ASSAGGI di ARCHITETTURA
LUOGHI E SAPORI
DEL TERRITORIO









michielizanatta architetti
Archingegno
Una nuova cantina vitivinicola diventa parte del paesaggio grazie al suo inserimento nel terreno dal quale emerge in simbiosi e armonia con il territorio circostante. Questa scelta progettuale fa sì che la cantina, con la sua forma allungata e ondulata, sembri quasi opera della Natura, diventando essa stessa natura.
Progetto architettonico e D.L.: arch. Armando Guizzo, Montebelluna (TV)
Consulenti: ing. Gianni Tadiotto; Mirco Pozzobon (Enologo)
Impianti meccanici: Fiorin Impianti Srl, Conegliano (TV)
Impianti elettrici: Pilon impianti elettrici Srl , Treviso
Appaltatore: Società Agricola Giusti Dal Col, Nervesa della Battaglia (TV)
Costruttore: E.MA.PRI.CE. S.p.A., Possagno (TV)
Cascata d’acqua: Forme d’Acqua, Cavallino – Treporti (VE)
Lavori: ottobre 2017 – gennaio 2020
Superficie utile: ca.5.000 m2
Prospetto est
La nuova cantina GIUSTI WINE si erge ai piedi del colle Montello, in quel lembo di terra che raccorda le pendici del piccolo rilievo montuoso e la parte orientale del Veneto con la pianura padana che si estende fino alla laguna di Venezia.
L’essenza del progetto è da ricercarsi nella presenza e nella forma del Montello, colle caratterizzato da una lunga storia, a partire dal periodo Romano fino alla Grande Guerra. Per quattro secoli – dal XV al XVIII – esso è stato governato dalla Repubblica di Venezia che lo ha usato come risorsa e, allo stesso tempo, tutelato e regolato per la ricrescita della massa boschiva, costituita soprattutto da roveri destinati all’Arsenale. La forma zoomorfa della nuova cantina, allungata e ondulata, si erge con delicatezza ai piedi del Montello, senza intaccarne il profilo e, tanto meno, senza coprire il paesaggio sullo sfondo, variabile con l’alternarsi delle quattro stagioni. Da questa
analisi nasce l’idea di collocare il nuovo fabbricato per due terzi entro terra e di piantare un vigneto sulla copertura della parte che emerge, al fine di creare una simbiosi e un’armonia con il territorio circostante, costituito da pendici e avvallamenti in gran parte ricoperti dai vigneti esistenti. Le due curve ondulate della copertura sono ben evidenti nei prospetti est e ovest e, marcate dal materiale di rivestimento impiegato in lamiera Corten, diventano il tratto peculiare del profilo della nuova architettura. Quasi un’opera della Natura, la cantina sembra sollevare con delicatezza il terreno in due punti, per ricavare nel suo ventre (nel sottosuolo) lo spazio necessario alla lavorazione delle uve, frutti prodotti dai vigneti circostanti. La nuova opera appare come un movimento naturale del terreno e consente di continuare a godere del paesaggio del colle Montello dai colori variopinti per le sue molteplici essenze.
Il corpo di fabbrica è a pianta rettangolare dalle dimensioni di circa 100x25 m (la cantina) e si sviluppa su due piani, oltre a un belvedere situato in sommità dal quale si accede ai vigneti e dal quale si gode della vista panoramica offerta dal colle Montello. Il volume uffici a pianta circolare è posto a est ed è imperniato su una scala elicoidale che porta da quota -7,70 m a quota +6,70 m attraverso tutti i cinque livelli dell’edificio. Nel sottosuolo si articola il ciclo produttivo, che inizia con il ricevimento delle uve nella bocca d’ingresso, costituita da un portellone mobile in Corten; in seguito le uve pigiate in mosto vengono convogliate nei vasi vinari per la fermentazione e infine il vino passa alla sala imbottigliamento, con annessi i servizi e i laboratori di supporto, completamente automatizzata. La conclusione del processo vede le bottiglie, etichettate con le informazioni del prodotto e del territorio, assemblate in pallet e trasferite al piano superiore mediante montacarichi per arrivare al magazzino dei prodotti finiti, pronte per il carico finale che le porterà a destinazione. Le bottiglie saranno vendute in tante parti del mondo, concorrendo a far conoscere e promuovere il territorio della Marca Trevigiana.
Armando Guizzo si laurea nel 1987 in Architettura allo IUAV di Venezia e fonda il suo studio l’anno successivo con sede a Montebelluna. L’architetto si occupa di: urbanistica con analisi, studi di recupero di centri storici, piani di recupero e/o particolareggiati di iniziativa pubblica e/o privata; di progettazione ex novo e riqualificazione sia in ambito commerciale e residenziale; di paesaggistica con miglioramenti fondiari, ricomposizioni ambientali ecc. Dal 1990 l’architetto è stato in Commissione Edilizia nei Comuni di Giavera del Montello, Villorba e Crocetta del Montello.
La riqualificazione e la ricostruzione di parte del complesso di questa cantina vinicola sottolinea il rapporto che si instaura tra l’uomo e la natura, grazie ai volumi che seguono la naturale pendenza del terreno, ai materiali contemporanei usati nell’intervento e alle ampie vetrate che mettono in contatto diretto il visitatore con il paesaggio.
Progetto architettonico e D.L.: arch. Manuele Meneghini –TEAM Architettura srl, Marostica (VI) – Padova (PD)
Strutture: Lazzari associati studio di ingegneria, Caldogno (VI)
Impianti meccanici (progetto): Studio Gasie, Sossano (VI)
Impianti meccanici: Campesan F.lli, Marostica (VI)
Appaltatore/Costruttore: Maroso Costruzioni, Marostica (VI)
Lavori: 2020
Superficie utile: 2000 m2
PIANO INTERRATO
In una zona collinare della provincia di Vicenza nota per peculiarità paesaggistiche, architettoniche e produttive, sorge la cantina Al Monte di Livio, frutto della riqualificazione di alcuni fabbricati rurali già destinati alla lavorazione del vino, e della ricostruzione e riorganizzazione della parte a sud del complesso, un nuovo corpo edilizio destinato a bottaia, area wine-tasting e uffici.
