Città dei Mille Aprile Maggio 2011

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APRILE / MAGGIO 2011

DOTT.SSA ROSA SAVOLDI

E ora... Sorridi !!! In solo 24 h

Anno 14 - N째2 Aprile / Maggio 2011 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00


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Edito riale

Editoriale

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uovo abito su misura per Città dei Mille, indossato a ridosso dei festeggiamenti per il 150° dell’Unità d’Italia. Una veste grafica più pulita e leggibile per mettere sempre più al centro dell’attenzione articoli e fotografie. Crediamo che vi piacerà. Sul piano della cadenza degli argomenti nessuna novità. La corposa parte centrale della rivista resta dedicata ai personaggi che fanno grande il territorio. Ecco dunque le figure di Tito Lombardini, patron della società leader nella grande distribuzione, e del professor Lorenzo Novellino, punto di riferimento nazionale e internazionale nella chirurgia laparoscopica; in prima mondiale ha eseguito la timectomia massimale per via cervicotomica; è il chirurgo di riferimento della miastenia gravis all’Istituto Besta di Milano; ha insegnato a Roma, Milano, Strasburgo, Bergamo, Catania, Napoli. A pochi giorni dalla festa della donna abbiamo incontrato il vicequestore aggiunto Mirella Pontiggia, comandante della polizia stradale di Bergamo cresciuta a Longuelo e orgogliosa di operare per il bene della sua città. Sul lato artistico abbiamo dato voce ai Verdena, gruppo rock di Albino che ha conquistato le classifiche con “Wow”, salutato come capolavoro anche dai critici musicali più agguerriti. La cover story è appannaggio di Rosa Savoldi, medico chirurgo specialista in odontostomatologia. Completano il magazine reportage vippaioli all’insegna del chi c’era, preview culturali e iniziative imprenditoriali meritevoli di menzione. Tra queste ultime ricordiamo il restyling dello storico Pozzo Bianco di Città Alta, ora decisamente più provocante. Buona lettura!

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di Claudio Gualdi


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La mia

rubrica

Carrie e le altre

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arrie, Miranda, Charlotte e Samantha: cugine cresciute di Barbie. Eleganti, spigliate, single sessualmente attive frequentano dall’alto dei loro tacchi bar lussuosi, ristoranti scintillanti sullo sfondo di una Manhattan che faticosamente cerca di cancellare ogni ricordo funesto. Mi sto riferendo alle protagoniste di Sex and the City una serie televisiva statunitense che ha avuto una vasta eco internazionale ed è approdata anche nei nostri schermi televisivi e cinematografici riscuotendo un notevole successo. Ma non tanto loro ci interessano, né il loro impatto mediatico, quanto il bisogno che incarnano, legato ad una nuova immagine di femminilità. Donne emancipate, single alla ricerca di incontri ma ben attente a mantenere la loro autonomia, portatrici di una visione della vita edonista, motivate a conquistare visibilità. Insomma distanti dal modello di donna italiana, quale la tradizione ci ha consegnato. Insomma poco casalinghe, con mani curate, dalle unghie rosse, poco adatte a fare le tagliatelle o a soffiare il naso dei bambini. Immagini patinate di oltreoceano che pure incontrano successo anche da noi. Ma solo nell’immaginario? Solo come astratta alternativa ad una immagine di femminilità che nella realtà risulta immutata? Siamo proprio sicuri che anche qui da noi, anche in Italia, anche nella nostra Bergamo, il nuovo non stia avanzando? E che qui vicino non stia crescendo una nuova tipologia femminile, più simile a Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha che alla quella “sciura Maria” della porta accanto, con le pantofole, che pure ci rassicura nella sua prevedibilità? Nel prossimo numero tenteremo qualche risposta.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

Vale

La parola Carnevale secondo qualcuno deriverebbe da Carnem vale oppure carnem levanem, cioè addio alla carne o togliere la carne. Si alluderebbe così al tempo che precede il digiuno della Quaresima. Ma oggi il significato della festa sta più nella nostra ricerca di un eccesso che compensi il grigiore quotidiano

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arver, grande scrittore americano, diceva che «…le parole sono tutto quello che abbiamo e che dunque dobbiamo fare in modo che siano quelle giuste». Il che avvia almeno due considerazioni: la prima legata alla sconsolata presa di coscienza della inconsapevolezza con cui maneggiamo solitamente le parole. La seconda, più produttiva, ci provoca a partire dalle parole e a riguardarle. E dunque seguiremo il consiglio (è sempre interessante seguire gli artisti…) e proveremo a partire dalle parole che definiscono il tema di questa scrittura: festa di Carnevale. La parola festa nel nostro vissuto quotidiano richiama alcuni eventi: il compleanno, il battesimo, il matrimonio, la laurea, il Natale che si caratterizzano,

come minimo per un dato in comune: non si lavora. Niente negotium direbbero gli antichi, ma finalmente ozio, diciamo noi. Tempo del mangiare, del vestito comprato per l’occasione, della condivisione con gli altri. Ma festa è anche quella che i tifosi preparano alla loro squadra del cuore quando vince oppure anche un concerto rock lo é: qui ci immettiamo in una accezione più corale, pubblica, condivisa dell’evento. E il fatto che scarseggino esempi collettivi fa sorgere il sospetto che sia difficile, oggi, incontrare la festa fuori da una dimensione privata. Eppure non è sempre stato così: seguendo la storia della parola “festa”, la troviamo accostata a termini religiosi, inerenti il sacrum, cioè il “separato da”. Il dies festus era separato da quello delle

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Testo: Emanuela Lanfranco


feriae: le feste del passato si associavano a significati religiosi o venivano legati a rituali di natura agricola come ad esempio la mietitura di un ricco raccolto o l’arrivo della primavera, stagione di fertilità, proprio in quanto creavano un tempo separato e differente dal quotidiano. Il che era possibile solo in un piano collettivo… E anche nella cultura cristiana la domenica è il giorno di festa dedicato al Signore: Dio stesso sospese la creazione e si riposò e così l’uomo sospende la quotidianità per instaurare un tempo ritualmente dedicato al sacro. Ma questo significato per esistere ha bisogno di una dimensione comune, condivisa. Cosa è rimasto di tutto questo, in un tempo che ha mescolato tutto? Dove, tranne l’astensione dal lavoro, niente più è condiviso e il massimo del “comunitario” (ed è già molto!) è la cerchia familiare? Dove a farla da padrone sono i bisogni dell’individuo che da solo fa fatica a creare feste abbastanza “sacre”, abbastanza ancorate a un sistema di valori e di credenze di una intera collettività? Ecco allora la fatica di far sopravvivere la festa a meno che non la si riduca accontentarsi sul piano del privato o su quello di una sopravvivenza del passato che va avanti solo perché non si ha il coraggio di dirci che non significa più niente. Il che ci porta al Carnevale. Parola che secondo qualcuno deriverebbe da Carnem vale oppure carnem levanem cioè addio alla carne o togliere la carne. Si alluderebbe così al tempo che precede il digiuno della Quaresima. Un’altra strada (perché le parole hanno cammini non sempre facili da ricostruire) la vedrebbe associata a carnualia, giochi che si facevano saltando gli otri. Tempo di gioco che precede il tempo della rinuncia, potremmo dire, facendo confluire queste due strade di interpretazione. Anche qui, dunque, la festa avviene per differenza da un tempo altro, per sottolineatura di una eccezionalità. E allora ben si capisce che nel tempo del Carnevale, anticamente

e fino al Seicento, la città veniva messa sottosopra e si instaurava il Mondo alla rovescia, in cui a farla da padroni erano i servi, gli oppressi, e dove il re era il Re dei Folli, come nel Carnevale medievale, a Parigi. Capovolgimento che era solo aprire per un po’ la valvola di sfogo di una pentola a pressione peraltro ermeticamente chiusa per tutto il resto dell’anno. Una sapiente concessione di comportamenti eversivi, altrimenti condannati, atta però a contenere i rischi di ben più serie ribellioni. E oggi? In tempi di carne garantita, in cui se ci si leva il cibo, nel nostro Occidente, lo si fa per motivi di dieta che senso ha carnem levare? Insomma l’eccesso che senso ha in un clima che lo permette quotidianamente. Dove sta l’eccezionalità?

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Forse solo nel nostro desiderio di eccezionalità, nella nostra ricerca di un eccesso che compensi il grigiore quotidiano, l’ordine costituito che ormai ha dall’interno disinnescato la festa, rendendola quotidiana e quindi, per definizione, non festiva. Forse il carnevale sta solo nell’ingenua gioia dei bambini che dietro la maschera rivivono l’antico gioco del travestimento, dell’abbandono dei propri panni per entrare in quelli di un altro, per toccare qualcosa di più grande e di più forte: la fusione con il gruppo. O per provare a vedere di nuovo il proprio corpo capace di canto, di danza, di allegria anche scomposta. E questo basterebbe già. Ma la festa, non illudiamoci, quella, se ne è andata da un’altra parte. Vale, antica parola che i latini usavano per dire addio.


Sommario Città dei Mille - anno 14 n. 2 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001

Editoriale La mia rubrica L’approfondimento

Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. www.ediberg.it Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti Progetto e grafica: Fabio Toschi

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E ora... Sorridi!

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cover story

Coppa europea di sci alpino Università, anno accademico al via Tricolore e dialetto per Napolitano Pooh, tutto esaurito al Creberg Teatro Accademia della Cucina: nuovo Delegato Laurea Orio Kube, turismo interattivo 20° convegno dei cavalieri dell’Unci Passat, settima generazione

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vip & news

Speciale shopping

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shopping

Tito Lobardini Lorenzo Novellino Una donna al comando WOW, sole sui Verdena

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interviste

Pozzo Bianco: Un po’ di New York in Città Alta Casa dei Sogni C.E.A., quando l’auto si fà bella

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E ora… sorridi!

Funzionalità ed estetica dentale in solo 24h

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ostra tutto lo splendore del tuo sorriso… Non è la solita frase rivolta a chi si mette in posa per una foto, ma una promessa concreta che si realizza in sole 24 ore, grazie a una nuova tecnica odontoiatrica che sta riscuotendo notevoli consensi. A proporla è la Dott.ssa Rosa Savoldi, medico chirurgo specialista in odontostomatologia, nello studio di via Sant’Orsola 9, all’interno della piazzetta. «La nuova tecnica - illustra la dottoressa - consiste nel riabilitare in 24 ore un portatore di protesi totale attraverso l’installazione di quattro impianti posizionati in maniera specifica. La procedura, poco invasiva e assolutamente indolore, permette al paziente di essere riabilitato nella funzione masticatoria e con un’estetica d’eccellenza la sera stessa, se l’intervento

avviene al mattino, o al più tardi il giorno dopo». Questa tecnica, nata 15 anni fa in Portogallo, si è rivelata particolarmente efficace in quelle persone con un volume osseo molto ridotto, che non permetteva alternative. Anatomicamente parlando è comunque alla portata di tutti e permette al paziente, già il giorno dopo, di poter liberamente masticare. La Dott.ssa Rosa Savoldi dopo aver conseguito la laurea in Medicina e chirurgia agli inizi degli anni Novanta, si è specializzata in odontostomatologia. Svolge la sua attività da circa quindici anni e da un paio ha deciso di adottare la nuova tecnica riscuotendo un grosso successo. Proprio grazie a questo tipo di intervento è anche aumentato il numero di persone che si rivolgono a lei.

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Testo: Francesco Lamberini Foto: Fabio Toschi


«L’intervento - precisa Rosa Savoldi - non ripristina solo la funzionalità della bocca ma anche l’estetica, perché il rapporto tra la mandibola e la mascella, detto anche dimensione verticale, se ottimizzata, permette al paziente di riavere un profilo simile a quando era giovane. Dei vantaggi, infine, sono riscontrati anche nella fonetica. Il tutto è definito nel pieno rispetto dell’anatomia del paziente, in quanto niente viene alterato. Si tratta di una soluzione che dal punto di vista economico comporta un certo impegno ma non risulta proibitiva e permette di ottenere una riabilitazione definitiva perché l’intervento è radicale e di lunga durata. Non dimentichiamo, inoltre, che le persone con protesi mobili hanno spesso dei problemi psicologici. Tale tecnica viene utilizzata non solo per i portatori di protesi, ma anche per quei giovani paradontopatici o affetti da piorrea. In una seduta si procede alla cosiddetta bonifica, che consiste nel togliere tutti i denti, si installano gli impianti e il giorno dopo vengono caricati senza costringere il paziente a stare in attesa per dei mesi, o con dei provvisori, prima di vedere il risultato

definitivo. Dal punto di vista dell’immagine, l’intervento permette di cambiare la fisionomia del volto in quanto le rughe si distendono una volta messi gli elementi mancanti; per cui il soggetto ringiovanisce.

