papa giovanni settembre2011

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(Anno XXVIII) Nuova serie - Anno 10 n. 5- Settembre/Ottobre 2011 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

Papa Giovanni ricordato in S. Pietro Ha saputo parlare ai cuori

Concilio: un faccia a faccia tra storia e sfide del futuro

Dimostrò di essere tutt’altro che un Papa di transizione

Un libro racconta: Così Papa Roncalli prese le difese di Padre Pio

SETTEMBRE - OTTOBRE 2011


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Sotto la protezione di Papa Giovanni

La bisonna Federica affida a papa Giovanni il piccolo Federico

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Inviate la fotografia dei vostri bambini ad:

Nonno Gigi e nonna Rina affidano i loro amati nipoti Filippo e Riccardo, alla protezione di Papa Giovanni XXIII affinchè li protegga per tutta la vita

via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo


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Roncalli ricordato in S. Pietro: «Ha saputo parlare ai cuori»

Concilio: un faccia a faccia tra storia e sfide del futuro

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«Dimostrò di essere tutt’altro che un Papa di transizione»

Così Papa Roncalli «prese le difese di Padre Pio»

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Coordinamento redazionale: Francesco Lamberini Fotografie: Archivio del Seminario Vescovile di Bergamo, Archivio “Amici di Papa Giovanni”, Archivio “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII”

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Papa Giovanni ricordato in S. Pietro Ha saputo parlare ai cuori Dimostrò di essere tutt’altro che un Papa di transizione

Un libro racconta: Così Papa Roncalli prese le difese di Padre Pio

SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

n. 5 bimestrale settembre/ottobre

Direttore responsabile Monsignor Giovanni Carzaniga Direttore editoriale Claudio Gualdi

Per 27 anni è stato parroco nel paese di Angelo Roncalli

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«Capovilla, grande testimone della stagione giovannea»

Centurelli incontra Il Papa e gli dona un suo volume

Editrice Bergamasca ISTITUTO EDITORIALE JOANNES

Redazione: mons. Gianni Carzaniga direttore della “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII” con sede nel Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo, mons. Marino Bertocchi parroco di Sotto il Monte, don Oliviero Giuliani Claudio Gualdi segretario dell’associazione “Amici di Papa Giovanni”, Pietro Vermigli, Giulia Cortinovis, Marta Gritti, Vincenzo Andraous padre Antonino Tagliabue Luna Gualdi

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Mons. Giuseppe Martinelli: investigatore di uomini santi

Concilio: un faccia a faccia tra storia e sfide del futuro

Papa Giovanni ha lasciato tracce indelebili in Turchia

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Gli ultimi 7 Papi e la storia nelle foto dell’«Osservatore»

(Anno XXVIII) Nuova serie - Anno 10 n. 5- Settembre/Ottobre 2011 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

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RICORRENZE

Roncalli ricordato in S. Pietro: «Ha saputo parlare ai cuori» In occasione del 48° anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 3 giugno del 1963

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l 3 giugno 1963 Papa Giovanni dava l’ultimo abbraccio al mondo. Non si spegneva la sua universale paternità, anzi, nella morte si dilatava tra cielo e terra per accogliere le suppliche di tutti e restituire a ciascuno il conforto che viene dall’Alto. Così inizia il servizio di Maurizio Malvestiti, sottosegretario della Congregazione per le Chiese orientali, pubblicato agli inizi dello scorso giugno su «L’Eco di Bergamo» e che riproponiamo ai nostri lettori. Allora il mondo tentò di sospendere il tempo nella commossa preghiera per trattenere un padre, che lo aveva tanto avvicinato al Cuore di Dio. Con questi pensieri i sacerdoti, le religiose e i fedeli provenienti da numerose località, insieme agli amici romani del Beato Giovanni XXIII, si sono raccolti il 3 giugno per la consueta celebrazione eucaristica in San Pietro, nell’anniversario del suo ritorno alla casa del Padre.

Quest’anno l’ha presieduta monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione. All’altare, dove le spoglie mortali del beato riposano poco lontane da quelle di Giovanni Paolo II, l’omaggio dei fiori e dei ceri segnalava la ricorrenza. E durante la Messa il nome di Giovanni XXIII ricorreva nelle formule liturgiche a rendere familiare il dono di Dio: la stessa Parola e lo stesso pane, e il calice che Angelo Roncalli ricevette ed offrì innumerevoli volte in fedeltà sempre nuova e riconoscente.

Quel sorriso sicuro All’omelia l’arcivescovo Fisichella, dopo il ricordo della decennale permanenza estiva in alta Valle Seriana, in provincia di Bergamo, agli inizi del suo sacerdozio, ha subito applicato le parole del vangelo «sulla tristezza che si muta in gioia all’ora della morte del Papa Buono. Proprio allora il distacco si rivestì di gioia serena nei molti che ne percepivano la santità. Non erano abituati i romani a vedere il loro vescovo visitare i carcerati o i piccoli ospiti dell’Ospedale del Bambin Gesù, col sorriso sicuro che ne accompagnava gesti e parole». «Dio ad ogni tempo – ha aggiunto – dona alla Chiesa e al mondo un Papa adeguato. Scelse così un servo fedele per un tempo che avrebbe segnato una tappa fondamentale della evangelizzazione. Nell’Aula Vaticana, l’11 ottobre 1962, sarebbe tornato il tema della gioia fin dalle prime parole del discorso di apertura del Concilio ecumenico: “Gaudet Un gruppo di fedeli davanti alla chiesa parrocchiale di Sotto il Monte mater Ecclesia!” E il suo scopo fu 4


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quello di portare al mondo, con un linguaggio nuovo, il vangelo di sempre, anzi la gioia del vangelo». Il tema della gioia «Il cuore della missione ecclesiale – ha continuato monsignor Fisichella – sta infatti nel fare dei credenti non degli stanchi ripetitori di una verità poco amata, bensì degli evangelizzatori anch’essi nuovi, carichi di convinzione e di entusiasmo. Giovanni XXIII seppe confortare gli operai del vangelo riproponendo l’invito di Gesù a “non temere” e a “parlare nel suo nome”, sempre e comunque». «Non un parlare a vuoto evidentemente – ha aggiunto – bensì preoccupato della fedeltà al contenuto che coincide con la persona del Crocifisso risorto. Come attestano gli Atti degli apostoli, San Paolo non demordeva davanti allo scetticismo incontrato ad Atene. Anzi, da esso ammaestrato seppe elaborare il tema della sapienza di Dio, che considera spazzatura il sapere scevro dall’essenziale riferimento a Dio. Il mondo rischia di diventare un deserto se Dio è messo in un angolo. Da tale pericolo debbono metterlo in guardia gli evangelizzatori».

Un ritratto di Angelo Roncalli realizzato durante il suo pontificato

con monsignor Giulio Villa, che a nome di tutti ha ringraziato l’arcivescovo Fisichella. L’ardore degli evangelizzatori andrà coltivato soprattutto dai sacerdoti, i quali potranno ispirarsi all’esempio del Buon pastore, di cui fu immagine convincente il Beato Giovanni XXIII.

Il futuro con speranza E’ quello che ha fatto Giovanni XXIII, sacerdote e missionario di Cristo, sulle strade del mondo come rappresentante pontificio e poi confermando i fratelli nella fede quale successore di Pietro. «Ci è affidata, dunque – ha concluso monsignor Fisichella – la gioia e non il peso della proposta evangelica. Una proposta che l’uomo attende, perché solo Cristo può svelare il mistero che è in ciascuno di noi. In Lui trova senso il suo cammino ed egli può guardare al futuro con speranza, recuperando nell’amore l’enigma del dolore e della morte».

Messa a Sotto il Monte Nel 48° anniversario della morte di Papa Roncalli, avvenuta il 3 giugno 1963, anche la comunità di Sotto il Monte ha voluto ricordare il Papa Buono con una cerimonia dedicata e a cui hanno partecipato numerosi fedeli. Prima ancora della celebrazione, proprio per ricordare e onorare il Papa originario del paese bergamasco, migliaia i pellegrini giunti da tutta Italia per visitare i luoghi giovannei. Molti si sono fermati a Sotto il Monte, in particolare per poter vedere la casa natale del Pontefice e pregare e nella chiesa di Brusicco. Ma è stato nella sera del 3 giugno che la comunità si è stretta ancora di più nel ricordo. Nella parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista il

Il pensiero ai diaconi Le preghiere dei fedeli hanno fatto eco alla Parola di Dio, con un’intenzione per il Papa, i vescovi e i sacerdoti, come pure per monsignor Enrico Rosa, che concelebrava nell’imminenza del 25° di sacerdozio. Sempre fedele all’appuntamento in San Pietro, la parrocchia romana di San Giustino con i suoi sacerdoti e da quest’anno la parrocchia di San Domenico, 5


ricorrenze

Le musiche sacre sono state innalzate dall’organo, suonato dal maestro Claudio Magni. Durante l’omelia il rettore ha spiegato: «Amiamo ricordare con commozione la figura del Beato Giovanni XXIII che, nel breve ma intensissimo periodo del suo ministero, ha saputo avvicinare a sé, parlare ai cuori degli uomini, anche a uomini lontani. Questo per la sua sollecitudine, per la bontà sincera e la concretezza del suo impegno verso gli umili, ma anche per il carattere pastorale della sua azione». Numerosi i fedeli, nella chiesa di Sotto il Monte, che hanno voluto ricordare la morte del Beato Papa Roncalli. Tra Monsignor Fisichella alla celebrazione in ricordo di Papa Giovanni XXIII le autorità ha preso la parola il sindaco nella basilica di San Pietro a Roma Eugenio Bolognini, che ha dichiarato: «Questa è una ricorrenza importante, celebriamo la memoria di un Papa a cui siamo tanto legati». rettore del Pime (Pontificio istituto missioni estere), Un pensiero è stato espresso durante la cerimonia padre Marco Pifferi, in occasione dell’anniversario anche da parte del vicesindaco Luca Rossi: «Papa della morte del Papa ha concelebrato una Messa con Giovanni deve essere un modello per ogni cristiano, padre Francesco Valsasnini e il direttore dell’oratorio e soprattutto per i giovani». don Danilo Superchi.

Libro sul vescovo Luigi Padovese, uomo del dialogo Uomo di grande spessore intellettuale, rimasto sempre umile frate francescano figlio della terra lombarda. Fu inviato in Turchia, nella regione dell’Anatolia, come vescovo vicario apostolico. E laggiù, il 3 giugno scorso, è stato barbaramente assassinato. Rimane sempre molto vivo il ricordo di monsignor Luigi Padovese. Per tramandare la sua memoria è stato edito l’agile volumetto «Come chicco di grano. Un ricordo di monsignor Luigi Padovese assassinato in Turchia» (edizioni Terra Santa, pagine 56, 8 euro). Nato a Milano il 31 marzo 1947, entra fra i Cappuccini, dove emette la professione solenne nel 1968 e ordinato sacerdote il 16 giugno 1973. Dopo essere stato

docente di Patristica alla Pontificia Università dell’Antonianum, visitatore del Collegio orientale per la Congregazione delle Chiese orientali e consulente della Congregazione per le cause dei Santi, l’11 ottobre 2004 viene nominato vescovo vicario apostolico dell’Anatolia. Il gregge che gli viene affidato è piccolo e immerso in un oceano musulmano: 4.550 cattolici, 7 parrocchie, 3 sacerdoti diocesani, 14 religiosi e 12 religiose. Sceglie di ricevere la consacrazione episcopale a Iskenderun (l’antica Alessandretta). Commentando il motto scelto («In caritate veritas», La verità nell’amore), afferma: «Sono parole che esprimono il mio programma di ricercare la verità nella stima e nel reciproco volersi bene.

