe allora concludere che questo onere non sussiste nei casi di cui alle lett. a) e b) del medesimo comma, ossia all’affidamento diretto.

4 Certo, questo dipende anche dal numero di lavoratori che l’appaltatore intenderà impiegare per l’esecuzione dell’appalto e questo è un dato non disponibile per il RUP in fase di progettazione. Tuttavia, resta l’idea che una esatta indicazione del contratto collettivo astrattamente applicabile consenta una migliore consapevolezza del reale valore economico della prestazione richiesta all’appaltatore.

5 Parere MIT n. 2338 del 26 febbraio 2024

6 Secondo il parere del MIT la mancanza di un bando o di invito di gara sembra produrre una apparente disapplicazione del comma citato per l’affidamento diretto. Tuttavia, visto il principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. 36/2023, la stazione appaltante potrà indicare il CCNL, ex art. 11 del d.lgs. 36/2023, per vie informali, per esempio nel momento in cui procede alla richiesta di preventivo all’operatore economico.

15
normazione

D’altro canto, nell’affidamento diretto il procedimento è semplificato al massimo e, soprattutto, segue una disciplina del tutto sui generis che mal si concilia con l’onere di indicazione dei CCNL da parte della stazione appaltante. Infatti, anzitutto l’affidamento diretto non avviene necessariamente mediante definizione di criteri di comparazione e/o aggiudicazione ex ante, perché la scelta tra i preventivi pervenuti può avvenire anche con criteri ex post, tra i quali non v’è dubbio possa esservi anche il tipo di tutele previste dal CCNL applicato dall’offerente. In secondo luogo, l’esiguità dell’importo del contratto (almeno nell’ottica del legislatore) entro il quale è possibile utilizzare l’affidamento diretto rende meno stringenti (sempre nell’ottica del legislatore) una serie di verifiche sull’operatore economico e sui subappaltatori, tanto che appare difficile giustificare una regola diversa per le verifiche sul CCNL applicato. Infine, la ratio ultima della specialità dell’affidamento diretto è quella di una totale contrazione dei tempi di affidamento, per fornire alla P.A. uno strumento con il quale far fronte in tempo reale a piccoli fabbisogni. Certamente, questa finalità sarebbe fortemente compromessa nel caso in cui, prima dell’affidamento, la stazione appaltante dovesse individuare il CCNL astrattamente applicabile e poi effettuare le verifiche di equivalenza del diverso CCNL concretamente applicato dall’offerente. 4. – La terza questione aperta attiene a come verificare l’equivalenza del CCNL applicato dall’offerente nel caso in cui esso sia diverso da quello indicato negli atti di gara.

La difficoltà consiste qui nello stabilire se l’equivalenza tra i due contratti collettivi debba essere solo quella economica o anche del trattamento giuridico. La lettura dell’art. 11, comma 4, del codice parrebbe autorizzare questa seconda soluzione. L’equivalenza da verificare, infatti, è delle tutele, e non solo del trattamento retributivo. Naturalmente, se questa fosse l’interpretazione corretta il compito di verifica pre-aggiudicazione da parte del RUP sarebbe particolarmente intenso: non soltanto verificare che la retribuzione lorda annua sia sostanzialmente equivalente, ma anche che il complesso di tutele giuridiche incluse nella parte normativa dei due CCNL sia omogeneo. Il che presuppone però competenze professionali che molto spesso esulano da quelle del RUP e che sono proprie piuttosto di un consulente del lavoro.

Una semplificazione potrebbe consistere nel rinvio alle modalità di verifica di cui all’art. 110 del codice, ossia quelle per le offerte anormalmente basse. Va ricordato che, per giurisprudenza pacifica, non occorre una particolare motivazione qualora la stazione appaltante aderisca alle giustificazioni addotte dal concorrente, ritenendole realistiche e idonee a

superare la presunzione di anomalia. Al contrario, la motivazione è richiesta in modo completo solo se l’amministrazione non ritenga esaustive quelle giustificazioni. Ecco, allora, che se il RUP ritiene di aderire alla relazione di equivalenza di tutele fornita dall’operatore economico non dovrà compiere particolari congetture sui due CCNL in comparazione, potendosi limitare a valutare la correttezza dei dati forniti dall’offerente.

Tuttavia, resta il fatto che il RUP che non sia in grado di effettuare direttamente questa complessa verifica di equivalenza possa avvalersi della struttura di supporto prevista dall’art. 15, comma 6, del codice e dall’art. 3 dell’all. I.2. o anche di professionisti esterni, anch’essi previsti dall’art. 15, comma 6.

Vi sono però alcuni elementi di incertezza normativa, che potrebbero condurre all’interpretazione opposta, e cioè che l’equivalenza di tutele vada limitata al solo aspetto economico, con esclusione delle tutele normative.

Questa soluzione poggerebbe ora sull’art. 29 del d.l. 2 marzo 2024 n. 19 (7), il quale, tra le misure in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare, introduce nell’art. 29 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, un comma 1 bis, dal tenore letterale molto simile all’art. 11, comma 1, del codice (8), ma con alcune significative differenze.

Se il richiamo al subappalto può anche apparire pleonastico (i subappaltatori sono certamente inclusi sia nella ratio che nel testo dell’art. 11, comma 2, del codice, che appunto richiama genericamente tutto il personale impiegato nell’esecuzione del contratto), è invece significativo che il decreto legge richiami espressamente solo l’equivalenza del trattamento economico complessivo, ma non anche quella del trattamento giuridico e normativo del contratto di lavoro. Perciò - se ubi lex voluit, dixit – dovrebbe concludersi che la norma successiva (al netto delle eventuali modifiche in sede di conversione) precisi e circoscriva la portata dell’art. 11 del codice al solo trattamento economico.

La seconda differenza tra le due norme è data dal fatto che mentre l’art. 11, comma 1, richiede il rispetto dei contratti collettivi per tutti i tipi di appalti (lavori, servizi e forniture), l’art. 29 del d.l. n. 19 del 2024 si riferisce invece solo agli appalti di lavori e a quelli di servizi, nei quali certamente è più rilevante l’incidenza della prestazione di lavoro all’interno dell’esecuzione dell’appalto.

Quid, dunque, per i CCNL applicabili negli appalti di forniture?

Difficile affermare che essi non siano (più) inclusi nell’art. 11 del codice: nessuna modifica è stata compiuta al riguardo. È però certamente altrettanto difficile applicare il principio di

7 Al momento in cui si scrive il decreto legge non è ancora stato convertito in legge.

8 Il testo del nuovo comma inserito è il seguente: “1 bis. Al personale impiegato nell’appalto di opere e servizi e nell’eventuale subappalto è corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”.

16 normazione

applicazione dei contratti collettivi ad appalti che abbiano semplicemente ad oggetto la compravendita di beni, magari addirittura prodotti all’estero ed importati da un rivenditore che, poi, partecipa ad una gara d’appalto offrendoli: si pensi ad un appalto per l’acquisto di farmaci o di dispositivi medici. Individuare quale sia il contratto collettivo di riferimento è in questi casi già operazione complicata. Ancor più richiedere all’offerente una dichiarazione di equivalenza di tutele. In effetti, per gli appalti di forniture il tema del c.d. dumping contrattuale è affrontato in altro modo dal codice. La libera circolazione delle merci all’interno del mercato comune europeo, infatti, impedisce di escludere o discriminare un’impresa stabilita in altro Stato membro. Il fenomeno ben noto è quello della delocalizzazione produttiva in aree dell’Unione dove il costo del lavoro è minore. Il punto, però, è che il diritto europeo già assicura tutele equivalenti ai lavoratori di tutti gli Stati membri. Appare allora contraddittorio che la stazione appaltante richieda ad un operatore economico che effettua mere attività di compravendita di beni di giustificare l’equivalenza delle tutele tra il contratto collettivo concretamente applicato e quello diverso indicato negli atti di gara. Per le forniture, insomma, resterà probabilmente tollerata la disapplicazione dell’art. 11.

Diverso è il discorso nel caso in cui, in un appalto di forniture, la produzione di beni da parte dell’offerente aggiudicatario avvenga al di fuori del mercato comune europeo. Il codice, qui, si occupa del tema in due diverse norme. La prima è l’art. 107, comma 2, secondo la quale l’offerta migliore può essere esclusa (“la stazione appaltante può deci-

dere di non aggiudicare…”) se risulta accertato che l’offerta stessa violi le convenzioni internazionali di cui all’allegato X della dir. 2014/24/UE, tra cui un ruolo predominante è assunto dalle convenzioni dell’OIL che prevedono proprio condizioni minime di lavoro. La formulazione di questa norma è chiara: al fine di evitare facili vie per aggirarne l’applicazione, si indica che l’eventuale violazione non è riferibile all’offerente (che può anche essere il mero rivenditore italiano) quanto piuttosto all’offerta in sé. Ciò, però, comporta che l’offerente sia in grado di dimostrare non solo la provenienza della merce ma anche che il ciclo produttivo del produttore di esse rispetti quelle convenzioni. La seconda norma è invece applicabile solo agli appalti dei settori speciali ed è l’art. 170 del codice. Come nel vecchio codice (art. 137) (9), anche nel nuovo essa consente l’esclusione dell’offerta in cui il valore dei prodotti di provenienza dal mercato comune sia inferiore al 50% del valore totale dell’offerta (10). Nel nuovo è invece aggiunta la previsione del comma 5, che ne rappresenta lo sviluppo: la percentuale, in valore, dei beni di provenienza interna all’Unione può essere non solo causa di esclusione, se inferiore al 50% (comma 2) ma anche criterio preferenziale di aggiudicazione, pur se tale percentuale sia superiore al 50% (comma 5).

Resta utile, in questi casi, anche con il nuovo codice la lettura delle linee guida della Commissione Europea sulla partecipazione di offerenti e beni di paesi terzi al mercato degli appalti dell’UE (11).

9 Per la giurisprudenza formatasi sotto il vecchio codice, l’art. 137 assume una funzione di tutela della produzione comunitaria e, in primo luogo a tutela dell’occupazione nell’UE, che può subire compromissioni per effetto dei meccanismi della cd. globalizzazione dell’economia; essa è, dunque, posta a protezione di valori fondamentali, quali la tutela dei lavoratori europei e dei loro standard di occupazione, sicurezza e retribuzione che, se violati, con conseguente maggiore convenienza dei prodotti aventi costi di produzione inferiore, costituiscono forme di concorrenza sleale compromettenti valori fondamentali della persona, inammissibili nel nostro sistema europeo (Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 2015, n. 2800).

10 Non è un obbligo (“qualsiasi offerta … può essere respinta…”) e dunque debba essere la lex specialis a stabilire se la stazione appaltante intende avvalersi di questa clausola oppure no. In tal senso, v. T.A.R. Sicilia, Catania, n. 2809 del 28 settembre 2023.

11 Comunicazione della Commissione C(2019) 5494

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normazione
Il nuovo RUP del Codice dei Contratti Pubblici: applicazione del Project Management alla progettazione delle acquisizioni nelle Aziende Sanitarie

Il nuovo “codice dei contratti pubblici” pur non prevedendo grande enfasi alla terminologia del Project Manager (richiamato solo nell’Allegato I.2 - Attività del RUP), e non direttamente condizionato da nuove Direttive (essendo sempre il recepimento delle vecchie UE 2014/23-24-25), ha improntato la nuova impalcatura dei vari “istituti”, sotto l’egida di diversi principi ispiratori e in particolare al primo ovvero al principio del risultato «che costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità, ed è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea»

Tale principio può certamente definire la necessità di un definitivo cambio di paradigma, ovvero da una visione prettamente formalistica dei procedimenti amministrativi ed a quelli della contrattualistica pubblica, ad una visione programmatica che incarni le metodiche di analisi del contesto del Project Management e che attraverso appositi indicatori individui la strategia progettuale, potendo concretamente addivenire al migliore “affidamento” in termini di rapporto qualità prezzo ed a una corretta esecuzione del contratto affinché si possano raggiungere i risultati attesi.

L’analisi SWOT è uno strumento di pianificazione che consente di creare una lista degli aspetti positivi e negativi (o punti di forza e punti di debolezza) della nostra attività, da un punto di vista sia interno che esterno

sostantivo “progetto” il passaggio dalla visione burocratica alla visione progettuale dell’intero ciclo dell’appalto. Tuttavia, un semplice cambio di nome non garantisce la certezza dell’applicazione dei principi del project management auspicati e per ottenere risultati concreti è fondamentale che il responsabile di progetto sia dotato di competenze specifiche ed abbia una chiara visione delle responsabilità e delle attività da svolgere, ma soprattutto la PA deve mettere in atto tutte le risorse necessarie per poter espletare un cambio di passo così importante ed applicare realmente il PM alla gestione della cosa pubblica! È importante chiarire, per evitare possibili confusioni, che il termine “progetto” nel project management si riferisce all’iniziativa temporanea intrapresa per creare un prodotto, un servizio o comunque un risultato unico.

Anche la definizione del R.U.P. di cui al nuovo articolo 15 non corrisponde più l’acronimo di Responsabile Unico di Procedimento, ma bensì Responsabile Unico di Progetto, discostandosi quindi dalla precedente identificazione della mera procedura/procedimento formale, ad una connotazione segnatamente manageriale, che assegna appunto nel

Val la pena evidenziare che la tematica del Project Management applicabile nella PA ed in particolare al Codice dei Contratti Pubblici, dopo la suddetta premessa, va inquadrata anche e soprattutto nella sua espressione tecnica, riconosciuta come una serie di normative e linee guida sviluppate dall’Organizzazione internazionale per la normazione (ISO) che definiscono i requisiti per la realizzazione, all’interno di un’organizzazione di un sistema di gestione della qualità, al fine di condurre i processi aziendali, migliorare l’efficacia e l’efficienza nella realizzazione di un prodotto e nell’erogazione di un servizio, ottenere e incrementare la soddisfazione del cliente.

Nello specifico il sistema di Project Management è attualmente definito dalla Norma UNI ISO 21500 e rappresen-

18 project manager
Giovanni Coco - Dirigente UOC “Provveditorato” - ARNAS “Civico” Palermo

ta lo standard riconosciuto a livello internazionale per la gestione dei progetti.

Il “bravo” Project Manager e/o Responsabile Unico di Progetto quindi dovrebbe saper:

• definire un obiettivo da raggiungere;

• definire le risorse necessarie/disponibili per raggiungere il risultato;

• pianificare il modo ed i tempi per ottenere il risultato;

• predefinire i criteri di valutazione del risultato;

• controllare periodicamente il lavoro correggendo eventuali “gap” rispetto a quanto pianificato;

• valutare il risultato raggiunto (in termini di qualità, rispetto dei tempi previsti, grado di utilizzo delle risorse, grado di soddisfazione degli stakeholder).

Il Project Management è quindi riassumibile come la sequenza delle fasi di:

• pianificazione

• organizzazione

• direzione

• controllo delle risorse necessarie per la realizzazione del “progetto”, ossia il raggiungimento di un obiettivo, definito per soddisfare determinate finalità.

Quando si parla di “risorse”, dobbiamo dire che queste sono rappresentate da un insieme di persone e di mezzi (anche economici), oltre che di fattori intangibili (le soft skills: ad esempio l’autorevolezza e la leadership), tempora-

neamente riunite a sistema, per raggiungere uno specifico obiettivo, entro un periodo temporalmente stabilito. All’uopo si riporta la definizione ISO: «È un processo a sé stante che consiste in un insieme di attività coordinate e tenute sotto controllo, con date di inizio e fine, intrapreso per realizzare un obiettivo conforme a specifici requisiti inclusi i limiti di tempo, di costi e di risorse». (ISO 9000:2000). Con la pubblicazione della Norma UNI 11648 assume grande importanza la Certificazione delle competenze per la figura professionale del Project Manager, rilasciata da Organismi di Certificazione riconosciuti da ACCREDIA, che attestano il possesso delle competenze richieste in conformità alle Norme UNI di riferimento. In base alla normativa italiana infatti hanno valore effettivo soltanto le certificazioni “di terze parti”, cioè rilasciate da Organismi accreditati e che attestano la conformità ai requisiti definiti nelle Norme UNI di riferimento. Chi consegue tale “certificazione” viene inserito nello specifico Registro di ACCREDIA e, in base agli accordi europei di mutuo riconoscimento, può richiedere l’inserimento in analoghi Registri degli altri paesi UE. Al momento la Certificazione del Project Manager in conformità alla Norma UNI 11648:2022 è rilasciata da AICQ-SICEV e da CEPAS. Inoltre l’Istituto Italiano di Project Management (ISIPM) promuove la disciplina del Project Management, applicabile a tutti i settori di attività, per uno sviluppo sempre più soste -

19 project manager

nibile. Risulterebbe auspicabile in tal senso una sorta di protocollo d’intesa tra le varie PPAA e gli enti suddetti per favorire percorsi specifici rivolti ai funzionari pubblici per una massiva formazione di Project Manager, ivi inclusa la dotazione di software dedicati.

