Città dei Mille febbraio/marzo 2015

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CASE DI PRESTIGIO

La Sardegna si presenta a Bergamo

INTERVISTE:

Antonio Gavazzeni Gloria Belotti Don Fausto Resmini Loredana Poli

FEBBRAIO / MARZO 2015

Anno 18 - N째1 Febbraio/Marzo 2015 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00




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Edito riale

Editoriale

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he Bergamo abbia un cuore grande non è novità. C’è una solida etica del lavoro e del risparmio, vero, ma la comunità non si dimentica mai degli ultimi. E, parlando degli ultimi, c’è un prete da 37 anni in prima linea, don Fausto Resmini. Nel 1978 fonda la Comunità don Milani per il recupero dei minori e nel 1990 istituisce il Servizio Esodo e l’Associazione In-strada che - come dice il nome - si rivolge ai più poveri ed emarginati, a coloro che appunto vivono per strada: «Bisogna considerare – spiega don Fausto - che ci sono delle delusioni della vita che ti portano un po’ a buttare a monte tutto quello che era sicuro. È il caso delle nuove povertà». Tra le interviste c’è anche quella con la dottoressa Gloria Belotti, responsabile medico della Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice (Carisma): ci parla di Alzheimer, epidemia del terzo millennio. Completano la sezione l’incontro con Loredana Poli, assessore del Comune di Bergamo a Istruzione e Sport, e con Antonio Gavezzeni, amministratore delegato di Bagutta. E, in vista dell’Expo, cominciano i primi segnali di movimento. L’imperdibile mostra «Palma il Vecchio, lo sguardo della bellezza», innanzitutto, allestita alla Gamec dal 13 marzo al 21 giugno: quasi quaranta capolavori dell’artista orobico, provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private italiane ed internazionali. Poi, il progetto dei commercianti di Bergamo Centro per l’Esposizione Universale: un calendario ricco di eventi, performance e ospiti. Segnaliamo infine che la rubrica d’alta cucina passa a Pierangelo Cornaro, Chef Patron del Ristorante Colleoni & dell’Angelo. Buona lettura! Claudio Gualdi

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di Claudio Gualdi


restaurant


La mia

rubrica

Glamour. Charme!

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ascino. A noi piace l’italiano e perciò preferiamo usare questa parola piuttosto di glamour o di charme. Ma ci siamo capiti: parliamo di “quel non so che” per cui qualcuno, qualcosa ci attrae, ci colpisce, a volte fatalmente. La parola, nella sua origine, non porta con sé un’accezione positiva: se il fascino è un incantesimo, e qui siamo ancora in un’area ambigua, poi si scivola ben presto in sinonimi come malia, sortilegio, fattura, maleficio, stregoneria. Si tratta insomma dell’esercizio di un potere e, come tale, è un’arma a doppio taglio. Ma è interessante ragionarci perché il fascino non è solo da associare alla sfera sessuale ma comanda tutta una serie di scelte, perfino politiche, che solo apparentemente hanno a che fare con la ragione e che invece mostrano tratti distintivi legati proprio alla fascinazione. Che è del cuore, che è della pancia. Che cosa ci affascina oggi, in quest’epoca algida e incapace di stupori, dove ci pare che il già visto, il già ascoltato, il già vissuto, anche solo virtualmente, siano ormai i potenti anestetici di un meccanismo, quello di massa, che ha bisogno del nostro apatico consenso? Ne parleremo, nel prossimo numero.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Expo, vince l'Italia "perbene"

ra il 31 mar zo 2008 quando Milano si aggiudicò l’Expo: il primo maggio 2015, data di inizio dell’esposizione universale a Milano, sembrava lontanissimo. Sette anni separano il giorno dei festeggiamenti e delle congratulazioni, abitato da tanti buoni propositi e dall’uso smodato dell’espressione “eccellenza italiana”, dal giorno della resa dei conti, in cui ci si aspetta che i buoni propositi siano diventati buone pratiche e che le prove della ”eccellenza italiana” siano sotto gli occhi dei visitatori. Se t t e a n n i s o n o p a s s a t i s e n z a c h e nemmeno ce ne accorgessimo: quattro governi si sono succeduti, il sindaco di Milano è cambiato, la giunta regionale anche e perfino il Presidente della Repubblica non è più Giorgio Napolitano. Nel frattempo numerosi scandali sono scoppiati attorno ai lavori dell’Expo: indagini, arresti e commissari speciali per combattere la corruzione dilagante. Ormai mancano solo pochi mesi all’inaugurazione e troppo spesso nelle risposte di chi

è interrogato sullo stato di avanzamento dei lavori figura il tempo verbale sbagliato, lo stesso del 2008: il futuro. Riflettendo sull’Expo 2015 è facile abbandonarsi allo scoraggiamento e alle critiche fini a se stesse. Sebbene sia evidente che non tutto è andato come doveva e che la disorganizzazione e il malaffare abbiano contribuito a dare una pessima immagine del nostro paese anche in questa occasione, un racconto onesto dell’Esposizione Universale non può ignorare l’influenza positiva della manifestazione sull’economia italiana e soprattutto sul rinnovamento urbanistico di Milano. Il tema dell’esposizione è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, il protagonista sarà quindi il cibo con tutte le questioni che gli stanno attorno: l’alimentazione, il processo produttivo degli alimenti e l’ecologia. Vale la pena di partire da una ricognizione degli spazi che stanno cambiando il volto della città. Il sito espositivo, alle porte di Milano, riprende la struttura del “castrum” latino,

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di Emanuela Lanfranco

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l’accampamento degli antichi romani attraversato da due assi perpendicolari: il Cardo e il Decumano. Il Decumano è la via principale sulla quale si affacceranno i padiglioni dei paesi partecipanti: lungo un chilometro e mezzo taglierà il sito espositivo da est a ovest collegando idealmente la città, luogo in cui il cibo viene consumato, alla campagna, dove il cibo è prodotto. Il Cardo, orientato secondo l’asse nordsud, avrà per protagonista Palazzo Italia dove saranno mostrate al mondo le tradizioni e la cultura legate al cibo italiano. Se il Decumano ospita il mondo e il Cardo mostra l’Italia, il punto in cui si intersecano rappresenterà il luogo di incontro tra il nostro paese e il mondo e si chiamerà “Piazza Italia”. Alle quattro estremità del Cardo e del Decumano sorgeranno la Lake Arena, l’Open Air Theater, la Collina Mediterranea e l’Expo Center. All’estremo nord, la Lake Arena sarà un bacino d’acqua al centro del quale svetterà l’Albero della Vita, una torre di 35 metri che si allargherà verso l’alto aprendosi come un ventaglio. L’idea dell’architetto

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Marco Balich è una sorta di “esplosione tridimensionale” della pavimentazione del Campidoglio ideata da Michelangelo. Il progetto ha attirato numerose critiche e accuse di plagio dell’architetto Chris Wilkinson, autore dei “supertrees” di Singapore, a dire il vero molto simili all’albero di Balich. Il lago sarà circondato da gradinate con una capacità di 20.000 persone, da 100 alberi disposti su tre file e da una piazza di 28mila metri quadri. L’acqua della Lake Arena avrà un’importanza particolare perché verrà dal canale Villoresi, parte del progetto di valorizzazione delle “Vie d’Acqua” che circondano Milano. A sud l’Open Air Theater sarà un enorme teatro all’aperto, il palco sarà protetto da pannelli solari che soddisferanno, almeno in parte, i bisogni energetici degli spettacoli. Fino all’anno scorso circolavano voci, purtroppo smentite, secondo le quali il teatro avrebbe ospitato un triplo concerto di Bruce Springsteen in occasione dell’Expo. A est la Collina Mediterranea sarà il belvedere dal quale ammirare il sito espositivo. Passeggiando sul sistema di rampe che

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conduce alla cima, sarà possibile ammirare le colture e vegetazioni tipiche dell’ecosistema mediterraneo. Infine, a ovest, l’Expo Center si comporrà di tre blocchi indipendenti: un Auditorium e un’Open Plaza per concerti e spettacoli e un Area Meeting per le conferenze. Il progetto è molto ambizioso e le idee sembrano ottime anche se la loro realizzazione pare in alto mare. Expo e Telecom Italia hanno realizzato un progetto chiamato “Belvedere in città” che permetterà di controllare lo stato di avanzamento dei lavori grazie a un drone che sorvolerà l’area durante le pause pranzo. Ogni lunedì, il video realizzato dal drone sarà pubblicato e chiunque potrà “volare” sul sito espositivo, grazie a un sistema che rappresenta in un certo senso l’evoluzione tecnologica dello sguardo attento del pensionato che, con le mani dietro la schiena, osserva l’avanzamento dei lavori stradali e non risparmia nessuna critica. Il drone da lassù registrerà la persistenza di un’Italia “perbene”, ancora capace di programmare e realizzare grandi imprese? Ci crediamo, nonostante.


Editoriale La mia rubrica Approfondimento

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La Sardegna si presenta a Bergamo

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cover story

Speciale: San Paolo d'Argon

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Orio, il numero di passeggeri vola alto Accademia della Guardia di Finanza a sostegno dell'Associazione Arlino Standing ovation per la nona edizione del concerto di Natale Città di Bergamo Primo soccorso dell'aeroporto di Orio. La gestione a Humanitas Gavazzeni

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vip & news

Speciale: Albano Sant'Alessandro

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Sommario

Ariberg, una storia di successo ultraventennale Bagutta, tra classico e contemporaneo «Le scuole siano aperte ai quartieri» Una vita dedicata agli ultimi Alzheimer, epidemia del terzo millennio

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interviste

Expo: più energia e luce in città Emmetre Clima Service: 15 anni di esperienza a Servizio del Cliente

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imprese

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in Vetrina

Luberg Golf Cucina Motori Hair Style Arte Spiritualità

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rubriche

Giovanni Allevi live con «Love» Bergamo Jazz, edizione numero 37 Palma il Vecchio, lo sguardo della bellezza Appunti disordinati di un viaggio in treno da Bergamo a Roma Un libro sulla vita di Eleonora Cantamessa

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cultura

Città dei Mille - anno 18 n. 1 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001 Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. www.ediberg.it Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti Abbonamenti: 035 35 91 011 segreteria@ediberg.it 1 anno - 27 euro Stampa: Sigraf - Treviglio (Bg) Pubblicità: Tel. 035 35 91 158

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La Sardegna si presenta a Bergamo

Gabriella Benigna, responsabile del progetto “Dimore in Sardegna”, presenta le proposte immobiliari della società CASE DI PRESTIGIO realizzate da imprese bergamasche nell’isola dal mare cristallino

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uongiorno signora Benigna, perché volete presentare la Sardegna a Bergamo? L’isola dei coralli è sempre nei sogni di tutti, soprattutto quando si pensa alle vacanze estive: chi non desidera fare un tuffo in quelle acque così trasparenti? Dall’aeroporto di Bergamo Orio al Serio in meno di un’ora si raggiungono gli aeroporti di Olbia e di Alghero con tariffe lowcost: è un vero privilegio per i bergamaschi! Ecco perché abbiamo deciso di presentare a Bergamo questo villaggio, che si trova nell’incantevole costa nord della Sardegna, costruito dalla società LA CASA BIANCA

ITALIA S.p.A. di Alzano Lombardo, di cui noi di CASE DI PRESTIGIO abbiamo l’esclusiva. Nel vostro sito internet le location sono molto raffinate e vicine al mare... Si tratta di abitazioni affacciate direttamente sulla spiaggia, in ville a due piani, in cui poter scegliere il piano a giardino o quello superiore… oppure entrambi! Si può godere pienamente degli spazi esterni, del verde dei giardini privati e delle verande, ma anche degli spazi interni: una, due o tre camere, zone living grandi e luminose e bagni finestrati. Senza dimenticare la bella piscina che anticipa la discesa a mare.

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a cura della redazione

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Va bene: ma forse il prezzo non è proprio a portata di ogni portafoglio… In realtà, grazie alla consolidata esperienza, competenza ed efficienza delle imprese bergamasche che hanno realizzato queste soluzioni immobiliari, siamo riusciti ad offrire un prezzo decisamente tra i più bassi nel mercato immobiliare attuale. A parte i soldi, ma è vero che proprio i bergamaschi sono innamorati della Sardegna? Confermo. E forse questo feeling non è soltanto per l’acqua cristallina che la Sardegna può offrire. Questa è un’isola in cui si va per il mare, ma dove si può visitare anche un magnifico entroterra,

con uno stile di vita particolarmente riservato, immerso in un paradiso selvaggio e incontaminato. Oltre alla Sardegna avete altre proposte? Scegliamo sempre nei luoghi più belli e suggestivi d’Italia. Abbiamo proposte interessanti in Valle d’Aosta, a Ponte di Legno, a Venezia, in Toscana, a Pantelleria e anche al Lago di Garda. La Sardegna va benissimo per le vacanze, mentre il lago è un’ottima soluzione per una casa (con piscina) da frequentare nei weekend in tutte le stagioni. Desenzano e Sirmione sono splendide località soltanto a un’ora di auto da Bergamo e il clima del lago di Garda è davvero invidiabile.

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San Paolo d’Argon La chiesetta di San Pietro delle Passere

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San Paolo d’Argon, via Nazionale n.27, 035.958071

Alla fine del paese, al lato della strada che conduce a Trescore Balneario, sulla sinistra, si trova la chiesa romanica di San Pietro delle Passere, che rappresenta, per la sua contenute dimensioni e per la semplicità costruttiva, un singolare esempio di architettura povera e devozionale. La prima costruzione della chiesa di San Pietro risale alla prima metà del sec. XI e, pertanto, preesisteva al monastero benedettino a cui poi appartenne. Le fonti storiche – scarsissime - riportano che solo nell’anno 1212 la chiesa venne donata dal vescovo di Bergamo al monastero di San Paolo d’Argon. L’edificio è ad aula unica con un’ampia abside; questa è testimonianza della fase originaria della costruzione, insieme al sopravvissuto basamento del campanile sul fianco sud. Della torre campanaria non vi è più traccia, sostituita da una semplice vela. Della prima fase romanica rimane la tessitura muraria compatta leggermente movimentata dalle monofore a feritoia strombate. Un crollo strutturale nel secolo XIV ha costretto ad un parziale rifacimento anche dalla parte nord dell’abside che ha eliminato gli archetti. Un documento del 1335 testimonia infatti della volontà del vescovo Cipriano Alessandri di ricostruire la chiesa, evidentemente diroccata. L’aula dell’edificio fu dunque realizzata a questa data, segnata dall’uso di materiale più omogeneo e da una tessitura muraria più ordinata.

L’Abbazia Benedettina, un gioiello di storia tornato da due anni all’antico splendore Il primo dicembre scorso sono passati due anni dall’inaugurazione della restaurata Abbazia Benedettina di San Paolo d’Argon: un gioiello di storia riqualificato a centro di spiritualità, di studio, di eventi e di alta formazione. Fu fondato da monaci cluniacensi nel 1079, a seguito della donazione del terreno da parte del conte di Bergamo Giselberto. Nel corso del XV secolo, a seguito di lotte intestine e della complessa situazione politica circostante, la comunità cluniacense fu soppressa e il monastero annesso alla Congregazione Cassinense di Padova. Importanti ampliamenti furono eseguiti nel secolo XVI, in particolare con la costruzione dei due chiostri. Si crea anche, su disegno di Pietro Isabello, il refettorio poi divenuto cappella. L’antica chiesa cluniacense di impianto romanico fu sostituita da una nuova costruzione, iniziata nel 1684 su disegno dell’architetto luganese Domenico Messi. Gli interni sono decorati con affreschi, altari, stucchi e statue del sec. XVIII. La chiesa divenne poi parrocchiale intitolata a San Paolo Apostolo. Il convento fu soppresso in epoca napoleonica (1797) e passò nelle proprietà dell’Ospedale Maggiore di Bergamo, divenendo casa colonica e deposito agricolo. Nel 1935 il complesso fu acquisito dalla famiglia Prometti che lo donò al Vescovo di Bergamo, Adriano Bernareggi. La chiesa e un’ala dell’edificio conventuale furono destinate alla parrocchia, mentre gli spazi rimanenti furono dati all’Opera patronato San Vincenzo per uso educativo e spirituale. Nel 1998 questa parte tornò in piena proprietà diocesana, con il progressivo venir meno delle attività svolte dall’opera assistenziale.

Il corpo musicale del paese compie 33 anni

San Paolo d’Argon, via Francesco Baracca n.2 333.1580461 - 035.958436 - bstefan49@yahoo.it

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RECUPERO EDILIZIO

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APPROFITTA DEL

È stato fondato nel lontano 1982, il Corpo Musicale di San Paolo d’Argon. Nel 2012 ha festeggiato i suoi primi 30 anni insieme a tutta la cittadinanza, organizzando una rassegna musicale con appuntamenti di rilievo e ospiti internazionali: iniziando con la University of Northern Iowa Wind Symphony, per proseguire con il Corpo Bandistico di Borgosatollo, l’Orchestra Fiati di Vallecamonica, Percussion SmapP, Quadrophobia e infine i Gomalan Brass. Questo compleanno non è stato solo un traguardo importante, ma l’inizio di un nuovo percorso di crescita e di consolidamento del gruppo, sempre impegnato nella formazione musicale dei suoi componenti e nella diffusione della cultura musicale tra i giovani. Proprio l’attenzione ai più piccoli spinge il corpo musicale (informazioni sul sito www. argonband.it) ad avviare durante l’anno scolastico 2012/2013 una collaborazione con l’Istituto Comprensivo di San Paolo d’Argon, aderendo al progetto Yamaha OrchestranDO con l’apertura di un corso musicale dedicato ai ragazzi delle scuole elementari. L’anno successivo, grazie al convinto appoggio dell’insegnante Marie Anna Febbraio, il progetto OrchestranDO entra a fare parte delle ore curricolari. Negli ultimi anni il corpo musicale ha stretto amicizia con l’associazione Arpe di Albino, che nel mese di luglio 2013 ha invitato la banda ad inaugurare con un concerto l’apertura di una nuova casa vacanze per disabili a Piario.