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Se è vero che chi più ama, più si avvicina a Dio, è anche vero che per questa strada ci avviciniamo al senso vero della nostra esistenza che è un vivere per gli altri. Su questa convinzione si fonda anche la mia volontà di dialogo con i fratelli ortodossi, quelli di altre confessioni». Il vescovo Padovese è sensibile al dialogo con gli ortodossi e con l’islam e, sempre con prudenza e rispetto, chiede alle autorità anche garanzie per i cristiani. Il volumetto, corredato da un dvd, ripercorre la storia del cattolicesimo in Turchia e pubblica omelie e interventi del vescovo assassinato. Emerge la cultura, ma soprattutto il grande cuore e la grande spiritualità di un francescano lombardo.


CONVEGNI

Concilio: un faccia a faccia tra storia e sfide del futuro Prese in esame le ricadute sulla vita quotidiana dei credenti, la cultura e la pastorale

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Quel che più di tutto interessa il Concilio conciliari delle indicazioni per il prossimo futuro – affermava Angelo Giuseppe Roncalli, della Chiesa. l’11 ottobre 1962, inaugurando i lavori del Monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo Vaticano II – è che il sacro deposito della dottrina ausiliare di Milano e preside della Facoltà teolocristiana sia custodito e insegnato in forma più gica dell’Italia settentrionale, ha parlato nella sua efficace». «Altra è la sostanza dell’antica dottrina relazione delle novità apportate dal Concilio nella del depositum fidei – aggiungeva il Papa – ed altra vita quotidiana del popolo di Dio. La celebrazione è la formulazione del suo rivestimento: ed è di della Messa nelle diverse lingue nazionali, ad questo che devesi, con pazienza se occorre, tener esempio, non aveva solo lo scopo di rendere più gran conto, tutto misurando nelle forme e proporcomprensibili i contenuti delle preghiere: «Pregare zioni di un magistero a carattere prevalentemente con la propria lingua – ha affermato monsignor pastorale». Con queste citazioni inizia il servizio Brambilla – muta radicalmente il rapporto con il di Giulio Brotti che nella scorsa primavera è stato mistero di Dio. Ora Dio si fa prossimo nell’alfabeto pubblicato sulle pagine del quotidiano «L’Eco di della vita umana, il cristianesimo si fa domestico, Bergamo». L’articolo, poi, così prosegue. la liturgia diventa culmen et fons, condizione di Dove scorre, tuttavia, la linea distintiva tra i «riveverità della fede praticata ogni giorno». Rimane poi stimenti storici» e il contenuto essenziale della valida l’indicazione di metodo della costituzione fede cristiana? E come si deve intendere il carattere «pastorale», piuttosto che «dottrinale», del Vaticano II e dei testi che nel corso dell’assise ecumenica furono prodotti e approvati, dalla costituzione sulla liturgia Sacrosantum Concilium alla dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae? Negli scorsi giorni, nel Seminario di Bergamo, queste domande sono state affrontate dai relatori di un convegno promosso dalla Scuola di Teologia: l’intento non era semplicemente quello di operare una ricognizione Un fotomontaggio che vede idealmente uniti Papa Giovanni storica, ma di rintracciare e il suo successore Paolo VI con sullo sfondo il Concilio nelle vicende e nei documenti 7


convegni

occorre tornare a riflettere sul significato dei diversi ministeri nella vita della Chiesa». Nella terza mattinata del convegno ha preso infine la parola monsignor Angelo Bertuletti, preside della Scuola di Teologia del Seminario di Bergamo. Attraverso un esame critico delle tesi del gesuita Christoph Theobald (che nel 2009 in Francia, ha pubblicato il primo di due suoi volumi su La réception du concile Vatican II), monsignor Bertuletti ha sottolineato come la particolarità Un’inquadratura dei cardinali al Concilio Vaticano II di questo concilio, a partire dal programma iniziale di Giovanni XXIII, sia stata precisamente la riscoperta conciliare Gaudium et spes, per cui – ha spiegato il vescovo – «occorre procedere a un confronto critico della «dimensione pastorale» della fede: «Il principio tra la coscienza cristiana e la mentalità moderna, di pastoralità, nel Vaticano II, diviene criterio per assumendo la questione antropologica come punto la comunicazione della dottrina cristiana. Nella sua di vista sintetico». formulazione essenziale, tale principio afferma che A sua volta don Luca Bressan, docente di Teologia non vi è annuncio del Vangelo, senza una presa in pastorale alla Facoltà teologica di Milano, nella conto del destinatario di tale annuncio, l’uomo». sua relazione ha approfondito il tema del rapporto «Il Vaticano II – ha proseguito monsignor Bertuletti tra il cristianesimo e la cultura, nella ricezione del – ha abbandonato un modello basato sull’estemagistero conciliare: «Soprattutto dopo la concluriorità della fede rispetto alla ragione umana (un sione del Concilio, si è compreso che i principi modello che a partire dal Concilio di Trento aveva del “dialogo” e dell’interpretazione dei “segni dei costituito l’infrastruttura del discorso teologico) e tempi” non devono essere applicati semplicemente ha optato per una presentazione in chiave storicoal mondo contemporaneo, ma riguardano la Chiesa salvifica della rivelazione cristiana: quest’ultima stessa, al suo interno. In ogni fase storica, l’istitunon è un insieme di “verità intellettuali”, ma zione ecclesiale deve confrontarsi con il mistero l’evento di una relazione tra Dio e l’uomo che si che la fonda e la sorregge». Oggi – secondo don compie definitivamente in Cristo. Tuttavia, per Bressan – la fede abbisogna di uno slancio dell’imgiustificare il valore universale di tale rivelazione, il maginazione, da esercitare in tre ambiti: «Il primo è Concilio ha fatto ancora ricorso alle categorie della quello di un’autorappresentazione del cristianesimo: teologia scolastica. Oggi, una teologia che miri a noi credenti, al di là della ricorrente tentazione di legittimare il “sapere della fede” dovrà procedere contarci (“Siamo pochi” – “No, siamo ancora in diversamente: sottolineando, ad esempio, come tanti”), non abbiamo più chiaro che cosa rapprela dialettica di “anticipazione” e “compimento” sentiamo; di conseguenza, dobbiamo chiarirci costituisca la struttura generativa del discorso biblico e, al tempo stesso, la trama fondamentale anche le idee su che cosa vogliamo comunicare al dell’esperienza umana». mondo, quando parliamo di “missione”; infine, 8


ITINERARI

Papa Giovanni ha lasciato tracce indelebili in Turchia Un luogo che rappresenta un legame speciale tra Bergamo e la vecchia Costantinopoli

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ra le mete proposte a chi intende intraprendere un viaggio in Turchia c’è anche l’interessante visita che può essere fatta al vicariato apostolico di Istanbul con la partecipazione alla Santa Messa nella cattedrale di Santo Spirito. Un luogo che merita di essere visitato e che tra l’altro rappresenta un legame speciale tra il territorio bergamasco e la vecchia Costantinopoli. E’ qui, infatti, che il futuro Papa Giovanni XXIII celebrava quotidianamente l’eucaristia. Correva l’anno, come si suol dire, 1935 e monsignor Angelo Roncalli, lasciata la Bulgaria, accoglieva l’incarico di delegato apostolico a Istanbul negli anni difficili della «democrazia» di Atatürk il quale stava operando una laicizzazione ferrea dello stato musulmano che inevitabilmente coinvolse anche la Chiesa con non poche restrizioni. Una di queste fu l’abolizione degli abiti religiosi. Infatti, nelle fotografie del tempo il prelato bergamasco era ritratto sempre «in borghese», come dimostra l’immagine che riportiamo in questa pagina. Ma l’energia operosa del vescovo Roncalli non si fece troppo attendere. Decise clamorosamente di tradurre in turco alcune parti della liturgia per rendere più comprensibili a tutti i fedeli le sacre scritture. L’esperienza turca di monsignor Roncali venne sconvolta dalla perdita dei genitori che non poté assistere sul letto di morte a Sotto il Monte: prima papà Giovanni Battista nel 1935 e poi nel 1938 mamma Marianna. Roncalli rimane in Turchia fino al 6 dicembre 1944, distinguendosi anche per il prodigarsi nell’aiuto agli ebrei perseguitati dal nazismo, quando un telegramma della Segreteria di Stato lo informava della sua nuova nomina: nunzio apostolico in Francia. «Angelo Roncalli – ha detto lo scorso anno il di-

rettore della Caritas turca e portavoce della Conferenza episcopale della Turchia Rinaldo Marmara, incontrando Loris Francesco Capovilla – ha lasciato segni indelebili a Istanbul e in tutta la Turchia, dove è stato nunzio apostolico per dieci anni, dal 1934 al 1944. Già nel 2.000, in occasione della sua beatificazione ho pubblicato, in quattro lingue, il volume “Giovanni XXIII amico dei turchi”, finanziato tra l’altro dal ministero della Cultura della Repubblica turca. Sempre quell’anno il Governo ha dedicato la via dove è situata la nunziatura a Papa Roncalli. Da alcuni mesi, nel 50° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa sede e Turchia, iniziate nel 1960 proprio da Papa Giovanni XXIII, sono impegnato a scrivere un altro libro per raccontare i dieci anni di monsignor Roncalli trascorsi a Istanbul come nunzio apostolico e le relazioni diplomatiche intervenute in questi 50 anni con lo Stato turco». L. G

La sede della delegazione apostolica di Istanbul

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PUBBLICAZIONI

«Dimostrò di essere tutt’altro che un Papa di transizione» Così Capovilla ritrae Roncalli nel libro «Ricordi dal Concilio. Siamo appena all’aurora» Nel numero precedente del bimestrale «Amici di Papa Giovanni» abbiamo proposto ai lettori la prima parte del servizio riguardante il libro di Ernesto Preziosi «Ricordi dal Concilio. Siamo appena all’aurora» (Editrice La Scuola pp. 169, € 9,50), che si snoda in un’intervista rivolta all’arcivescovo Loris Capovilla. Trattandosi di una pubblicazione molto interessante, che vede il segretario di Giovanni XXIII parlare in prima persona su eventi di grande importanza, abbiamo selezionato un’altra serie di domande e risposte fra le molte contenute nel libro.

l’inizio di una nuova primavera: nel corso del suo pontificato, è cominciato un rinnovamento che ha avuto una portata epocale. Chi gli stava accanto percepiva questa novità? R. Molti gesti di Roncalli lasciavano intendere a chi gli stava vicino che egli era uno dei molti autentici discepoli del divino Salvatore. Dentro la parentesi della sua nascita e della sua morte (25 novembre 1881-3 giugno 1963) scorrono 29.775 luminosi giorni. Ne scelgo uno intenzionalmente, segnalando anche l’ora: 28 ottobre 1958, ore 17. E’ il giorno e l’ora in cui Angelo Giuseppe Roncalli, cardinale patriarca di Venezia, alla domanda del decano del Sacro Collegio: «Accetti l’elezione a D. Veniamo agli anni trascorsi a fianco di Giovanni XXIII. La Chiesa deve a Papa Roncalli, sommo Pontefice?», rispose trepidante: «Sì, chino secondo il giudizio dato da Giovanni Paolo II, il capo e le spalle al calice dell’amarezza e al giogo della croce. Mi chiamerò Giovanni. Questo nome è dolce perché è il nome di mio padre, è soave perché titolare dell’umile parrocchia in cui ricevetti il battesimo, è nome solenne di innumerevoli cattedrali sparse in tutto il mondo e in primo luogo della sacrosanta Basilica Lateranense, mia cattedrale». Otto minuti dopo la fumata bianca annunciava l’elezione del successore di Pio XII. Alle 18.05 il cardinale protodiacono declamò il Gaudium Magnum alla folla convenuta in piazza San Pietro e il nome del nuovo Papa: Giovanni XXIII. Trascorsa mezz’ora, la bianca figura si affacciò al balcone per salutare e beneLoris Francesco Capovilla accanto a una statua di Papa Giovanni dire. D. Quale ricordo, tra i tanti di 10


