Papa giugno agosto

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(Anno XXXVI - Nuova serie - Anno 1 n. 1 - Giugno/Agosto 2015 - Amici del Santo Papa Giovanni XXIII- CONTIENE I.R.

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

Assegnata la cittadinanza onoraria Giovanni XXIII

3 giugno 1963: 52 anni fa l’ultimo saluto a Papa Giovanni

Reliquia di Wojtyla portata in processione a Sotto il Monte

GIUGNO - AGOSTO 2015

Il «Conclave» è ora sul tablet: il Papa più votato finora è Roncalli


Sotto la protezione di Papa Giovanni

RICORDIAMO CHE PER RICEVERE UNO DEI SEGUENTI OMAGGI: CALENDARIO CON LA FOTOGRAFIA DEI BAMBINI, LA PERGAMENA PER IL BATTESIMO, LA PRIMA COMUNIONE, IL MATRIMONIO, E’ NECESSARIO INDICARE L’INDIRIZZO COMPLETO A CUI INVIARLO

I nonni Graziella e Gino, affidano il nipotino Leonardo, alla protezione del Santo Papa Giovanni, affinchè lo protegga tutta la vita

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I nonni Felice e Rosanna affidano sotto la protezione di Papa Giovann, le amate nipotine Silvia e Giulia, che le protegga tutta la vita

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Papà Cristian e mamma Girlaine, mettono sotto la protezine del Santo Papa Giovanni, la piccola Thais

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«CAMMINO DI PREGHIERA NELLA CASA NATALE DI PAPA GIOVANNI

RELIQUIA DI WOJTYLA PORTATA IN PROCESSIONE A SOTTO IL MONTE

(Anno XXXVI - Nuova serie - Anno 1 n. 1 - Giugno/Agosto 2015 - Amici del Santo Papa Giovanni XXIII- CONTIENE I.R.

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LA CITTADINANZA ONORARIA «GIOVANNI XXIII» ASSEGNATA A BERGAMO

RONCALLI E MONTINI SONO STATI UNITI DALLA PAROLA CORAGGIO Assegnata la cittadinanza onoraria Giovanni XXIII

3 giugno 1963: 52 anni fa l’ultimo saluto a Papa Giovanni

RONCALLI IMPARO’ DAI SUOI GENITIORI LE COSE PIU’ PREZIOSE

52 ANNI FA CI FU L’ULTIMO SALUTO A PAPA GIOVANNI

IL SUO CONGEDO TRA LACRIME E COMMOZIONE

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Reliquia di Wojtyla portata in processione a Sotto il Monte

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Il «Conclave» è ora sul tablet: il Papa più votato finora è Roncalli

GIUGNO - AGOSTO 2015

Giugno/Agosto

Direttore responsabile Claudio Gualdi

PORTATA IN SCENA A BERGAMO L’ENCICLICA «PACEM IN TERRISI»

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ORA IL «CONCLAVE» E’ SUL TABLET: RONCALLI IL PAPA PIU’ VOTATO

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DIOCESI DI BERGAMO: TANTI I PROGETTI SPARSI NEL MONDO

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R ICONOSCIMENTI

ASSEGNATA LA «CITTADINANZA ONORARIA GIOVANNI XXIII» E’ il primo conferimento del genere che avviene nella storia del Comune di Bergamo Ernesto Olivero, fondatore del Sermig (Servizio missionario giovani) di Torino, ha ricevuto lo scorso 11 aprile al Teatro Donizetti di Bergamo, da parte del Comune, la «Cittadinanza onoraria Papa Giovanni XXIII». Si tratta del primo conferimento di questo genere che avviene nella storia del Comune di Bergamo. Sull’evento proponiamo una nostra elaborazione tratta dagli articoli di Alberto Campoleoni e Diana Noris proposti sulle pagine del quotidiano L’Eco di Bergamo per illustrare l’importante appuntamento.

Insignito Ernesto Olivero Numerosi i riconoscimenti di cui Olivero è stato insignito negli anni scorsi: la Medaglia d’Oro al Merito Civile per il suo servizio rivolto verso gli ultimi, il titolo di Al Kawkab di prima classe da parte di re Hussein di Giordania, la piantagione di diciotto alberi sulle colline di Gerusalemme in suo onore da parte dell’organizzazione israeliana Keren Kayemeth Leisrael, la nomina di Servitor Pacis da parte della Path to Peace Foundation delle Nazioni Unite, il titolo di Uomo di pace di Betlemme e Gerusalemme. Ernesto Olivero, 75 anni, ha fondato nell’ormai lontano 1964 il Sermig insieme alla moglie Maria Cerrato, conosciuta organizzando le Giornate missionarie mondiali, e ad alcuni amici. L’obiettivo era e continua ad essere quello di servire i poveri e realizzare un grande sogno: eliminare fame, ingiustizie e costruire la pace. Ne è nata, a partire da Torino, l’esperienza degli Arsenali. Nella primissima mattinata del giorno della cerimonia, Olivero si è presentato a Sotto il Monte per fare visita al paese natale del Pontefice bergamasco e soprattutto al cardinale Loris Francesco Capovilla. «Sono andato – ha poi spiegato – per ricevere la benedizione del Papa della pace, Papa Giovanni. Ho conosciuto monsignor Capovilla: un giovane di 100 anni che trasmette un vigore e una forza che sono segno di speranza». Nel paese natale di Roncalli, Capovilla lo ha omaggiato di un dono prezioso: la stola di Papa Giovanni.

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Da premettere che l’articolo 15 del Regolamento comunale riporta che la cittadinanza onoraria Papa Giovanni XXIII «viene conferita con cadenza triennale a un cittadino italiano o straniero non residente nel territorio di Bergamo che, a livello internazionale, si è distinto per la propria opera in favore della pace». Ernesto Olivero è noto nel mondo per la sua attività in favore della pace e per la fondazione dei cosiddetti «Arsenali della Pace», presenti a Torino, a San Paolo del Brasile e a Madaba in Giordania.

Una vita per i poveri La cittadinanza che gli è stata conferita premia l’impegno di una vita. «Sin dall’inizio – ha spiegato Olivero – attraverso il Sermig è cominciata la lotta contro le grandi ingiustizie. Nei primi anni l’impegno è stato rivolto in particolare alle situazioni di povertà, di carestia, alle conseguenze drammatiche causate da

Ernesto Olivero, fondatore del Sermig

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calamità come i terremoti. Grazie a tante persone di buona volontà abbiamo potuto soccorrere uomini e donne in 140 Nazioni, nei cinque continenti. Abbiamo fatto il possibile per dare un impulso concreto alla pace. Quando ci sono guerre e calamità bisogna soccorrere con affetto e con aiuti concreti, con medicine e coperte, offrendo nello stesso tempo sicurezza». «L’incontro tra le persone – ha detto Ernesto Olivero sul palco del Donizetti, durante la cerimonia di consegna del riconoscimento – quello vero, ci sarà quando non saranno gli affari a motivarlo, ma il nostro desiderio di conoscerci. Questo è il tempo della solidarietà, della ripartenza. Bisogna ricominciare dal trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi stessi. C’è speranza. I “buoni” non sono mai stranieri in nessuna parte del mondo. Solo se i buoni si incontrano, che siano musulmani, cristiani, ebrei, non credenti.., trovano il modo giusto per fare la pace». Il riconoscimento voluto dal Comune di Bergamo accosta in qualche modo Olivero e la sua opera a Papa Giovanni XXIII. «Stare qua è un’emozione indescrivibile – ha aggiunto il fondatore del Sermig – perché Papa Giovanni è il Papa della Pace. Essere accostati a lui però non rappresenta solo una grandissima emozione, ma anche una immensa responsabilità. Dunque faremo il possibile per essere all’altezza, per meritare questo accostamento». Sorridente e visibilmente emozionato durante il ritiro del prestigioso attestato, Olivero ha raccontato come ad un certo punto della sua vita abbia deciso di svestire i panni del bancario per «costruire un mondo di pace». L’esperienza degli «Arsenali» è stata sviluppata anche a San Paolo del Brasile. «Qui – ha raccontato ancora Olivero – da vent’anni abbiamo allestito un “Arsenale della speranza”, in una casa che è stata il punto di passaggio degli italiani che arrivavano emigrati nel Paese latino-americano. Dagli archivi risulta che ne siano passati 955.502. Qui facciamo accoglienza ogni giorno rivolgendoci agli uomini di strada. E proprio qui, alcuni anni fa il governo brasiliano ha indetto un concorso per il miglior centro culturale del Paese: su 835 partecipanti abbiamo vinto noi. Il fatto è che il bene bisogna farlo bene». Poi una sua riflessione finale: «Non ho mai pensato di farmi prete, ma questo dono che mi è stato assegnato mi fa riflettere».

Papa Giovanni ritratto poco prima di un’udienza

L’accostamento a Roncalli La presidente del Consiglio comunale di Bergamo, Marzia Marchesi, ha poi ricordato il senso della cittadinanza onoraria Papa Giovanni XXIII, «simbolo di pace, diventata una necessità viste queste guerre del mondo globale». Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha descritto a sua volta Olivero come «una delle grandi figure di pace del nostro tempo, che forse gli italiani non conoscono ancora abbastanza». La storia del Papa, centrata sugli avvenimenti principali, è stata quindi ripercorsa da don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII: «Una delle eredità più preziose che ci consegna San Giovanni XXIII è la cultura della pace». Poi ha ricordato l’enciclica «Pacem in terris» e il messaggio di pace rivolto a Pasqua da Papa Francesco. «Una sfida – ha concluso – ripresa da Ernesto Olivero e dal Sermig». Tra l’altro il neo insignito del prestigioso riconoscimento è tornato a Bergamo il 17 maggio, alle 15,30, per il Festival «Fare la Pace», nell’incontro «Servitori del presente. Eredità cristiana e umanesimo civile», organizzato alla Domus di piazza Dante con la Fondazione Mia. 5


ITINERARI

IL «CAMMINO DI PREGHIERA» NELLA CASA NATALE DI RONCALLI Si può intraprenderlo grazie a un depliant curato dai Padri del Pime di Sotto il Monte

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utti i pellegrini che arrivano a Sotto il Monte vogliono andare a pregare nella stanza natale di Papa Giovanni XXIII e sono disposti ad aspettare con pazienza il loro turno pur di raggiungere la stanza dove la presenza del Santo è nettamente percepita. Oltre 55 anni fa i Padri del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) hanno ricevuto in dono questa stanza dove nacque il Papa buono, diventando testimoni di moltissime grazie e anche miracoli. Tutti i pellegrini sentono il bisogno di entrare e sostare nella stanza natale del Santo dove si respira tranquillità e pace. E’ lì dove si possono chiedere tutte le grazie di cui uno ha bisogno, uscendo sereni e felici di essere stati ascoltati. Inoltre i visitatori hanno anche l’opportunità di sostare nell’ampio cortile all’aperto, presso il monumento dedicato alla famiglia del Santo Papa, il quale deve la sua santità anche ai valori vissuti nella sua famiglia semplice e povera. Dopo aver visitato la stanza natale, i pellegrini scendono lungo il corridoio, dove si possono vedere le sirografie sulla vita di San Giovanni XXIII, e si dirigono alla statua di bronzo. Quest’ultima mostra il Papa nel gesto di benedire i pellegrini. Alcune parti della statua ormai sono diventate come oro a seguito di tutte le carezze fatte dalla gente, segno tangibile della devozione e fiducia di quanti affidano le loro preghiere al Santo Papa. Ai piedi del manufatto in bronzo, inoltre, si possono scorgere cesti e mazzi di fiori lasciati all’immagine del Pontefice dai visitatori. Il cammino prosegue quindi in direzione della scala che porta alla chiesa, dove i pellegrini che hanno chiesto aiuto al Papa buono sostano davanti al Tabernacolo e si accostano al Sacramento della Riconciliazione che porta serenità nel loro cuore.