Alla luce di quanto sopra descritto la figura del nuovo

RUP di cui all’art. 15 del D.Lgs. n.36/2023, a prescindere dalla specifica “certificazione”, deve essere in grado di “progettare” questi tre punti:

• Pianificazione (Programmazione e Progettazione)

• Esecuzione (Affidamento ed Esecuzione del Contratto)

• Controllo (dell’Esecuzione del Contratto e rendicontazione).

Tra i vari metodi per giungere alla identificazione dei precedenti punti, uno dei più conosciuti è sicuramente l’analisi SWOT.

L’analisi SWOT è uno strumento di pianificazione che consente di creare una lista degli aspetti positivi e negativi (o punti di forza e punti di debolezza) della nostra attività, da un punto di vista sia interno che esterno.

SWOT è l’acronimo delle seguenti parole inglesi: S di “Strenghts”, ovvero “Punti di Forza”

W di “Weaknesses”, ovvero “Punti di Debolezza”

O di “Opportunities”, ossia “Opportunità”

T di “Threats”, ossia “Minacce”.

Fondamentalmente l’analisi SWOT è una to do list definitiva, che induce a pensare in prospettiva.

L’analisi del contesto interno ed esterno rappresenta l’aspetto fortemente indicativo di “chi” e “come” (vedi anche la matrice RACI) attuerà i vari processi, prevedendo quali fattori saranno di facile attuazione e quindi necessitare di un tempo ridotto e quali invece rientrano tra gli interventi con tempi relativamente più lunghi e comunque che necessitano uno o più interventi che possono coinvolgere anche altri soggetti e/o risorse.

Quindi dopo l’analisi del contesto (interno ed esterno) deve individuarsi chiaramente l’obiettivo. L’obiettivo determinato dovrà essere SMART, dove smart non significa semplicemente “intelligente” nella sua accezione inglese, ma è l’acronimo delle seguenti parole: Specific (Specifico), Measurable (Misurabile), Achievable (Raggiungibile), Realistic (Realistico), Time-bound (Definito nel tempo).

L’obiettivo SMART quindi viene inglobato dal c.d. triangolo dei vincoli, ovvero del tempo, dei costi e della qualità.

L’obiettivo dovrà individuare il corretto ciclo di vita del progetto, quindi dalla sua programmazione (piano triennale degli acquisti), alla sua progettazione (schema del contratto, capitolato tecnico), alla fase di affidamento (procedura di scelta del contraente, criteri di aggiudicazione, documenti di gara), esecuzione del contratto (gestione del contratto, pagamenti, conclusione).

Quindi troverebbe applicazione pratica il sistema PDCA (Plan, Do, Check, Act) alias “ciclo di Deming”. Ovvero dalla pianificazione alla realizzazione, dal controllo alle modifiche eventualmente necessarie nel ciclo di vita del progetto o del successivo.

Tutto ciò dovrebbe essere ulteriormente dettagliato grazie alla WBS (work breakdown structure) una tabella a pacchetti dove si evidenziano le varie attività che determinano il progetto nel suo complesso, con riferimento a tempi e strutture aziendali nonché dei relativi responsabili.

Nonostante l’introduzione del “quadro esigenziale” nell’art. 1 dell’allegato I.7 del nuovo codice, le analisi preliminari e le definizioni sembrano ancora essere affrontate in modo troppo marginale.

Sarebbe quindi auspicabile una sorta di “formulario” , anche eventualmente curato dall’ANAC, che inserisca compiutamente, nella gestione degli appalti, non solo i c.d. documenti formali quali la lex specialis del bando, disciplinari, etc, ma anche di tutti quei documenti e quadri che fanno parte degli strumenti in dotazione al Project Management, in quanto questo passaggio da procedurale a manageriale, stante la scarsa conoscenza della materia in ambito del personale pubblico, potrebbe essere “facilitato” con un approccio simil procedurale che possa instillare nel know-how del nuovo RUP le dinamiche sia formali ma soprattutto progettuali del Project Management.

Avviare un processo di acquisizione di un bene o di un servizio in ambito sanitario senza un corrispondente piano di project management comporterebbe sicuramente talune problematiche:

1) GESTIONE DEI RISCHI: la scarsa attenzione alla gestione dei rischi può causare problemi imprevisti durante l’esecuzione del progetto, con conseguente aumento dei costi, ritardi e possibili fallimenti.

2) RESPONSABILITÀ: senza indicazioni dettagliate sull’assegnazione delle responsabilità e il coinvolgimento degli stakeholder, renderà complicate le diverse fasi del progetto con ricadute sul conseguimento del risultato finale.

3) FORMAZIONE: la mancanza di requisiti specifici in termini di formazione e competenze per il personale coinvolto nella gestione dei progetti porterà inevitabilmente ad errori e comunque ad inefficienze nella realizzazione del progetto, con conseguente impatto negativo sul risultato.

4) MONITORAGGIO: l’assenza di strumenti e metodologie specifiche per il monitoraggio delle performance rende difficile sia valutare l’andamento del progetto che individuare eventuali problemi o aree di miglioramento.

20 project manager

È importante evidenziare che in precedenza, la normativa non prevedeva le valutazioni oggi contenute nel “quadro esigenziale”. Tale disposizione quindi contribuisce a garantire un’impostazione corretta delle basi per lo sviluppo del progetto, permettendo una migliore identificazione degli obiettivi e delle priorità fin dall’inizio.

In conclusione, un’efficace integrazione del principio di risultato con il project management può contribuire notevolmente al successo di qualsiasi progetto di lavori, beni e servizi, ottimizzando la gestione delle risorse, riducendo i rischi e migliorando la comunicazione tra gli stakeholder

Al fine di garantire che il principio di risultato , su cui ricordiamo è fondato il nuovo codice, e le metodologie di project management vengano efficacemente applicate, occorre un investimento nella formazione del personale coinvolto e nella condivisione delle conoscenze, delle competenze e delle migliori pratiche nel settore degli appalti pubblici, nonché come dicevamo prima, una funzione quasi “educativa” e soprattutto collaborativa dell’ANAC. L’inserimento nell’ordinamento italiano della PA, della necessità di applicare al procedimento amministrativo degli appalti, le metodologie del Project Management è certamente nella fase embrionale. Scontato il primo periodo della innovazione, anche lessicale, molte PA stanno cominciando a “pensare” ad una “formazione” manageriale del proprio personale che ricopre il ruolo di RUP.

Non dimentichiamo che il nuovo codice, tra l’altro, sottopone il sistema di qualificazione delle Stazioni Appaltanti ad una certificazione del percorso formativo del personale che si occupa stabilmente degli appalti. Oggi la PA italiana ed in particolare le Aziende Sanitarie, devono prevedere per tempo gli scenari di domani ed essere capaci di governarli. Veniamo da una crisi pandemica che ha messo a nudo le difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale. Oggi più che mai dobbiamo essere capaci di prevenire ogni potenziale pericolo alla salute pubblica, pilastro costituzionale di ogni paese europeo, attraverso la capacità di reinventarsi ed applicare ogni potenziale innovazione comprese quindi le metodologie del Project Management.

Il Project Management, quindi, oltre a realizzare l’efficientamento della PA in generale, dovrà diventare lo strumento essenziale con cui, in special modo le Aziende del Sistema Sanitario, dovranno acquisire i beni e i servizi.

Infatti solo l’approccio sistemico del PM potrà consentire di coniugare non solo i consueti principi di economicità, efficacia ed efficienza della PA ma soprattutto il raggiungimento dei propri fabbisogni clinico – medico – logistici, in una ottica altamente qualitativa ed in linea con l’evoluzione etica e tecnologica della società moderna e del SSN.

21 project manager

L’affidamento diretto: peculiarità e forma di un affidamento senza gara

L’affidamento diretto consiste, secondo quanto precisato dall’allegato I.1 art. 3, comma 1, lett. d) al d.lgs. 36/2023, nell’affidamento del contratto in assenza di una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di interpello di più operatori economici, la scelta dell’affidatario è operata discrezionalmente dall’amministrazione, nel rispetto, ovviamente, dei requisiti qualitativi e quantitativi previsti dal Codice nonché di quelli generali e (ove previsti) speciali. Per la prima volta il legislatore ha inteso dare una definizione di “affidamento diretto” precisando che non si tratta di una procedura di gara. La precisazione non è cosa da poco avuto riguardo alle conseguenze che ne derivano non solo sul piano amministrativo. Il RUP può pertanto decidere di scegliere direttamente l’operatore economico e negoziare direttamente con quest’ultimo, oppure può decidere di mettere a confronto più operatori economici ma comunque la scelta è operata dal RUP in modo discrezionale in quanto nell’affidamento diretto non vi sono dei criteri di selezione a differenze delle altre procedure di gara previste dal Codice. Sulla questione è intervenuto di recente anche il Consiglio di Stato precisando che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori non trasformano l’affidamento diretto in una procedura di gara, né, tali attività, abilitano i soggetti che non

È

evidente che laddove

l'amministrazione decidesse di procedere tramite affidamento diretto sia possibile disciplinare i relativi rapporti obbligatori con l'affidatario tramite lo scambio di corrispondenza nelle dovute forme e secondo quanto prescritto dal codice dei contratti pubblici

siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze (cfr. Consiglio di Stato, V, n. 503 del 15 gennaio 2024). Il RUP dovrà pertanto avere riguardo ai requisisti qualitativi e quantitativi che la norma individua nelle “documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali”. È stato eliminato il riferimento alle esperienze “analoghe” rispetto all’oggetto del contratto che si andrà ad affidare. Si è voluto in questo modo ampliare il novero delle possibilità in capo al RUP che avrà modo di valorizzare eventualmente anche esperienze pregresse dell’operatore economico non necessariamente analoghe. Ovviamente, fermo restando il rispetto dei requisiti di ordine generale e speciali, se previsti. La soglia prevista dal Codice è € 150.000,00 per i lavori e € 140.000,00 per i servizi e forniture. L’ANAC con la delibera 605 del 19 dicembre 2023 ha approvato l’aggiornamento 2023 del PNA 2022 con particolare riferimento ai contratti pubblici a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice, individuando i primi impatti sulla predisposizione di presidi di anticorruzione e trasparenza. Con particolare riferimento all’affidamento diretto l’Autorità ha individuato alcuni elementi di criticità, quali: il possibile incremento del rischio di frazionamento artificioso nonchè l’alterazione del calcolo del valore stimato dell’appalto in modo tale da non superare il valore previsto per l’affidamento diretto. Il rimedio suggerito è quello di

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l’affidamento diretto

prevedere specifici indicatori di anomalia, anche sotto forma di alert automatici nell’ambito di sistemi informatici in uso alle amministrazioni che possano:

• analizzare tutti gli affidamenti il cui importo è appena inferiore alla soglia minima a partire dalla quale non si potrebbe più ricorrere all’affidamento diretto. Ciò al fine di individuare i contratti sui quali esercitare maggiori controlli anche rispetto alla fase di esecuzione e ai possibili conflitti di interessi;

• analizzare gli operatori economici per verificare quelli che in un determinato arco temporale risultano come gli affidatari più ricorrenti;

• analizzare in base al Common procurement vocabulary (CPV), gli affidamenti posti in essere, sia avvalendosi di procedure informatiche a disposizione delle singole amministrazioni che del Portale dei dati aperti di ANAC, con specificazione di quelli fuori MePA o altre tipologie di mercati elettronici equivalenti per appalti di servizi e forniture. Ciò al fine di verificare se gli operatori economici aggiudicatari siano sempre i medesimi e se gli affidamenti della stessa natura siano stati artificiosamente frazionati.

Altro potenziale elemento critico rilevato dall’ANAC è quello del possibile condizionamento dell’intera procedura di affidamento ed esecuzione dell’appalto attraverso la nomina di un Responsabile Unico di Progetto (RUP) non in possesso di adeguati requisiti di professionalità ai sensi dell’art. 15, d.lgs. 36/2023 e dell’allegato I.2 al medesimo decreto. A tal proposito l’ANAC suggerisce la pubblicazione del CV dei RUP, se dirigenti o titolari di posizione organizzativa, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 33/2013 per far conoscere chiaramente i requisiti di professionalità. Ulteriore potenziale elemento di criticità è stato individuato nell’affidamento degli incarichi di RUP al medesimo soggetto per favorire specifici operatori economici. In questo caso il rimedio suggerito è quello di prevedere procedure interne che individuino criteri oggettivi di rotazione nella nomina del RUP. Altro elemento caratterizzante l’affidamento diretto rispetto agli altri procedimenti di affidamento previsti dal Codice è la forma del contratto. In linea generale l’articolo 18 del decreto legislativo n. 36/2023 dispone che il contratto pubblico debba essere stipulato, a pena di nullità, in forma scritta. Questo, tra l’altro, in conformità con il principio generale secondo cui tutti i contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo di identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria

e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria (cfr. Cass. Civ. sez. II, ordinanza n. 8244/2019).

Il Codice contempla quattro forme distinte di stipulazione del contratto:

1) modalità elettronica;

2) forma pubblica amministrativa;

3) atto pubblico notarile informatico;

4) scrittura privata.

Nel caso delle procedure negoziate e nel caso dell’affidamento diretto il contratto è stipulato “ mediante corrispondenza secondo l’uso commerciale, consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o sistemi elettronici di recapito certificato qualificato ai sensi del regolamento UE n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014”. Dal tenore letterale della norma emerge chiaramente come non si sia in presenza di una facoltà per l’amministrazione. Sulla tematica è intervenuto recentemente il MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) con il parere numero 2341/2024 chiarendo che la finalità della norma è quella di semplificare le procedure sottosoglia tanto che il dato letterale del primo comma dell’articolo 18 prevede una disciplina per la stipula del contratto appositamente dedicata alle negoziate e agli affidamenti diretti. Le ragioni di siffatta impostazione affondano le radici addirittura nel regio decreto del 18 novembre 1923, n. 2440, che all’art. 17 dispone (ancora oggi) che “I contratti a trattativa privata, oltre che in forma pubblica amministrativa nel modo indicato al precedente art. 16, possono anche stipularsi: […] per mezzo di corrispondenza, secondo l’uso del commercio, quando sono conclusi con ditte commerciali”. È quindi evidente che laddove l’amministrazione decidesse di procedere tramite affidamento diretto e quindi in assenza di una procedura di gara, sia possibile disciplinare i relativi rapporti obbligatori con l’affidatario tramite lo scambio di corrispondenza nelle dovute forme e secondo quanto prescritto dal codice dei contratti pubblici. Recentemente il Tar del Veneto con la pronuncia numero 112 del 25 gennaio 2024 ha ribadito la legittimità dell’amministrazione la quale, a fronte di una richiesta di accesso agli atti tesa all’esibizione dei contratti e di altri documenti di gara relativi a un determinato affidamento, ha opposto l’assenza di tale documentazione in quanto il rapporto con la ditta interessata era frutto di affidamento diretto e, quindi, l’amministrazione non avrebbe potuto, pur volendo, esibire quanto richiesto (ad impossibilia nemo tenetur). L’affidamento diretto trova però un limite nel principio di rotazione.