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quel momento, le è rimasto più impresso? R. Di quell’ora mi è rimasto impresso il primo commento del Papa. Scriverà, infatti, egli stesso nel suo diario: «Al momento di affacciarmi al balcone rimasi abbagliato dai fari delle televisioni e cineprese, così che non potei veder nulla. Diedi la benedizione, salutai e rientrai». Ritiratosi, si fermò nella Sala dei Paramenti, dove lo attendevano gli addetti della Segreteria di Stato e altri della Casa pontificia. Durante una buona mezz’ora, in clima di indescrivibile familiarità, si avvicendarono nell’ossequio antiche e recenti conoscenze. Alla fine dell’improvvisata e animata udienza, Giovanni XXIII chiese ai cerimonieri: «E adesso dove andiamo?». Venne condotto nell’appartamento quasi vuoto del segretario di Stato. Sulla soglia, i cerimonieri si congedarono. Il Papa restò solo con me. Alquanto impacciato, soggiogato dalla solennità dell’ora e dalla maestà del luogo, chiesi timidamente: «Santo Padre, desiderate vedere qualcuno? C’è qualcosa da fare che vi preme?». «No – rispose – ora lasciami dire in pace vespero, compieta e rosario». D. Cos’altro accadde in quelle ore? R. Dalla piazza continuava a salire un concitato clamore di festa, ma egli non immaginò di gettar fuori uno sguardo attraverso le finestre socchiuse. Staccato il telefono, nessun apparecchio radio a portata di mano, nessuna persona alla quale rivolgersi, era come tagliato fuori dal mondo, proprio mentre dappertutto non si parlava che di lui. Alle 19.30 accolse il sostituto Dell’Acqua, che era accompagnato dal latinista Del Ton. Su una stesura abbozzata dagli uffici, il Papa concordò le linee essenziali del radiomessaggio che avrebbe pronunciato l’indomani mattina. Cenò alle 21, tutto solo, in una saletta poco illuminata e disadorna. Invitato a unirmi a lui, preferii restarmene spettatore, adducendo il pretesto d’aver già preso un boccone con i colleghi segretari nella sala comune. D. Quale eredità Papa Giovanni raccoglie e fa propria rispetto al suo predecessore Pio XII? R. Quando il 28 ottobre 1958 raccoglie l’eredità di Pio XII, sottolinea il punto centrale del servizio petrino del suo predecessore, «il cui merito – affermò

Roncalli con il suo predecessore Papa Pio XII e il segretario Capovilla

– è innanzitutto questo suo annuncio tempestivo, appropriato e profondo della verità evangelica attraverso i cui raggi egli colse tutte le manifestazioni dell’ingegno umano, riportandole nel fulgore delle eterne verità che si riassumono nel Cristo». E continuava: «Pregate il Signore perché la mia azione di nuovo pastore universale in primo luogo si trattenga nel solco luminoso tracciato da Pio XII, e faccia convenire attorno la mia persona più numerosi che mai i cultori della scienza divina, perché questa illumini le risorse dell’intelletto umano in tutte le sue manifestazioni». D. Ci racconti la memorabile giornata in cui venne dato l’annuncio del Concilio. R. Il 25 gennaio 1959, Papa Giovanni, in una cornice dimessa, quasi sottovoce, con gesto di particolare riguardo verso i suoi più vicini collaboratori, annunciò il proposito di celebrare il XXI Concilio: convocare l’episcopato a Roma per far rifulgere, sotto la guida dello Spirito Santo, il volto della Chiesa di fronte alle rinnovate esigenze e le più drammatiche difficoltà della sterminata famiglia umana del XX secolo. Pensava che la Chiesa fosse chiamata a rispondere alla vocazione divina in condizioni sociali e spirituali assolutamente inedite e pastoralmente sempre più complesse e impegnative. Impressioni e immagini di quel momento rimangono nitidamente presenti al mio spirito, consapevole della straordinaria importanza di quell’annuncio e, al tempo stesso, tutto 11


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benedizione eucaristica impartita da me. Ricordo ancora la letizia che traspariva sul volto del Santo Padre e quella nota sull’agenda con la citazione di uno dei suoi autori preferiti, Benigno Bossuet, che definiva la Chiesa cattolica romana «il capolavoro di Dio sulla terra, incaricata di portare all’umanità cronicamente malata un supplemento d’anima e di forza, così da concedere allo spirito ansioso di certezze un sovrappiù di veggenza. “Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità”» D. L’annuncio del Concilio fu un momento di notevole importanza. Aveva dell’eccezionale che un Papa, da molti considerato “di transizione”, prendesse un’iniziativa così impegnativa... R. Si trattò di un evento storico. All’inizio del 1959 persisteva l’impressione di un altro fatto davvero eccezionale, verificatosi due mesi prima: un uomo di settantasette anni era divenuto Papa, contrariamente alle logiche supposizioni degli esperti di problemi ecclesiastici. Figlio dei campi, servitore della Chiesa, egli non aveva particolarmente interessato l’opinione pubblica, tanto meno attirato l’attenzione dei potenti della terra e, comunque, non aveva mai occupato le prime pagine dei giornali. Si rispolverò subito la formula di “Papa di transizione” che, da quattro anni per lo meno, circolava tra i vaticanisti; mentre era nell’aria, sin dagli anni Cinquanta, la diffusa, se pur imprecisata convinzione, che si stesse preparando una svolta profonda nella vita e attività della Chiesa e delle Chiese, delle religioni e dell’umanità intera; che una tale radicale trasformazione avrebbe postulato la presenza di uomini straordinari, su misura delle aspettative e degli impegni di un momento storico così cruciale e determinante sia sul piano religioso sia nella dimensione temporale delle umane vicende. A Pio XII doveva succedere il “Papa dell’attesa”, quasi in analogia con l’espressione con cui si definisce l’esecutivo politico durante le pause interlocutorie per la formazione di governi organici e stabili. D. Ma questa impressione, che si trattasse di un “Papa dell’attesa”, non durò molto... R. Già, un Papa di transizione! Ma l’imprevedibile figura umana e religiosa di Giovanni XXIII, il suo

Fiaccolata in piazza San Pietro a conclusione della giornata di apertura del Concilio

preso dall’impressione commista di ammirazione e di sgomento, suscitata da un impegno così arduo e grandioso. Come allora la notizia colse tutti di sorpresa, così oggi siamo indotti a recitare il Confiteor per le colpe commesse, ripetute e aggravate col procedere del tempo: peccato di incredulità dapprima, di presunzione poi. D. Come si chiuse quella memorabile giornata? R. Con la chiusura domenicale nella cappella domestica con il Papa e la sua “famiglia” (l’arcivescovo Dell’Acqua e monsignor Cavagna, il segretario particolare, il sacrista di casa fra’ Federico Belotti, le suore, l’aiutante di camera Guido Gusso) a pregare il Vespro, recitare il rosario e, infine, la

Papa Giovanni si rivolge alla folla di piazza San Pietro

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stesso presentarsi così disarmato e disarmante, le sue parole, i suoi propositi, i suoi primi atti cancellarono via via, sin dai primi giorni e ancor più inequivocabilmente, questo cliché. Fu sempre più evidente, invece, che quel Papa, in spirito di umiltà e di fede evangelica, nel giro di pochi mesi, poi di pochi anni, avrebbe segnato, con la propria indelebile impronta pastorale e dottrinale, tutto un arco storico nella vita millenaria della Chiesa. D. In che misura possiamo dire che fu improvvisa la decisione di convocare il Concilio? E’ possibile che Roncalli meditasse da tempo questa decisione? Ne parlò con qualcuno? R. Certo, quell’annuncio del Concilio Vaticano II il 25 gennaio 1959 fu una sorpresa un po’ per tutti, dato emblematicamente nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, nella memoria della conversione dell’apostolo delle genti. A quanto ne so, non ne aveva parlato esplicitamente, ma certamente questo progetto era già scritto in lui. Sentiva fortemente quanto insegna la storia della Chiesa, ossia che non possiamo camminare da soli, e si rifece appunto, citandolo spesso nel suo discorso inaugurale, al cosiddetto Concilio di Gerusalemme riportato nel capitolo 15 degli Atti degli Apostoli. Fu un’intuizione, non una decisione. Ne accennò velatamente il 2 novembre 1958. Ne aveva discusso con monsignor Cavagna, suo consigliere e confessore, certo con monsignor Dell’Acqua, sostituto della Segreteria di Stato, ufficialmente ne parlò con il cardinale Tardini solo il 20 gennaio 1959 o poco prima. Il cardinale Ruffini disse di aver suggerito lui al Papa un Concilio. Ci avevano pensato anche Pio XI, che si fermò sulla soglia, e Pio XII, che ne abbozzò le linee. Giovanni XXIII non ebbe dubbi. Per lui era sommamente importante per la vita della Chiesa. La Chiesa «non è un museo, ma un giardino fiorente di vita e riservato ad avvenire glorioso» aveva detto all’indomani della morte di Pio XII. La Chiesa si avviava a dimostrare la sua universalità e doveva affrontare nuove problematiche. Il Concilio esprimeva questa universalità, attraverso la convocazione dei vescovi di tutto il mondo. D’altra parte era già in atto l’internazionalizzazione della curia per

rendere più stretti i contatti tra centro e periferie. D. Qual è in definitiva la genesi dell’idea di Concilio in Giovanni XXIII? R. Nasce, è da credere, da una divina ispirazione e da uno sguardo sulla realtà della Chiesa e del mondo. Di fronte a tanti segni di novità emerge l’esigenza di una Chiesa adunata in Concilio. Papa Giovanni, conoscitore di se stesso e della sua propria vocazione e attento indagatore dei “segni dei tempi”, era l’uomo chiamato da Dio ad annunciare e avviare questo evento storico. Personalmente ritengo che come ai più grandi testimoni e apostoli di tutti i tempi, a Papa Giovanni spetti l’appellativo di uomo di Dio, servitore degli uomini. Egli non ha illuso i suoi simili, ma ha ripetuto gli insegnamenti di Cristo e ha affermato la perennità di valori che noi con lui continueremo a custodire e trasmettere.