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«Le procedure non innovative come lo è questa - dice la dottoressa Savoldi - prevedono un’istallazione provvisoria che dopo qualche mese viene sostituita da una definitiva, cosa che comporta anche oneri economici maggiori. Nel nostro caso, invece, il paziente non deve più tornare, se non per i controlli annuali. Quindi stiamo parlando di una tecnica più veloce, efficace e meno costosa, senza contare tutti gli altri vantaggi che si ottengono dal punto di vista estetico». «Ovviamente nel tempo continuo a frequentare le persone che si rivolgono a me - aggiunge - e le trovo stupite e soddisfatte dei risultati ottenuti. Il paziente quasi non ci crede quando davanti allo specchio si vede con un sorriso nuovo. Tutto ciò è più che giustificato perché per la mia attività faccio riferimento al laboratorio di estetica dentale Smile di Dalmine, dove vengono utilizzati dei denti molto belli e naturali nel manufatto protesico chiamato Toronto avvitata definitiva». «Ogni paziente trattato - dice ancora la dottoressa Savoldi - si mostra così felice dell’intervento cui si è sottoposto da mandare nello studio anche suoi amici. Il passaparola funziona ovunque, anche in questo settore, e il riscontro che ho avuto


fondamentale della loro salute. Se poi riesco a vederli anche soddisfatti e con un bel sorriso vuol dire che ho gestito bene il mio lavoro e la mia funzione di medico è stata bene assolta. Ciò che propongo rappresenta già una soluzione all’avanguardia e per il futuro mi riprometto di riuscire a diffondere sempre più questa tecnica».

finora posso definirlo sicuramente gratificante. Dal punto di vista dell’assortimento delle persone direi che il numero degli uomini e delle donne si equivale, ma recentemente ho notato che si rivolgono a me anche molti pazienti giovani, perché affetti da patologie che ancora non siamo riusciti a sconfiggere» «Nonostante gli impegni familiari conclude Rosa Savoldi - svolgo l’attività a tempo pieno e con passione. Come medico odontoiatra la mia mission è principalmente quella di curare i pazienti e la masticazione rappresenta un aspetto

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I mesi migliori per ottimizzare la remise en beauté per l’arrivo della bella stagione sono marzo, aprile e maggio. Si esce dal letargo invernale generalmente con due o tre kg in più, la pelle ha perso tonicità e compattezza e alcune zone del corpo hanno sviluppato un piccolo surplus di tessuto a buccia d’arancia. Ecco perché è d’obbligo drenare e detossinare, rimineralizzare e rigenerare attraverso sedute di bagni di vapore, bagni d’alghe, fanghi, bendaggi e trattamenti termo attivi che favoriscono la lipolisi, associati ad un po’ di attività fisica. I consigli alimentari del nostro nutrizionista permettono di raggiungere la forma fisica allontanando allo stesso tempo stress e fatica, che sono spesso tra le cause dell’aumento di peso. Prendere coscienza del proprio corpo e delle sue esigenze è di primaria importanza per raggiungere un buon risultato.

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Coppa Europa di Sci Alpino

Un evento dedicato a Fausto Radici, organizzato per il terzo anno consecutivo dallo Sci Club bergamasco Radici Group in collaborazione con la società impianti Monte Pora

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ue giornate all’insegna dello sci professionistico, della passione, dell’agonismo, che hanno portato l’11 e 12 febbraio il grande circo bianco sulle nevi bergamasche. Francia, Germania e Austria le nazioni sul podio in questo Gigante di Coppa Europa al Monte Pora. Primo posto al francese Alexis Pinturault. Seguono, nell’ordine, il tedesco Fritz Dopfer e l’austriaco Christoph Noesig. Due gli atleti italiani tra i primi dieci della classifica: sono Giovanni Borsotti, sesto con un tempo di 2’07.32, e Florian Eisath, ottavo con 2’07.51. Due gli atleti bergamaschi in gara: Nicola Rota e Giordano Magri (Sci Club Radici Group). I primi tre posti per la categoria Junior (Trofeo Yara Italia): Alexis Pinturault, seguito da Vincent Kriechmayer (2’07.23) e, al terzo posto, Justin

Murisier (2’07.31). Due apripista d’eccezione in questa prima giornata di Coppa Europa: Giuliano Razzoli, medaglia d’oro alle olimpiadi di Vancouver 2010, e Patrick Thaler, altro campione italiano di assoluto rilievo. Trionfo italiano con Giuliano Razzoli nello Slalom (Trofeo Percassi Immobiliare – Trofeo Bracco Giovani&Sport) di Coppa Europa al Monte Pora. Il canadese Brad Spence si aggiudica il secondo posto, seguito dallo statunitense Nolan Kasper. Per il Belpaese ci sono poi un undicesimo posto con Patrick Thaler (1’50.78), un diciottesimo posto con Roberto Nani (1’51.58) e, in trentaduesima posizione, Andrea Ballerin (1’53.88). Nella Categoria junior nuova affermazione per il francese Alexis Pinturault.Grande la soddisfazione degli organizzatori dell’evento. «Non potevamo

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A cura di: Emanuela Lanfranco


sperare di avere di meglio - dice Olga Zambaiti Radici, Presidente dello Sci Club Radici Group -, è andato tutto bene. Dal tempo, che in questi due giorni è stato dalla nostra, alle numerose presenze di atleti di prestigio, sino alle ottime condizioni della pista. La riuscita dell’evento ci ha ripagati degli sforzi spesi in questi mesi. E sono stati davvero tanti. Per questo voglio ringraziare innanzitutto il nostro Direttore Agonistico, Ennio Frigeni, e tutto lo staff tecnico per l’eccellente lavoro che hanno fatto. Grazie anche alla società impianti Monte Pora, agli sci club bergamaschi che ci hanno dato il loro supporto, ai volontari, ai nostri sponsor. E un grazie particolare

a Razzoli per la disponibilità e umiltà che ancora una volta ha dimostrato. Sono stati davvero tanti quelli che gli hanno chiesto una foto o un autografo, soprattutto i bambini. Giuliano non ha mai detto no a nessuno, è stato davvero incredibile». Prossimo appuntamento con la Coppa Europa? «Il 2012. E poi chissà, magari anche una Coppa del Mondo. Progetto ambizioso certo, ma perché non pensarci. La professionalità e la voglia di fare sempre meglio ci sono. Staremo a vedere». La due giorni di gare di Coppa Europa è stata patrocinata dal Comune di Castione della Presolana.

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Università, anno accademico al via

«L’inaugurazione è anche l’occasione per l’ateneo, che conta oggi quasi 16.000 iscritti, di condividere con la città il proprio lavoro», ha detto il rettore Stefano Paleari

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enerdì 4 febbraio, al Teatro Sociale, si è svolta l’inaugurazione dell’anno accademico 20102011 dell’ Università di Bergamo. Un appuntamento importante in cui l’ateneo si è presentato alla città e al mondo universitario. Un prologo in musica a cura dell’Orchestra “Accademia Symphonica” di Udine ha accolto gli invitati e, dopo i saluti delle autorità, sono intervenuti: la rappresentante degli studenti e del personale tecnico amministrativo, il Presidente Emilio Zanetti per la celebrazione del ventennale dell’associazione “Pro Universitate Bergomensi”, e Georges Haddad, Directeur de la Division de l’enseignement supérieur de l’Unesco, già rettore dell’Università Paris 1 Panthéon Sorbonne. A seguire, la relazione del rettore Stefano Paleari e la proclamazione

del laureato dell’anno da parte dell’associazione “Laureati Università di Bergamo”. Quest’anno la nomina a Nino Di Paolo, Comandante Generale della Guardia di Finanza. «L’inaugurazione dell’anno accademico è anche l’occasione per l’ateneo, che conta oggi quasi 16.000 iscritti, di condividere con la città il proprio lavoro», ha detto Paleari. Per l’occasione, l’università ha inoltre realizzato un agile prodotto editoriale, il “Libro degli Eventi”, che raccoglie i moltissimi incontri, le iniziative nazionali e internazionali, gli eventi originali e specifici organizzati nel corso del 2010; un lavoro per conoscere meglio l’attività dei docenti e degli studenti che partecipano alla vita pubblica del loro ateneo. Alla celebrazione erano infine presenti 18 rettori, che rappresentano l’intero territorio nazionale.

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A cura di: Emanuela Lanfranco


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Tricolore e dialetto per Napolitano

Ineccepibile l’accoglienza ufficiale al capo dello Stato, con il centro bardato di bandiere. A ciò nel corso della notte qualcuno ha aggiunto affissioni lungo il percorso dall’autostrada alla città

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andiere e scritte in dialetto. Come da previsioni non sono mancate alcune contraddizioni durante la visita del presidente Napolitano a Bergamo. Ineccepibile l’accoglienza ufficiale al capo dello Stato, con il centro bardato di tricolori e i tabelloni luminosi del Comune che riportavano la scritta «Benvenuto presidente». A ciò nel corso della notte qualcuno ha aggiunto delle affissioni non firmate lungo il percorso che dall’autostrada conduce alla città . Riportavano la scritta «La tèra de Bèrghem la saluda ol presidènt de la Republica italiana». Insomma, vernacolo ma assolutamente amichevole, cancellando le riserve che nei giorni scorsi erano affiorate da alcuni esponenti leghisti. «L’unità della nazione e dello Stato - ha detto Napoli-

tano - hanno più che mai senso proprio in un mondo globalizzato e frammentato, nel quale un’Italia divisa o una macro regione italiana sarebbe solo un irrilevante frammento». A cura di: Fabio Cuminetti Foto:Vincenzo Lombardi

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Pooh,tutto esaurito al Creberg Teatro

Anche oggi sono tantissime le ragazzine che assistono ai loro concerti, travolte dall’entusiasmo che Roby, Red e Dody sanno trasmettere

È

stato il solito trionfo per i Pooh, e questo loro successo lo senti che vive nel pubblico, la gente che assiste al loro concerto è veramente travolta dall’entusiasmo che trasmettono Roby, Red e Dody. La cosa che mi ha stupito è il non sentire parlare della mancanza del quarto componente del complesso, Stefano, che per quarant’anni vi ha fatto parte. Davvero sorprendente: di solito, ai tempi, quando si parlava dei “nostri” idoli c’era sempre chi era più o meno affascinata da ogni singolo personaggio. Come si dice, c’erano le varie correnti, e quindi era ovvio che ci fossero delle “stefaniane” inconsolabili. Invece oggi le correnti sono all’unisono, come mi ha detto una ragazza, credo fan di prima generazione che stava prendendo posto in platea. I Pooh sono come Dio uno e

trino, i Pooh sono qualcosa di intangibile, sono tutt’uno, sono la musica… Un’altra ragazza invece è una “robertiana” convinta: per lei Roby è unico, per la sua amica Red è l’uomo con il quale fuggirebbe, anzi specifica che non fuggirebbe ma lo vorrebbe alla luce del sole. In quanto a Dody, tante vorrebbero naufragare sull’isola insieme a lui. Ho fatto questa premessa perché, parlando prima del concerto con i Pooh, avevo chiesto loro se, nel corso di questi 45 anni di carriera, il modo di rapportarsi delle fans nei loro confronti fosse cambiato. Rivedendo i concerti e ricordando i tempi, le ragazze erano sempre al limite del palco, piangevano, le mani nei capelli che esasperavano la disperazione per non riuscire a passare quel limite. É anche vero che l’età era per tutti