L’art. 49 del D.lgs. n. 36/2023 dispone che gli affidamenti di importo inferiore alle soglie comunitarie

23 l’affidamento diretto

l’affidamento diretto

avvengono nel rispetto del principio di rotazione e il successivo comma 2° specifica che, in applicazione del citato principio, “ è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”.

Di recente il TAR Catania (sentenza n. 1099/2024) ha precisato al riguardo che i “due consecutivi affidamenti” fanno riferimento a quello da aggiudicare e a quello immediatamente precedente con la conseguenza che la disposizione vieta il secondo consecutivo affidamento e non il terzo affidamento da parte dell’operatore già affidatario di due consecutivi affidamenti, non rivenendosi, per una simile interpretazione, né elementi testuali, né elementi sistematici tenuto anche conto che la dispo-

sizione si pone in linea di continuità con la precedente regolamentazione di cui alle linee guida ANAC n. 4 che al punto 3.6 faceva espresso riferimento all’affidamento “precedente” e a quello “attuale”. Peraltro, osserva il TAR, in tal caso, la norma avrebbe utilizzato il termine “abbiano avuto”, piuttosto che “abbiano”, tempo presente che “attualizza” la sequenza temporale al momento immediatamente precedente. Occorre per completezza precisare che la normativa consente, in casi debitamente motivati quando non sussistono alternative effettive, avuto riguardo alla struttura del mercato di riferimento, che il contraente uscente possa essere individuato quale affidatario diretto ove però abbia accuratamente eseguito il precedente contratto. Ulteriore deroga al principio di rotazione è rappresentata dal limite di € 5.000,00 al di sotto del quale è possibile per l’Amministrazione non applicare di divieto di affidamento.

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La validazione nel nuovo

Codice dei contratti pubblici, tra conferme ed innovazioni

La verifica della progettazione è solo apparentemente tra gli istituti meno incisi dal nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36.

Se il combinato dell’art. 42 e dell’allegato I.7 (artt. 34 e ss.) riproduce sostanzialmente larga parte delle previsioni regolatrici dell’istituto in precedenza contenute nell’art. 26 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e ss.mm.ii. e nelle disposizioni regolamentari del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, non mancano tuttaviaa ben guardare - significative difformità.

Avviando la disamina dalla linea di continuità tra previgente e nuova disciplina, occorre da subito rilevare che dominus incontrastato della fase di verifica progettuale continua ad essere la figura che oggi, come noto, corrisponde - avendone financo “ereditato” lo stesso acronimo - al responsabile del procedimento del passato, ossia il Responsabile unico di progetto (RUP).

In linea di continuità tra previgente e nuova disciplina, dominus incontrastato della fase di verifica progettuale continua ad essere il responsabile del procedimento del passato, ossia il Responsabile unico di progetto (RUP)

Egli - nei limiti attualmente ribaditi dall’art. 34, comma 2, lett. d) dell’all. I.7 (lavori di importo inferiore a 1 milione di euro) - può anche effettuare personalmente la verifica, ove del caso avvalendosi della struttura di supporto di cui all’art. 15, comma 6 del codice. Inoltre, l’art. 42, comma 2, secondo periodo ribadisce – come già disponeva il comma 7 del citato art. 26 del codice del 2016 – l’incompatibilità dell’attività di verifica, per uno stesso progetto, con quelle di progettazio-

ne, coordinamento della relativa sicurezza, direzione dei lavori e collaudo, ciò evidentemente a garanzia di efficienza e terzietà dell’impegno. Eguale previsione è contenuta all’art. 34, comma 3 dell’all.I.7. In conformità al previgente art. 26, comma 8, il comma 4 dello stesso art. 42 (come pure il quarto comma dell’art. 34 dell’all. I.7) conclamano la differenza concettuale ed operativa tra “validazione” e “verifica”, profili che nella pratica talvolta si confondono.

Se la verifica è la complessiva attività di accertamento e controllo, la prima è invece l’atto formale che ne recepisce gli esiti. Sempre in continuità con il precedente statuto della validazione, l’atto di validazione fa “ preciso riferimento ” sia al rapporto conclusivo del verificatore sia alle eventuali controdeduzioni del progettista. Ciò vuol dire che la relazione finale del verificatore ben può rimanere “aperta”, nel senso cioè di poter recare, nonostante il contraddittorio con il progettista, una o più persistenti non conformità (sul profilo della posizione che potrà al riguardo assumere il RUP, cfr. infra)

Si continua poi a prevedere (art. 34, comma 4, terzo periodo dell’all. I.7; già in termini l’art. 26, comma 8, secondo periodo del d.lgs. n. 50/16, novellato sul punto dal d.lgs. n. 56/17, ed art. 55, comma 3 del d.P.R. n. 207/10) che il bando di gara e la lettera di invito per l’affidamento dei lavori contengono gli estremi dell’avvenuta validazione del progetto posto a base di gara.

25 responsabile unico di progetto (RUP)
Aldo Areddu - Foro di Roma

responsabile unico di progetto (RUP)

Ancora, in caso di contratto avente ad oggetto non solo l’esecuzione dei lavori ma anche la progettazione (art. 34, comma 5 all. I.7), va soggetto a verifica, prima della progettazione, il progetto esecutivo presentato dall’affi -

datario: rispetto al vecchio art. 26, comma 8 bis (introdotto nel codice del 2016 dal surricordato “correttivo” del 2017), ovviamente non si prevede più il progetto definitivo, in coordinamento con la scomparsa di tale livello progettuale (art. 41).

Precisa poi l’art. 42, comma 1, terzo periodo del codice – in linea sostanziale con il previgente art. 26, comma 2 del d.lgs. n. 50/16 – che in caso di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, come pure di contratto di partenariato pubblico-privato, la verifica del primo livello (progetto di fattibilità tecnico-economica) è completata prima dell’avvio della procedura di affidamento; quella del secondo (progetto esecutivo redatto dall’aggiudicatario), prima dell’inizio dei lavori. Restano regolate nell’all. I.7 in modo conforme al d.P.R. n. 207/10 cit. – pur con le precisazioni che seguiranno - le previsioni in tema di accreditamento degli Organismi (art. 35), attività di verifica in generale (art. 37), requisiti per la partecipazione alle gare (art. 38), criteri generali di verifica (art. 39), verifica documentale (art. 40), estensione del controllo e momenti della verifica (art. 41), responsabilità (art. 42), garanzie (art. 43), ed acquisizione dei pareri nonché conclusione dell’attività (art. 44). Infine, resta ferma la previsione (ora, art. 210, comma 2 del codice) che esclude la proponibilità di riserve per questioni di natura progettuale “coperte” dall’intervenuta verifica.

Veniamo ora invece alle difformità rispetto al passato. In primo luogo, il nuovo codice – oltre a continuare a prevedere (art. 15, comma 2, secondo periodo) che stazioni appaltanti ed enti concedenti non pubbliche amministrazioni od enti pubblici possono, in conformità ai rispettivi ordinamenti, individuare più soggetti cui affidare i compiti di RUP, e quindi un responsabile specifico, tra gli altri, per la fase di progettazione –dispone innovativamente al quarto comma dello stesso art. 15 che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti (ferme comunque restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP) possono nominare un responsabile del procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione ed uno per la fase di affidamento. In tal caso, l’art. 6, comma 2, lett. e) dell’allegato I.2, dedicato all’attività del RUP, stabilisce che il RUP sottoscrive la validazione “unitamente al responsabile della fase della progettazione, ove nominato ai sensi dell’articolo 15 del codice”. Coerentemente, l’attuale art. 42, comma 4 reca che la validazione è sottoscritta “dal responsabile del relativo procedimento”

(formula ampia che dunque include sia il RUP, sia l’eventualmente diverso - come anticipato - responsabile del procedimento di progettazione, sia infine il responsabile di fase previsto dall’ordinamento della stazione appaltante o concedente non pubblica amministrazione o ente pubblico).

In secondo luogo, occorre rilevare che l’art. 34, comma 2, dell’all. I.7, nel riprodurre le varie ipotesi di competenza della verifica graduate in base all’importo dei lavori, in precedenza recate dall’art. 26, comma 6 del d.lgs. n. 50/16, innova la prima di essa, ossia quella (lett. a) in cui occorre esclusivamente ricorrere agli organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020.

La novità in proposito è costituita dall’aver ivi previsto - unitamente alla già disciplinata fattispecie di lavori di importo pari o superiore a 20 milioni di euro - quella dell’appalto integrato, in caso di lavori di importo pari o superiore alla soglia europea.

Restano ferme le altre due (unitamente alla surricordata terza fattispecie dell’esecuzione diretta da parte del RUP per lavori di importo inferiore ad un milione di euro), ossia:

• lavori di importo inferiore a 20 milioni di euro e fino alla anzidetta soglia europea, per i quali la verifica potrà svolgersi o dai ridetti organismi oppure da operatori economici affidatari di servizi di architettura ed ingegneria (art. 66 del codice), oppure infine dalla stessa stazione appaltante, nella misura in cui disponga di un sistema interno di controllo di qualità;

• lavori di importo sottosoglia europea e fino ad un milione di euro, con riferimento ai quali l’attività potrà essere svolta dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti ove il progetto sia stato redatto da progettisti esterni o le stesse stazioni appaltanti dispongano di un sistema interno di controllo della qualità ove il progetto sia stato redatto da progettisti interni. In terzo luogo, occorre soffermarsi sull’oggetto della verifica: il primo comma, primo periodo dell’art. 42 del codice chiarisce che essa consiste nella rispondenza “del progetto alle esigenze espresse nel documento di indirizzo” (oltre che alla conformità alla normativa vigente). Laddove l’art. 26, comma 1 del codice previgente poneva come “poli” del controllo, da un lato, gli elaborati progettuali predisposti dal progettista e, dall’altro, quelli previsti nei relativi contenuti dal codice stesso all’art. 23, l’attuale codice eleva a parametro di verifica (del progetto nella sua interezza) il “documento di indirizzo della progettazione” di cui all’art. 41, comma 3, e con i contenuti dell’ivi richiamato all.I.7 (che regolamenta in dettaglio il DIP all’art. 3). Ciò evidentemente ad evitare che esso finisca per costituire un mero documento pro-

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grammatico e non – come invece congegnato - il fondamento ineliminabile del progetto articolato a due livelli. La rilevanza del documento di indirizzo e la necessaria conformità ad esso dell’intero progetto è ribadita al successivo comma 2, primo periodo dello stesso art. 42, che impone di accertare la coerenza con il DIP delle due fasi progettuali (laddove il precedente art. 26, comma 3 limitava la garanzia di “unità progettuale” al raffronto successivo di conformità: dell’esecutivo rispetto al definitivo; di quest’ultimo rispetto al PFTE).

In quarto luogo, una differenza regolamentativa attiene al contraddittorio.

L’attuale art. 42 ne rafforza l’importanza introducendo al comma 2, primo periodo, un vero e proprio obbligo di “garanzia” di esso a carico del RUP.

Inoltre, ora il contraddittorio è espressamente delimitato – oltre che al soggetto verificatore, naturalmente - al “progettista” tout court

Tale previsione, letta in combinato con la mancata riproduzione della previsione dell’art. 26, comma 3, secondo periodo del codice del 2016, secondo cui “ al contraddittorio partecipa anche il progettista autore del progetto posto a base della gara, che si esprime in ordine a tale conformità” (previsione propria dell’appalto integrato, in cui sussiste diversità tra i due progettisti: quello autore del progetto da verificare e quello del progetto di fattibilità a base dell’affidamento), sembrerebbe circoscrivere il contraddittorio – per l’appunto in caso di appalto integrato - al solo progettista dell’esecutivo.

Tuttavia sul punto, una considerazione (necessariamente, in conformità agli ordinari canoni interpretativi della legge, ed n particolare all’art. 12 delle preleggi) complessiva e sistematica dei termini e delle previsioni che li contengono, conduce ad una diversa interpretazione. Come anzidetto, il nuovo codice – nella descrizione dell’oggetto della verifica – opera un costante riferimento al “progetto” unitariamente inteso (“progetto” al comma 1; “ progetto nelle sue diverse fasi ”: comma 2), volendo assicurarne la rispondenza/coerenza con il DIP. A ciò si aggiunga il duplice uso in entrambi i commi 1 e 2 dell’art. 42 del lemma “ sviluppo ”, che rimanda ad una verifica in progress, man mano cioè che il progetto si dipani lungo i due livelli successivi; in particolare, al comma 2 lo sviluppo è collocato tra due termini, “seguire” e “parallelamente” (alla progettazione) che rafforzano tale approccio di costante progressione.

Ulteriormente, laddove l’art. 54 del d.P.R. n. 207/10 imponeva una verifica effettuata “contestualmente allo sviluppo degli stessi” [livelli di progettazione, ndr.], oggi l’all. I.7, all’art. 41, comma 1, primo periodo lega la medesima “contestualità dello sviluppo”, ancora una volta, al “progetto”, e non più ai suoi singoli livelli.

In altre parole, non si richiede più – come in precedenza - una verifica statica e per fasi immediatamente successive (ossia, se il definitivo fornito presenti gli elaborati richiesti per tale stadio e se sia conforme al PFTE; di seguito, se l’esecutivo fornito presenti egualmente gli elaborati richiesti per tale stadio e se sia conforme al definitivo), ma una verifica unitaria e dinamica del progetto unitariamente inteso nelle sue due articolazioni progressive rispetto al documento di indirizzo (oltre che ovviamente alla vigente normativa).

Posto ciò ed in conclusione sull’aspetto, in caso di appalto integrato, il progettista con cui il verificatore si confronta dialetticamente non può essere soltanto quello autore dell’esecutivo ma anche quello del PFTE posto in gara, che ben può/deve fornire il proprio contributo conoscitivo all’attività di verifica unitariamente intesa e finalizzata, nell’intenzione del legislatore, a rendere possibile, sotto la responsabilità del RUP (ed eventuale responsabile di fase), una coerenza complessiva rispetto al documento iniziale (e non soltanto – come in precedenza – “l’unità progettuale”).

In quinto luogo, ulteriore momento di discontinuità è rappresentato dal disposto innovativo del comma 3 dell’art. 42, a tenore del quale la verifica accerta la conformità del progetto alle prescrizioni eventualmente impartite dalle amministrazioni competenti prima dell’avvio della fase di affidamento e, se la stessa ha esito positivo, assolve a tutti gli obblighi di deposito ed autorizzazione per le costruzioni in zone sismiche, nonché di denuncia dei lavori all’ufficio del genio civile. A tal fine si prevede altresì che i progetti, corredati della attestazione dell’avvenuta positiva verifica, siano depositati con modalità telematica interoperabile presso l’Archivio informatico nazionale delle opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La novità attiene essenzialmente alla seconda parte, perché con riferimento alle “prescrizioni”, l’art. 58 del reg. gen. del 2010 riguardava per intero la conferenza di servizi e non è stato (tra i pochissimi) riprodotto oggi nell’all. I.7. In sesto ed ultimo luogo, risulta difformemente regolamentata l’ipotesi in cui il RUP dissenta dagli esiti della verifica. A tal riguardo, l’art. 55, comma 2 del d.P.R. n. 207/10, stabiliva che l’atto formale di validazione (o di mancata validazione) dovesse in tal caso contenere “specifiche motivazioni”, e che la stazione appaltante assumesse le necessarie decisioni in conformità al proprio ordinamento. Ora, il già ricordato art. 6, comma 2, lett. e), dell’all. I.2 dispone che il medesimo sottoscrive la validazione (unitamente – come già detto - al responsabile della fase della progettazione, ove nominato) “facendo riferimento al rapporto conclusivo redatto dal soggetto preposto alla verifica, e alle eventuali controdeduzioni del

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responsabile unico di progetto (RUP)

progettista. In caso di dissenso sugli esiti della verifica, il RUP fornisce adeguata motivazione”.

La nuova formulazione, in raffronto alla precedente, lascia ritenere che il RUP – valutando congiuntamente le conclusioni del verificatore e le controdeduzioni del progettista, entrambe riportate nell’atto di validazione – possa egli stesso comporre direttamente il dissidio, accogliendo le indicazioni dell’uno o dell’altro, o financo trovando una “terza via” di sintesi tra le due posizioni rimaste, sul punto specifico, distanti tra loro. Vale da ultimo soffermarsi brevemente sul regime transitorio.