Articolato su tre livelli, il nuovo fabbricato vuole rappresentare la sintesi tra uomo e terra attraverso volumi che affondano ed emergono dal terreno declive, integrandosi armoniosamente nell’ambiente e rispettandone l’andamento naturale; caratterizzati dalla forte matericità dei materiali e delle forme elementari, essi rievocano i fabbricati rurali che punteggiano il paesaggio circostante, accentuando l’aspetto naturale delle strutture grazie ai rivestimenti delle facciate in pietra naturale grigio chiaro posati a secco, ai marcapiani e ai tetti completamente vestiti di una pelle di Corten.
Gli spazi interni sono in un continuo dialogo con l’esterno, mediante ampie vetrate e continuità prospettiche che permettono di estendere gli ambienti a stretto contatto con la natura circostante. Entrando dall’ingresso sito in una posizione d’angolo, il visitatore percepisce una sorta di compressione che si trasforma subito dopo in libertà visiva grazie alle grandi vetrate che inquadrano il paesaggio collinare e a una lunga lingua in cemento che collega gli spazi interni con le ampie terrazze esterne. Il locale destinato al wine-tasting presenta arredi in metallo e legno, tutti su ruote, in modo di poter mutarne la configurazione in base alle esigenze dell’evento ospitato. Al piano interrato si trova la bottaia, cuore dell’attività. Tutti i livelli sono collegati da un’imponente scala in ferro, mentre lucernai e finestre garantiscono un’unione visiva tra gli spazi interni della cantina.
Concept progetto
1 pre-intervento
2 demolizioni
3 bottaia
4 wine shop
5 coperture
6 sottrazione portici
7 esterni
Pacchetto copertura (A) dall’esterno - copertura Corten Skin - pannello in OSB
- doppia guaina bituminosa impermeabilizzante
- pannello isolante in schiuma poliuretanica a celle chiuse
- pannello in lana di roccia
- barriera al vapore in PE
Il progetto della Cantina Al Monte di Livio punta alla valorizzazione del territorio e la riqualificazione dei suoi fabbricati mira a risvegliare l’interesse dei visitatori verso la storica realtà locale. Attribuendo importanza alla cantina e alla zona collinare circostante, l’intervento crea uno spazio dedicato al visitatore il quale ha modo di entrare in contatto con la cultura e la storia del luogo; è qui, infatti, che avviene il contatto tra uomo e terra.
I fabbricati esistenti sono stati riqualificati, recuperati e rivestiti di reti metalliche e viti al fine di inverdire e ombreggiare le facciate; tali rivestimenti sono stati ispirati dall’antica tecnica della produzione del vino Torcolato che prevede di legare con spaghi e attorcigliare a reti metalliche i grappoli. La bottaia al piano interrato è stata pensata in maniera tale da consentire una ventilazione totalmente naturale degli ambienti, mantenendo una temperatura sempre costante, così da ottenere un’ottima maturazione e conservazione del vino. La struttura è in cemento a vista, realizzata con casseri in pannelli di legno riciclato, che creano una texture materica, distintiva e innovativa. L’operazione di riqualificazione è stata sovvenzionata in parte dal programma di sviluppo rurale (PSR), strumento di attuazione del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) attraverso cui la Regione del Veneto sostiene gli interventi per lo sviluppo e la tutela del territorio e del paesaggio rurale, per ridurre il divario in termini di servizi e di opportunità di occupazione delle aree svantaggiate.
Laureato in Architettura allo IUAV di Venezia, Manuele Meneghini si interessa principalmente degli aspetti costruttivi e compositivi dell’architettura. Nel 2021 fonda il gruppo TEAM Architettura con l’arch. Francesco Pinton. Lo studio si occupa di progettazione a differenti scale di intervento: urbanistica, architettonica, commerciale, industriale e d’interni. L’approccio progettuale si caratterizza per semplicità delle linee e dei volumi, estrema attenzione al dettaglio, finiture e scelta dei materiali. Partecipa a concorsi in collaborazione con altri studi di progettazione ottenendo premi e classificazioni. Alcuni dei suoi progetti sono apparsi in pubblicazioni italiane.
La nuova cantina, semi-ipogea, è un’occasione di scoperta e racconto di un territorio antico. Progettata per accogliere l’intera filiera di vinificazione, la struttura costruisce un dialogo inedito con la natura circostante e con le vicende storiche che hanno plasmato questa terra, lasciando segni indelebili. Il risultato è un nuovo e sorprendente paesaggio.
Progetto architettonico e D.L.: arch. Mauro Piantelli –De8_Architetti, Orio al Serio (BG)
Strutture: SCE Project, Milano
Impianto meccanico: Studio ing. Remo Massacesi, Pescara
Impianto elettrico: Studio associato Scandella, Rovetta (BG)
Costruttore: Edilstrade (Movimenti terra ed opere in cls), Peia (BG); LignoAlp (Struttura in legno), Bressanone (BZ)
Lavori: luglio 2020 – maggio 2023
Superficie: 1.100 m2 (Cantina); 8.000 m2 (Spazi aperti)
La nuova cantina Martinelli nasce da esigenze produttive, ma diventa fin da subito un’occasione per raccontare e scoprire il territorio. Già durante i primi sopralluoghi i progettisti rimasero affascinati dalla presenza di un antico bosco, dal piccolo corso d’acqua, dal silenzio assoluto generato dall’orografia del sito e dalle rovine dell’Oratorio di San Giovanni inter nemora (tra i boschi), che appare all’improvviso con la sua stratificazione architettonica più o meno coerente.
Il progetto è diventato una ricerca sulle tracce storiche, culturali, geografiche e agricole: la nuova cantina si posiziona sul versante est della conca, alla ricerca di un dialogo sia con le rovine dell’antica chiesa sia con i vigneti, esistenti e di nuovo impianto.