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A cura di: Emanuela Lanfranco Foto: Fabio Toschi


diversa, ma è pure vero che anche oggi sono tantissime le ragazzine che assistono al concerto e questo mi riporta a quello che mi hanno detto Roby, Dody e Red, che oggi il pubblico è cambiato, ma che anche loro sono cambiati, il loro modo di porsi è “forse” diverso, oggi non c’è più il divismo che avevano all’inizio, ora sono artisti conclamati e questo ha portato di conseguenza anche il pubblico a rapportarsi diversamente, si ascolta la musica per il piacere di ascoltare “buona” musica. E non è una cosa da poco. Però non sono così certa che oggi il pubblico sia cambiato, perché in teatro c’erano veramente quattro generazioni di appassionate, con quartetti fantastici del tipo: bisnonna, vent’anni allora, nonna, mamma e figlia, ovvero 68 anni, 50, 32, 15! E per tutte e quattro “Piccola Katy”, “Tanta voglia di lei” e “Uomini soli” sono

le canzoni più amate. I Pooh sono veramente persone eccezionali, oggi si usa molto dire “belli dentro”, ma credo non ci sia termine più appropriato per definirli. Parlano della loro vita con semplicità, di quanto loro abbia dato il successo, di quanto siano stati anche fortunati, parlano dei loro figli, il fatto che qualcuno sia entrato a far parte del mondo dello spettacolo era forse predestinato in quanto sin da piccoli sono cresciuti tra strumenti musicali e concerti, ma questo non toglie che comunque tutti hanno fatto scelte libere. C’è chi è entrato nel mondo della musica, chi dello spettacolo, chi della moda, chi nel mondo dell’avvocatura. Ogni loro figlio ha scelto la propria strada, il fatto che uno della famiglia sia il nuovo batterista del complesso è forse

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solo il segno premonitore della continuità della musica dei Pooh. Quarantacinque anni di successi, mai uno scivolone, mai vissuto lo sconforto di non essere amati dal loro pubblico. Mai avuto un momento in cui gli applausi sembravano “meno “ calorosi? É una domanda quasi senza senso da rivolgere ai Pooh, invece rispondono che anche loro hanno vissuto momenti meno intensi, momenti piuttosto grigi, ma hanno trovato sempre la via d’uscita, aiutati dalla grande voglia di riproporsi, di reinventarsi. É questa è loro peculiarità, nel corso della loro carriera i dischi d’oro non si contano, il numero dei concerti in tutti i Paesi del mondo pure, sempre con la grinta che li contraddistingue, ma quello che li fa grandi è saper essere anche persone normali, amici veri!


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Accademia della Cucina: nuovo Delegato

É il Comm. Avv. Lucio Piombi, che già fa parte dell’associazione sin dal 1978 e che da oltre 15 anni è Accademico Consultore. Prende il posto del Conte Grumelli, nominato lo scorso settembre Delegato Onorario

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rima che scoppiasse in Italia il boom delle associazioni gastronomiche, circa 60 anni orsono (precisamente il 29 luglio 1953), nel corso di una riunione fra intellettuali e nobili milanesi presso il ristorante dell’Hotel Diana, è nata l’Accademia Italiana della Cucina. Istituzione culturale della Repubblica Italiana, si è arricchita 50 ani fa della Delegazione bergamasca. Tra i suoi più noti promotori va menzionato il prof. Fosco Provvedi, uomo di profonda cultura umanistica: scoprì e diffuse il “Trattato di Cucina semplice per conservare lo stomaco” che Giuseppe Riva, detto “Il Biondo”, fece stampare dalla Tipografia Pagnoncelli nel 1878 e che inizia così: «É frase fatta e troppo frequentemente risonante che Bergamo non abbia una cucina caratteristica». Negli ultimi 25 anni la

Delegazione bergamasca è stata retta con maestria, inventiva e grande capacità organizzativa dal Conte Bonaventura Grumelli Pedrocca. Il Consiglio Nazionale di Presidenza, a fine settembre, ha ratificato la nomina del Conte Grumelli a Delegato Onorario accogliendo, inoltre, l’indicazione dello stesso e degli accademici bergamaschi perché, quale nuovo Delegato, gli succedesse il Comm. Avv. Lucio Piombi che già fa parte dell’associazione sin dal 1978 e che da oltre 15 anni è Accademico Consultore. L’avvocato Piombi collabora, come giornalista, con la prestigiosa rivista dell’Accademia “Civiltà della Tavola” e cercherà di mettere la sua lunga esperienza di enogastronomo a disposizione della Delegazione per incrementare i fini, soprattutto culturali, della stessa.

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A cura di: Fabio Cuminetti


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La laurea… si festeggia

Grande party venerdì 10 marzo al Roof Garden per Matteo Locatelli, che ha conseguito la laurea specialistica in “Economia, Innovazione e Organizzazione delle imprese nei mercati globali”

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l sogno si realizza? Solo se ci metti impegno e volontà. Così ha fatto Matteo Locatelli, che il 7 marzo ha conseguito la laurea specialistica in “Economia, Innovazione e Organizzazione delle imprese nei mercati globali” presso l’Università degli Studi di Bergamo, con la stesura della tesi finale dal titolo “Controllo di gestione e budget nelle PMI: il caso Metalarredinox Spa”. Nell’elaborato inizialmente è stato spiegato cosa si intende per controllo di gestione, descrivendo i modelli di valutazione di una performance aziendale e analizzando con quali strumenti un sistema di controllo di gestione può essere implementato, soprattutto a livello di una piccola e media impresa. In seguito è stato chiarito in che modo questo strumento

A cura di: Emanuela Lanfranco

gestionale è presente all’interno di una realtà aziendale bergamasca, la Metalarredinox Spa, appunto, specializzata in attrezzature ospedaliere, dal 1966 sul mercato italiano ed estero con una gamma completa di manufatti in acciaio inossidabile. L’impresa, con sede a Zingonia, è guidata da Gianfranco Vitali.

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Orio Kube, turismo interattivo

Design tecnologico al servizio del viaggiatore posizionato nel cuore dell’Aeroporto di Orio al Serio. Nasce da un’idea di BBS

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ddio alle tradizionali guide turistiche, inizia l’era di Orio Kube. La promozione del Bel Paese passa attraverso il semplice tocco di un dito sullo schermo, sotto forma di immagini, testi, filmati, con un servizio di call center multilingue. Un bel vanto per Orio al Serio, il primo aeroporto ad ospitare il cubo interattivo dotato di tecnologia touch screen al servizio del turista, veicolata attraverso un accattivante e poliedrico strumento di design. Il progetto nasce dalla convinzione che la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale e l’attività turistico-alberghiera debbano essere fra loro interconnesse. Orio Kube, l’innovativo sistema ideato da BBS - tecnologia di buon senso, è il medium di una nuova interazione tra

turista e territorio che, alla ricezione passiva e spersonalizzata delle informazioni, sostituisce la fruizione digitale, creativa ed esperienziale. «L’innovativo Orio Kub - ha dichiarato l’Ing. Bruno Bottini, Presidente di BBS -, è in grado di aiutare il viaggiatore che transita in un’area nevralgica, quale è l’aeroporto di Bergamo Orio al Serio, ad orientarsi fra luoghi turistici ed ospitalità. Allo stesso tempo si tratta di un valido strumento per la promozione turistico – commerciale da parte di Comuni, Enti locali, IAT e aziende del settore turistico, interessate a comunicare il proprio territorio in modo multimediale ed in tempo reale, in grado di raggiungere gli 8 milioni di passeggeri previsti in transito da uno dei più importanti aeroporti d’Italia».

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A cura di: Emanuela Lanfranco


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20° convegno dei cavalieri dell’Unci

All’appuntamento sono intervenute numerose autorità. Il presidente provinciale Marcello Annoni ha presentato il volume “1991-2011” con tantissime fotografie e la storia dell’associazione

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entesima riunione annuale per gli insigniti della sezione provinciale dell’Unci (Unione Nazionale Cavalieri d’Italia). Domenica 13 marzo, dopo la messa nella chiesa di San Bartolomeo, i soci si sono ritrovati come tradizione nell’affollata sala dell’hotel Excelsior San Marco. All’appuntamento sono intervenute numerose autorità. La riunione si è aperta con l’inno d’Italia cantato dal tenore Giovanni Capurro accompagnato dal M° Zonca; è seguita la relazione del vice presidente nazionale e presidente provinciale Marcello Annoni, che ha proposto all’attenzione di tutti i presenti una relazione sui programmi, le iniziative e le attività che l’associazione stessa ha realizzato nel corso di un anno. E’ stata quindi la volta degli interventi del console regionale Silverio Gori e

del presidente nazionale Unci Ennio Radici. Apprezzata la relazione di mons. Gaetano Bonicelli. A seguire la consegna dei diplomi ai nuovi soci simpatizzanti e soci insigniti. Le distinzioni “Onore e Merito Unci” sono andate a Maria Teresa Frigeni di Orio al Serio, per la sua opera svolta nel campo professionale, economico e sociale, e a Giovanbattista Stucchi di Pognano, persona impegnata socialmente per dare soluzione alle aspettative di chi non ha voce, di chi meno può, di chi meno chiede. Annoni ha poi presentato il volume “1991-2011” di 350 pagine con tantissime fotografie e la storia dei 20 anni dell’Unci bergamasca, che oggi conta 450 soci. L’incontro si è concluso con il brindisi e il pranzo sociale durante il quale si è consegnato un contributo a favore del Centro “Spazio Autismo” di Bergamo e all’Associazione “ Oltre Noi” di Almè.

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A cura di: Fabio Cuminetti


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Passat, settima generazione

Bonaldi Motori lo scorso 22 e 23 gennaio ha presentato la nuova Volkswagen Passat, bestseller della storia dell’automobile. Ancora più imponente, sicura e parca nei consumi, è venduta nelle versioni Berlina a Variant

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rosegue con la nuova Volkswagen Passat la storia di uno dei più grandi successi della storia dell’automobile, grazie a oltre 15 milioni di esemplari venduti dal 1973 a oggi. La settima generazione di questo “bestseller”, per ora disponibile nei modelli Berlina e Variant, è stata presentata il 22 e 23 gennaio da Bonaldi Motori, a Bergamo. Completamente rinnovata nel design e, da sempre sinonimo di progresso tecnologico, la vettura non fa eccezione, proponendo nelle diverse versioni Trendline, Comfortline e Highline un’ampia gamma di innovazioni tecnologiche finora generalmente riservata alle vetture delle classi superiori e di lusso. La Passat non è soltanto la prima vettura a livello internazionale in questo segmento dotata di sistema di riconoscimento della stanchezza del guidatore (offerto di serie

a partire dalla versione Comfortline) ma anche la prima Volkswagen a disporre della funzione di frenata di emergenza City che, attiva al di sotto dei 30 km/h, riconosce anche i veicoli fermi e, in caso di necessità, interviene automaticamente. Altrettanto interessanti sono le dotazioni sul fronte del comfort, grazie a “Easy Open”, sistema di apertura automatica del cofano del bagagliaio della versione berlina, e al Park Assist che consente di individuare sia i parcheggi disposti parallelamente alla strada, sia quelli “a pettine”, ma anche di parcheggiare automaticamente la vettura. Senza dimenticare il sistema per la regolazione automatica delle luci abbaglianti denominato Light Assist, che consente al guidatore di non preoccuparsi più di accensione e spegnimento degli abbaglianti.