La casa natale del Santo Giovanni XXIII, a Sotto il Monte, rappresenta una delle mète più frequentate dai numerosissimi pellegrini che ogni anno vi si recano per pregare e scoprire le origini di Angelo Giuseppe Roncalli. Naturalmente i fedeli non mancano di recarsi anche nella chiesa parrocchiale e in quelle vicine strutture che a vario titolo ricordano il Papa bergamasco. Ma la casa madre di via Colombera, custodita dai missionari del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) resta comunque il luogo più ambito. Proprio per questo i Padri del Pime hanno realizzato un interessante opuscolo, ricco di illustrazioni, per agevolare il più possibili i visitatori nel loro itinerario. Lo hanno intitolato «Cammino di Preghiera per i pellegrini che visitano la Casa Natale del Santo Giovanni XXIII» ed è possibile prenderlo all’interno del complesso. Una specie di preziosa «bussola» che proponiamo all’attenzione dei nostri lettori. Questo il testo contenuto nel depliant a colori.

L’ingresso della casa natale di Papa Giovanni a Sotto il Monte

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itin erari

I presenti, gente di ogni età e provenienti da un po’ tutte le località italiane, ma anche dall’estero, ringraziano Dio per il dono del Santo Papa Giovanni XXIII e così la visita alla casa natale diventa per tutti i pellegrini un momento di preghiera e di ringraziamento. Nella chiesa si possono poi venerare le reliquie che consistono in un lembo di pelle prelevato prima dell’inumazione e in un piccolo ciuffo di capelli tagliati dalle nipoti al momento della morte. Le reliquie sono state donate alla Chiesa del Seminario. Il grande amore di Papa Giovanni per i bambini, va inoltre sottolineato, è molto risaputo. Ricordiamo la sua visita all’ospedale del Bambino Gesu a Roma, nel primo Natale del suo pontificato. Pregando poi il rosario, al terzo mistero della gioia dove si contempla la Nascita di Gesù a Betlemme, Roncalli affidava sempre al Signore tutti i bambini che nascevano nel mondo quel giorno. Per questo molte coppie in difficoltà nell’avere figli lo pregano e se riescono ad avere i bambini tanto desiderati, portano i fiocchi in ringraziamento al Santo Papa Giovanni. A tale proposito va detto che ogni anno i Padri del Pime raccolgono sei sacchi di questi fiocchi. Da aggiungere che gli ex voto, cuoricini e quadretti di ogni tipo e grandezza, sono oltre 30.000 e ognuno di questi oggetti ha dietro di sé una storia di varie grazie ricevute. E ne arrivano in continuazione! Va poi sottolineato che nell’atrio del complesso è possibile ammirare il plastico del progetto riguardante la casa natale e la chiesa del seminario, voluto e benedetto da Giovanni XXIII. Da tenere presente che tutte le domeniche, prima della Santa Messa delle ore 11, ha luogo la processione con la reliquia dalla stanza natale alla chiesa. Alla fine della celebrazione, avviene il bacio della reliquia. Infine si può leggere il famoso discorso alla luna pronunciato dal Pontefice: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera – osservatela in alto – a guardare questo spettacolo... Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà. Ripetiamo spesso questo augurio. E quando possiamo dire che veramente il raggio, la dolcezza della pace del Signore ci unisce e ci

La statua di bronzo di Papa Giovanni

prende, noi diciamo: “ecco qui un saggio di quello che dovrebbe essere la vita, sempre, di tutti i secoli, e della vita che ci attende per l’eternità”. Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: “questa è la carezza del Papa!” Troverete qualche lacrima da asciugare. Dite una parola buona: “Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza».

Il monumento dedicato alla famiglia del Santo Papa

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RIFLESSIONI

RONCALLI IMPARÒ DAI GENITORI GLI INSEGNAMENTI PIÙ PREZIOSI La riconoscenza del futuro Papa emerge in una lettera inviata alla famiglia da Sofia

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a famiglia rappresentava per Angelo Giuseppe Roncalli un punto di riferimento di enorme importanza, più volte ribadito nel corso della sua esistenza. Su questo tema proponiamo una serie di riflessioni espresse dal religioso padre Francesco Valsasnini. Una visita alla Casa Natale di un Santo non può che iniziare da dove inizia la vita dello stesso Santo Papa Giovanni, cioè la coscienza che il primo e il dono più grande che Dio gli ha fatto è quello di nascere da una famiglia come la sua. Lo afferma lui stesso in una lettera scritta da Sofia ai genitori nel primo giorno del suo cinquantesimo compleanno e che si legge nella stanza natale sotto la fotografia dei suoi genitori. Eccone uno stralcio. «Miei cari Genitori, non voglio finire questa giornata, che è la prima del mio cinquantesimo anno, senza una

parola speciale per voi a cui debbo la vita. Stamattina nella preghiera vi ho ricordati in modo particolare, e non ho potuto non ringraziare il Signore un’altra volta di avermi concesso di godere per 50 anni l’assistenza di genitori così buoni e timorati di Dio come voi. Da quando sono uscito di casa, verso i dieci anni, ho letto molti libri e imparato molte cose che voi non potevate insegnarmi. Ma quelle poche cose, che ho appreso da voi, sono ancora le più preziose ed importanti e sorreggono e danno calore alle molte altre che appresi in seguito, in tanti e tanti anni di studio e di insegnamento». Innanzitutto ringrazia i genitori di avergli dato il dono più grande: la vita. Chiediamoci: «Quanti di noi hanno fatto un simile gesto?». Poi afferma che dopo tanti studi ciò che ha imparato a casa nei primi 12 (non 10) anni di vita sono le cose più preziose che danno il tono a tutto il resto che ha studiato. Vediamo come era la famiglia del nuovo Santo. Innanzitutto i genitori avevano una grande fede. Ogni mattina alla 5 ascoltavano la Messa prima di andare nei campi o a casa per il lavoro. Ogni sera prima di cena, nel momento in cui la famiglia si riuniva, recitavano ogni giorno il rosario. A tavola ad ogni pasto tenevano un posto vuoto per un povero perché spiegavano ai tanti bambini che «Ciò che si dà ad un povero si impresta al Signore», cioè in ogni prossimo, soprattutto se povero, si vedeva Gesù ricordando le La mamma di Papa Giovanni, Marianna Mazzola, domande dell’ultimo giudizio e il padre Giovanni Battista Roncalli che tutti avremo come dice S. 8


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Matteo, 25, 31-46: «Ero bisognoso e mi avete aiutato. Ma dove ti abbiamo visto bisognoso? Gesù risponderà: ogni volta che avete aiutato un vostro fratello avete aiutato me». La famiglia Roncalli era ritenuta da tutti i paesani come la più caritatevole. Allora i poveri non cercavano soldi perché erano scarsi per tutti ma solo cibo e riparo per la notte. Quando se ne presentava uno nel paese tutti li indirizzavano dalla famiglia Roncalli dove non mancava mai un pasto o un riparo per la notte: la stalla d’inverno perché era l’ambiente più caldo o il fienile d’estate. Un ricordo dell’infanzia che racconta lui stesso nel Diario dell’Anima è che ogni anno tutta la gente si ritrovava il 21 novembre in occasione della festa di un piccolo santuario vicino al paese, La Madonna delle Càneve (cantine) per la quale c’erano e ci sono ancora molto devoti. Poteva avere circa quattro anni quando la mamma lo portò a quel santuario, e lui voleva vedere l’effige della Madonna ma non potevano entrare a causa della ressa. Allora la mamma lo alzò ad una delle due finestrelle sulla facciata e gli disse: «Vedi Giovannino com’è bella la Madonna? Io ti ho consacrato tutto a Lei». Chiediamoci: quanti genitori oggi consacrano i figli o le figlie alla Madonna per offrirli a Gesù? Per quanto importante e sacra è la famiglia di origine, Gesù vuole formare tutta l’umanità in una famiglia con Dio per Padre e Maria per Madre. San Giovanni XXIII si impegnò e raggiunse tale maturità cristiana. Scrisse: «Da quando il Signore mi ha voluto, miserabile come sono, a questo grande servizio non mi sento

Un primo piano del Santo Giovanni XXIII

più come appartenente a qualcosa di particolare nella vita: famiglia, patria terrena, nazione, orientamenti particolari in materia di studi, di progetti, anche se buoni. Ora più che mai non mi riconosco che indegno e umile “Servo dei servi di Dio”. Tutto il mondo è mia famiglia. Questo senso di appartenenza universale deve dare tono e vivacità alla mia mente, al mio cuore, alle mie azioni» (Testamento spirituale 29.11.1959 Giornale dell’Anima n. 931). Questo è il cammino che ogni famiglia cristiana è chiamata a percorrere.

Il bacio di Papa Francesco a Sofia: un sogno che si è avverato «Una gioia immensa, una cosa più grande di me, mi sento davvero privilegiato». Sono le parole di Alessio Longhi di Almenno San Bartolomeo (Bergamo), papà di Andrea e Sofia, all’indomani di una Messa di Pasqua particolare. La sua famiglia è stata infatti personalmente invitata alla Messa celebrata in piazza San Pietro a Pasqua, e insieme sono saliti ad abbracciare Papa Francesco, portando i doni all’offertorio. «Tutto è avvenuto per caso e per un sogno – spiega papà Alessio –. Quando Sofia aveva circa

due anni e mezzo le hanno diagnosticato una malattia rara. Poi una notte di febbraio dello scorso anno io ho fatto un sogno, talmente bello che al mattino seguente mi sono svegliato in lacrime e ho pensato “non rimarrà solo un sogno, farò in modo che si avveri”. Avevo sognato Papa Francesco e Sofia abbracciati. Così da quel giorno ho cominciato a informarmi. Ho scritto una lettera a Papa Francesco e ho fatto in modo che arrivasse nelle sue mani. «Per questa importante occasione – continua Alessio – la

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nostra famiglia era stata scelta per portare i doni all’offertorio nelle mani di Papa Francesco. Sofia raggiante tra le mie braccia, mia moglie Paola con le ampolline dell’acqua e del vino e nostro figlio Andrea con l’Eucarestia. Lo abbiamo raggiunto, ha benedetto i doni, quindi Sofia gli ha rivolto la parola dicendogli: “Papa Francesco ti voglio tanto bene, mi dai un bacio?”. Lui le ha stampato due baci, uno per guancia, e poi le ha detto: “Adesso tu dai un bacio a me?”. E Sofia lo ha accontentato».


