TERZA PAGINA BEST PRACTICE INTEGRAZIONE
quando l’impresa fa integrazione di Umberto Marchi
La storica impresa Cooplat ha presentato a Firenze lo studio “Che genere di diversity?”, sull’integrazione di genere nel mondo delle imprese attraverso voci di donne straniere attive in azienda. Che vedono nell’impresa una seconda casa e un’opportunità economica, sociale e umana. 18 GENNAIO 2015
Ogni tanto delle buone notizie anche dal mondo delle imprese, che sempre più spesso balzano agli “onori” delle cronache per scandali, tangenti, appalti truccati, insolvenze o, quando va bene, lavoro irregolare. Le imprese, però, non sono tutte qui: c’è anche del buono, ed è l’aspetto che, purtroppo, rischia di passare sempre sotto silenzio.
Storie di integrazione Proprio di lavoro parliamo oggi, ma con un grande segno “più” davanti e tanto rosa sullo sfondo, per indicare altrettante belle storie di integrazione di genere e di realizzazione umana e sociale. Il buon esempio viene da Cooplat, cooperativa storica con sede a Firenze fondata nell’ormai lontano
1946, appena dopo la fine del secondo conflitto mondiale, e divenuta, negli anni, tra i leader in Italia nei settori dell’ecologia e del facility management con quasi tremila addetti e un fatturato, nel 2013, di 85 milioni di euro.
L’evento alla Biblioteca Centrale di Firenze Martedì 9 dicembre, nella prestigiosa sede della Biblioteca Nazionale Centrale del capoluogo toscano, sala Galileo, Cooplat ha organizzato a partire dalle 16.30 l’incontro “Lavoro e cittadinanza. Una lente di genere su integrazione lavorativa e cittadinanza: la positiva sinergia tra imprese e territorio attraverso voci e volti di donne straniere in Toscana”. Nell’occasione è stato presentato lo studio “Che genere di diversity? Una lente di genere su integrazione lavorativa e cittadinanza”, condotto dall’Istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa tra le donne straniere occupate in Cooplat. Presenti all’evento il presidente della cooperativa Fabrizio Frizzi, la professoressa dell’Istituto Dirpolis Anna Loretoni, responsabile scientifica della ricerca, la dottoressa Alessia Belli, assegnista della Scuola Sant’Anna, autrice dell’indagine, e
i Un rapporto lungo ed emozionante Perché proprio alla Biblioteca Nazionale? Forse non tutti lo sanno, ma nel 1966, dopo la terribile alluvione che colpì Firenze, proprio alla Cooplat fu dato l’incarico di restaurare i libri danneggiati. La coop, che in quegli anni rischiava la chiusura, accettò la sfida con entusiasmo. Fu un’esperienza indimenticabile. I soci vennero formati da esperti venuti da ogni parte del mondo e nel 1967 diedero vita al Laboratorio di Restauro del Libro. Solo nel 1976 questo Laboratorio, oggi uno dei più importanti al mondo, divenne struttura permanente della Biblioteca Nazionale. Anche quest’anno l’acqua, stavolta venuta solo dal cielo, ha aggredito pesantemente la Nazionale causando danni ingenti. E Cooplat ha dato ancora il suo contributo.
l’assessore al Personale del Comune di Firenze Federico Gianassi, intervenuti alla tavola rotonda “Lavoro valore di cittadinanza” coordinata dal presidente di Legacoop Servizi Toscana Angelo Migliarini.
La dignità del lavoro al centro
Donne, e perdipiù straniere: un binomio che, ammettiamolo, anche in un’Italia che si professa aperta e tollerante può risultare scomodo. Eppure nell’impresa funziona: è proprio grazie al lavoro e al senso di appartenenza alla cooperativa che queste lavoratrici dicono di sentirsi a casa pur essendo migranti, cittadine italiane a tutti gli effetti a dispetto di quanto è scritto sulla loro carta d’identità. “Abbiamo cofinanziato con grande interesse questa ricerca che ci mette sotto la lente – ha affermato il presidente di Cooplat Fabrizio Frizzi – vista l’alta densità di stranieri tra la nostra forza lavoro e il nostro stesso corpo sociale. Comprendere e rispondere ai bisogni e alle necessità dei lavoratori, e in particolare di quelli stranieri che possono incontrare difficoltà con la lingua o nell’inserimento, è da sempre una nostra prerogativa. Mettere al centro la dignità del lavoro e il valore della persone contro la logica del profitto a tutti i costi significa anche combattere la crisi, solo così si incentiva la qualità professionale di ognuno”.