L’art. 225 stabilisce al comma 9 che a decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia (1° luglio 2023), continuano ad applicarsi le previsioni dell’art. 23 del previgente codice in materia di progettazione “ai procedimenti in corso”, ossia le procedure per le quali a tale

data risulti formalizzato l’incarico di progettazione. La perdurante vigenza dell’art. 23, e dunque della tripartizione progettuale e dei corrispondenti contenuti, condiziona inevitabilmente l’attività di verifica che dunque dovrà accertare, a progettazione già avvenuta prima di tale data, la rispondenza degli elaborati all’assetto disciplinare previgente. Tuttavia, per quanto riguarda gli elaborati amministrativi (capitolato speciale d’appalto e contratto), nonostante ciò, e per il principio generale secondo cui un contratto resta assoggettato alle norme che vigono al momento dell’attuazione del suo programma negoziale, i testi dovranno comunque conformarsi alle nuove previsioni in materia di esecuzione del contratto (consegna lavori, sospensione, subappalto etc.): in tal senso si è correttamente espresso il Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili, con il parere reso dal servizio giuridico al quesito n. 2128/23.

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L’affidamento diretto nell’era del PNRR

Il PNRR ha introdotto una serie di riforme finalizzate a garantire l’attuazione del Piano stesso e, più in generale, tese a rimuovere gli ostacoli amministrativi e/o procedurali che hanno condizionato la qualità dell’erogazione dei servizi pubblici in favore degli utenti. Più chiaramente si è inteso introdurre misure di semplificazione e razionalizzazione della legislazione nel settore dei contratti pubblici. Pertanto per l’attuazione di questo obiettivo è stata prevista l’introduzione, in via d’urgenza, di una normativa speciale sui contratti pubblici che rafforzasse le semplificazioni già varate con il D.l. 76/2020 (Decreto semplificazioni) e ne prorogasse l’efficacia fino al 2023: ciò che è avvenuto con il Decreto semplificazione bis. Nel Piano si legge infatti che la complessità del previgente codice dei contratti pubblici aveva causato diverse difficoltà attuative, per questo la riforma da attuare si concreterebbe nel recepire le norme delle tre direttive UE781 integrandole, esclusivamente nelle parti che non siano self executing, e ordinandole in una nuova disciplina, più snella rispetto a quella vigente, che riduca al massimo le regole che vanno oltre quelle richieste dalla normativa europea (c.d. divieto di gold plating), anche sulla base di una comparazione con la legislazione adottata da altri stati membri dell’UE. Èstato previsto che per l’attuazione della riforma fosse necessaria una legge delega attraverso dei decreti legislativi. Infatti, sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 146 del 24/06/2022 è stata pubblicata la legge 21 giugno 2022 n. 78 recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, secondo la quale “il Governo è delegato ad

È bene che il RUP, quando sceglie di optare per un affidamento diretto richiedendo preventivamente l’acquisizione di preventivi, riservi particolare attenzione a come intende comportarsi successivamente con gli operatori economici interessati

adottare […] uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguarla al diritto europeo e ai princìpi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché al fine di evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate” Con riguardo ai principi e criteri direttivi, la legge 78/2022 contiene 31 punti, meno della metà dei 70 previsti dalla legge 11/2016 che ha dato origine al D.lgs. 50/2016, una riduzione che ha inteso perseguire l’obiettivo di massima aderenza al dettato delle direttive europee. Non solo, il contenuto degli stessi sembra porsi in continuità con il processo di semplificazione della disciplina delle procedure di gara realizzato negli ultimi anni, anche per quanto riguarda la disciplina dei contratti sottosoglia: l’articolo 1, comma 2, lettera e) prevede infatti il criterio di “semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, nel rispetto dei princìpi di pubblicità, di trasparenza, di concorrenzialità, di rotazione, di non discriminazione, di proporzionalità, nonché di economicità, di efficacia e di imparzialità dei procedimenti e della specificità dei contratti nel settore dei beni culturali, nonché previsione del divieto per le stazioni appaltanti di utilizzare, ai fini della selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, il sorteggio o

1 Il riferimento è alle tre direttive UE del 2014 in materia di contratti pubblici: la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; la direttiva 2014/24/UE sull’aggiudicazione degli appalti pubblici nei settori ordinari e la direttiva 2014/25/UE sull’aggiudicazione degli appalti pubblici nei settori speciali.

29 normazione

altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate” Al di là dei singoli principi e criteri direttivi, appare opportuno sottolineare la presenza al quinto comma della c.d. “clausola di invarianza” per cui i decreti legislativi dovranno essere adottati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ma se tra le priorità indicate dal legislatore rientra anche la creazione di personale altamente qualificato all’interno delle stazioni appaltanti e l’incentivazione dell’aggregazione delle stesse (lettera c), nonché l’attivazione o il potenziamento delle piattaforme digitali e banche dati centralizzate (lettere m e s), questi obiettivi sono difficilmente raggiungibili senza la previsione di ulteriori investimenti. In merito il prof. Cerulli Irelli, commentando il disegno di legge delega, ha rilevato: “visto che una parte importante di questo settore di amministrazione sarà dedicato all’attuazione del PNRR (anzi, sarà strumento decisivo perché il PNRR possa avere successo) non si vede perché una parte delle risorse previste dallo stesso Piano non possano essere dedicate ai necessari interventi organizzativi e gestionali in questo settore della contrattazione pubblica”2. Questa previsione non fa altro che confermare la scarsa attenzione del legislatore alla formazione specifica degli operatori che quotidianamente si trovano immersi nel caotico e mutevole mondo dei contratti pubblici. Sicuramente sarebbe stata auspicabile la destinazione di parte delle risorse del Piano alla formazione e specializzazione del personale addetto, in particolare per coloro che hanno e avranno la responsabilità di portare a compimento gli obiettivi del Piano stesso.

Il testo definitivo, poi pubblicato sul Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 31 marzo 2023 come D.lgs. n. 36/2023, è diviso in cinque libri: il primo dedicato a principi, digitalizzazione, programmazione e progettazione; il secondo all’appalto; il terzo agli appalti nei settori speciali; il quarto al partenariato pubblico-privato e alle concessioni; il quinto al contenzioso, all’ANAC e alle disposizioni finali e transitorie.

Ai contratti sottosoglia viene dedicata la Parte I del Libro II (articoli da 48 a 55), nella quale sono state riunite tutte le relative disposizioni rilevanti. Da evidenziare è l’articolo 49 che sottolinea che gli affidamenti sottosoglia avvengo-

no nel rispetto del principio di rotazione3 definendone la portata applicativa: è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi. Viene poi aggiunto che le stazioni appaltanti possono prevedere l’articolazione degli affidamenti in fasce sulla base del valore economico, e di conseguenza applicare la rotazione4 all’interno delle stesse.

La rotazione non si applica invece nelle procedure negoziate per le quali sia indetta un’indagine di mercato aperta a tutti agli operatori economici da invitare, oltre che negli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro5. Su quest’ultimo aspetto va rilevata la mancata indicazione di un arco temporale per il calcolo della soglia a differenza degli affidamenti diretti di importo superiore a 5.000 €, per i quali le deroghe al principio di rotazione prevedono presupposti particolarmente stringenti. Infatti potremmo trovarci di fronte ad affidamenti diretti sotto i 5.000 € reiterati allo stesso operatore economico per la stessa categoria merceologica, la stessa categoria di opere o lo stesso settore di servizi fino a quando la somma degli importi non supera la soglia. Pertanto appare evidente la necessità di prevedere un arco temporale da considerare per la sommatoria degli importi.

L’affidamento diretto come mono provvedimento6

L’articolo 50 è stato dedicato all’affidamento diretto e sembra riprendere le previsioni delle procedure emergenziali dei decreti semplificazione, il cui periodo di vigenza è stato probabilmente considerato come banco di prova per la loro efficacia e tenuta, prova che sembra essere stata superata.

Il comma 1 prevede l’affidamento diretto per i lavori di importo inferiore a € 150.000 e per i servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a € 140.000, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando però che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse7 idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in

2 Cerulli Irelli Vincenzo, “Le innovazioni normative e i contratti pubblici”, Astrid Rassegna n. 7/2022;

3 Da rilevare è che il principio di rotazione, anche nei casi di procedure negoziate, costituisce il necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta alla PA nel decidere gli operatori da invitare al fine di evitare la formazione di rendite di posizione e di perseguire l’effettiva concorrenza consentendo la rotazione tra i diversi operatori.

4 “Ciò nonostante non può sottacersi che la rotazione può rappresentare un primo, anche se non esaustivo, rimedio a pratiche di mala gestio, in special modo per gli affidamenti disposti a livello locale, il cui importo contenuto e non eccessivo costituisce, anche, un deterrente per la proposizione dei previsti (e costosi) rimedi impugnatori, così sottraendoli al possibile vaglio giustiziale”, Francesco Armenante, “Le procedure di affidamento dei contratti pubblici”, pag. 67, Giuffrè, 2023;

5 Nonostante il silenzio della norma sul tema, è opportuno che il RUP motivi la deroga poiché gli acquisti reiterati potrebbero configurarsi quali artificiosi frazionamenti;

6 Arch. Raffaele Esposito, Direttore ff, Unità Operativa Complessa Manutenzione Ordinaria e Straordinaria Immobili e Impianti Tecnici – Asl Napoli 1 Centro;

7 Viene consentita la possibilità di affidare l’appalto direttamente senza necessità di un confronto tra preventivi ma risulta evidente la necessità di possedere un’esperienza adeguata nel settore. La norma non affronta la questione della scelta o della motivazione ma dalla sua lettura

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elenchi o albi; la procedura negoziata senza bando previa consultazione di cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per i lavori di importo compreso tra € 150.000 e un milione e per i servizi e forniture di importo compreso tra € 140.000 e le soglie di rilevanza europea. La medesima procedura è prevista per i lavori di importo compreso tra il milione di euro e le soglie di rilevanza europea, con la differenza che sale a dieci il numero minimo di operatori economici da invitare ed è fatta salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di scelta del contraente di cui alla parte IV del libro II.

Emerge in modo evidente la volontà del legislatore di creare una stretta correlazione tra gli appalti sottosoglia e le procedure semplificate, non a caso viene prevista la possibilità del ricorso alle procedure ordinarie ai soli appalti di lavori di importo superiore al milione di euro. Concretamente si è voluto chiarire che gli affidamenti dei contratti sottosoglia, in particolar modo quelli di importo ridotto, devono essere espletati attraverso procedure semplici evitando quelle più complesse, quindi in controtendenza rispetto al precedente codice che propendeva sempre per il ricorso a procedure maggiormente concorrenziali.

Viene, inoltre, previsto che nelle procedure negoziate, le stazioni appaltanti possono scegliere il criterio di aggiudicazione, con esclusione solo per le ipotesi previste all’art. 108 per le quali l’aggiudicazione deve avvenire obbligatoriamente secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

In aggiunta, secondo l’articolo 54, nei casi di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso di contratti di appalto di lavori e servizi sottosoglia che non presentano un interesse transfrontaliero certo, le stazioni appaltanti devono prevedere negli atti di gara l’esclusione automatica delle offerte anomale quando il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque. Al riguardo viene precisato che tale previsione non si applica agli affidamenti diretti, probabilmente perché per tali procedure non è previsto un vero e proprio criterio di aggiudicazione. Da sottolineare, inoltre, le disposizioni contenute nell’art. 17, rubricato “Fasi delle procedure di affidamento”, che ricorda l’articolo 32 del Codice del 2016: anzitutto viene abbandonata, per quanto attiene agli affidamenti diretti che avvengono attraverso un mono provvedimento, la dicitura “determina a contrarre o atto equivalente” sostituita con l’espressione “apposito atto” con la quale la stazione appaltante adotta la decisione a contrare a rimarcare la differenza di contenuti tra un simile atto e una vera e propria

appare evidente che, se è possibile un atto unico (c.d. determina a contrarre semplificata), tuttavia è necessario chiarire le ragioni per le quali è stato scelto quell’operatore economico specifico che deve essere in possesso dei requisiti richiesti e in grado di fornire la prestazione ad un prezzo congruo;

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determina con la quale si adotta la decisione di contrarre. Infatti, se il comma 1 dettaglia i contenuti dell’“apposito atto” con cui le amministrazioni adottano la decisione di contrarre, il comma 2 prescrive che “in caso di affidamento diretto, l’atto di cui al comma 1 individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale”

Concretamente nel caso di affidamento diretto (c.d. mono provvedimento) scompare la distinzione tra determina a contrarre e determina di aggiudicazione (rectius: di affidamento). Ne deriva che la volontà dell’amministrazione di contrarre e di affidamento risultano concentrati in un unico atto che a seconda della rilevanza che l’amministrazione ha voluto attribuire alla procedura (consultando un solo operatore o più operatori) potrebbe risultare l’unico atto attraverso il quale si concede evidenza esterna (ex post facto) della stessa esistenza della procedura. Più chiaramente la determina a contrarre (o atto equivalente) si traduce nella determina di affidamento. Il comma 3 prevede, inoltre, che le stazioni appaltanti concludono le procedure di selezione seguendo le disposizioni previste nell’allegato I.3. Scaduti i termini si configura il silenzio inadempimento che viene valutato anche al fine della verifica del rispetto del dovere di buona fede, anche in pendenza di contenzioso.

Vengono, altresì, previsti tempi precisi per la conclusione delle procedure di affidamento e le relative conseguenze in caso di mancato rispetto degli stessi. L’allegato I.3 precisa che decorrono dalla pubblicazione del bando di gara o dall’invio degli inviti ad offrire, fino all’aggiudicazione e non possono essere sospesi neanche in pendenza di contenzioso ma solo con l’emanazione di provvedimento cautelare del giudice amministrativo. Mentre la proroga del termine risulta possibile in caso di necessità di avviare la procedura di verifica dell’anomalia e in presenza di circostanze eccezionali motivate dal RUP. Ma nello stesso allegato è assente qualsiasi riferimento all’affidamento diretto, conseguenza probabile della convinzione del legislatore che tutto ciò che precede un affidamento mono provvedimento, ora l’unico possibile, sia qualificabile come una mera istruttoria informale non rientrante nei tempi della gara.

Da segnalare è che il nuovo codice associa all’acronimo “RUP” un significato differente rispetto a quello assegnato dall’ordinamento italiano a partire dalla legge n. 109/94 – c.d. legge Merloni – come responsabile Unico del Progetto e trova la sua nuova disciplina all’art. 15. Questa rivisitazione generale dell’acronimo non sembra particolarmente adatta nelle ipotesi di affidamento diretto nel senso che, se ogni singolo affidamento costituisce un

procedimento, non è detto che debba essere necessariamente inquadrato nell’ambito di un progetto. Pensiamo alla realizzazione di un’importante opera pubblica che può essere sicuramente considerata un progetto, ma non altrettanto può considerarsi la miriade di affidamenti più semplici che vengono realizzati ogni giorno dalla pubblica amministrazione. Più chiaramente una fornitura di materiale da cancelleria difficilmente può essere considerata parte integrante di un progetto.

Natura e modalità operative8

Nelle precedenti pagine si è delineata una panoramica delle ultimissime disposizioni che hanno coinvolto l’affidamento diretto ma va rilevato come non si rinviene una definizione vera e propria, così come un insieme di norme che ne disciplinino l’operatività concreta.

In altre parole anche il nuovo codice, come anche le linee guida elaborate da Anac, si limitano a dire che l’affidamento diretto è consentito al di sotto di certe soglie di importo, che deve essere adottato nel rispetto di una serie di principi, magari cercando di dettagliarne maggiormente qualcuno, come la rotazione ma, in pratica, non hanno mai risposto direttamente a due domande:

Cos’è un affidamento diretto?

Qual’è il modo più corretto per realizzarlo?