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A cura di: Fabio Cuminetti


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Acquaroli È UN GRANDE GIORNO


Inter vista

Tito Lombardini

«Siamo orgogliosi di essere arrivati alla terza generazione: ritengo che la riuscita di questi passaggi sia merito dell’esperienza che si tramanda con il concetto di squadra, ossia l’unione di tante conoscenze individuali, dirette da un manager, con a capo di tutto la famiglia»

T

ito Lombardini, presidente di Lombardini Holding, realtà di primo piano della grande distribuzione italiana, è un uomo sempre “sul pezzo”: infatti, per quest’intervista mi dà appuntamento non nel suo quartier generale di Dalmine ma all’interno del discount LD di Treviolo, vicino a Bergamo. Dietro il tratto gentile e affabile emerge subito l’imprenditore concreto e sinceramente appassionato del suo lavoro. Discount, supermercati, superstore, iper… oggi c’è veramente l’imbarazzo della scelta. Ma c’è una logica differente dietro ognuna di queste formule? «Assolutamente sì. Par tiamo dalla formula più comune del supermercato: è stato appurato scientificamente, attraverso la misurazione del battito delle

ciglia, il livello di attenzione che una persona dedica agli acquisti. Il continuo bombardamento di messaggi e scelte a cui è sottoposto genera ansia e stress, tanto è vero che, contrariamente a quanto si pensa, spesso il consumatore denota un battito delle ciglia rallentato che costituisce un vero e proprio stato di pre-ipnosi. Anche gli individui dotati di maggior personalità si illudono se credono di sottrarsi a questo condizionamento, perché in realtà c’è tutta una scienza applicata alla vendita: si entra nel supermercato, si prende il carrello, il carrello rimane vuoto, e questo provoca un sottile disagio; si entra determinati ad andare a sinistra ma poi ci si incanala a destra, attirati inconsapevolmente dalle luci, dai colori, dai messaggi altisonanti». É questo studio che porta a disporre i

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Testo: Emanuela Lanfranco Foto: Fabio Toschi


prodotti in modo pressoché identico in tutti i supermercati? «Certamente, perché la disposizione della merce segue una struttura ferrea. La prima merce che trovi, di solito, è la frutta e la verdura: velocizzi l’acquisto perché è un prodotto deperibile, è merce multicolore, e in quest’area si stabilisce un’atmosfera familiare di mercato. Si pensi al percorso lungo gli scaffali: per i primi tre metri non vedi nulla, i secondi tre metri distingui i colori, gli ultimi tre metri vedi il prodotto, e in genere gli articoli dove il supermercato guadagna di più sono sempre esposti nei punti migliori, al terzo scaffale, quello situato all’altezza degli occhi, dove lo sguardo e la mano arrivano comodamente». Signor Lombardini, come funziona invece un discount LD? «Il discount è veramente un mondo a sé. Dentro il discount c’è, infatti, un vero e proprio universo che non si vede e si ha difficoltà ad immaginare: innanzitutto c’è una selezione dei prodotti accurata,

dove nulla viene lasciato al caso perché dietro i prodotti e i fornitori ci sono il controllo qualità, la logistica, i mercati, i trasporti, il personale (nei nostri LD sono donne l’80% del personale e il 90% dei responsabili dei punti vendita). Quello del discount è un mondo fatto di regole precise, di dinamiche estremamente competitive, di informatica, investimenti, finanza… Una realtà complessa fatta anche di comunicazione e formazione dove numerosi fattori giocano un ruolo fondamentale nel decretare il successo: la filosofia dei controlli e delle certificazioni, l’amministrazione, la fiscalità, la strategia aziendale a medio e lungo termine, mai disgiunta dall’analisi puntuale dei competitors». E tutto questo mondo che obiettivo si pone? «Tutta questa realtà deve lavorare come un’unica grande squadra affiatata per il cliente finale che, in base all’età, al reddito, alle tradizioni, alla cultura, alla distanza, persino alle stagioni, decide in

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quale punto vendita servirsi. Come vede il nostro mestiere è fatto di una valanga di ingredienti, ma tutti i nostri sforzi sono finalizzati verso un solo obiettivo: soddisfare i clienti. Se non ponessimo attenzione quotidiana e quasi maniacale a tutte queste cose, non potremmo fare il nostro mestiere. Detto per inciso, LD è stato il primo discount in Italia a fregiarsi della certificazione di qualità Iso 9000 relativamente ai prodotti messi sugli scaffali». Ma cosa fa veramente la differenza in un vostro discount LD ? «L’obiettivo e la filosofia di LD sono di rendere la vita facile al consumatore, quindi stop alle manipolazioni, alle suggestioni visive, alle sollecitazioni invadenti, ai percorsi pilotati: entri, fai un acquisto semplice e non ti stressi con troppe scelte da dover fare. Tra i prodotti che vendiamo, per esempio riso, acqua, pasta, olio, non cadiamo quasi mai nel discorso della marca A, B, o C. Se hai bisogno di acqua minerale la compri, se non ne hai bisogno non la prendi. Il discount prima maniera era spartano ed essenziale, ora si è evoluto e ormai abbiamo raggiunto un ottimo equilibrio


mantenendo vivo il concetto di base: sempre la qualità del prodotto. Di qui l’importanza di avere alle spalle fornitori top class, non necessariamente grandi, ma estremamente qualificati in ogni settore. Per esempio, solo per citarne alcuni: la famiglia Beretta, una delle più importanti imprese familiari, da quasi duecento anni produttrice di salumi; Zanetti, azienda nata alla fine del XIX secolo, produttori di formaggi, con ben otto stabilimenti; Eurovast, produttori di tissue, 70.000 tonnellate di carta all’anno; Jacklon, che opera nel toiletry ed è sul mercato dal 1930; Bracca, acque minerali della famiglia Bordogna, in grado di produrre 130.000 bottiglie/ora». Tito Lombardini, lei ci sta dicendo che la marca non è più così importante? «Non esattamente, nessuno può negare il ruolo svolto dall’industria di marca, sul mercato mondiale come in Italia. Attualmente ci sono tanti brand che godono di reputazione e credito guadagnati sul campo, ma non si può generalizzare, il fascino della marca a mio modo di pensare non è sempre sufficiente. La nostra esperienza ventennale con LD ci ha sempre più convinti che, proprio in questo canale, crescono i consumatori capaci di scelte consapevoli nel loro approccio al consumo. Hanno capito che quello che conta è la ricetta, che costituisce la vera essenza di un prodotto, che la qualità è nel gusto. Di conseguenza non abbiamo fatto altro che adeguarci a

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questa evoluzione, tutt’ora in atto, arrivando alla scelta “estrema” di chiamare i nostri prodotti semplicemente con il loro nome, senza aggiunte e inutili orpelli e ponendo piuttosto la massima attenzione al rapporto patrimoniale più importante, che è quello con i nostri fornitori, consapevoli che solo un buon fornitore è in grado di fornire un buon prodotto. In un

contesto di competizione estrema quale quella in cui ci muoviamo, è la loro eccellenza a metterci in sicurezza sulla fedeltà del cliente». Il vostro è ormai un lungo percorso, da quando nel 1959 davate vita alla VeGè, la prima organizzazione verticale del commercio in Italia. Ora Lombardini è un’azienda arrivata alla terza generazione.

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«Sì, siamo orgogliosi di essere arrivati alla terza generazione: ritengo che la riuscita di questi passaggi sia merito dell’esperienza che si tramanda con il concetto di squadra, ossia l’unione di tante conoscenze individuali, dirette da un manager, con a capo di tutto la famiglia come garanzia di continuità e stabilità».


Inter vista

Lorenzo Novellino

A 20 anni dalla nascita della chirurgia laparoscopica in Italia il prof. Lorenzo Novellino rappresenta oggi un punto di riferimento nazionale e internazionale, confermando peraltro doti eccezionali nell’ambito di tutta la chirurgia generale

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n occasione dell’inaugurazione del nuovo centro didattico, che permetterà la videocomunicazionetrasmissione di interventi operatori del dipartimento chirurgico dell’ospedale Bolognini di Seriate, in collegamento con altri centri di eccellenza chirurgica in tutta Italia, incontro il professor Lorenzo Novellino, direttore responsabile dell’unità complessa di chirurgia del presidio di Seriate e capo dipartimento di chirurgia dell’Azienda Bolognini, comprensiva dei presidi di Alzano, Gazzaniga, Piario, Lovere. E della recente unità di senologia. Professor Novellino, cosa significa essere Direttore di Dipartimento dell’Azienda? «Significa fare il chirurgo nel presidio dove lavori, e coordinare l’attività chirur-

gica anche nei presidi. Quindi, avere progetti e gestione dei pazienti affini. Il Dipartimento funziona non solo come luogo di integrazione e coordinamento, ma anche come luogo di sviluppo delle conoscenze e delle competenze, elementi questi strategicamente indispensabili ai fini di una prospettiva di sviluppo futuro dell’ospedale». Creare una rete ospedaliera? «Esattamente, creare una rete aziendale; ossia, se in un presidio non si effettua una certa attività, la si fa in un’altra, offrendo sempre la massima qualità del servizio. E non solo: avere anche la disponibilità dell’equipe medica dell’azienda di spostarsi sul territorio dei dipartimenti. Significa che, prendo per esempio la senologia, se una donna deve essere operata al seno, non deve per

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Testo: Emanuela Lanfranco Foto: Fabio Toschi


forza spostarsi a Seriate, ma può benissimo essere operata nel presidio a lei più comodo perché l’equipe di senologia si sposta nelle diverse sale operatorie dei presidi dell’Azienda, offrendo sempre la stessa prestazione di qualità». Quale caratteristica deve avere un ospedale per poter “lavorare” bene? «Questo è senz’altro ciò che mi stuzzica di più nella scelta di lavorare in questo ospedale. La chirurgia deve avere assolutamente alle spalle un ospedale valido nei reparti e servizi: radiologia, gastroenterologia, laboratori, diagnostica e assistenza cardiologica, e nella gestione post chirurgica dei casi gravi, che sostanzialmente è la rianimazione. In questo ospedale ho trovato uno splendido rapporto di sinergia con il gruppo chirurgico e il gruppo rianimatori, che in tutta la mia attività, confrontata con altri ospedali dove io ho lavorato, valutando i miei trent’anni di carriera sul territorio bergamasco e con 24.000 interventi effettuati, non ho mai trovato. Un altro elemento importante per lavorare bene è il taglio di questo ospedale, circa 300 posti letto. E’ un taglio corretto, come riportato anche in letteratura, che ti da la possibilità di conoscere le varie equipe e i medici in modo stretto. Questo è l’aspetto organizzativo di gestione, e di piacere, che ho trovato nel lavorare qui. L’ambiente in sala operatoria è sereno e davanti all’urgenza del malato c’è l’immediatezza dello scambio di opinioni. Si parla sempre dei grandi riferimenti ospedalieri, mentre la massima espressività dell’ossatura sanitaria italiana sono invece gli ospedali di area, chiamati provinciali, che stanno crescendo e che fanno la maggioranza del lavoro». Professore lei è il pioniere della chirurgia mininvasiva. «Per me è stata una scommessa vinta perché, ad oggi, non c’è ospedale che non sia in grado di approcciarsi almeno alle tecniche mininvasive di base. Continuando anche a fare un’attività chirurgica a 360°».

Intervento mininvasivo, ossia chirurgia laparoscopica: cosa cambia rispetto alla chirurgia tradizionale? «Niente più tagli e dolori postoperatori. Basta un forellino, attraverso cui si introducono un microscopico apparecchio a fibre ottiche collegato a una videocamera e delle cannule per far passare gli strumenti miniaturizzati. Quindi non comporta grandi tagli, né divaricazioni dei bordi della ferita, ma piccoli fori da mezzo a un centimetro di diametro. Oggi,

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laddove il centro chirurgico possegga competenza e strumenti adeguati, si può intervenire con la tecnica laparoscopica su quasi tutte le patologie tra cui, oltre la colecisti: l’ernia plastica, malattie del reflusso gastro-esofageo, riparazione rottura dei polmoni, interventi di emergenza-urgenza, esplorazioni dei cavi addominali, resezioni epatiche, interventi al surrene, alla milza e per alcune malattie neoplastiche diffuse a livello polmonare, del colon, dello stomaco e dell’esofago».


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Ci sono altri vantaggi? « Ne s s u n r i s c h i o d i c o m p l i c a n ze a distanza. Poi, un ambiente più sterile, minore invasività e minor dolore vogliono dire anche minor stress per il paziente. Con più veloce ripresa postoperatoria e, dunque, dimissioni più rapide. Il tutto, quasi sempre, a parità di tempi di intervento». Si può sostituire un intervento di chirurgia tradizionale con uno in laparoscopia? «La chirurgia mininvasiva è parte integrante di un chirurgo moderno. Non si sostituisce alla chirurgia tradizionale, ma la integra». C’è una scuola di formazione per questo tipo di chirurgia? «Per operare con questa tecnica occorrono un’esperienza e una formazione che non tutti i chirurghi hanno ancora, nel nostro Paese: proprio per questo motivo è sulla formazione che occorre investire. Rispetto alla chirurgia tradizionale, in cui il è solo il chirurgo che vede ciò che sta operando, negli schermi in alta definizione utilizzati per trasmettere le immagini tutti vedono ciò che vede il chirurgo che sta operando. E l’inaugurazione del nuovo centro didattico del dipartimento chirurgico dell’ospedale Bolognini di Seriate si inserisce perfettamente in quest’ottica. Proprio grazie a ciò sarà possibile la formazione a distanza e l’aula dedicata alle “simulazioni” permetterà un perfetto addestramento per i nuovi chirurghi. Ciò che trasmettiamo, non sono interviste ma operazioni chirurgiche sul

Laparoscopia: nata nel 1987 Il primo intervento chirurgico in laparoscopia fu eseguito nel 1987 a Lione, in Francia, dal ginecologo Philippe Mouret, che per caso, in fase diagnostica, scoprì in una sua paziente dei calcoli alla colecisti. Ancora oggi la colecistectomia rappresenta l’intervento classico per via laparoscopica. (ed è un’ottima “palestra” di formazione con 70.000 casi l’anno). In Italia questi tipo di chirurgia arriva nella primavera nel 1990 grazie a tre centri “apripista”: Torino (professori: Francesco e Mario Morino); Milano (professori: Enrico Croce e Lorenzo Novellino): Napoli (prof. prof. Franco Rendano e prof. Francesco Mazzeo).