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Orio, il numero di passeggeri vola alto

Ryanair sigla un accordo di crescita di 5 anni con l’aeroporto di Milano Bergamo: il traffico crescerà da 7 milioni a oltre 9 milioni di clienti all’anno. Nuova rotta per Copenaghen, prenotazioni record sui nuovi collegamenti per Crotone e Lisbona

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yanair, la compagnia aerea numero uno in Italia, ha siglato il 27 gennaio un nuovo accordo di crescita pluriennale con l’aeroporto di Milano Bergamo, in base al quale Ryanair pianifica di accrescere il suo traffico nel corso dei prossimi anni (entro marzo 2016) a oltre 8 milioni di clienti (dai 7 milioni dello scorso anno), e di continuare ad accrescere questo traffico fino a oltre 9 milioni di clienti l’anno entro il 2020. Ryanair ha anche lanciato una nuova rotta per/da Copenaghen e ha annunciato di aver registrato un record di prenotazioni anticipate sulle sue altre due nuove rotte da Milano Bergamo - Crotone e Lisbona – che partiranno nell’estate 2015. La programmazione Ryanair da Milano Bergamo per l’estate 2015 conterà: 15 aeromobili basati, 3 nuove rotte per Copenaghen, Crotone e Lisbona, 68 rotte in totale, oltre 1.000 voli settimanali (500 voli andata e ritorno), oltre 8 milioni di clienti all’anno, oltre 8.000 posti di lavoro in loco (sulla base delle cifre Aci). Ryanair continuerà a collegare Milano nell’estate 2015 con i maggiori centri europei

del business tra cui Londra (4 frequenze al giorno), Dublino (2 al giorno), Madrid (2 al giorno) e Lisbona (1 al giorno), offrendo ai clienti business le tariffe più basse da/per Milano. Il 2015 segna anche il 30esimo compleanno di Ryanair. Nel corso dei 30 anni passati, Ryanair è cresciuta fino a diventare la più grande compagnia aerea europea, trasportando 100 milioni di clienti all’anno e permettendo a questi clienti di risparmiare oltre 11 miliardi di euro ogni anno, in confronto alle più alte tariffe dei concorrenti. A Bergamo, Michael O’Leary di Ryanair, ha dichiarato: “Ryanair è lieta di siglare questo nuovo accordo pluriennale con Milano Bergamo, la nostra più grande base in Italia. Questo accordo vedrà Ryanair crescere dagli oltre 8 milioni di clienti del 2016 a più di 9 milioni di clienti all’anno entro il 2020. Ciò significa anche che sosterremo 8.000 posti di lavoro in loco a Milano Bergamo e dintorni, mentre lanciamo la nostra terza nuova rotta per l’estate 2015 – Copenaghen - in aggiunta alle altre due nuove rotte per Crotone e Lisbona. I clienti

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e i visitatori italiani possono scegliere tra 68 rotte da Milano Bergamo godendo al contempo della migliorata esperienza cliente Ryanair, che include i posti assegnati, un secondo bagaglio a mano gratuito, un migliorato sito web e la app con carte d’imbarco mobile, oltre ai servizi Family Extra e Business Plus. Milano Bergamo resta la più grande base Ryanair in Italia, e mentre stiamo dialogando con gli altri aeroporti milanesi in merito a nuove rotte e a una nuova crescita, questo nuovo accordo di 5 anni significa che Milano Bergamo continuerà a essere la principale base milanese di Ryanair e la nostra maggiore base sul mercato italiano. Per festeggiare il nostro accordo di crescita a lungo termine con Milano Bergamo e il 30esimo compleanno di Ryanair, stiamo mettendo a disposizione 100.000 posti in vendita a partire da soli €19.99 per viaggiare a febbraio, marzo e aprile, prenotabili entro la mezzanotte di giovedì (29 gennaio). Poiché i posti a questi prezzi incredibilmente bassi andranno a ruba velocemente, invitiamo i clienti ad accedere a www.ryanair.com immediatamente".

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Accademia della Guardia di Finanza a sostegno dell'Associazione Arlino

Consegnate le apparecchiature cliniche acquistate con il ricavato del "Concerto di primavera". Strumenti preziosi per la diagnosi precoce di patologie oculari a livello infantile e adolescenziale

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unedì 19 gennaio, presso il Centro di Ipovisione e Riabilitazione Visiva dell'Ospedale "Papa Giovanni XXIII" di Bergamo, sono state consegnate le apparecchiature cliniche che erano state oggetto delle finalità della terza edizione del "Concerto di primavera", svoltosi nell'aprile dello scorso anno ed organizzato dall'Accademia della Guardia di Finanza. La manifestazione canora si era svolta presso il Teatro Donizetti nell'aprile dello scorso anno e vi avevano partecipato, a titolo gratuito, numerosi artisti di levatura nazionale che avevano sposato le finalità solidali della serata, tra i quali Mario Biondi, Roby Facchinetti, Marco Masini e "Radio Italia" nelle vesti di mediapartner

dell'evento. Grazie alla donazione, effettuata a favore della "Arlino" ONLUS, Associazione di "Ricerca a Livello Infantile e Adolescenziale di Natura Oculare" operante presso la struttura ospedaliera, è stato possibile fornire al Centro di Ipovisione dell'ospedale Papa Giovanni XXIII, situato nel comune di Azzano San Paolo, un "Microperimetro per riabilitazione oculare" e un "Ecografo oculare", efficaci strumenti di ausilio alla diagnosi precoce nei bambini e al trattamento delle degenerazioni maculari e di altre patologie della retina. Alla cerimonia sono intervenuti, il Comandante dell'Accademia della Guardia di Finanza, Gen. D.Giuseppe Zafarana, accompagnato dal Capo

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Ufficio Addestramento e Studi, Col t.ST Salvatore Russo, il Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera "Papa Giovanni XXIII", dott. Carlo Nicora, accompagnato dal Direttore dell'Unità di Oculistica, dott. Miroslav Kacerik, e dalla responsabile del Centro di Ipovisione dott.ssa Flavia Fabiani nonchè il Presidente dell'Associazione "Arlino", dott. Enrico Fusi e i Sindaco di Azzano S.Paolo, dott.ssa Simona Pergreffi. L'iniziativa si inserisce nell'alveo delle iniziative solidali che l'Accademia tradizionalmente promuove nel corso dell'anno per sostenere, in maniera tangibile, le numerosissime associazioni di volontariato operanti nel territorio bergamasco.

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Standing ovation per la nona edizione del concerto di Natale Città di Bergamo

“Emotions – le più belle canzoni della musica pop internazionale”: musica e solidarietà al Teatro Donizetti

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el mondo della musica e della solidarietà Bergamo ha registrato lo scorso dicembre un avvenimento artistico di eccezionale portata che ha richiamato un foltissimo pubblico e ha riscosso unanimi ed entusiasmanti consensi: il Concerto di Natale – Città di Bergamo che si è tenuto nel fulcro della cultura della città ossia il Teatro Donizetti. L’evento musicale e solidale, offerto gratuitamente al pubblico, è stato organizzato da Pro Loco Bergamo e Teamitalia. Un appuntamento davvero emozionante che ha visto esibirsi una band diretta da Cristian Henry Sementina e otto musicisti il cui talento è riconosciuto a livello nazionale con un repertorio d'eccezione: le più belle canzoni della musica pop internazionale hanno affascinato il pubblico presente con i brani di gruppi - o singoli artisti - più noti degli anni ’70, ’80 e ’90. Ottimo il Piccolo Coro Armonia, diretto da Luna Maggioni, che in chiusura ha

rivolto un grande augurio di Natale con Last Christmas di Wham e Happy Xmas - di John Lennon. Presenti in platea il Sindaco del Comune di Bergamo Giorgio Gori, l’Assessore alle Politiche Sociali Maria Carolina Marchesi, il Presidente di Spazio Autismo Onlus Tino Manzoni, il Presidente di Avis Comunale Bergamo Roberto Guerini e i Partner sostenitori dell’evento a cui viene rivolto uno speciale ringraziamento per aver scelto di sostenere l’iniziativa. Momenti di emozione pensati per dare un aiuto all’Associazione Spazio Autismo, impegnata nel consentire e migliorare lo sviluppo di comportamenti relativi alla comunicazione, all’interazione sociale e all’apprendimento dei minori inseriti nella scuola e nelle strutture del tempo libero. L’iniziativa è divenuta inoltre un importante momento di sensibilizzazione sul tema della donazione del sangue, grazie alla presenza tra i partner di Avis

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Comunale Bergamo. Come ha sottolineato Roberto Gualdi, Presidente di Proloco Bergamo e Teamitalia: “L’intento benefico del concerto ha senz’altro richiamato l’attenzione dei bergamaschi sempre generosi nel rispondere ad appelli per aiutare chi ha bisogno. La proposta artistica - unica per la composizione della band, formata da artisti di primo livello - e il repertorio proposto sono stati pensati appositamente e unicamente per il concerto di Natale 2014”. Con applausi entusiastici e richieste insistenti di bis, si è conclusa questa nona edizione del Concerto di Natale della Città di Bergamo. Si ringrazia per il sostegno: Confiab, Fo n d a z i o n e C r e d i t o B e r g a m a s c o , Generali – Agenzia di Bergamo, ROL Rosolen Outsourcing Logistics SRL, AVIS Comunale Bergamo, Lazzarini Dolciumi, Confindustria Bergamo, Engel & VÖlkers , Blue Change – Strategia del cambiamento, Centax Telecom e Zambaiti Parati.

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Primo soccorso dell’aeroporto di Orio La gestione a Humanitas Gavazzeni

acbo, società di gestione dell’aeropor to di Orio al Serio, e Humanitas Gavazzeni, hanno sottoscritto una convenzione per la gestione del servizio di Primo Soccorso Aeroportuale, a partire dal primo gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2016. Il servizio garantisce 24 ore su 24 la presenza in aeroporto di un medico, responsabile del servizio di Primo Soccorso, sia per urgenze legate alle emergenze aeroportuali sia per visite mediche a passeggeri, accompagnatori, personale dipendente di Sacbo e degli altri enti e organismi aeroportuali. Il Primo Soccorso Aeroportuale dispone di un presidio ambulatoriale posizionato nell’area pubblica del terminal, oltre che di un auto medica dotata delle apparecchiature necessarie al primo intervento sanitario per consentire gli spostamenti del medico di turno in tutte le aree dell’aeroporto. L’ospedale Humanitas Gavazzeni garantirà la consulenza e il supporto per tutte

le problematiche sanitarie che potranno evidenziarsi nel corso dell’assistenza medica ai pazienti. I corsi di aggiornamento e la formazione dei medici, per quanto attiene all’emergenza, saranno gestiti da Sacbo in ordine alle normative e alle procedure di intervento in ambito aeroportuale. «Siamo orgogliosi di questa collaborazione con Sacbo perché ci permette di rafforzare la nostra presenza in un luogo strategico per il territorio e motore di innovazione e relazioni internazionali - dichiara Giuseppe Fraizzoli, Ad e direttore generale di Humanitas Gavazzeni -. Alla gestione di un importante servizio di primo soccorso per tutti i passeggeri dell’aeroporto, aggiungeremo anche iniziative legate in senso più ampio alla salute e alla prevenzione. La sfida sarà quella di provare a integrare le nostre competenze clinico-sanitarie con le necessità legate al transito di circa 9 milioni di passeggeri all’anno. Un flusso di persone importante per le quali pensare di essere

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non solo una presenza costante a tutela della salute in caso di necessità ma, anche, una vetrina visibile che comunichi attivamente la salute stessa». «L’assegnazione del servizio di Primo Soccorso Aeroportuale a un’organizzazione clinico-ospedaliera di primo livello, qual è Humanitas Gavazzeni - afferma Andrea Mentasti, direttore generale di Sacbo -, è garanzia di continuità in un ambito di grande responsabilità che richiede alta professionalità, capacità di intervento in ogni tipo di situazione, gestione rapide delle emergenze piccole e grandi che possono manifestarsi in ambito aeroportuale. La nuova convenzione prevede che al medico turno si affianchi, nelle ore diurne, anche un infermiere professionale. Un supporto che contribuisce ad elevare la qualità della prestazione»

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Arriva al teatro Don Bosco di Albano Sant’Alessandro, il prossimo 14 febbraio (ingresso 10 euro, 3 euro per gli under 18), «Dopodiché stasera mi butto», del collettivo artistico Generazione Disagio. Cinica e dissacrante analisi della società contemporanea, lo spettacolo è un cinico e spassoso gioco dell’oca che mira all’annullamento. Le tematiche di disagio generazionale, crisi e voglia di cambiamento vengono trattate con un gioco di ribaltamento paradossale, invece di risolvere i problemi o lottare per un mondo migliore il pubblico viene invitato a scaricare tutti i suoi problemi su un attore che è un giocatore-pedina e che si contenderà con gli altri la possibilità di arrivare per primo alla casella finale: quella del suicidio. Varie prove e imprevisti faranno avanzare o indietreggiare i personaggi su un tabellone, anche grazie all’aiuto del pubblico dal vivo. «Lo sappiamo che la vita è dura, che c’è crisi, che c’è lo spread. E allora? Dopodiché? Cosa vogliamo fare? Un nuovo partito che entra in Parlamento?!? La rivoluzione? Morire per difendere un albero in Turchia? No! E allora cosa ci rimane? Il suicidio? Si! Ma per ridere!».

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Sulla crisi c’è chi ci ride sopra. A teatro

Cristicchi racconta «Le memorie del Magazzino 18, storia di una tragedia rimossa» La fortunata tournèe di «Magazzino 18» arriva anche al teatro Don Bosco di Albano Sant’Alessandro, il prossimo 28 febbraio (ingresso 15 euro, 3 euro per gli under 18). Lo spettacolo, interpretato da Simone Cristicchi - anche autore del testo assieme a Jan Bernas - si avvale della regia di Antonio Calenda e delle musiche di scena di Valter Sivilotti registrate dalla Friuli Venezia Giulia Mitteleuropa Orchestra. Il Magazzino 18 del titolo è un “luogo della memoria” particolarmente toccante che si trova nel Porto Vecchio di Trieste. In quel magazzino si trovano gli oggetti lasciati dagli italiani che, dopo il trattato di pace del 1947 che assegnava vasti territori dell’Istria e della fascia costiera alla Jugoslavia, furono costretti ad abbandonare le loro terre natali per proseguire la loro esistenza in Italia o altrove. Attraverso sedie, stoviglie, fotografie, giocattoli e soprattutto attraverso le storie che ognuno di questi oggetti racchiude in sé, lo spettacolo racconta di una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento. «Magazzino 18» – lavoro prodotto dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia – è una sorta di “musical civile”: Simone Cristicchi narrerà ogni storia con un registro vocale, costume e atmosfera diversa, punteggiandola con canzoni e musiche inedite.

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Albano Sant’Alessandro Una storia ultramillenaria: la prima documentazione scritta che riporta il nome di Albano risale all’anno 1000 La maggior parte degli storici è propensa ad attribuirne la genesi del nome del paese al nome del suo possessore, o del suo gruppo di appartenenza: a tal riguardo tutti concordano nell’individuarne una matrice romana. La forma del nome riconduce ad un antico Albanium, e dimostra che in questo luogo si era stabilita o aveva possedimenti la famiglia degli Albii all’epoca romana. Che poi questa famiglia fosse assai diffusa nell’Italia Superiore, lo provano l’Albese comasco e l’Albiate in Brianza. La prima documentazione scritta che riporta il nome del paese è databile attorno all’anno 1000. Dopo il declino dell’impero romano, il territorio di Albano sarebbe stato devastato a più riprese (1379, 1398 e 1403), saccheggiato ed incendiato dai ghibellini giacché gli abitanti del paese erano guelfi. Nel 1428, unitamente a Bergamo, il territorio fu sottomesso alla Repubblica Veneta. Entrando a far parte dei domini della Serenissima, si chiusero di fatto i periodi delle guerre tra Guelfi e Ghibellini, ed il paese vide un periodo di tranquillità. I veneziani, tra le altre cose, effettuarono opere volte all’irrigazione del territorio, su tutte la roggia Borgogna, al fine di favorire le attività agricole presenti. Durante il dominio veneto alcuni abitanti del paese riuscirono ad ottenere incarichi prestigiosi nelle gerarchie politiche della città lagunare.