L’edificio semi-ipogeo è realizzato con una struttura prefabbricata in cemento e sfrutta l’andamento orografico della conca naturale in modo che la sua copertura
possa essere piantumata con un vigneto in continuità con le nuove viti sul lato orientale. Come le rovine dell’edificio religioso, la struttura prefabbricata si sviluppa longitudinalmente nord-sud e, a questo corpo di fabbrica che soddisfa le esigenze produttive, è stata aggiunta, sul fronte ovest, una struttura in legno lamellare, uno spazio vetrato che riporta al suolo il nuovo volume. La struttura in legno ha un’altezza irregolare per mediare il nuovo fronte con la topografia del sito e la sua a copertura presenta un aggetto di 3 m sul fronte vetrato a ovest, creando uno spazio ibrido e di transizione tra lo spazio aperto e la cantina. Il volume inquadra i resti della chiesa, generando uno spazio di relazione con le rovine che è il vero perno del progetto: uno spazio aperto, con un andamento discontinuo, su cui confluiscono i nuovi vigneti, lo spazio d’acqua e i nuovi corpi di fabbrica. È un luogo da cui ammirare il paesaggio, immerso nel paesaggio stesso.
La cantina Martinelli nasce nella zona del Moscato di Scanzo, un vino passito a bacca rossa, che è la più piccola DOCG italiana e che si ottiene da un vitigno autoctono coltivato su un territorio di soli 31 ettari nel comune di Scanzorosciate, alle porte di Bergamo. I vigneti hanno sempre caratterizzato questa conca meravigliosa e la vite accompagnava la comunità dei Monaci Umiliati, che tra il XII e il XIV secolo si erano stabiliti nei pressi dell’antica chiesa, l’Oratorio di San Giovanni inter nemora. Le vicende storiche successive ci consegnano oggi un luogo in cui geografia e storia sono ancora facilmente visibili, un patrimonio tangibile. L’andamento del ruscello, la disposizione degli alberi, l’orografia, le rovine dell’antica chiesa: tutto contribuisce a comprendere come dovesse apparire questo luogo nell’anno 1000 e quale sia stata la sua evoluzione. Le rovine dell’antica chiesa, compromesse dagli innesti di fine Ottocento, potrebbero essere solo un lascito romantico, se non si riuscisse a reagire emotivamente al paesaggio e a sentire la storia di questo luogo, che ha una sua struttura, regole e codici propri. L’ex chiesa è un lascito di questo paesaggio, non sono solo pietre mute: è un luogo che parla e che chiede di essere ascoltato. La compattezza del Sass de Luna, la formazione calcareo-marnosa che caratterizza il sottosuolo e dona al Moscato di Scanzo il suo gusto unico, ha permesso di eseguire, per la realizzazione della cantina, uno scavo verticale, eliminando il muro di controterra tra la cantina e la parete di roccia e rendendo visibile, dall’interno della cantina, la geologia del suolo. Anche la suddivisione interna degli spazi produttivi è stata realizzata con vetrate scorrevoli, così da distinguere le varie fasi di lavorazione e, contemporaneamente, percepire l’intero volume della cantina.
In breve tempo, questo progetto è riuscito a creare un luogo che, assorbite e manipolate le tracce esistenti, ha restituito un nuovo e meraviglioso paesaggio.
Mauro Piantelli, architetto e socio fondatore dello studio De8_Architetti, sviluppa progetti in Italia e all’estero con l’approccio distintivo “unspecialised architecture”, offrendo risposte originali e mai ripetitive a sfide urbane e architettoniche. Si occupa di rigenerazione del patrimonio storico-architettonico sia alla scala architettonica (come il Nuovo Belvedere del grattacielo Pirelli) sia a livello urbano (come i progetti a San Pellegrino Terme, l’area ex Gres e lo stadio di Bergamo). Ha ricevuto premi e riconoscimenti, è relatore in eventi e conferenze e nel 2021 ha inaugurato una mostra sulla sua ricerca architettonica. È curatore e progettista di allestimento e grafica della mostra “SPAZI RESTITUITI. TOBIA SCARPA. Progetti recenti per la collettività”, inaugurata nel dicembre 2024.
Alvearium è un nuovo modo di effettuare l’esperienza del campeggio; il glamping, infatti, è stato sviluppato in sette piccoli edifici i quali, realizzati in legno e dotati di tutte le comodità e di una piscina, si immergono nel paesaggio delle vigne dei colli orientali del Friuli in modo armonico e rispettoso del territorio.
Progetto architettonico e D.L.: arch.tti Elena Carlon e Alessandro Bonadio – bonadiocarlon architetti, Aviano (PN)
Appaltatore: Fam. Zorzettig, Cividale del Friuli (UD)
Costruttore: BIeNE, Udine
Date lavori: agosto 2022 – settembre 2023
Superficie verde: vigneto: 54.000 m2; area a giardino: 2.800 m2
Superficie utile edifici: 190 m2
Crediti fotografici: ©Alvearium - Azienda Agricola Alturis ed ©Elena Carlon
Alvearium è il nuovo progetto di accoglienza diffusa dell’azienda agricola Altùris della famiglia di vignaioli Zorzettig e incarna tutte le comodità delle strutture turistiche, unendo l’esperienza del campeggio al glamour. Alvearium è infatti un glamping ecosostenibile che si inserisce all’interno di una serie di filari di un vigneto con i suoi sette chalet realizzati in legno. La loro forma esagonale ricorda la cella che, assieme a molte altre, compone un alveare, oltre a rimandare al logo dell’impresa che ha realizzato, chiavi in mano, i piccoli edifici.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con la committenza, il cui concept iniziale di un albergo si è mutato in una struttura diffusa costituita da unità abitative di differente metratura, dotate di camera matrimoniale, di bagno privato e di un grande patio esterno con affaccio sulle vigne. Gli chalet sono suddivisi in base alla tipologia di camera (base o superior); tre di essi sono stati chiamati con nomi di vitigni autoctoni, mentre le superior, che possono vantare anche vasche di idromassaggio, riportano i nomi delle birre prodotte
nel birrificio dei proprietari. Una piscina con spogliatoi e spazi coperti completa l’esperienza del glamping. Al fine di ottimizzare lo spazio interno secondo le richieste della committenza, ogni modulo esagonale ha una superficie media di 14 m 2, di cui 7 destinati al bagno.