Qualche dato In linea teorica la chirurgia laparoscopica dovrebbe incidere su circa il 50% sull’attività totale. Attualmente si stima una percentuale del 15% di cui il 90% solo per colecistectomia. Il prof. Novellino, che sotto la sua direzione ha effettuato circa 24000 interventi in territorio bergamasco, è intervenuto in chirurgia laparoscopica sul 54,8% del totale degli interventi. Percentuale che rispetta anche l’ultimo anno di attività presso l’Ospedale Bolognini di Seriate: su 1400 interventi, il 52% è stato effettuato in chirurgia mininvasiva.

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campo, confronti pratici con esperti del settore, per unire le più avanzate tecniche laparoscopiche. Si apre una nuova era di “live surgery”: l’immagine può uscire dall’ospedale e ciò ci permette un confronto determinante tra professionisti, uno scambio di conoscenze, ma soprattutto una svolta culturale».


Inter vista

Una donna al comando

Il vicequestore aggiunto Mirella Pontiggia guida la polizia stradale di Bergamo dal 5 ottobre 2009. Ed è di Longuelo. «Lavorare dove si è cresciuti ti permette di avere più motivazione»

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na donna al comando. Di più, un’eccezione, un “profeta in patria”, perché di solito da noi i funzionari di polizia provengono da altre parti d’Italia, in particolare dal centro sud. Il vicequestore aggiunto Mirella Pontiggia, 37 anni, di Longuelo, dal 5 ottobre 2009 è comandante della polizia stradale di Bergamo. Prima di lei c’era un’altra donna, Barbara Barra. «Sono alla Questura di Bergamo da febbraio 2010 e dal 2004 al 2009 ho diretto le volanti del 113, ufficio Prevenzione generale e soccorso pubblico». Ritiene sia importante lavorare nella terra natale: «Ti permette di avere più motivazione grazie alla volontà di fare del bene per la tua città». Ci presenti la polizia stradale di Bergamo. «Annovera un organico di 130 dipendenti tra uomini e donne. E’ formata dalla

sezione principale cittadina, con sede in via del Galgario, dalla sottosezione di Seriate, che gestisce tutta l’A4 dal cavalcavia di viale Certosa all’uscita di Brescia Est, e dal distaccamento di Treviglio. La nostra competenza è prettamente di tipo viabilistico, ovvero tutto ciò che avviene di attinente alle strade: non solo l’incidentalità ma anche quei reati quali furto, riciclaggio e clonazione di autovetture, furti e borseggi negli autogrill». In autostrada avete un ruolo fondamentale. «Sull’A4 abbiamo l’esclusiva, mentre per la viabilità ordinaria operiamo in collaborazione con le altre forze dell’ordine: polizia locale e carabinieri». Il 2010 per voi è stato un anno “ricco”. «Abbiamo effettuato 4.615 pattuglie di vigilanza stradale e più di 12 mila sono

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Testo: Fabio Cuminetti Foto: Fabio Toschi


state le persone sottoposte ad alcol test. Ci occupiamo non solo di repressione ma anche di prevenzione ed educazione alla legalità, ad esempio attraverso le campagne “Guido con prudenza” e, nel periodo di Natale e Capodanno, “Brindo con prudenza”: regaliamo a chi non beve alcolici e non fa uso di stupefacenti biglietti gratuiti per discoteche e locali con l’obbiettivo di far capire che quando un gruppo di amici esce a festeggiare ci dev’essere sempre uno che non beve, il cosiddetto guidatore designato. Poi ci sono le campagne per gli esodi estivi ed invernali». Resta però fondamentale sanzionare le infrazioni. Quali l’eccesso di velocità. «Esatto: attraverso il Tutor in autostrada, con autovelox e telelaser nella viabilità ordinaria. Fondamentale, dopo l’entrata in vigore a fine luglio della legge 210 del 2010, è stato il giro di vite sui conducenti di mezzi pesanti. Cerchiamo di arginare quei comportamenti che possono dare origine a distrazioni, dunque tolleranza zero per l’alcol e punizioni pesanti per chi supera il numero di ore giornaliere - nove - consentite alla guida». L’incidentalità, col Tutor, è fortemente diminuita. «Rispetto a prima della quarta corsia si parla addirittura di 20-30 morti in meno all’anno. E’ un sistema che “aggancia” tutte le auto, e per quelle la cui media supera i 130 km orari - 110 quando piove - scatta il verbale. Non si scappa». Parliamo dell’attività giudiziaria. «Gli arresti sono stati 135 nel 2010, di cui molti per spaccio di sostanze stupefacenti e importazione di droga dall’estero. Le indagini sui furti alle auto ha portato all’individuazione di una banda di rumeni dotati di sistemi per neutralizzare le onde del telecomando che attiva la chiusura centralizzata: ecco perché non c’era nessuna effrazione… A inizio anno abbiamo inoltre sgominato la banda albanese del forellino, fermando quelle autovetture che utilizzano l’autostrada quale via di fuga con Mercedes e Bmw cariche di

gioielli e quadri trafugati dalle ville». Veniamo all’educazione. «La polizia stradale entra nelle scuole. Tutte le istituzioni in questi ultimi anni hanno fatto notevoli sforzi di avvicinamento al pubblico e noi non siamo stati da meno. Per educare il cittadino del futuro partiamo dalle scuole dell’infanzia con le basi del codice della strada, e così via fino alle superiori dove si parla

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di patentino della moto e di che cosa comporta, in termini di capacità e responsabilità, andare sulla strada. Siamo andati anche alla fiera “Lilliput”». Poi c’è il servizio d’ordine… «Siamo presenti con operatori in moto in tutte le gare ciclistiche, non solo di Bergamo ma anche della regione. Seguiamo il Giro d’Italia». … e l’anno scorso avete “scortato”


l’adunata degli alpini. «Abbiamo lavorato intensamente per una settimana: c’erano 500 mila veicoli tra auto, camper, furgoni e mezzi stranissimi… Insomma, è stato un grosso impegno. É andato tutto bene grazie anche alla lungimiranza del piano di viabilità, a cui abbiamo cominciato a lavorare sei mesi prima dell’evento. Il nostro ruolo in questi casi è di grande responsabilità: coordiniamo le diverse forze dell’ordine. E la posta in gioco è alta: se qualcosa va storto, come è successo quest’inverno sull’A1 nei pressi di Firenze, si rischia di saltare. Ti mandano a dirigere Pantelleria». Le infrazioni contestate sono aumentate del 14%. «Hanno superato quota 38 mila ma onestamente è quasi tutto merito del

Tutor, anche se c’è stato parallelamente un incremento delle sanzioni per mancato uso delle cinture, uso del telefonino, condotta dei conducenti professionali». A livello di organico come siete messi? «Si va incontro a una diminuzione, perché i pensionati non vengono sostituiti. Però riorganizziamo i nostri uffici interni cercando di dare sempre servizio all’utenza, che deve essere soddisfatto del nostro operato, e maggiore visibilità alle pattuglie: sono l’ultima cosa che bisogna togliere…». Come si sente al vertice di una struttura ancora prettamente maschile, almeno nell’immaginario dei cittadini? «Effettivamente nella polizia stradale provinciale ci sono solo 5 donne, me compresa. Quando si aprì al sesso femmi-

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nile, nell’81, c’era una certa difficoltà, anche perché non si era attrezzati: mancavano i bagni, ad esempio… Ora è diverso. Penso che la donna abbia portato pragmatismo, perché tende ad andare subito al nocciolo della questione, mentre gli uomini tendono a perdersi un po’. Sarà che siamo abituate da sempre a gestire la famiglia». Obbiettivi per il futuro? «Far diminuire la mortalità sulle strade in Bergamasca, perché è una di quelle province dove è ancora troppo alta. Come? Sempre attraverso la prevenzione e la repressione, aumentando i servizi nel fine settimana. Dobbiamo mettere in testa soprattutto ai giovani che la strada è pericolosa».


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“WOW”, sole sui Verdena

Enorme successo per il nuovo album del trio bergamasco composto da Alberto Ferrari, il fratello Luca e Roberta Sammarelli. «É un disco positivo ma non troppo: comunque siamo dei malinconiconi»

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oro sono di Albino. Frazione Abbazia, per la precisione, che tradotto in inglese fa Abbey, come la “road” dove registravano i Beatles. Dal pollaio dietro casa hanno ricavato l’Henhouse Studio e da quando è uscito l’ultimo monumentale doppio album la Valle del Lujo è tutta un andirivieni di tv e critici musicali. Piombato di prepotenza in classifica nella sua prima settimana di distribuzione - al secondo posto, tra blockbuster come Jovanotti e la Nannini - “Wow” è una dichiarazione d’intenti. Un’esclamazione di stupore che è anche il primo effetto scaturito dall’ascolto del disco dei Verdena, sbocciato dopo tre anni di silenzio. Alberto Ferrari, il fratello Luca e Roberta Sammarelli ripartono da dove erano

rimasti e vanno oltre con 27 capitoli carichi d’ispirazione e densi di sonorità. Le influenze sono vaste ma profondamente riplasmate: dal molteplice all’uno. Sì, perché i tre prendono tutto ciò che ascoltano e lo trasformano in qualcosa di nuovo e prezioso. Un’insieme di chicche che si legano indissolubilmente in un’opera possente. Dal sapore internazionale. E la gente l’ha capito. Disco impegnativo, successo immediato. Alberto, ve l’aspettavate questa risposta? «Sinceramente no. Siamo rimasti molto sorpresi soprattutto per le date sold out un po’ dappertutto. Sembra che il nostro pubblico si sia notevolmente allargato: abbiamo dei nuovi fans che si sono aggiunti a quelli vecchi».

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Testo: Fabio Cuminetti


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L’album colpisce per coerenza e maturità nonostante le molteplici influenze. Qual’è il principio di fondo che pervade “Wow”? «Effettivamente gli spiriti del disco sono molti… Però una base comune c’è: l’uso del pianoforte e dei cori. Sono stati un pilastro decisivo, nuovo rispetto al passato dato che prima di “Wow” non avevo mai composto al piano né ero mai ricorso ai cori. E poi c’è la voglia di essere positivi: è un disco abbastanza solare, ma non troppo, perché comunque siamo dei malinconiconi… Anzi, non è proprio una voglia: semplicemente la musica ci è uscita così, più “chiara” del solito. Pop. Non nel senso che sia un disco pop, anzi, ne è lontanissimo. Ma le melodie sono pop, semplici». Anche i testi sono più positivi. «Vero. Ricantandoli mi rendo sempre più conto che c’è una specie di lieto fine in quasi tutte le canzoni». L’essere diventato papà aiuta, in questo senso. «Assolutamente sì». Avete avuto la tentazione di fare un concept album, alla “Tommy” degli Who? «Non siamo così ambiziosi. L’unico concept italiano che ricordi è “Senza vento” dei Timoria… Ai tempi avevo comprato il disco ed ero pure andato al concerto». Per temperamento musicale e “narrativo” siete forse più vicini al “White Album” dei Beatles. Ovvero un eclettico mosaico di canzoni. «Non siamo proprio al livello dei Beatles… (ride, ndr). Ma come tipo di disco effettivamente sì, la somiglianza c’è». A quali canzoni sei più legato delle 27 di “Wow”? Da dove prendono spunto? «É difficile, perché il disco gira intorno a un po’ di colori e cambio idea ogni giorno… In realtà l’album va proprio “preso” tutto insieme. Fare la scaletta è stata un’impresa: praticamente impossibile annullare dei pezzi. Appena toglievamo qualcosa sembrava di perdere gran parte del disco. Pazzesco. Insomma, ogni canzone è un pilastro che serve all’equilibrio del disco. Potrei citarti “Razzi Arpia Inferno e

Fiamme” perché è il primissimo pezzo che abbiamo composto ed è quello che ha dato un po’ il via alla situazione». Nascita dei brani: da un lavoro collettivo o hanno impronte più personali? «Dipende dal pezzo. “Razzi Arpia”, ad esempio, l’ho scritta da solo e Luca ci ha messo la parte di batteria. Basta. “Adoratorio”, invece, è stata fatta tutti insieme in jam. Altre, come “Le scarpe volanti”, sono partite da una base di sintetizzatori fatta da Luca a cui noi abbiamo aggiunto tutto il resto. Luca è stato molto attivo in questo disco a livello di sintetizzatori: ci sono tante sue idee, diciamo. Sostanzialmente tutti i metodi di composizione li abbiamo sfruttati; ad esempio “Loniterp” (anagramma di Interpol, gruppo a cui la canzone fa riferimento, ndr) fino a due minuti e mezzo è una canzone rock abbastanza normale, dopodiché diventa tutta a cori senza cambiare accordi. É fantastico modificare i pezzi, ci piace colorarli in modo diverso, se riusciamo».