Il Santuario della Madonna delle Rose, meta di pellegrinaggi

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Albano Sant’Alessandro presenta attrazioni di tutto rispetto: in primo luogo merita menzione la chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Cornelio e Cipriano, riedificata nel XVIII secolo su una preesistente pieve del XII secolo. Il Santuario della Madonna delle Rose è ancor oggi meta di pellegrinaggi ed oggetto di devozione per l’apparizione della Madonna avvenuta nel 1417, al pari della medievale chiesa di San Giorgio, posta sulla collina che sovrasta il paese. Nel borgo storico vi sono anche dei resti di una fortificazione medievale, riconducibile al periodo in cui gli scontri tra le fazioni guelfe e ghibelline andavano assumendo toni sempre più accesi. Inoltre il territorio comunale, pur appartenendo ad una zona densamente popolata, offre numerose possibilità per chi volesse stare a contatto con la natura. Negli ultimi anni infatti si sono moltiplicate le iniziative per rivalorizzare gli spazi verdi presenti, che hanno permesso alla popolazione di ritornare a scoprire angoli suggestivi. Tra questi vi è la valle di Albano, un piccolo polmone verde posto ai piedi dal crinale che unisce il colle d’Argon con il colle di San Giorgio, che è stato inserito in un Parco locale di interesse sovracomunale denominato Parco delle valli d’Argon.


Inter vista

AriBerg, una storia di successo ultraventennale Vendita e assistenza nel settore aria compressa

"Mettiamo a disposizione del cliente tutta la nostra esperienza - spiega Giovanni Cucco, fondatore dell’azienda di San Paolo d’Argon - proponendo soluzioni volte al risparmio energetico, alla sicurezza e all’ottimizzazione delle risorse"

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’ossatura imprenditoriale italiana è costituita dalle piccole-medie aziende. Capaci di resistere alla globalizzazione e alla crisi, di reagire e rinnovarsi. Una storia esemplare? L’AriBerg snc di Cucco G. & C. a S. Paolo d’Argon, azienda di distribuzione operante nel settore aria compressa. Le fondamenta di questa storia di successo sono poste nel 1979. Giovanni Cucco comincia a lavorare in un’officina di riparazione macchine. Qui fa un’esperienza articolata nel campo. Quindi fonda una società dedicata alla manutenzione e contribuisce alla costruzione di compressori di un’altra società, con cui, in 6-7 anni, fabbrica quasi 800 macchine a vite i maggiori costruttori. Veniamo al 1994: Giovanni Cucco fonda, con il socio, Mauro Martinoli, la AriBerg (www.ariberg.com), specializzata nella

vendita e assistenza tecnica di compressori d’aria. Si parte in uno stabile in affitto, poi rilevato, a San Paolo d’Argon. Nonostante la congiuntura, i risultati sono più che soddisfacenti: l’espansione non si ferma e nel 2010, con altri due soci, viene costituita la Milano Compressori ad Agrate Brianza (Mb), che oggi occupa già 5 persone. A San Paolo d’Argon lavorano invece sei addetti con l’ausilio di quattro tecnici e quattro auto officina. La società è in grado di stipulare contratti di manutenzione programmati con monitoraggio delle vibrazioni, in grado, quindi, di prevenire la rottura dei cuscinetti e l’analisi dei lubrificanti; dispone di un’apparecchiatura per la misurazione della portata che, installata per una settimana sulla rete di distribuzione aria, indica l’esatto fabbisogno in m3/min dell’impianto, potendo, così,

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valutare il corretto dimensionamento del compressore. AriBerg è certificata Iso 9001 da Ukas fin dal 2004. «Mettiamo a disposizione del cliente tutta la nostra esperienza - spiega Giovanni Cucco - proponendo soluzioni volte al risparmio energetico, alla sicurezza e all’ottimizzazione delle risorse. Tra i nostri punti forti spicca la capacità di effettuare la revisione delle viti di macchine di ogni marca con garanzia; lo abbiamo fatto per molte macchine fino a 350 kW». Le aziende rappresentate da AriBerg sono Kaeser, CompAir, Chicago Pneumatic, Parker e Smc. La Milano Compressori è, invece, autorizzata, per la sua zona di competenza, alla vendita e assistenza di Kaeser e CompAir.

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Bagutta, tra classico e contemporaneo

Un nome che ormai è considerato sinonimo di camicia. L’amministratore delegato Antonio Gavezzeni, uomo di classe, dal carattere molto determinato, incarna in pieno la filosofia della sua azienda

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i sono delle griffe che più di altre rappresentano un capo d’abbigliamento, ed è il caso di Bagutta, che oggi viene considerato sinonimo di camicia. L’amministratore delegato Antonio Gavezzeni, uomo di classe, dal carattere molto determinato, incarna in pieno la filosofia della sua azienda.

Antonio, ci racconti la vostra storia. Cit nasce nel l939 e nel l975 mio padre Pino crea Bagutta, complice anche l'incontro con Giorgio Armani, che ha disegnato per molti anni le nostre collezioni. Numerosi poi i designer alternatisi negli anni, ma dal 20l2 la direzione creativa è affidata ad Angelo Figus, laureato all'Accademia di Anversa.

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di Emanuela Lanfranco

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Nasce cosi Bagutta, oggi gestita da me e da mio cugino Andrea, terza generazione della famiglia e nipoti del maestro Gianandrea Gavazzeni, celebre direttore d’orchestra. Quali sono le caratteristiche peculiari del brand Bagutta? Le nostre armi per conquistare il consumatore e il mercato sono la qualità, la creatività, il servizio. Bagutta oggi è sinonimo di camicia, ne vogliamo parlare? Certamente. È vero, nel mondo siamo riconosciuti così, ma stiamo crescendo e per mantenerci costanti sul mercato abbiamo introdotto nuovi capi uomo/donna. Oltre al core business della camicia è necessario creare e progettare una sorta di concept store con l’aggiunta di altre tipologie di prodotto, come maglieria, pantaloni, accessori – cravatte, papillon e sciarpe. Cosa fa la differenza tra una camicia e una bella camicia? Il nostro know how nella produzione di camicie è altissimo, produciamo tanti

modelli e tante combinazioni. I dettagli che caratterizzano una camicia di qualità sono la vestibilità e il fit, ma il 70% della differenza la fa la scelta del tessuto, questo è la sua anima ed essenza. Bagutta utilizza moltissimo i tessuti italiani, per esempio Albini, ma anche tessuti giapponesi o stranieri in generale. Noi di Bagutta abbiamo una storia lunga in questo settore e siamo molto legati alla tradizione. Ho imparato che nel nostro lavoro bisogna avere continuità e che ogni variazione, di stagione in stagione, non deve modificare radicalmente la nostra impostazione. Produciamo anche camicie eccentriche perché il mercato lo richiede, ma anche in questa estremizzazione il nostro

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Dna rimane immutato. Chi sono gli uomini e le donne che indossano i vostri capi? Sono persone sensibili alla qualità e attente alla creatività del brand. Quali sono i vostri mercati, oltre all’Italia? Il 40% del nostro fatturato è dato dalle esportazioni verso l’estero. Siamo presenti in tutto il mondo ma soprattutto nei Paesi asiatici: Giappone e Corea, e stiamo lentamente inserendoci in Cina. Come mai il vostro mercato verso l'estero vede come protagonista il Giappone? Siamo presenti in Giappone fin dagli Anni 80 ed è uno dei luoghi che mi affascina di più; da li traggo le mie ispirazioni e sono molto rapito dalle sue tradizioni. E come ben sapete le tradizioni nel brand Bagutta sono un elemento fondamentale. Antonio, parlici un po’ di te come uomo e come imprenditore? Terminati gli studi ho fatto esperienze professionali all’estero, un anno a New York,


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un anno in Giappone in uno showroom, un anno a Londra in negozio e showroom di Giorgio Armani, da sempre punto di riferimento, professionista per antonomasia nel mondo della moda, geniale, espressione di onestà e professionalità, sempre fedele a sè stesso. Insomma sono cresciuto professionalmente sul marciapiede. Tutto quello che ho imparato è stato rimanendo direttamente a contatto con l’azienda e i mercati, il mio è stato un crescere quotidiano sino a diventare l’imprenditore che sono. Ho una viva passione per il calcio, sono un grande tifoso dell’Atalanta e gioco nella nazionale stilisti. Sono anche presidente di Emi (Ente Moda Italia, ndr). Come vedi Bagutta tra dieci anni? Ben distribuito nel mondo, ampliato nelle tipologie di prodotti, mantenendo il suo stile classico ma con una visione moderna e contemporanea. E per quanto riguarda l’e-commerce? Ci stiamo già lavorando per essere operativi con e-commerce diretto entro la fine del 2015. Che rapporto hai con il viaggio? Viaggio moltissimo da sempre. Pur avendo ancora una certa paura di volare, non mi tiro indietro, perché l’aereo e l’unico mezzo che ti permette di raggiungere Paesi lontani.

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«Le scuole siano aperte ai quartieri»

Loredana Poli, assessore all’Istruzione e allo Sport, in cabina di regia per una progettazione territoriale. Di concerto con i presidi. «Fare rete è fondamentale, soprattutto quando le risorse scarseggiano»

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n campagna elettorale si è parlato molto dell’azione di supervisione che il Comune deve svolgere. Coordinare, progettare, mettere in relazione. Concretizzare il disegno di una città che valorizza la sua identità a partire dalla considerazione attenta delle connessioni che legano i quartieri «e delle associazioni, attive e preziosissime, che tuttavia, in mancanza di una azione di regia, rischiano di sovrapporsi oppure di lasciare scoperti ambiti territoriali o bisogni specifici». Parola di Loredana Poli, oggi assessore all’Istruzione, Università, Formazione e Sport a Palazzo Frizzoni. In tema di «regia» (e di «disegno», non solo in senso metaforico), ha le carte in regola: dal 2010 e fino allo scorso anno è stata presidente del Coor.Co.Ge. (Coordinamento comitati e associazioni genitori

delle scuole superiori della provincia di Bergamo), per il quale ha partecipato a Oscarv Bg (Osservatorio sulla comunicazione adolescenziale tra reale e virtuale) e al Gruppo di studio provinciale «Genitori e genitorialità. Legami tra risorse e fragilità». È laureata in Architettura e Scienze dell’educazione, ha fatto l’insegnante, ha quattro figli. Parliamo di questa azione di regia. Avete già fatto dei passi in tal senso? Sì. Le faccio un esempio concreto nel mio campo. E' bastato chiamare a raccolta i Presidi dei nove istituti comprensivi di Bergamo, ponendo con loro un tema di coordinamento - delle iniziative, per confrontarsi sui criteri di finanziamento, di sostegno alle scuole da parte dell'assessorato, etc. - per raccogliere imme-

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di Fabio Cuminetti

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diatamente la loro adesione pressoché incondizionata. Non aspettavano altro. E questo è solo un piccolo esempio. Il Comune ha a che fare con una molteplicità di soggetti che spesso si aspettano che qualcuno li aiuti a fare rete. Tanto più in questo momento, in cui con le risorse stiamo litigando tutti, a vari livelli, perché facendo rete si riesce ad ottimizzare la distribuzione delle risorse e si facilita il ricorso ad risorse "altre", ovvero non necessariamente comunali. Il fatto che la Giunta abbia in mente degli obbiettivi e un piano di lavoro fa sì che queste linee guida legate al "fare regia" siano portate avanti in ogni settore. Più condivisione tra soggetti diversi, insomma. Sì, senza però pretendere che tutti siano d'accordo: io ascolto i Presidi e con loro porto avanti un ragionamento, ma poi mi riservo di decidere. E' il mestiere che devo fare in questo momento. Il passaggio dal comitato genitori all'assessorato come l'ha vissuto? Nel senso: sente di poter fare, in questo ruolo, ciò che si aspettava? Credo che ci sia la possibilità di lavorare bene, per diversi motivi. Innanzitutto, il fatto che io abbia attraversato diversi punti di vista nel mondo della scuola è una novità per la figura dell'assessore all'Istruzione, che tradizionalmente o non veniva dal mondo della scuola, o era un ex preside, o insegnante. È vero che ho insegnato, ma per poco tempo. Ho fatto il corso di abilitazione, il famigerato Tfa, ma mi sono occupata della scuola più da genitore. Del resto ha quattro figli. Sì, motivo per cui ho smesso anche di fare l'architetto: ho dovuto fare delle scelte, di cui peraltro sono felicissima. Nei comitati ha portato avanti un'idea di genitorialità sociale, molto presente anche nel vostro programma elettorale. Sì, perché è la base del tema della coesione sociale, a cui abbiamo dedicato anche uno specifico assessorato. E quell'esperienza nei comitati mi è molto utile per capire meglio, anche "di pelle", quello di cui mi parlano le persone che vengono a manifestarmi esigenze particolari. Ci sono criticità particolari nel mondo

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della scuola in città? Premetto che il mondo della scuola bergamasco è messo piuttosto bene, a livello nazionale ma anche regionale. I risultati dei test Invalsi degli studenti parlano chiaro e ci collocano in fascia alta, nettamente sopra la media. Però il taglio di risorse a disposizione sta pesando: c'è un problema di personale scolastico, che non compete all'ente locale. Una delle più frequenti lamentele dei genitori e una delle maggiori limitazioni rispetto alla qualità dell'offerta formativa che diamo agli studenti è il fatto che ci sia un turnover di insegnanti e dirigenti che avviene in tempi non compatibili con la progettazione dell’offerta formativa. Però qui deve rispondere il ministero. Vero. L'ente locale ha una funzione di coordinamento delle diverse esigenze sul territorio, poi ci sono alcuni punti di lavoro molto precisi: la gestione del sostegno educativo e del trasporto degli alunni portatori di disabilità, innanzitutto, che sono ben presidiati. Il Comune peraltro nel corso dell'ultimo anno solare ha messo a punto dei criteri di gestione di questo servizio che sono diventati un modello per gli altri comuni dell'Ambito territoriale 1. E poi c'è un lavoro di progettazione da rilanciare insieme alle scuole: ogni scuola tende ora a fare del tutto per sé, non c'è ancora l'abitudine a pensare che ci possa essere un'offerta formativa territoriale. È il lavoro che stiamo tendando di fare con i Presidi: definire uno o più ambiti sui quali il Comune possa mettere una particolare attenzione. Ad esempio? Uno fondamentale, che sta prendendo piede anche a livello nazionale, è il progetto Scuole Aperte: l'idea concreta che le scuole possano essere aperte al quartiere per ospitare iniziative rivolte alla fascia d'età degli alunni dell'istituto comprensivo, ovvero dalla materna alla secondaria di primo grado. Progetti che non siano solo didattici, ma possano spaziare in quelle declinazioni che ogni territorio reputa prevalenti, e soprattutto presidiare il tempo pomeridiano che per i nostri ragazzi è spesso di solitudine. L'idea che si possa avere un punto di riferimento con degli adulti presenti, in un'

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edificio conosciuto com’è la scuola, può essere una nuova modalità di utilizzare sistematicamente gli spazi. Ci sono altre idee in cantiere? Uno a cui tengo particolarmente concerne l'educazione motoria. Le scuole chiedono un po' di sostegno per variare l'offerta sportiva: i ragazzi, fuori da scuola, svolgono prevalentemente calcio, pallavolo e basket. Gli altri sport minori non sono molto conosciuti e tantomeno frequentati. L'idea è quella di mettere in campo, ancora più di quanto si stia facendo con il progetto "Ricomincio da tre" di Bergamo Infrastrutture, un progetto che coinvolga le tante associazioni del territorio, disponibili e collaborare e ad interagire in un processo di coprogettazione che porti anche ad avere degli spazi di gratuità. Un elemento di grande valore. Non monetario. Per i ragazzi avere a disposizione delle occasioni di gratuità è uno stimolo: fa capire che gli adulti fanno delle cose perché ci tengono davvero. Inoltre diffondere una

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cultura dello sport di base - che è anche una cultura di benessere fisico - permetterebbe a quei tanti ragazzi che, dopo la terza media, lasciano le attività sportive, di avere più chances per tenersi in forma. In una città fisicamente conformata come la nostra, poi, è possibile fare sport in situazioni informali, che non richiedono nessuna iscrizione a palestre o strutture: penso al running, ormai presenza importante in città. Poi ci sono i gruppi di cammino. Strutturare dei percorsi, con informazioni e segnalatica, è un obbiettivo che l'Amministrazione comunale può porsi, anche a partire da Expo. Una città che aiuta a star bene, insomma. Esatto. Il facilitare sport di base, poi, invoglia a lanciarsi in attività più strutturate: città che hanno fatto quest'esperienza hanno visto crescere le palestre e le associazioni sportive. Un circolo virtuoso. Lo stato degli spazi sportivi in città. Tralasciando la nota dolente del palazzetto. Abbiamo impianti sportivi con un'età media elevata. Pochi sono di recente

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costruzione. C'è una notevole spesa di manutenzione che il Comune fa fatica a seguire. Abbiamo alcuni grandi impianti molto belli, tipo l'Italcementi, che necessitano però di lavori: qualcosa è stato fatto, qualcosa verrà messo in cantiere, ma sicuramente va portato avanti un ragionamento più approfondito, perché la struttura rappresenta una grande ricchezza per la città. In generale, riuscite a soddisfare tutta la richiesta? Non completamente. Le palestre esistenti sono soprattutto quelle scolastiche. Abbiamo pensato però che una gestione coordinata con le palestre delle scuole superiori, di competenza provinciale, potrebbe migliorare le cose: i primi passi in questo senso hanno portato buoni frutti. Il governo Renzi ha messo la scuola al centro, almeno sulla carta. Cosa pensa del progetto di riforma «La buona scuola»? C'è sicuramente necessità di ripensare il nostro sistema scolastico, che però secondo me non è messo male come si


dice. Dell’arretratezza in campo scientifico siamo tutti concordi: bisogna potenziare quell'area. L'organizzazione ha un'impostazione antica, risalente a fine '800-inizio '900, da cui non riusciamo tanto a staccarci. Però non penso che per uscire da quel modello dobbiamo per forza finire in quello anglosassone, con campus strutturato, studi svolti soprattutto a scuola e non a casa, etc. Bisogna ragionare su cosa la scuola può dare oggi ai ragazzi, e sulle richieste del mondo del lavoro: a fine percorso di studi superiori, oggi, c'è una buona preparazione teorica e metodologica, ma scarsa dal punto di vista tecnico e pratico. Per cui poi la formazione vera di inserimento al lavoro la fa l'azienda, in sostanza. C’è un margine di miglioramento notevole. Assolutamente sì. Inoltre la nostra scuola non si pone un tema importante: quello di andare ad identificare dove finiscono i ragazzi e le ragazze che stanno nell’area di dispersione scolastica. Sto pensando alle scuole superiori, ma c’è chi alle superiori neanche ci arriva. L’anello più debole della catena formativa qual è, dunque?