Ogni modulo è stato realizzato in legno a telaio in laboratorio, coibentato e dotato di serramenti e di impianti essenziali, così da essere solo installato sul sito di progetto. Trasportati con mezzi speciali, gli edifici sono stati collocati, mediante l’impiego di una piccola gru, su piattaforme rialzate, costruite in elementi di larice con superficie impregnata con protettivo di colore neutro, e sospese su pali metallici rifiniti in tinta Corten. Gli unici lavori effettuati in opera sono stati la posa delle grandi vetrate a tutta altezza che si aprono sul territorio circostante e che, viste le dimensioni e la forma, non avrebbero consentito il loro trasporto senza danneggiamenti, e le pergole/patii esterni. Un rampa consente l’accesso anche alle persone portatrici di handicap.
Il materiale legno caratterizza non solo la struttura portante degli chalet, ma anche le finiture interne ed esterne. All’esterno le camere sono rivestite di doghe di larice rigatino non trattato, così da assumere nel tempo la colorazione grigia che lo contraddistingue e mimetizzarsi nel territorio; all’interno, invece, le superfici sono in abete spazzolato lasciato a vista. Gli chalet si caratterizzano anche per l’assenza totale di elementi plastici. Le strutture, infine, sono tutte alimentate dall’energia elettrica e non connesse alla rete pubblica. L’energia necessaria per coprire i consumi di ogni camera è prodotta dagli impianti fotovoltaici che sono stati installati sui tetti dei moduli.
bonadiocarlon architetti è uno studio di architettura guidato dalla passione dei suoi fondatori, gli architetti Alessandro Bonadio ed Elena Carlon, che dal 2015, attraverso idee innovative ma rispettose del contesto, danno risposte alle nuove esigenze di vivere il nostro tempo. Entrambi laureati all’Università IUAV di Venezia, gli architetti possono vantare esperienze internazionali, di ricerca, di restauro e di conoscenza approfondita dei materiali, come il legno e la terra cruda. Sono impegnati nello sviluppo di molti progetti, in ambito ricettivo e non, sempre con l’impiego di materiali naturali, sviluppando nuove forme del costruire.
L’ampliamento di una piccola tenuta agricola è stata l’occasione per confrontarsi e dialogare con il territorio collinare circostante e per sviluppare un progetto, parzialmente ipogeo, che accoglie la nuova cantina, gli uffici e gli spazi degustazione, giovandosi della morfologia del terreno che diventa parte del progetto e basandosi su un approccio sostenibile al design.
Progetto architettonico e D.L.:
geom. Franco Scalchi – Studio Tecnico Geometri Scalchi
Girolamo e Franco, Montebello Vicentino (VI)
Progetto impianti: ing. Emanuele Faltracco – EngyStudio, Villabella (VR)
Calcoli strutturali: ing. Alessandro Gamba, Sona (VR)
Impianti meccanici: R.L. Impianti, Sossano (VI)
Impianti elettrici: Alessandro Mangione – Double Energy, Gambellara (VI)
Costruttore: Maule Costruzioni, Gambellara (VI)
Lavori: 2020-2021
Superficie utile: 1.500 m2
L’ampliamento della piccola realtà vinicola della Tenuta Maule è stato fortemente voluto dall’attuale proprietario, Mauro Maule, che ha preso le redini dell’attività di famiglia, iniziata molti anni fa con il bisnonno Angelo. Il forte desiderio del committente era una nuova cantina vinicola funzionale all’attività svolta al suo interno e realizzata tenendo in considerazione il rapporto con il paesaggio circostante. Tali obiettivi si sono realizzati grazie all’armonioso inserimento del nuovo fabbricato nel terreno, che così impatta nel minor modo possibile sul verde del contesto collinare, creando una struttura innovativa e sostenibile. Il progetto del nuovo fabbricato è stato affidato allo Studio Tecnico Geometri Scalchi Girolamo e Franco, che ha curato anche la realizzazione, la direzione lavori e l’arredamento interno. In particolare, il geom. Franco Scalchi, appassionato sostenitore di ambienti naturali, ha seguito con grande attenzione sia la fase progettuale sia la successiva costruzione.
La cantina dunque è stata pensata e studiata per conservare e rispettare il territorio e l’ambiente naturale, generando una struttura architettonica che si distingue per innovazione e sostenibilità dell’approccio progettuale, come voluto dal proprietario.
L’edificio si inserisce nel pendio del terreno che circonda la struttura esistente, mitigando in tal modo anche l’impatto del vecchio volume e iniziando un dialogo armonioso con il luogo. La morfologia dell’area di natura basaltica e tufacea è stata enfatizzata, lasciando a vista le lastre emerse durante lo scavo e collocando la barricaia in questo ambiente ipogeo, dalle perfette caratteristiche termiche; le barrique, infatti, sono poste in parte sul basamento di cemento e in parte in grandi sassi spaccati. Il volume che sporge dal terreno accoglie invece le prime lavorazioni delle uve e, superiormente, la zona degli uffici e l’area degustazione e shop, che si affacciano su un’ampia terrazza posta appena sopra i vigneti con i quali si mimetizza.
All’esterno la nuova cantina presenta al piano terra un rivestimento realizzato con lastre di gres color Corten con disegno a “masiere” che richiama la tradizionale e tipica tipologia delle murature a secco e dei terrazzamenti della zona. Al piano superiore invece, dove si trova la grande terrazza, la superficie esterna è costituita in gran parte dalle superfici vetrate delle finestre cielo-terra, le quali assicurano agli ambienti interni, destinati alle degustazioni e a ospitare eventi, un ottimo comfort abitativo. A ciò si aggiunge l’aspetto visivo degli spazi interni che, liberi da qualsiasi forma di mascheratura, sembrano essere inseriti e immersi nella natura circostante, di cui fanno parte, a creare una positiva sensazione di benessere energetico che rispetta in primis l’ambiente. Gli arredi interni – mobili e rivestimenti – sono stati realizzati in legno, materiale che è stato scelto per le sue innegabili peculiarità di sostenibilità.