A NNIV ER S AR I

52 ANNI FA L’ULTIMO SALUTO A PAPA GIOVANNI XXIII Era il 3 giugno 1963. Ricordato come il Papa del Concilio e della carezza ai bambini

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oco prima delle ore 20 di 52 anni fa, il 3 giugno del 1963, moriva Papa Giovanni XXIII, considerato dal mondo intero il Papa della bontà, del Concilio e della carezza ai bambini. Il ricordo di quella giornata, dopo oltre mezzo secolo, è ancora oggi impresso nella memoria di moltissimi che hanno avuto modo di conoscere il Pontefice attraverso le immagini televisive. Per comprendere il grande vuoto che ha lasciato basta recarsi a Sotto il Monte, il suo paese natale, dove sono costantemente presenti migliaia di pellegrini che ripercorrono le orme giovannee, sostando alla sua casa natale, nella chiesa del battesimo di Brusicco, alla residenza di Camaitino, alla chiesa parrocchiale e al santuario della Madonna delle Caneve. Angelo Giuseppe Roncalli, diventato Giovanni XXIII, nacque a Sotto il Monte il 25 novembre 1881 e venne a mancare nella Città del Vaticano il 3 giugno del 1963. E’ stato il 261º vescovo di

Roma e Papa della Chiesa cattolica (il 260º successore di Pietro). Fu eletto Papa il 28 ottobre 1958 e in meno di un quinquennio di pontificato riuscì a dare un nuovo impulso evangelizzatore alla Chiesa Universale. E’ stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000 ed eletto Santo il 27 aprile 2014. Uno dei più celebri eloqui di Papa Giovanni è quello meglio conosciuto come «Il discorso della Luna». Lo pronunciò l’11 ottobre 1962, in occasione della serata di apertura del Concilio, in una piazza San Pietro gremita di fedeli. Chiamato a gran voce ad affacciarsi, Roncalli si presentò alla folla, per condividere con essa la soddisfazione di aver inaugurato il Concilio. Il discorso, improvvisato, si rivelò semplice, ma anche con delle caratteristiche innovative. Con un richiamo inaspettato salutò la Luna e disse: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la Luna si è affrettata stasera per guardare questo spettacolo». Dopo aver salutato i fedeli aggiunse: «La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore. Tornando a casa troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza». A quel punto il Papa si sentì parte integrante della piazza colma di gente: ne condivideva la serata di fine estate, ne partecipava la sofferenza e la meraviglia per quella Luna inattesa. E i fedeli avevano il Papa fra loro, lo sentivano con loro. Proprio ciò per cui il Concilio Vaticano era stato voluto.

3 giugno 1963. Il dolore della gente alla notizia della morte del Papa

Massimiliano Gualdi 10


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TRA LACRIME E COMMOZIONE L’USCITA DI SCENA DI RONCALLI Il suo ritratto e i ricordi di chi lo conobbe alla presentazione del libro «Il congedo»

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ulla presentazione del libro «Giovanni XXIII – Il congedo», appuntamento contrassegnato da vivi ricordi su Roncalli, proponiamo un servizio pubblicato sul quotidiano L’Eco di Bergamo a firma del giornalista Paolo Aresi. A questo evento letterario ha preso parte, tra gli altri, Padre Malagola, un francescano che alla fine degli anni Sessanta era nella Segreteria di Stato vaticana, segretario del cardinal Dell’Acqua. L’appuntamento è stato aperto da don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni. E’ stato proprio lui ad introdurre la presentazione di questo piccolo libro che raccoglie alcune delle lettere mandate a monsignor Capovilla nei giorni dell’agonia di Papa Giovanni XXIII. In particolare don Ezio Bolis ha esordito leggendo una di queste lettere, tra quelle più commoventi. E’ la missiva datata «Milano, 3 giugno 1963, ore 22», scritta da un anonimo studente-lavoratore, una lettera che suscita ancora oggi un’emozione profonda.

Papa Giovanni in uno dei suoi tipici gesti paterni

radiolina accesa trasmette la notizia della morte del Papa. Il ragazzo si volta, scende dalla macchina, mi tende le mani. Balbetta: “E’ morto”. Ci stringiamo la mano e basta: due estranei, ma fratelli in quel momento. Mi son trovato con gli occhi pieni di lacrime. Rientro a casa sotto il peso di un’angoscia che mi serra la gola. I miei, dimentichi della cena, sono attaccati al televisore. Mia madre, nel vedermi emozionato, stenta a credere ciò che io provo, ovvero la strana sensazione di essere diventato orfano. Lei capisce, mi stringe tra le sue braccia proprio come quand’ero bambino: una mamma comprende bene tante cose... Padre, il giovane che non crede ai preti, che va raramente a messa, stasera, bisognoso di perdono, si è confessato a lei... Sono poco praticante, è vero, ma nel fondo mi sento cristiano e questa morte mi richiama alla vita».

Lettera di uno studente «Monsignor Capovilla,Vaticano. Padre, sono uno studente operaio di ventuno anni, a lei sconosciuto. Le scrivo di impeto, come mi viene. Sa io non ho dimestichezza con i preti, non vado regolarmente a messa. Nei giorni scorsi, mi infastidiva che mia madre stesse di continuo ad ascoltare dalla radio le notizie dell’agonia del Papa. Non capivo questo suo dolore per un vecchio ch moriva, tanto più, pensavo, che morto un Papa se ne fa un altro. Senta cosa mi è successo stasera. Alle otto torno a casa dal lavoro, stanco. Mentre traffico per parcheggiare la mia utilitaria, ti vedo che in un’altra, poco distante, un giovanotto se ne sta con la testa abbandonata sul volante. Sospettando un malore improvviso, apro di scatto lo sportello. Non è svenuto, piange. La

Regalo di Guitton Gli ospiti al tavolo, durante la presentazione del libro, restano commossi perché hanno tutti cono11


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dove fossi, gli dissi il nome della mia piccola città, vicino a Le Havre, mi disse che la conosceva...». Scrisse Gall nella sua lettera a Capovilla: «Giammai, caro monsignore, dimenticherò lo sguardo del Santo Padre nel mio, giammai si cancellerà dal mio cuore questo incontro benedetto con la Bontà e la Santità».

sciuto Papa Giovanni XXIII e il suo segretario monsignor Loris Capovilla. Al momento della morte del Papa hanno scritto una lettera, un biglietto a don Loris per esprimere il loro cordoglio, la loro vicinanza. Primo a prendere la parola, dopo la fase introduttiva, è stato Hugues Gall che allora era uno studente universitario e che poi sarebbe diventato direttore dell’Opera di Parigi e di quella di Ginevra e che oggi è direttore della Fondazione Monet. Gall ha ricordato il suo incontro con Papa Giovanni: «Portavo un regalo di Jean Guitton, il filosofo francese, un’edizione preziosa dei pensieri di Pascal con una sua introduzione. La portammo io e due altri studenti, Guitton era d’accordo con Capovilla... Facemmo il viaggio in macchina, arrivammo a Roma, ci condussero in una sala, aspettammo, arrivò il Papa. Era il 13 aprile 1963. Gli consegnammo il libro, gli dicemmo che Jean Guitton si scusava perché la copertina era di cuoio rosso mentre il colore giusto era il bianco... Papa Giovanni sorrise, disse che il rosso andava bene e che l’eccesso di bianco gli ricordava le latterie. Poi mi chiese di

Cardinal Baronio Tanti pensieri, ricordi. Quelli di Luigi Gulia, fondatore del Centro studi Sorani dedicato al cardinale Cesare Baronio da cui Angelo Roncalli trasse il suo motto: «Oboedientia et pax». Le parole di Marco Malagola, frate francescano, che fra i tanti momenti ha ricordato una telefonata: «Il Papa aveva bisogno di un documento, ci telefonò, ero in ansia, risposi “Santo Padre, stiamo cercando il documento disperatamente…”. Il Papa con la sua voce affettuosa mi disse che la parola “disperatamente” non esisteva nel vocabolario cristiano». Guido Gusso fu accanto al Papa fino all’ultimo momento, poiché era suo cameriere e autista, fin dai tempi di Venezia. Ha raccontato: «Mi prese con sé che era a Venezia da tre giorni, io sono figlio di pescatori, lui era come un nonno, sempre dolce con me. Ho dovuto imparare tanto. Era Capovilla a insegnarmi. Mi vengono in mente tante cose. Quando a Castelgandolfo di nascosto lasciammo il palazzo e andammo a spasso per i colli romani, attraversammo i paesi senza scorta e la gente quando lo riconosceva restava incantata e gridava il suo nome in dialetto romano... E quando ci trovammo nella stanza del pianto, appena eletto Papa Roncalli mi guardò e mi disse. “Ma te lo credevi che io diventassi Papa?”». C’è poi una aspetto importante che è opportuno sottolineare della figura del Pontefice. Roncalli era considerato, ancora prima che vestisse i panni del patriarca di Venezia, una fonte di notizie, di cronaca, di storia. In realtà un vero e proprio storico lo era. Basti dire che fin da giovane frequentò biblioteche e archivi. Nel 1957, inoltre, tenne la prolusione del primo convegno degli archivisti ecclesiastici e definì la Chiesa e gli archivi «Sorgenti di spirituali ricchezze».