La secondaria di primo grado. Va riformata. È generalista come la primaria ma è organizzata come una scuola superiore, e di fatto non aiuta i ragazzi a capire cosa sono in grado di fare e cosa possono scegliere. Dovrebbe avere una maggiore valenza orientativa. Se pensiamo a esperienze come il Fablab, in una fascia d’età in cui i ragazzini hanno voglia di mettersi all’opera, si capisce che inserire attività transdisciplinari, imparare a mettersi in gioco, e a progettare oggetti, potrebbe dare un notevole aiuto. C’è una sensibilità diffusa in tal senso? Confindustria e organizzazioni di formazione professionale sempre più stanno identificando quel segmento scolastico come il più problematico, e su cui intervenire per migliorare anche il resto. La connessione tra scuola e lavoro e fondamentale. Bergamo ha Informagiovani. Che non è solo un polo informativo, ma da qualche anno costruisce insieme con l’Ufficio Scolastico il Piano territoriale per l’orientamento. Quindi fa coordinamento con enti e associazioni che si occupano di avviamento al lavoro e oltre. La scelta del Comune è stata di far crescere il personale

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con una spiccata capacità orientativa, quindi anche gli incontri con i ragazzi nelle scuole, e su appuntamento con le famiglie, sono pensati per dare strumenti per scegliere. Ottima l’interlocuzione con Confindustria. Un po’ di vita privata. Dov’è cresciuta, e dove abita ora? Sono cresciuta nel quartiere Santa Lucia, poi ho vissuto per alcuni anni in centro, e alla fine sono tornata a Santa Lucia con la famiglia. In condominio dovevo litigare per far giocare i miei figli in cortile, così abbiamo deciso di andare ad abitare da soli, in modo che i bambini avessero più spazio a disposizione. Passioni nel tempo libero? Non ho più tempo libero. O meglio, lo passo in famiglia e seguo le passioni dei figli, tipo sciare. Il più piccolo ha 13 anni; il più grande, 24, ha una passione originale: è uno speedcuber, cioè risolve cubi di Rubik a tempi da record. È stato campione italiano e ha viaggiato molto, il che gli ha permesso di imparare bene l’inglese e di conoscere giovani di tutto il mondo. È tutto basato sulla memoria visiva, e per il cervello è una ginnastica formidabile.

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Inter vista

Una vita dedicata agli ultimi

Don Fausto Resmini è in prima linea per fronteggiare la forma più estrema di povertà: quella che porta a vivere in strada. Dall’accoglienza della Comunità don Milani al Servizio Esodo nei luoghi dell’emarginazione

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na vita dedicata agli ultimi, come nel dettato evangelico, quella di don Fausto Resmini. Nel 1978 fonda la Comunità don Milani per il recupero dei minori e nel 1990 istituisce il Servizio Esodo e l’Associazione In-strada che - come dice il nome - si rivolge ai più poveri ed emarginati, a coloro che appunto vivono per strada: il camper e la mensa della stazione diventano il simbolo delle nuove frontiere della carità di un Patronato San Vincenzo (di cui è parte integrante la Comunità don Milani) che sa adattare la propria azione alle emergenze che di volta in volta si presentano. Don Fausto, qual'è lo scopo principale della Comunità don Milani? Innanzitutto accoglienza e recupero

dei ragazzi sottoposti a provvedimento penale: minorenni, ma anche giovani adulti provenienti dal nostro carcere, in via Gleno. Un secondo aspetto riguarda i minori non accompagnati che sbarcano a Lampedusa, o comunque sulle coste meridionali: chi per vie non sempre manifeste, altri invece inviati dai servizi sociali, trovano qui ospitalità. Accogliamo anche quei ragazzi che, durante la giornata, vengono fermati in situazione di disagio, come accade alla stazione. Dopo cosa succede? La fase ulteriore è quella del reinserimento. Ha avuto una sua efficacia nel passato, ma oggi segna il passo a causa della crisi: tutti i giovani faticano oggi a trovare lavoro, figuriamoci chi ha una

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storia travagliata alle spalle. Ci parli invece del Servizio Esodo. Si fa carico delle povertà di strada e delle nuove povertà. Abituati come siamo a vedere la stazione come luogo di azione, dimentichiamo che è un po' tutta la periferia della città a chiedere un intervento, soprattutto per i bisogni essenziali delle persone: pasti, vestiti, alloggi. In questi ultimi anni è anche cresciuta la nostra funzione di ascolto, in presenza di situazioni che anche la famiglia normale non regge: figli tossicodipendenti, alcoldipendenti, o che restano in famiglia fino a un'età prolungata senza impegnarsi per trovare uno sbocco effettivo. Sono i poveri, però, la prima preoccupazione. Sì, poveri che noi incrociamo di giorno e di notte alla stazione autolinee e nei luoghi circostanti. Il nostro camper è un

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po' l'espressione del «fare casa» per queste persone, che la casa non ce l'hanno. Un «fare casa» che si articola in tanti momenti: quello legato alla mensa, perché ogni sera serviamo i pasti a circa un centinaio di persone, utilizzando ora la sala messaci a disposizione proprio alle autolinee da un accordo tra Diocesi e Amministrazione locale. Alcuni però ritirano il sacchetto e se ne vanno: hanno vergogna di essere identificati e temono i rischi che una zona come la stazione implica, oppure fanno da tramite per portare il cibo agli anziani. E per le persone che dormono per strada, cosa fate? Non sono molti, ma si tratta di persone provate dagli stili di vita e dalle fragilità che hanno determinato certe esistenze. Sono persone che non hanno come esigenza primaria né il pasto, né il vestito, né l'alloggio, che non chiedono. Hanno

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bisogno di relazione: quindi ci accostiamo a loro per aiutarli in quei bisogni immediati, per farli sentire considerati, perché io credo che uno degli aspetti drammatici legati alla vita di strada sia quello di sentirsi inutili, di nessuno. Questa considerazione vale più del pasto e del vestito, e forse nella nostra città non è mai stata data la giusta importanza a questo aspetto: spesso chi dorme per strada è guardato con fastidio, con una certa prevenzione, è visto come persona che disturba la città per il suo modo di essere. Anche tra i poveri c'è chi ce la fa e chi no. E chi non ce la fa rimane chiuso in sé stesso con il suo problema. Ritengo fondamentale un fatto: i poveri vanno cercati, non bisogna aspettare che vengano da noi. È questo il senso più profondo di umanità nei loro confronti.


Il terzo aspetto è l'accompagnamento. Un aspetto vitale. Risolve loro il problema della salute e della malattia: li portiamo al pronto soccorso, all'hospice, insomma nei luoghi che si fanno carico - tanto o poco - della loro condizione di salute. L'accompagnamento è legato a un percorso di uscita dalla condizione di «barbonismo»: al Sert, alle comunità terapeutiche, ai centri di primo ascolto. La strada rimane comunque il luogo dell'emergenza, dove si rafforza la cronicità della fragilità, dove la soluzione del problema della propria esistenza è rimandato, o delegato a chi si fa carico di te. L'accompagnamento è dunque un «messaggio» di uscita dalla propria condizione di abbandono. Siete impegnati anche nella «formazione». Che, nel nostro modo di operare, significa informare queste persone dei loro diritti. Della conoscenza del territorio, soprat-

tutto per gli stranieri. Della conoscenza dei luoghi dove possono trovare risposte alle loro domande e alla loro situazione. Della conoscenza su come si arriva a certe fragilità. I nostri educatori hanno anche questo compito: una formazione praticooperativa. Il vostro camper presidia quelli che lei chiama «i luoghi della sofferenza». Sofferenza, e negazione dell'essere persona umana. Sono i luoghi della prostituzione maschile e femminile, vissuti ai margini della periferia della nostra città. È un servizio nato contemporaneamente a Esodo, che cerca di avvicinare queste persone, soprattutto ragazze straniere, da un punto di vista umano. Creare una relazione che, seppur breve, fa sentire queste ragazze delle persone, non oggetti né beni di consumo. La vostra presenza in città va quindi oltre i numeri.

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Certo, perché la cosa fondamentale è mettere al centro i poveri e guardare oltre il disagio, nell'ottica di affrontare la soluzione dei problemi. Se devo essere sincero, ad esempio, il pasto non è più un'emergenza per la nostra città: sono sorte altre mense che cercano di rispondere a questo bisogno. Il bisogno più urgente è quello di avvicinare queste persone. Creare una relazione, come dicevo; quindi ascolto e accompagnamento sono oggi servizi fondamentali, che devono cambiare il rapporto della città con i poveri. Per passare dalla paura alla considerazione. Dal vederli come problema di ordine pubblico all'esprimere una vera accoglienza. Da dove nasce la paura? Dall'essere prevenuti, più che da una reale situazione di pericolo. Naturalmente non dobbiamo confondere i poveri con i criminali: spesso questo binomio è

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utilizzato, soprattutto quando la cronaca evidenzia fatti gravi in quei luoghi in cui la povertà è ben presente. Veniamo alle vostre strutture a Sorisole legate a Esodo. Sono nati quattro tipi di risposte: l'accoglienza in moduli abitativi da 15 persone; un reparto di degenza per 7 persone affette da patologia grave; un dormitorietto per 18 persone con problemi di salute legati al freddo; un ambulatorio con medico e infermiere impegnati nella visita di queste persone. In totale quante sono le persone accolte? Si varia dalle 40 alle 45. Nei momenti di emergenza freddo sfruttiamo anche i corridoi. Lei è anche cappellano del carcere. Dal '92 in maniera ufficiale, come volontario dall'89. Che situazioni incontra? Ho conosciuto varie fasi del carcere di Bergamo. Appena arrivato ho conosciuto il terrorismo nella sua fase prossima alle misure alternative. Poi c'è stata la stagione della tossicodipendenza e il riconoscimento del tossico come persona da curare, e non da internare. Poi c'è stata la stagione di "mani pulite" e dell'alta sicurezza per i fenomeni mafiosi e associativi. Oggi il carcere è soprattutto dei poveri. Il 40-45% dei detenuti sono stranieri, che hanno bisogno di un po' di tutto: di relazione, di qualcuno di esterno che possa pensare a loro anche in termini di esigenze perso-

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nali, dal vestito alle piccole spese. Qual’è l'esigenza maggiore? Trovare un luogo dove scontare la pena alternativa al carcere, una volta maturati i benefici. Per un italiano è più facile. Lo stesso si può dire per la possibilità di trovare un lavoro esterno che possa permettere il concretizzarsi di misure alternative. Com’è cambiato il volto del carcere di Bergamo in questi 25 anni? La composizione interna è cambiata, ma anche gli esterni. Le attività promosse all'interno sono cresciute: innanzitutto la scuola, in ogni ordine e grado, dall'alfabetizzazione all'università. E sono cresciute le iniziative portate dai volontari: c'è chi si occupa di reperire posti di lavoro e alloggi, come c'è un volontariato che si occupa di relazione e bisogni fondamentali di chi non ha nulla. Inoltre va sottolineata l'eccellenza dell'attenzione alla salute dei detenuti: il reparto infermieristico è a tutti gli effetti un reparto ospedaliero. C'è inoltre un'assistenza sociale, educativa e psicologica. Insomma, problemi e tensioni nel carcere non mancano, ma la considerazione del detenuto come persona è andata nettamente migliorando. Ha una giornata piena, don Fausto... Piena ma articolata in tanti momenti che le danno significato. La Comunità don Milani di Sorisole c'è da 37 anni. Come si è evoluta? Si è passati dalla scuola dell'infanzia,

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all'accoglienza di adolescenti in difficoltà, alla collaborazione con i tribunali minorili, fino ad oggi, con servizi dedicati ai diversi volti dell'emarginazione. Non sono solo: ci sono 20 operatori che, a vario titolo e per funzioni diverse, permettono che ogni giorno sia data risposta alle varie esigenze, da quella educativa a quella di assistenza dei poveri. C'è poi un volontariato che ruota attorno a Esodo, e parliamo di molte persone: 10-12 ogni sera, per un totale di 80 circa ogni settimana. Ci sono avvocati, medici, infermieri, liberi professionisti, religiose: una varietà di persone a cui deve andare la gratitudine della città, oltre che la mia. C'è anche tutto un mondo adolescenziale, presente negli oratori, che chiede di sentirsi utile in un servizio. Come non posso dimenticare il ruolo delle comunità parrocchiali che sono vicine al nostro servizio, e lo sostengono. Chi vuol fare il volontario cosa deve fare? Prima di tutto deve partecipare alla formazione, che si tiene qui a Sorisole, per non improvvisare un servizio – cosa che potrebbe essere fonte di disagio per gli ospiti – e per dare continuità. Poi cominciano lentamente a operare, sempre affiancati agli educatori di strada. Ci sono giovani tra i volontari? I giovani sono la maggioranza. Sono ragazzi che lavorano, e il loro servizio lo svolgono soprattutto la sera. È chiaro che


il bisogno che evidenziamo è quello di avere persone volontarie che abitano la città anche nel diurno. Il Comune contribuisce? Sì, il che ci permette l’assunzione degli educatori. Inoltre il Comune ha ristrutturato la mensa alla stazione autolinee, a cui può accedere chiunque si affacci alla porta. Non chiediamo documenti. L’età va dai 19 anni ai 40: è un mondo giovane, quello della strada. Queste persone hanno tentato di mettersi in gioco, nella vita? La maggioranza di loro ha tentato, ma non ce l’ha fatta. Magari anche passando da comunità e programmi di recupero. Oppure hanno perso il lavoro: bisogna tenere in conto che ci sono delle delusioni della vita che ti portano un po’ a buttare a monte tutto quello che era sicuro. È il caso delle nuove povertà, per nulla facili da affrontare. C’è contiguità tra la strada e il carcere? Sì, sia in un verso che nell’altro. Quindi non posso negare che la stazione, o meglio la strada in generale, sia un luogo

a rischio. La recidività più alta, se parliamo di microcriminalità, è proprio tra quelle persone che vivono la strada. E non si può dire che siano solo stranieri. Sono anche bergamaschi, anche se spesso hanno residenza nei paesi della provincia: la città, però, si sta facendo carico delle povertà di tutto il territorio. Si può fare qualcosa per evitare questa concentrazione in città? Si deve fare qualcosa. L’intero territorio provinciale deve essere in grado di diventare un luogo di risposta ai bisogni dei poveri. La povertà è sotto gli occhi di tutti. Sì, nessuno può dire di non essersi accorto della sofferenza di queste persone. Tengo poi a dire che la lunga permanenza sulla strada porta a un disagio mentale duro da affrontare in termini risolutivi. Che fine fanno queste persone? Continuano a vagare per la città senza metà, senza un termine, senza un programma. Si affidano a quello che capita. Quanto c’entra la famiglia?

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La famiglia secondo me ha la sua responsabilità, ma non ha la totalità della responsabilità: non la si può colpevolizzare se non riesce a reggere il disagio di un suo componente. E talvolta, fino all’esplosione del disagio, la famiglia non ne sa niente. O non vuol sapere, ma è un pensiero legittimo. Soprattutto le mamme: fanno fatica a farsi aiutare; l’affetto e i sentimenti tendono a coprire l’evidenza, soprattutto con figli in età adolescenziale. E quando ci vengono presentati, poi, i casi sono spesso già a un livello di drammaticità tale che la famiglia non ce la fa più. Qual è il miglior modo per aiutarvi? Anche senza dare un contributo materiale, c’è tutto un sostegno culturale e sociale alla nostra opera che è preziosissimo. Bergamo, che non dimentica i poveri, ci ha sempre voluto bene, anche quando qualcuno ci ha additato come l’immagine cattiva della città, il più brutto biglietto da visita per chi arriva qui. Sono cose che fanno male.