Sulla copertura, invisibile, è stato installato un impianto fotovoltaico con batterie di accumulo il quale assicura una grande efficienza energetica alla cantina e a tutti i locali.
Il geometra Franco Scalchi ha cominciato a esercitare la sua attività come libero professionista assieme al fratello Girolamo, socio dello studio, alla fine degli anni Settanta. Nel corso degli anni ha realizzato opere edilizie in tutti i settori, dal residenziale, industriale, agricolo, all’urbanistico e arredamento, anche in collaborazione con architetti e ingegneri. Nell’ambito della sostenibilità, attualmente sta seguendo un importante lavoro a Montorso Vicentino per la costruzione di un complesso residenziale, realizzato in legno e paglia. Sta inoltre progettando e seguendo lavori edili con differenti destinazioni in diversi luoghi della provincia di Vicenza.
Un disegno elegante e composito, che riconfigura il fronte, è il tratto distintivo del nuovo Centro
Direzionale della Cantina Montelliana e dei Colli Asolani. Una cooperativa di oltre 400 viticoltori nata nel 1957, nel cuore della regione del Prosecco.
Ospita i diversi uffici, una sala per le assemblee un’area degustazione e un terrazzo per gli eventi.
Progetto architettonico: arch.tti Tommaso Michieli, Christian Zanatta – michielizanatta architetti, Udine – Treviso
Strutture: ing. Massimo Gallonetto, Giavera del Montello (TV)
Impianti meccanici: Studio Nord-Est, Montebelluna (TV)
Impianti elettrici e speciali: Elettrostudio Srl, Cornuda (TV)
Sicurezza cantiere: geom. Maurizio Bastasin, Maser (TV)
Prevenzione incendi: Gabrielli Group, Cornuda (TV)
Appaltatore/Costruttore: Costruzioni Bordignon Srl, Volpago del Montello (TV)
Lavori: gennaio 2021-luglio 2022
Superficie lorda: 1.800 m2
Lungo la strada che da Montebelluna conduce a Conegliano, in provincia di Treviso e situata in prossimità delle pendici meridionali del Montello, a pochi chilometri dal fiume Piave, si incontra la rinnovata sede della cooperativa vinicola Cantina Montelliana e dei Colli Asolani che, specializzata nella produzione del Prosecco e con oltre 20 milioni di bottiglie prodotte lo scorso anno, si sviluppa su una superficie di circa 10.000 m2
Il progetto del nuovo Centro Direzionale nasce dalla necessità di riqualificare l’intero comparto produttivo, integrando armoniosamente le diverse funzioni e creando un’immagine contemporanea e riconoscibile.
Senza perdere di vista il valore storico e industriale dell’area, i progettisti hanno trasformato lo spazio mediante migliorie funzionali ed estetiche, rendendo il nuovo volume innovativo e al passo con le dinamiche del settore in continua crescita e sviluppo.
A seguito della demolizione degli uffici esistenti, sono stati dunque ripensati tutti gli spazi interni, che sono ospitati nel nuovo e lungo volume prismatico, articolato su tre piani fuori terra e uno interrato.
Qui trovano posto gli uffici tecnici e commerciali, la sala per le assemblee, un’area degustazioni, la sala del consiglio di amministrazione, l’ufficio di presidenza e un terrazzo destinato agli eventi, collegati e distribuiti da una scala che distingue le zone di rappresentanza dagli uffici.
L’elemento che caratterizza il Centro Direzionale è la facciata rivolta a sud che è stata organizzata secondo fasce di altezze diverse e con aggetti variabili e che alterna superfici in cemento a spacco e in lamiera grecata alle lunghe finestre a nastro, inframezzate da schermature in legno. Il cemento, la lamiera e il legno descrivono motivi a fitte scanalature verticali che si contrappongono all’orizzontalità della composizione e creano un disegno vivace e coerente. Tale articolazione delle aperture, oltre a donare qualità agli ambienti interni, crea una connessione visiva costante con il paesaggio circostante.
Il progetto della Cantina Montelliana nasce come un frammento di territorio che assorbe l’incoerenza formale del paesaggio produttivo per creare una nuova identità e per riorganizzare gli spazi dell’intero comparto attraverso elementi che, diversi per matericità e per colore, si affiancano e si confrontano. Il colore rosso, ad esempio, segna il setto del generoso ambito di ingresso al piano terra, che accompagna all’atrio e al vano scale; sempre il rosso marca il preesistente corpo di fabbrica destinato allo stoccaggio, distinguendolo dal volume direzionale, dal quale è fisicamente staccato mediante uno spazio interposto che regala scorci inattesi e che funge da collegamento e transizione, facendo dialogare i due corpi edilizi.
Questa scelta è alla base dell’estensione della facciata del centro direzionale verso gli altri edifici adiacenti, uno spaccio commerciale e un magazzino, i quali in tal modo sono integrati nel complesso. Rispetto alla facciata del Centro Direzionale, questa rivela il suo contenuto per effetti di trasparenza, realizzati con schermature metalliche e non lignee, e per il ritrarsi occasionalmente in alcuni punti, lasciando pienamente a vista porzioni dei volumi esistenti. In questo progetto i materiali e i loro colori rappresentano quindi ben più di una citazione del paesaggio industriale e del disordine formale che lo caratterizza; diventano il riflesso dell’idea architettonica dei progettisti, valorizzando l’esistente, che deve essere prima compreso per essere migliorato, lasciando aperta la possibilità a future integrazioni, in armonia con le necessità di un’azienda in continua crescita.