Il lavoro sul suono è impressionante. Siete dei perfezionisti. «In realtà a me non piacciono le cose troppo perfette. Da piccolo mio zio, professore di storia dell’arte, mi ha insegnato che Michelangelo sbagliava sempre delle cose apposta: nelle sue opere faceva sempre degli errori, tipo mani più grandi, nasi giganteschi…

Non voleva l’assoluta perfezione, anche se ne sarebbe stato capace. Allo stesso modo in questo disco le pecche ci sono. É una questione di interpretazione, della parole e

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della suonata: il disco dev’essere interpretato perfettamente, non suonato perfettamente. Tante take di registrazione non sono perfette, ci sono errori di chitarra o di basso, anche se non si sentono… Ma la versione in sé era una figata, quindi l’abbiamo tenuta. Poi noi su una versione ci mettiamo un po’ di tutto e diventa una cosa un po’ colossale».

Oltre a voi quanto di bergamasco - in termini di ispirazioni e collaborazioni c’è in “Wow”?

«É tutto bergamaschissimo. Di “Razzi Arpia” ho scritto il testo con un ragazzo di Bergamo, Roberto Longaretti, che suona negli Spread: dal vivo sono una potenza micidiale. Lui fa anche il medico, vede un po’ di tutto ed era il tipo giusto per buttar giù questo testo. Poi abbiamo chiamato musicisti del Conservatorio di Città Alta per suonare violini e violoncelli. Comunque abbiamo cercato tutto qua, per comodità ma anche perché mi trovo meglio coi bergamaschi che coi milanesi». Com’è tornare a fare una tournèe dopo tre anni?

«E’ una bella mazzata perché sono rimasto chiuso nella mia cupa valle per due anni e mezzo. Ho visto pochissima gente. Trovarsi in mezzo a quel delirio è sconcertante. Non me l’aspettavo tutto questo casino. E’ bellissimo, certo, ma troppo emozionante. Speriamo cali quest’emozione, sennò rischio di morire… Però non vedevo l’ora di suonare dal vivo, di finire il disco - è stato un lavoro lunghissimo - e di portarlo in tour». É vero che ultimato l’album sei stato a letto per giorni, esasusto?

«Ero distrutto e per due settimane non sono riuscito a muovermi. Non voglio più fare un’esperienza del genere. È troppo. Troppe canzoni da organizzare, troppa fretta. Adesso comunque sono risalito nella sanità».

Da “Sorriso in spiaggia” si capisce che avresti preferito essere da un’altra parte…

«Esatto! Anche se mi sono divertito moltissimo a fare ‘sto disco, sia chiaro… Però gli ultimi giorni sono stati difficili».


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Un po’ di New York in Città Alta

Rivoluzione per il Pozzo Bianco, storico locale di Via Porta Dipinta. Diventato decisamente più provocante. «Noi non abbiamo l’ambizione di essere alla moda: vogliamo gente alla moda»

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olte e muri rossi, pavimento e tavoli bianchi. Ovvero passione e purezza. Fuoco e luce. Divertimento e stile. Una bicromia che spalanca l’immaginazione a molteplici suggestioni caratterizza il design alla base della rinascita del Pozzo Bianco, storico locale di via Porta Dipinta, in Città Alta, riaperto il 17 marzo dopo un passaggio di testimone tra i gestori degli ultimi 21 anni e un gruppo metà milanese e metà bergamasco giovane, motivato e pieno di idee. «Abbiamo cercato di fare qualcosa di nuovo per Bergamo - spiega Marco Schiavone, direttore del locale -. In un certo senso abbiamo portato un po’ di New York in Città Alta». L’idea di puntare su Bergamo è nata dopo anni di esperienza nella gestione di locali nella città della Madunina. «Il venerdì e

sabato sera - prosegue Marco - erano più le macchine targate Bergamo e Brescia che Milano. Grazie ai nostri amici bergamaschi, poi diventati nostri soci, è venuta fuori questa occasione e allora ci siamo detti: i ragazzi di Bergamo proviamo a tenerli qua». Tre i soci che hanno rilevato il locale: Cristina Camisasca, moglie di Marco, Emiliano Fucci e Ivano Traina. Di base c’è la volontà di costruire un’offerta a 360 gradi: « Il locale si rivolge ad un pubblico raffinato, gay and straight, che ama divertirsi e che sa apprezzare dalla musica jazz, blues e lounge, alla musica commercial, da intrattenimento con cabarettisti, drag queens a spettacoli accattivanti e di gran fascino. Non ci tiriamo indietro di fronte a nessuna possibilità di evento: potremmo proporre anche spettacoli burlesque. Il tutto senza

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Testo: Fabio Cuminetti


sforare mai nella volgarità e senza intaccare la qualità dei prodotti e dei servizi, decisamente di alto livello». É stata mantenuta la storica vetrina colorata di ispirazione gotica. Oltre, il futuro. Sopra l’ingresso un palco trasparente ospita concerti, cabaret, dj set e quant’altro. É rimasta inalterata la posizione del bancone (bianco), accompagnato però da coni di luce con piani di vetro e un avveniristico pozzo bianco illuminato dall’interno. Proseguendo all’interno del locale, lungo e stretto, troviamo una serie di tavolini rotondi legati a binari verticali: possono essere posizionati ad altezza “cena” e “aperitivo”. O essere sollevati del tutto e dare vita a un dance floor. In fondo un’intima sala da pranzo attrezzata per fumatori, caratterizzata da una gigantesca sedia rossa con tavolini bianchi attorno alle gambe. Altro gioiello la sala interrata, dotata di bancone proprio e di consolle per dj. Schermi mascherati da finestre permettono di creare ambientazioni immaginifiche: si può cenare sottacqua, ad esempio. Un monitor centrale permette di vedere cosa accade nella sala superiore, mentre in un angolo è stato ricavato un suggestivo privè separato da una parete di vetro dove si può mangiare sdraiati su un letto. I posti a sedere sono diminuiti. «Ne abbiamo sacrificati - precisa Marco - un 30 per cento: da 120-125 siamo scesi a 80. Del resto dare più agio al cliente fa parte del nostro concetto di lusso. Non come certi locali sui Navigli che se potessero farebbero i tavolini a castello dal numero di persone che vogliono farci stare in uno spazio ristretto… Vogliamo farci pagare per un servizio che sia all’altezza del suo prezzo». Il target non è necessariamente alto «ma di una clientela diversa, che non cerca quella tradizione che a Bergamo offre già molto». Anche il capitolo cucina dunque andrà lontano dalla tradizione. Niente casonsei, giusto per capirsi. «Proponiamo una cucina estroversa. Potremmo fare anche il piatto con la polenta, però particolare». Schiavone stesso ha un passato da chef: si è

formato nelle scuole alberghiere all’estero ed ha lavorato a Londra, in Sudamerica e Thailandia. Vede la cucina come cultura, come missione, e ha pensato a una soluzione ideale per semplificare il menù senza però togliere varietà. Ci sono infatti quattro antipasti, quattro primi, quattro secondi e quattro dolci, però la carta cambia ogni settimana/dieci giorni. Lo stesso per la cantina, a parte lo zoccolo duro della lista, perché di certi vini non si può fare a meno. «Però se in quella serata propongo lo spezzatino di alligatore e un cliente invece vuole il filetto alla griglia, lo accontenteremo, anche perché un menù di base sarà sempre a disposizione. La mia tendenza del resto è di non dire mai di no al cliente». A breve la domenica

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partirà anche il brunch nella versione originale anglosassone, che per Bergamo è una première assoluta. Il locale è aperto sette giorni su sette dalle 12.30 alle 14.30 e la sera dalle 18 alle 2. «Vogliamo far vivere al cliente che passa la serata da noi tre momenti completamente differenti tra aperitivo, cena e dopocena. Situazioni diverse per non far scattare mai la noia. Insomma, il nostro è un locale provocante ma senza etichetta. Quando il cliente esce deve chiedersi: ma è un posto gay o etero? Noi siamo tutto e niente, questo è la novità. L’importante è che tutti si sentano a loro agio». Una cosa è certa: per la città - e per Bergamo Alta in particolare - è una rivoluzione culturale. Un punto di riferimento che nelle intenzioni dei gestori vuole superare le tendenze effimere del momento date dalla location seducente. «Non vogliamo fare il botto come i locali fashion. Noi non abbiamo l’ambizione di essere alla moda: vogliamo gente alla moda». Certo, inizialmente l’ambientazione trendy farà da richiamo «ma il lavoro più grande lo faremo con gli eventi, col servizio e, perché no, con la nostra pazzia».

Pozzo Bianco Via Porta Dipinta 30/b Città Altà - Bergamo Tel. 035 244822 www.pozzobianco.eu

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Inter vista

Casa dei Sogni

L’esclusivo negozio di via Mazzini ad Albino è specializzato in biancheria su misura. La cura nei particolari e nelle finiture è tale che gli esperti del settore considerano i prodotti del laboratorio «un’eccellenza italiana»

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vere in casa capi di biancheria realizzati su misura dopo aver scelto il tessuto desiderato, i dettagli e i ricami che fanno la differenza, le misure e i colori e magari con in bella mostra anche le proprie iniziali: il tutto per poter disporre di un prodotto fortemente personalizzato. Tutto questo potrebbe sembrare un sogno. Ma oggi è possibile realizzarlo, a patto di recarsi nella giusta dimora. E quale potrebbe essere più giusta de «La Casa dei Sogni», che già nell’insegna promette di trasformare in realtà ogni desiderio? Stiamo parlando dell’esclusivo negozio di via Mazzini ad Albino, specializzato nel realizzare biancheria su misura per la casa e dove la titolare, Chiara Donizetti, è sempre pronta ad accogliere con professionalità il pubblico per consigliarlo nelle scelte di

gusto ed eleganza. Tutto ciò che si trova esposto viene prodotto nella «Casa dei Sogni», con l’obiettivo di mettere il cliente al centro dell’attenzione. «Ciò significa spiega Chiara - permettergli di scegliere il tessuto che più lo aggrada e con le misure di cui ha bisogno. Inoltre confezioniamo il prodotto con una personalizzazione che può essere di due tipi: a livello di finiture che possono consistere nell’applicazione di una bordura o di un orlo a giorno oppure attraverso l’apposizione di marchi o iniziali. Finora abbiamo lavorato moltissimo sulla personalizzazione di salviette, tovaglie e lenzuola. Da noi, in pratica, il cliente può farsi fare la propria parure secondo le sue necessità e spaziando a 360 gradi». Tenendo conto dell’elevato numero di lavori che sono stati eseguiti negli ultimi mesi, il laboratorio è stato

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Testo: Francesco Lamberini


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trasferito in un posto più adeguato ed oggi svolge la propria attività, con nove macchine da cucire e sei dipendenti, nella zona industriale di Nembro. E’ stato così possibile ampliare il ventaglio della clientela aprendo le porte a progetti di contract, ossia ai contatti con hotellerie, ristorazione, centri benessere di lusso. «Le esigenze del cliente - dice Chiara continuano ad essere vagliate in negozio attraverso una scheda in cui compaiono le misure del letto piuttosto che del tavolo e l’eventuale personalizzazione del capo di biancheria. Per entrare più nello specifico, siamo attualmente in grado di fornire tende, tendaggi, rivestimenti per poltrone e sedie, tovaglie, parure, copripiumini, senza trascurare gli asciugamani e gli accappatoi. I tessuti che usiamo sono tutti di qualità, tanto è vero che la nostra tipologia di clientela è di livello medioalto, e tendiamo ad utilizzare quasi tutte le fibre naturali. Ci serviamo soprattutto del cotone, della lana, della seta, del cachemire e del lino, che possono essere in tinta unita o con particolari disegni sul tessuto». Altissima la cura nei particolari e nelle finiture, caratteristica che a detta degli esperti del settore classifica “La

Casa dei Sogni” come un laboratorio che produce articoli di eccellenza italiana. La personalizzazione richiesta sicuramente incide sul prezzo finale perché comunque comporta un lavoro di preparazione. A tale proposito «La Casa dei Sogni» dispone di un software in grado di riprodurre sul programma da ricamo qualsiasi tipo di scritta, logo o iniziale. Il costo resta in ogni caso abbordabile, soprattutto se si tiene conto dell’effetto finale e del capo

che in tal modo diventa esclusivo. Fare questo tipo di scelta rappresenta tra l’altro anche un’ottima idea regalo. E’ un po’ come riscoprire le tradizioni di un tempo, quando c’erano le nonne che ricamavano le iniziali sui fazzoletti o sulle lenzuola in occasione di un matrimonio. Per cui avere tra le mani un capo con impresse le lettere del proprio nome e cognome consente anche di associarlo a un avvenimento.