11 ottobre 1962, i Padri entrano nella basilica di San Pietro per l’apertura del Concilio

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pubblicazioni

Gandolfo, dove aveva pregato nella stanza del transito di Pio XII, tornò sull’argomento: «Sembra che l’ora sia giunta». Come al primo accenno rimasi silenzioso. Finalmente la sera del 20 dicembre, dopo il rosario, mi disse: «Andiamo al balcone dell’Angelus». Mi segnalò la piazza tenuemente illuminata e mi diede la meritata lezione: «Faccio una confidenza al mio segretario particolare, una volta, una seconda volta, e lui non dice niente». Risposi trepidante: «Santo Padre, c’è stato un segretario – era lui – che mi ha rammentato un criterio datogli dal suo vescovo: “Don Angelo, se ti confido un progetto o il conferimento di un ufficio a un tuo confratello, e la cosa ti allieta, puoi subito felicitartene. In caso contrario sarò io ad interrogarti”». Sussurrai: «Ho messo in pratica il monito di monsignor Radini». E lui, umilmente: «Tu non sai chi era monsignor Radini. Comunque ho capito. Tu pensi che il Papa è vecchio, che gli manca il tempo per un’impresa di grande rilievo, ti spaventa l’insieme dell’impresa, e sbagli, perché ragioni come un impresario: progetto, studio, difficoltà, complicazioni... E’ un argomentare umano. Finché non avrai messo il tuo io sotto i piedi non capirai nulla delle vie di Dio. Se lui chiama, non si può rifiutare, non c’è obiezione che tenga, l’età non conta, neanche la pochezza delle proprie forze. Per noi, sue creature, è già grande onore dare ascolto alle sue ispirazioni, avviare un’impresa che è sua. Anche solo annunciare il divino volere è grazia divina, onore e merito». 2 – continua

D. Cosa ha suscitato in lei l’annuncio del Concilio? R. L’ho vissuto come l’aprirsi di un giorno a lungo desiderato dai santi. Durante gli studi seminaristici, si ipotizzava la ripresa e conclusione del Vaticano I, interrotto nel 1870 alla vigilia della breccia di Porta Pia. Ne parlavano pastori e teologi. Nel 1923, Pio XI avviò in tal senso una consultazione, più tardi la ripeté Pio XII. Allo stesso tempo, mi sentii contento dell’annuncio e preoccupato del fatto che un Papa più che settantenne si imbarcasse in un’impresa tanto impegnativa. D. Esternò questo suo sentimento al Papa? R. Non espressamente. Quando egli, tra novembre e Natale 1958, me ne accennò, in tre momenti successivi, mi accontentai di tacere, lasciando forse trasparire mancanza di entusiasmo. D. E il Papa? R. Interpretò il mio stato d’animo nel suo ovvio significato di umana e filiale apprensione. D. Anche con lei Papa Giovanni aveva dunque parlato della possibilità di indire il Concilio... R. Me ne accennò per la prima volta il 30 ottobre 1958, due giorni dopo l’elezione. Ascoltai in silenzio. Pensavo che, entrato nel solco aperto da Pio XII, si sarebbe accontentato del quotidiano ed oneroso servizio cadutogli sulle spalle, avrebbe proseguito nell’avviato aggiornamento dei metodi pastorali, avrebbe governato coi suoi carismi di pietas e di mitezza evangelica, pur senza progettare, data la sua età, imprese colossali: sarebbe passato ugualmente alla storia come l’ottimo Papa della transizione. Ventidue giorni dopo, rientrando da Castel

Addio a padre Mario, al servizio del Sud Italia Ha vissuto la sua vita religiosa nel Nord e nel Sud Italia. Da giovane, su una macchina trasformata in cappella, seguiva i raccoglitori di tabacco in Puglia. Padre Mario Adobati è morto lo scorso 13 luglio nella casa dell’istituto a Redona, quartiere periferico di Bergamo. Aveva 92 anni ed era nato a Costa Serina (Bergamo). Ordinato sacerdote il 19 marzo 1946, trascorre i primi anni nella comunità monfortana

di Treviglio, dove vive l’esperienza del passaggio della Madonna Pellegrina. Poi viene inviato a Castellaneta (Bari), a servizio della Poa-Pontificia opera di assistenza. «In questa località – ricorda il confratello padre Santino Epis – la popolazione era impegnata nel duro lavoro della raccolta di tabacco nelle masserie. Con altri confratelli, su una macchina cappella, ha prestato assistenza pastorale a quella gente, con Messe e catechesi».

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Nel 1963 è a Reggio Calabria, nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria. Nel 1997 passa a Roma, nella parrocchia di San Luigi di Montfort. Nel 2006, per motivi di salute, va a risiedere nella comunità di Redona, dove nel santuario di Maria Regina dei cuori sono stati celebrati i funerali. La salma è stata poi portata a Costa Serina, dove alle 16 si è tenuta una Messa e la successiva sepoltura nel cimitero.


PERSONAGGI

Così Papa Giovanni XXIII «prese le difese di Padre Pio» Roncalli persecutore del frate? Una leggenda nera. Le prove nel libro di Campanella

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er la beatificazione di Giovanni XXIII prove, le copie anastatiche di documenti e letteci sono voluti 37 anni. Per demolire re che testimoniano quanto sia stato prudente e bugie e falsità sull’opinione di Papa illuminato il giudizio di Papa Roncalli, di fronte Roncalli nei confronti di Padre Pio c’è voluto «alle calunniose e pesanti accuse nei confronti mezzo secolo. Così esordisce il giornalista Emadel cappuccino stigmatizzato riferite a lui e al nuele Roncalli, pronipote del Pontefice bergaSant’Uffizio». masco, nel suo articolo pubblicato nella scorsa Nel volume sono presenti fra l’altro 5 documenprimavera su «L’Eco di Bergamo». Servizio che ti inediti, conservati negli Archivi Vaticani, del così prosegue. «processo» a San Pio. «I provvedimenti presi – Occorre pazienza, ma il tempo prima o poi dà aggiunge l’autore – rivelano una benevola preragione, alla fine la verità viene a galla. Ne è certo disposizione nei confronti del frate da parte di Stefano Campanella, direttore di Tele Radio PaRoncalli e nella fiducia nelle testimonianze a sua dre Pio, che ha da poco dato alle stampe il libro difesa, prima fra tutte quella dell’arcivescovo di dal titolo «Oboedientia et pax», emblematico viManfredonia monsignor Andrea Cesarano». sto che è anche il motto dello stemma di Papa Attorno agli Anni Sessanta, come è noto, Padre Giovanni, con prefazione del cardinal Tarcisio Pio fu al centro di sospetti, voci e calunnie. Fu Bertone. accusato di aver baciato e aver avuto rapporti con Al centro della pubblicazione (Edizioni Padre alcune donne; fu definito come un truffatore che Pio e Libreria Editrice Vaticana, pp. 260, euro 15) quella che tutti definiscono come la presunta persecuzione di Giovanni XXIII verso Padre Pio. «Una leggenda nera – taglia corto l’autore – una leggenda perpetuata nel tempo fino ad essere stata inserita nel libro di Sergio Luzzatto, che aveva l’autorevolezza per essere stato scritto da un professore di storia, ma non è stato scritto con metodo storico, perché talune affermazioni non sono documentate». Già perché Campanella Folla di fedeli nel piazzale antistante il santuario di Santa Maria delle Grazie, non si limita a ribattere, ma a San Giovanni Rotondo, per la canonizzazione di Padre Pio presenta nero su bianco le 15


personaggi

Monsignor Cesarano, pochi giorni prima che il caso di Padre Pio fosse definitivamente discusso al Sant’Uffizio, illustrò al Papa il vero volto del frate di Pietrelcina e soprattutto smontò una ad una le calunnie nei suoi confronti. Papa Roncalli – aggiunge Campanella – invitò l’arcivescovo a riferire le stesse affermazioni ai cardinali Tardini e Ottaviani, ai quali il Pontefice stesso avrebbe telefonato. Nella riunione della Suprema Congregazione del 19 aprile 1961 si smontò anche il caso della donna («isterica», «esaltata») che si autoaccusava di aver avuto rapporti carnali con Padre Pio, e non vennero prese misure drastiche nei confronti del frate. Il resto è storia recente e Padre Pio è stato proclamato Santo. In ogni caso il giudizio di Roncalli sul frate non è mai cambiato nel tempo. Già durante la nunziatura in Francia il cardinal Roncalli scrisse a monsignor Cesarano per aver notizie sul frate in quanto a Parigi vi erano gruppi di preghiera: una semplice richiesta che non sottintendeva nulla e mostrava anzi pacatezza e riservatezza nei confronti del frate. Lo stesso Padre Pio – conclude Campanella – espresse un giudizio positivo sul Papa. E l’autore svela parole inedite e potremmo dire sensazionali del frate. Fu quando un familiare del cardinal Gasparri confessò a Padre Pio di aver pronunciato giudizi poco benevoli su Giovanni XXIII, appena dopo la sua morte. Il frate di Pietrelcina gli rispose: «Fossi sicuro tu di andare diritto in Paradiso come ci è andato Papa Giovanni». S. Pio da Pietrelcina è stato proclamato Santo il 16 giugno 2002. Le stimmate, che ricevette nel 1918 quando aveva 31 anni, sono state la sua croce fisica e morale di tutta la vita. Accusato ingiustamente, calunniato, spiato, sospettato per quelle sue ferite, spegneva nella preghiera le comprensibili reazioni. «La Chiesa – soleva commentare S. Pio – è madre anche quando percuote». Poverissimo, nonostante il Pontefice Pio XII lo avesse dispensato dal voto di povertà, viene considerato il santo più anacronistico, discusso, contrastato e al tempo stesso ricco di carismi e amato dei nostri tempi.

Un’immagine di Padre Pio presa da un calendario

approfittava della reputazione di santo per ingannare gente debole. Sono pagine di una storia triste e menzognera. Al frate vennero posti divieti e imposizioni. Nella stanza dove riceveva furono piazzati a sua insaputa alcuni microfoni. Fu sottoposto alle «indagini» (visite apostoliche) del Sant’Uffizio. Una di queste fu affidata a monsignor Carlo Maccari. In un clima di diffidenze e attriti, il visitatore interrogò Padre Pio 8 volte: la relazione finale al Papa non contenne notizie positive sul Cappuccino. Una seconda missione fu affidata al Padre Paul Philippe consultore del Sant’Uffizio che nella sua relazione scrisse di essersi trovato di fronte alla «più colossale truffa della storia della Chiesa». Nonostante questi giudizi, Papa Roncalli mostrò sempre grande prudenza e la chiave di volta – scrive l’autore – sta in quel «chiarimento in extremis» fra l’arcivescovo di Manfredonia e il Papa. 16


INIZIATIVE

Gli ultimi 7 Papi e la storia nelle foto dell’«Osservatore» Varato il restauro delle immagini custodite nell’Archivio del giornale della Santa Sede

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nnunciato e varato in tempi brevi un programma di restauro conservativo dell’Archivio storico fotografico de L’Osservatore Romano. Un inestimabile patrimonio di documentazione fotografica che raccoglie immagini a partire dagli anni ‘30 fino ai nostri giorni. Una straordinaria raccolta che testimonia, dettagliatamente e quotidianamente, il pontificato degli ultimi sette Papi, per un totale di oltre otto milioni di negativi in vari supporti. L’annuncio è stato fatto all’inizio di quest’anno dal quotidiano «L’Eco di Bergamo» attraverso un servizio giornalistico firmato da Vincenzo Guercio. «Il patrimonio fotografico dell’Archivio è grandissimo e si articola in una serie di reparti o “fondi” specifici – ci spiega don Giuseppe Colombara, direttore del Servizio fotografico de L’Osservatore Romano –. I principali sono: il Fondo Giordani, che prende l’avvio dagli anni 1930 e prosegue fino al 1978. E’ così denominato dal fotografo Francesco Giordani, che lavorava da esterno per il Vaticano per le rare occasioni in cui era richiesta la documentazione per immagini e svolgeva il ruolo di fotocronista del giornale L’Osservatore Romano. Esso documenta l’attività di ben quattro Pontefici: Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI». Durante il pontificato del primo, il fondo immortala solenni eventi religiosi (la canonizzazione di San Giovanni Bosco al primo aprile 1934), momenti storici significativi (l’installazione della prima Radio Vaticana ad opera dello stesso Guglielmo Marconi), opere civili (l’apertura di via della Conciliazione a Roma, con l’abbattimento del quartiere Spina di Borgo, con foto di Mussolini che dà alcune picconate).

drammatica di foto del periodo bellico: bombardamento del quartiere di San Lorenzo (19 luglio 1943), con le terribili conseguenze di distruzione e di morte; l’opera della Santa Sede nell’organizzare aiuti a tutti i bisognosi, assistenza agli orfani, ai mutilati, e così via». Anche durante questo pontificato, inoltre, «si celebrano grandi eventi, come la proclamazione solenne del Dogma dell’Assunzione della Vergine Maria, il primo novembre 1950, o l’anno mariano del 1954». Il seguente Pontefice è il bergamasco Giovanni XXIII, il Papa Buono: «E’ ritratto soprattutto nel corso dell’evento più importante del suo pontificato: la celebrazione del Concilio Vaticano II, dal 1962, la più grande assemblea della storia di tutta la Chiesa; preceduta, una settimana prima, dalle immagini indimenticabili del viaggio in treno del Papa dal Vaticano ad Assisi e a Loreto (4 ottobre 1962). Sembra incredibile oggi, ma allora era una novità straordinaria: era la prima volta, dalla presa di Roma del 20 settembre 1870, che un Pontefice lasciava il Vaticano per mettersi in viaggio verso altre terre».