Tommaso Michieli e Christian Zanatta fondano michielizanatta architetti nel 2004, con una semplice visione: creare spazi che espandono la vita delle persone. La configurazione dinamica e allargata dello studio, con sedi operative a Udine e Treviso, riflette questa filosofia: abbracciare un territorio ampio e interconnesso significa interpretare le molteplici sfumature dei contesti locali, arricchendoli con soluzioni architettoniche che stimolano il pensiero e favoriscono nuove prospettive. L’attività dello studio si esprime nell’indagine dell’architettura alle sue diverse scale, attraverso un dialogo costante con il territorio, valorizzandolo e reinterpretandolo con sensibilità, integrando sostenibilità sociale e ambientale. Il portfolio dello studio copre tutti gli ambiti del progetto, tra i diversi lavori si ricordano i Caselli del Passante di Mestre, il Nuovo Lungomare di Lignano Sabbiadoro, l’edificio commerciale La Zolla a Udine, il progetto per l’ampliamento di Vendrame Vignis del Doge
La struttura ipogea della nuova Cantina Pieropan si inserisce nel territorio collinare veronese in armonia con l’ambiente naturale che la circonda. Unico segno della sua presenza è il lungo fronte curvilineo che segue l’andamento del paesaggio e che, con la sua apparente casualità e il suo effetto chiaroscurale, scandisce il ritmo delle lavorazioni interne, aprendosi verso valle e moltiplicando le viste sui dintorni.
Progetto architettonico: Raffaela Braggio, Giovanni Castiglioni, Filippo Legnaghi, Moreno Zurlo – A.c.M.e. studio, Verona
Committente: azienda agricola PIEROPAN di Leonildo
Pieropan s.a.s., Soave (VR)
Progetto paesaggistico: A.c.M.e. studio
Strutture: ing. Thomas Dusatti – Delta Ingegneria Arco (TN) Lavori: 2017-2022
Superficie utile: 10.800 m2
Nel territorio della provincia di Verona, segnato da colline e terrazzamenti dall’andamento curvilineo e da muri a secco, dove distese di vigneti e campi si alternano ad aree boschive e coltivate a frutteto, si può incontrare una struttura ipogea che cerca di rispettare il più possibile l’ambiente in cui si inserisce. Si tratta della Nuova Cantina Pieropan, la quale nasce dalla rilettura dei riferimenti morfologici dell’area, seguendo e preservando il paesaggio naturale circostante. Dal punto di vista paesaggistico l’idea progettuale appare semplice e consiste nel sollevare un lembo del pendio e inserire all’interno della balza il considerevole volume del fabbricato – oltre 60.000 m3 –, necessario allo svolgimento dell’attività vitivinicola dell’azienda. È necessario sottolineare che la scelta di una cantina ipogea non deve essere ricercata in un design timido che quasi rinuncia a proporre un’architettura, bensì è da ritrovarsi con fermezza nella consapevolezza della fragilità di questo paesaggio e nella forte volontà d’integrare questa storica realtà produttiva nel territorio.
Avvicinandosi alla cantina, ciò che appare è il suo lungo fronte sinuoso che va a sostituire visivamente la balza del terreno preesistente di cui ha preso il posto, ripristinando lo scarto altimetrico originato dal salto di quota mediante la nuova copertura a verde che armonicamente segue il declivio naturale esistente. Il prospetto in pietra calcarea locale mostra una superficie sfaccettata apparentemente casuale, pur seguendo ritmicamente il soave andamento della curvatura planimetrica, così simile al fronte della cava. In tal modo si genera nel paesaggio una moltiplicazione di immagini, affini agli affascinanti affioramenti lapidei locali, che si contraddistingue per un grave effetto chiaroscurale, tra le cui fenditure verticali trovano posto le aperture.
Prospetto
Sezione longitudinale
1 conferimento uva
2 vani tecnici
3 affinamento
4 invecchiamento
5 stoccaggio
6 spedizione prodotto
7 parcheggio visitatori
8 ingresso visitatori
9 imbottigliamento
10 selezione uva e immissione nella pigiaderaspatrice
11 vasche di vinificazione
12 fruttaio
La Nuova Cantina Pieropan si trova all’interno dell’area di produzione dei vini Soave DOC, sotto i monti Lessini e al confine con la provincia di Vicenza. Tale zona rappresenta uno dei comprensori vitivinicoli italiani a più alta densità di coltivazione della vite e il territorio di Soave costituisce un comprensorio unico nel suo genere per la specifica identità legata all’origine vulcanica dei suoli. I terreni tufacei basaltici di origine vulcanica dei rilievi collinari della zona compongono, infatti, un suolo ideale per la coltivazione dei vigneti. In questo contesto la nuova cantina si propone come un “utensile da lavoro”, perfettamente adattato alla tecnologia sempre più affinata dei metodi di vinificazione e con un’architettura fortemente integrata nell’ambiente, grazie alla scelta della costruzione ipogea, istituendo un dialogo tra storia e paesaggio, attraverso la contrapposizione dialettica di forme contemporanee e materiali tradizionali.
L’articolazione interna degli spazi è organizzata razionalmente sul ciclo produttivo, tenendo conto delle necessità funzionali dei vari ambienti. Tutti i locali di lavorazione si aprono sull’unico prospetto verso valle, mentre restano completamente ipogei gli spazi destinati all’affinamento. Anche la circolazione interna e la scelta di impostare la struttura su un unico livello, esaltano la stretta relazione tra organizzazione degli spazi e produzione, nell’intento di rendere funzionali gli spostamenti interni relativi alla produzione e di limitare l’impatto ambientale delle aree esterne.
A.c.M.e. studio è stato fondato a Verona da un gruppo di giovani architetti – Raffaela Braggio, Giovanni Castiglioni, Filippo Legnaghi e Moreno Zurlo – provenienti da varie città e formatisi presso le più importanti università italiane, il cui primario sodalizio ha avuto inizio all’interno dei corsi post-laurea di alta formazione. I loro progetti comuni, realizzati nell’arco di più di un decennio, hanno toccato ambiti diversi: dall’edilizia residenziale e social housing all’interior design, dal restauro monumentale e recupero dell’edilizia storica alle realtà produttive e agricole, in cui negli anni si sono distinte le cantine vinicole. Tra i vari riconoscimenti: nel 2007 e nel 2013 le realizzazioni di edilizia sociale sono state selezionate tra i finalisti del prestigioso premio europeo di architettura “Ugo Rivolta Award”; nel 2013 lo studio è risultato vincitore del Premio “Architetti Verona”; nel 2015 Pinnacle award (of Merit) 2015; da Marble Institute of America; 2017 Eccellenza del Paesaggio per il Wine & Landscape Architecture by Paysage MIPAFF.