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Tanto è vero che nel negozio di Albino si sta assistendo a una forte richiesta della biancheria personalizzata, anche da parte di clienti che vengono da fuori provincia. «Ho voluto battezzare così il punto vendita - aggiunge Chiara Donizetti perché in pratica averlo aperto rappresenta un mio sogno personale che è scaturito da un’improvvisa passione per questo settore. Naturalmente cerco di interpretare i desideri dei clienti e attualmente credo che tra gli articoli più gettonati figurano le spugne da bagno e i tendaggi personalizzati. Ma dipende anche dai periodi: per Natale le maggiori richieste saranno rivolte alle tovaglie, possibilmente rosse e con tovaglioli abbinati. Tengo a precisare che i nostri prezzi consentono di avvicinare anche una clientela media, fermo restando che il tessuto di bassa qualità non lo tengo per una scelta di base. Inoltre il capo di qualità non è solo bello, ma è in grado di offrire delle garanzie di durata nel tempo. Vorrei sottolineare, infine, che disponiamo di una linea di produzione altamente specializzata rivolta ai complementi d’arredo del settore nautico, attraverso cui siamo in grado di dare il nostro contributo nella consegna di imbarcazioni “chiavi in mano”. Mi riferisco alle dimensioni dei letti e dei tavoli, ma c’è anche chi chiede il nome della barca impresso sulle proprie salviette». «L’avvio di questo negozio - conclude Chiara - ha comportato ovviamente degli ostacoli da superare, soprattutto in relazione al momento economico difficile un po’ per tutti i settori. Comunque posso ritenermi soddisfatta dell’interesse che sta suscitando questa attività e il mio prossimo obiettivo sarà quello di consolidare il percorso che ho intrapreso». L’obiettivo del 2011, del resto, è ambizioso: «Farci conoscere oltre confine e possibilemente... sbarcare in America». Casa dei Sogni Via Raul Follereau, 2 Nembro Bergamo 035 470336


Parlare correttamente: di Barbara Gelmini perchè a volte è così difficile

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on piacere riprendo il discorso iniziato l’altra volta sul disturbo del linguaggio. Ho accennato alle dislalie e adesso desidero soffermarmi su questo argomento dal mio punto di vista molto vasto ed interessante. Da un punto di vista eziologico le possiamo distinguere in: audiogene, organiche e funzionali. Le dislalie organiche sono dovute ad un deficit della funzione articolatoria dipendente da alterazioni anatomiche malformative, mentre le funzionali sono relative ad una cattiva impostazione e coordinazione dei movimenti articolatori. Le dislalie organiche a seconda della zona articolatoria deficitaria le dividiamo in: • Dislalie labiali (abbastanza rare, le ritroviamo nel caso di labbro leporino); • Dislalie alveolo-dentali (la mancanza anche parziale di denti o la mal occlusione causano questo tipo di dislalie); • Dislalie linguali ( per macroglossia, per frenulo linguale corto ect); • Dislalie palatali ( iporinolalia e iperrinolalia palatina, palatoschisi); • Dislalie nasali (rinolalia aperta e rinolalia chiusa). Le dislalie funzionali, sono forse le più conosciute e le classifichiamo in: • Dislalie alveolo-dentali: si presentano con alterata pronuncia di /ts/, /dz/, /s/, /z/, /t/, /d/ e /l/; • Dislalie linguali: si caratterizzano per l’alterazione della pronuncia di /t/, /d//, /l/, /s/, /z/, /n/, /ci/, /gi/, /sc/, /j/, /gn/ e /gl/; • Dislalie palatali: è alterata la pronuncia di /d/, /g/, /k/ e /s/; • Dislalie nasali: si ha la trasformazione di /m/ e /n/ rispettivamente in /b/ e /d/; • Paralalie: quando le consonanti vengono sostituite con altre come per esempio la /s/ e la /c/ con la /t/; la /r/ con la /l/. Il sigmacismo ( /s/ interdentale) il deltacismo ( /t/ e /d/ interdentali) e il rotacismo sono molto frequenti, Se il bambino ha 5 anni e

non dà segni di aver assimilato tale suono, è necessario ricorrere a un logopedista per iniziare un trattamento che correggerà il rotacismo. E’ importante correggere questa dislalia funzionale, dato che all’età di 5 anni è quando i bambini iniziano a leggere e se non pronunciano la “R”, nemmeno la riconosceranno e per loro sarà difficile capire ciò che leggono. Inoltre, tendono ad autodettarsi in maniera sbagliata quando scrivono. Il problema del rotacismo è nel punto d’articolazione del fonema. Il bambino non colloca la lingua nel punto in cui si deve mettere per poter pronunciare il suono “R” e non emette il fiato nella maniera corretta. La “R” è un suono alveolare, che si ottiene facendo vibrare la lingua contro il palato. L’uso del succhiotto può dar luogo a questo ritardo nell’apprendimento della “R” dato che il bambino non è abituato a sollevare la lingua. Perché è così importante trattare questo argomento? Perché mi accorgo che purtroppo vi è poca informazione o non è sempre corretta. Continuare a insistere nel dire che, se un bambino a 3/4 anni ancora non parla correttamente e presenta varie dislalie o paralile è normale, è sbagliato e si incorre nel procurare danni al bambino/a sia nella semplice convivenza, sia per la comunicazione con coetanei e adulti che per il suo futuro scolastico. Il bambino impara a scrivere come parla, e questo potrebbe rappresentare un problema nella scuola primaria. Secondariamente questo bimbo ha spesso bisogno di un interprete che traduca correttamente ciò che sta dicendo e questo, indipendentemente dall’illogicità situazionale, crea dipendenza con altri soggetti, adulti o bambini che siano. Prima o poi tale modo di parlare susciterà derisione da parte di qualcuno e quindi, ne scaturirà una mortificazione che potrà condurre il bambino a isolarsi, a parlare meno o addirittura a comportamenti di aggressione e/o di chiusura. L’inquadramento logopedico non solo prevede

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la somministrazione di test che valutano il livello di maturazione neuro- bucco - facciale verso suoni che costituiscono la lingua italiana ma anche determinano la tipologia dell’errore fonetico sia in eloquio spontaneo che in ripetizione. Si stabilisce l’eventuale presenza di vizi e abitudini orali scorrette che possono rallentare lo sviluppo motorio buccale come, per esempio, la presenza di oggetti suzionali (biberon, accettabile fino a 15-20 mesi, succhiotti accettabili fino a 36 mesi solo per addormentarsi). Non dimentichiamo che la lingua è il muscolo artefice dell’articolazione di numerosi fonemi e la sua ipotonicità causa le dislalie alveolo-dentali, le linguali, le palatali. Da qui l’importanza di una corretta informazione per risolvere queste “correggibili difficoltà” ma che potrebbero creare disabilità se non diagnosticate e risolte in tempo. Si parla tanto di prevenzione ma spesso rimane solo un termine….

DOTTORESSA GELMINI BARBARA Iscritta all’Associazione Italiana Logopedisti della Lombardia. Via Broseta, 54 - Bergamo Tel. e Fax 035.224552 email: logos logopedia@alice.it Formazione professionale: laurea in Lettere, specializzazione polivalente per alunni disabili, laurea in Logopedia, master in Comunicazione, Specializzazione in Vocologia artistica per cantanti e attori. Studio in attesa di convenzione con la ASL.


Inter vista

C.E.A., quando l’auto si fà bella

Il Centro Estetico Auto di Treviolo può contare su un pool di 12 professionisti che seguono il benessere delle vetture dall’inizio alla fine. A partire dalla carrozzeria e dagli interni fino alla meccanica

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onne e automobili hanno d a s e m p re n u m e ro s i p u n t i in comune. Sono un inno alla bellezza. Ma per apparire bisogna “soffrire”, ovvero far curare ogni dettaglio a uno specialista del settore. E’ quanto porta compiutamente a termine lo staff del Centro Estetico Auto di Treviolo: un pool di 12 professionisti seguono il benessere delle vetture dall’inizio alla fine. A partire dalla carrozzeria e dagli interni fino al cuore meccanico. Certo, per farlo ci vuole esperienza. Vito Pavone, titolare della C.E.A, offre un servizio completo per l’auto dal lontano 1979 potendo contare su personale qualificato e specializzato e su un’officina meccanica certificata ISO 9001 dotata della più moderna e sofisticata strumentazione elettronica. Vengono fornite

inoltre opere da elettrauto per l’installazione di servizi satellitari, kit vivavoce, sensori parcheggio, bluetooth, impianti hi-fi, antifurti, oltre naturalmente ad ogni genere di “trattamento” per l’amata macchina. Tra le lavorazioni di cui il Centro Estetico Auto è capace partiamo dalla rimozione senza verniciatura dei bolli alla carrozzeria causati, per esempio,

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Testo: Fabio Cuminetti


dalla grandine. Da non dimenticare la posa di pellicole oscuranti anticalore e antisfondamento per vetri, omologate e garantite per 5 anni. Venendo agli interni, di altissima fattura gli interventi di colorazione e ripristino di sedili e volanti in pelle, l’applicazione di braccioli, la riparazione e il rifaci-

mento della moquette, l’allestimento di interni anche personalizzati, il lavaggio igienizzante (anche su sedili in tessuto e microfibra) e il trattamento idratante per la pelle. Il risultato è stupefacente e non ha nulla da invidiare al nuovo, con costi ovviamente decisamente inferiori rispetto alla sostituzione di un sedile macchiato o danneggiato da tanti anni di utilizzo. Destinatari dei trattamenti non solo le auto ma anche moto, camion, camper, barche e aerei. Ultima, ma non meno importante, l’officina. La C.E.A. può venire in soccorso con un carroatrezzi e con il montaggio di pneumatici con bilanciatura e convergenza. Perché se «da noi le novità si vedono e si provano – spiega Vito Pavone – è vero anche che in qualsiasi momento il cliente può avere a disposizione personale specializzato per l’assistenza ovunque si trovi». Infine il Centro Estetico Auto esegue perizie

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di carrozzerie con accordi conservativi e pagamenti diretti con la responsabile Emanuela Delcarro. Sono disponibili auto di cortesia. Colonne portanti di C.E.A. sono: Vito Pavone, titolare aziendale; Omar Cairoli, tecnico qualificato levabolli; Daniela Paparello, responsabile commerciale; Emanuela Delcarro, responsabile perizie e accordi con periti e amministrativi; Giuseppe Previtali, tecnico qualificato colorazione pelle, Alessandro Alessio, tecnico qualificato meccanico.