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Inter vista

Alzheimer, epidemia del terzo millenio

Ne parliamo con la dottoressa Gloria Belotti, responsabile medico della Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice (Carisma): «È come se la malattia assorbisse completamente tutte le energie del corpo»

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iene definita epidemia silente del terzo millenio, l’Alzheimer. Non è una patologia virale, caratterizzata da un’esplosione acuta, che fa parlare di sé, ma una malattia cronica che sta aumentando gradualmente in modo estremamente preoccupante. Si parla di 40 milioni di casi nel mondo, e sono dati sottostimanti: gli studi epidemiologici non sono effettuati e condotti con la stessa accuratezza in tutto il mondo. Ne parliamo con la dottoressa Gloria Belotti, geriatra, responsabile medico della RSA Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice. A quale età ci si può ammalare di Alzheimer? Al di sopra dei quarant’anni nessuna età

ne è esente, però la fascia di età più colpita è dai 75 agli 85 anni. Ci sono anche casi di Alzheimer giovanile, fortunatamente molto rari e di solito con ereditarietà familiare. A Bergamo quanti casi di Alzheimer si contano? Sono dati sottostimati, ma si parla di 7.000/8.000 casi di demenza in generale, non solo Alzheimer. Perché l’Alzheimer è una delle forme di demenza. Caratteristiche della malattia. In maniera molto schematica diciamo che esordisce tipicamente con deficit di memoria, soprattutto la memoria a breve termine; poi progressivamente si associano deficit di altre funzioni: di orientamento temporo-spaziale, di capacità di

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di Emanuela Lanfranco

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giudizio, di ragionamento, di linguaggio. Contemporaneamente ai deficit cognitivi iniziano a insorgere disturbi psichici e di comportamento, solitamente nella fase intermedia della malattia: allucinazioni, deliri, aggressività, agitazione. Oppure, in alcuni casi, sorge l’apatia, la depressione, il ritiro sociale. Con il progredire della malattia si perde anche la capacità di svolgere le attività strumentali della vita quotidiana ( usare il telefono, maneggiare il denaro, cucinare, guidare l'automobile, ecc ), fino ad arrivare a perdere anche la capacità di svolgere le attività di base, quali vestirsi, lavarsi, camminare... Si può prevenire questa malattia? Ci sono tantissimi studi in corso, ogni giorno ce ne sono di nuovi: sembra che

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adottare uno stile di vita salutare - esercizio fisico, mentale, dieta mediterranea -, curare l'ipertensione, compensare il diabete, se non si può dire che proprio prevenga la malattia, almeno sembra ne procastini l’esordio. È una malattia ereditaria? Solo nelle forme giovanili, circa il 5%, mentre il 95% dei casi viene detto sporadico, non è ereditario. Ci può essere però una familiarità, una generica predisposizione. È esatto definire l’Alzheimer una malattia? Più che una malattia, è una sindrome, ossia un insieme di sintomi legati a una malattia del cervello che comporta un'abnorme degenerazione dei neuroni. Ci sono dei campanelli d’allarme,

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dei sintomi ben precisi che fanno da preludio a questa malattia? Soprattutto i deficit di memoria, anche nei giovani, e possono insorgere contemporaneamente disturbi psichici. Il primo caso di questa malattia scoperta dal dottor Alzheimer si riscontrò in una donna di 54 anni che aveva allucinazioni. Questa sindrome può essere fraintesa o non diagnostica esattamente al suo esordio? Sì, perché l’esordio può essere molto subdolo, soprattutto può avere dei sintomi sfumati. Non è semplice fare una diagnosi: nel dubbio, quando ci sono soprattutto deficit di memoria, o altri disturbi cognitivi (orientamento, linguaggio,), e/o problemi caratteriali,


cambiamenti di umore, è meglio sottoporsi ad un controllo. Dottoressa Belotti, lei è responsabile di Carisma, uno dei nuovi centri a Bergamo dedicati anche agli anziani. Abbiamo una rete di servizi molto importante per le demenze: in primis l'Unità di Valutazione Alzheiemr (U.V.A.), che è un servizio ambulatoriale che effettua funzioni di diagnosi, prescrizione e monitoraggio di terapie, counselling alle famiglie; poi l’Alzheimer-Cafè (Cafè di Alois): è un momento di ritrovo molto informale con i familiari del paziente, dove si parla della malattia e della gestione del malato. In questo caso il malato non assiste, ma sta con un altri operatori. Poi il Voucher Alzheimer: assistenza dei malati presso la propria abitazione; il centro Diurno Integrato: il paziente entra al mattino e torna a casa la sera. Infine, il

Nucleo Alzheimer , dove il malato rimane ricoverato giorno e notte, in regime definitivo o temporaneo. Qui a Carisma c’è tutta questa filiera di servizi che può seguire il malato dalla diagnosi fino alla fine del percorso di malattia. Di Alzheimer si muore? Sì, si muore di demenza, perché la malattia è come se assorbisse completamente tutte le energie del corpo. Il corpo va in cachessia: si dimagrisce, non si mangia più, non si beve più, ma non significa, e tengo a precisare, che si muore di fame o di sete: si muore di demenza, perchè questa malattia neurodegenerativa, progressiva, porta inesorabilmente alla consunzione. Dico questo perché nella fase finale della malattia sorgono molti problemi etici: ricorriamo alla nutrizione o all’idratazione artificiale? Ha senso oppure no? Tanti studi di letteratura confermano

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che la nutrizione artificiale non prolunga la vita, e ne peggiora la qualità. Quanti sono qui a Carisma i ricoverati per Alzheimer? Posso dire che circa l'80% dei nostri ospiti (quindi circa 320) ha problemi di deficit cognitivo, ma non tutti hanno una diagnosi ben precisa di demenza perché spesso la mancanza di memoria viene attribuita all’età: se l’anziano invecchia, è vero che fisiologicamente perde un po’ la memoria, ma oltre un certo limite subentra la patologia. Quanto è importante il ricovero nella struttura? In molti casi, il malato, soprattutto se è in una fase comportamentale importante, trae benefico dal ricovero perché non avverte le tensioni che spesso, inevitabilmente, si creano nell’ambito familiare. In che senso? La famiglia è la seconda vittima della malattia. La famiglia è pesantemente coinvolta nella cura, nell'assistenza, nel sostegno psicologico e nella tutela del proprio congiunto malato di demenza. Raggiunge livelli di stress molto elevati. Può succedere che pensando di fare il bene del malato, si adottino invece provvedimenti deleteri. Per esempio un anziano che vive in casa può essere costretto a fare determinate cose che tutti si aspettano, ma che lui non è più in grado di fare e quindi si scatenano quei disturbi di comportamento che qui nella struttura non si scatenano, o sono più attenuati: non perchè si ricorra in modo indiscriminato a farmaci sedativi, ma per il nostro modello assistenziale. Noi lasciamo fare loro quello che ancora riescono a fare e che desiderano fare. Il nostro assunto è che “il malato di Alzheimer non può modificare il suo comportamento; siamo noi che dobbiamo modificare il nostro!” Può succedere che un anziano venga portato qui solo perché a casa «dà fastidio»? Questo non succede quasi più da anni. Ora vengono portati qui perché non si riesce più a gestirli: spesso siamo noi che consigliamo il ricovero. E se un paziente non è d’accordo perché non accetta la malattia? Più che il paziente, la negazione della malattia è da parte della famiglia, perché

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il paziente inizia ad entrare in una fase di scarsa consapevolezza, mentre i familiari sono ben consapevoli della malattia ma ne rifiutano l’idea. È una malattia che spaventa molto, la durata è molto lunga: ci sono farmaci che, quando funzionano, ne rallentano l’evoluzione ma ci sono tanti problemi che si devono affrontare gradualmente. Per la famiglia è veramente un'esperienza spesso logorante. Quanto conta l’ambiente per il paziente? E’ fondamentale. Addirittura si parla di Ambiente Protesico. Se manca un arto si mette una protesi, mentre qui si parla di una sorta di protesi al cervello. L’ambiente deve essere semplice, facilitante in alcuni casi o stimolante in altri. E questo si può attuare più facilmente in una struttura; è difficile per un familiare pensare di modificare l'ambiente domestico; viene più spontaneo cercare di aiutare o addirittura di sostituirsi al malato. Ecco allora che si possono però scatenare dei disturbi psicocomportamentali (irritbilità, deflessione del tono dell'umore, aggressività); oppure il malato perde più rapidamente l'autonomia. In alcuni casi, se la famiglia riesce a organizzarsi con altre risorse, soprattutto psicologiche, il malato può restare a casa. Ma costruire un ambiente protesico a casa e assistere in modo adeguato il malato al domicilio, non è sempre facile. Quanto costa questa malattia? L'impatto economico della malattia sulla famiglia è particolarmente rilevante: vi sono costi diretti e indiretti. Ossia oltre alle spese direttamente sostenute per l'assistenza, vi è anche la riduzione della capacità di produrre reddito, perchè chi deve dedicarsi al malato di Alzheimer (caregiver) spesso deve ridurre l'orario lavorativo o addirittura rinunciare al proprio lavoro. Vi sono anche i cosiddetti costi “intangibili”, non monetizzabili, ma estremamente importanti: sono i costi sociali, emotivi, fisici. Per quanto riguarda i farmaci? Fortunatamente, da quando sono state aperte le UVA, nel 2000, a questo provvede il sistema sanitario nazionale. Mentre per il ricovero in struttura la retta è a carico dell'utente. E chi non può permetterselo? Devono subentrare i parenti; nei casi

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di particolare indigenza, interviene il Comune. La malattia è riconosciuta? I malati possono usufruire dell’indennità di accompagnamento, ma di fatto ciò avviene solo quando si arriva alla fase intermedia della malattia. E quando si arriva a questa fase? Per cercare di definirlo, oltre all'osservazione clinica, si utilizzano delle scale di valutazione funzionali, del comporta-

mento e test cognitivi. La famiglia può farsi aiutare? La famiglia DEVE farsi aiutare, usando tutti i servizi che esistono: non tutti sono costosi. L’aiuto migliore? Può variare a seconda della fase della malattia e delle risorse della famiglia: non esiste una regola; ma il fatto che non esista una regola è l'unica certezza in questa malattia.

CURRICULUM Dal 1989 al 1997 - Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice – ONLUS. Dal 1989 al 1992 ha svolto attività di medico coadiutore con incarico libero professionale; dal 1992 al 1995 come dipendente Ente Locali; indi come dirigente medico di 1° livello. Dal 1989 al 1992 Medico responsabile della Casa Albergo; dal 1992 al 1997 Medico Responsabile del reparto di lungodegenza B2° P. Dal 1993 al 2003 - Casa di Riposo Papa Giovanni XXIII. Trescore Balneario. Consulente Specialista in Geriatria e Gerontologia Dal 1997 al 2003 - Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice – ONLUS. Dirigente Medico 1° livello; Medico Responsabile Day Hospital Riabilitativo; Collaborazione con la Direzione Sanitaria per la progettazione ed organizzazione del Centro Diurno Integrato, aperto nel 1998, da allora: Medico Responsabile Centro Diurno Integrato. Dal 2003 al 2006 - Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice – ONLUS. Dirigente Medico di 1° livello. Medico Responsabile Area “Servizi alla persona”. Dal 2006 ad oggi - Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice – ONLUS. Dirigente Medico di 1°livello. Medico Responsabile prima del reparto di lungodegenza A2P; dal dicembre 2007 Medico responsabile dei Nuclei Alzheimer. Medico Responsabile Centro Diurno Integrato; Medico Responsabile Unità di Valutazione Alzheimer (U.V.A.). Dal 1 luglio 2009 responsabile medico di tutta la RSA Dall’agosto 2011 a oggi - Casa di Riposo Papa Giovanni XXIII. Trescore Balneario: Direttore sanitario.

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Impre se

Expo: più energia e luce in città

Le idee, la passione, i progetti: i commercianti locali volano verso l’Esposizione Universale. Calendario ricco di eventi, performance e ospiti, anche grazie al contributo di attori pubblici e privati

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na riflessione acuta, un incontro propositivo. Sono stati tanti i commercianti bergamaschi, insieme a rappresentanti di istituzioni territoriali, che hanno scelto di intervenire, venerdì 16 gennaio, presso la Sala Mosaico dell’ex Borsa Merci in piazza della Libertà, al meeting organizzato dall’Associazione dei commercianti Bergamo Centro per discutere, condividere e analizzare le potenzialità del commercio in vista di Expo 2015. Un appello all’unità e alla partecipazione, quello lanciato dall’associazione dei commercianti, che è stato colto con grande interesse dai bergamaschi che hanno approfondito la valenza strategica delle risorse locali come chiave di promozione globale per la città. «È

importante creare, sostenere e cementificare le relazioni sociali tra soggetti diversi appartenenti a una stessa comunità e la collaborazione per Expo 2015 può essere un’ottima occasione di aggregazione locale - ha sostenuto il dottor Andrea Di Gregorio, coach e direttore di Pnl Evolution -. Con spirito, energia e voglia di fare bene e fare insieme sarà semplice rendere ancora più brillante l’immagine di Bergamo, puntando anche su un’ottima sinergia pubblico-privato», ha ripreso Di Gregorio. Ambiziosi e consistenti sono, infatti, i progetti che Bergamo Centro intende portare avanti nei mesi futuri, ma innovazione vera sta nel proporre idee declinate per aggregare soprattutto valorizzare anche quanto già esiste, in modo da rendere il

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a cura della redazione

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territorio bergamasco un palcoscenico tra i più luminosi in fatto di idee che leghino commercio, turismo e cultura. Percorsi che attraverso istallazioni e meraviglie artistico-culturali, sapranno stupire e affascinare anche i visitatori più esigenti, invitando a percorrere la nostra Bergamo lungo gli itinerari di luce. Per questo, tanti sono stati i rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni di categoria, gli esperti di marketing territoriale e i cittadini che sono intervenuti durante quello che Alessandro Riva, Ad di Bergamo Centro, ha definito «un confronto modello, la via principale che seguiremo per creare valore. Il nostro – ha continuato Riva - sarà un

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impegno condiviso che vedrà in prima linea figure diverse, commercianti, ma non solo». «Dopotutto - ha specificato il professor Luca Zanderighi, docente di Marketing all’Università Statale di Milano - è solo dallo scambio di intuizioni che nascono grandi progetti capaci di far volare un territorio, di creare rete e guardare lontano, mettendo insieme tutti gli ingredienti ritenuti indispensabili per accogliere l’Esposizione Universale nel migliore dei modi». E proprio all’internazionalizzazione della città guardano i progetti pensati da Bergamo Centro che vedranno abili professionisti raccontare la città seguendo la via preziosa della luce, creando “un filo

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di Arianna” che leghi quanto di significativo in logica Expo il territorio propone costruendo attraverso questi itinerari di luce un calendario condiviso ricco di eventi, performance e grandi ospiti, anche grazie al significativo contributo di attori pubblici e privati presenti sul territorio. Così Bergamo, con i suoi palazzi, i monumenti e le piazze storiche attraversate da un fil rouge intellettivo e luminoso, risplenderà nel segno dell’Uomo della Luce, simbolo dell’eccezionale impegno dei commercianti e dei tanti attori locali. Perché l’Esposizione Universale sia sinonimo di qualità, innovazione sociale e leadership condivisa.


Impre se

Emmetre Clima Service: 15 anni di esperienza a Servizio del Cliente

Qualità, flessibilità e specializzazione testimoniano il lavoro di Paolo Motta e del suo team.

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ra il 1° gennaio del 2000 quando Paolo Motta, classe 62, perito elettronico e un'esperienza pluridecennale alle spalle, decise, insieme alla moglie Serena, di aprire la Emmetre Clima Service e investire così finalmente in un'impresa tutta sua. E oggi, al compimento del 15º anno di attività, può essere sicuramente orgoglioso dell'opera fin qui compiuta. Emmetre Clima Service raggiunge il traguardo dei tre lustri in un periodo in cui sembra difficile addirittura pensare al prossimo mese, ma non è un caso se, crisi o meno, dietro a questo risultato c’è impegno e cura per il proprio lavoro. L'azienda Motta si occupa della realiz-

zazione, riparazione e manutenzione di impianti di refrigerazione, condizionamento ed essiccazione. Da alcuni anni ha ampliato i suoi orizzonti dedicandosi anche al riscaldamento. È inoltre Centro Assistenza Autorizzato scelto dai migliori Produttori del Settore per la distribuzione di ricambi originali e la consulenza postvendita. "I nostri interventi sono indirizzati verso impianti di tipo civile, ovvero condizionatori in dotazione ai privati, ma in particolar modo verso quelli industriali" - afferma il titolare - "Ci rivolgiamo, infatti, a tutte quelle realtà che hanno specifiche necessità in termini di climatizzazione o di acqua refrigerata a ciclo continuo per il raffred-

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damento delle macchine di processo, ad esempio quelle finalizzate alla stampa, alla produzione della plastica, alle pressofusioni o ai tagli laser. I nostri potenziali clienti sono quindi aziende operanti in diversi ambiti, uffici, ristoranti, centri direzionali e banche". Per venire incontro alle differenti esigenze la Emmetre Clima Service offre servizi di progettazione, installazione e programmi di manutenzione costruiti ad hoc. "Interveniamo principalmente quando sorgono problemi e le macchine non funzionano correttamente e, dopo un'accurata diagnosi, procediamo nella riparazione, sostituzione o anche riconversione dell'impianto." L'obiettivo è offrire costantemente un efficace servizio di assistenza. "Abbiamo una struttura flessibile che permette di gestire impianti di qualsiasi tipo e marca, garantendo tempi di intervento rapidissimi, e prestiamo molta attenzione alla formazione dei nostri tecnici, già diplomati in materie elettriche o elettroniche, che partecipano annualmente a corsi di specializzazione e aggiornamento." Paolo Motta e il suo team sono dei veri esperti del settore e non trascurano nulla. "Siamo mossi da una grande passione che ci spinge a migliorare continuamente e a tenere in considerazione tutti gli aspetti che influenzano il buon funzionamento di un impianto, soprattutto quando implica la gestione dell'aria che respiriamo. Per questo abbiamo acquisito la linea di prodotti AQS finalizzati alla sanificazione delle macchine e a combattere la "malattia del Legionario" (una forma epidemica di polmonite causata da un batterio chiamato Legionella Pneumofila che si sviluppa essenzialmente nell’acqua). In questo caso la manutenzione, cioè la pulizia periodica dei circuiti, diventa un aspetto fondamentale di prevenzione e sicurezza per la nostra salute". Emmetre Clima Service è in possesso delle certificazioni F-GAS, AIQ - Assofrigoristi Impresa Qualificata e UNI EN ISO 9001. Si trova a Ciserano, in via Arcene 27/29. Emmetre Clima Service Tel. 035 4813382 www.emmetreclimaservice.it

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Diventa imprenditore

È

nata un’impresa: questo l’obiettivo del concorso Luberg “Diventa imprenditore”, rivolto ai giovani del territorio bergamasco fino a 35 anni. Realizzato con la collaborazione del Gruppo Lombardo dei Cavalieri del Lavoro, di Confindustria Bergamo e con il supporto di UBI – Banca Popolare di Bergamo e del Gruppo Sanpellegrino - Nestlè, il concorso valorizza l’originalità, l’ambizione, l’intraprendenza, la competenza e il bisogno di autonomia dei giovani, aiutandoli a tradurre un’idea in un progetto concreto e vincente. Le migliori proposte saranno identificate sulla base della qualità progettuale complessiva e del contenuto innovativo dal punto di vista dei processi, dei prodotti e dei servizi. Luberg ha identificato tre ambiti e sei aree tematiche, all’interno dei quali dovranno essere formulate le proposte. Saranno gli stessi partecipanti al concorso a illustrare pubblicamente le loro proposte nel corso di tre incontri, che si terranno nei mesi di giugno, settembre e ottobre 2015. Per ogni incontro saranno presentate dieci idee e i concorrenti avranno a disposizione cinque minuti. Al termine di ogni incontro, la Giuria selezionerà e proclamerà un premiato per ogni area tematica (due per ogni serata).