La Cantina dalle Radici BIO e l’adiacente Officina del Vino sono il manifesto rappresentativo dell’attività della Cantina
Pizzolato che da 40 anni si distingue per l’approccio sostenibile alla coltura della vite e alla successiva lavorazione dell’uva. Materiali naturali e un sensibile inserimento nel territorio hanno dato vita a spazi di lavoro produttivi funzionali la cui immagine è strettamente connessa al luogo in cui sorge.
Progetto architettonico: Architetti Adriano Marangon e Michela De Poli – MADE associati, Treviso
Collaboratori: arch. Francesco Faggian, arch. Laura Castenetto
Committente: La Cantina Pizzolato – Villorba (TV)
Strutture: ing. Andrea Rigato
Impianto meccanico: p.i. Alessandro Sartori
Impianto elettrico: p.i. Luciano Michielin
Progetto idraulico: iDeVa Ingegneria
Ditta esecutrice: Impresa Sernagiotto Angelino Costruzioni srl, Camalò di Povegliano, (TV)
Lavori: novembre 2014 – maggio 2016; 2° stralcio: aprile 2022
Superficie coperta: 2.600 m2
La Cantina Pizzolato, che prende il nome di Cantina dalle Radici BIO, si compone di due interventi. Il primo è costituito dal WineShop, che comprende anche gli uffici e che ha coinvolto gli spazi di produzione preesistenti, quali la pigiatura, la fermentazione, l’imbottigliamento e lo stoccaggio; il secondo ha riguardato l’Officina del Vino che ospita zone di accoglienza, di degustazione e il caveau cantina. I nuovi volumi sono stati strutturati per essere l’immagine rappresentativa dell’Azienda, della sua sensibilità e della sua produzione da sempre biologica (in 40 anni di attività, la Cantina Pizzolato ha ottenuto le certificazioni di biologico e vegano per tutti i vini di produzione).
La realizzazione della nuova Cantina è stata quindi l’occasione per riordinare e riallacciare il sistema degli spazi aperti e la struttura del progetto di riqualificazione. Tale intervento ha consentito di coinvolgere nuovi spazi e nuovi volumi dedicati alla cantina, i quali si sviluppano integrando le parti esistenti, con l’obiettivo finale di creare una funzionalità e un’immagine omogenee.
Il nuovo edificio, realizzato con una struttura in legno proveniente da foreste certificate, si dispone dunque in successione agli edifici esistenti per costruire un nucleo compatto delle diverse attività di lavorazione.
Accanto a esso, uno spazio alberato, formato da vecchi ciliegi contorti adagiati quasi gli uni sugli altri, stringe un’area a prato aperta verso la campagna coltivata, dove sorge il nuovo Padiglione denominato l’ Officina del Vino . Questo è un fabbricato che al contempo è contenitore e contenuto di una filosofia legata al vino e ai processi di lavorazione biologica che contraddistinguono la Cantina Pizzolato. La planimetria del padiglione, data dall’unione di una serie di elementi circolari, richiama l’aggregazione delle bollicine di anidride carbonica visibili in un calice di Prosecco e le cristallizza in una sorta di estrema gigantografia. La successione degli spazi circolari contiene l’evoluzione dimensionale dei diversi ambiti del padiglione, arrivando nel disegno in campo a raggiungere i filari di vite con la sistemazione esterna.
1 magazzini (320 m2) 2 barricaia (90 m2)
sala degustazione
servizi
laboratorio
spiazza (215 m2)
spaccio (111 m2)
Per la struttura in legno della cantina è stato impiegato il Faggio del Cansiglio. Il legno proviene dalla Foresta controllata del Cansiglio, una foresta nella quale le faggete sono una specie endemica destinata a diventare un prodotto finito certificato e legato al territorio, attraverso un processo di selezione attuato in accordo con Veneto Agricoltura (Ente preposto alla gestione delle foreste nel Veneto), in una sinergia tra la foresta del Cansiglio e l’azienda Itlas.
Questa foresta è certificata secondo lo schema PEFC – Programme for Endorsement of Forest Certification, ovvero secondo i principi della gestione forestale sostenibile, che garantisce il mantenimento e l’appropriato sviluppo delle risorse forestali, salvaguardando la diversità biologica e l’ecosistema della foresta e conservando le altre funzioni del bosco, oltre a quelle produttive.
La scelta di impiegare legno certificato di origine regionale nasce dalla volontà di promuovere il territorio, sensibilizzando i suoi visitatori verso un ecosistema naturale, quello del patrimonio forestale gestito secondo i dettami della selvicoltura naturalistica, seguendo i criteri della certificazione forestale. Questo processo racchiude in sé la filosofia ambientale propria della Cantina e dei suoi prodotti naturali che si mostra anche nei caratteri dei materiali impiegati.
MADE associati, Michela De Poli e Adriano Marangon, operano nel campo dell’architettura e del paesaggio indagando a varie scale operazioni di trasformazione controllata, progettando e realizzando edifici pubblici e privati, spazi pubblici, parchi e giardini e lavorando attraverso studi urbanistici e masterplan a progetti per il ridisegno di salvaguardia ed evoluzione di aree sensibili. Oltre all’attività professionale, caratterizzano il profilo dello studio: la ricerca, la pubblicazione di testi di architettura e paesaggio, l’insegnamento universitario e master. I loro progetti sono stati pubblicati in riviste nazionali e internazionali come: Abitare (I), Atlas of world Landscape (CH), Architecture (Casabella (I), D’Architettura (I), De arhitectura (RO), Domus (I), Landscape Design (Cina), Architettura del Paesaggio (I). Hanno vinto e sono stati selezionati in numerosi premi di architettura.