Fedeli in ginocchio durante l’agonia del Papa

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INIZIATIV E

CENACOLI, PER APPROFONDIRE LA SPIRITUALITÀ DI RONCALLI Questi gruppi di preghiera stanno nascendo per meditare sul «Giornale dell’anima»

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ogliono offrire l’opportunità di approfondire la spiritualità di Angelo Giuseppe Roncalli i «Cenacoli Giovannei» che stanno nascendo, non solo in Italia, su iniziativa della Fondazione Papa Giovanni XXIII. Il servizio che riportiamo è tratto da una sintesi dell’articolo di Giulio Brotti che L’Eco di Bergamo ha proposto di recente. «L’idea di questi gruppi di preghiera è nata in seguito alla canonizzazione di Papa Giovanni», spiega don Ezio Bolis, direttore della stessa Fondazione, oltre che docente di Teologia spirituale nel Seminario di Bergamo e presso la Facoltà teologica di Milano. «Da alcune parti – prosegue don Bolis – era stato espresso il timore che dopo la cerimonia del 27 aprile 2014 potesse in qualche modo verificarsi una “caduta d’attenzione” sulla figura e il messaggio spirituale di Papa Roncalli. Noi, invece, abbiamo inteso l’evento della canonizzazione non come un punto di arrivo ma di partenza, per due percorsi. Il primo consiste nella prosecuzione di una ricerca storica sui documenti e le fonti, indagine che ha già prodotto significativi risultati: ricorderei, tra l’altro, l’avvio della pubblicazione degli annali della nostra Fondazione (con il titolo «Ioannes XXIII») e, recentemente, l’edizione del volume “Giovanni XXIII e Paolo VI. I Papi del Vaticano II”, che raccoglie gli atti di un convegno tenuto a Bergamo lo scorso anno. Il secondo percorso è volto ad approfondire il senso della spiritualità giovannea». Nei Cenacoli si mediterà sul «capolavoro» di Papa Giovanni, il «Giornale dell’anima»: mese dopo mese, ci si soffermerà su alcune sue pagine, per cui la Fondazione predisporrà commenti e chiavi di lettura (questi materiali, insieme alle informazioni per prendere parte ai gruppi di preghiera, saranno disponibili alla pagina Internet www.fondazione-

Papa Giovanni mentre legge un testo

papagiovannixxiii.it). Alla riflessione seguirà, ogni volta, un momento di convivialità: i Cenacoli costituiranno così anche delle occasioni di incontro e di amicizia, sempre secondo lo stile che era proprio di Giovanni XXIII. «Ad esempio nello scorso dicembre – puntualizza don Bolis – si è fatto riferimento al 25, giorno di Natale, festività particolarmente amata da Roncalli, che in occasione di essa compì alcuni dei suoi gesti pubblici più celebri». «Intendiamo poi creare – dice ancora don Ezio Bolis – una “rete” di Cenacoli Giovannei: se ne sono già costituiti una decina, dal Piemonte alla Sicilia, dall’arcidiocesi di Milano a Malta. Nella diocesi di Bergamo, oltre a quello che ha sede presso la Fondazione, ne sono finora nati due, nella parrocchia di Gavarno di Nembro, e a Ponte Nossa. Da premettere che un santo non è solo da invocare, ma anche da considerare in quanto modello di vita». 13


A V V ENIMENTI

RELIQUIA DI KAROL WOJTYLA NEL PAESE NATALE DI RONCALLI La goccia di sangue del Pontefice posta provvisoriamente nella cappella della Pace

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ra è possibile affermare che c’è anche una concreta presenza di San Giovanni Paolo II a Sotto il Monte, il paese natale di San Papa Giovanni XXIII, in virtù di una reliquia consistente in una goccia di sangue di Karol Wojtyla. Infatti domenica 3 maggio pomeriggio, all’inizio della messa del pellegrino, una donna polacca che lavora in questo Comune, al termine di una processione molto partecipata ha portato all’altare la Croce contenente tale reliquia. Quest’ultima è stata donata dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, al parroco di Sotto il Monte monsignor Claudio Dolcini durante il recente pellegrinaggio della parrocchia bergamasca intrapreso in Polonia lo scorso 20 aprile. A sua volta Dolcini, accompagnato dal collaboratore pastorale Angelo Longaretti, ha donato una reliquia di Papa Giovanni, a lui consegnata dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi. In terra polacca, sempre il 20 aprile,

Dolcini e Longaretti hanno concelebrato la messa nella cappella dell’arcivescovado di Cracovia, in cui il 1° novembre del 1946 il giovane Wojtyla venne ordinato sacerdote. L’evento di domenica 3 maggio è proseguito con la funzione religiosa. Nel corso dell’ormai tradizionale supplica a Papa Giovanni, monsignor Dolcini ha voluto dedicare un pensiero particolare proprio alla Polonia, terra natale di Wojtyla e tra l’altro particolarmente amata da Roncalli. Al termine la reliquia di Giovanni Paolo II è stata collocata provvisoriamente nella cappella della Pace. Non è la prima volta che le figure dei due Papi si intrecciano. Basti solo ricordare l’evento più straordinario avvenuto il 27 aprile del 2014, giorno in cui entrambi sono diventati santi. Ma questo avvenimento non è che l’apice di un percorso religioso e umano che li ha proiettati davanti agli occhi dei fedeli di tutto il mondo. In realtà le vite di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII si sono sovrapposte per 43 anni: dal 1920, quando nacque Karol Wojtyla, al 1963 anno della morte di Angelo Giuseppe Roncalli. Chiamati sul trono di San Pietro in epoche diverse, le loro esistenze per molti aspetti sono corse parallele e più di una volta si sono intrecciate. Il sottile filo del destino di questi due uomini di Chiesa si è spesso annodato e la canonizzazione – che è appunto avvenuta più di un anno fa e nello stesso giorno – rappresenta il suggello finale. Tra le pubblicazioni che hanno voluto accostare i due personaggi, risaltandone i tratti che li hanno accomunati, una particolare attenzione merita il libro «I due Giovanni» scritto dal giornalista Emanuele Roncalli (Ed. bilingue italiano-polacco Decamas) che tra l’altro è pronipote del Pontefice bergamasco. Nelle pagine di questo volume emerge ad esempio

Il centro di Sotto il Monte con sullo sfondo la chiesa parrocchiale

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avven imen ti

che entrambe le famiglie dei due Papi erano di origini semplici, temprate dalle fatiche del lavoro e timbrate dalla fede. Basti dire che Roncalli nasce in una famiglia povera, dove i genitori e i figli lavorano la terra senza risparmiarsi. Semplice e modesta risulta anche la famiglia del piccolo Karol. Ma è soprattutto la fede che accomuna i due nuclei. Comune inoltre è la profonda devozione mariana. Karol Wojtyla e Angelo Roncalli hanno entrambi attraversato il Novecento e conosciuto le tragedie delle guerre, della deportazione, del nazismo. Tutti e due, infatti, in quel periodo vivevano nei Paesi dell’Est: Wojtyla in Polonia e Roncalli in Turchia dove come Delegato Pontificio, grazie anche ai buoni rapporti con il Corpo Diplomatico e con i rappresentanti pontifici dei Paesi danubiani, riuscì ad aiutare le comunità ebraiche perseguitate. Risulta poi piuttosto singolare che sia il Papa bergamasco sia quello polacco abbiano svolto un ruolo pressoché identico a favore dei giovani, sostenendoli in vari modi, durante i primi anni del loro sacerdozio. E’ sufficiente ricordare che nel novembre 1918 Roncalli diede inizio alla Casa dello Studente a Bergamo Alta, tuttora presente in città, mentre Wojtyla fu cappellano degli Universitari fino al 1951. E a questo proposito come non ricordare che fu proprio Giovanni Paolo II a ideare, dal 1985, le Giornate mondiali della gioventù. Da aggiungere che il 1958 rappresenta un anno segnato da straordinari eventi per entrambi. Il 28 settembre 1958 Wojtyla riceve l’ordinazione episcopale nella cattedrale di Cracovia, dalle mani dell’arcivescovo Eugeniusz Baziak. Un mese dopo, il 28 ottobre del 1958, il patriarca di Venezia diventa Papa assumendo il nome di Giovanni XXIII. E vent’anni più tardi, ancora una volta nello stesso mese di ottobre, il cardinale Wojtyla verrà a sua volta eletto Pontefice. Ma c’è di più. Le vite di Roncalli e Wojtyla ad un tratto si sono incrociate. Era l’ottobre del 1962 e pochi giorni dopo l’apertura del Concilio monsignor Wojtyla, accompagnato dal cardinal Wyszynski, vescovo di Cracovia, fu ricevuto in udienza da Giovanni XXIII. Wojtyla e Roncalli si trovarono l’uno davanti all’al-

La copertina del libro «I due Giovanni»

tro. Chi avrebbe mai detto allora che in quel preciso giorno si sarebbero incontrati due successori alla Cattedra di Pietro? Ma di quello storico evento restano purtroppo solo rare foto. Da non dimenticare che Wojtyla fu anche uno dei partecipanti di quella straordinaria primavera della Chiesa, ovvero il Concilio Vaticano II. L’allora vescovo polacco vi prese parte (1962-1965) con un personale contributo nella costituzione Gaudium et Spes e alle assemblee del Sinodo dei Vescovi. Non meno importante risulta il fatto che Papa Wojtyla – dopo aver proclamato beato Giovanni XXIII – fu sepolto nella stessa tomba della Cripta Vaticana che aveva ospitato le spoglie del Papa bergamasco fino alla traslazione nella Basilica di San Pietro sotto l’altare di San Gerolamo. In pratica uniti nella vita, nel luogo della morte e dal 2014 nella gloria dei Santi. Massimiliano Gualdi 15


P ER S ONAGGI

NEI BRONZI DI PIERO BROLIS L’UMANITÀ DI PAPA GIOVANNI Le riflessioni di Loris Capovilla a corredo del libro dedicato ad alcune opere dell’artista

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' un libretto apparentemente modesto per le dimensioni, bensì prezioso per il contenuto che eguaglia volumi molto più ampi, quello dedicato alla canonizzazione di Papa Giovanni XXIII (avvenuta nel 2014) attraverso le opere (cinque, complessivamente) dello scultore Piero Brolis (1920-1978). Inizia così l’interessante servizio, a firma di Amanzio Possenti, che è stato pubblicato sulle pagine de L’Eco di Bergamo qualche mese fa. L’articolo così prosegue. La pubblicazione, mentre si propone come rivisitazione selezionata delle sculture del grande artista bergamasco realizzate in memoria dell’indimenticabile Pontefice ora Santo, si qualifica parimenti quale rappresentazione intensa e unitaria del volto di un Papa di straordinana serenità. Se si aggiunge l’autorevolezza del testo firmato dal cardinale Loris Francesco Capovilla, si ha un’idea della qualità storica e del valore documentale della pubblicazione uscita recentemente. Il volumetto presenta in copertina il bronzo, tuttotondo, di Papa Giovanni che, realizzato da Brolis nel 1973, si trova nel convento dei Frati Minori

di Baccanello di Calusco d’Adda (Bergamo). E’ un busto compatto nella forma, rispettoso delle antiche «regole» della cultura scultorea classica, vibrante di un’interiorità profondamente raccolta ed espresso con la medesima semplicità del tocco d’arte che Brolis seppe donare ad ogni creatura bronzea, un Papa Giovanni che sembra veramente «entrare» nel cuore dell’osservatore, tale è la spontaneità amichevole della sua impostazione icastica. Seguono – nel gradevole libretto edito da Grafica e Arte, fotografie di Sandro Da Re e impaginazione di M. Rosaria Agazzi, grazie alla collaborazione di Franca Petteni, di Giuseppe Paravicini Bagliani e di sua moglie Silvia Brolis – le immagini degli altri bronzi raffiguranti il «Papa buono». Si comincia con «Papa Giovanni orante» (bronzo tuttotondo, 1963; i tre esemplari stanno alla Biblioteca Civica Angelo Mai-Sala Giovannea, Bergamo; al Seminario Vescovlle nella chiesa Beata V. M., SS. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, Bergamo, e alla chiesa SS. Pietro e Paolo di Verdéllo, Comune in provincia di Bergamo); si prosegue con l’opera «Ioannes XXIII Pont. Maximus» (bronzo, altorilievo, 1959, medaglione per la lapide ricordo collocata sulla Casa dello Studente, piazza San Salvatore, Bergamo Alta, modello in gesso Museo diocesano Adriano Bernareggi, Bergamo). Ecco poi la «Porta della gratitudine – L’obolo della vedova» (bronzo, bassorilievo, 1967, chiesa ipogea del Seminario Vescovile Giovanni XXIII, Bergamo, iscrizione latina dettata dal cardinale Gustavo Testa); infine «Papa Giovanni XXIII» (bronzo, tuttotondo, 1963, scuole elementari di Fontanella al Piano, Bergamo; mezzobusto, sul sagrato della chiesa parrocchiale di Pilzone d’Iseo, Brescia). Si tratta di cinque testimonianze di ardore espressivo e di penetrante introspezione, che restituiscono an-