Immagini drammatiche Il pontificato di Pio XII, poi, «ci presenta una serie

Papa Pio XII nel quartiere San Lorenzo a Roma subito dopo il bombardamento del 1944

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iniziative

Con Paolo VI, invece, «i viaggi diventano consuetudine e l’aereo è il nuovo mezzo di spostamento del Capo della Chiesa che visita i suoi fedeli in tutto il mondo: Terrasanta, India, New York, Fatima, Istambul, Bogotà, Ginevra, Uganda, Australia. Le cerimonie solenni vedono la conclusione del Concilio nel dicembre 1965».

con i personaggi più importanti del mondo in ogni settore, dalla politica, alla cultura, alla scienza». E poi ancora «le straordinarie “giornate della gioventù” culminate in quella memorabile del Giubileo del 2000 a Tor Vergata a Roma; l’attentato di Alì Agca, il periodo di sofferenza e di malattia, fino agli ultimi drammatici giorni con l’agonia seguita quasi in diretta da tutto il mondo; e poi la folla a rendere omaggio alla salma e i solenni e commossi funerali, con il soffio dello spirito che volta le pagine del libro del Vangelo. E’ l’archivio di foto più esteso al mondo su questo grande Pontefice». Il Fondo Benedetto XVI, infine, «è formato da due parti diverse: quella analogica, su pellicola, che ricopre il primo anno di Pontificato fino al luglio 2006; quella digitale, poiché da quella data si è deciso di abbandonare completamente la pellicola». Quest’ultima parte è «aperta, in quanto il suo patrimonio si accresce quotidianamente con l’attività che i fotografi riprendono man mano che avviene; essa viene anche collocata sul sito internet www.photovat. com».

Inizia il colore Nel 1977, in particolare, «si costituisce il Servizio fotografico de L’Osservatore Romano all’interno del Vaticano ed inizia la stagione del colore: mentre prima le foto erano quasi tutte in bianco e nero, l’ultimo anno del Pontificato di Papa Montini è ampiamente documentato da negativi a colori». Dopo il brevissimo pontificato, 33 giorni, di Papa Luciani (Fondo Giovanni Paolo I), il Fondo Giovanni Paolo II «è di gran lunga la parte più importante e consistente di tutto l’archivio, che una stima prudente fa assommare a sei milioni di fotogrammi; con questo Pontificato i fotografi del Servizio fotografico de L’Osservatore Romano sono chiamati a documentare, giorno per giorno, quasi momento per momento, l’attività del Santo Padre e della Santa Sede. La fotografia diventa anche mezzo di comunicazione, testimonianza visiva ed efficace dell’apostolato del Papa nella sua opera di evangelizzazione: 104 viaggi in ogni parte del mondo, ognuno di essi documentato da migliaia di foto, anche 10.000 o 15.000 ognuno; gli innumerevoli viaggi in Italia, gli incontri

Cinque anni di lavori Perché il restauro. L’immenso patrimonio dell’’archivio fotografico de «L’Osservatore Romano» Città del Vaticano è attualmente conservato in modo inadeguato, con gravi problemi di conservazione delle immagini, soprattutto per ciò che riguarda i negativi e le lastre. Sarà quindi realizzata, parallelamente al restauro dei supporti fotografici, una ristrutturazione dei locali dell’archivio con l’installazione di apparecchiature idonee a proteggere i materiali da qualsiasi agente che possa favorirne il decadimento, contemporaneamente attuando la loro digitalizzazione. Gli ingenti fondi necessari per il progetto e per la digitalizzazione dell’Archivio – non meno di cinque anni per la sua ultimazione – sono stati reperiti e, quindi, iniziano ufficialmente i lavori, che procederanno secondo gli standard tecnologicamente più avanzati. Sono state anche pianificate una serie di iniziative che faranno da cornice alla promozione del recupero conservativo, d’indubbio interesse mondiale per la sua unicità.

Papa Giovanni ritratto durante una cerimonia pubblica

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PERSONAGGI

Mons. Giuseppe Martinelli: investigatore di uomini santi E’ il prete che per 32 anni ha diretto le cause di beatificazione nella diocesi di Bergamo

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Posso dire che la cosa più bella della mia vita sono stati i santi, io ho potuto immergermi nella loro vita, entrare nei particolari della loro esistenza, avvertire la loro umanità. E’ stato qualcosa che non è semplice da spiegare. Indagare, ascoltare i testimoni, leggere le parole della Morosini, della Paola Cerioli, di don Antonio Seghezzi, di Fra’ Tommaso da Olera... Ho un po’ respirato la loro vita, capisce quello che intendo?». Monsignor Giuseppe Martinelli è qui nel suo piccolo studio della Casa del clero, in via Albricci a Bergamo, oltre la finestra nuvole gravide di pioggia. Don Martinelli sorride, dice: «Abito qui da quarant’anni. Prima avevo soltanto questo studiolo con il lettino e il lavabo. E’ stato il vescovo Oggioni a darmi una stanza in più. Mi ha costretto». Così inizia l’articolo di Paolo Aresi, pubblicato a fine maggio su «L’Eco di Bergamo» che poi così prosegue. Giuseppe Martinelli ha appena compiuto ottant’anni (a settembre 2011). Nei mesi scorsi ha dato le dimissioni da vicario giudiziale del tribunale diocesano e da delegato vescovile per le cause dei santi. Dopo trentadue anni. Monsignor Giuseppe, le dispiace lasciare? «Non ha letto la mia data di nascita? E poi guardi, sono pieno di acciacchi, l’ultima volta mi hanno operato a Pasqua, due volte. No, è stato giusto lasciare». Ha cominciato a occuparsi delle cause dei santi nel 1980. «Sì, l’anno prima ero stato nominato vicario giudiziale. La prima causa di beatificazione di cui mi sono occupato è stata quella di Pierina Morosini. Ma era cominciato tutto molti anni prima... Sono diventato prete nel 1954, era il 12 giugno, vescovo di Bergamo era monsignor Piazzi. Appe-

na diventato prete mi hanno mandato a Roma a studiare, ho preso la laurea in diritto canonico alla Lateranense, in contemporanea ho fatto tre anni di università statale e due bienni di paleografia e diplomatica documentaria nell’Archivio Segreto Vaticano. Dopo l’esame di paleografia l’esaminatore mi disse che potevo restare a Roma, che nella biblioteca Vaticana avevano bisogno... Io risposi che ero d’accordo con il mio vescovo e che sarei tornato a Bergamo. Mi ricordo che Papa Giovanni diventò Papa il giorno in cui io diedi l’esame

Monsignor Giuseppe Martinelli nel suo studio nella Casa del clero a Bergamo

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di diritto penale all’università Statale. Ricordo gli strilloni di Paese Sera che gridavano già: “Non è bello, ma c’ha la faccia da bbono”». Quindi lei ha fatto studi di Giurisprudenza. «Esatto, la mia vita andava in quella direzione. Tornai a Bergamo e andai a fare il vicario del parroco della Cattedrale, don Scattini. Intanto insegnavo Religione al liceo Sarpi. Mi piace ricordare i miei alunni. Ne ho quattro che adesso sono primari ai Riuniti. Io sono un buon cliente degli ospedali. Ho cominciato con un infarto, nel 1980, mi avevano appena nominato ai Santi... Ma insomma, fu il vescovo Piazzi a nominarmi giudice del Tribunale regionale di Milano. Qualcuno dei vecchi in Curia la prese male, allora chiamai il vescovo che però mi rispose seccamente: “Obbedisci. Non si toglie niente a nessuno”. E così obbedii. Non è sempre facile obbedire. Ma è importante». Quindi faceva il pendolare con Milano. «Andavo quattro giorni la settimana. Poi al sabato e alla domenica studiavo i fascicoli a casa». Diceva che ha cominciato a occuparsi dei processi di beatificazione con Pierina Morosini. «Il sabato santo del 1980 venni dimesso dalla riabilitazione post infarto e il Lunedì dell’Angelo ero a Fiobbio a presiedere il tribunale di beatificazione. Il postulatore era un frate minore francescano, Antonio Cairoli, un grande postulatore, da lui ho imparato tutto. Ho avuto modo di conoscere l’uomo condannato per la morte di Pierina. E’ stata un’esperienza importante anche questa. E’ nata un’amicizia». Lei è una persona sorridente. «Il Signore mi ha regalato la serenità e io cerco di darla alle persone che incontro. Io penso che tanto merito l’abbia avuto mia madre, era davvero una donna santa. E’ morta nel 1954, pochi mesi prima che venissi ordinato. Prima di dire la prima Messa al mio paese, Fiorano (in provincia di Bergamo), ho portato i fiori sulla sua tomba. Credo che se il mio sacerdozio è riuscito, tanto lo devo a lei». Quanti processi ha seguito? «1.528».