Di fatto tutti sanno che è previsto e che è la procedura più utilizzata dalle pubbliche amministrazioni, ma nessuno ne parla come si dovrebbe. Il legislatore si è da sempre limitato a definirne l’ambito di applicazione e l’ANAC, nei suoi pareri e linee guida, ha dato delle indicazioni più pratiche, ma spesso demandando la disciplina di dettaglio ai regolamenti interni delle stazioni appaltanti. Non solo, probabilmente per il valore generalmente modesto dei contratti affidati direttamente (con il nuovo codice la soglia è aumentata in modo significativo), la dottrina non si è interessata più di tanto a questo tipo di procedura e, forse per lo stesso motivo, anche le controversie si fermano spesso ai TAR, con approdi non sempre univoci e poche arrivano al Consiglio di Stato.

Sembra esista una certa reticenza diffusa nei confronti dell’affidamento diretto, forse la causa risiede nella sua natura di procedimento di fatto de procedimentalizzato, nel senso che è una procedura piuttosto libera nella forma, con pochi vincoli, al contrario, ad esempio, delle procedure aperte per le quali ogni passaggio è previsto nel dettaglio dalla normativa.

Pertanto spetta alla stazione appaltante, ma anche al singolo RUP, il compito di modellare, di volta in volta, la procedura, scegliendo quale sia la strada migliore per giungere al risultato prefissato nel rispetto dei canoni di efficacia ed efficienza. Ma anche se risulta doveroso il

8 Eugenio Catapano, Dirigente amministrativo c/o Unità Operativa Complessa acquisizione servizi

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normazione

rispetto dei principi generali quali l’imparzialità, la libera concorrenza e la trasparenza, ciò non trasforma l’affidamento diretto nella procedura più idonea con la quale la commessa pubblica viene affidata all’operatore economico considerato migliore ad insindacabile giudizio della stazione appaltante. Non solo, si registrano diversi orientamenti riguardo alla natura e alle modalità operative da seguire concretamente soprattutto quando viene preceduto dalla valutazione o consultazione di più operatori economici. Infatti in relazione alla natura dell’affidamento diretto, alcuni sostengono “si tratta sempre di una ipotesi di procedura negoziata, semplificata, attivabile nei confronti di un unico operatore economico”9

Più chiaramente attraverso una procedura negoziata la stazione appaltante consulta gli operatori economici da loro individuati e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto. Ora al riguardo si confonde fra un’eventuale richiesta di preventivi, posta in essere a monte dell’affidamento e la procedura di negoziazione diretta che viene attuata una vota individuato il soggetto con cui negoziare. Va ricordato infatti che la negoziazione, ovvero la trattativa, si istaura solo con il soggetto ex ante scelto nella fase di indagine di mercato (rectius: richiesta di preventivi). È questa, e non la prima, la fase di negoziazione cioè la procedura negoziata. Infatti la fase che precede rientra nelle

c.d. “procedure di consultazione”. Invece con l’affidamento diretto, i preventivi richiesti non vengono (o, meglio, non dovrebbero) essere messi in competizione tra loro, sulla base di un importo a base di gara, per poi proseguire con l’aggiudicazione della migliore offerta, in tal caso infatti non dovremmo parlare di affidamento diretto in senso stretto.

A conclusioni simili, anche se partendo da presupposti diversi, e senza richiamare il concetto di procedura negoziata, giunge la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, Ses, IV, aprile 2021, n. 3287 che, nell’affrontare il tema della richiesta di preventivi prima dell’affidamento, sostiene che “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti; cfr. il par. 4.1.2. sull’avvio della procedura), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze”. Nel caso cui si fa riferimento, nonostante la stazione appaltante avesse invitato gli operatori a presentare un preventivo secondo le specifiche indicate e avesse precisato

9 Girlando Pier Luigi, “L’affidamento diretto nel sottosoglia, una visione di insieme”, Lavori pubblici, 24 dicembre 2020;

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normazione

che l’affidamento sarebbe avvenuto al prezzo più basso, ai sensi dell’art. 95, comma 4, del D.lgs n. 50/2016, si era comunque riservata la possibilità di un’eventuale negoziazione con uno o più degli operatori economici interpellati ritenuti idonei all’esecuzione della prestazione richiesta, senza vincolarsi in alcun modo in ordine alla scelta finale. Di fatto successivamente la stazione appaltante si era decisa per l’affidamento all’operatore economico che aveva presentato il prezzo più basso con riferimento ad una parte della fornitura lasciando la restante a successive indagini di mercato. Il ricorrente in primo grado aveva contestato tale approccio perché ritenuto lesivo del principio di parità di trattamento. Il Consiglio di Stato ha invece condiviso tale modalità ritenendo che la mera acquisizione di preventivi non trasforma l’affidamento diretto in una procedura comparativa, condividendo implicitamente la rilevanza delle fasi di acquisizione dei preventivi ai soli fini della corretta istruttoria da parte del RUP in ordine alla congruità della motivazione a base della scelta dell’affidatario. L’utilizzo di tale modalità di fatto esclude la possibilità per gli operatori economici di avanzare pretese. Se tale ricostruzione sembra condivisibile, non si può affermare che tale orientamento sia dominante e consolidato e, infatti, un anno più tardi, il TAR Abbruzzo sostiene la tesi opposta: “l’amministrazione aggiudicatrice, quando si determina a consultare più operatori per l’affidamento di contratti, ancorchè di importo inferiore … ai 40.000, avvia pur sempre una procedura di gara. Nel caso in decisione il procedimento ha avuto avvio con l’invito di più operatori, cui ha fatto seguito la presentazione e la valutazione selettiva delle offerte ed è proseguito con la comparazione delle offerte e la scelta del contraente, mediante applicazione di criteri tabellari di selezione della migliore offerta attributivi di distinti punteggi, sulla base del prezzo di vendita proposto dai concorrenti per ciascuno dei prodotti offerti. È dunque evidente che l’Amministrazione ha inteso dar corso ad un confronto competitivo fra gli aderenti all’invito ad offrire. Trovano pertanto piena applicazione i principi in materia di parità di trattamento degli operatori partecipanti alla gara”10

Da rilevare ancora che dopo una settimana da questa decisione è arrivata una sentenza di senso opposto: “… la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti …) non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara ….”11. A fronte di possibili diversità di vedute, sarebbe opportuno che il RUP, quando sceglie di optare per un affidamen-

10 TAR Abbruzzo, l’Aquila, Sez. I, 17 novembre 2022, n. 410;

11 TAR Calabria, Reggio Calabria, Sez. n.1, 25 novembre 2022, n. 750;

to diretto richiedendo preventivamente l’acquisizione di preventivi consultando più operatori economici, riservasse particolare attenzione a come intende comportarsi successivamente con gli operatori economici interessati.

Sebbene la giurisprudenza del Consiglio di Stato ritenga che la procedimentalizzazione dell’affidamento diretto non lo trasforma in una procedura di gara, è altresì vero che espressioni quali “presentare offerta” o “Criterio di aggiudicazione del prezzo più basso” può far nascere nell’operatore economico l’aspettativa di un auto vincolo dell’amministrazione allo svolgimento di una procedura che riproduce quella di una gara formale, e rischia di esporre l’amministrazione ad un potenziale ricorso da parte degli operatori non aggiudicatari nel caso in cui venga disattesa tale impostazione.

Se lo scopo è quello di ottenere dei preventivi per valutare le caratteristiche e i prezzi delle soluzioni offerte dal mercato, è opportuno chiarirlo sin dall’inizio in modo non equivoco cioè precisare nella richiesta di preventivo che la finalità è quella di un’indagine esplorativa finalizzata ad un successivo affidamento diretto.

Se, al contrario, si vuole strutturare l’affidamento diretto alla stregua di una procedura concorrenziale, è consigliabile, nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità e trasparenza, delineare un sistema di regole comuni a tutti i soggetti che intendono partecipare assicurandone il loro rispetto.

34 normazione
I Requisiti di Ordine Speciale negli Appalti Pubblici alla luce del Nuovo Codice dei Contratti (d. lgs. n. 36/2023)

La promozione della concorrenza tra operatori economici nelle gare d’appalto è stata un elemento chiave del precedente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) e assume ancora maggiore importanza oggi, quale principio guida che informa tutto l’impianto normativo del nuovo Codice (d.lgs. n. 36/2023). Al fine della trasparenza e della massima partecipazione, l’art. 10 del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce i principi relativi alle cause di esclusione dalla procedura di selezione, specificando la loro tassatività, in funzione della trasparenza e massima partecipazione. Il successivo art. 58 stabilisce poi che, fin dalla fase di redazione del bando, le gare d’appalto debbano essere organizzate in lotti, per permettere anche alle piccole e medie imprese una effettiva partecipazione. Inoltre, lo stesso articolo prevede che la strutturazione dei bandi di gara garantisca il massimo favor partecipationis. Nell’ottica sopra accennata, i requisiti di ordine speciale rappresentano una componente essenziale della procedura selettiva. Essi variano in base alla natura specifica dell’appalto e sono vòlti a garantire l’idoneità dell’operatore economico ad eseguire il contratto in termini di solidità economica, competenza tecnica e conformità a specifiche norme o standard.

esperienza, certificazioni, licenze o capacità finanziarie per partecipare alla gara.

Requisiti ambientali . Se il progetto ha implicazioni ambientali, potrebbero essere stabiliti requisiti specifici per garantire la conformità alle leggi ambientali e la sostenibilità del progetto.

Requisiti di sicurezza. In settori come la costruzione, possono essere definiti requisiti di sicurezza per proteggere i lavoratori e il pubblico durante l’esecuzione del progetto.

È fondamentale che gli appaltatori comprendano appieno i requisiti di ordine speciale prima di partecipare a una gara d'appalto, poiché il mancato loro possesso può portare all’esclusione dell’operatore che ne sia privo

Fra i requisiti di ordine speciale possono annoverarsi: Requisiti tecnici, ovvero specifiche tecniche o standard che l’appaltatore deve rispettare per quanto riguarda la qualità dei materiali, la progettazione, la costruzione, o altri aspetti tecnici del progetto.

Requisiti di qualificazione. L’ente appaltante può richiedere che gli appaltatori dimostrino di avere una determinata

Requisiti finanziari. L’ente appaltante potrebbe richiedere che gli appaltatori dimostrino di avere la capacità finanziaria di portare a termine il progetto.

Requisiti di tempistica. Specifiche scadenze e vincoli temporali che l’appaltatore deve rispettare durante l’attuazione del progetto.

Requisiti di assicurazione e garanzia. Gli appaltatori possono essere tenuti a fornire prove di assicurazione o garanzie per coprire eventuali rischi o problemi che possono sorgere durante il progetto.

Requisiti di qualità . Specifiche sulla qualità dei materiali e delle prestazioni richieste per il progetto.

È fondamentale che gli appaltatori comprendano appieno questi requisiti di ordine speciale prima di partecipare a una gara d’appalto, poiché il mancato loro possesso può portare all’esclusione dell’operatore che ne sia privo. Inoltre, la chiarezza e la trasparenza nella definizione di questi requisiti è cruciale per garantire la par condicio, la massima partecipazione e l’affidamento del contratto al contraente più qualificato.

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Eugenio Tristano - Studio legale Tristano-Roma
appalti pubblici

Il nuovo Codice

L’art. 100 del Nuovo Codice degli Appalti, nel disciplinare gli altri requisiti di partecipazione alla gara, presenta forti profili di discontinuità rispetto alla disciplina del d.lgs. 50/2016.

Al comma 1, viene ripetuta e mantenuta la distinzione ormai consolidata tra requisiti di idoneità professionale, requisiti di capacità economico-finanziaria e requisiti di capacità tecnico-professionale, con la precisazione, al comma 2, che i requisiti di partecipazione richiesti dalla stazione appaltante devono essere proporzionati e attinenti all’oggetto dell’appalto.

Al comma 3, è previsto, quale requisito di idoneità tecnica, l’iscrizione nel registro della camera di commercio. Al fine di consentire la massima partecipazione alle procedure di gara, si stabilisce che è posseduto il requisito di idoneità professionale anche in caso di iscrizione per attività non coincidente con l’oggetto dell’appalto, purché pertinente.

All’operatore economico di altro Stato membro, non residente in Italia, è consentito di autodichiarare sotto la propria responsabilità di essere iscritto in uno dei registri professionali o commerciali previsti nell’allegato II.11. L’aspetto peculiare delle disposizioni contenute ai commi da 4 a 11 è costituito dalla scelta di disciplinare anche la qualificazione degli operatori economici per gli appalti di forniture e servizi, così da allineare la disciplina della qualificazione per gli appalti di servizi e forniture a quella degli appalti di lavori, così dando vita ad un sistema tendenzialmente unitario in funzione di semplificazione, sia per quanto riguarda la partecipazione alla gara da parte degli operatori economici, sia per quanto riguarda il controllo da parte delle stazioni appaltanti.

Nell’ambito dei lavori, si prevede inoltre che a rilasciare l’attestazione di qualificazione siano nuovi organismi di diritto privato autorizzati dall’ANAC, che andranno a sostituire le società organismo di attestazione (SOA).

Per consentire l’immediata operatività del nuovo codice, il terzo periodo del comma 4 prevede che il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, articolato in rapporto alle categorie di opere ed all’importo delle stesse, è disciplinato dall’allegato II.12 che riproduce sostanzialmente le disposizioni di cui agli articoli 60 a 91 del d.P.R. n. 207 del 2010, riallineate e rese coerenti con le nuove disposizioni del codice. Di tale allegato è poi prevista l’abrogazione e la sostituzione con un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 1 della legge 23 agosto 1988 n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e trasporti, sentita l’ANAC. L’emanando regolamento, di cui al quinto periodo del comma 4 dell’art. 100 succitato, disciplinerà sia la procedura per ottenere l’attestazione di qualificazione ed il suo rinnovo, sia la procedura di conseguimento dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di qualificazione degli operatori economici: esso riguarderà anche la qualificazione degli operatori economici per gli appalti di servizi e forniture e il regime sanzionatorio (comma 10).

Il comma 12, con disposizione di chiusura, prevede poi che, salvo quanto previsto dall’art. 102 (impegni dell’operatore economico) o da leggi speciali, le stazioni appaltanti possono richiedere esclusivamente i requisiti di partecipazione previsti dai commi precedenti, disposizione anche questa con evidenti finalità di semplificazione e chiarimento.

L’allegato II.12, in attuazione dell’art. 100, comma 4, in attesa del più generale regolamento previsto (che dovrà contenere anche l’innovativa disciplina della qualificazione degli operatori economici di forniture e servizi), riproduce in larga misura le norme (artt. 60-104) del d.P.R. n. 207/2010, attuative del d.lgs. n. 163/2006 e rimaste in vigore anche dopo il sopravvenire del d.lgs. n. 50/2016, con gli adattamenti formali e sostanziali resisi necessarie per raccordarle con la nuova normativa primaria.

Sono altresì inserite, nella Parte V dell’allegato II.12, le norme relative ai requisiti dei soggetti partecipanti alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, riprese dal d.m. 2 dicembre 2016, n. 263, a suo tempo emanato in attuazione dell’art. 46 del d.lgs. n. 50/2016, tenendo conto altresì dello schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri in tema di requisiti degli ulteriori soggetti inseriti nel predetto art. 46 dalla legge n. 238/2021.

In conclusione, si può agevolmente asserire che la riforma, pur modificando alcuni aspetti essenziali, potrà trovare piena efficacia soltanto allorché verrà emanato il regolamento che allineerà la disciplina della qualificazione per gli appalti di servizi e forniture a quella degli appalti di lavori, così dando vita ad un sistema tendenzialmente unitario.