Il nuovo ampliamento della Cantina Valetti si stacca dalla preesistenza affermando il suo ruolo di accoglienza dei visitatori con un’immagine in pietra e acciaio che richiama i terrazzamenti e i pali di appoggio delle viti. Pur dichiarando la sua presenza, il nuovo volume si integra nel paesaggio e si apre verso il Lago di Garda grazie all’involucro vetrato al primo piano che lascia scorrere lo sguardo oltre il costruito.
Progetto architettonico e D. L.: Carlo Ferrari e Alberto Pontiroli – Archingegno, Verona
Collaboratori: Andrea Chelidonio, Alessandro Martini, Francesca Rapisarda e Marco Rizzi
Committente: Azienda Vinicola Valetti Luigi
Strutture: Giovanni Montresor e Mattia Gaspari
Impianti: Massimo Padovan e Davide Piacentini –Idroemme progettazione impianti tecnologici, Impresa edile: Gianfranceschi Costruzioni
Progetto e realizzazione: 2013 – 2016
Superficie complessiva: 1100 m2
Prospetto est
Prospetto sud
Situata nel cuore della Zona Classica di produzione del Bardolino, la nuova Cantina Valetti, parte di un’azienda a conduzione familiare, si colloca nelle immediate vicinanze di quella esistente, la quale necessitava di nuovi spazi per la commercializzazione dei propri prodotti.
Il nuovo fabbricato, composto da due livelli fuori terra che ospitano le zone di vendita, degustazione e imbottigliamento e un piano interrato destinato alle aree produttive, è separato dall’edificio esistente, così da formare una nuova corte dove il vecchio e il nuovo chiariscono il loro rapporto di forza. È un’architettura che comunica il messaggio aziendale e che, allo stesso tempo, è legata alla natura che la circonda mediante i materiali di finitura che la caratterizzano – la pietra e l’acciaio – e grazie al rispetto del paesaggio stesso.
Il nuovo volume, infatti, non cerca la mitigazione ma sottolinea la sua presenza mettendo assieme diverse idee del costruire, quella del paradigma massivo della pietra e quella dell’assemblaggio tettonico della struttura in accia-
io. Questa composizione allude formalmente e cromaticamente agli elementi tipici del paesaggio circostante a vocazione vitivinicola, quali le marogne dei terrazzamenti e i pali di sostegno delle viti.
Il muro in pietra del basamento si inclina verso lo spazio a doppia altezza dell’ingresso e la struttura in acciaio superiore viene alleggerita grazie alla piega data ai sostegni esterni che seguono una logica organica. Poco arretrato rispetto alla maglia dei sottili elementi metallici, un involucro in vetro sottolinea nuovamente lo schema compositivo del progetto. A est un lungo scalone accompagna il visitatore ai piani superiori dove si spalanca una splendida vista sul lago.
Il progetto ricerca un’armonia tra uomo e natura e allo stesso tempo si presenta razionale grazie alla minimizzazione delle forme in un’unità di volume e di materiali.
L’edificio di notte diventa iconico, le linee luminose dei soffitti interni definiscono gli spazi quasi come segni grafici e rivelano prospettive, scorci, tagli e volumi.
Sezione longitudinale su barricaia
Sezione longitudinale su scala
Dettaglio costruttivo
Sezione trasversale su zona stoccaggio
Sezione trasversale su barricaia
Gli interni della nuova Cantina Valetti propongono una rilettura aggiornata delle cantine storiche, mettendo assieme tradizione e innovazione. Dall’ingresso, posto nell’angolo sud-est e caratterizzato da uno spazio a doppia altezza, parte la scala di collegamento al piano superiore, la quale mostra un rivestimento in pietra bianca con pedata di forte spessore. In tal modo si riesce quasi a sentire il ritmo della salita che accompagna il visitatore sino alla sala degustazione del piano primo dove si spalanca la vista sul lago. Questo è un luogo di sorpresa e scoperta; gli interni sono rigorosamente di colore bianco calcareo al fine di dilatare lo spazio costruito grazie a vibrazioni luminose e prospettive mobili. Quasi come dentro una scultura cinetica, il paesaggio gioca dinamicamente con la vista e le ombre riportate delle colonne del loggiato, con i tagli obliqui nelle pareti e le linee di luce dei soffitti.
Contrapposta alla scala in salita, parte la scala in discesa verso il piano interrato dove è collocata la barricaia, separata da una parete vetrata dalla zona dello stoccaggio dei serbatoi in acciaio inox. La bottaia è un ambiente reso suggestivo dall’illuminazione artificiale e dalle pareti luccicanti grazie a frammenti di specchi macinati amalgamati nell’intonaco.
Lo studio Archingegno, dal 1998 a oggi, ha progettato e realizzato edifici pubblici, residenziali e terziari, con particolare esperienza nella progettazione di spazi per il lavoro. I soci fondatori Carlo Ferrari e Alberto Pontiroli considerano l’architettura come intreccio di elementi storici e contemporanei in grado di produrre qualcosa di molto speciale fornendo soluzioni personalizzate, mai convenzionali, adattabili ai diversi contesti e che invitano gli utenti a sentire un senso di appartenenza per i loro edifici. La reputazione dello studio si basa sulla qualità dei progetti, delle realizzazioni e sull’attenzione prestata ai dettagli; ogni aspetto, dalla scelta dei materiali al contesto fisico e culturale, è considerato per creare uno spazio esemplare. I lavori dello studio hanno ottenuto il premio Città di Oderzo nell’anno 2001, sono stati selezionati in due edizioni del Premio Luigi Cosenza (2000, 2002) e in due edizioni del Premio Cappochin (2005, 2007) e vantano menzioni in due edizioni nel Premio Architettiverona (2011, 2017). All’interno di alcune loro opere, sono stati affrontati specifici temi di lighting design, ottenendo nel 2005 lo Iald’s Award of Merit, principale riconoscimento internazionale del settore.