Cause di beatificazione? «Quattordici. Da Pierina Morosini fino a Teresa Gabrieli. Alcune si sono concluse, altre sono ancora in corso, altre aspettano di venire avviate come quella di don Rubbi, “Ol preòst sant” (il parroco santo) di Sorisole (Bergamo). Don Antonio Rubbi era una figura particolare di prete del Settecento. Gli portavano malati da tutta Europa. In Curia abbiamo tutte le lettere». Quale la vicenda che l’ha colpita di più? «Credo quella di don Antonio Seghezzi. Abbiamo rintracciato i documenti del processo negli archivi della Wehrmacht in Germania. Ci fu il processo di primo grado e l’appello. Prima venne condannato a cinque anni, poi a tre anni. Tante cose di don Seghezzi mi hanno colpito. La sua obbedienza. Il vescovo Bernareggi gli disse di consegnarsi mentre lui era nascosto a S. Paolo d’Argon (Bergamo). Tutti gli dicevano di non farlo, eppure lui obbedì. E fu un atto eroico di obbedienza. Andò da Bernareggi, poi dalla zia suora superiora delle orsoline e quindi si consegnò ai tedeschi. A un prete suo amico che sfogava la sua rabbia contro i nazifascisti disse seccamente di smetterla: “Noi siamo fatti per benedire, non per maledire”. Quando abbiamo riesumato il suo cadavere, a Dachau, abbiamo trovato accanto una bottiglia che conteneva un foglio con il suo nome e i suoi dati. Abbiamo trovato anche le lettere che lui non ha mai ricevuto. Sì, preparando la causa ho avuto la sensazione di essere di fronte a una persona di particolare valore, di particolare fede. Quando gli dissero di restare nascosto, lui rispose: “Come faccio a restare nascosto io quando i miei giovani sono fuori allo sbaraglio?”». Lei come se lo immagina Dio? «Io penso che il Signore è l’Invisibile. E poi penso alle parole di Gesù nel Vangelo quando insiste sulla relazione con il Padre. Dice Gesù: “Se conoscete me, conoscerete anche il Padre”. L’Invisibile si manifesta attraverso Gesù, ma anche attraverso l’uomo. Come dice il nostro Papa: non siamo religione del libro, siamo religione di una comunione». 20


INIZIATIVE

Bergamo, itinerari del sacro ricordando Papa Giovanni In Valle Imagna, partendo dal Santuario della Cornabusa, che tanto caro fu a Roncalli

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alorizzare e promuovere la Valle Imagna (Bergamo) in chiave turistica, partendo dal Santuario della Cornabusa, che tanto caro fu a Papa Giovanni XXIII. E’ questo l’obiettivo primario del progetto «Itinerari del sacro fra le contrade, le chiesette e gli ambienti umani della Valle Imagna», promosso dall’Associazione Imprenditori di Sant’Omobono Terme in collaborazione con Ascom Bergamo e realizzato con il contributo della Camera di Commercio nell’ambito del programma «Innovazione e sviluppo» di Bergamo Formazione. Il progetto è stato realizzato per volontà degli imprenditori di Sant’Omobono desiderosi di avviare un percorso comune indirizzato a creare una contiguità tra attrazione turistica, soprattutto religiosa, e commercio valdimagnino. In particolare l’obiettivo è quello di creare percorsi artistici, religiosi e enogastronomici che mettano in unità le diverse attrattive della Valle, intercettando nuovi visitatori, che possano pernottare, mangiare, divertirsi e frequentare i negozi dei borghi dei Comuni del comprensorio. Si tratta di una lavoro fatto a più mani che punta a far conoscere la tradizione e la cultura valdimagnina a cominciare dai tanti fedeli che salgono al Santuario della Cornabusa (Sant’Omobono Terme), che si presta a diventare il perno della socialità valligiana ed elemento forte e trainante per la promozione del territorio e dei valori che esso rappresenta e continua ad offrire. Il Santuario della Cornabusa è una meta molto raggiunta, ma il più delle volte i pellegrini che vi salgono abbandonano immediatamente la Valle senza poter apprezzare le altre bellezze, l’ospitalità e la ricca tradizione anche commerciale. Mentre l’iniziativa, presentata alla fine dello scorso luglio, e qui sta il suo aspetto innovativo, tende ad integrare i diversi aspetti che caratterizzano l’economia valdimagnina, come

azione collettiva di rilancio turistico e commerciale. Il Santuario diventa così «trampolino di lancio» per riscoprire le bellezze ambientali, architettoniche, artistiche ed enogastronomiche dell’intera Valle, dove i villaggi sono ancora strutturati e organizzati a misura d’uomo. Il progetto valorizza la storia del territorio non solo attraverso materiale promozionale ma anche alcuni itinerari, sia pur brevi, che coinvolgano gli abitanti e gli operatori sociali, economici, culturali, ai quali viene offerta l’opportunità di farsi conoscere, incontrare altre persone, scambiare esperienze e presentare le proprie risorse. Concretamente l’azione di promozione si manifesta con la realizzazione di alcuni prodotti multimediali, che l’Isot ha commissionato al Centro Studi Valle

La nota immagine di domenica 17 agosto 1958 che ritrae il cardinale Roncalli in preghiera nella grotta del santuario della Madonna della Cornabusa

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iniziative

Valle Imagna, infatti, c’è ancora un ricco patrimonio di feste religiose e popolari che scandiscono i mesi e il passare delle stagioni, come la grande festa dei bergamì con la processione nei prati di Fuipiano che, la prima domenica di settembre, conclude la stagione dell’alpeggio e segna l’inizio della transumanza; i falò che precedono la Festa della Madonna della Cornabusa (la seconda domenica di settembre), che trasforma la valle in un’immensa luminaria; la tradizionale scacciata del mese di marzo (pecà fò màrs), che allontana l’inverno e invoca a gran voce l’arrivo della primavera al suono-rumore di campanacci, latte, catene, coperchi; la rama di San Luigi, che porta i giovani del paese a raccogliere offerte in natura da mettere all’incanto.

Imagna, che si traduce in pieghevoli informativi sugli elementi salienti della valle sotto i diversi profili (sociale, naturalistico, architettonico), nella realizzazione di una mostra con catalogo e di un cortometraggio sulla Cornamusa. I tre pieghevoli Religiosità, arte e devozione popolare (di colore blu) pone l’accento sui percorsi devozionali che dalla grotta-santuario della Cornabusa arrivano a Costa Imagna, Mazzoleni, Bedulita e a Valsecca, dove è venerato il Santo Crocefisso. Una cartina individua le chiese parrocchiali e i principali oratori, collegati da una fitta rete di mulattiere, che accompagnano il visitatore alla riscoperta dei percorsi tradizionali e dei valori locali. Ambiente umano, paesaggio e architettura rurale (di colore verde) descrive l’area fluviale con le sue acque sulfuree e le grotte, la foresta, le contrade e i paesi. Percorso Vitae, piste ciclabili, percorsi didattici, sentieri di montagna caratterizzano la cartina che accompagna l’opuscolo. Identità dei luoghi, attività, mestieri e patrimonio immateriale (di colore rosso) presenta i prodotti agroalimentari, la geografia economica della Valle, la tradizione commerciale, ma anche tutto quel patrimonio immateriale di cui la Valle è ricca e che si manifesta nello stile di vita, nelle credenze, nei riti, nelle tradizioni, nelle feste e nelle abitudini degli abitanti. In

La mostra Tra le altre iniziative, da citare la mostra di Vittorio Manini dal titolo La memoria del quotidiano che si è tenuta dal 30 luglio al 28 agosto a Sant’Omobono Terme, in località Selino Basso. Strutturata con circa novanta opere, è stata inaugurata sabato 30 luglio 2011. Alla mostra è stato abbinato il catalogo delle opere appositamente realizzato. Il cortometraggio Il cortometraggio La Cornabusa, rifugio di Maria e riferimento identitario per tutta la Valle Imagna attraverso il racconto delle persone che hanno lavorato alla realizzazione del luogo di culto e la voce dei fedeli vuole offrire un inquadramento storico, culturale e popolare del valore che il Santuario rappresenta per la Valle Imagna e per la diocesi di Bergamo. Per tutto il materiale promozionale e per ricevere informazioni sugli itinerari e sui prodotti è necessario contattare l’Associazione Imprenditori di Sant’Omobono Terme: tel. 348-3929026 e 3479313072. Questi i Comuni che fanno parte della Valle Imagna, in provincia di Bergamo: Almenno San Bartolomeo, Almenno San Salvatore, Barzana, Bedulita, Berbenno, Brumano, Capizzone, Corna Imagna, Costa Valle Imagna, Fuipiano Valle Imagna, Locatello, Palazzago, Roncola San Bernardo, Rota d’Imagna, Sant’Omobono Terme, Strozza e Valsecca.

1959: Papa Giovanni XXIII benedice in Vaticano il labaro proveniente dal santuario della Madonna della Cornabusa

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PUBBLICAZIONI

Viaggio attraverso la storia dei «tempietti di strada» Foto e notizie sulle santelle nel volume del Comune di Seriate, adiacente a Bergamo

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antelle, edicole, cappellette, madonnine, tribuline: già le numerose denominazioni dicono dell’importanza dei «tempietti di strada», con le relative immagini sacre, nell’orizzonte della pietà popolare. «In viaggio tra le santelle di Seriate» (Bergamo) è il titolo di un volume fotografico edito dall’Amministrazione comunale seriatese. Questo interessante articolo di Giulio Brotti, che proponiamo ai nostri lettori, è stato pubblicato su «L’Eco di Bergamo» nella scorsa primavera. «Questa pubblicazione – spiega l’assessore alla Cultura e Tradizioni locali Ferdinando Cotti – è stata pensata come un contributo perché si mantenga viva una sentita tradizione della nostra terra. Le santelle testimoniano della religiosità dei nostri avi, che, prima di recarsi al lavoro, sostavano davanti a queste immagini, invocando una benedizione per la loro giornata». «Già nel 2005 – prosegue Cotti – l’Amministrazione aveva dedicato alle santelle un’edizione del consueto calendario comunale, distribuito in tutte le famiglie. L’interesse è stato tale che abbiamo pensato di procedere, in un secondo tempo, a una “mappatura” il più possibile completa delle immagini di questo tipo presenti nel territorio seriatese». Per ognuna delle santelle, nel volume «In viaggio tra le santelle di Seriate», è compresa una scheda con fotografie, caratteristiche del manufatto, note storiche, curiosità, stato di conservazione e modifiche subite nel tempo. Nelle pagine del libro troviamo, ad esempio, le fotografie del tempietto commemorativo dei defunti della peste «manzoniana» del 1630, già demolito e riedificato durante i lavori di allargamento della sede stradale, nel secolo scorso: il dipinto della santella, ubicata in via Italia, all’angolo con via Locatelli, raffigura le anime del Purgatorio, consolate da un angelo

che prende per mano una di loro e l’accompagna in Paradiso. Un altro topos della pietà popolare, la Mater Dolorosa con il Figlio morto tra le braccia (affiancata qui dai Santi Alessandro e Rita), è il soggetto del dipinto murale ubicato in via Paderno. Capita anche che le immagini delle santelle siano corredate della firma dell’autore: nel caso della Madonna dipinta nel 1988 da Virgilio Carbonari sulla facciata di una casa di via Cesare Battisti, è evidente il rimando a un esempio di pittura «alta», l’Assunta di Tiziano nella basilica veneziana dei Frari. «Soprattutto tra gli anziani seriatesi – commenta Carla Grassi, che nel lavoro di ricerca e catalogazione è stata aiutata dalla sorella Katia – la devozione alle edicole sacre è ancora molto sentita, diffusa e praticata. Vi sono famiglie che regolarmente si prendono cura della “loro” santella, portando fiori e candele e, in certe occasioni, ci si raduna in strada per pregare davanti all’immagine della Madonna o del Cristo».