L’artista Piero Brolis a fianco di una sua opera

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perso n aggi

cor prima del volto di Giovanni XXIII, un sincero stimolo di comunanza spirituale. A commento dell’opera di Piero Brolis – che negli anni di gioventù conobbe da vicino l’allora don Angelo Giuseppe Roncalli – ecco cosa scrive Loris Capovilla all’esordio del suo testo: «In questo anno di solenni celebrazioni particolarissime a Bergamo,godo immensamente che venga ricordato, ringraziato e riconosciuto Piero Brolis, infaticabile artista che ha onorato la sua città, la famiglia e i colleghi di lavoro. Uomo di comunione e di speranza, tale è rimasto nel corso della sua esistenza. La traccia della sua breve vita è un’immagine eloquente di quanto possa la sapienza e l’intraprendenza di un uomo quando egli sia così vicino a Papa Giovanni il pensiero e l’azione: “Pensare in grande e guardare alto e lontano”». Nel suo saggio, il cardinale Capovilla ricordando le parole dell’allora card. Roncalli pronunciate nel centenario della morte di Angelo Mai (a proposito dell’«ottimismo sereno e confortatore»), sottolinea di quest’ultimo «grande assertore della Chiesa e della scienza: grandissimo onore della patria», il valore dell’esempio e dell’insegnamento. Ne consegue il proposito di «onorare i concittadini e tutti insieme formare quell’unum che è sicurezza di benessere e di pace». Così infine scrive Capovilla: «il mio tributo di onore e di gratitudine allo sculto re Brolis qui si arresta», certo che «celebrare i personaggi che hanno indicato vie nuove può contribuire a quel nuovo clima di umanità e fraternità che assicura al genere umano nuovi spazi per il benessere del mondo intero».

Papa Giovanni orante

Il cardinale Loris Capovilla

Addio a Toaff: ricordato alla Fondazione Papa Giovanni Anche la Fondazione Papa Giovanni XXIII si è fermata per ricordare la scomparsa di Elio Toaff, storico rabbino capo della comunità di Roma. Un minuto di silenzio, alle 18 del 21 aprile, è stato osservato presso la Sala Conferenze della Fondazione a Bergamo, in apertura di un incontro

istituzionale. L’occasione per rendere omaggio a Toaff «per la vicinanza, il profondo dialogo e la concordia stabilita con Papa Roncalli» è stata la presentazione del libro «Il papato e altre invenzioni» con l’autore, il prof. Agostino Paravicini Bagliani, uno degli studiosi più autorevoli della storia del

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papato, introdotto dal direttore della Fondazione don Ezio Bolis. «Toaff – ha ricordato il direttore, don Bolis – pregò da ebreo nei momenti finali della vita del Papa. Oggi la Fondazione che porta il santo nome di Papa Giovanni XXIII si unisce al dolore della comunità ebraica pregando per la sua anima».


P ER S ONAGGI

RONCALLI E MONTINI UNITI DALLA PAROLA «CORAGGIO» Lo ha rimarcato il card. Pietro Parolin presentando un volume sui Papi del Concilio

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on è facile trattare una lezione circa l’eredità che hanno lasciato Angelo Roncalli e Giovanni Battista Montini, se non si guarda all’impresa che l’uno ha intuito e l’altro ha confermato e concluso: il Concilio Vaticano II. Questo l’inizio dell’articolo pubblicato lo scorso 6 maggio da L’Eco di Bergamo a firma di Alberto Bobbio e che riproponiamo ai nostri lettori. Il servizio così prosegue. Cosa hanno lasciato dunque i Papi del Concilio alla Chiesa di oggi? Il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ne ha parlato martedì pomeriggio 5 maggio alla Pontificia università Gregoriana, presentando il volume della Fondazione Papa Giovanni XXIII sui Papi del Concilio, edito dalla

Studium in collaborazione con l’Istituto Paolo VI di Brescia, mettendo in fila le ragioni di una eredità che intreccia il Concilio e il Pontificato di Papa Francesco. L’accortezza, secondo Parolin, è quella di aver riconosciuto nella misericordia la parola profetica, «perenne verità e potenzialità anche per i nostri giorni». Parolin ha osservato che Roncalli e Montini, attraverso il Concilio e il loro magistero, hanno dato ragione alla capacità della religione cristiana di fornire sempre una carica spirituale nuova al mondo contemporaneo. All’inizio sembra solo un’intuizione di Roncalli, ma non è così. Paolo VI la raccoglie e schiera definitivamente la Chiesa accanto all’uomo. Sottolinea Parolin: «Al dialogo con l’uomo contemporaneo nessuno dei due ha mai rinunciato». Il Segretario di Stato ha ricordato le parole di Montini alla commemorazione di Roncalli a Milano il 7 giugno 1963, quando mise in guardia dall’esagerare le proporzioni dei problemi, come se i cieli si fossero già chiusi sopra la testa dell’uomo. Montini disse invece: «dobbiamo farci coraggio». Sta qui uno dei punti centrali della loro eredità, nella parola «coraggio» che, ha aggiunto Parolin, «risuonerà con insistenza nei loro Pontificati e in quello dei successivi Pontefici, fino ad arrivare a Papa Francesco». Roncalli ha indicato strade sulle quali poi Montini ha proseguito il cammino, anzi ha saputo «incanalare energie latenti», è l’analisi di Parolin, dall’ecumenismo all’internazionalizzazione della Chiesa, che poi il Pontificato montiniano ha consolidato. Parolin ha ripreso anche la questione del governo collegiale della Chiesa, tema assai dibattuto al Concilio, osservando come Roncalli ha favorito la collaborazione del corpo episcopale «non tanto nell’esercizio», quanto «nella responsabilità del governo della Chiesa». E’ un’analisi che sbaraglia le critiche

Angelo Roncalli e Giovanni Battista Montini durante una cerimonia

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perso n aggi

sulla collegialità opposta alla tradizione o contro di essa che in alcuni ambienti sono sempre state riservate sia a Roncalli sia a Montini. Parolin poi ha aggiunto, riferendosi in particolare a Roncalli, che «in questo modo ha dato impulso a quell’ecumenismo interiore della cattolicità che accomunava e stringeva legami di profonda amicizia con l’ Urbe e l’Orbe». Poche parole, ma ferme, quelle del Segretario di Stato, per evitare equivoci di interpretazione e per legare all’unità interna della Chiesa anche il cosiddetto ecumenismo esteriore, che per Roncalli, ha rimarcato Parolin, significava la «ricomposizione di tante fazioni cristiane separate». Poi ci sono i gesti pubblici, che Roncalli compie e che poi Montini e i gli altri Pontefici confermano. Il gesto più clamoroso sono i viaggi, anzi quel primo viaggio in treno di Roncalli a Loreto poco prima dell’apertura del Concilio. Fu il primo viaggio di un Papa fuori dal Vaticano dopo cent’anni. E viaggiare da allora è stato considerato una priorità pastorale da tutti i Pontefici. Parolin ha osservato che è stato il Pontificato di Giovanni Paolo II a confermare quanto «quell’intuizione fosse vera». Poi ce ne sono altre, tra le quali quella di aver insistito entrambi sulla natura episcopale del Papa come vescovo di Roma, intuizione «ripresa oggi» con convinzione, ha detto Parolin, da Papa Francesco. Infine la misericordia, che Roncalli mette al primo

Il futuro Paolo VI accanto a Papa Giovanni XXIII

posto, insieme al dialogo, e oppone ad una certa idea che voleva la Chiesa comunque arcigna e contrapposta al mondo. E’ la stessa convinzione di Bergoglio, molto vicino a Roncalli, secondo Parolin, che oggi tende la mano e non si scoraggia mai.

In Vaticano il dipinto realizzato dai gemelli sacerdoti A 86 anni Attilio e Giovanni Sarzilla, i gemelli sacerdoti ritiratisi a Valgoglio in pensione, trascorrono le giornate in montagna con cavalletto, tele, pennelli e colori nello zaino per dipingere. Allievi di Pietro Servalli di Gandino (Bergamo), da una vita alla passione per la montagna, per i grandi silenzi e per la natura, i due sacerdoti uniscono quella per la pittura. I loro quadri e affreschi abbelliscono diverse chiese bergamasche, santelle, pinacoteche, case di privati: ritratti, scene sacre o paesaggi naturali delle Orobie. «L’ultimo loro dipinto – dice Eli Pedretti, sindaco di Valgoglio – è

approdato nientemeno che a Città del Vaticano dove è stato donato al Papa da monsignor Maurizio Malvestiti. Al quadro era allegata una lettera, scritta al Santo Padre dai gemelli sacerdoti». Cosa raffigura il dipinto, olio su tela? Lo spiegano i due autori: «Raffigura tre Papi. Al centro Papa Francesco, alla sua destra il Santo Papa Giovanni XXIII, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere di persona e, alla sua sinistra, il Santo Papa Giovanni Paolo II». Papa Francesco ha gradito molto il dono, tanto è vero che attraverso la Segreteria di Stato ha fatto pervenire

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a don Giovanni Sarzilla una lettera di ringraziamento, a firma di monsignor Peter B. Wells. Tra l’altro vi si legge: «Sua Santità, che ha gradito il gentile omaggio ed i sentimenti di spirituale vicinanza e di affetto che hanno suggerito il premuroso gesto, ringrazia ed auspica, per la materna intercessione della Vergine Maria, ogni desiderato bene per Lei, per il fratello sacerdote e per le persone care e, mentre chiede di continuare a pregare per Lui e per il Suo ministero di Successore dell’Apostolo Pietro, imparte di cuore l’implorata Benedizione Apostolica».


