GSA 1/2017

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GESTIONE RESPONSABILITÀ SOLIDALE

responsabilità solidale, un referendum per “tornare alle origini” di Simone Finotti

28 gennaio 2017

Via libera della Consulta al referendum abrogativo sugli appalti. Il tema, spinoso, è quello della responsabilità solidale: si vuole tornare all’origine, ripristinando la formulazione iniziale della legge Biagi e, quindi, la piena e completa responsabilità in solido fra committente e appaltatore. Uno sguardo alla questione. Lo scorso 11 gennaio la Consulta ha dato il via libera al referendum in materia di responsabilità solidale negli appalti: un tema che seguiamo con particolare attenzione da molto tempo, e che per certi versi risulta più impattante, nel nostro settore, rispetto a quello sollevato dal quesito (bocciato) sull’articolo 18.

Istituita nel 2003 dalla “legge Biagi”

Di responsabilità in solido ci occupiamo, in pratica, fin dalle “prime mosse” della legge Biagi 276/2003, che all’articolo 29 comma 2 istituiva la piena responsabilità fra committente e appaltatore per paghe e contributi previdenziali: “In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di

appalto.” In sintesi l’articolo 29, comma 2, del decreto 10 settembre 2003, n. 276 prevedeva che in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o il datore di lavoro fosse obbligato in solido con l’appaltatore alla corresponsione dei trattamenti retributivi e contributivi previdenziali dovuti ai lavoratori: si fissava, dunque, il principio della responsabilità solidale per tutti i soggetti della catena dell’appalto. Già, la teoria sembrerebbe funzionare. Ma poi in pratica la cosa rischiava di andare a scapito del lavoratore e del primo committente, visto che che nel caso qualcosa andasse storto (ad esempio l’impresa appaltatrice, o sub appaltatrice, fallisse) il dipendente si trovava di fatto a doversi rivalere, dopo un lungo iter, sulla committenza, la quale non poteva né rivalersi sull’appaltatore, né tantomeno ingerirsi nell’eventuale rapporto fra quest’ultimo e i subappaltatori.

Un lavoro continuo sul testo di legge

Il lavoro tecnico su questa spinosa questione, frutto di un costante confronto fra politica, legislatore e parti sociali, è dunque proseguito, fra tagli, reintroduzioni, revisioni e limature, fino al 2012: le prime criticità, relative soprattutto alla “catena” del subappalto (che succede se il servizio che ho affidato viene a sua volta subappaltato? Chi deve rispondere in caso di mancati pagamenti, versamento dei contribuiti, ecc.? Chi deve accertarsi che l’impresa a o b sia in regola e affidabile?), erano emerse nel 2006, anno in cui il decreto Bersani cercò di prevedere una procedura alternativa di

acquisizione della documentazione di regolarità, poi mandata in soffitta, prima ancora di entrare in vigore, in ragione della sua complessità. L’idea di fondo, comunque, era quella di attenuare la responsabilità in capo al committente per fare leva maggiormente su quella tra responsabilità in relazione al rapporto appaltatore-subappaltatore, che peraltro veniva estesa (articolo 35, comma 28, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248) anche all’effettuazione e al versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti.

Le modifiche della “legge Fornero”

Ma le principali modificazioni del decreto sono state quelle introdotte dal governo Monti, e in particolare dalla “Legge Fornero” 92/2012, che innanzitutto abrogò l’originaria formulazione della “Legge Biagi” sostituendola con la seguente: “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché’ con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla ces-


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