La santella della frazione di Comonte, uno dei numerosi tempietti di strada catalogati nel volume realizzato dal Comune di Seriate

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Ringraziamo le persone che hanno sottoscritto abbonamenti al giornale e inviato offerte all’associazione Amici di Papa Giovanni ALFONSI BIANCHI CARMINA ANDREATTA CARLA ARESI MARIA BAIARDI ADRIANO BASSO TERSILLA BELLAGENTE PACE LUIGINA BELLANTONI MELINA BENIGNI ARMIDA BETTI LINA BEGGIO BIANCHI GIUSEPPINA BOGIORNO ANNA MARIA BOIS ROSA BONBGIORNO ANNA MARIA BONOMELLI MARGHERITA BULLO TERESA BUONAIUTO MAFALDA CAMERAN VEGLIA CARRARA LANDINO CASTIGLIONI ANNA CASTORI MARIA CATTANEO LUCIA CECCHINI NUNZIA CESARONI VALERIA CHIAMETTI NATALINA COCILOVO VINCENZA COGLIANDRO PIETRO COLOMBO CAROLINA COLOMBO MARIA LUISA COLOMBO TERESA CORRADINI RUCATTI GIUSEPPINA CORTESI DON LUIGI

CREOLA GIULIANO D’AMBROSIO ANNA MARIA D’ANDREA CONCETTA D’ANDREA VITTORIA D’EMILIO CARLA DALL’IGNA ANTONIO DAMIANO ANTONIO DASSI PIERA DE MARTIN MELANIA DE MATTEIS FLORA DE NADAL MARIA GRAZIA DEL IREO MARIA DELLE VILLE MARIA DELNEGRO PEGORARO MARCELLA DELUCCHI LINA DI MUCCIO GIUSEPPE DONCHI PIERA FANTONI BRUNA FERRIGATO LINA FERRO ENRICA FORTUNATO FRANCESCO LETTA GHIRIMOLDI MARIUCCIA GIANOLA FEDERICO GRANDI ORNELLA JACOMETTI GIOVANNA LAGOMARSINO ANGELO LAI ELISABETTA LUZZI DILIA MALETTA SAVINA MANZOLINI TINO MARIANI ANGELA MARIANI CLAUDIO

MOLINAROLI GIUSEPPE MOTTINELLI MARIA NSRDELLI VITTORIA NEGRETTI PAOLA NEGRI DANIELA NESPOLI SANTINA TERESA OLIVIERI GABRIELLA PACHER GIULIETTA PACIONI BONINI MARIA PARRELLA GIOVANNI PASSARELLA ROSALBA PECE GIANNI PERANO NATALINA PILOTTI LUCA PIROTTI BEVILACQUA MIRELLA PULEDDA LUCIANO QUADRI CRISTINA RIGON POLINARI GIOVANNA RINALDI MADDALENA ROMONI EMMA RONCORONI GIUDITTA RUSSO MARIA RUSSO UBALDO SANDRINELLI CESARE SANTO ANTONINO SCALVINI EGLE SIGISMONDI CAROLINA SIGNORELLI RITA SOZZI MICHELA STORTI MARISA VENTURINI BRUNA VISINTAINER REMO ZACCONI CLARA

Chiesa di Bergamo in festa: da mezzo secolo in Bolivia L’11 ottobre 1962 ebbe inizio il Concilio Vaticano II indetto da un bergamasco, Papa Giovanni XXIII. Lo stesso giorno un altro bergamasco, don Berto Nicoli, partiva per la Bolivia per inaugurare una missione che continua ancora oggi dopo mezzo secolo. Il Concilio segnò la primavera delle esperienze missionarie e Bergamo ne fece subito esperienza. Dalla Bolivia, alla Costa d’Avorio e fino a Cuba, si è poi allargata la presenza missionaria della Chiesa bergamasca. Grande promotore della prima attenzione alla missionarietà fu don Pietro Ceribelli, prete del Sacro Cuore e direttore dell’Ufficio missionario diocesano

dal 1964 fino al 1986. E’ proprio nel ricordo di questo sacerdote dei preti del Sacro Cuore – scomparso l’8 luglio 1986 – che prende avvio l’anno di celebrazioni dei 50 anni di amicizia tra Bergamo e la Bolivia e più in generale di un cammino in cui la Chiesa di Bergamo si è fatta missionaria. L’inizio delle celebrazioni ufficiali è fissato per l’11 ottobre con una messa per i missionari defunti presso i preti del Sacro Cuore dedicata proprio a don Ceribelli. E’ in via di definizione un programma di convegni dedicati ai sacerdoti e ai laici sui temi della missionarietà, ma anche una pubblicazione e nel luglio

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2012 il viaggio in Bolivia del vescovo di Bergamo Francesco Beschi con il ricordo del predecessore, monsignor Roberto Amadei, alla cui memoria sarà dedicata la nuova chiesa di Santa Cruz de la Sierra dedicata a Nostra Signora degli Angeli.


PUBBLICAZIONI

Centurelli incontra il Papa e gli dona un suo volume Il libro ha per titolo «L’Eucaristia nel pensiero di Joseph Ratzinger Benedetto XVI»

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l pittore e scrittore Antonio Centurelli ha incontrato di recente Papa Benedetto XVI durante l’udienza generale che si è tenuta in piazza San Pietro. Nella circostanza gli ha donato un suo dipinto e l’ultimo suo libro, pubblicato da Elledici, dal titolo «L’Eucaristia nel pensiero di Joseph Ratzinger Benedetto XVI». Il volume, arricchito dalla presentazione dell’arcivescovo emerito di Siena, Gaetano Bonicelli, e da alcuni commenti di don Lino Lazzari, espone il mistero dell’Eucaristia secondo il pensiero di Papa Ratzinger e a confutazione, con documenti al riguardo, delle tesi sostenute da teologi non cattolici, in prevalenza protestanti e anglicani. Il Pontefice si è più volte complimentato con lo scrittore. Già nel 2006 Antonio Centurelli ebbe la possibilità di offrire al Papa altri suoi tre volumi di poesie sulla tematica uomo-Dio in forma filosofica-teologica dal titolo: «La voce del silenzio», «Oltre il frastuono» e «In cerca dell’Assoluto», editi dalla Casa editrice Velar di Gorle (Bergamo). Il pittore e scrittore Antonio Centurelli nato il 9 settembre del 1936 a Bergamo e qui residente, ha da sempre sviluppato le sue eccellenti facoltà intellettive ed operative attraverso lo studio, la realizzazione di opere di poesia e di arte visiva, rivelandosi attento interprete delle realtà umane nel contesto di un umanesimo cristiano davvero sorprendente e ricco di profonde concettualità. Dio, l’uomo, la natura, sono state le tematiche che Centurelli ha affrontato con quella applicazione che gli ha permesso di dare alle stampe libri di poesia e di arricchire collezioni private e pubbliche con i suoi stupendi dipinti, ottenendo sempre positivi consensi da parte della critica sia in Italia sia all’estero. Da giovane ha conseguito il diploma di ragioniere e di geometra. In seguito ha anche frequentato la Facoltà di Architettura abbandonando però tali studi

Antonio Centurelli dona il proprio libro a Papa Benedetto XVI

nel 1974 per dedicarsi a quelli della filosofia, della teologia e della catechesi. Ha studiato presso L’Istituto Superiore di Scienze Religiose al seminario di Bergamo Alta, collegato alla Facoltà di Teologia dell’Italia Settentrionale. La sua attività si é poi estesa anche al campo umanitario a testimonianza del suo amore nel voler soccorrere le necessità di alcune missioni cattoliche, con specifico aiuto dei lebbrosi. Per questo suo impegno il vescovo di Bergamo, mons. Clemente Gaddi, nel 1980 gli ha consegnato il Crocifisso come segno distintivo per quanti si dedicano al bene delle attività missionarie. Sempre in gioventù Centurelli ha frequentato l’Accademia di Belle Arti Carrara di Bergamo riuscendo ad assecondare la sua naturale inclinazione per il disegno e la pittura. Da quelle aule uscì con una personalità d’artista ben qualificata, poi arricchita attraverso soggiorni di studio in Austria, Belgio, Francia, Inghilterra e Olanda. Numerose sue opere sono oggi esposte in importanti collezioni italiane e straniere. Luna Gualdi 25


AVVENIMENTI

«Capovilla, grande testimone della stagione giovannea» Consegnata all’arcivescovo la laurea honoris causa dell’Accademia russa delle scienze

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ratto da «L’Eco di Bergamo», proponiamo il servizio di Paolo Aresi sulla consegna della laurea honoris causa dell’Accademia russa delle scienze a monsignor Francesco Capovilla. Un giorno di fraternità e di pace nel nome di Papa Giovanni. Il giorno in cui gli studiosi russi hanno conferito la laurea honoris causa a un prete cattolico. Qualcosa che mezzo secolo fa, nel pieno della guerra fredda e della dura opposizione fra Occidente e mondo comunista, non si poteva immaginare. Qualcosa che forse prese avvio proprio mezzo secolo fa, quando Papa Giovanni XXIII accolse nella biblioteca privata i coniugi Alexis Adjubei e Rada Khrusciova, figlia di Nikita Khruscev, in quel tempo capo dell’Unione Sovietica. Quel giorno accanto a Papa Giovanni c’era il suo segretario, don Loris Capovilla. Lunedì 27 giugno scorso, alle 18, cinquanta anni dopo, nell’aula magna dell’università di Bergamo in S. Agostino, monsignor Loris Capovilla, arcivescovo di Mesembria, sorridente e commosso ha ricevuto

dalle mani di Anatoly Krasikov la qualifica di dottore honoris causa dell’Istituto Europeo dell’Accademia russa delle scienze «in riconoscimento del suo apporto personale allo studio dell’eredità spirituale del sommo Pontefice Giovanni XXIII, protagonista della storia del Novecento, promotore del dialogo delle religioni con il mondo contemporaneo, grande operatore di pace». L’Accademia russa delle scienze è l’istituto scientifico più importante della Federazione russa. E’ un’organizzazione che comprende istituti provenienti dall’intero territorio del Paese e che si occupano di ricerca nei campi più diversi. La cerimonia si è aperta davanti a un’aula magna gremitissima, con diverse persone in piedi. Erano presenti tutte le autorità cittadine e rappresentanti di diverse confessioni religiose. L’incontro è stato introdotto da Marco Roncalli, discendente del Papa e presidente della Fondazione Giovanni XXIII. Sono seguiti i saluti del rettore, Stefano Paleari, che ha dichiarato la sua gioia per avere potuto ospitare questa cerimonia. Valentin Fyodorov, vicedirettore dell’Istituto europeo dell’Accademia russa delle Scienze, ha portato il suo saluto. Ha detto che Capovilla «ha sviluppato una intensa attività culturale, editoriale, apprezzata anche dagli storici che lavorano con metodi scientifici. La sua memoria stupisce e la conoscenza dei temi in questione permette di parlare di lui come di una sorta di enciclopedia vivente». Il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, ha portato il suo saluto e letto il messaggio di felicitazioni del cardinale Gian Battista Monsignor Capovilla sorridente durante la consegna della laurea honoris Re a monsignor Capovilla. Marco causa dell’Accademia russa Roncalli ha ripreso poi la parola, 26


avvenimenti

ha parlato della Fondazione Giovanni XXIII, della sua volontà di portare avanti la memoria e gli studi, la divulgazione del pensiero di Papa Giovanni e ha poi citato una frase del Pontefice, in un appunto del 28 gennaio 1963: «Ora io penso che il più indicato testimonio e fedele espositore di questo Concilio Vaticano II sia proprio lei, caro monsignore: e nei limiti di un mandato che può venire da me – Papa del Concilio – sopravvivente o defunto, ella debba tenersi autorizzata ad accettare come volontà del Signore questo impegno, e a fargli fede». Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, attraverso il segretario Donato Marra, ha inviato un messaggio di congratulazioni a monsignor Capovilla: «Dell’eredità religiosa, umana e sociale della stagione giovannea Vostra Eccellenza è stata sempre fedele e rigorosa custode, alimentando la memoria e la forza di un insegnamento che mantiene ancora oggi una straordinaria attualità». Felicitazioni anche da Mikail Gorbaciov, ex presidente dell’Unione Sovietica: «Grazie a lei storici, politici, uomini di Chiesa, larghe fasce della comunità umana seppero come questo grande esponente religioso fece transitare il cristianesimo occidentale dall’epoca degli anatemi nello spazio del dialogo fra uomini di buona volontà al di sopra delle differenze nelle questioni religiose e nelle concezioni del mondo». Quindi è stata la volta della «Laudatio» pronunciata da Anatoly Krasikov che ha sottolineato come l’opera di Capovilla abbia messo in luce e ricostruito momenti decisivi del pontificato, dal conclave del 1958 alla genesi dell’idea del Concilio Vaticano II, alle sue diverse fasi; la preparazione delle encicliche, la ricostruzione di diversi momenti come la crisi dei missili di Cuba. Monsignor Capovilla ha ascoltato in prima fila, poi è salito sul podio per la lezione magistrale che ha definito «Lectura discipularis». Capovilla ha parlato commosso, con forza e lucidità e con l’esperienza dei suoi 95 anni di vita. Ha detto grazie agli studiosi russi: «Vedo in voi, cari signori, i figli e i congiunti di milioni di martiri del secolo ventesimo, meritevoli dunque dell’elogio e della promessa biblica: in voi e per voi saranno benedetti tutti i popoli del mondo». Ha poi citato San Bernardo che scriveva a Papa