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PROCLAMAZIONE VINCITORE E PREMIO Il vincitore finale del concorso sarà proclamato in occasione della cerimonia di fine anno di LUBERG e sarà identificato dalla giuria composta da Domenico Bosatelli, Presidente LUBERG, Stefano Paleari, Rettore Università degli Studi di Bergamo, Ercole Galizzi, Presidente Confindustria Bergamo, Giorgio Frigeri, Presidente U B I B a n c a Po p o l a r e d i Bergamo, e Stefano Agostini, Amministratore Delegato Gruppo Sanpellegrino - Nestlè. Inoltre, il vincitore sarà seguito da un gruppo di esperti dell’Associazione e sarà supportato nella ricerca di eventuali soci e/o finanziatori oltre che nell’assistenza amministrativa e societaria per realizzare il progetto. Tra le due idee vincitrici del primo incontro (Ambito Processi) ne verrà selezionata una che parteciperà di diritto alla selezione finale della “call for ideas” nazionale con oggetto "competività e semplificazione", organizzata dalla Federazione dei Cavalieri del Lavoro, la cui premiazione è prevista a giugno 2015.

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DESTINATARI Il concorso è aperto a tutti, anche non laureati, purché di età inferiore ai 35 anni alla data di scadenza del bando e rispondenti ad almeno uno dei seguenti criteri: essere nato o residente a Bergamo o provincia; avere compiuto o stare compiendo gli studi (medie superiori e/o università) a Bergamo o provincia; svolgere la propria attività lavorativa in un’azienda operante a Bergamo o provincia. Per maggiori informazioni sulle modalità di adesione è possibile consultare il sito www.luberg.it, contattare la segreteria LUBERG (e-mail: info@luberg.it, Tel: 035 205 26 07) oppure chiedere presso il Club LUBERG negli orari di apertura.


*Golf di Mario Ugo Pasini Maestro di golf

Il Club dei Giovani

I

n questi ultimi anni, sempre più bambini e ragazzi si stanno avvicinando al mondo del golf. Con questi numeri che diventano considerevoli, la presenza di un Club dei Giovani funzionante e attivo all'interno del circolo di golf è molto importante. I Club dei Giovani, o in alcuni casi Junior Team, sono realtà che ormai da 25 anni sono presenti nella maggior parte dei circoli di golf italiani e sempre più “giovani giocatori” iniziano e completano la loro crescita golfistica facendone parte da bambini o da ragazzi. Non dobbiamo dimenticarci che alcuni di loro sono oggi i campioni che rappresentano il nostro paese nel mondo. Normalmente sono realtà aperte a bambini e ragazzi con età compresa tra i 6 e i 18 anni (anche se dal mio punto di vista gli “over 18” possono e devono essere esempio per i più giovani), all'interno delle quali i Maestri formano gruppi di lavoro in relazione al livello di gioco e all'età dei partecipanti. Le attività proposte devono portare a promuovere il divertimento e il piacere che la pratica di questo gioco deve dare a ciascun ragazzo, elementi fondamentali per far crescere la passione, arrivando così ad indirizzare i ragazzi alla pratica agonistica del golf. Quali devono essere i buoni propositi del Club dei Giovani?... Oltre a tutti quelli che sono gli aspetti tecnici del golf, con l'attività giovanile, i ragazzi devono essere indirizzati verso quei valori sportivi che sono il motore principale per la crescita sportiva e non. Correttezza in campo, verso i compagni di gioco e verso le strutture del circolo, lealtà, impegno, rispetto dei Maestri, rispetto delle regole e dell'etichetta, spirito di appartenenza, sono i valori fondamentali che i ragazzi devono

ricevere da queste realtà. Saranno questi stessi valori a indirizzare i ragazzi alla ”sana competizione” e dovranno favorire attraverso attività e iniziative, golfistiche e non, l'aggregazione tra ragazzi per far sì che crescano in un gruppo sano, coeso e compatto. Quale deve essere l'obbiettivo del Club dei Giovani?... L'obbiettivo deve essere quello di portare ogni ragazzo alla propria maturità massima di gioco dal punto di vista sia tecnico che tattico. L'acquisizione dell'Handicap è il livello minimo che i ragazzi devono raggiungere, quindi migliorare il proprio gioco, fino al conseguimento delle qualifiche federali di Brevetto e Brevetto Giovanile e, perchè

no, sempre più su, fino ad emulare i grandi campioni. Ritengo lo sport in generale un passaggio fondamentale nell'educazione e nella crescita dei ragazzi. Il golf per svariati motivi è sicuramente completo sia dal punto di vista dello sviluppo fisico (coordinazione, forza, mobilità) che comportamentale (etichetta e regole). Da professionista, mi sento quindi in ”obbligo”di consigliare ai genitori golfisti di portare i propri figli a provare e ai genitori che non lo sono di dare la stessa possibilità ai loro, avvicinandoli alle strutture con un Club dei Giovani che possa indirizzarli in maniera completa e corretta verso questo sport.


*Cucina di Pierangelo Cornaro Chef Patron del Ristorante Colleoni & dell'Angelo (Bergamo)

P

er mia fortuna sono figlio d’arte. Questo mi ha dato la possibilità di fare la professione che avrei comunque scelto. Sin da bambino sono cresciuto nell’ambiente gastronomico e della ristorazione, a stretto contatto con numerosi e bravissimi chef che hanno ruotato nelle cucine dell’Angelo, alternando lo studio delle lingue a esperienze pratiche: mio padre sognava per me un futuro da interprete di lingua tedesca presso una vicina industria tessile. Terminati gli studi, compio su mia iniziativa una serie di stage nelle cucine di mezza Europa, e sotto la guida di validissimi chef arricchisco ulteriormente il mio già buon bagaglio tecnico e professionale, traendo da queste esperienze nozioni e concetti che segneranno il mio stile: un giusto mix tra cucina regionale italiana e ricette che si ispirano a molte cucine europee. Punti fermi di questo stile, al di là delle giovanili esperienze internazionali, sono da individuarsi nella caparbia ricerca e costante sperimentazione di vie nuove tendenti alla sempre maggiore valorizzazione di una più unificata “grande cucina italiana”, pur nel rispetto totale delle sue tradizioni regionali. Appena terminati gli studi al liceo linguistico mi sono trasferito a Berlino. Per potermi mantenere agli studi ho cercato l’unico lavoro che fortunatamente già conoscevo: il cuoco. Per merito delle conoscenze paterne fui quasi subito assunto al Grand Hotel Kempinsky, uno degli alberghi più prestigiosi del mondo,

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dove un proficuo apprendistato di quasi cinque anni. Quindi dopo qualche utile esperienza in Italia, Francia e Spagna, decido di rilevare da mio padre la conduzione del ristorante di famiglia, l’Antico Albergo Dell’Angelo in Borgo di S. Caterina. È con me che, all’inizio del 1980, dopo opportune ristrutturazioni, l’Angelo cambia volto e, sulle ali del vento di rinnovazione di quegli anni, anche lo stile di cucina: fui tra i primi in Italia che si orientò verso quella che, con tanto sussiego, viene chiamata «cucina creativa», giusto “trait d’union” tra cucina regionale e cucina internazionale moderna (una sorta di globalizzazione), ricevendo dopo meno di un anno la prestigiosa stella Michelin. In seguito fui invitato, primo ed unico italiano, al più importante concorso gastronomico di quel tempom «La jeune Gastronomie», a New York. L’insperato e non pronosticato successo destò nella più importante stampa americana notevole interesse nei riguardi della cucina italiana che andava rinnovandosi. In particolare il New York Times pubblicò nel numero di massima tiratura, quello domenicale, interviste, fotografie e mie ricette per un totale di quattro pagine con dettagliate notizie sull’«escalation» della rinnovata cucina italiana. In compagnia di Gianfranco Vissani, Roger Verge e Michel Husser ho partecipato a una serie di conferenze, tavole rotonde e pranzi sulla cucina europea tenutisi a New York, Chicago, Dallas e Los Angeles.

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Da sottolineare la direzione totale alla realizzazione per due anni consecutivi della Festa Estiva del Cancelliere (Kanzler Sommerfest) a Bonn - Bad Godesberg, ricevimento al quale partecipano i più importanti diplomatici presenti in Germania oltre che i primi ministri dei maggiori paesi industrializzati. Recentemente ho tenuto corsi di cucina italiana nella prestigiosa scuola della Robert Mondavi Winery (Napa Valley – California) oltre che alla C.I.A. (Culinary Institute of America) una delle più prestigiose scuole alberghiere del mondo a Hide Park N.Y. e libere docenze presso l’ICIF (Italian Culinary Institute for Foreigner) di Torino ed alla preparazione dell’importantissima cena di gala di «Meals on wheels» al Metropolitan Opera Theatre organizzata dalla signora Ivana Trump. Dal settembre 1995 ho rilevato un’altro dei più suggestivi e famosi ristoranti italiani, «Colleoni & Dell’Angelo», nella più bella e antica piazza di Bergamo. Ubicato in un palazzo del secolo XI, ristrutturato in un secondo tempo dal Bramante nel 1477, il ristorante nel corso degli ultimi due secoli ha ospitato personaggi del calibro di Lord Byron, Gaetano Do n i z e t t i , He r m a n n He s s e . O g g i distribuisce i suoi 80 posti a sedere in 3 bellissime sale dalle maestose volte, nella principale delle quali si può ammirare lo splendido affresco del secolo XV detto dei Tosio Martinengo.



*Motori Saul Mariani

Bmw Serie 2 Active Tourer ora anche con trazione integrale

D

opo la rivoluzione della prima Bmw a trazione anteriore con motore trasversale, la Serie 2 Active Tourer punta sulle quattro ruote motrici. La trazione integrale intelligente xDrive è arrivata infatti anche sull’innovativo monovolume belle versioni top di gamma, 225i a benzina e 220d a gasolio. Per la prima volta quindi il sistema a quattro ruote motrici è stato reso fruibile anche per il modello che ha rappresentato una sorta di svolta epocale per Bmw. Le due nuove versioni, secondo la casa di Monaco, garantiscono migliore stabilità,

sicurezza e piacere di guida. Di serie sono disponibili con il cambio automatico a 8 velocità che promette di garantire cambiate precise, veloci e senza perdita di potenza. Grazie poi all'utilizzo di materiali leggeri e di qualità per la realizzazione del nuovo sistema 4wd, gli ingegneri hanno voluto mantenere il più possibile inalterato il concetto di Active Tourer, senza rubare quindi troppo spazio alla capacità di carico e senza gravare eccissivamente la massa complessiva. La nuova configurazione infatti ha comportato un aumento di peso stimato di 61 chili, senza però pesare sui consumi. Il costruttore tedesco ha dichiarato gli stessi valori delle versioni a trazione anteriore ovvero 4,8 e 4,6 l ogni 100 chilometri per la 220d, e 6,5 e 6,4 l ogni 100 chilometri per la versione a benzina 225i. Il sistema di trazione integrale è gestito dall'unità di controllo dinamico della stabilità (Dsc) che, in condizioni di scarsa aderenza, si attiva per limitare il pattinamento delle ruote e distribuire in modo ottimale la coppia motrice. Inoltre, attraverso l'acquisizione dei numerosi dati quali per esempio velocità, accelerazione laterale e inclinazione longitudinale, la Bmw Serie 2 Active Tourer xDrive è in grado di sfruttare una ripartizione di coppia fino al 100% su un singolo asse a seconda delle condizioni di aderenza.

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*Hair Style Laura e Ferruccio Galessi Hair stylist

Cute sensibile: cause e soluzioni

O

ggi parliamo di trattamenti specifici. I capelli sono una delle parti del corpo più sottoposte allo stress quotidiano causato da agenti atmosferici e/o da trattamenti con detergenti aggressivi che non rispettano la cute. Il 70% della popolazione maschile e femminile soffre di sensibilità del cuoio capelluto. Infatti il cuoio capelluto sensibile reagisce a variazioni di temperatura dovute ad agenti atmosferici (caldo, freddo, aria secca o troppo umida) o reazioni emotive (sudorazione eccessiva, secchezza cutanea, cute grasse e maleodorante. L’uso di prodotti aggressivi però è la principale causa dell’alterazione del Ph del cuoio capelluto. Altre cause sono legate a condizioni climatiche, a cambiamenti ormonali, allergie, intolleranze alimentari, diete squilibrate. Non è facile curare il cuoio capelluto sensibile, perché spesso qualsiasi trattamento tende a irritare la pelle e creare fastidiosi pruriti. La scelta dello shampoo deve ricadere su prodotti delicati, che contengano - se possibile - molecole a effetto lenitivo. Ad ogni tipo di prodotto va poi abbinato uno specifico massaggio rilassante. Vivamente consigliati i prodotti biocompatibili Philip Martin’s, creati utilizzando ingredienti di derivazione naturale e organica, integrati con sostanze chimiche non tossiche in modo da ottenere un

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giusto equilibrio tra natura e scienza. Detox Ritual, ad esempio, è un trattamento benefico e detossinante, specifico per cute sensibile con azione lenitiva, calmante e decongestionante. Ripara l’epidermide danneggiata da eccessivi lavori tecnici attenuando rossori ed alleviando il prurito. Ottimo per normalizzare il Ph cutaneo e regolarizzare le funzionalità della ghiandola sebacea, è ideale su capelli sottili.

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Con problemi di caduta, oppure in presenza di forfora secca, Purifying Wash, sempre di Philip Martin’s, è uno shampoo purificante di cute e capelli, ideale per capelli molto esposti ad agenti chimici, come ad esempio il cloro, o atmosferici, come smog ed inquinamento. Inoltre dona una piacevole sensazione di freschezza, lasciando i capelli leggeri e ricettivi al conditioner o ad un trattamento ristrutturante.


*Arte Mario Donizetti

Energia etica della forma d’ARTE e meccanicismo tecnico

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e verità ovvie sono dette e capite solo eccezionalmente. Il Berenson d i s s e c h e l’ a r t e t r a s m e t t e e aumenta le capacità vitali. Tutti sentiamo questo, ma nessuno dice che un’ opera che deprime le capacità vitali non può essere arte. Infatti molti confondono la vitalità della forma dell’ arte con i soggetti e le tematiche vitali della forma dell’arte. Confondono la vitalità dell’ arte con la vitalità della filosofia e, ancora, con la vitalità delle proposte filosofiche alla moda dei tempi. La vitalità della forma d’ arte è comunicata solamente dalla energia che risale alla energia etica dell’ artista. Quando l’ artista non sente l’impeto dell’ energia etica, nella sua opera rimane solo il compiacimento meccanico della esecuzione tecnica e ha solo il valore della divulgazione del soggetto, o delle idee di natura speculativa razionale che contengono sempre contraddizioni teoretiche. Al contrario l’energia etica è in stretta relazione con l’energia delle forme naturali e non contiene altro che viva naturale coerenza. L’energia promuove finalità ed esclude il “caso”. Il caso deprime e non aumenta le capacità vitali. Oggi si fa credere che l’ arte è irrazionale e condotta dal caso. Con questo, non solo è negata la vita dell’ arte, ma è negata la stessa vita naturale ed è negata la Ragione divina dell’ esistenza. Il caso non è proponibile e in quale contraddizione si trovi

l’informalismo degli artisti che professano fede in Dio, che è il creatore della energia finalizzata della natura, spero di averlo messo in evidenza.

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La negazione della forma artistica è la negazione di qualsiasi fede e di qualsiasi proposta finalizzata. E’ il trionfo del caso, ossia dell’ inesistente.