RA P P R ES ENTA ZIONI

BERGAMO, PORTATA IN SCENA L’ENCICLICA «PACEM IN TERRIS» Un’applaudita esibizione di Lucilla Giagnoni, in prima nazionale, al Teatro Sociale

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ll’ultima enciclica del Papa bergamasco la fiorentina Luisella Giagnoni ha dedicato lo spettacolo «Pacem in terris. Costruiamo il futuro», da lei, attrice-autrice, portato in scena giovedì 9 aprile sera, in prima nazionale, al Teatro Sociale di Bergamo. Pressoché pieno, quest’ultimo, di un pubblico caloroso, verso un’attrice che la città, dopo le celebrazioni per il santo patrono, ha imparato a conoscere. Su questo evento proponiamo un articolo di Enzo Moretti apparso su L’Eco di Bergamo. Lo spettacolo è stato diviso in tre parti: le novità, le «rivoluzioni» di cui sono stati straordinariamente fertili gli anni Sessanta e una rapida presentazione biografica del Papa. Soprattutto, infine, l’immersione nel testo dell’enciclica e nelle dichiarazioni dei «diritti» che vi sono dichiarati. Con continui incastonamenti di voci, in gran maggioranza fem-

minili, che quegli stessi diritti, quelle battaglie di libertà hanno incarnato, difeso, pagato. Gli anni Sessanta dunque: il ‘68, la rivoluzione musicale, le marce per la Pace, Martin Luther King e Jfk, Beatles e Rolling Stones, il primo trapianto di cuore: «tutta la nostra contemporaneità nasce in quegli anni, pericolosamente dinamici». L’11 ottobre del 1962, «grande giornata di pace», Papa Giovanni pronuncia il celebre discorso «della Luna». Della biografia del Papa, la Giagnoni mette in luce soprattutto le origini umili, contadine, in una famiglia molto numerosa; il profondo amore, la grande passione per lo studio; la bontà non da uomo semplice, ma legata all’intelligenza, risultato della volontà; l’elezione a Pontefice a 77 anni. La gente lo ha amato perché in lui ha visto «un padre e non un principe». Con un richiamo all’«ordine» si apre l’enciclica: l’ordine «mirabile» dell’universo con il quale «continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra gli esseri umani». Quasi che i loro rapporti non possano essere regolati che «per mezzo della forza». Ecco, il grande sogno! Sfuggire alla tirannica, onnipotente legge della forza, allo spietato darwinismo che sembra essere la sola chiave di lettura del mondo, per rivendicare armonia, pace, bellezza, regole fondate su diritti e doveri. Da un paradosso all’altro: fra le tante voci che la Giagnoni ha fatto echeggiare dal testo dell’enciclica, la più forte e attuale è, ancora, la cronologicamente più lontana: l’antica Ecuba euripidea. Con il suo straziante compianto sullo straziato cadavere di Astianatte è l’acme emotiva e appassionata dello spettacolo. Il dolore insanabile di una nonna che non può rassegnarsi all’uccisione di un bambino. Lo spettacolo è stato trasmesso su Bergamo Tv l’11 aprile, data della pubblicazione (nel 1963) della «Pacem in terris».

Giovedì 11 aprile 1963. Papa Giovanni firma l’enciclica Pacem in terris

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PUB B LIC AZIONI

IL SANTUARIO DI CARAVAGGIO IN UN LIBRICINO PER BAMBINI Si tratta di un agile volumetto di 48 pagine che intende rivolgersi ai piccoli pellegrini

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accontare episodi e personaggi in maniera semplice e simpatica, o addirittura attraverso il linguaggio dei fumetti: non c’è un metodo più efficace per riuscire a coinvolgere i bambini sul tema che si intende divulgare. Partendo da questa premessa, è stato realizzato di recente il volumetto «Santa Maria del Fonte a Caravaggio». Caravaggio è un Comune della provincia di Bergamo che sorge nella cosiddetta Bassa, ovvero la zona più vicina al territorio milanese. Ma prima di riportare alcuni dettagli dell’opera, vale la pena di ricordare che non si tratta del primo «esperimento» del genere. Qualche anno fa, infatti, il quotidiano locale «L’Eco di Bergamo» ha proposto in allegato al giornale un’analoga pubblicazione intitolata la «Vita di Papa Giovanni XXIII» a fumetti. Il libricino in questione ha inteso raccontare in maniera divertente alcuni episodi dell’infanzia di Angelo Roncalli, in parte legati al suo sogno di diventare prete. Un’opera nata grazie a don Gimmi, che si è occupato dei testi, e a Bruno Dolif, autore dei disegni. Proprio in occasione di questo evento don Gimmi sottolineò: «Il fumetto è un linguaggio, una delle vie di comunicazione più efficaci per aprire un canale verso i ragazzi». Tornando alla pubblicazione centrata sul luogo di culto a Caravaggio, il volumetto ha come destinatari appunto i bambini, ma naturalmente può essere consultato anche dai giovani e dalle persone di età avanzata motivate da una certa curiosità. Chi fosse interessato a sfogliarlo può trovarlo nella libreria del santuario. Il libretto è stato recentemente pubblicato dalla «Piccola Casa Editrice» di Sesto Ulteriano – San Giuliano Milanese. E’ composto da 48 pagine dedicate al santuario di Caravaggio e nella prima parte i testi di Paola Bergamini e i disegni di Anna For-

Una panoramica del santuario di Caravaggio

maggio illustrano quanto accadde il 26 maggio del 1432. In tale data l’umile donna Giannetta ebbe la grazia di vedere la Madonna e racconta ai lettori la straordinaria vicenda che la vide protagonista in quel giorno miracoloso. Nella seconda parte è invece illustrata la bellezza del santuario e il significato delle numerose componenti architettoniche e artistiche che lo rendono unico. In tal modo i piccoli pellegrini hanno l’opportunità di scoprire aspetti di grande valore, al pari delle tante persone che nel corso dell’anno si inginocchiano devote davanti al Sacro Fonte. Da sottolineare che inizia proprio con questa pubblicazione, dedicata a un angolo suggestivo della Bergamasca, la collana di libri edita dalla «Piccola Casa Editrice» e dedicata ai luoghi di pellegrinaggio sparsi in tutto il mondo. Si può acquistare il libro, a 8 euro, rivolgendosi all’Editrice o alla libreria del santuario. Massimiliano Gualdi 21


P ER S ONAGGI

«BEATO TOMMASO DA OLERA: UNA VITA, LA SUA, DA IMITARE» L’ha detto mons. Spreafico nell’omelia tenuta alla vigilia della festa liturgica del frate

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Il Beato Tommaso è cresciuto in questa terra. Già qui il suo cuore era pieno del fuoco d’amore verso Dio e i fratelli che l’ha accompagnato in tante terre. Seguendo il suo esempio, anche noi siamo chiamati alla santificazione personale, che non è un impegno lontano o impossibile». Sono le parole di monsignor Serafino Spreafico, vescovo Cappuccino emerito di Grajaù in Brasile, che domenica 3 maggio, nella chiesa parrocchiale di Olera (frazione del Comune di Alzano, in provincia di Bergamo) ha presieduto una concelebrazione eucaristica nella vigilia della festa liturgica (4 maggio) del Beato Tommaso da Olera.

Il servizio che proponiamo è stato pubblicato da L’Eco di Bergamo a firma di Carmelo Epis. Fra i concelebranti c’erano padre Sergio Pesenti, ministro provinciale della Provincia di Lombardia dei Cappuccini; padre Rodolfo Saltarin, vicepostulatore della causa di beatificazione del Cappuccino di Olera; don Tarcisio Cornolti, collaboratore pastorale della parrocchia, che ha salutato il vescovo Spreafico, ricordando come il Beato di Olera sia stato «un tralcio meraviglioso della vallata». Tra i presenti anche Donano Bendotti, già sindaco di Alzano Lombardo, membro del Centro studi Fra Tommaso da Olera. Tommaso da Acerbis, il mistico illetterato, «l’idiot savant» (l’idiota sapiente) come è stato definito, era infatti un umile pastorello nato a Olera nel 1563. Entra nell’Ordine dei Cappuccini, dove impara a leggere e scrivere sommariamente ed emette la professione come fratello laico, facendo i lavori più umili e diventando questuante e predicatore in varie città del Triveneto e del Tirolo. La sua fama si diffonde, tanto da essere richiesto come padre spirituale e consigliere del vescovo di Trento, dell’arciduca del Tirolo e dell’imperatore austriaco. Nonostante la scarsa alfabetizzazione scrive lettere e manoscritti devoti, pubblicati postumi, fra cui «Fuoco d’amore», «Selva di perfezione», «Scala di perfezione». Muore a lnnsbruck il 3 maggio 1631 in concetto di santità. Il 10 maggio del 2012 viene riconosciuta la guarigione, scientificamente inspiegabile, avvenuta nel 1906, di Bartolomeo Valerio di Thiene (Vicenza), colpito da ileotifo complicato da pneumonite ipostatica destra, con il respiro diventato rantolo. I familiari avevano messo sotto il suo cuscino un’immagine di Fra Tommaso. La Messa di beatificazione si tiene nel duomo di Bergamo il 21 settembre 2013.

La statua di Fra Tommaso da Olera vicino alla chiesa della Clementina a Bergamo

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A NNIV ER S AR I

IL CAMMINO DELLA CARITAS: 40 ANNI DENSI DI VANGELO Messa del vescovo di Bergamo per la ricorrenza. Ha detto: «Una storia da rinnovare»

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l vescovo Francesco Beschi, di ritorno dal viaggio in Armenia, ha presieduto lo scorso 18 aprile, nella chiesa parrocchiale di Redona, quartiere alla periferia di Bergamo, la concelebrazione eucaristica per i 40 anni della Caritas. Su tale evento riproponiamo un articolo pubblicato da L’Eco di Bergamo a firma di Monica Gherardi. Accanto a Beschi c’era il vescovo emerito di Lodi monsignor Giuseppe Merisi, già presidente nazionale della Caritas italiana, e monsignor Vittorio Nozza, direttore nazionale fino al 2012 e ora presidente della Caritas diocesana. «Questi quarant’anni – ha detto il vescovo nell’omelia – rappresentano una storia intensa, densa di pagine di Vangelo. In questa occasione non siamo qui per compiacerci di questo anniversario, non per celebrarlo con enfasi, ma per non dimenticare la storia di tante persone, storia che si impone come appello etico e ci chiede di continuarla e rinnovarla». «Papa Francesco – ha aggiunto nella sua riflessione – ci invita ad uscire, nel servizio verso i poveri, superando anche forme, strutture e servizi consolidati. E’ importante mantenere, ma più importante è camminare oltre, per raggiungere le frontiere che non sempre sono segno di divisione, ma luogo nel quale ci si incontra». Monsignor Beschi ha quindi suggerito alcune tracce che possono continuare a segnare il cammino di Caritas. «Occorre l’intelligenza della carità. E’ il modo di comprendere il mondo e la storia a partire dal principio generativo che viene dal Vangelo, in cui la carità è promozione e non solo assistenza». Ha sottolineato poi l’importanza della soggettività dei poveri. «La persona, nel suo bisogno, non sia solo destinataria, ma protagonista della sua promozione. Chi opera all’interno della Caritas ogni