36 appalti pubblici

IX

Corso di Alta Formazione 2022/23 per Funzionari e Dirigenti in Sanità

Area Provveditorato - Economato - Patrimonio - Centrali Regionali

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L’aggiudicazione del contratto sulla base del miglior rapporto qualità prezzo: conseguenze sulla modalità di esecuzione del contratto

Gruppo di lavoro:

Martina Capuzzo, ASST Spedali Civili di Brescia

Silvia Capuzzoni, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano

Katiuscia Carota, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico,Milano

Raffaella Ducoli, ASST Valcamonica, Breno

Alessandra Genovese, ATS Città Metropolitana di Milano

Giulia Lavinio, ASST Spedali Civili di Brescia

Luisa Vizzari, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano

Nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici, la nozione del “criterio di aggiudicazione” delle procedure di gara acquista centralità a partire dal 28 marzo 2014, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti nei settori ordinari. L’intenzione del legislatore europeo di superare definitivamente il principio dell’equivalenza dei criteri di aggiudicazione, privilegiando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a quello del massimo ribasso ed attribuendogli il significato di miglior rapporto qualità/prezzo, appare evidente nei così detti “considerando”, ossia le premesse al corpus normativo in cui risiedono i principi ispiratori della Direttiva stessa. Come si legge nel considerando n. 90, difatti, …“al fine di incoraggiare maggiormente l’orientamento alla qualità…” negli appalti pubblici, viene data la possibilità agli Stati membri di “proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa”, consentendo di “fissare norme di qualità adeguate utilizzando le specifiche tecniche o le condizioni di esecuzione di un appalto”.

Sulla base di una strategia politica ed economica finalizzata ad una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva in tutta Europa, il legislatore incoraggia dunque le Stazioni Appaltanti (SA) a privilegiare, nella valutazione delle offerte degli operatori economici partecipanti alle procedure di gara, specifici fattori, come quelli ambientali esemplificati nei considerando nn. 91 e 97 (riduzione al minimo dei rifiuti, imballaggio, smaltimento dei prodotti) e quelli sociali illustrati nel considerando n. 92, ossia “l’integrazione sociale di persone svantaggiate o di membri di gruppi vulnerabili tra le persone incaricate dell’esecuzione dell’appalto” o ancora utilizzo di prodotti provenienti dal commercio equo, assunzione da parte dell’operatore economico concorrente di giovani, di attenzione alla promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne sul mercato del lavoro ed alla conciliazione tra lavoro e vita privata. Alla luce dell’obiettivo di migliorare la qualità negli appalti pubblici, posto dalla direttiva comunitaria e dalla legge delega, il legislatore nazionale ha recepito e generalizzato l’utilizzo del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, considerandolo come criterio prevalente di selezione delle offerte nel D.Lgs 36/2023 in vigore dal 01 luglio 2023 nel quale l’attenzione alla qualità emerge già nei principi generali. Il “principio del risultato”, enunciato nell’art. 1, è da intendersi non solo come interesse pubblico primario che le SA devono perseguire nell’esercizio della loro attività affidando il contratto e vigilando sulla sua esecuzione, ma anche e soprattutto come modalità per conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione del contratto. Nonostante i molteplici vantaggi, il criterio di aggiudicazione qualità/prezzo non è tuttavia sempre di facile applicazione. Il suo corretto utilizzo impone che le Stazioni Appaltanti elaborino sistemi di valutazione efficaci ed efficienti basati su vari sub-criteri delle offerte tecniche ed economiche in grado di stimolare adeguatamente le imprese operanti nel mercato di riferimento all’individuazione di soluzioni idonee a soddisfare le esigenze dell’Amministrazione. Ciò perché il buon esito di un affidamento, in termini di raggiungimento dei livelli quali-quantitativi attesi, dipende dalle scelte compiute dalla Stazione Appaltante sia in fase di gara sia in fase di esecuzione del contratto.

A monte della predisposizione di una gara è necessario il relativo inserimento all’interno della programmazione triennale per la pianificazione delle gare di beni e servizi, così da razionalizzare la spesa e a fare una previsione di bilancio aziendale. Devono essere quindi definiti i fabbisogni, scaturiti dalla rilevazione di una necessità o in seguito ad una richiesta espressa da parte di un soggetto interno all’organizzazione. In questa fase di analisi è importante l’unione di un’analisi storica a un’analisi di previsione e, per fare ciò, è fondamentale farsi aiutare dalle varie competenze direttamente interessate e dal DEC della gara precedente.

Determinato il fabbisogno, inizia la fase principale di progettazione del contratto con la conseguente preparazione e predisposizione della documentazione di gara. Questa fase è strategica al fine di garantire la corretta acquisizione di un bene o di un servizio e il corretto svolgimento della gara e del contratto stesso.

Il Capitolato Tecnico e il Disciplinare di gara costituiscono i due documenti cardine della documentazione: hanno il ruolo di tradurre il fabbisogno e di riportarlo attraverso un piano di lavoro strutturato e dettagliato.

Nel Capitolato Tecnico è necessario definire l’oggetto della procedura, la destinazione e le caratteristiche tecniche minime che il prodotto o servizio devono possedere. E’ importante indicare le eventuali penali previste sia per ritardi nella

38 IX corso di formazione FARE
Tutor: Calogero Calandra

consegna sia per difetti ed imperfezioni, vizi apparenti od occulti e non rispondenza delle caratteristiche tecniche e funzionali del bene fornito rispetto all’ordinato. Il capitolato disciplinerà eventuali controversie che dovessero scaturire in seguito ad inosservanze o omissioni da parte della società aggiudicataria. Nella definizione delle specifiche tecniche oggetto della procedura si deve tener conto che le tecnologie sono introdotte per migliorare la qualità dell’assistenza e quasi sempre comportano un aumento dei costi. Al fine di valutare l’aumento dell’efficienza consentito dalla tecnologia, tenendo conto di risorse limitate, viene spesso utilizzata la Health Technology Assessment (HTA) ovvero una metodologia per valutare le prestazioni sanitarie erogate, o comunque disponibili, e pianificare e gestire in modo più funzionale l’assistenza ai cittadini. L’efficienza è vista come il rapporto Output/input, l’efficacia come rapporto outcome/output e i costi, ovvero l’economicità del sistema, come rapporto outcome/input. La valutazione delle tecnologie sanitarie, infatti, costituisce un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi e la complessiva valutazione multidimensionale e multisettoriale delle conseguenze delle implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali provocate in modo diretto e indiretto, nel breve e nel lungo periodo, dalle tecnologie sanitarie esistenti e da quelle di nuova introduzione. Essa permette di valutare le acquisizioni focalizzandosi sulla sicurezza, flessibilità, appropriatezza e indicazioni di utilizzo e le relazioni costi/ benefici.

Il Disciplinare di gara, invece, è il documento che stabilisce le regole e le modalità da seguire per lo svolgimento del procedimento di selezione delle offerte e, quindi, di affidamento di un contratto pubblico. Nel caso di procedure valutate secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, all’interno del disciplinare di gara, vengono predisposti e indicati i criteri di aggiudicazione, tecnici ed economici, che verranno utilizzati. I criteri di valutazione devono basarsi su criteri oggettivi, quali aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all’oggetto dell’appalto. La scelta dei criteri e relativi punteggi è senz’altro strategica in quanto permette alla Stazione Appaltante di porre in rilievo gli aspetti da questa identificati come più rilevanti. Vengono individuati a partire dalle esigenze, dalle richieste e dalle caratteristiche tecniche riportate nel Capitolato Tecnico e costituiscono le linee guida da seguire, sia in fase di predisposizione dell’offerta da parte di un Operatore economico, sia in fase di valutazione da parte della Commissione giudicatrice.

I criteri di valutazione e relativi pesi potranno essere poi riutilizzati e opportunamente declinati anche in fase di esecuzione del contratto, da parte del DEC, quali indicatori organizzativi.

I criteri di aggiudicazione degli appalti si ripercuotono inevitabilmente sull’esecuzione del contratto stesso.

1. Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (c.d. qualità- prezzo): consiste nell’attribuire un punteggio alla qualità offerto e un punteggio al prezzo. Il punteggio totale deve risultare pari a 100 – lascia spazio alla discrezionalità del DEC difatti Il DEC deve infatti verificare sia che la qualità offerta sia realmente quella realizzata sia che le prestazioni siano quantitativamente identiche a quelle contenute nell’appalto;

2. Criterio del minor prezzo – applicabile a beni e servizi standardizzati, salvo i servizi ad alta intensità di manodopera: la discrezionalità del DEC non trova

spazi poiché dovrà solo valutare la corrispondenza de quantum senza valutare la qualità.

In fase di progettazione della gara occorre porre un’estrema attenzione alla costruzione del sistema di valutazione delle offerte; occorre, quindi, sia ponderare la scelta dei criteri per la valutazione dell’elemento qualitativo, sia scegliere attentamente la formula matematica più appropriata in base alla quale verrà assegnato un punteggio all’elemento prezzo.

A tale scopo l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha fornito delle indicazioni pratiche predisponendo la Linea Guida n. 2, richiamando le tre formule più in uso di cui discrezionalmente la Stazione Appaltante si può avvalere per la valutazione dell’elemento prezzo. Il monito di ANAC per le Stazioni Appaltanti è, nell’ambito della fisiologica discrezionalità che hanno le Pubbliche Amministrazioni per poter raggiungere i propri obiettivi, di evitare formulazioni ambigue e di definire criteri, punteggi e formule nel modo più chiaro possibile, in ossequio al principio di trasparenza di tutta l’attività amministrativa.

In generale, le Stazioni Appaltanti tendono ad applicare formule idonee a scoraggiare ribassi eccessivi per puntare sulla qualità dell’offerta, in linea anche con gli orientamenti della giurisprudenza. Per la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato 28/10/2019, n. 7389) infatti non è corretto ritenere che l’unico legittimo criterio di attribuzione del punteggio economico sia quello che assegna il punteggio massimo al maggiore ribasso ed il punteggio pari a zero al minore ribasso. Anche per le Linee Guida, le formule più coerenti con l’orientamento giurisprudenziale sono quelle c.d. “indipendenti”, che consentono ad ogni concorrente di calcolare ex ante il proprio punteggio a prescindere da quello degli altri concorrenti e di valutare le proprie convenienze nella formulazione dell’offerta. Diversamente, nelle cd. “formule interdipendenti”, il punteggio attribuito ad un concorrente dipende da quello attribuito agli altri, come, ad esempio, nel caso della formula dell’“interpolazione lineare”, che valorizza in modo particolarmente incisivo lo scarto fra un’offerta e l’altra. Anche l’ANAC, nelle linee guida n. 2, in riferimento all’offerta economicamente più vantaggiosa, ha sottolineato che tale metodo di calcolo presenta l’inconveniente di poter condurre a differenze elevate tra i punteggi assegnati premiando in maniera significativa il ribasso offerto. L’applicazione di formule come questa rientra in ogni caso nella discrezionalità della Pubblica Amministrazione quando l’obiettivo da perseguire è il contenimento dei costi. Qualora infatti le condizioni di mercato siano tali per cui la qualità dei prodotti offerti dalle imprese sia sostanzialmente analoga sarà corretto attribuire un peso maggiore alla componente prezzo rispetto all’elemento qualità. Solo l’attento studio del mercato, nonché dei risultati delle precedenti procedure proprie o svolte da altre Stazioni Appaltanti, consentirà la scelta della formula più adeguata perché indirizzerà gli operatori a presentare offerte adeguate alle aspettative dell’Amministrazione.

La selezione di una formula “sbagliata” già in fase di progettazione dimostra che la SA ha perso di vista l’obiettivo che voleva raggiungere e ciò impatterà pesantemente sull’esecuzione del contratto.

A seguito del provvedimento di aggiudicazione, viene stipulato il contratto tra la Stazione Appaltante e l’Operatore Economico che è lo strumento attraverso il quale la stazione appaltante raggiunge lo scopo prefissato nel bando di gara Nel contratto, parte di elevata rilevanza è quella relativa alle penalità e alle risoluzioni contrattuali.

39 IX corso di formazione FARE

IX corso di formazione FARE

E’ importante, per prevenire ogni evenienza, indicare i casi in cui è possibile risolvere il contratto e quelli in cui, salvo il risarcimento dell’eventuale maggior danno, l’Azienda si riserva, a sua discrezione e senza formalità, di applicare le penali, opportunamente quantificate. È importante sottolineare che, in caso di inadempimento delle disposizioni contrattuali, l’Azienda potrà rivalersi senza alcuna formalità e in qualsiasi momento sulla cauzione. È rilevante specificare chiaramente anche i casi in cui il contratto potrà essere risolto in seguito ad una semplice dichiarazione dell’Azienda. I principali fattori di rischio individuati nell’esecuzione di una procedura sono rappresentati dall’impossibilità di rispettare il vincolo “qualità” vs “costo” delle forniture con conseguente non adeguatezza dei prodotti/servizi/lavori consegnati o effettuati e consistente numero di ritardi nelle consegne o di risoluzioni contrattuali. È fondamentale identificare le criticità per agire in maniera proattiva sui pericoli presenti nei processi individuando le possibili azioni di miglioramento e acquisendo un maggior grado di consapevolezza sui processi. Il monitoraggio del contratto dal punto di vista tecnico, contabile e giuridico ovvero curare l’esecuzione contrattuale in perfetta armonia con quanto descritto nel Capitolato Tecnico, accertarsi della regolare esecuzione giuridica del contratto, liquidare le fatture in conformità al servizio reso è compito del DEC. Il DEC riveste, quindi, un ruolo attivo nella fase di esecuzione e può concretamente contribuire alla stesura di un Capitolato Tecnico che tenga conto delle effettive esigenze della stazione appaltante, in base all’esperienza maturata nel corso di esecuzione del contratto precedente. Da qui emerge la correlazione tra fase di progettazione e fase di esecuzione della gara: una gara “ben progettata” poiché conforme ai reali bisogni della stazione appaltante, risulterà di più agevole esecuzione con elevata probabilità di “successo” del contratto stesso, inteso quale corrispondenza tra il contrattualizzato ed il realizzato. Terminato il contratto, compito del DEC è la redazione della relazione conclusiva del contratto nella quale si evidenziano le eventuali criticità riscontrate e le contestazioni effettuate, nonché la soddisfazione del servizio per l’appalto reso.

Con l’entrata in vigore del nuovo codice i principi cardine del risultato e della fiducia potranno sicuramente incidere positivamente nel confronto tra stazione appaltante e fornitore con beneficio anche sull’esecuzione contrattuale. Di seguito alcuni esempi e considerazioni di come le scelte intraprese in fase di progettazione e strutturazione di gara possono portare a conseguenze negative/positive in fase di esecuzione del contratto.

Il primo esempio riguarda la scelta di una formula economica: si supponga che si sia stabilito di assegnare un punteggio di 80 alla qualità e di 20 al prezzo. Viene, quindi, lasciato ampio spazio alla commissione giudicatrice per esprimere la propria discrezionalità poiché gli elementi di valutazione dell’offerta sono pressoché tutti qualitativi. Nel nostro esempio vi è un concorrente “A” che, essendosi nettamente distinto rispetto agli altri nell’offerta tecnica, ottiene 80 punti per la qualità, contro i 72 del concorrente “B”. I 20 punti messi a disposizione per la componente economica mediante l’applicazione della formula lineare (che mette in relazione il ribasso offerto dal concorrente “–iesimo” con il miglior ribasso offerto) vengono assegnati all’offerente “B” che ha offerto un ribasso del 2% rispetto al concorrente “A” che ha offerto l’1% ottenendo 10 punti. Una questione

puramente matematica può portare a vincere l’offerta più scadente (la “B”) anche con un ribasso contenuto, pur volendosi attribuire valore all’elemento qualitativo. Un principio base di ANAC è che al di là di qualsiasi formula matematica si intenda usare, “il punteggio minimo pari a 0 va attribuito all’offerta che non presenta sconti rispetto al prezzo a base di gara, mentre il punteggio massimo va attribuito all’offerta che presenta lo sconto maggiore”. Il secondo esempio riguarda il caso in cui vengono inseriti, tra i criteri oggetto di valutazione o tra le caratteristiche dei servizi aggiuntivi, dei servizi che potrebbero rivelarsi di difficile realizzazione o gestione da parte di chi dovrà, come DEC, gestire la fase esecutiva. Questo, unitamente all’inserimento di penali scarse o irrisorie, rende ancora più difficile richiedere la realizzazione del servizio e garantire il corretto controllo dello stesso. Il DEC si può trovare a gestire un contratto che richiede qualcosa di non realizzabile, ove il fornitore aggiudicatario viene vincolato a condizioni che non è in grado di rispettare (es. tempistiche di consegna molto stringenti per beni non ottimizzabili con la gestione just in time).