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*Spiritualità don Giambattista Boffi Direttore Centro missionario diocesano

Globalizzazione della fraternità

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on poco il disagio davanti all’irruenza e, talvolta, violenza che si raccoglie nelle relazioni interpersonali. Punta dell’iceberg quelle situazioni che sfondano la porta delle nostre case nei notiziari e sui quotidiani: omicidi, vendette, risse, e tutto quello di più abominevole che l’animo umano è capace di produrre. Viene spontaneo il desiderio di abbassare la saracinesca e lasciare che il mondo vada per la sua strada. Forte il desiderio di schermarsi, di proteggere i più piccoli, di ossigenare di bene le giornate. Scappare da tutto questo potrebbe sembrare una soluzione, vivere come se niente fosse l’illusione di chi crede di bastare a sé stesso. “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (Gen.4,9-10): la domanda ritorna nel messaggio che papa Francesco ha consegnato alla chiesa e al mondo in occasione della giornata mondiale della pace lo scorso primo gennaio. Ed è un richiamo costante per ciascuno. Il volto del fratello è dei più diversi, prende forma tra la pareti di casa, nei luoghi d’incontro sociale, nel contesto del lavoro, tra i banchi delle chiese; anche il colore della pelle è ormai segnato dal meticciato, soprattutto le grandi città offrono un ricco panorama di razze e culture, lingue e tradizioni, eppure facciamo fatica ad accogliere la “diversità”. Ci perseguitano i pregiudizi, travolgono i luoghi comuni, la banalità di ideologie di ogni sorta, anche il “pensiero” cristiano non riesce ad immunizzarsi da derive di integralismi e nostalgie del passato, la rassegnazione

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stessa non è una cosa positiva in un contesto di continuo fermento. Chiaro che il buonismo non solo non risolve nulla, ma corre il rischio di creare forti contrapposizioni, non lontane dalla violenza. E la tentazione dell’uso della forza, fisica e psicologica, è davvero grande. Ascolto e dialogo, incontro e confronto sono l’“impotente” alternativa alla guerra diffusa che infiamma gli animi e travolge le culture. Gli spazi dell’educazione e della formazione, della tutela della salute e del creato, della socialità e dell’economia, come pure i luoghi della fede, chiedono un’intensa capacità di umanità, fanno appello a percorsi di liberazione e coscientizzazione, scoprono nell’orizzonte della Rivelazione un percorso possibile. Questo per dirci che la fede è una cosa seria, che si incarna per essere vera dentro le scelte della vita. “La globalizzazione dell’indifferenza, – continua papa Francesco – che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani”. Solo questo sguardo positivo verso l’orizzonte della vita ci permette di uscire dal pantano per spenderci nel bene, in quella relazione di fraternità che fa appello alla dimensione positiva del cuore e della vita. “La fraternità esprime anche la molteplicità

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e la differenza che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e stessa dignità. In quanto fratelli e sorelle, quindi, tutte le persone sono per natura in relazione con le altre, dalle quali si differenziano ma con cui condividono la stessa origine, natura e dignità. E’ in forza di ciò che la fraternità costituisce la rete di relazioni fondamentali per la costruzione della famiglia umana creata da Dio”, così ancora papa Francesco. La posta in gioco è davvero grossa, ne va del futuro dell’uomo e del suo cuore, del suo presente e del futuro, di quel mondo che tutti vorremmo più bello, ma che fatica a farsi spazio in mezzo ai mille problemi della convivenza tra i popoli, del dialogo tra culture e religioni, dell’incontro tra diverse generazioni e scuole di pensiero. E l’esperienza dell’incontro con il mistero di Dio, che è fondamentalmente il mistero della vita, non può che condurre alla fraternità. A me cristiano il Papa offre uno spazio di azione non indifferente quello di: “avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama “questi miei fratelli più piccoli”(Mt.25,40.45). Da quella schiavitù che riduce l’uomo ad oggetto muove la consapevolezza di tutto il bene che ci è possibile, dalla proposta di Gesù e del suo Vangelo un cammino di liberazione umanamente intenso e fecondo, a noi è affidato il 2015 perché non sia ancora tempo sprecato.


Cult

Giovanni Allevi live con «Love»

L’album verrà presentato in anteprima televisiva al 65° Festival di Sanremo, dove il pianista parteciperà in qualità di super ospite in una delle serate all’Ariston. E il 14 aprile sarà al Creberg Teatro di Bergamo

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n titolo semplice ma dai mille significati e impegnativo per l'ultimo album di Giovanni Allevi. A quattro anni dal Disco di Platino «Alien» e dopo l’esperienza sinfonica dell’album «Sunrise», contenente il «Concerto per Violino e Orchestra in Fa minore», il giovane pianista è in tour con il nuovo progetto «Love», un viaggio nell’anima per tornare ad amare il mondo. Il nono album di studio dell’artista, uscito il 20 gennaio su etichetta Bizart/Sony Music, è l’ultima tappa di un percorso di crescita artistica e umana del compositore, pianista e direttore d’orchestra, che ha già ottenuto numerosi riconoscimenti nella sua ventennale carriera. «Love» verrà presentato in anteprima televisiva al 65° Festival di Sanremo, dove Giovanni Allevi parteciperà in qualità di super ospite in

una delle serate all’Ariston. E due mesi dopo, il 14 aprile, sarà al Creberg Teatro di Bergamo (biglietti da 34 a 44 euro). Registrato al Sae Institute di Milano, polo universitario all’avanguardia per la produzione audio-video in Europa, l’album rappresenta uno stato dell’arte per la registrazione del pianoforte, grazie ad un bilanciamento di massimo equilibrio tra la componente dell’acustica della stanza, la preparazione del pianoforte e la studiata dislocazione dello stesso ai fini di una ripresa microfonica naturale. «Un suono morbido eppure potente, mai aspro e con una ricca estensione in bassa frequenza, per un'esperienza d'ascolto estremamente appagante», afferma Ian Jones, ingegnere del suono agli Abbey Road Studios di Londra, dove è stato masterizzato il disco.

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a cura della redazione

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SPORT AWARDS BERGAMO INTERNATIONAL FICTS FESTIVAL SPORT MOVIES & TV

21-23 FEBBRAIO 2015 – CENTRO CONGRESSI PAPA GIOVANNI XXIII A breve il programma della prima edizione

“…gli appassionati di uno sport sostengono che quello sport è intrinsecamente migliore di un altro. Per me, tutti gli sport sono occasioni in cui altri esseri umani ci spingono ad eccellere.“ (L’attimo fuggente) Intervista al Presidente del Festival – Roberto Gualdi Lo sport come risorsa, come passione, come divertimento e spettacolo: a Bergamo il Primo Festival del Cinema dedicato al mondo dello sport. Di cosa si tratta? SPORT AWARDS, promosso dall’ASSOCIAZIONE FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA con l’ASSOCIAZIONE NAZIONALE ATLETI OLIMPICI AZZURRI D’ITALIA, in collaborazione con la FICTS - Fédération Internationale Cinéma Télévision Sportifs, è uno dei Festival inseriti nel “World FICTS Challenge” Campionato Mondiale della Televisione e del Cinema sportivo articolato in 14 Festival nei 5 continenti. Tre le serate, dal 21 al 23 Febbraio, che porteranno al Centro Congressi Papa Giovanni XXIII di Bergamo il meglio della cinematografia mondiale sportiva. Fulcro di questo evento sarà la Sala Oggioni del Centro Congressi di Bergamo, nella quale si terranno le proiezioni di tutti i film e le premiazioni dei registi vincitori. Qual è l’obiettivo di questo Festival? L’evento vuole diffondere una cultura dello sport attraverso il cinema con film, cortometraggi e documentari che abbiano come tema lo sport e i valori che gli sono propri. Sport Awards è l’occasione per premiare chi trasmette emozioni attraverso i video che parlano di sport e riescono a lasciare senza fiato gli spettatori. Tutte le iniziative proposte avranno come unico obiettivo la celebrazione dello sport e dei valori che gli sono propri: la dedizione, la lealtà, il rispetto degli avversari e delle regole faranno da sottofondo discreto ma costante al Festival, che lascerà trasparire dai suoi appuntamenti il vero spirito sportivo. Esaltazione delle prestazioni da un lato, correttezza nel perseguire i propri obiettivi dall’altro, costituiranno così i due poli in cui si inseriranno le opere e le testimonianze che il Festival proporrà al pubblico: perché essere sportivi, nella pratica agonistica così come nella vita, è una formula che porta sicure soddisfazioni.

Credits: Sotto canestro di Antonio di Pardo


Perché un concorso cinematografico legato al mondo dello sport? Perché il talento deve essere valorizzato, promosso e divulgato e un’associazione che si concentra sul Cinema ha l’onore e l’onere di farlo. Cinema come possibilità di esaltare tutte le caratteristiche più emozionanti dello sport, un connubio di esplosioni emotive, pensiamo all’epopea della boxe che il Cinema ha celebrato con film epici dedicati a Rocky Marciano. Ad ampliare ulteriormente il programma, alla competizione cinematografica è stato affiancato un concorso fotografico che presenterà al pubblico scatti di spettacolari gesti atletici, o sportivi colti in momenti di particolare intensità espressiva. Proiezioni ed incontri caratterizzeranno la prima edizione del Festival, che si aprirà con la serata inaugurale di presentazione e si concluderà con il Gran Galà dello Sport, in cui verranno consegnati i premi ai registi vincitori. Siamo inoltre particolarmente felici di poter offrire tutte le serate del Festival ad ingresso libero per consentire anche ai più giovani di godere di questo spettacolo. Qualche dettaglio ed informazione circa i film e le fotografie pervenuti. Entrambi i bandi sono scaduti il 30 novembre e la Giuria ha avuto non poche difficoltà per visionare tutti i film e le fotografie pervenuti e per decretare i finalisti. Sono pervenuti film da Italia, Svizzera, Svezia, Argentina, Usa, Uk, Austria, Senegal, Spagna, Stati Uniti, Cuba, Ungheria, Germania e Slovacchia. La Giuria tecnica è già al lavoro per visionare le opere da selezionare e decidere i vincitori. Tra le fotografie pervenute per il Concorso Fotografico la Giuria ne ha selezionate venti che verranno proiettate all’inizio di ogni serata del Festival. Diverse le discipline trattate: subacquea, ice climbing, boxing, motosport, pallacanestro, climbing, calcio, football, ginnastica ritmica, canoa, maratona, pattinaggio e nuoto. Bergamo, terra di sport. Una sede importante per questo Festival. Aggiungerei Bergamo terra di campioni: Felice Gimondi, Giacomo Agostini, Giacinto Facchetti, Paola Magoni, Marta Milani, Giacomo Domenghini, Roberto Donadoni, Simone Moro, Luca Messi, Angelo Rottoli, Martina Caironi, Valentina Rovetta, Daniela Masseroni... e di realtà come l’Atalanta e la Foppapedretti volley... Non solo Bergamo ma anche una provincia con una enorme diffusione sportiva dilettantistica sia con il Coni che con gli enti di promozione sportiva Csi e Uisp oltre che la pratica sportiva di appassionati delle varie discipline intesa come semplice dedizione allo sport di base, al divertimento, al movimento. Provincia che avendo la montagna come caratteristica predominante del territorio ha una naturale predisposizione a tutti gli sport alpini.

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Cult

Bergamo Jazz, edizione numero 37

Tante le stelle: Dianne Reeves, Fred Wesley, Palatino con Polo Fresu, Mark Turner,Vijay Iyer, Jeff Ballard, Michael Formanek, Nels Cline , Stefano Battaglia Trio, Gianluigi Trovesi - Gianni Coscia Duo

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dizione numero 37: concerti con artisti internazionali, proiezioni di film, iniziative didattiche. Dal 15 al 22 marzo, con la direzione artistica del più illustre dei jazzisti italiani, Enrico Rava, «Bergamo Jazz» sarà anche nel 2015 un punto di riferimento per chi vuole conoscere da vicino una musica che, nei suoi molteplici risvolti espressivi, offre sempre opportunità di ascolto stimolanti, di arricchimento culturale. Organizzato dal Teatro Donizetti e dall'Assessorato alla Cultura, Expo e Turismo, si preannuncia dunque ricco e variegato nei contenuti, nel solco del rapporto dialogico fra tradizione e innovazione, fra momenti spettacolari e di approfondimento. Le consuete tre serate al Teatro Donizetti, da venerdì 20 a domenica 22 marzo, verranno precedute da un concerto ospitato al

Teatro Sociale; e numerosi saranno gli appuntamenti che, sin da domenica 15, contribuiranno nell'insieme a diffondere i suoni del jazz per la città, grazie anche al coinvolgimento di significative realtà associative quali Lab80, Centro Didattico Produzione Musica e Jazz Club Bergamo. Giovedì 19 marzo, al Teatro Sociale, il jazz italiano metterà in mostra alcuni dei suoi gioielli più preziosi: il trio del pianista Stefano Battaglia e il duo Gianluigi Trovesi - Gianni Coscia. Entrambi legati da tempo al prestigioso marchio dell'etichetta tedesca Ecm, Battaglia e Trovesi rappresentano altrettante facce di una musicalità che mescola il linguaggio del jazz con elementi europei, colti e popolari. Il musicista milanese sarà affiancato dal contrabbassista Salvatore Maiore e dal batterista Roberto Dani, che insieme

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al leader costituiscono un organismo musicale di grande senso dinamico e poetico. Il più rinomato dei jazzisti bergamaschi avrà invece al suo fianco un suo sodale di antica data: con il fisarmonicista alessandrino,Trovesi racconta storie che sanno di antico e che nel contempo profumano di modernità. Venerdì 20, la prima delle tre serate al Teatro Donizetti di "Bergamo Jazz 2015" verrà aperta dal gruppo del batterista Jeff Ballard, che il pubblico del festival ha già avuto modo di applaudire qualche anno fa

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in qualità di componente del trio di Brad Mehldau. Questa volta Ballard avrà l'opportunità di farsi conoscere e apprezzare con un progetto di stampo elettroacustico denominato Fairgrounds, forte dei contributi del chitarrista di origine africana Lionel Loueke, una delle nuove star della sei corde, del pianista e tastierista Kevin Hays e di Reid Anderson, abitualmente bassista nei Bad Plus ma coinvolto da Ballard nelle vesti di manipolatore elettronico. Il secondo set sarà quindi appannaggio di una autentica sophisticated lady: Dianne Reeves. Vincitrice di quattro Grammy Award, uno dei quali per la colonna sonora del film di George Clooney «Good Night and Good Luck», Dianne Reeves affonda le proprie radici nella più verace vocalità jazzistica, ma è altresì capace di cimentarsi con brani provenienti dal mondo del pop e del soul, come attesta il suo album più recente, «Beautiful Life», nel quale compaiono personali versioni di «Waiting in Vain» di Bob Marley, di «Dreams» dei Fleetwood Mac, di «I Want You» di Marvin Gaye e di «32 Flavors» di Ani DiFranco. Sabato 21, sarà di scena un'altra «stella»: il trombonista Fred Wesley, icona del jazz - funk, in passato collaboratore di James Brown e di altre insigni personalità della black music come Ike & Tina Turner e George Clinton, oltre che componente della gloriosa big band di Count Basie. Wesley, che ha da poco varcato la soglia dei 70 anni ma è artisticamente lungi dall'età pensionabile, si presenterà alla guida dei New JB's, compatta formazione ben sintonizzata sulla lunghezza d'onda di una musica coinvolgente e spettacolare come poche altre. In apertura di serata, il programma disegnato da Enrico Rava pone l'esibizione di uno dei migliori gruppi oggi in circolazione sul fronte del jazz più avanzato: il quintetto del contrabbassista Michael Formanek, nelle cui file milita un altro solista di spicco del jazz contemporaneo, il sassofonista Tim Berne. Completano l'organico un secondo sassofonista, il

tenorista Brian Settles, il pianista Jacob Sacks e il batterista Dan Weiss. Domenica 22, si alterneranno sul palcoscenico del Teatro Donizetti il quartetto del sassofonista Mark Turner, uno dei nomi attualmente più in vista del jazz d'oltre oceano, e Palatino, vera e propria all stars che allinea Paolo Fresu, il trombonista americano Glenn Ferris, e due autorevoli esponenti del jazz transalpino quali il contrabbassista Michel Benita e il batterista Aldo Romano. Apprezzatissimo dallo stesso Rava, che lo volle con sé nell'album «New York Days», presente anche nel recentissimo «Joy In Spite Of Everything» di Stefano Bollani, Mark Turner avrà accanto a sé il trombettista Ambrose Akinmusire, il bassista Joe Martin e il batterista Justin Brown. Attivo nella seconda parte degli anni Novanta, con tre album in carnet, Palatino si è riformato da allora solo in occasioni speciali. Nelle stesse giornate delle tre serate al Teatro Donizetti sono previsti altri appuntamenti di sicuro interesse e richiamo, tutti all'Auditorium dei Piazza della Libertà. Sabato 21 (ore 17) si potrà ascoltare il trio di Vijay Iyer, uno dei pianisti di maggior spessore emersi negli ultimi anni (con lui ci saranno il contrabbassista Stephan Crump e il batterista Marcus Gilmore), mentre domenica 22 (sempre

alle ore 17) sarà il turno del chitarrista californiano Nels Cline, improvvisatore di notevole estro il cui nome ricorre anche nelle vicende del rock meno convenzionale come componente dei Wilco. Ancora domenica, ma la mattina alle 11, il trio del giovane pianista torinese Fabio Giachino, nel quadro della consolidata collaborazione con Jazz Club Bergamo. Ampio spazio avranno poi i legami fra jazz e cinema, ad iniziare dall'ormai immancabile passaggio di testimone fra Bergamo Film Meeting e Bergamo Jazz: domenica 15 marzo (dalle 15,30) si potrà assistere prima alla proiezione del film «Eva» di Joseph Losey e poi alla sonorizzazione de «La Bambola di Carne (Die Puppe)» di Ernst Lubitsh, ad opera del duo formato dal clarinettista Mosè Chiavoni e dal fisarmonicista Luciano Biondini. E per la rassegna Jazz Movie, realizzata in collaborazione con Lab80: «Mo' Better Blues» di Spike Lee e «Kansas City» di Robert Altman, rispettivamente in programma martedì 17 e mercoledì 18 (ore 20,45). Abbonamenti tre serate al Teatro Donizetti: da 20 a 74 euro. Biglietti singole serate al Donizetti: da 10 a 34 euro; giovani al di sotto dei 27 anni, da 7 a 25 euro. Concerto al Teatro Sociale e concerti all'Auditorium di Piazza della Libertà: 10 euro; ridotto 7,50 euro.