L’immagine di una missione della Caritas in Giordania

giorno è sul fronte e può mettere un impegno ancora maggiore in questa direzione». Un accenno quindi alla dimensione educativa che appartiene alle stesse origini della Caritas. «La carità sia vissuta non solo come organizzazione, ma sia espressione di una mentalità. E’ necessaria non solo un’educazione alla carità, ma che parte dalla carità. Quello che fate sia sempre più generativo». A tutti i presenti, rappresentanti di tante comunità parrocchiali, il vescovo ha espresso profonda riconoscenza. «Caritas – ha concluso – è una lunga storia di cui non ci inorgogliamo, ma per la quale benediciamo il Signore». Al termine della celebrazione il vescovo ha consegnato in dono una croce a due sacerdoti che festeggiano i 50 anni di ordinazione sacerdotale e che hanno vissuto nel servizio e nella vicinanza ai bisognosi: don Adriano Peracchi e don Biagio Ferrari. A loro monsignor Beschi ha rinnovato il grazie per il cammino di condivisione di questi anni. 23


INIZIATIV E

IL CONCLAVE ORA È SUL TABLET COL GIOCO MADE IN BERGAMO E’ stato progettato da quattro neolaureati. Il Papa più votato risulta Giovanni XXIII Amare Papa Giovanni è un sentimento che può essere espresso in molti modi. Per lo più ci si rivolge a lui pregando, andando a visitare la sua terra natale di Sotto il Monte e indugiando nei luoghi che mantengono vivo il ricordo del Papa bergamasco. Poi ci sono i fiori, i santini e le pubblicazioni che raccontano quale straordinaria impronta ha lasciato nella Chiesa e nella gente in soli cinque anni di pontificato. Ma ci sono anche altri modi per esprimere la propria devozione. Uno singolare, ma non meno efficace, è quello di proporlo in maniera più diretta ai giovani usando il loro linguaggio e taluni mezzi tecnologici con l’obiettivo di mettere in rilievo quanto Roncalli ha fatto davanti agli occhi di coloro che all’epoca non erano ancora nati. Come? Ad esempio utilizzando un gioco elettronico centrato sui Papi dei secoli scorsi e quelli di ultima generazione. Un gioco che, divertendo

chi lo fa, crea un sano connubio tra fede e storia. Non si tratta di un’ipotesi immaginaria, ma di pura realtà. Lo scorso 11 maggio, sulle pagine del quotidiano L’Eco di Bergamo, il giornalista Fabio Conti ha raccontato cosa hanno realizzato quattro giovani bergamaschi appassionati di tecnologia e desiderosi di lasciare un segno d’affetto nei confronti del «loro» Pontefice. Questo l’articolo in questione.

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l Papa più votato, al momento, è Giovanni XXIII. Ed è questo l’aspetto che maggiormente inorgoglisce gli inventori di un gioco per tablet che, in poche settimane, partendo da un budget davvero minimo (la società è stata fondata con 10 simbolici euro) ha scalato le classifiche dell’Apple Store (ma è anche disponibile per Android), fino a piazzarsi al primo posto nelle classifiche dei giochi di strategia e giochi da tavolo. Il perché è molto semplice. Il gruppo di appassionati di informatica che ha realizzato «Conclave: the boardgame» è infatti formato esclusivamente da bergamaschi. E sono tutti giovani, che hanno deciso di coniugare storia, attualità e nuove tecnologie per creare un gioco virtuale che ha il duplice obiettivo di divertire e far meglio conoscere i Papi, soprattutto del passato, senza dimenticare gli attuali. Gli autori, riuniti nella «Digital board games», sono già stati contattati anche da società straniere che vorrebbero valorizzare il gioco. «E ci hanno chiamato anche le principali case produttrici di giochi in scatola – spiegano i quattro – che vorrebUna schermata del gioco elettronico tratta da L’Eco di Bergamo bero realizzare una versione in scatola 24


in iziative

e ci hanno chiesto i diritti». Come detto, tra i Papi storici il primato della scelta dei giocatori dell’applicazione spetta al «nostro» Angelo Roncalli. Seguito da Giovanni Paolo II e da Pio XII. Al quarto e quinto posto di questa particolare «classifica», se così si può definire, ci sono invece Innocenzo III e Bonifacio VIII. «Il fatto che Papa Francesco e Benedetto XVI siano fuori da questa cinquina di preferenze – sottolineano ancora gli autori del gioco – non ce lo siamo ancora spiegato: probabilmente incide il fatto che si tratta di un gioco storico e che il fascino della storia della Chiesa spinge quindi i giocatori ad andare più indietro Roncalli visto da Bruno Dolif nella copertina del giornalino «Vita di Papa Giovanni XXIII» possibile nel tempo». Visto il successo conseguito in Italia, il gioco è già stato tradotto in inglese e ora è disponibile (a 3,99 euro, mo stati catapultati al primo posto delle categorie dopo un primo periodo in promozione a 89 centedi riferimento, ma siamo tra i primi posti anche tra simi) in tutto il mondo. Il gioco è molto semplice: tutte le app». si entra nella Cappella Sistina e si elegge il Papa, Una sfida, dunque, fatta con pochi soldi, anche ai considerando però tutti i Papi della storia della colossi statunitensi ed europei: «Sono loro ad avere Chiesa. in mano il quasi monopolio dei boardgames – agLe quattro menti del progetto sono giovani neogiungono – e difficilmente iniziative del genere si fanno in Italia. Il budget è francamente ridicolo, laureati e tutti residenti nella provincia orobica: ma i risultati sono al pari di tanti giochi finanziati Fabio Butti, ingegnere informatico di Grassobbio, con chissà quanti soldi. Al denaro abbiamo sostituRiccardo Tribbia, ingegnere informatico di Villa di ito la nostra creatività e la voglia di fare». Vendere Serio, Filippo Curzi, illustratore di Bergamo, e Facosì tanto non era tra l’altro nelle intenzioni iniziali bio Zucchinali, di Osio Sotto. «L’intento della sodegli autori. «Indipendentemente dalle classifiche – cietà, costituita appunto con capitale sociale di soli concludono – la società vuole porsi come un polo di 10 euro – spiegano – è stato quello di essere tra i attrazione, di studio e soprattutto di sperimentazioprimi in Italia a entrare in una tra le più promettenne su questi mondi che stanno ormai soppiantando ti nicchie di mercato del settore dei video-giochi, quelli tradizionali dei giochi in scatola e dei giochi quella dei nuovi giochi da tavolo per iPad. Tenendo di società su carta, anch’essi basati su interazione, conto che il gioco è uscito a settembre, la scalata ragionamento e socialità». alle classifiche ci sta dando ragione. Non solo sia25


ATTIVITÀ

UN ESERCITO DI VOLONTARI NEGLI ORATORI BERGAMASCHI Il territorio offre un quadro superiore alla media per qualità e quantità delle strutture

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a diocesi di Bergamo, terza per dimensioni dopo l’Arcidiocesi di Milano e quella di Brescia, presenta una situazione oratoriale più robusta e articolata della media, per la qualità e la quantità delle strutture. Su tale argomento proponiamo un accurato servizio a firma di Monica Gherardi pubblicato a marzo su L’Eco di Bergamo. L’articolo così inizia. Parlare del mondo degli oratori significa per la terra natale di Angelo Roncalli, ovvero la Bergamasca, toccare qualcosa che è parte integrante della vita delle comunità. E quanto l’oratorio sia radicato profondamente nel territorio lo rivelano i risultati di una ricerca condotta nel 2014 da Ipsos Italia negli oratori bergamaschi. Quanto emerso viene oggi restituito all’interno di una ricca pubblicazione dal titolo «L’oratorio oggi. Ricerca quantitativa e qualitativa sugli oratori nella diocesi diBergamo». Nel convegno diocesano di pastorale giovanile tenutosi ieri mattina (28 marzo) al cineteatro Qoelet del quartiere Redona, con la presenza del vescovo Francesco Beschi, Nando Pagnoncelli, di Ipsos Italia, ha presentato in sintesi alcuni dati emersi dalla

ricerca, in cui la realtà bergamasca viene dapprima raffrontata con i dati delle altre diocesi lombarde e analizzata poi al suo interno per svelarne il volto. Per la raccolta dei dati sono stati distribuiti specifici questionari. L’iniziativa «Contiamoci e conosciamoci» ha avuto la risposta totale dei 271 oratori della diocesi. Questo permette di avere un lavoro di lettura ricco e aderente alla realtà. La diocesi di Bergamo, terza per dimensioni dopo l’Arcidiocesi di Milano e la diocesi di Brescia, presenta una situazione oratoriale più robusta e articolata della media, per la qualità e la quantità delle strutture, per la varietà e la ricchezza delle attività proposte, per il numero di presenze di bambini e ragazzi, per la forza del volontariato e per i passi importanti di apertura e collaborazione con il territorio, in modo specifico in questi ultimi tempi sui temi dell’integrazione. Ricchezza che nasconde però anche la scarsa abitudine a redigere e aggiornare un progetto educativo complessivo dell’oratorio. Solo il 23% degli oratori dichiara di averlo elaborato. La sfida dell’educazione Al convegno dal titolo «L’oratorio oggi... pane quotidiano!» erano presenti centinaia di persone, impegnate in modo diverso nella vita degli oratori. Durante la mattinata, in tre gruppi diversi, hanno seguito gli approfondimenti sul tema proposti da tre esperti. Ivo Lizzola, docente di Pedagogia dell’Università di Bergamo, ha messo in luce i punti di forza degli oratori bergamaschi; Johnny Dotti, pedagogista, ha proposto un percorso metodologico, con esperienze che possono essere fatte emergere; don Paolo Carrara, docente di Teologia pastorale, ha offerto alcuni spunti su questo tema, sottolineando come diventi oggi pressante la necessità della formazione negli oratori di un’équipe educativa che riesca a far convergere le tante attività

Ragazzi su un campetto di calcio

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attività

in uno sguardo che non perda di vista la vocazione primaria dell’educazione alla vita cristiana. Molti i temi aperti durante la mattinata e tante le domande e le questioni che ogni oratorio si trova ad affrontare. La stessa pubblicazione propone domande e invita gli oratori a un dialogo e a un confronto a partire da una realtà oggettiva per entrare poi in quella che è ogni giorno, negli oratori, una storia di relazione e di incontro e da qui costruire un pensiero per una riflessione pastorale approfondita. E quella dell’accoglienza «La ricerca – ha detto don Emanuele Poletti, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’Età evolutiva – presenta ricchezze e debolezze dei nostri oratori. Da qui possiamo ripartire cogliendo l’importanza di alcune questioni educative, guardando al futuro con nuove attenzioni di metodo e valorizzando adeguatamente l’esistente. Narrazione, progettazione e condivisione sono le strade oggi necessarie». Il vescovo nel suo intervento a conclusione del convegno ha disegnato l’immagine dell’oratorio come «un mondo in cui sperimentare la possibilità concreta di un mondo migliore. Il suo compito è quello di consegnarci al mondo perché lo possiamo trasformare in un sogno come lo rappresenta il Vangelo». E’ poi seguito l’invito a vivere lo spirito della gratuità e la misericordia che «è quell’amore capace di affondarsi nella miseria, così come è sempre stato l’oratorio». Oratorio significa anche accoglienza e monsignor Beschi lo ha disegnato come casa, come piazza e come frontiera. «E’ luogo di grandi orizzonti di libertà, di creatività e di solidarietà. E’ luogo capace di alimentare la speranza. Nasce come segno d’amore e deve continuamente educare all’amore».