Centro Estetico Auto VIA G.FALCONE 2/H TREVIOLO TEL. 035 692996 www.centroesteticoauto.it


Cult

Festival Pianistico tra Liszt e Mahler

La 48ª edizione della kermesse di Brescia e Bergamo intende commemorare i due compositori abbracciando in un solo sguardo le loro visioni poetiche. In programma 28 concerti dedicati alla “musica dell’avvenire”

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el 2011 si celebrano gli anniversari di due grandi musicisti: il bicentenario della nascita di Franz Liszt (1811-1886) e il primo centenario della scom parsa di Gustav Mahler (1860-1911). La 48ª edizione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo intende commemorare i due celebri compositori abbracciando in un solo sguardo le loro visioni poetiche, assai dense di contenuti e ancor oggi cariche di spunti di riflessione. I concerti in calendario sono 28, equamente suddivisi tra Brescia (tutti al Teatro Grande) e Bergamo (tutti al Teatro Donizetti, tranne il recital di Olga Kern del 4 maggio, che si terrà al Teatro Sociale). Sarà Mahler a inaugurare questa 48ª edizione. Domenica 1 maggio al Teatro

Donizetti di Bergamo e lunedì 2 al Teatro Grande di Brescia Daniel Harding dirigerà la Swedish Radio Symphony Orchestra nell’esecuzione della Nona Sinfonia. Sia il direttore inglese, ques’anno ammirato nel concerto di capodanno alla Fenice di Venezia, che l’orchestra svedese costituiscono una novità per il pubblico del Festival. Il cartellone 2011 prosegue con il doppio appuntamento, il 4 maggio a Bergamo e il 5 a Brescia, con la pianista russa Olga Kern, con un programma che si divide tra Rachmaninov (Sonata n.2) e Franz Liszt (Rapsodia ungherese n.2 e Reminiscenze dal Don Giovanni di Mozart. Il resto del programma è consultabile sul sito www.festivalpianistico.it

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Testo: Fabio Cuminetti


Da 50 anni la pietra di qualità garantita dall’estrazione alla posa in opera.

La Pietra di Credaro è oggi largamente utilizzata e viene richiesta per svariate applicazioni: pavimentazioni, facciate, muri di cinta e anche per gli interni. Piace per la sua robustezza e le sfumature di colore che offre. Al contrario del marmo che ha un aspetto omogeneo, questo materiale presenta varie tonalità che vanno dal grigio chiaro al giallo e al rossiccio. Molto dipende da come è posizionata la pietra. Quando viene utilizzata per creare una pavimentazione finiscono per primeggiare le sfumature tendenti al giallo, mentre nei rivestimenti verticali la tonalità prevalente risulta essere quella grigia.

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Cult

Elisa, il tour di “Ivy” in città

La raffinata cantautrice di Monfalcone, al Donizetti il 17 aprile, sarà accompagnata sul palco da un coro di voci bianche e arrangiamenti acustici sottolineeranno la sua straordinaria voce

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opo il successo del suo ultimo progetto discografico ha deciso di tornare ad esibirsi dal vivo scegliendo i palcoscenici delle principali città italiane. Elisa Toffoli, per tutti semplicemente Elisa, si riaffaccia sulle scene con “Ivy”, un concept-album quasi autobiografico. La nuova e sorprendente tournèe riempirà della sua musica i più importanti teatri delle principali città italiane, approdando il 17 aprile al Donizetti. «Ci sono cose che ti restano dentro - ha spiegato Elisa - senza che tu sappia spiegartene il motivo, cose che ti appartengono e a cui tu appartieni. E queste sono le canzoni che mi sono rimaste dentro, in un posto dove sono arrivate nella loro essenza e nella loro semplicità. Questo è il posto speciale dove ho attinto, e queste sono alcune delle

canzoni che nell’arco di questo tempo si sono depositate qui. E la loro bellezza e la loro forza è simile alle emozioni che trovo nella natura. La forza della semplicità, la forza dell’armonia, della dolcezza e della purezza. E questo per me è Ivy». Elisa sarà accompagnata da un coro di voci bianche e arrangiamenti acustici sottolineeranno la sua straordinaria voce. Intanto si può già ascoltare in radio, dopo “Nostalgia”, primo singolo estratto dell’album, il secondo singolo “Sometime Ago”, brano dalla musica energica scritto e composto da Elisa e dedicato al nonno. I biglietti, al prezzo, comprensivo di prevendita, di 69 euro per i posti platea, 57.50 euro per i palchi, 34.50 euro per i posti galleria, sono in vendita alla biglietteria del Teatro Donizetti e tramite il circuito Vivaticket e Ticketone.

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Testo: Fabio Cuminetti


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Cult

Raphael Gualazzi, concerto a Seriate

Il vincitore di Sanremo Giovani tra i protagonisti di “Emozioni e Tradizioni”, rassegna di teatro, musica e danza promossa dall’assessorato alla Cultura di Seriate in collaborazione con Saturnalia Progetti ed Edicom

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n talento in ascesa, è bravo, lo risentiremo e vedremo” è la critica comune di ogni testata giornalistica nei suoi riguardi. Detto, fatto. Raphael Gualazzi, vincitore di Sanremo Giovani, è stato a Seriate per “Emozioni e Tradizioni”. La rassegna di teatro, musica e danza, arrivata alla sua terza edizione, promossa dall’assessorato alla Cultura della Città di Seriate, con la direzione artistica di Saturnalia Progetti e l’organizzazione di Edicom (tel. 035359011), è stata lungimirante e al passo coi tempi. Ad aprire la rassegna la commedia dell’arte di “Filtri di Vini” a cura del Teatro Viaggio, sabato 12 marzo, al Teatro Aurora. Dalla commedia al flamenco, espressione di un popolo per cui canto, musica e danza erano parte integrante della vita quotidiana, fino a diventarne segno di identità

culturale. Lo spettacolo di danza “Ritmo Flamenco… Emozioni in musica”, a cura della Compagnia Ayf, chiuderà la rassegna, venerdì 29 aprile, alle 21, al Teatro Gavazzeni, ingresso gratuito. E poi la musica. Gualazzi ha portato il tour “Reality and Fantasy” venerdì 18 marzo al Teatro Gavazzeni. Si prosegue venerdì 8 aprile, alle 21, al Teatro Aurora, ingresso gratuito, con il cantautorato del teatro canzone di Ettore Giuradei, accompagnato da Stefano Vergani & Orchestrina Acapulco. La sintesi tra le tradizioni musicale e religiosa e le emozioni del canto sarà messa in scena sabato 16 aprile, alle 21, nella chiesa parrocchiale di Seriate, ingresso gratuito, per il consueto concerto di musica sacra della domenica delle Palme a cura del gruppo vocale bresciano “Cantores Silenti”.

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Testo: Fabio Cuminetti


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Cult

1861-2011: Bergamo nel Risorgimento italiano

Prosegue il nostro ricordo dell’impresa dei Mille ripercorrendo questa volta la figura di Elia Marchetti, la cui tomba è onorata ancora oggi in Polonia, nelle parole di Giuseppe Dossi

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he la tomba di Francesco Nullo e degli altri eroi bergamaschi caduti nella spedizione in Polonia del 1863 sia sempre venerata è cosa nota, ma che quella di Elia Marchetti sepolto a Chrzanòw - cittadina di 40.000 abitanti nel distretto di Cracovia - fosse ancora oggi curata dalle donne del posto, è veramente commovente. Ma chi era Stefano Elia Marchetti? Nato a Bergamo nella Parrocchia di S. Alessandro della Croce il 10 novembre 1839, si arruola entusiasta a soli 19 anni nell’8ª “Compagnia di ferro” per seguire Garibaldi in Sicilia e a Palermo con grande coraggio salva la vita al comandante Vittore Tasca, pure lui bergamasco. Nel

1862 accorre con Daniele Piccinini, suo grande amico, ad Aspromonte, scontando con lui 40 giorni di prigionia nel forte di Vinadio. Poi, sempre inquieto, si unì al Nullo nel 1863 nella spedizione in Polonia. Ferito gravemente nel combattimento di Krzykawka, fu trasportato dopo un lungo e pericoloso viaggio a cavallo nella casa ospitale della nobile famiglia Horwath, la cui signora ha lasciato la seguente testimonianza: «un giorno arrivò a Chrzanòw sotto scorta militare un drappello d’insorti… tra gli stessi un giovane italiano ferito da una palla nel petto… non descriverò i dolorosi particolari della morte del povero giovane... al cimitero la folla proruppe in un gran

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Testo: Giuseppe Dossi


pianto gridando: addio fratello nostro!». Sul funerale del Marchetti, avvenuto l’11 maggio (la morte lo ha colto quando aveva appena compiuto 23 anni), c’è anche la testimonianza di un missionario comboniano, Giovanni Migliorati, che ha lavorato in Polonia: «Il coperchio della, bara, coperto da ghirlande, veniva portato dalle donne e la cassa scoperta a turno dai giovani. La testa del morto sporgente dalla bara creava un’atmosfera toccante… Il corteo funebre iniziava con 60 ragazze vestite in bianco che in silenzio portavano numerose candele accese... Era un lamento generale e non c’era occhio asciutto... Il corteo passò vicino all’edificio dove alcune decine di prigionieri, colleghi del defunto, guardavano stupiti dai finestrini; si convinsero con i propri occhi come un popolo possa apprezzare il sacrificio e la fratellanza». Nel primo anniversario della morte un gruppo di quelle donne polacche mandarono alla famiglia dell’eroico Marchetti

Garibaldini, sagome per la città Nell’ambito delle iniziative organizzate dal Comitato “Bergamo per i 150 anni” in occasione dell’anniversario d e l l’ Un i t à d’ It a l i a , f i n o a dicembre sagome di garibaldini accompagneranno i visitatori lungo le “Passeggiate Risorgimentali”: due percorsi storici nei luoghi di Città Alta e Città Bassa che ospitarono i protagonisti o eventi significativi del Risorgimento. Il progetto è a cura di Edicom-Bergamo Servizi.

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un cofanetto di ebano con intarsi d’avorio che conteneva un po’ di terra e alcuni fiori con una lettera al padre Vincenzo in cui scrivevano: «Terra e fiori raccolti sulla tomba di vostro figlio. Il sacrificio della sua giovane esistenza l’infelice Polonia non dimenticherà mai». Pr o m e s s a c h e l a Po l o n i a r e d e n t a mantiene ancora oggi con religioso culto come è stato testimoniato anche di recente ad una parente ancora vivente di Elia Marchetti, la signora Marilena Marchetti abitante in quel di Sorisole.


Capo d’Orso, bomboniera di Sardegna É una delle destinazioni più suggestive dell’isola, di fronte all’arcipelago di La Maddalena e alla Costa Smeralda. L’omonimo hotel del Gruppo Delphina, romantico ed esclusivo, è nascosto fra olivastri e ginepri

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l celebre orso granitico è accovacciato tra le rocce, quasi a guardia della costa sarda. Di lui si era occupato l’astronomo alessandrino Tolomeo già nel II secolo d.C., e gli storici affermano che Omero abbia ambientato qui l’episodio dell’approdo di Ulisse nella terra dei Lestrigoni. Modellata dal vento, questa straordinaria scultura naturale dà il nome alla località - Capo d’Orso appunto - nel prestigioso parco di Cala Capra e nell’omonima baia: un angolo incontaminato di Sardegna a soli 4 km da Palau e 40 km da Olbia. É questa una delle destinazioni più suggestive dell’isola, di fronte all’arcipelago di La Maddalena e alla Costa Smeralda. L’omonimo hotel del Gruppo Delphina, romantico ed esclusivo, è nascosto fra olivastri e ginepri, con 100.000 mq di parco circondato da spiaggette riparate dai

venti. Un grazioso porticciolo privato è l’approdo a questa bomboniera incastonata su un lembo di terra che si specchia nelle acque smeraldine. L’Hotel Capo d’Orso ha sempre avuto uno charme tutto suo, fatto di elegante semplicità, di tanti piccoli e grandi servizi e di una eccellente ristorazione. La struttura alberghiera è senza dubbio un ottimo punto di partenza per numerose escursioni con le imbarcazioni della flotta Poseidon e Delphina, verso le isole dell’Arcipelago, la Costa Smeralda e la Corsica. E per un tocco di mondanità c’è sempre Porto Cervo. Tornati all’hotel Capo d’Orso ci si può rilassare nel prestigioso Centro benessere thalasso & Spa. Per gli sportivi c’è un panoramico campo da golf, Pitch&Putt 9 buche, e una palestra coperta, aperta sulla scogliera. Info: www.delphina.it

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