Un’ulteriore casistica di difficoltà nella gestione contrattuale a seguito dell’aggiudicazione è quella in cui la Stazione Appaltante si trova a dover aderire a convenzioni stipulate da Centrali di Committenza regionali e nazionali. In particolare, si ritiene che, soprattutto nei servizi alberghieri dati in outsourcing (pulizie, lavanolo, ristorazione) il ruolo del DEC risulti essere assolutamente cruciale e fondamentale dato che si gestisce un contratto le cui caratteristiche e condizioni sono state individuate da altri.

In quest’ultima ipotesi, estendibile anche per altre forniture e servizi, si ritiene necessario dotare il DEC di idonei mezzi per la corretta gestione dei contratti quali:

- un’istruzione operativa che descrive il servizio;

- una check list di verifica necessaria al DEC per effettuare audit e/o sopralluoghi;

- uno strumento per rilevare le Non Conformità (NC) interne e le criticità emerse nel corso del contratto che consenta anche di migliorare la stesura dei documenti delle procedure di gara successive.

Concludendo, il principio del risultato nel nuovo Codice degli Appalti viene individuato come criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale. Il perseguimento del buon andamento dei contratti e i correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità costituiscono strumenti per il raggiungimento del risultato stesso. Come si evince dalle analisi precedenti, il risultato che si realizza in una buona, efficiente, efficace ed economica esecuzione dei contratti non può prescindere dall’espletamento di un’attenta e completa fase istruttoria. L’esperienza maturata nella gestione della fase esecutiva del contratto deve guidare tutti gli attori nelle fasi amministrative o tecniche di programmazione, progettazione e affidamento dei contratti. Le scelte discrezionali effettuate nella fase di progettazione del contratto influenzano inevitabilmente in modo determinante l’esecuzione del contratto stesso. Per tale ragione, “supervisione dei contratti ed esecuzione contrattuale rappresentano le vere sfide perch é esse non potranno in alcun caso essere demandate a livello centralizzato”.

Saper far tesoro di queste competenze consente una crescita e un miglioramento continuo nel processo di acquisto garantendo il perseguimento della corretta esecuzione con il miglior rapporto qualità/prezzo.

Avv. aa - Studio Roma 40

Sulla preminenza delle convenzioni delle Centrali regionali rispetto a Consip

Un nostro lettore chiede di sapere se le Aziende Sanitarie possano considerare preminenti le convenzioni aggiudicate dalle Centrali regionali di Committenza rispetto ad analoghe Convenzioni Consip.

Il quesito posto interessa tutte le Aziende Sanitarie collocate in Regioni dove sono state costituite, in forza di normativa comunitaria, statale e regionale, Centrali regionali di Committenza, soggetti peraltro con diversa natura giuridica e differenti funzioni attribuite (quali ad esempio Alisa in Liguria, Estar in Toscana, Intercent ER in Emilia Romagna, Azienda zero in Veneto, ecc…), ma tutte accomunate dal fatto che stipulano convenzioni di beni e servizi a favore degli Enti del Servizio Sanitario.

Il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 8661 del 28.9.2023, confermando una precedente pronuncia del TAR Liguria, ha affermato un’assoluta “prevalenza delle convenzioni-quadro stipulate dalle centrali di committenza delle Regioni su quelle di Consip, che assumono un ruolo meramente suppletivo in caso di mancanza di strumenti negoziali regionali, al fine di prevenire il rischio di possibili carenze in approvvigionamenti di estremo interesse e rilevanza ”. Ciò in applicazione del disposto di cui all’articolo 1, comma 449, ultimo periodo, della legge 27.12.2006 n. 296 per cui “gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale sono in ogni caso tenuti all’approvvigionamento utilizzando convenzioni stipulate dalle centrali regionale di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.” Ne consegue che il ricorso alle convenzioni di Consip è legittimo solo in via residuale rispetto a quelle delle Centrali regionali, risultando del resto la priorità delle competizioni bandite a livello regionale conforme al principio di sussidiarietà dell’articolo 118 della Costituzione (Cons. di Stato, sez. III, 26.2.2019,

n. 1329). Le centrali regionali garantiscono procedure di evidenza pubblica meglio rispondenti alle necessità di introdurre elementi riferiti al contesto territoriale, anche tramite il coinvolgimento degli Enti sanitari fruitori del servizio.

I principi che emergono da tale sentenza sono dunque: il canale di acquisto regionale costituisce la regola e, quindi, prevale su quello nazionale e le strutture sanitarie non sono tenute a specificare i motivi dell’adesione manifestata in conformità alla prescrizione generale; infatti non vi è onere di comparazione fra gare nazionali e gare regionali. Si ricorda, inoltre, che i parametri di qualità e prezzo di Consip sono un riferimento non vincolante per le centrali regionali che non sono soggette all’applicazione dell’articolo 26, c. 3, della L. 488/99; in via d’eccezione gli Enti possono optare per la convenzione Consip, dando adeguato conto della maggiore vantaggiosità di quest’ultima sul piano economico e prestazionale; in assenza di una convenzione regionale operativa scatta l’obbligo di approvvigionamento tramite Consip, destinato tuttavia a retrocedere in posizione sussidiaria non appena sia attivato lo strumento negoziale della Regione;

l’Amministrazione può ricercare opzioni contrattuali alternative, con il vincolo dell’insuperabilità delle condizioni delle convenzioni-quadro (regionale e nazionali) e con l’obbligo di esplicitare analiticamente le ragioni della scelta al di fuori dei sistemi centralizzati di acquisizione.

41 gli esperti rispondono
Monica Piovi e Piero Fidanza

Nutrire è cura

Si è svolto lo scorso 21 marzo l’evento dal titolo “Nutrire è Cura - Idee e progetti per un nuovo approccio alla Ristorazione Ospedaliera e Sociosanitaria”, presso il CIRFOOD DISTRICT di Reggio Emilia.

Focus primario: la ricerca Nomisma, illustrata dalla dott.ssa Silvia Zucconi, che ricorda come l’Italia è tra i Paesi con la popolazione più longeva al mondo: il 24% degli italiani ha, infatti, oltre 64 anni, dato in costante aumento.

Oggi la silver economy , per il segmento over 65, genera in Italia un impatto sul PIL di 350 miliardi di euro e occupazione per 4,6 milioni di persone. Tra i servizi che concorrono al benessere della popolazione troviamo certamente la ristorazione ospedaliera e sociosanitaria che rappresenta uno degli strumenti imprescindibili al contributo del benessere delle persone.

La nutrizione è parte integrante della terapia: lo conferma la ricerca condotta da Nomisma per l’osservatorio CIRFOOD DISTRICT.

“È imperativo che tutti gli attori coinvolti collaborino per dare vita a un approccio virtuoso in grado di conciliare le esigenze di tutte le parti, senza perdere di vista l’obiettivo primario della Ristorazione ospedaliera e sociosanitaria, ossia fornire un’adeguata nutrizione al paziente. A questo fine, auspichiamo la creazione di un sistema virtuoso che porti un sempre maggior beneficio ai degenti e alle degenti, all’azienda sanitaria e alle imprese che erogano il servizio di ristorazione. Per questo, abbiamo studiato proposte e soluzioni concrete” ha commentato Alessio Bordone, Sales Executive Director CIRFOOD

Dalla ricerca, svolta con metodologia CAWI su un campione di 161 responsabili di strutture sociosanitarie, emerge come il servizio di ristorazione ricopra un ruolo centrale nel percorso terapeutico dei pazienti per il 68% degli intervistati poiché garantisce qualità del pasto (65%), rende più piacevole la permanenza dei pazienti (51%), promuove salute e benessere tra i degenti (48%) e, soprattutto, li fa sentire meglio sia a livello fisico, sia psicologico (48%). Nonostante tale riconosciuta centralità, sia in ottica di cura delle persone più fragili, sia in ottica di strumento di welfare per la società nel suo complesso, il settore della ristorazione ospedaliera e sociosanitaria ha sofferto delle conseguenze della pandemia prima, dei rincari dei costi delle materie prime e dell’energia dopo e tutt’ora fa i conti con gare di appalto e disposizioni legate alle offerte di servizio che non sempre riescono a tenere in considerazione il corretto equilibrio tra proposta, costi e sostenibilità.

Il 68% degli intervistati conferma il ruolo centrale della ristorazione per il benessere e la salute dei pazienti di strutture ospedaliere e sociosanitarie

A questo proposito, CIRFOOD ha presentato “ Less is more: il valore sostenibile della ristorazione ospedaliera”, una proposta progettata all’interno del CIRFOOD DISTRICT con il contributo del Prof. Andrea Pezzana (Medico specialista in Scienza dell’Alimentazione, direttore della struttura di nutrizione clinica dell’ASL Città di Torino), che tiene in considerazione tre declinazioni della sostenibilità: Sociale (per il benessere delle persone), Ambientale (per ridurre gli sprechi) ed Economica.

Il sistema attuale, infatti, prevede una serie di modelli di servizio complessi e che implicano conseguenze in termini ambientali, di spreco ed economici, generati da un approccio nella stesura dei capitolati d’appalto che, in alcuni casi, non tiene totalmente in considerazione le esigenze degli utenti finali, creando quindi un disequilibrio sotto il profilo della sostenibilità a 360 gradi.

La proposta di CIRFOOD è stata dunque quella di ripensare il sistema della ristorazione ospedaliera attraverso un approccio che si concretizza con: il miglioramento della qualità del servizio (riducendo le alternative per una sempre migliore gradibilità del pasto), la semplificazione dell’offerta (nel rispetto delle rotazioni dei menu previste dalle Linee Guida Nazionali ed Europee ESPEN), l’intro-

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duzione di un piatto completo serale (che consenta anche un maggior impiego di proteine vegetali) e la riduzione della quantità di scarti alimentari (servendo il giusto quantitativo di cibo, ben presentato, al fine di invogliare al consumo del pasto).

A tal proposito, il dott.  Andrea Pezzana ha ricordato come la malnutrizione sia una patologia nella patologia, che va prevenuta usando anche la ristorazione ospedaliera per trattarla. A supporto anche il dott. Vincenzo Centola (Direttore amministrativo ASST Nord Milano) che ha ricordato come il budget totale impiegato nella ristorazione non debba essere rivisto al ribasso, ma semplicemente meglio utilizzato, dato che l’impatto di un risparmio su una base trascurabile rispetto al totale non produrrebbe benefici di risanamento dei bilanci, semmai ulteriori disagi. A sostegno della bontà del progetto “Less is More” anche il dott. Stefano Reggiani (Direttore Generale Ospedale Sassuolo) che ha ricordato il motto caro all’architetto Dieter Rams, “meno ma meglio”. Insomma, semplificare, in questo caso, non è sinonimo di banalizzare.

Durante l’evento, il dibattito si è, inoltre, soffermato sulla necessità di elaborare protocolli e progetti che riescano a rispondere alle esigenze dei pazienti più fragili e affetti da disfagia. In questa direzione, CIRFOOD ha presentato un protocollo capace di creare le condizioni e le modalità idonee affinché i pazienti disfagici possano godere di un pasto sano, gustoso ed equilibrato durante la degenza. Il protocollo, nello specifico, ha previsto la sperimentazione di oltre 100 ricette di piatti tradizionali e la successiva creazione di menu (coerenti con lo standard internazionale

IDDSI legato alla consistenza dei cibi), capaci di conferire il giusto apporto nutrizionale e proteico, in linea con le disposizioni del Ministero della Salute, e di riproporre il gusto dei piatti della cucina tradizionale.

Come ha affermato Marco Domenicali, Medico Geriatra, Professore Associato di Medicina Interna Università di

Bologna, co-fondatore Mysurable, “La nutrizione è fondamentale in tutte le fasi della vita ma invecchiando la presenza di difficoltà nella masticazione, deglutizione e digestione causata da molte patologie croniche aumenta il rischio di malnutrizione che a sua volta peggiora la qualità della vita. Mantenere una nutrizione corretta e adeguata alle esigenze della singola persona non solo fa vivere più e meglio, ma riduce i costi della gestione delle patologie croniche ed il ricorso a farmaci e integratori”.

A confermare la validità della soluzione ideata da CIRFOOD, l’analisi sul campo, che ha coinvolto per 2 mesi gli oltre 200 ospiti di tre strutture sociosanitarie: i risultati sono stati molto soddisfacenti e i pazienti coinvolti nel progetto hanno registrato un miglioramento nelle condizioni di sarcopenia e malnutrizione. Hanno partecipato all’evento: Sabrina Belloi (Responsabile Qualità e Sistemi Produttivi CIRFOOD), Alessio Bordone (Sales Executive Director CIRFOOD), Vincenzo Centola (Direttore amministrativo ASST Nord Milano), Marco Domenicali (Medico Geriatra, Professore Associato di Medicina Interna Università di Bologna, co-fondatore Mysurable SRL), Carlotta Galetti (Senior Key Account Healthcare CIRFOOD), Carlo Pedrolli (Direttore SSD Dietologia e nutrizione clinica ospedale Santa Chiara APSS Trento), Andrea Pezzana (Medico specialista in Scienza dell’Alimentazione, Dottore in Psicologia Clinica e di comunità, Docente presso l’Università di Torino, Componente Comitato Scientifico CIRFOOD DISTRICT), Simona Pioppi (Coordinatrice del servizio Casa Residenza Tenente Marchi - Carpi), Stefano Reggiani (Direttore Generale Ospedale Sassuolo), Mariuccia Rossini (Presidente Silver Economy Network) e Silvia Zucconi (Chief Operating Officer Nomisma)

L’evento è stato condotto da Annalisa Manduca (Giornalista). www.cirfood.com

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Esperienze in Italia di accordi outcome based su dispositivi medici.

Analisi del caso Medtronic

La tematica del procurement innovativo relativamente alla categoria dei dispositivi medici (DM) è stata recentemente affrontata in diversi contesti 1 , 2 , 3 e risulta particolarmente interessante per l’impatto che può avere sui modelli di acquisto nonché sull’evoluzione dei processi di accesso al mercato dell’innovazione tecnologica. Innovare i modelli tradizionali di approvvigionamento per farli evolvere verso una modalità che possa includere la misurazione degli esiti correlati alla tecnologia acquistata, può infatti concorrere a creare un contesto più favorevole e appropriato per la governance dell’innovazione tecnologica stessa. Se da una parte questi modelli di acquisto non risultano nuovi per il Sistema Sanitario, ad esempio in ambito farmaceutico coi cosiddetti Managed Entry Schemes 4, il loro utilizzo nei DM è molto più recente 5. Porre l’attenzione sulle esperienze già realizzate (v. Tabella 1) è utile per comprendere come si sia arrivati alla definizione di alcune esperienze di procurement innovativo (anche note come accordi outcome-based) nei DM, sia in ambito privato che pubblico, e quali elementi siano stati fondamentali per poterle implementare. Si definiscono quattro ambiti di indagine:

1) identificazione delle tecnologie oggetto degli accordi;

2) identificazione degli esiti dirimenti per valutare la performance;

3) definizione della metodologia per la misurazione;

4) individuazione di eventuali servizi/soluzioni a supporto.

I criteri per l’identificazione delle tecnologie È necessario considerare che la tecnologia oggetto di un accordo outcome-based deve poter avere una performance definibile mediante esiti oggettivi, misurabili e condivisi tra le parti. Per quanto riguardala tipologia di beni, all’interno dei primi accordi outcome-based analizzati (2018-2020) è possibile rilevare la fornitura di DM infungibili sia in ambito di contrattazione privata che di gare pubbliche. In anni successivi si rileva invece anche la fornitura di DM non infungibili. Si rilevano in generale due tipologie di tecnologie:

1) tecnologie innovative di recente introduzione sul mercato, per le quali risulta di interesse sia per l’utilizzatore che per l’operatore economico misurarne congiuntamente la performance nella pratica clinica;

2) tecnologie introdotte sul mercato da qualche anno, il cui approccio risulta tuttora innovativo e che necessitano di ulteriore supporto nella loro diffusione per massimizzarne il beneficio atteso.