Giovanissimi mentre giocano in un oratorio

Gli oratori di Bergamo, rispetto ai dati complessivi della Lombardia, mostrano non poche eccellenze nelle strutture e nelle proposte. Sono poco meno di 30 mila i volontari laici su cui può contare la diocesi di Bergamo, che rappresentano il 15% dei volontari impegnati negli oratori lombardi. L’oratorio è riconosciuto come uno dei principali luoghi di aggregazione per l’infanzia e spesso unico luogo e si attesta come uno di quelli più frequentati. Sport, formazione spirituale, aggregazione e ricreazione caratterizzano la vita dell’oratorio. Lo sguardo che gli oratori hanno sul territorio permette di guardare anche alla situazione spesso difficoltosa di tanti giovani. Profonda sensibilità viene evidenziata verso alcuni problemi che affliggono i giovani della diocesi, prime fra tutte le problematiche familiari, la disoccupazione e le dipendenze.

Luoghi di aggregazione In una classifica virtuale sulla distribuzione territoriale degli oratori, la diocesi di Bergamo nel panorama lombardo si colloca nella parte alta L’oratorio è presente come struttura nel 75% delle parrocchie, ma va tenuto in considerazione l’alto numero di piccole parrocchie che non hanno un oratorio sul loro territorio, ma che beneficiano della presenza di altre strutture per attività interparrocchiali o vicariali.

Un cerchio umano creato da adolescenti

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ATTIVITÀ

TANTI I PROGETTI MISSIONARI CHE ATTRAVERSANO IL MONDO Il bilancio 2014 della diocesi di Bergamo che ha sostenuto ovunque opere e persone

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na bella notizia contrassegna la terra natia di Papa Giovanni. Stiamo parlando di numeri importanti che caratterizzano il totale dei progetti missionari finanziati dalla diocesi di Bergamo attraverso il Centro missionario diocesano (Cmd). Su tale argomento proponiamo un ampio servizio apparso all’inizio di aprile su L’Eco di Bergamo a firma di Monica Gherardi. Si tratta di più di un milione e 600 mila euro che nello scorso anno sono stati distribuiti in diversi settori, raggiungendo tante terre del mondo e soprattutto tanti uomini e donne. Quello tra Bergamo e il mondo è un ponte che ogni anno si irrobustisce e racconta di una generosità che non si esaurisce. Del totale, 800 mila euro sonò stati destinati a diversi progetti nel mondo attraverso missionari bergamaschi o congregazioni religiose. Gli interventi sono per lo più di carattere pastorale, sanitario, culturale,

aggregativo e strutturale. A volte si tratta di progetti che si sviluppano in più anni oppure sono contributi straordinari o di sostegno a situazioni di emergenza. Dalla diocesi bergamasca si raggiungono in questo modo i diversi continenti per rispondere ai bisogni. A volte si tratta di soddisfare necessità primarie, in altri casi di supportare la crescita culturale ed educativa, in altri ancora di favorire un’assistenza sanitaria adeguata. Più dl 50 progetti Sono più di cinquanta i progetti sostenuti, secondo le necessità: dalla diocesi di Bergamo è giunto quanto necessario, per esempio, ad un Centro giovanile in Brasile, ad una scuola materna in Kenya, alle scuole cristiane in Terra Santa, ad un ospedale nel Sud Sudan e scorrendo via via i progetti si attraversa il mondo, si allunga lo sguardo e si allarga il cuore. In alcune zone servono strutture, chiese nelle aree più isolate o edifici vecchi richiedono manutenzione. Tanti sono gli interventi nel settore dell’istruzione per scuole e asili. Una cifra importante è andata a sostenere le attività pastorali delle missioni che comprendono la catechesi, le opere caritative, i laboratori artigianali, il sostegno alle comunità rurali. Anche formazione e cultura diventano fondamentali in alcune zone per la nascita di biblioteche o per la formazione permanente di chi si mette al servizio degli altri. Non mancano i progetti nel settore sanitario per interventi sulle strutture ospedaliere, per gli ambulatori, i medicinali, i macchinari e le strumentazioni. Sul totale, alle missioni diocesane in Bolivia, Costa d’Avorio e a Cuba sono stati destinati più di 430 mila euro complessivi. «Il bilancio – spiega don Giambattista Boffi, direttore del Cmd – racconta volti, persone e proposte. Dietro ad ogni cifra devoluta c’è una storia. Guardando a questi numeri, pensiamo certamente alle realizzazioni concrete che sono state

Il direttore del Cmd don Giambattista Boffi

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ricorren ze

rese possibili, ma riconosciamo anzitutto volti, sacrifici e impegno di tanti». Tuttavia le cifre del Centro missionario diocesano non raccontano la totalità della generosità bergamasca: esistono altri canali, come quelli degli Istituti religiosi o delle associazioni, molto numerose, che si occupano di alcuni progetti specifici in tante parti del mondo. «La crisi che attraversa anche il nostro territorio – aggiunge don Boffi – non sembra aver fatto diminuire la solidarietà. Anche quest’anno vediamo confermata e aumentata un’attenzione grande verso la realtà missionaria. La nostra terra nel Novecento ha visto partire tanti sacerdoti, consacrati e laici verso luoghi lontani e le comunità si sono prese a cuore non solo la vita dei “loro” missionari, ma l’esistenza, i bisogni e i sogni di coloro che i missionari tengono nel cuore. In tanti continuano a contribuire a questa storia di vicinanza anche a chi è lontano e a tutti, a chiusura dell’anno 2014, viene indirizzato un profondo grazie».

zione di povertà. Nel Centro si incontrano oggi donne di varie etnie, molte provenienti da famiglie povere. «Grazie a questa attività – spiega suor Gianfranca – ricevono mensilmente un salario e hanno la possibilità di migliorare la loro condizione economica». Mentre le mamme lavorano, con grandi abilità di cucito e di ricamo, i loro bambini frequentano la scuola. Durante l’anno le donne hanno la possibilità anche di partecipare a corsi sulla formazione umana e cristiana. Suor Gianfranca dirige il Centro con instancabile passione e preziosi sono gli aiuti giunti dalla sua terra d’origine. Sostegno a distanza Da diversi anni la bergamasca Gisella Aschedamini, premiata lo scorso anno dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta come «Donna dell’anno 2104», sostiene le donne di Bonpara. «Grazie alla sua collaborazione e al sostegno di tanti amici – aggiunge suor Gianfranca – il Centro di ricamo si è rinnovato nella sua struttura e le donne hanno avuto la possibilità di migliorare la loro delicata arte». L’impegno missionario di suor Gianfranca assume ancora più valore nei villaggi isolati che sorgono attorno a Bonpara; in questi luoghi la povertà e la mancanza di lavoro mettono a dura prova le famiglie, senza risparmiare i bambini e gli anziani. «Dal Bangladesh – conclude suor Gianfranca Foiadelli – voglio ringraziare di cuore le tante persone che continuano con generosità a sostenere il progetto del Centro a favore delle donne bengalesi».

In Bangladesh In Bangladesh, ad esempio, c’è un pezzo di Bergamo, un pezzo di cuore orobico che batte con regolarità e passione. In verità sono tanti cuori: quelli dei missionari che pongono ogni giorno la propria vita accanto a quella degli ultimi nel Paese asiatico, ma anche quelli dei tanti bergamaschi che a distanza, dalla nostra terra, fanno in modo che quei piccoli e grandi sogni che fioriscono là in terra asiatica possano essere resi possibili. Suor Gianfranca Nella parrocchia di Bonpara vive suor Gianfranca Foiadelli, missionaria bergamasca dell’Immacolata. E’ in Bangladesh da diciotto anni e collabora con padre Dino Giacominelli, di origini mantovane. Le donne sono al centro del progetto che suor Gianfranca porta avanti con passione. Grazie al sostegno dei bergamaschi e all’impegno fedele della suora nella missione di Bonpara, nella diocesi di Rajshahi è nato un Centro di ricamo dove lavorano cinquanta donne. A partire dagli anni Settanta, dopo la Guerra d’indipendenza, alle donne, attraverso questo progetto, venne offerta la possibilità di migliorare la loro condi-

Suore accanto a un gruppo di bambini

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ASSOCIAZIONE AMICI

DI PAPA GIOVANNI XXIII

Scopo principale di questo organismo è quello di promuovere, di mantenere ed amplificare il messaggio di Papa Giovanni XXIII che racchiude una forte attualità così come rappresenta per l’intera umanità un progetto di costruttore all’insegna dell’amore e della pace. I soci fondatori del Comitato sono: Mons. Gianni Carzaniga in qualità di rappresentante delegato del vescovo di Bergamo, Monsignor Marino Bertocchi parroco di Sotto il Monte, padre Antonino Tagliabue curatore della pinacoteca Giovanni XXIII di Baccanello, suor Gervasia Asioli assistente volontaria nelle carceri, padre Vittorino Joannes al servizio del personale di Angelo Roncalli Nunzio Apostolico a Parigi. A sostegno delle iniziative dell’Associazione, informiamo i nostri lettori, devoti di papa Giovanni XXIII, della possibilità di aderire al suffragio tramite le sante messe che l’Associazione fa celebrare per i suoi sostenitori

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Per la celebrazione di una Santa Messa per i tuoi cari, vivi o defunti, inviare la richiesta e i dati all’Associazione Amici di Papa Giovanni. L’offerta è subordinata alla possibilità del richiedente.

Il “perpetuo suffragio” è un’opera che si propone di dare un aiuto spirituale ai defunti, di stabilire un legame di preghiera fra l’Associazione Amici di Papa Giovanni XXIII e i fedeli del papa della Bontà e di dare anche un aiuto materiale per promuovere le iniziative dell’Associazione. Il “perpetuo suffragio” consiste in Sante messe, che l’Associazione fa celebrare per i suoi sostenitori. Si iscrivono i defunti o anche i viventi, a proprio vantaggio in vita e in morte. L’iscrizione può essere per un anno o in “perpetuo”.

ACCENDI UN CERO L’Associazione si incarica di accendere un cero a Papa Giovanni XXIII su richiesta dei lettori. Per questo servizio si richiede una simbolica offerta libera che verrà utilizzata interamente per le azioni benefiche sostenute dall’Associazione.

Una Santa messa viene celebrata ogni mese per gli iscritti al suffragio annuale o perpetuo

ASSOCIAZIONE AMICI DI PAPA GIOVANNI XXIII Le offerte vanno indirizzate sul C.C.P. 16466245 Amici di Papa Giovanni Via Madonna della Neve, 26 - 24121 Bergamo specificando la destinazione Bergamo Via Madonna della Neve, 24 - tel. 0353591011 - fax 035271021 www.amicidipapagiovanni.it e.mail: info@amicidipapagiovanni.it

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