Monsignor Capovilla con Krasikov e Fyodorov

Eugenio III: «C’è bisogno di preti che nessuno e niente temano tranne Iddio; in nessuno e in niente pongano fiducia se non in Dio». E le parole di Capovilla hanno fatto vela verso la storia, verso il vescovo di Bergamo Giacomo Radini Tedeschi che al suo giovane segretario Angelo Roncalli disse verso la fine della vita: «Don Angelo, il cuore crocifisso e il sorriso sulle labbra», con riferimento al dolore che gli procurava il pensiero di non essere stato capito da Papa Pio X. E ancora Radini Tedeschi a Roncalli: «Ricordatelo, per fare il prete bisogna pensare in grande, guardare alto e lontano». E questa frase è stata ripetuta da Capovilla. Monsignor Capovilla ha infine rivolto il suo saluto al vescovo Francesco Beschi e il pensiero ai vescovi passati di Bergamo. Poi il discorso è ripreso nel solco di Papa Giovanni, la visita ai carcerati di Regina Coeli, la poesia scritta dall’ergastolano che si convertì, Alfredo Bonazzi. Le parole forti di monsignor Loris hanno continuato a riempire l’aula, parole, ricordi, esortazioni. Persone, citazioni. Papa Paolo VI, il cardinal Martini, padre Turoldo ed altri. Ha detto Capovilla: «Intimidito, innanzi a voi sta un vecchio uomo, un vecchio italiano. Dio sa quanto amo la mia Terra. Sta un prete da 71 anni. Sta innanzi a voi non il segretario particolare di Papa Giovanni... ma l’anonimo che prega e soffre col suo Dominus et Pater, spezza il pane con lui, ascolta, riflette, tace». 27


PERSONAGGI

Per 27 anni è stato parroco nel paese di Angelo Roncalli Monsignor Bertocchi lascia la comunità di Sotto il Monte per trasferirsi a Brembilla

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Quella di Sotto il Monte è una parrocchia particolare, anzi “sui generis” rispetto alle altre, perché è la parrocchia del Beato Papa Giovanni. E’ quindi difficile impostare una pastorale ordinaria, perché bisogna tener conto della folta presenza di pellegrini durante tutto l’anno». Monsignor Marino Bertocchi traccia un bilancio mentre si appresta a lasciare la parrocchia al compimento dei 75 anni. Licenziato in Teologia e in Diritto canonico, è nato a Gandino (in provincia di Bergamo) il 24 marzo 1936. Dopo l’ordinazione sacerdotale (avvenuta nel Comune bergamasco di Urgnano il 14 marzo 1959) è stato studente a Roma, membro del Consiglio presbiterale diocesano, coadiutore parrocchiale di Dalmine, vicario episcopale per gli organismi consultivi, membro del Tribunale ecclesiastico di Milano e della Commissione regionale del clero, parroco di Desenzano al Serio e infine di Sotto il Monte. Dal 1980 è giudice dei Tribunali ecclesiastici diocesano e regionale, incarichi che continuerà a svolgere.

Nel momento del congedo di monsignor Marino Bertocchi dalla comunità di Sotto il Monte per trasferirsi in quella di Brembilla, tutto lo staff del bimestrale «Amici di Papa Giovanni» intende rivolgergli un riconoscente saluto per il grande impegno che ha contrassegnato il suo operato nel paese dove è nato il Pontefice bergamasco. Un grazie soprattutto per il suo continuo contributo dato alla nostra pubblicazione attraverso numerosi servizi riguardanti gli eventi avvenuti a Ghiaie nel maggio del 1944. Un lavoro, quello di monsignor Bertocchi, culminato di recente con la pubblicazione del suo libro «65 anni di devozione mariana a Ghiaie». Ma Bertocchi non sembra intenzionato ad interrompere del tutto la collaborazione con il nostro giornale, per cui ci aspettiamo, prossimamente, altri suoi interventi. Nel frattempo proponiamo ai lettori un recente servizio del 4 agosto che lo riguarda, firmato da Carmelo Epis, apparso sul quotidiano «L’Eco di Bergamo».

«Quella sera del 1958 a Roma» «Giovane studente a Roma – ricorda commosso monsignor Bertocchi – la sera del 28 ottobre 1958 ero in piazza San Pietro quando venne eletto Papa Giovanni. Con me c’erano altri preti della “tribù bergamasca”, come ci chiamavano al Seminario Romano, fra cui il futuro vescovo don Roberto Amadei. Ricordo l’applauso della folla e poi il silenzio totale in attesa del nome dell’eletto. Quando venne annunciato il nome di Roncalli, la nostra sorpresa e gioia furono grandi». Nel 1984 giunge a Sotto il Monte. «Allora la parrocchia – spiega – contava cinque preti e 2.500 abitanti, mentre oggi si aggirano sui 3.500. La sua fisionomia in quasi trent’anni è rimasta sostanzialmente

La chiesa parrocchiale con il viale a Sotto il Monte

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personaggi

immutata, tranne lo sviluppo edilizio che considero eccessivo. Sono scomparsi contadini e aziende agricole, tranne quella dei Roncalli, pronipoti del Pontefice. Sta purtroppo scomparendo anche la coltura dei vigneti, che conferivano una bellezza unica al paese». I pellegrini ai luoghi di Papa Giovanni sono sempre numerosi. «E’ un afflusso elevato – prosegue – ma impossibile da quantificare. In Lombardia è secondo e viene dopo il santuario di Caravaggio. La presenza di tanti fedeli “forestieri” è uno stimolo alla fede dei residenti. Il nuovo postulatore della canonizzazione di Papa Giovanni ha invitato a mantenere i contatti con i fedeli che affermano di aver ricevuto grazie dal santo Pontefice». L’incontro con Ratzinger Numerosi i cardinali che monsignor Bertocchi ha incontrato a Sotto il Monte, fra cui Joseph Ratzinger, nell’ottobre del 1986. «Fui subito colpito dalla sua semplicità, cordialità e modestia. Poi lo incontrai nuovamente nel settembre 2000 a Roma per la beatificazione di Papa Giovanni e mi riconobbe subito». Lo scorso anno, monsignor Marino Bertocchi ha pubblicato il volume «65 anni di devozione mariana a Ghiaie». E’ stato accolto con favore, ma anche dalle critiche degli assertori della veridicità delle Apparizioni. Furono affissi addirittura volantini che davano per certo un posto all’inferno per il parroco. «Questo libro – dice monsignor Bertocchi con semplicità e senza toni polemici – è frutto di anni di ricerche e vuole essere un contributo semplice e onesto per far luce sugli eventi, grazie anche alla pubblicazione di testimonianze e documenti già editi e inediti. Con questo libro ho voluto onorare Maria Santissima nel 50° della mia ordinazione e in memoria di tre sacerdoti, di cui due contrari alle Apparizioni e uno favorevole». Monsignor Bertocchi andrà a risiedere a Brembilla, sempre in provincia di Bergamo, con incarichi pastorali. «Il parroco di lassù è stato un mio ex curato – conclude – e il mio successore don Claudio Dolcini, che arriva da Clusone, è imparentato alla lunga con l’arcivescovo Clemente Gaddi».

Monsignor Marino Bertocchi

Il libro su Ghiaie scritto dal parroco

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Scopo principale di questo organismo è quello di promuovere, di mantenere ed amplificare il messaggio di Papa Giovanni XXIII che racchiude una forte attualità così come rappresenta per l’intera umanità un progetto di costruttore all’insegna dell’amore e della pace. I soci fondatori del Comitato presieduto da Mons. Gianni Carzaniga in qualità di rappresentante delegato del vescovo di Bergamo, sono: Monsignor Marino Bertocchi, già parroco di Sotto il Monte, padre Antonino Tagliabue curatore della pinacoteca Giovanna di Baccanello, suor Gervasia Asioli assistente volontaria nelle carceri, padre Vittorino Joannes già al servizio del personale di Angelo Roncalli Nunzio Apostolico a Parigi. A sostegno delle iniziative dell’Associazione, informiamo i nostri lettori, devoti di papa Giovanni XXIII, della possibilità di celebrare Sante Messe per sè e per i propri cari:

OFFERTE PER SANTE MESSE

IL SUFFRAGIO PERPETUO

Per la celebrazione di una Santa Messa per i tuoi cari, vivi o defunti, inviare la richiesta e i dati all’Associazione Amici di Papa Giovanni. L’offerta è subordinata alla possibilità del richiedente.

Il “perpetuo suffragio” è un’opera che si propone di dare un aiuto spirituale ai defunti, di stabilire un legame di preghiera fra l’Associazione Amici di Papa Giovanni XXIII e i fedeli del papa della Bontà e di dare anche un aiuto materiale per promuovere le iniziative dell’Associazione. Il “perpetuo suffragio” consiste in cento Sante messe, che l’Associazione è tenuta a far celebrare per i suoi sostenitori. Si iscrivono i defunti o anche i viventi, a proprio vantaggio in vita e in morte. L’iscrizione può essere per un anno o in “perpetuo”.

ACCENDI UN CERO L’Associazione si incarica di accendere un cero nella chiesa parrocchiale di Sotto il Monte, paese natale di papa Giovanni XXIII su richiesta dei lettori. Per questo servizio si richiede una simbolica offerta libera che verrà utilizzata interamente per le azioni benefiche sostenute dall’Associazione.

• Iscrizioni perpetue € 200 • Iscrizioni per un anno € 80 Per gli iscritti al suffragio annuale o perpetuo una Santa messa viene celebrata ogni settimana e a tutti verrà inviata pergamena di attestazione

ASSOCIAZIONE AMICI DI PAPA GIOVANNI XXIII Le offerte vanno indirizzate sul C.C.P. 97111322 Amici di Papa Giovanni Via Madonna della Neve, 26 - 24121 Bergamo specificando la destinazione - I nomi delle persone che invieranno le offerte verranno pubblicati sul giornale “Amici di papa Giovanni” Sede: Sotto il Monte Giovanni XXIII - Via Brusicco, 9 Uffici: Bergamo Via Madonna della Neve, 24 - tel. 0353591011 - fax 035271021 www.amicidipapagiovanni.it e.mail: info@amicidipapagiovanni.it 30


Sotto la protezione di Papa Giovanni

La nonna Dilia affida al Beato papa Giovanni la piccola Simona

” na

o sim

o,

tommas filippo, o edoard

Inviate la fotografia dei vostri bambini ad:

La Bisnonna Lidia chiede al Papa Buono la benedizione e la protezione per tutta la vita dei pro-nipoti tanto amati Filippo, Tommaso, Edoardo

via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo



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