Alcuni accordi outcome-based hanno incluso, ad esempio, tecnologie in grado di impattare positivamente sul consumo di risorse se impiegate all’interno di un determinato percorso paziente. Le aree terapeutiche coinvolte hanno incluso le terapie cardiovascolari, terapie neurologiche, la chirurgia robotica.

1 Venturi A, Acquisti basati sul risultato: prospettive di sviluppo in Italia. TEME 11/12.23

2 G.Baj, D.Fuschi, F.C. Rampulla, A.Venturi, Modelli sanitari e Value Based Health Care System - Possibilità di sviluppo nell’ordinamento italiano. Gruppo Esitoriale Tab srl. 2019

3 World Economic Forum, The Moment of truth for healthcare spending, Insight report January 2023

4 https://www.oecd.org/health/health-systems/pharma-managed-entry-agreements.htm

5 Federici et al 2021 Coverage with evidence development schemes for medical devices in Europe: characteristics and challenges. Eur J Health Econ. 2021 Nov;22(8):1253-1273.

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La definizione degli esiti

La metodologia per la definizione degli esiti deve essere rigorosa e referenziabile, individuando esiti significativi per il paziente, per l’utilizzatore e la struttura ospedaliera, nonché comprendendo il miglioramento rispetto alle alternative terapeutiche esistenti. La definizione degli esiti negli accordi outcome-based considerati è stata determinata dall’analisi della letteratura, con una revisione degli studi clinici osservazionali e randomizzati, e con il coinvolgimento di panel di medici esperti. Gli esiti significativi per definire la performance della tecnologia sono risultati essere:

a) esiti di tipo clinico;

b) esiti sulla qualità di vita (tramite questionari validati);

c) esiti rilevabili a livello gestionale. È da specificare che gli esiti oggetto di accordi outcome-based non riguardano in alcun modo malfunzionamenti del DM: garanzie di prodotto e sorveglianza post-commercializzazione seguono regole proprie ben precise.

La misurazione degli esiti

La misurazione degli esiti può avvenire secondo differenti metodologie. Nei casi analizzati, il centro ospedaliero era responsabile della misurazione dell’esito, da comunicare all’operatore economico mediante modalità formalizzate al momento dell’accordo stesso in conformità alla normativa privacy e ai principi contenuti nel Regolamento UE 2016/679 (GDPR). La scelta della modalità di tracciamento dipende dalla capacità di correlare l’utilizzo della tecnologia agli esiti relativi. Le informazioni contenute nei dati amministrativi, principalmente la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) possono essere molto utili a questo scopo, anche se a volte si rivelano troppo generiche e non in grado di tracciare l’utilizzo di una determinata tecnologia. Il ricorso a piattaforme informatiche ad hoc per la raccolta dei dati diventa quindi in questi casi necessario, così come rilevato in diversi accordi outcome-based, con la consapevolezza che questo comporta lavoro aggiuntivo da parte della struttura ospedaliera, responsabile del tracciamento del dato. Da ultimo, nei casi di DM impiantabili dotati di monitoraggio remoto,

questo rappresenta una fonte importante di dati rilevati in automatico, utili al fine di tracciare gli esiti legati ai parametri rilevati dal monitoraggio stesso.

I servizi/soluzioni a supporto del raggiungimento dell’esito Gli accordi outcome-based possono essere attuati secondo diverse modalità. La capacità dell’operatore economico di offrire servizi che possano monitorare e/o massimizzare il beneficio atteso dalla tecnologia può risultare determinante per l’implementazione dell’accordo stesso da parte dell’Ente. In particolare, si riportano alcuni servizi offerti negli accordi considerati:

1) supporto alla raccolta, monitoraggio e analisi dei dati, tra cui la fornitura di piattaforme informatiche dedicate alla tecnologia di riferimento;

Innovare i modelli di approvvigionamento per farli evolvere verso una modalità che possa includere la misurazione degli esiti correlati alla tecnologia acquistata, può concorrere a creare un contesto più favorevole e appropriato per la governance dell’innovazione tecnologica stessa

2) servizi di connessione digitale, ad es. sistemi di monitoraggio remoto, che consentono il tracciamento automatico e a distanza di parametri clinici ed elettrici dei DM nonché la possibilità di elaborare, mediante algoritmi specifici, dati del paziente e concorrere alla prevenzione di eventi critici;

3) supporto al miglioramento della capacità gestionale dell’Ente mediante strumenti e sistemi di analisi in grado di concorrere all’ efficientamento del percorso paziente. Gli esempi qui riportati non esauriscono ovviamente le categorie possibili di servizi, ma rappresentano alcune tra le principali modalità di offerta per concorrere al raggiungimento della performance attesa dalla tecnologia. Secondo il tipo di DM considerato, i servizi offerti rispetto alla domanda (sia essa pubblica o privata) hanno abilitato accordi outcome-based che hanno previsto meccanismi di incentivo/disincentivo per l’operatore economico (v.Tabella 1). Negli ultimi anni si è assistito ad un graduale aumento dell’interesse e del ricorso al procurement così detto value-based, coinvolgendo tecnologie innovative per il settore della chirurgia e della cardiologia. L’expertise guadagnata in questi anni anche nel settore pubblico sottolinea l’importanza di continuare a migliorare e creare nuovi progetti outcome-based per testarne la scalabilità e i benefici economici.

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AZIENDE INFORMANO

Titolo Tabella: Modelli di offerta Outcome Based realizzati sul territorio nazionale (2018-2023) a cura dell’operatore economico Medtronic Italia SpA

Area terapeutica /Ente-Anno

Trattamento delle infezioni in pazienti sottoposti ad impianto di defibrillatori/ pacemaker

• Centro privato accreditato (Campania) – 2018

Crioablazione per pazienti con fibrillazione atriale

• ESTAR – 2019

• AUSL Bologna – 2023

• Centri privati accreditati (Lombardia) – 2019-2022-2023

Procedura di acquisto

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di dispositivi medici impiantabili e rete antibatterica

Accordo Quadro per l’affidamento quadriennale, in lotti separati, della fornitura di dispositivi medici per elettrofisiologia per Aziende Sanitarie ed Enti della Regione Toscana

Procedura Aperta telematica per la conclusione di un accordo quadro con più operatori economici per la fornitura in service, lotto unico, di un sistema di crioablazione per il trattamento della fibrillazione atriale per l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – durata 24 mesi

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di kit per procedura di crioablazione

Esito References

Infezione J Cardiovasc Electrophysiol 2015

Recidiva di fibrillazione atriale e nuova ablazione

Pazienti con scompenso cardiaco e sottoposti ad impianto di defibrillatori

• Centri privati accreditati (Lombardia, Puglia) – 2020-2022-2023

• CONSIP- 2023

Pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica in elezione con Drug eluting stent (DES)

• Centri privati accreditati (Emilia-Romagna; Lombardia; Lazio) 20192021- 2022- 2023

Pazienti sottoposti ad impianto con leadless pacemaker

• Centri privati accreditati (Lombardia; Puglia) - 2022

• ASL Lecce – 2023

Trattamento della stenosi aortica mediante valvola aortica transcatetere

• CONSIP – 2023

Riparazione endovascolare di aneurisma aorta addominale

• Centri privati accreditati (Lombardia, Veneto, Puglia, Molise) 2022

Trattamento dell’arteriopatia periferica mediante angioplastica percutanea transluminale

• Centri privati accreditati (Lombardia) – 2022-2023

Prevenzione delle infezioni da batterio M.Chimera in interventi di cardiochirurgia

• Centri privati accreditati (Lombardia) – 2022

Trattamento dell’ictus ischemico acuto

• Centri privati accreditati (Lombardia) 2021-2022

Trattamento del dolore cronico oncologico

• Centri privati accreditati (Lombardia)

2020-2022

Trattamento dell’incontinenza fecale

• ESTAR – 2022

Chirurgia robotica

• AUSL Bologna – 2022

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di dispositivi cardiaci impiantabili dotati di un sistema automatico per il controllo dei fluidi

Gara a procedura aperta, suddivisa in 10 lotti, per l’affidamento di un Accordo Quadro per ogni lotto avente ad oggetto la fornitura di Dispositivi Impiantabili Attivi per funzionalità cardiaca per le Pubbliche Amministrazioni

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di DES

European Heart Journal 2016

Ricovero per scompenso cardiaco * JACC Heart Failure 2015

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di dispositivi leadless pacemaker impiantabili

Gara telematica a procedura aperta per l’acquisto di pacemaker, defibrillatori impiantabili ed accessori per i fabbisogni delle Aziende Sanitarie della Regione Puglia

Gara per la fornitura di valvole cardiache per le Pubbliche Amministrazioni – II Edizione

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di endoprotesi

Accordo outcome-based in merito alla fornitura di drug coated balloon

Accordo outcome-based in merito alla fornitura del sistema per la regolazione della temperatura del sangue mediante fluido termovettore con proprietà antibattericida

Accordo outcome-based per la fornitura dei dispositivi necessari per effettuare la trombectomia meccanica per ictus ischemico acuto

Accordo outcome-based per la fornitura di neurostimolatori di sistemi di infusioni

Accordo Quadro per l’affidamento quadriennale, in lotti separati, della fornitura di dispositivi medici per neurostimolazione elettrica per Aziende Sanitarie ed Enti della Regione Toscana

Procedura Aperta telematica per la fornitura in noleggio, installazione e posa di n.1 sistema di chirurgia robotica e relativo materiale di consumo per le esigenze dell’IRCCS Azienda ospedaliera universitaria di Bologna Durata n.84 mesi dalla data di collaudo

Lunghezza della degenza Giornale Italiano di Cardiologia 2021

Complicanze JAMA Cardiol. 2021

Complicanze maggiori Catheter Cardiovasc Interv 2022

Reintervento Eur J Vasc Endovasc Surg . 2012

Reintervento J Endovasc Ther 2019;

Rilevamento del batterio M.Chimera nel sistema

Modified Ranking Score

Inefficacia della terapia

Inefficacia della terapia

N° procedure mininvasive/ complicanze

J Cardiovasc Med 2018

N Engl J Med 2018

Neuromodulation 2018

Colorectal Dis. 2007

* Annals Of Laparoscopic And Endoscopic Surgery 2019

* Esiti non determinanti il modello di business in ambito pubblico ma l’offerta di servizi/soluzioni da parte dell’operatore economico

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Professional cleaning per la sicurezza e il benessere

Metodo, protocolli, formazione, soluzioni per ogni tipo di ambiente, prodotti a basso impatto ambientale, verifica, reporting, innovazione: sono gli elementi che caratterizzano il professional cleaning di Sodexo, azienda leader nei servizi della qualità della vita, esperta nel cleaning, assistenza, manutenzioni e servizi di ristorazione. Per Sodexo la cura del benessere delle persone è alla base della filosofia aziendale e del modo di agire dei propri collaboratori. Quando l’attenzione è rivolta ai pazienti delle strutture ospedaliere, il processo di cleaning riveste un ruolo di primaria importanza, in considerazione delle fragilità presenti. L’obiettivo è quello di garantire pulizia, sanificazione e disinfezione a seconda dei diversi ambienti e del loro livello di rischio per la sicurezza e l’igiene. Ogni ambiente richiede procedure distinte, e l’attenzione per queste specificità sono parte integrante della formazione degli operatori Sodexo. Inoltre, nelle aree comuni e nelle camere, il personale specializzato opera secondo piani di lavoro concordati rispettando la quotidianità dei pazienti e operatori sanitari. Per la massima efficienza in termini di sicurezza vengono eseguiti protocolli di verifica anche con strumenti di monitoraggio e controllo in tempo reale per una valutazione oggettiva delle performance. Il Professional Cleaning viene progettato in funzione delle singole necessità dell’Ospedale, partendo dall’ascolto dei bisogni per assicurare i massimi risultati in termini di efficienza, efficacia e sicurezza.

it.sodexo.com

Net4market ottiene la qualifica di PMI Innovativa

Net4market, leader nel settore dell'e-procurement e della consulenza integrata tecnico-legale da oltre 30 anni, ha recentemente ottenuto il prestigioso riconoscimento come Piccola e Media Impresa Innovativa (PMI Innovativa). Tale status - codificato con l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese - è l’ulteriore riconoscimento della dedizione dell'azienda in ambito innovazione, al servizio della Pubblica Amministrazione e dello sviluppo del tessuto produttivo Corporate.

Gianmaria Casella - Presidente e Amministratore Delegato di Net4markettraccia in poche battute le linee caratterizzanti la visione strategica aziendale: "Accogliamo con gioia ma soprattutto con il più alto senso di responsabilità la qualifica di PMI Innovativa. Ciò non può che confermarci nell’impegno costante nell'innovazione, nella ricerca e sviluppo, nel percorso di miglioramento continuo delle nostre Risorse Umane, dando testimonianza fattuale dei risultati del lavoro condiviso nella costante evoluzione tecnologica e specializzazione dei saperi, per rispondere alle sfide del mercato con soluzioni sempre più creative, avanzate ed efficienti.”

Scopri la vetrina Net4market sul Registro delle Imprese: startup.registroimprese.it.

www.net4market.com

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Innovazione e impegno per l'igiene professionale in sanità

“Paredes Italia ha da sempre dato grande rilievo e importanza al settore sanitario e alle imprese che lavorano al suo interno. Leader nella sanità per il lavaggio ed asciugatura monouso professionale delle mani, continua a proporre novità nell’ambito dell’igiene professionale del reparto sanitario.

Da qualche anno è in corso una crescita organica e un rinforzamento della struttura; l’azienda ha lanciato il suo piano di sviluppo con l’obiettivo di diventare la numero uno nel settore di igiene professionale in Italia, forte della sua presenza nella sanità.

Proprio perché predilige il rapporto con la sanità e le imprese di pulizia, considera fondamentale stringere i legami tra gli attori di questo mercato, chiave per gestire al meglio le necessità e la domanda. Un lavoro in sinergia atto a garantire standard di igiene sempre elevati e nessuna rinuncia ad elementi di qualità, ormai protagonisti della proposta aziendale. In quest’ottica si possono leggere i pilastri su cui si basano scelte e azioni di Paredes Italia che possiamo riassumere nella soddisfazione dei clienti e del personale.

Oggi l'azienda è certa che al primo posto tra le necessità vi è quella di potersi lavare le mani con frequenza e con una garanzia di igiene data dagli strumenti necessari. Dalle mani si passa poi agli ambienti e alle strumentazioni per arrivare agli standard desiderati con un occhio di riguardo all’ambiente e ai consumi.

www.paredes.it

Coopservice accelera sulla sostenibilità

Per Coopservice, leader nei servizi integrati di facility, la sostenibilità è un impegno concreto e costante. La recente medaglia Silver nel rating internazionale Ecovadis posiziona Coopservice nella Top 15% delle aziende più virtuose al mondo nel raggiungimento degli obiettivi complessivi di sostenibilità: ambiente, etica, pratiche lavorative e dei diritti umani, acquisti sostenibili.

Lo testimonia anche il conseguimento della certificazione della Parità di Genere UNI/PdR 125:2022 che, per un’azienda quale Coopservice (a maggioranza femminile nella forza lavoro e nel CdA), rappresenta non un traguardo ma un solido punto di partenza nell’attuazione di policy improntate all’inclusività e alla valorizzazione delle diversità.

Così come, in campo ambientale, la certificazione ISO 14064-1 che garantisce l’affidabilità della rendicontazione delle emissioni di gas serra (GHG) e l’effettività della loro rimozione, a cui è seguita l’acquisizione di 300 Crediti di Sostenibilità posti sul mercato dal Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, equivalenti a 300 tonnellate di anidride carbonica la cui emissione è stata evitata o assorbita.

Una tappa importante nel percorso di Coopservice verso la carbon neutrality, a cui si aggiungerà l’installazione di un parco fotovoltaico di 510 kW (attivo da metà 2024) nella sede centrale di Reggio Emilia che alimenterà con energia rinnovabile le nuove pompe di calore, generando un ulteriore abbattimento delle emissioni climalteranti.

www.coopservice.it

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L’EFFICIENZA DIFFICILMENTE PASSA INOSSERVATA.

Un partner unico per soluzioni integrate di facility

www.coopservice.it
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