Cult

Palma il Vecchio, lo sguardo della bellezza

Quasi quaranta capolavori dell’artista orobico, provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private italiane ed internazionali, in una mostra imperdibile alla Gamec dal 13 marzo al 21 giugno

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e a Jacopo Negretti, detto Palma il Vecchio (Serina 1480 circaVenezia 1528), sono stati dedicati ben nove studi monografici, dal primo intervento di Fornoni (1886) all’ultimo di Philip Rylands (1988), mai l’artista è stato celebrato con una mostra antologica. Poiché impossibile si è sempre rivelato il tentativo di raccogliere, anche solo per cento giorni – quelli canonici per la movimentazione di delicatissime opere su tavola – i suoi dipinti, oggi conservati nei più grandi musei d’Europa e Stati Uniti. Sono stati così la volontà e pervicacia della Fondazione del Credito Bergamasco e della società produttrice ComunicaMente Servizi per la Cultura srl, a consentire di strutturare un progetto espositivo,

curato da Giovanni C.F. Villa, promosso dal Comune di Bergamo, atteso da oltre mezzo secolo che vedrà radunati a Bergamo nella Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea (GAMeC), dal 13 marzo al 21 giugno, quasi quaranta capolavori dell’artista orobico provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private italiane ed internazionali: dalla National Gallery di Londra alle Gemäldegalerie di Berlino e Dresda dal Kunsthistorisches Museum di Vienna all’Ermitage di San Pietroburgo. E ancora, dalle collezioni inglesi della Regina Elisabetta II e del principe Carlo d’Inghilterra, dagli Uffizi di Firenze alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Un insieme di prestiti che consentirà di

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narrare compiutamente – grazie anche a un allestimento dello spazio espositivo in un percorso visivo di grande suggestione – ogni momento dell’ancora misteriosa carriera di Palma, per un quarto di secolo raffinato interprete tanto del gusto dell’alta committenza veneziana quanto prodigo d’opere per l’amatissima terra natia. Un’esposizione in cui si potranno ammirare i vertici esecutivi nell’arte della pala d’altare - tra cui in mostra il Polittico di Santa Barbara che per la prima volta lascia la sua sede naturale di Santa Maria in Formosa a Venezia - e di quei temi che hanno sancito il secolare successo di Palma: i ritratti femminili e le sacre conversazioni nel paesaggio. È infatti dal 1515 che il pittore di Serina esegue sublimi effigi di straordinarie bellezze femminili, immediatamente idealizzate e ricercate dai collezionisti fino a creare un vero e proprio mito. Con la Dama in blu di Vienna o la Bella del Thyssen-Bornemisza di Madrid, entrambi presenti nell’esposizione, Palma definisce una donna dalle forme morbide e ampie, le vesti seriche e opulente, che diverrà l’ideale della proporzione

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femminile del Rinascimento maturo: i dettagli esecutivi, la finezza disegnativa, la mirabile capacità di rendere un incarnato o un tessuto concorrono a donarci immagini di stupefacente fastosità cromatica e risalto plastico nello specchiarsi lucente delle cose. Ma anche in figure dalla qualità leggera, quasi prive di peso e volume per esser questi ultimi puro colore, nella meravigliosa regia pittorica di un’artista fascinosamente “primaverile”. E ancora una poesia fatta di sguardi, racconti, nostalgia, scoperte e aperture come nell’Incontro di Giacobbe e Rachele di Dresda, un olio su tela presente in mostra, con cui si fa precursore della poetica dei Bassano in un’agreste semplicità di composizione che fa pensare alle

valli bergamasche, alle montagne sparse di prati e coronate di romite chiesette in una autentica raffigurazione topografica dei luoghi nei quali Palma era nato e cresciuto. È anche per questi motivi che Palma è l’artista scelto dalla Fondazione del Credito Bergamasco e dal Comune di Bergamo per celebrare EXPO2015 tramite un’operazione culturale ed economica significativamente orientata a narrare in modo nuovo una tra le più affascinanti, e per certi aspetti sconosciute, città d’Italia: Bergamo. Poiché l’obbiettivo non è solo quello di svolgere una fondamentale azione di tutela del patrimonio – tramite il finanziamento del complesso restauro, fortemente voluto

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dalla Fondazione Creberg nella persona del segretario generale Angelo Piazzoli, in corso da oltre un anno, sulle otto tavole del Polittico di Serina e sulla tela dell’Adorazione dei pastori di Zogno, capolavori talmente ammalorati da esser altrimenti destinati a una tragica fine – quanto di portare il territorio al centro di un percorso virtuoso, la mostra gode quindi del patrocinio del Mibact e del Ministero delle Politiche Agricole, nonché, tra gli altri, della Regione Lombardia della Diocesi di Bergamo e della Provincia di Bergamo; ha come partner istituzionale La Fondazione Comunità Bergamasca e Sacbo spa – Aeroporto Orio al Serio come main sponsor.

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Cult

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Appunti disordinati di un viaggio in treno da Bergamo a Roma

l treno è partito puntuale e arrivato puntuale. Questo è il racconto di un viaggio che non mi ha dato motivi per inviare una letteraccia d'insulti alle Ferrovie. Per una volta. A proposito di FFSS e “coincidenze”: ho imparato che le coincidenze sono molto più frequenti di quanto non c'accorgiamo. Per esempio, mi sono alzato dal letto col buonumore tipico di chi pur non avendone motivo ha deciso di sorridere e ridere. Quindi avverto un senso di inevitabilità quando salgo sul treno, mi siedo, infilo gli auricolari, schiaccio play sul mio fido iPod e le prime note che arrivano in cuffia sono “I'm ready for the laughing gas” (da

Zoostation degli U2). Che dire, “Yes I am!”. Sul Bergamo-Milano appoggio zaino e valigia sul sedile davanti a me, tanto è vuoto. Indosso pure la faccia da duro, modello “questo vagone è troppo piccolo per tutti e due”, e forse la visione di tutti quei film con Clint Eastwood comincia a ripagare: funziona! Gli altri passeggeri mi girano al largo, si siedono altrove. Alla faccia della voglia di sorridere, eh? Semplicemente, voglio più spazio per le gambe. E ce l'avrei anche. Finché una tizia con gli occhi tipo fanali della Jeep e i capelli rosso-Milva decide di sedersi proprio lì. Di fronte a me. Su quel sedile. FNCL (che sta per “Forse Non Capisce, Leonardo”).

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Leonardo Leuz Marchesi

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Fuori dal finestrino, intanto, una divertente alternanza di cose. Ho sempre sognato di fare lo scrittore solo per poter usare la parola “cose” e farmi criticare. Stavo per scrivere anche “variopinta”, ma di variopinto a Dicembre nella campagna bergamasca c'è gran poco. Vedo delle anatre. Tante anatre. Dopo 3 minuti di vuoto di memoria ("gregge”? "mandria”? “branco”?) mi ricordo che si definisce “stormo”. Le pastiglie al fosforo funzionano. Credo. Giro il laptop verso il vetro, per non far vedere al mio vicino curioso il video che sto guardando su Youtube. Non reagisce. Poi capisco: vede tutto nel riflesso del vetro. E per ironia in quel momento passiamo davanti alla SAME di

Treviglio. Come a dire: “It's the same”, è lo stesso. Dicevamo delle coincidenze? I piloni dell'alta tensione con quegli enormi bracci orizzontali sembrano giganteschi spaventapasseri anti UFO. E in effetti di UFO in giro non se ne vedono molti. La ciminiera di mattoni è un calippo al tamarindo. Poco oltre, asini paralizzati dal gelo. Staranno facendo le prove per il presepe. Senza sostanziosi sussulti e sorprese successivamente sopraggiungiamo sicuri in stazione. Amo le allitterazioni. Il Frecciarossa per Roma parte tra 1 ora: vago senza meta, giusto in tempo per farmi rubare i guanti da una zingara. Fanno di tutto per non smentire i luoghi

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comuni. C'è gente che arriva in stazione cercando solo i binari 0 e 1 (questa è per matematici). Un caffè aroma brodo di pollo, e si parte. Subito fuori Milano ecco l'analogia tra un manager fighetto di mia conoscenza e un contadino che ora vedo concimare i campi: entrambi spandono tonnellate di merda. Alla faccia dell'invito a non telefonare a voce alta, poche file più avanti un tizio sta deliziando l'intera carrozza con un angosciante rosario di luoghi comuni: “Che ti devo dire, carissimo, qui a Milano non c'è nemmeno più la nebbiaaaaa”; “...è morto, oramai 'sto paese è mortooooo”; “...sarà, ma la partita è meglio guardarsela in tv anziché allo stadiooooo”. Strascica

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le vocali finali per rimarcare il concetto. L'unica soluzione è isolarmi passando dai semplici auricolari alle cuffie integrali. Giusto perché in Italia per i fucili a pompa ci vuole ancora il porto d'armi. Passa una giunonica ragazza di colore (o forse era bianca, o cinese,... non so, ero troppo occupato a fissarle le tette) trascinando un trolley che sembrerebbe leggero, finché non decide di piallarlo sul mio alluce e farmi realizzare che aveva la massa di un monolite di Stonhenge. Lei tira dritto senza scusarsi, e io divento ateo per 24 secondi. Il tempo che mi ci vuole per cominciare a sentire meno dolore. Il controllore passa, mi guarda e fa: “Prego”. Non dice: “Biglietti, prego”, ma proprio: “Prego”. Gli rispondo: “Anche io, ma a messa”. Non l'ha capita. Però è un bel fusto, come direbbe mia mamma: alto, biondo cenere, spallato, mascellona voluttuosa, occhi verdi. Sembra l'attore di Thor, e molto probabilmente recita meglio. Poco dopo Bologna m'accorgo che un distinto signore sull'altro lato del corridoio mi fissa incazzoso. Continua a farlo. Ce l'ha con me. Ma che vuole? Eccolo, ancora! Però.... fammi capire meglio... Forse non è incazzoso. Forse è solo curioso. Più mi guarda e più mi convinco che è curioso. Certo che proprio non mi stacca gli occhi di dosso. E' gay. Ci sono arrivato solo ora. Niente in contrario, ma ho gusti differenti. Decido di farglielo capire. In un universo parallelo m'indicherei il labiale mentre scandisco “MI-PIACE-LA-PATATA”, qui invece decido che mi limiterò a guardare fuori dal finestrino ostentatamente per 20 minuti filati, fingendomi interessato al panorama. E lo sarei anche, ma proprio mentre inizio a farlo entriamo in una galleria, interminabile e buia. La legge di Murphy non fa sconti. Verso Firenze l'anziana signora seduta di fronte a me sembra quasi farmi il piedino (le “sfumature di grigio” era un titolo più adatto ad un romanzo sul sesso da terza età), ma si sta solo stiracchiando nel sonno. Vedo lei, e penso ai miei acciacchi,

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a quando anche io un giorno mi sentirò scomodo in qualsiasi posizione. Quel giorno è oggi. Sulla strada fuori passa una bisarca. Erano 30 anni che non usavo questa parola. Per l'esattezza, che non la usavo associata alla parola "cazzo", perché all'epoca degli ovetti Kinder tra le mille possibili sorprese io pescavo sempre e solo "una cazzo di bisarca". Viaggio controtreno, contromano, controvento, controsenso. Contro. Cerco ispirazione per un possibile CD musicale a tema ferroviario. Vediamo un po': “Quel treno per Yuma”, “Chattanooga choo-choo”, “Binario” (Claudio Villa), “I treni a vapore” (Fiorella Mannoia), “Long train runnin'” (Doobie Brothers: bellerrima!), “This train don't stop here anymore” (Elton John). Per non parlare della band dei “Train”. Decido all'istante che se mai scriverò una canzone sull'argomento, la intitolerò “Obliteratrice”. Almeno nessuno mi farà causa per plagio. Sospiro guardando le verdi colline là fuori, con piccole cascine, campanili, vecchie roccaforti, fiumiciattoli… Certo che l'Italia è proprio bella. Come finisco di pensarlo, deduco che il telefonatore molesto dei luoghi comuni era contagioso. Stiamo per entrare in Roma, e scatta l'ansia collettiva da telefonata per

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lo “Sto ad arrivà” di rito. Io non so chi chiamare, quasi quasi ripiego sul numero verde di Sky per l'ennesima minaccia di disdetta dell'abbonamento. Così. Penso alla conferenza a cui tra poche ore dovrò intervenire. Devo concentrarmi, l'incipit è tutto: con le prime due frasi ti giochi la platea. Vediamo un po'... “Ciao, mi chiamo Leonardo e non bevo da 6 giorni”. Evitiamo. Oppure, “Buonasera, se vi state chiedendo cosa ci faccio su questo palco, beh me lo sto chiedendo anch'io”. Naaaah. Improvviserò. Alzerò il braccio sinistro in orizzontale (col destro si rischia di essere fraintesi) e volgendo lo sguardo al mio bicipite dirò “Ciao caro, come stai?”. Poi spiegherò all'audience basita che gli organizzatori mi avevano chiesto di parlare “a braccio”. Scendo, stazione Termini. Un addetto alle pulizie scopa e sorride (non fate battute). Sorride come e più di quanto io non abbia fatto durante il viaggio, e nonostante i miei propositi. E' ufficiale, non sono umorale: sono proprio schizofrenico. Un senzatetto mi chiede monete. A quelli come lui si, le do sempre. Mi prendo un secondo per cercarle nella tasca del giaccone, e che ci trovo? I guanti! Scusami, zingara. Anche se continuo a pensare che da quella stazione te ne sarai uscita con qualcosa di non tuo.


Cult

Un libro sulla vita di Eleonora Cantamessa

La storia di un medico eroe attraverso lettere, testimonianze, foto e ricordi di chi l’ha conosciuta. Una samaritana moderna, uccisa dopo essersi fermata a soccorrere un uomo ferito per strada

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’ 8 s e t t e m b re 2 0 1 3 El e o n o r a Cantamessa, dottoressa ginecologa di Trescore Balneario, viene uccisa dopo essersi fermata a soccorrere un uomo ferito per strada. Qualche giorno dopo la signora Mariella, mamma di Eleonora, con una lettera racconta il gesto d’amore di sua figlia. L’Italia intera si commuove e per tutti Eleonora diventa la dottoressa angelo, la samaritana moderna, come l’ha definita papa Francesco scrivendo ai genitori. Ora il libro «Eleonora Cantamessa. La Samaritana moderna», di Giustino Perilli, racconta la sua vita. Un libro sulla carità, sul perdono. L’esempio di una famiglia. Eleonora, il fratello Luigi, papà Mino, mamma Mariella. Eleonora è morta servendo la carità, i suoi genitori hanno parlato di perdono, di pace, di riconciliazione. Gesti che sono sembrati a molti rivoluzionari, straordinari. Uomini e donne capaci di Vangelo. La storia vera

di una donna come tante, di un medico capace, di un cuore generoso, ma sempre operante nella quotidianità. Perché i santi sono fra noi. «Questo libro – ci dice mamma Mariella – è lo specchio dell’animo della nostra Eleonora; un libro che toccherà sicuramente il cuore di molte persone. Insegnerà ad amare il prossimo incondizionatamente, ad essere fedeli a un giuramento, a compiere il proprio dovere fino in fondo, a confidare nell’aiuto di Gesù». «Eleonora – continua mamma Mariella – ha dimostrato piena disponibilità personale nel portare aiuto, soccorso, medicamento a chiunque ne avesse bisogno: fosse questa la persona benestante, quella del tutto indigente, quella che giaceva esamine e languente per terra in attesa del buon samaritano. Ed è proprio la persona nella sua irripetibile umanità ed unicità ciò che Eleonora riusciva a vedere e con cui si confrontava: una lezione anche per noi».

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È l’Italia migliore quella che emerge da queste pagine, avvincenti ed emozionanti; una storia che è un intreccio di tragedia e umanità, un libro per tutti, di agile lettura, di grande impatto emotivo e molto significativo. Mamma Mariella nella lettera «Messaggio d’amore di mia figlia», scritta qualche giorno dopo la tragedia e pubblicata nel libro integralmente, così conclude con parole di speranza e dà al gesto di Eleonora una missione, quella di far riflettere tutti noi sul significato vero della vita e sul suo senso ultimo: «Io ho perso mia figlia e mi fa paura il pensiero della sera, di quando arriverà l’ora di cena e lei non tornerà, di quello studio vuoto, di quell’ecografo spento. Mi consola un po’ la speranza che l’insegnamento del suo sacrificio non vada perduto, che il suo coraggio e il suo amore, la sua sensibilità possano contribuire a migliorare questo mondo inaridito dalle logiche dell’egoismo, del profitto e della discriminazione. Grazie Eleonora».

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